25 April, 2024
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La proposta dello scrittore Marcello Fois di riprendere il progetto del Betile (il museo disegnato dall’Archistar Zaha Hadid, che la giunta di Renato Soru intendeva realizzare a Cagliari, poi abbandonato dal successivo governo regionale) e collocarne la costruzione a Porto Torres a significare il cambio di prospettiva nella ormai ex grande area industriale chimica del nord Sardegna, è rafforzata dal successo di esperienze simili, riscontrabili in molteplici regioni industriali europee. Il caso di Bilbao è solo quello più noto perché ha richiamato milioni di persone in una sorta di quasi pellegrinaggio verso la celebre architettura che Frank Gerhy ha realizzato per il Guggenheim della regione basca riconvertita dall’industria pesante ad altro. Non è il solo caso. In giro per il mondo si incontrano non solo nuove architetture dedicate alla cultura, ma anche stazioni ferroviarie, centrali termoelettriche, altre fabbriche industriali trasformate in contenitori d’arte. Fra i tanti casi, meritano la citazione, perché ben si attagliano alla situazione sarda, quelli del Louvre Lens e del Hepworth Wakefield, situati in centri minerari carboniferi consociati con la Grande Miniera di Serbariu. In un caso, il Louvre parigino ha decentrato in una città mineraria, Lens, della regione carbonifera francese Nord- Pas de Calais, una parte della sua collezione di reperti archeologici e di arte. Per ospitare la collezione è stato realizzato un nuovo museo, opera dello studio Sanaa di Tokyo, fortemente innovativo nella concezione architettonica e nel progetto di esposizione e di comunicazione. Nel secondo caso, nello Yorkshire, cuore della prima rivoluzione culturale inglese, l’Archistar David Chipperfield ha creato un centro per la l’arte contemporanea inserita in un complesso culturale di valore internazionale. Sono casi di successo testimoniati dal notevole numero dei visitatori.
Nel Sulcis, a completamento del grande contenitore culturale realizzato nel primo decennio del secolo, nella Grande Miniera di Serbariu, che già comprende il CICC, Centro Italiano della cultura del carbone, il museo dei paleo ambienti sulcitani (PAS), il centro di ricerche Sotacarbo, l’Auditorium, la Fabbrica del Cinema, la Sezione di Storia Locale, i centri per l’alta formazione e le associazioni culturali, un centro congressi e altro, fu proposto di riqualificare in Kunsthaus per l’arte del XXI secolo, la centrale termoelettrica, uno degli edifici più belli della miniera. Si deve soprattutto al compianto maestro Ermanno Leinardi il primo spunto propositivo.
L’amministrazione comunale preparò un progetto preliminare avvalendosi del Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari. L’impegno finanziario risultava compreso fra 15 e 20 milioni di euro, compreso l’allestimento. Un impegno notevole, indubbiamente. Ma si trattava di fare qualcosa di unico nella Regione e di livello nazionale. Il progetto non incontrò il favore della Regione prigioniera di una visione centrata su Cagliari. Peraltro, la visione ristretta non prevale solo a Cagliari. In Italia è difficile immaginare che, per esempio, gli Uffizi di Firenze decentrino una propria sezione nel Sulcis o in un’area mineraria siciliana, come ha fatto il Louvre nella regione carbonifera francese. Il fatto che finora sia prevalso il disinteresse di certe istituzioni non deve indurre a rassegnazione.
La questione posta dallo scrittore Marcello Fois di “usare” un grande progetto culturale nella riconversione di un’area industriale è fondata e va sostenuta. Penso che anche il Sulcis Iglesiente abbia qualcosa di importante da proporre al riguardo e dovrebbe farlo. Ma a prescindere dal luogo, ciò che conta è che si realizzi il Betile o un suo equivalente in una visione policentrica della Sardegna.
Tore Cherchi

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Museo Macc Calasetta copia

Il piccolo museo MACC di Calasetta, uno dei pochissimi in Europa ad avere una così spiccata specializzazione nell’arte astratta e concreta del secondo ‘900, si dimostra sempre più attivo e convincente nel proseguire il lavoro che fu del fondatore, il pittore Ermanno Leinardi.

La mostra Lucide inquietudini – Storie singolari dell’astratto-concreto tra ’50 e ’70″ che verrà inaugurata il 2 luglio con l’intervento del direttore artistico del MACC Pino Mantovani, raccoglie il suo invito a documentare aspetti dell’arte astratta e concreta, «impegnata dall’immediato dopoguerra nel rinnovamento artistico europeo»; senza dimenticare l’ammonizione di Marcuse in capo al catalogo della collezione: «Un’opera d’arte è autentica o vera non in forza del contenuto… né della forma pura, ma per opera del contenuto che si è fatto forma».

I quattro artisti scelti (Piero Rambaudi, Albino Galvano, Mario Davico, Gino Gorza), sono attualmente poco noti al grande pubblico, anche nella loro Torino, nonostante abbiano partecipato a importanti manifestazioni artistiche nell’arco di tutta la loro non breve esistenza.

Anche per la inclinazione a perseguire obbiettivi necessari alla definizione di una identità per così dire assoluta, per l’irritualità delle scelte esistenziali e professionali, per l’intransigenza critica, non hanno ottenuto il credito che avrebbero meritato, salvo che sul piano del magistero, generosamente proiettato su diverse generazioni. Del resto, la loro formazione era avvenuta sulla falsariga dei “maestri” del primo ’900 torinese.

«La mostra non vuole proporre delle mini-antologiche dei quattro artisti – commenta il direttore Pino Mantovani – e tanto meno assimilarli o ridurli a gruppo, ma seguirli nella vicenda complessa dagli anni ’50 ai ’70.»

Curata personalmente dal direttore Pino Mantovani e da Ivana Mulatero, la mostra, composta da una decina di opere per ogni artista, che sarà inaugurata al MACC il 2 luglio, alle ore 19.00, resterà allestita fino al 30 settembre 2016.

Il catalogo che accompagna l’esposizione utilizza ampiamente scritti e dichiarazioni che dimostrano, da parte degli artisti, una lucida, inquieta consapevolezza del valore e dei sensi, anche ambigui, del proprio lavoro.

Verrà inaugurata il 4 luglio, al MACC di Calasetta, la mostra monografica “Geometrie di confine”, di Rosanna Rossi, a cura di Efisio Carbone e Roberta Vanali. La mostra origina dall’opera acquisita da Ermanno Leinardi per l’istituzione del Museo Civico di Calasetta, ora Fondazione MACC, per il nucleo d’opere di autori sardi da accostare alla collezione astratta e concreta raccolta nel corso di trent’anni da Leinardi – che annovera artisti del calibro di Sonia Delunay, Fontana, Albers, Capogrossi, Dorazio, Veronesi e Munari.

Trentacinque pezzi di grandi e medie dimensioni, di cui venticinque inediti appartenenti alla produzione ultima dell’artista, prenderanno posto nelle sale del Museo fino al 30 settembre, mentre in una sala appositamente attrezzata sarà possibile consultare le varie fasi del percorso artistico della Rossi attraverso video, foto e testi raccolti nel corso degli anni. La colonna sonora sarà il brano composto ed eseguito da Francesca Romana Motzo nel 2012 appositamente per l’artista.

Sarà poi presentato il catalogo con i testi dei curatori Efisio Carbone e Roberta Vanali e una introduzione di Pino Mantovani e Ivana Mulatero, rispettivamente direttore e vicedirettore del MACC.

L’inaugurazione sarà accompagnata dalla degustazione dei vini della Cantina di Calasetta.

Rosanna Rossi 2014 by Anna MarcedduErmanno Leinardi 1 copia

Sono 32 i monumenti del patrimonio culturale e ambientale dei comuni di Calasetta, Portoscuso e Sant’Antioco visitabili nelle giornate di sabato 16 e domenica 17 maggio.

Nelle stesse giornate saranno aperti i monumenti di altri 13 comuni: Alghero, Capoterra, Iglesias, Marrubiu, Padria, Porto Torres, Sennori, Serramanna, Siddi, Tortolì Arbatax, Uras, Villacidro e Villanovafranca.

A Calasetta saranno aperti 4 siti: la Batteria Mangiabarche, che dal 2012 fu luogo artistico per artisti internazionali che eseguirono installazioni temporanee e murales creando una vera e propria galleria a Cielo Aperto, la Torre di Calasetta, il Museo MACC fondato per iniziativa dell’artista Ermanno Leinardi. E, infine, il percorso alla scoperta di“U’ Magazìn”, che si snoda attraverso la via Umberto (u Caruggiu da Gexa), e porta sino alla parrocchiale di San Maurizio; la Piazza del Municipio, centro della vita sociale del paese, col palazzo comunale e il monumento ai Caduti; la via Roma (via Grande), luogo di ritrovo per le passeggiate di turisti e locali. In uso ancora oggi, le vecchie cantine private chiamate “U’ Magazìn”, luoghi di produzione del vino locale, il Carignano e il Moscato.

I monumenti saranno visitabili gratuitamente il pomeriggio di sabato 16 dalle 16.00 alle 20.00 e domenica 17 maggio dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00.

A Portoscuso l’Amministrazione comunale si è posta l’obiettivo di convertire l’immagine di Portoscuso affinché non venga concepita solo come zona industriale, ma come località turistica ricca di peculiarità, sia storico-culturali, che naturalistiche-paesaggistiche.

I 7 monumenti saranno visitabili gratuitamente il pomeriggio sabato dalle ore 16.00 alle ore 20.00 e domenica dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 20.00.

Sarà garantita l’apertura di Informacittà a cura della associazione S.O.S. Mare Portoscuso.

Saranno visitabili la Chiesa Vergine D’itria risalente al 1655 circa ed edificata per volontà di Gerolamo Vivaldi, proprietario della tonnara di Portoscuso; la Fontana de is Piccas, che veniva utilizzata per gli usi domestici e per abbeverare il bestiame, affiancata originariamente da un lavatoio e da un abbeveratoio; e ancora su Pranu, il Palazzotto della Tonnara; la Chiesetta di San’Antonio che, inserita nel complesso della Tonnara, fu il primo edificio ecclesiastico dell’abitato di Portoscuso, la villa Su Marchesu, fatta edificare nel 1912 dal Marchese Salvatore Pes di Villamarina, Conte di Vallermosa e Marchese di Villamar, nonché Barone dell’Isola Piana per trascorrervi momenti di riposo durante i frequenti viaggi. In località Paringianu, si trova la laguna di Boi Cerbus con flora e fauna di rilevante interesse e infine la Torre che domina tutto il golfo circostante.

Portoscuso aderisce a Gusta la città un progetto grazie al quale molte attività ricettive e di ristorazione aprono nelle giornate di Monumenti Aperti per rendere più piacevole e apprezzabile la manifestazione.

A Sant’Antioco, grazie all’opera dei volontari che effettueranno le visite guidate, verranno aperti 21 monumenti.

Due novità rispetto alle passate edizioni sono la Mostra di cimeli, armi e uniformi dell’Arma dei Carabinieri di Sardegna e il Ponte Romano che conosciuto da tutti col nome di “Pontimannu” rappresenta un unicum non solo nella sua forma, ma anche per la posizione sul territorio. infatti differentemente dagli altri collega la terraferma con un isola e non il guado di fiumi o dislivelli.

Tra i siti visitabili vi sono: la Basilica di Sant’Antioco Martire, sorta sulla tomba del santo, i villaggi nuragici di Grutti‘e Acqua e quello di Corongiu Murvonis, poi le Catacombe di Sant’Antioco,  il Villaggio Ipogeo, il Tofet e  la Tomba dei Giganti.

Di sicuro interesse i 3 musei: il Museo Archeologico Barreca che grazie agli studenti del Liceo Scientifico Statale Emilio Lussu e del Liceo Artistico indirizzo Architettura e Ambiente indirizzo design partecipa alla Notte europea dei musei. Poi il Museo Etnografico e il Museo del Bisso.

Visitabili anche le Saline di Sant’Antioco, l’Acropoli, l’Archivio storico comunale,  il Cronicario, il Forte Sabaudo, la Fonte Romana, la Grotta della Natività, la Necropoli Punica di Sulky, la Torre Canai.

I monumenti saranno visitabili gratuitamente il pomeriggio sabato 16 dalle 16.00 alle 20.00 e domenica 17 dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00.

Numerose le iniziative collaterali realizzate grazie alle associazioni presenti sul territorio di Calasetta, Portoscuso e Sant’Antioco che renderanno ancora più godibile per i visitatori di tutte le età la due giorni di Monumenti Aperti tra cui mostre, concerti, laboratori, spettacoli teatrali, degustazioni e altro ancora.

Museo Sant'AntiocoLa Torre di Portoscuso 1

Piazza Chiesa Calasetta

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Verrà inaugurata sabato 26 luglio, alle 19.30, nel Museo della #Fondazione MACC, a Calasetta, Carte di astratti torinesi: Albino Galvano, Mario Davico, Gino Gorza, Carol Rama, Piero Rambaudi, una mostra a cura di Ivana Mulatero e Pino Mantovani. La mostra, organizzata da #Fondazione MACC e comune di Calasetta, sarà visitabile dal 27 luglio al 31 ottobre 2014, dal martedì alla domenica, dalle 18.00 alle 21.00.

La Collezione di #Ermanno Leinardi, donata dall’artista nel 2000 al Museo d’Arte contemporanea di Calasetta, MACC, viene riproposta quasi integralmente in un nuovo allestimento, curato da Pino Mantovani e Ivana Mulatero. L’aggiornamento della collezione, nuovamente aperta al pubblico, avvia la stagione espositiva del museo sotto la guida del direttore artistico Pino Mantovani, coadiuvato nella vicedirezione da Ivana Mulatero. In occasione della riapertura del museo, un’ala dello spazio espositivo ospita una mostra temporanea di cinque artisti torinesi, Mario Davico, Albino Galvano, Gino Gorza, Carol Rama e Piero Rambaudi. Disegni, monotipi e grafica incisa, realizzati dagli anni Quaranta agli anni Ottanta, suggeriscono una straordinaria documentazione aggiuntiva sull’Arte concreta ed astratta nazionale e internazionale, nucleo caratterizzante la raccolta Leinardi.

La scelta delle carte anticipa una collettiva d’ampio respiro degli stessi artisti, che si terrà al Museo d’Arte contemporanea di Calasetta nella primavera del 2015.

Dopo la stagione espositiva d’esordio del Museo, guidata dallo stesso donatore fino all’improvvisa scomparsa, e il successivo periodo diretto da #Beyond Entropy Ltd in collaborazione con l’agenzia #Conservatoria delle Coste della Sardegna, questa terza stagione si apre raccogliendo l’originale impostazione voluta da Ermanno Leinardi, con l’intenzione, peraltro, di ampliare il campo d’indagine su forme d’arte differenti, tanto nella direzione della tradizione moderna quanto della sperimentazione contemporanea. Un’attenzione particolare sarà rivolta all’inserimento del museo nelle reti territoriali della cultura e sarà dato un ampio sviluppo ai servizi della didattica, della comunicazione e dell’attività laboratoriale, in funzione di coinvolgimento dei vari tipi di pubblico nella scoperta delle mostre e nell’approfondimento dei nuclei tematici della collezione del museo.