24 April, 2024
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Separazione dei coniugi: «Il conflitto endofamiliare incide nella scelta dell’Amministratore di Sostegno?» – di Luisa Camboni

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L’istituto dell’Amministrazione di Sostegno è una figura giuridica introdotta, nel nostro ordinamento, per tutelare quei soggetti che, a causa di una malattia o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi. 

La ratio dell’istituto è, dunque, quella di tutelare la gestione patrimoniale di soggetti deboli, ovvero di quelle persone che in un determinato momento della propria vita siano impossibilitate a provvedere alle proprie necessità.

Nell’iter che porta alla nomina dell’Amministratore di Sostegno figura fondamentale è quella del Giudice, cosiddetto Giudice Tutelare. Il Giudice Tutelare, a seguito di ricorso, provvede con decreto a nominare  l’Amministratore disponendo l’indicazione dell’oggetto dell’incarico, degli atti che l’Amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto dell’Amministrato/Beneficiario, nonché di quelli che l’Amministrato/ Beneficiario può compiere solo con la sua assistenza.

Il compito dell’Amministratore di Sostegno è quello di aver cura della persona dell’Amministrato/ Beneficiario e non soltanto del suo patrimonio. In altre parole, l’Amministratore di Sostegno deve svolgere i propri compiti tenendo conto dei bisogni e delle aspirazioni dell’Amministrato/ Beneficiario.

Qual è l’iter da seguire per arrivare alla nomina dell’Amministratore di Sostegno? Quali i soggetti legittimati a chiederne la nomina?

Il tutto ha inizio con il deposito, presso la Cancelleria del Giudice Tutelare, di un ricorso.

I soggetti legittimati a chiedere la nomina di un Amministratore di Sostegno sono:

a. il diretto interessato,

b. il coniuge,

c. il convivente more uxorio (purché la convivenza abbia il requisito della stabilità), parenti entro il quarto grado e affini entro il secondo.

Possono proporre ricorso, anche, soggetti esterni al nucleo familiare come il pubblico ministero, il tutore o il curatore, i responsabili di servizi socio-sanitari qualora fossero a conoscenza di fatti tali da rendere necessaria l’apertura del procedimento.

Si noti bene: La proposizione del ricorso può essere fatta personalmente presso la Cancelleria del Giudice senza l’assistenza di un avvocato.

Chi può ricoprire l’incarico di Amministratore di Sostegno?

In ragione della ratio dell’istituto e dell’essenziale legame di fiducia che deve sussistere tra le parti, Amministratore di Sostegno e Amministrato, generalmente il Giudice predilige, nella scelta del soggetto da nominare, una persona facente parte del nucleo familiare dell’Amministrato/ Beneficiario o, comunque, legato allo stesso da vincoli di parentela – affettivi.

Nel caso in cui per vari motivi la nomina di un familiare non sia possibile, la scelta dovrà ricadere su un soggetto esterno alla famiglia.

Quali qualità deve possedere la persona nominata Amministratore di Sostegno?

L’Amministratore deve svolgere il proprio incarico in totale autonomia, avendo riguardo unicamente agli interessi dell’Amministrato, garantendo, quindi, la totale imparzialità e l’assenza di qualsivoglia interesse personale. Insomma, deve esercitare tale incarico nel pieno rispetto dei diritti della persona e della dignità umana.

L’attività posta in essere dall’Amministratore di Sostegno è soggetta al controllo da parte del Giudice Tutelare; infatti, l’Amministratore, annualmente, è tenuto  a depositare  un rendiconto nel quale non si limita solamente ad indicare le entrate e le uscite del patrimonio dell’Amministrato, ma anche a dar conto dello stato di salute, della vita sociale… dello stesso.

Il conflitto endofamiliare incide nella scelta dell’Amministratore di Sostegno?

La risposta è positiva.

L’articolo 408 c.c. indica un elenco di soggetti che possono ricoprire l’incarico di Amministratore di Sostegno: il coniuge non separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio, il fratello, la sorella, il parente entro il quarto grado, ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico, scrittura privata autenticata.

Normalmente la scelta dovrebbe ricadere tra i soggetti sopraelencati, però, qualora sussistano gravi motivi è possibile che la scelta ricada su un professionista esterno al nucleo familiare; tale ipotesi è rappresentata proprio dalla sussistenza di “conflitti endofamiliari”.

Con l’espressione “conflitti endofamiliari” vi rientrano tutte quelle ipotesi di scontro, di disagio, di qualsiasi natura che nascono all’interno del nucleo familiare e che determinano un clima di tensione, stress che mal si concilia con quella che è la ratio dell’istituto dell’Amministrazione di Sostegno, ovvero garantire tranquillità, tutela al soggetto Amministrato.

Pertanto, in presenza di una accertata conflittualità all’interno del nucleo familiare, la soluzione migliore che consente di amministrare gli interessi del beneficiario con la dovuta imparzialità è rappresentata dalla nomina di un Amministratore esterno.

Ed anche perché il conflitto endofamiliare va ad incidere negativamente sul benessere psico-fisico dell’Amministrato/Beneficiario, tale da poter compromettere gravemente lo stato di salute dello stesso.

Il coniuge legalmente separato può essere nominato Amministratore di Sostegno?

La risposta è fornita dal Giudice Tutelare del Tribunale di Varese che ritiene si possa  nominare il coniuge legalmente separato quale Amministratore di Sostegno dell’Amministrato/Beneficiario quando è provata l’assenza di conflitti di interessi e l’adeguatezza della designazione, specie se la nomina è fatta dal beneficiario stesso.

Avv. Luisa Camboni

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