29 March, 2024
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Un identikit degli adolescenti sardi nella ricerca “La povertà educativa in Sardegna”.

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Il sessanta per cento degli adolescenti sardi dichiara di sentirsi felice e per essi la felicità deriva dalla famiglia, dagli amici e rapporti sentimentali. Il 13 per cento svolge attività di volontariato e solo per l’8,4 per cento ritiene che i soldi e i beni materiali siano la cosa più importante.

Tuttavia, la crisi economica si fa sentire: il 22 per cento dei giovani sardi afferma di vivere in una famiglia in cui nell’ultimo anno è stato difficile pagare le bollette, sostenere spese sanitarie e scolastiche, comprare vestiti e pagare l’affitto o il mutuo della casa.

Nella maggior parte dei casi, i ragazzi sardi si sentono supportati e protetti dalla loro famiglia. L’aspetto più critico è però quello del dialogo: il 56 per cento sa di poter parlare dei propri problemi a casa, il 26 per cento è incerto («a volte sì a volte no») e il 18 per cento invece non trova nella famiglia una sponda. Le madri sono più presenti dei padri: le prime sono nel 61 per cento dei casi, interlocutore principale dei figli che vogliono confidare problemi e preoccupazioni, contro appena il 27,5 per cento riferito ai padri.

Significativi anche i dati relativi al bullismo e all’uso della rete: il 54 per cento dei ragazzi dichiara di avere subito almeno una volta un atto di bullismo negli ultimi sei mesi e il cinquanta di aver compiuto nello stesso periodo un atto di bullismo nei confronti degli altri, mentre i ragazzi stanno in media connessi sette ore e mezzo al giorno.

Sono questi alcuni dati contenuti nella ricerca “Poveri di futuro? I ragazzi ci parlano. La povertà educativa in Sardegna”, promossa dal Centro di servizio per il volontariato Sardegna Solidale e realizzata dalla Fondazione Zancan. Presentata stamattina a Cagliari dal direttore della Fondazione Zancan Tiziano Vecchiato insieme, tra gli altri, alla ricercatrice Giulia Barbero, al dirigente scolastico del Buccari-Marconi Giancarlo Della Corte e al presidente di Sardegna Solidale Giampiero Farru, la ricerca sarà illustrata domani, venerdì 19 maggio, al Salone del Libro di Torino, presso il padiglione della Regione Sardegna a partire dalle ore 11 (interverranno l’assessore regionale alla Cultura Giuseppe Dessena, la ricercatrice della Fondazione Zancan Elena Innocenti, il dirigente scolastico Giancarlo Della Corte e il presidente di Sardegna Solidale Giampiero Farru).

La ricerca è stata realizzata interpellando, attraverso un questionario, 500 ragazzi delle classi prime di sei istituti superiori (Buccari-Marconi e Pertini di Cagliari, Einaudi di Senorbì, Devilla di Sassari, Segni di Ozieri e De Castro di Oristano), divisi tra licei, istituti tecnici e istituti professionali. I giovani, quasi tutti di età compresa tra i 14 e i 15 anni, provengono da 96 diversi comuni dell’isola. «La fotografia che è stata scattata è, dunque, molto fedele – ha spiegato Vecchiato – ed è anche straordinariamente simile a quella offerta dall’ultimo rapporto dell’Istat».

«La povertà educativa non è solo una questione di reddito ma si lega al contesto sociale, culturale e relazionale – spiega Vecchiato -. Investe così la dimensione emotiva, la socialità e la capacità di reazionarsi col mondo, creando le condizioni per l’abbandono la dispersione scolastica, episodi di bullismo e violenza nelle relazioni.»

Sono stati la famiglia, la scuola, l’istruzione, la partecipazione e le opportunità educative, il denaro e la mancanza di opportunità, la povertà emotiva e relazionale, il benessere, la spiritualità, cosa è importante per essere felici, il lavoro e il futuro.

Per una famiglia su cinque (22 per cento) nell’ultimo anno ci sono stati momenti di difficoltà economica, in cui non c’erano i soldi soprattutto per pagare le bollette. Le difficoltà economiche sono più diffuse per gli studenti degli istituti professionali: il 48 per cento indica di avere avuto nell’ultimo anno almeno un problema legato alla mancanza di soldi. Meno diffuse negli istituti tecnici (22 per cento) e nei licei (13).

Nella maggior parte dei casi, i ragazzi si sentono supportati e protetti dalla loro famiglia. I ragazzi che hanno sperimentato il divorzio o la separazione dei genitori (il venti per cento del campione) sono più in difficoltà nel ricevere l’aiuto morale e il sostegno di cui hanno bisogno. Lo stesso vale per chi ha segnalato problemi economici.

La scuola piace a 6 ragazzi su 10, ma per la stessa percentuale la scuola è anche una grande fonte di stress. Vi sono differenze per tipo di scuola: la proporzione di studenti che esprime giudizi positivi sul loro corso di studi passa dall’81 per cento nei licei al 49 per cento nei tecnici e al 44 per cento nei professionali.

A 14-15 anni i ragazzi hanno un buon livello di autostima e fiducia nelle proprie capacità. L’85 per cento pensa di essere in grado di fare le cose bene e di valere almeno quanto gli altri, il 71 ha un atteggiamento positivo verso se stesso e complessivamente si sente soddisfatto di quello che è. Viceversa, il 16 per cento pensa di essere un vero fallimento, il 38 a volte si sente inutile e il 59 per cento vorrebbe avere maggiore rispetto di se stesso.

Vi sono forti differenze tra maschi e femmine: mediamente i maschi hanno più fiducia in se stessi (80 per cento) rispetto alle femmine (60 per cento), ma è vero anche che nelle famiglie in cui vi sono difficoltà economiche, i figli hanno mediamente meno fiducia in se stessi.

Il 96 per cento dei ragazzi usa internet tutti i giorni, nell’84 per cento dei casi da soli. In media sono connessi sette ore e mezza al giorno. Wazzup è utilizzato dal 98 per cento dei ragazzi, seguito da Instagram (85 per cento) e Facebook (68). Meno utilizzati gli altri social.

Il 63 per cento pratica uno o più sport (soprattutto calcio e danza). Sei ragazzi su dieci che vivono in famiglie disagiate affermano però che farebbero sport se questo fosse accessibile gratuitamente. Il 90 per cento dei ragazzi non partecipa a corsi o lezioni a pagamento (musica, lingue straniere, teatro) al di fuori dell’orario scolastico. Avendone le possibilità, i ragazzi vorrebbero viaggiare e visitare posti nuovi, ma anche acquistare attrezzature per fare sport o pagarsi corsi di danza, corsi per imparare a suonare o per apprendere una lingua straniera.

Significativa invece la percentuale di ragazzi impegnati nel volontariato: ben il 13 per cento. Questi giovani sono impegnati nella cura dei più piccoli (aiutandoli a fare i compiti in parrocchia, ad esempio) o degli anziani. Una quota del volontariato è di tipo ambientale (pulizia dei sentieri).

Il 54 per cento dei ragazzi dichiara di avere subito almeno una volta un atto di bullismo negli ultimi sei mesi e il cinquanta di aver compiuto nello stesso periodo un atto di bullismo nei confronti degli altri (soprattutto sotto forma di insulti, offese, prese in giro  bugie). Il 14 per cento è stato anche oggetto di cyberbullismo, mentre il bullismo fisico riguarda solo il 6 per cento degli intervistati. Le femmine hanno subito più frequentemente atti di bullismo rispetto ai maschi (il 62 per cento contro il 48). Tra i commenti dei ragazzi emergono comunque dichiarazioni di contrarietà al bullismo.

Per il 34 per cento dei ragazzi la famiglia e gli amici sono i fattori più importanti per essere felici, seguito dall’amore, dallo svago, dalle relazioni, dalla salute e dall’autostima. Il fattore “soldi e beni materiali” compare solo all’ottavo posto.

Alla domanda “Per cosa è importate avere una buona istruzione”, il 49,6 per cento ha risposto “per trovare un lavoro in futuro” e il 34,4 “per avere un buon futuro”. Sotto questo aspetto, è interessante notare come per i ragazzi l’aspetto più importante per trovare un lavoro sia la competenza (40 per cento), seguito dalla tenacia nella ricerca di una occupazione (17 per cento) e nell’avere l’aiuto di persone influenti (17 per cento).

 

Sabato, al Teatro Ma
Venerdì 19 maggio,

giampaolo.cirronis@gmail.com

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