19 April, 2024
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A partire da domani riapriranno al pubblico, dal lunedì al sabato, altri quindici uffici postali della città metropolitana di Cagliari e del Sud Sardegna, indicati nell’elenco sotto riportato ed il cui orario di apertura al pubblico era stato temporaneamente rimodulato. Oltre alla riapertura su sei giorni dei suddetti uffici è previsto anche il ripristino dell’apertura, anche nel turno pomeridiano, degli uffici di Guspini, San Gavino Monreale e Quartucciu.

Poste Italiane coglie l’occasione per ribadire l’invito ai cittadini ad entrare negli uffici postali esclusivamente per il compimento di operazioni essenziali ed indifferibili, in ogni caso avendo cura, ove possibile, di indossare dispositivi di protezione personale; di entrare in ufficio solo all’uscita dei clienti precedenti; tenere la distanza di almeno un metro, sia in attesa all’esterno degli uffici che nelle sale aperte al pubblico.

A questo proposito, l’Azienda ricorda che sono a disposizione della clientela, presso gli uffici postali della città metropolitana di Cagliari e del Sud Sardegna, 102 ATM Postamat, disponibili sette giorni su sette ed in funzione 24 ore su 24, che consentono di effettuare operazioni di prelievo di denaro contante, interrogazioni su saldo e lista dei movimenti, ricariche telefoniche e di carte Postepay, accanto al pagamento delle principali utenze e dei bollettini di conto corrente postale.

Ulteriori informazioni sulle aperture e sulle disponibilità orarie degli uffici postali sono reperibili sul sito internet www.poste.it.

Dettaglio apertura uffici:

Aperti dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 13.35 ed il sabato dalle 8.20 alle 12.35

Cagliari – Ufficio postale di Cagliari 11 – via Liguria 36

Cagliari – Ufficio postale di Cagliari 12 – via Biasi 25

Fluminimaggiore

Gonnosfanadiga

Sardara

Teulada

Villasimius

Aperto dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 13.45 e il sabato dalle 8.20 alle 12.45

Castiadas

Collinas

Domusdemaria

Donori

Furtei

Orroli

Soleminis

Villasalto

Aperto dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 19.05 e il sabato dalle 8.20 alle 12.35

Guspini

Quartucciu

San Gavino Monreale

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Nulla sarà come prima. La responsabilità personale nei confronti del prossimo è ingigantita. Il “rischio biologico” entrerà nei DVR di tutte le attività imprenditoriali. I controlli delle autorità verteranno sulla verifica della nostra diligenza nel proteggere la salute del prossimo o sulla negligente esposizione degli altri al contagio.

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Vi è stata, 3 giorni fa, una videoconferenza preparatoria alla “riapertura” del 4 maggio 2020, tra 50 imprenditori ed alti dirigenti della Confcommercio del Sud Sardegna e Cagliari.

Si percepiva intensamente il disagio per adattarsi ai cambiamenti.

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Questa crisi economica deriva dalla crisi sanitaria. Per affrontarla bisogna prendere provvedimenti di tipo sanitario che il mondo civile laico non ha mai conosciuto. Sono stati sempre appannaggio del mondo sanitario, in particolare dei chirurghi ospedalieri. I provvedimenti organizzativi sanitari cambieranno i “contatti” umani. La parola deriva da latino “cum tangere”, e da essa deriva “contagio”. Questa parola contiene l’essenza delle responsabilità: rispondere di “diffusione di nuova ondata epidemica”.

L’ultima pandemia infuriò nel mondo poco più di 100 anni fa, nel 1918 e 1919 e produsse dai 50 ai 100 milioni di morti. Una pandemia si era già verificata nel 1600, nel 1500, nel 1400 e nel 1300. Oggi, tutto sommato, siamo stati abbastanza fortunati rispetto ai secoli passati, soprattutto perché le epidemie sono meno frequenti e per la maggiore preparazione tecnologica di oggi, come: la Genetica molecolare e l’estrazione del DNA, i respiratori automatici, gli antibiotici, l’eparina, etc.

Tuttavia, nonostante la tecnologia e la digitalizzazione, siamo inermi di fronte all’attacco del virus e dobbiamo difenderci con metodi messi a punto nel 1.300 a Milano e nel 1.400 a Venezia. Cioè: il “distanziamento” , l’“isolamento” e la “quarantena”. Non abbiamo altro.

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Ma…allora: «C’è stata l’evoluzione della Medicina?»

Sì…c’è stata: nella tecnologia e nella scoperta degli antibiotici. Però gli antibiotici non fermano il virus e la tecnologia si è sviluppata per le “malattie individuali”. Questa è una malattia diversa.

Esempio: l’infarto del miocardio e l’ictus uccidono, in Italia, 684 persone al dì. Moltiplicato per 365 giorni risultano 249.000 decessi l’anno. Si tratta di un numero assai più rilevante dei 28.710 morti di oggi su 209.328 affetti da Covid-19. Le 249.000 morti sono dovute a “malattie individuali”, cioè “non diffusive”. L’infarto è limitato alla vittima, e non si diffonde ai vicini. Così vale per l’”ulcera perforata”, per il “diabete”, per l’”artrite”, per il “cancro”, per l’”aneurisma”, per l’”ictus”, etc.

Al contrario, il Covid-19 è una malattia “diffusiva contagiosa”. Come diceva Ippocrate è “EPI” “DEMOS”, cioè “sopra il popolo” e , passando da un cittadino all’altro, può provocare debilitazione fino all’estinzione della Nazione.

Da queste esiziali conseguenze, deriva l’imponente crisi economica mondiale.

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Nel 1.300 il popolo pregava il Buon Dio dicendo:

“A PESTE, A FAMINE, A BELLO… LIBERA NOS DOMINE”

“dall’epidemia, dalla fame, dalla guerra, liberaci o Signore”.

In queste 5 parole sono sintetizzate tutte  le “conseguenze” e le paure che abbiamo oggi.

La “epidemia” genera la “crisi economica” (famine).

In passato, l’alta mortalità portava al crollo demografico ed alla penuria di agricoltori per i campi. Ne derivava la “carestia”.

Nel 1.300, vi furono ben 4 seconde ondate epidemiche. La carenza di generi alimentari e di primaria sussistenza generava “violenza”; poteva essere quella del vicino che derubava il vicino o dei popoli confinanti che invadevano e depredavano i pochi cereali o gli animali rimasti. Anche le incursioni barbaresche sulle coste sarde coincidevano con i periodi di carestia.

Nel 1.300, il calo demografico in Europa fu imponente. Città intere si svuotarono ed immense proprietà terriere incolte divennero disponibili per chiunque se ne appropriasse. A causa dell’alta mortalità di maschi, le donne li sostituirono nel lavoro dei campi. Avvenne allora la “rivoluzione dell’aratro” a “versoio”. Gli agricoltori che aggiogavano i buoi, inventarono i finimenti a “collare” per il cavallo, molto più forte e maneggevole, e gli affibbiarono l’aratro. Vi fu, nel secolo successivo, la moltiplicazione dei raccolti e del bestiame; l’eccesso di produzione consentì lo scambio dei prodotti, e dal baratto si passò al “commercio”; questo produsse il “benessere” e l’arricchimento. Così si svilupparono le radici del “Rinascimento”.

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Altri radicali cambiamenti sociali avvennero dopo le epidemie di Peste e Vaiolo in Inghilterra ed Europa centrale: nacque la Prima Rivoluzione Industriale delle “macchine a vapore”. Quando poi esplose la Seconda Rivoluzione Industriale, delle “macchine a combustibile fossile”, vi fu la rivoluzione dei trasporti terrestri e marittimi, che incrementarono la crescita economica e posero le basi al 1900.

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Ciò che emerge da questa breve sintesi storica, è che, dopo la “pandemia”, compare una “crisi economica” che induce modificazioni del modo di produrre; questo viene adattato a contenere i guasti prodotti dal contagio. Si inizia a combattere la “crisi economica” quando si inizia ad imparare a “convivere” con l’epidemia. Il metodo per convivere con l’epidemia si apprende con: la “conoscenza” e la “precauzione”.

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Per far comprendere come si posizionano oggi gli imprenditori rispetto alla Storia Contemporanea è utile fare una premessa storica che può essere raccontata in 4 atti.

Primo atto (quando non si conosceva l’esistenza di virus e microbi e non esistevano i presidi)

Nel 1632 Rembrandt dipinse un olio su tela che si trova oggi esposto nel Museo dell’Aia. Gli olandesi di allora venivano in Italia ad imparare la Chirurgia, poi la importavano in Olanda. All’epoca del dipinto stava concludendosi la Peste di Milano raccontata dal Manzoni. Il dottor Tulp, incaricato dal suo primario, eseguì una autopsia sul cadavere di un impiccato per motivi di Giustizia. La dissezione cadaverica venne eseguita davanti ad altri 7 medici.

Quest’immagine ha il valore di una fotografia. In quei tempi i “dipinti di gruppo” venivano organizzati raccogliendo una somma di danaro per pagare il miglior pittore disponibile. Capitò Rembrandt. Nessuno immaginava che sarebbe diventato uno dei dipinti più famosi al mondo, e più citato nei testi di Medicina.

Si osserva il dottor Tulp con:

  • cappello nero a tese larghe, che descrive il cadavere che sta sezionando,
  • ampio colletto di pizzo in una camicia a sboffi,
  • mantellina nera, abiti eleganti adatti a una cerimonia,
  • mani nude,
  • assenza di mascherina sul volto.

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In quei tempi i dottori non sapevano nulla sui microbi. Non erano stati ancora scoperti. Quindi quando i chirurghi eseguivano operazioni sul vivente, si presentavano in sala operatoria in abito elegante, nero, arricchito da pizzi e cappello. Quella era la divisa da lavoro.

Secondo atto (quando capirono che c’era qualcosa che provocava le suppurazioni).

Anno 1847. L’Ospedale Ostetrico migliore d’Europa era quello Imperiale di Vienna.

In quella clinica morivano di “sepsi puerperale” il 30 per cento delle donne che vi partorivano. Era un fatto considerato normale. Nonostante ciò le gravide a termine volevano essere assistite in quell’Ospedale famoso, ed erano così numerose che non riuscivano a trovare posto per il ricovero. Pertanto, davanti all’Ospedale, si era formato un accampamento di tende dove aspettavano d’essere ricoverate. Spessissimo finivano per dover partorire in tenda.

Il dottor Semmelweiss notò che le donne che partorivano in Ospedale, assistite dai Medici, morivano. Quelle che partorivano in tenda, no.

Aveva anche notato che i medici, prima di fare il giro delle visite nelle corsie, scendevano nei sotterranei ad eseguire le autopsie sulle donne morte il giorno prima.

Nota bene: in quei tempi i guanti del chirurgo non esistevano, così pure non esistevano le mascherine. I medici arrivavano al lavoro in corsia indossando abiti civili, come quelli che 200 anni prima indossava il dottor Tulp, e facevano le visite ostetriche transvaginali a mani nude. Le stesse mani che poco prima avevano dissecato i cadaveri.

Il dottor Semmelweiss sistemò, su un treppiede, un bacile riempito di “latte di calce” davanti all’ingresso della sua camerata di puerpere. Chiunque volesse visitare le sue pazienti doveva, prima, lavarsi le mani. Il risultato fu che le sue donne non morirono più, mentre quelle della corsie contigue continuarono a morire come prima. Oggi sappiamo che insorgeva una “sepsi puerperale” da streptococco, portato dalle mani di quegli ostetrici dentro l’utero delle poverette.

Semmelweiss scrisse una relazione per la Direzione Sanitaria e, per tutta risposta, venne licenziato. Tuttavia aveva fatto in tempo ad inviare la relazione alla Commissione Scientifica del Medical Imperial College di Londra. Lì venne presa in grande considerazione e, fatte le stesse verifiche, si scoprì che l’osservazione d Semmelweiss era fondata.

Questo fu il motivo che dette avvio al “lavaggio delle mani” tra i chirurghi di tutto il mondo.

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Terzo atto: (dopo 10 anni si scopre che i microbi esistono)

Louis Pasteur fu il primo nella storia a dimostrare l’esistenza dei microbi. Era l’anno 1857.

L’infezione era la causa dell’alta mortalità che gravava sulle operazioni chirurgiche. 

La scoperta dei microbi pose, con impellenza, il problema della “Dis-infezione” e della “Sanificazione degli ambienti e degli strumenti” .

A risolvere il problema, fu il chirurgo Joseph Lister nell’anno 1867.

La mortalità dei suoi pazienti crollò.

Il metodo listeriano si diffuse in tutto il mondo.

E’ da notare che in quel tempo non si usavano ancora le mascherine chirurgiche e si continuava a operare a mani nude. Alla fine del 1800, i chirurghi operavano indossando gli stessi abiti borghesi con cui erano usciti da casa, cioè “redingote” e “frac”.

Nel 1894 il chirurgo William Halsted fu il primo ad usare i guanti di gomma.

Nel 1896 iil chirurgo austriaco Johann von Mikulicz Radecki pensò che le goccioline di saliva che gli uscivano dalla bocca mentre operava e parlava, potessero far infettare le ferite ed inventò le “mascherine chirurgiche di garza”.

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Negli stessi anni iniziarono a comparire: camici, copricapo, sovrascarpe.

Nel 1900 le sterilizzatrici a vapore entrarono per la prima volta negli ospedali.

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Dopo questi accorgimenti igienici la mortalità calò bruscamente e nacque la scienza dell’IGIENE e della PREVENZIONE basata su:

  • Lavaggio delle mani,
  • Disinfezione e sanificazione,
  • Mascherine,
  • Guanti,
  • Camici, copricapo e sovrascarpe,
  • Tute e schermi per il volto.

Situazione normativa al giorno d’oggi per il contenimento dell’epidemia      

Come classificare le norme di igiene applicate fino a due mesi fa nei luoghi di lavoro, di produzione, di commercio, e negli uffici pubblici e privati?

Risposta: «Il livello di sicurezza igienica era lo stesso che si vede nella “Lezione di Anatomia del dottor Tulp”».

I chirurghi hanno impiegato 270 anni per passare da quella fase descritta nel quadro di Rembrandt alla fase dei guanti, mascherina e lavaggio con soluzioni disinfettanti.

Oggi, per effetto dei DPCM di febbraio, marzo ed aprile del 2020, tutto l’apparato economico privato, l’Amministrazione pubblica, i Trasporti, le Scuole, il Sistema alberghiero e turisticodovranno apprendere le tecniche messe a punto dai chirurghi attraverso i secoli e dovranno farlo in pochi giorni. DISTANZIAMENTO, MASCHERINE, GUANTI, ISOLAMENTO, SANIFICAZIONI domineranno la scena.

Tutti dovranno:

  • Adeguarsi alle prescrizioni della legge n. 81 del 2008
  • Aggiornare il DVR (Documento di Valutazione Rischio) al “Rischio biologico” da Coronavirus.
  • Coinvolgere: RLST (Rappresentante Lavoratori Sicurezza Territoriale),
  • Coinvolgere: RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione).

Adeguare l’igiene dei luoghi e delle persone alle norme contenute nel:

  • Circolare del ministero della Salute n. 5443 del 22 febbraio 2020,
  • DPCM del 26 aprile 2020
  • Ordinanza della Regione Sardegna del 2 maggio 2020.

Mario Marroccu

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Dal 14 marzo sono 40.365 i controlli realizzati dal Corpo forestale della Regione Sardegna per vigilare sul rispetto delle regole stabilite per l’emergenza epidemiologica da Covid-2019.

Nella giornata di ieri sono stati effettuati 529 controlli: 70 nell’area di Cagliari, 20 Iglesias, 64 Oristano, 176 Sassari, 97 Nuoro, 19 Lanusei, 83 a Tempio. Sono state sanzionate 3 persone (2 a Sassari, 1 ad Oristano), per un totale (dal 14 marzo) di 784.

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A poche ore dall’inizio della “Fase 2”, sono solo 4 i nuovi casi positivi al Covid-19 riscontrati oggi in Sardegna. Nessun caso per il secondo giorno consecutivo nella provincia di Sassari che resta quella ampiamente più colpita in Sardegna, con 848 casi positivi su 1.319 totali. 3 dei 4 casi sono stati riscontrati nella provincia di Nuoro (totale 81), 1 nella Città Metropolitana di Cagliari (totale 241). Nessun caso positivo sia nella provincia di Oristano (totale 55) sia nella provincia del Sud Sardegna (94).

Oggi è stato eseguito lo stesso numero di tamponi di ieri, 747 (ieri solo uno in più), dato che porta il totale a 27.737. E’ marcato il calo degli attualmente positivi, 689, 41 meno di ieri, quando erano 730. Non ci sono stati decessi, il totale delle vittime resta fermo a 119.

E’ cresciuto il numero dei pazienti ricoverati con sintomi, 92 (ieri erano 86), mentre è sceso ancora il numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva, 10 (ieri erano 13). E’ diminuito sensibilmente sia il numero delle persone in isolamento domiciliare, 587 (ieri erano 631), sia quello dei dimessi/guariti dall’inizio dell’emergenza, 511 (ieri erano 466).

 

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Sono 4 i nuovi casi positivi al Covid-19 riscontrati oggi in Sardegna, su 747 tamponi eseguiti. Nessun decesso.

Il numero totale di casi di positività accertati in Sardegna dall’inizio dell’emergenza sale così a 1.319. È quanto rilevato dall’Unità di crisi regionale nell’ultimo aggiornamento. In totale nell’Isola sono stati eseguiti 27.737 test. I pazienti ricoverati in ospedale sono in tutto 102, 92 ricoverati con sintomi, 10 in terapia intensiva, mentre 587 sono le persone in isolamento domiciliare. Il dato progressivo dei casi positivi comprende 416 pazienti guariti (+37 rispetto al dato precedente), più altri 95 guariti clinicamente. Gli attualmente positivi sono 689. Resta invariato il numero delle vittime (119).
Sul territorio, dei 1.319 casi positivi complessivamente accertati, 241 sono stati registrati nella Città Metropolitana di Cagliari (+1 rispetto all’ultimo aggiornamento), 94 nel Sud Sardegna, 55 a Oristano, 81 (+3) a Nuoro, 848 a Sassari.

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Si è concluso pochi minuti fa il rito religioso officiato dall’arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi, nella chiesa di Pula, in onore di Sant’Efisio.
Durante il trasferimento del Santo da Cagliari a Pula, nel tempo del Coronavirus, un numero assai limitato di devoti ha potuto accompagnare il viaggio, una presenza che ha ancora di più il senso della devozione del popolo sardo che si è stretto anche oggi in preghiera intorno al Santo Protettore della Sardegna.
Nella sua omelia, mons. Giuseppe Baturi non ha mancato di implorare il Santo, affinché possa intervenire per scacciare il Coronavirus e per proteggere tutti, troppe morti e lutti hanno devastato la Sardegna e l’Italia intera.
«Siamo certiha proseguito mons. Giuseppe Baturi – che Sant’Efisio sia al nostro fianco e che interverrà per liberare la Sardegna intera da questo virus, perché tutti abbiamo bisogno di riprendere la nostra vita e, soprattutto, abbiamo bisogno che l’aspetto socio-economico riprenda il suo corso naturale e che la politica e le istituzioni riescano a venire incontro alle esigenze di una societàha concluso l’arcivescovo di Cagliariche chiede a gran voce un aiuto, necessario e immediato, che non può essere procrastinato nel tempo.»
Armando Cusa

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L’epidemia Covid ci ha insegnato che gli ospedali e tutte le comunità assistenziali possono essere percepiti come un luogo insicuro. In questo periodo gli accessi ai Pronto Soccorso della Sardegna sono ridotti del 70%. Migliaia di sardi attendono prestazioni ospedaliere che sono state rinviate, non si sa bene a quando.
E’ possibile ritornare alla normalità che conosciamo (e che non ci soddisfaceva)?
E se invece provassimo a sfruttare l’opportunità?
Se provassimo a pensare ad una “diversa normalità” del sistema sanitario della nostra Regione, riscrivendo il ruolo degli Ospedali, del territorio e dell’emergenza, utilizzando la potentissima leva di cambiamento della sanità digitale?
Già oggi con il nostro smart watch noi possiamo attivare il coaching sugli stili di vita, sull’alimentazione. Possiamo calcolare parametri cardiaci, respiratori. Possiamo usare il telemonitoraggio per inviare “allarmi” se qualcosa non funziona…
La Telemedicina, ma anche l’intelligenza artificiale (AI) e l’internet delle cose (IOT), possono radicalmente cambiare il sistema sanitario sardo, invertendo lo schema che oggi non funziona più. Il cittadino non deve più andare verso “i luoghi di cura”! Al contrario, è la prestazione sanitaria che deve andare direttamente a casa del cittadino!

Se ne parla in webinar mercoledì 6 maggio dalle ore 18,30 alle ore 19.30. Approfondirà il tema Pierpaolo Vargiu, del Centro Studi dei Riformatori sardi. Seguirà un dibattito al quale parteciperanno tra gli altri Paolo Cannas, Franco Meloni Giambenedetto Melis, Giorgio Sorrentino e l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu.

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In merito alle dichiarazioni del presidente della Regione Autonoma della Sardegna, on. Christian Solinas, il presidente della Conferenza Episcopale Sarda, mons. Antonello Mura, afferma quanto segue: «I Vescovi sardi pur apprezzando l’attenzione che il Presidente Solinas ha rimarcato nella conferenza stampa di oggi verso l’apertura delle chiese alle ‘celebrazioni eucaristiche’ si riservano di leggere e valutare il testo dell’ordinanza regionale che verrà firmata, tenendo conto che non sono stati consultati precedentemente e che decisioni di questo tipo – precisa mons. Antonello Mura – competono unicamente all’Autorità ecclesiastica». 

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«Liquidità immediata alle imprese del settore turistico in un momento di emergenza per sostenere l’occupazione e rilanciare il comparto.»

È quanto afferma l’assessore regionale del Lavoro, Alessandra Zedda, che annuncia l’approvazione di 326 domande ammesse al finanziamento dalla data di presentazione a settembre 2019 – per un importo pari a 4 milioni 362.530 euro (fondi POR Sardegna FSE – 2014/2020) – a seguito dell’Avviso pubblico con procedura “a sportello” per il bando ‘Destinazione Sardegna Lavoro’ finalizzato alla concessione di incentivi per l’estensione della durata dei contratti di lavoro stagionali e l’allungamento della stagione turistica per l’annualità 2019.  

«Si tratta di incentivi a fondo perduto destinati sia a micro imprese che a grandi catene alberghiere, con l’obiettivo principale di incoraggiare la diversificazione dell’offerta turistica e ricettiva dell’Isola con aiuti alle imprese del settore, attraverso il sostegno dell’occupazione, per favorire una maggiore stabilità dei lavoratori con la stipula di contratti stagionali più lunghi», precisa l’assessore Alessandra Zedda, che sottolinea come «il bando sia stato espletato in tempi eccezionalmente brevi».

«Il turismo e le professionalità del settore rappresentano per l’isola uno straordinario motore di sviluppo e una risorsa che abbiamo il dovere di tutelare e valorizzare. Soprattutto in questo drammatico momento di emergenza abbiamo però anche la consapevolezza di indicare e costruire degli scenari per l’immediato futuro del settore, che dobbiamo perseguire con coraggio e determinazione. La Regione è pronta a sostenere e incoraggiare tutte le iniziative che possano rilanciare occupazione ed economia», ha evidenziato l’assessore regionale del Turismo, Gianni Chessa.

La concessione del finanziamento è subordinata all’osservanza delle prescrizioni contenute nell’Avviso e in particolare alla presentazione, da parte delle imprese ammesse al finanziamento, entro 30 giorni dalla pubblicazione della determinazione di ammissibilità, (non oltre entro il termine del 31 luglio) della nota di adesione.

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«I settori coinvolti dalla crisi economica derivati dalla situazione emergenziale che stiamo vivendo sono molteplici, ogni singola richiesta deve essere pertanto portata avanti con coscienza e la ferrea volontà di dar loro risposte certe.»
Lo afferma Dario Giagoni, capogruppo Lega in Consiglio regionale.
«Il settore turistico è sicuramente uno dei più martoriati da questo protrarsi del lockdown e lo sarà certamente anche nella, ancora non totalmente definita, fase 2 insieme a tutto il suo indottoaggiunge Dario Giagoni -. Pertanto, è necessario ricomprendere negli interventi mirati alla salvaguardia delle aziende anche il comparto degli armatori di trasporto passeggeri, il quale conta in Sardegna circa 60 motonavi abilitate al traffico locale turistico e circa 400 lavoratori tra marittimi ed impiegati nelle biglietterie. Questo settore pur non rientrante nel blocco delle attività imposto dal governo ha registrato delle ovvie pesantissime perdite per totale assenza di domanda e rischia di veder vanificato il lavoro svolto nelle precedenti annualità, volto anche ad allungare la stagione lavorativa. Chiediamo, pertanto, che il presidente Christian Solinas si faccia portatore delle istanze del comparto con il governo centrale al fine di estendere ad essi i provvedimenti già messi in atto nel confronti delle attività aventi codice ATECO rientranti nella filiera turistica quali: cassa integrazione ordinaria o in deroga per i lavoratori, indennità per i lavoratori stagionali come previsto da DL  18/2020.»
«Oltre abbiamo anche proposto interventi ed un impegno ad opera della Regione Sardegnaconclude Dario Giagoni al fine di adottare specifici provvedimenti in grado di andare incontro alle esigenze di questo settore, colpevole solo di non essere riconosciuto a livello nazione come facente parte della filiera prettamente turistica.»