19 April, 2024
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Una nuova tecnologia consente di assottigliare i fondali marini e difendere le spiagge dall’erosione.

Buggerru 64 copiaIl Poetto d'inverno

L’era “2.0” si apre anche per le coste della Sardegna. Grazie a una nuova tecnologia oggi è possibile assottigliare i fondali marini e difendere le spiagge dall’erosione, risparmiando una quantità notevole di denari pubblici e nel pieno rispetto dell’equilibrio ambientale.

Per buona parte dei 1.850 chilometri di coste sarde, dalla spiaggia cagliaritana del Poetto al porto di Buggerru, dalla Marina di Sorso a quella di Oristano, passando per il porticciolo di Carloforte o il porto di Olbia, le attività turistiche legate al mare potrebbero essere rilanciate, e l’ambiente tutelato, grazie a una nuova concezione del  dragaggio dei fondali e della ricostruzione degli arenili. Artefice della nuova tecnologia, già definita rivoluzionaria e presentata anche dall’attivista per l’ambiente Jacopo Fo al recente festival delle ecotecnologie e dell’autocostruzione “Ecofuturo”, è la #Decomar, un’azienda di Pontedera, con sede operativa a Massa.

La tecnica messa a punto prevede l’uso di una sorta di aspirapolvere sottomarino, e si basa su una tecnologia a ricircolo che permette di operare in totale assenza di contatto con il fondale, cosa questa di estrema importanza poiché, effettuando direttamente l’asportazione dei sedimenti, la separazione granulometrica degli stessi e la differenziazione dei materiali inquinanti  viene ridotta anche l’invasività ambientale.

In questo modo circa l’83% della sabbia dragata, già libera dalle sostanze inquinanti, diventa subito disponibile per altri usi (non vi è quindi bisogno  di aprire nuove cave di sabbia e distruggere ancora ambiente). Il sistema di sfangamento permette  infatti di  ridurre il volume dell’eventuale frazione da destinare a trattamento successivo.

Da questa prospettiva, sono tanti i vantaggi in vista per la Sardegna, che vedrebbe rifiorire diverse attività legate alla presenza del mare, salvaguardando al contempo l’ambiente: solo per citare alcuni esempi,  si potrebbe rispondere al problema dell’erosione costiera nella spiaggia del Poetto, a Cagliari. Problema, questo, presente anche nella Baia di Porto Frailis, a Tortolì. Ancora: si darebbero risposte all’insufficienza del fondale della Marina di Oristano, dove la crisi per il comparto turistico è stata aggravata dalla mancanza di lavori di dragaggio, attesi da anni. Anche a Olbia da anni si attendono lavori di assottigliamento del fondale. E così pure nel porticciolo di Carloforte, dove di recente i traghetti  hanno incontrato qualche difficoltà nelle manovre da effettuare. Di lotta all’insabbiamento si parla anche nella costa di Buggerru, dove le attività del porto sono state fortemente ridimensionate proprio per via della sua inutilizzabilità.

La nuova tecnologia si presenta come un sistema di selezione controllata, selettiva e personalizzabile: è possibile ottenere il livello di granulometria desiderata in uscita, per il sito in oggetto, con l’estrazione e il recupero dei corpi estranei e dando la possibilità di inserire in cascata processi di trattamento per i materiali contaminati attraverso una impostazione predittiva in grado di meglio rispondere alle esigenze dei trattamenti a valle. Altresì importante è il risparmio che questo sistema permette: rispetto alle tecniche tradizionali (con la benna) si ha un abbattimento dei costi di circa il 30%, se si considera la vita totale dei sedimenti che finora venivano solo spostati da un posto a un altro per poi essere trattati o, peggio ancora, dimenticati per carenza di fondi.

Per la sua innovatività, la nuova metodica è stata inserita tra i tre progetti premiati dal #Sogesid, società in house del ministero per l’Ambiente e tutela del territorio e del mare che fornisce supporto tecnico alle strutture regionali/locali attraverso azioni e interventi che concorrono a risolvere le criticità ambientali (bonifiche, emergenza e gestione rifiuti, dissesti idrogeologici, etc.).

Una prima fase applicativa di questa tecnologia, nata due anni fa e per ora utilizzata solo in Italia, nei mesi scorsi si è avuta nelle aree portuali di La Spezia e di Livorno. E’ stata inoltre utilizzata in alcune fasi  della rimozione dei detriti nell’ambito delle operazioni di recupero della nave Costa Concordia. In quest’ultimo caso l’esperienza ancora non si è conclusa, ma anzi si appresta a divenire ancora più interessante dato che ora possibile avviare le operazioni di ripulitura dal fondale  dai detriti (milioni di tonnellate) lasciati non solo dalla nave, ma anche dalle operazioni per il suo recupero.

Insomma, una tecnologia che permette alle spiagge di diventare sostenibili, perché non sposta l’inquinamento da un sito all’altro, come  è spesso accaduto in passato, e dà risposte durature a costi decisamente inferiori rispetto alle tecnologie convenzionali.

«Bonificare in maniera innovativa vuol dire cambiare un paradigma sul concetto delle risorse – afferma il presidente di Decomar, Davide Benedetti -. Oggi sappiamo che queste non sono infinite:  guardarle come un elemento da preservare vuol dire avere a cuore il nostro futuro.»  Questa tecnologia, inoltre,  dà un senso al termine bonifica, aggiunge Benedetti, perché «si va a recuperare i sedimenti già al momento del prelievo senza andare a realizzare perturbazioni ambientali ed eliminando il fine della discarica».

Il  nuovo sistema rappresenta una svolta anche per lo sfangamento di dighe e bacini idroelettrici, permettendo di utilizzare tutta la capienza dei laghi e di aumentare, di conseguenza, i volumi di energia prodotti.

Questa tecnologia è sotto brevetto:  il trattamento in mare dei sedimenti, a loro separazione in varie granulometrie, la separazione delle parti inquinate, sino alla pompa a riciclo integrale e chiuso dei materiali con l’uso di acque a circuito chiuso.

Oltre che alla fiera “Ecofuturo”, questo sistema è già stato presentato a Carrara, a Follonica, dove è avvenuta una dimostrazione del sistema di ripascimento delle spiagge, a Levane, in Valdarno, dove si è potuto osservare come funzionano i  sistemi di estrazione dei fanghi che intasano le dighe dell’Arno, a Livorno nel congresso internazionale delle università rivierasche europee e dei CNR, dove ha avuto una sessione interamente dedicata e illustrata da Giuliano Gabbani, del dipartimento Scienze della Terra della università di Firenze.

Giovedì sera, a Cag
Il ministero ha stan

giampaolo.cirronis@gmail.com

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