29 March, 2024
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«In Sardegna alla catena di comando che serve per gestire l’emergenza Covid-19 mancano gli anelli essenziali. Per questo occorre che l’assessore Mario Nieddu si dimetta subito e non si occupi più del Coronavirus, e che di concerto con l’amministrazione regionale si nominino sia un commissario straordinario per l’emergenza in Sardegna sia un commissario speciale ad acta per gestire l’AOU di Sassari. La battaglia va affrontata con le forze giuste.»

È la richiesta che avanzano i parlamentari del Movimento 5 Stelle Pino Cabras, Emanuela Corda, Luciano Cadeddu, Paola Deiana, Gianni Marilotti, Elvira Evangelista, Emiliano Fenu, Ettore Licheri, Alberto Manca, Nardo Marino, Mario Perantoni, Lucia Scanu, e i consiglieri regionali Carla Cuccu, Alessandro Solinas, Michele Ciusa, Desirè Manca e Roberto Li Gioi.

In una lunga nota pubblicata nelle loro pagine Facebook, i quattordici esponenti del M5S affermano che «in Sardegna, dove ancora deve arrivare l’ondata epidemica più violenta del Coronavirus, la gestione dell’emergenza da parte dei decisori politici in loco è fra le più preoccupanti. I cinesi non hanno esitato ad esautorare le autorità di Wuhan e dell’Hubei, agli inizi del loro principale focolaio. Eppure non registravano un numero di operatori sanitari infetti da Coronavirus altrettanto sproporzionato quanto in Sardegna nella fase iniziale della progressione infettiva: gran parte dei nuovi contagi da noi è avvenuta all’interno dei presidi ospedalieri, un record che segnala un’anomalia acutissima.»

Ma le osservazioni che gli esponenti del Movimento 5 Stelle rivolgono all’amministrazione Christian Solinas sono incalzanti: «Nell’isola del ‘tutto sotto controllo’, cosa ha fatto l’assessorato regionale della Sanità tra il 21 febbraio (il primo caso a Codogno, in Lombardia) e l’8 marzo 2020 (con il Dpcm che ci ha fatto stare tutti a casa)? Era davvero tutto a posto, come diceva? I sindaci sardi dichiarano di essere stati lasciati soli: dal nord al sud dell’isola i primi cittadini denunciano gravi carenze nelle comunicazioni da parte dell’ATS in merito alla positività dei propri concittadini al virus».

«A questo si aggiunge l’imbarazzante caso dei test rapidi per scoprire la positività al virus, che l’assessore Mario Nieddu ha confermato di aver ordinato alla società Tema Ricerca srl, prenotazione che in realtà non sarebbe mai arrivata, secondo quanto spiegato dalla nota della legale rappresentante dell’azienda di Bologna – proseguono parlamentari e consiglieri regionali del M5S -. Arrivano dai medici fortissime proteste verso il bavaglio imposto al personale sanitario dall’assessorato regionale rispetto ai loro contatti con i giornalisti. Alla propria catena di disastri comunicativi cui dovrebbe rimediare con una squadra di esperti di comunicazione nelle catastrofi, l’amministrazione regionale rimedia invece con la censura. Ma i cittadini hanno il diritto dei cittadini di essere informati su quanto accade all’interno degli ospedali sardi. Serve trasparenza.»

«A che punto siamo con l’apertura di nuovi posti letto prevista dal Piano di Emergenza Regionale? Il sistema sanitario ereditato dai tempi sonnolenti delle ‘normali’ spartizioni fra partiti deve cedere il passo a un sistema che non ammette più distrazioni né opacità, ora che la salute è in gioco nel modo più drammatico. Con questa epidemia bastano pochi giorni di ritardo e si rischia di pagare errori e indecisioni con un rapidissimo aumento del prezzo peggiore, quello in vite umane. Occorre agire subito concludono parlamentari e consiglieri regionali del M5S -. Per questo occorre che l’assessore Mario Nieddu si faccia da parte e che di concerto con l’amministrazione regionale si nominino sia un commissario straordinario per l’emergenza in Sardegna sia un commissario speciale ad acta per gestire l’AOU di Sassari.»

 

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Nonostante il nuovo pronunciamento favorevole del ministero dell’Ambiente per la realizzazione del tratto nord della dorsale del gas in Sardegna, il M5S continua la sua battaglia tesa a contrastare il progetto. La nuova iniziativa di opposizione arriva da 14 parlamentari: Pino Cabras, Luciano Cadeddu, Emanuela Corda, Paola Deiana, Elvira Evangelista, Emiliano Fenu, Maria Lapia, Ettore Licheri, Alberto Manca, Gianni Marilotti, Nardo Marino, Mario Perantoni, Lucia Scanu e Andrea Vallascas, secondo i quali «con il passare delle settimane stiamo leggendo ormai quotidianamente dichiarazioni mirabolanti sulla dorsale del gas come infrastruttura salvifica e risolutrice di ogni male esistente in Sardegna. Sentiamo parlare di numeri legati ai fabbisogni e ai consumi, ma i numeri ufficiali che l’Autorità per l’Energia ha commissionato alla società di ricerca RSE saranno disponibili soltanto nel prossimo mese di aprile. Solo su quei numeri e solo allora si potrà fare una valutazione sul sistema di trasporto gas, come espresso in modo inequivocabile dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec). A che cosa servirebbe infatti un tubo se la sua convenienza non fosse più che certificata? Ogni analisi che oggi sta circolando sulla base di numeri immaginari ha i piedi saldamente piantati sulle nuvole».

«Dopo aver fatto la campagna elettorale contro la dorsale del metano, il presidente della Regione Christian Solinas ha cambiato idea e vuole fare arrivare nell’isola costosissimi sistemi di approvvigionamento energetico, vecchi ed obsoleti, che ancora una volta condannerebbero la Sardegna all’arretratezza – sostengono i 14 parlamentari del M5S  –. L’obiettivo del governo nazionale ed il nostro è invece di garantire ai cittadini e alle imprese sarde un sistema energetico moderno, competitivo e coerente con la sfida climatica che tutti noi ci siamo impegnati ad affrontare. La Sardegna merita una discussione seria e costruttiva su come gestire una transizione energetica che sia rispettosa del clima e dell’ambiente e sia basata su numeri e bisogni veri, non sui numeri immaginari che oggi riempiono le cartelline dei lobbisti.»

«Il kit dei lobbisti che promettono il nuovo paradiso terrestre, prevede poi sempre qualche frase disperata che vorrebbe isolare la sottosegretaria Alessandra Todde, incaricata di esprimere la linea del Governo, una linea che in tanti fanno finta di dimenticare: il gas si deve portare dove serve e si deve irrobustire la rete elettrica sarda per aumentare la produzione da fonti rinnovabili in sicurezza e per poter perseguire gli obiettivi di de-carbonizzazione del 2025 e del 2050 – aggiungono i 14 parlamentari del M5S -, invece sentiamo parlare di autorizzazioni per la dorsale mentre ancora non esistono i decreti ministeriali del ministero dell’Ambiente e di quello dello Sviluppo economico. Inoltre, non vi è però alcun dibattito, ma proprio nessuno, su dove questo gas debba approdare e su come alimenterà la dorsale. Dove sono le approvazioni dei rigassificatori in Sardegna a parte i depositi costieri di Oristano, che da soli non possono certo alimentare la dorsale?»

«Il resto del pianeta parla di mobilità e infrastrutture elettriche con auto e treni elettrici sempre più efficienti – concludono i 14 parlamentari 5 Stelle -, ovunque si moltiplicano comunità energetiche che si autoproducono l’energia da fonti rinnovabili e biometano. In Sardegna invece troppi invece sembrano essere solamente interessati a trasformare la nostra isola in un distributore di gas in conto terzi.»

 

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Per rilanciare il polo industriale di Ottana è necessario che il ministero dello Sviluppo economico istituisca un tavolo di confronto istituzionale con la multinazionale Indorama e il Gruppo Clivati, con l’obiettivo di discutere le possibili condizioni per una ripartenza degli impianti del Pet, chiusi dal 2014 e i cui lavoratori sono stati licenziati lo scorso anno. Lo chiede al ministro del Lavoro e delle Attività produttive, Luigi Di Maio, il senatore Cinquestelle Emiliano Fenu, con una interrogazione che è stata sottoscritta anche dagli altri rappresentanti isolani a Palazzo Madama Vittoria Bogo Deledda, Elvira Evangelista, Ettore Licheri e Gianni Marilotti. L’interrogazione sollecita inoltre il vicepremier perché si ricerchino per il polo industriale del centro Sardegna «soluzioni alternative, anche considerando le richieste avanzate dai lavoratori di Ottana Polimeri».

Nell’interrogazione si ricorda come il confronto istituzionale era stato sollecitato dai lavoratori di Ottana già nel 2015 con una lettera (rimasta senza risposta) inviata all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi e dove si chiedeva «di convocare tempestivamente un tavolo governativo di discussione per addivenire a una soluzione che potesse scongiurare la chiusura degli impianti».

Per Emiliano Fenu e i suoi colleghi anche la condotta delle imprese private ha «messo seriamente in crisi il futuro di lavoratori altamente specializzati, delle loro famiglie e di un territorio, il Nuorese, martoriato dalla perdita di migliaia di posti di lavoro nei comparti della chimica e del tessile». Per questo motivo «sarebbe necessario intervenire con urgenza per creare le condizioni di un rilancio dell’industria ad Ottana salvaguardando i lavoratori coinvolti ed evitando la partenza di altri migranti sardi che non vedono più possibilità di sbocco nella loro regione».

Nell’interrogazione si ripercorrono le vicissitudini del polo industriale di Ottana, con la nascita del complesso, la successiva privatizzazione e l’attività dell’unica fabbrica di Pet presente in Italia. Il Pet, «è la materia prima delle bottiglie di plastica, principalmente usate per l’acqua minerale e contenitori alimentari; una produzione che in tutta Europa è crescente, florida e in continua espansione». Tuttavia «dal marzo 2014 Ottana Polimeri è chiusa, mentre la società Indorama ha continuato la propria espansione in altri Paesi europei (Spagna, Portogallo, Olanda, Polonia, Lituania) e in Medio Oriente, Turchia e Egitto».

L’interrogazione ricorda come «negli ultimi quattro anni gli ex lavoratori della società hanno tentato di sensibilizzare in ogni modo le istituzioni, sia regionali che nazionali, affinché fossero convocati con urgenza la società Indorama ed il Gruppo Clivati per instaurare un tavolo tecnico per discutere sulle possibilità di riavvio degli impianti. Tuttavia, nel silenzio totale delle istituzioni, a settembre 2017, è stata tolta ai dipendenti ogni speranza a causa del loro licenziamento».

 

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«Servono interventi urgenti per scongiurare la chiusura dello stabilimento Saipem di Arbatax, destinato ad interrompere l’attività dopo il prepensionamento di 40 lavoratori su 130. Il ministero dell’Economia deve intervenire immediatamente e l’Eni non può disimpegnarsi da un territorio già in grave crisi.»

Lo affermano i parlamentari isolani del Movimento 5 Stelle (i senatori Emiliano Fenu, Ettore Licheri, Elvira Evangelista e Vittoria Bogo Deledda, e i deputati Alberto Manca e Mara Lapia), che venerdì, a Nuoro, hanno partecipato ad un incontro promosso dal Movimento con i rappresentanti sindacali dei lavoratori dell’azienda, Ezio Mura e Bonaria Piras, e a cui hanno preso parte numerosi militanti. Al termine della riunione tutti hanno convenuto che siano indispensabili interventi urgenti e decisi presso il ministero dell’Economia per scongiurare la chiusura della fabbrica che realizza parti meccaniche che si installano sulle piattaforme di estrazione del petrolio, e tutelare il personale occupato, tenuto conto anche del progressivo calo produttivo dovuto alla mancanza di nuove commesse.

«A fronte dell’accordo di pre-pensionamento di 40 lavoratori, su una forza lavoro di 130 dipendenti, e in assenza di nuove assunzioni, la società è destinata a morire, facendo perdere una fonte di sviluppo per l’intero territorio e coinvolgendo, oltre i 90 lavoratori residui e le loro famiglie, anche le imprese dell’indotto che negli anni hanno investito risorse e lavoro, confidando nella permanenza dell’attività della Saipem – aggiungono i parlamentari -. La Saipem è controllata per il 30 per cento dall’Eni, che ha rappresentato e potrebbe rappresentare il maggior committente per l’azienda di Arbatax. Tuttavia non si comprendono certi comportamenti tesi a disattendere gli sforzi finalizzati a stimolare l’azienda per canalizzare nuove commesse verso lo stabilimento di Arbatax.»

Lo stabilimento di Arbatax, con i suoi oltre quarant’anni di attività, ha segnato la storia del territorio, producendo benefici economici sulle imprese dell’indotto, il cui coinvolgimento, a causa dell’incessante declino dello stabilimento, è invece ora quasi completamente azzerato.

«Per questo motivo è necessario aprire immediatamente un dialogo con il ministero dell’Economia e delle Finanze, sia per sollecitare la necessità di investimenti sulle maestranze locali, sia per insistere per riportare sul territorio quelle lavorazioni speciali nell’ambito dell’ingegneria meccanica, per le quali si stanno già preferendo siti esteri, come il caso della smobilitazione dello storico sito di Cortemaggiore per trasferire le attività in Croazia e Romania – sottolineano ancora i parlamentari del Movimento 5 Stelle -. La totale assenza di nuovi progetti complessi e l’attuale attività su progetti residuali, oltre a causare perdita di capitale umano e di professionalità specializzate, fa ritenere altamente probabile che vi sia da parte dell’azienda la volontà di dismettere l’attività dello stabilimento, delocalizzandone le sedi decisionali e lavorative in altre nazioni. Per questo motivo, in vista del prossimo incontro in Regione – concludono i sei parlamentari del Movimento 5 Stelle – è auspicabile che venga fatto tutto il possibile per cercare di mantenere i livelli occupazionali ed evitare la smobilitazione del cantiere, promuovendo dei tavoli di concertazione e sfruttando ogni strumento a disposizione.»

Arbatax.