20 April, 2024
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Un migliaio di partecipanti, da Cagliari, in autobus e a piedi lungo otto Comuni della provincia, compreso Isili, fino alla meta: Ussana. Nel giorno dei festeggiamenti in onore di San Saturnino, patrono del capoluogo sardo e di Isili, ogni tappa è stata una festa, dove fedeli e pellegrini, accolti dagli amministratori locali, hanno potuto degustare i prodotti tipici del territorio: dai dolci della tradizione di Ussana all’olio di Escolca, fino al pane di Mandas, cotto nel forno a legna. E ancora  vini e formaggi, oltre ai genuini prodotti della Terra a chilometro zero, in mostra negli stand allestiti da Donne Impresa Coldiretti Sardegna.

Fra devozione, storia, cultura ed enogastronomia, si è conclusa con successo, il 30 ottobre scorso, l’ultima tappa dell’edizione 2018 del Cammino di San Saturnino: ma il progetto di promozione turistica, che affonda le sue radici nell’evento religioso dedicato al martire cristiano per esportare oltre Tirreno le tradizioni dell’Isola, è pronto a ripartire. Curato dall’associazione pedagogica socio culturale di Cagliari “Athanatos”, l’evento si prepara a sbarcare in Europa, dopo essere approdato quest’anno a Milano e Roma. «È stato un successo insperato che ci inorgoglisce, soprattutto per l’adesione al progetto di altri numerosi Comuni, anche della Penisola. Il nostro grazie va a tutti i partner che ci hanno sostenuto e accompagnato in questa seconda edizione», afferma il presidente dell’associazione, Daniela Noli.

Dal capoluogo sardo, dove la mattina del 30 ottobre hanno avuto inizio le celebrazioni, fino alla sera, lungo il percorso che si è snodato fra Mandas, Siurgus Donigala, Serri, Escolca, Gergei, Isili e Ussana. Con lo sguardo fiero delle donne sarde e le mani forti di chi coltiva la terra, sono state le donne imprenditrici di Coldiretti Sardegna a portare in spalla, lungo il Cammino, una copia della statua di San Saturnino ricostruita fedelmente dai ricercatori del Crs4 di Cagliari (servizio Innovazione e trasferimento tecnologico Sardegna ricerche) attraverso l’impiego di tecnologie laser scanner che hanno dato la possibilità agli organizzatori di preservare la statua originale.

Prima della partenza, alle 9, i festeggiamenti nella cattedrale di Santa Maria hanno preceduto la benedizione dello stendardo di San Saturnino e la liturgia delle reliquie, con la lettura della Passio a cura dell’attrice teatrale Rita Atzeri. Le celebrazioni sono poi proseguite con l’esibizione del coro polifonico “Cantores Mundi” diretto da Boris Smocovich. Gli onori militari – con il picchetto interforze – hanno dato inizio alla processione lungo il centro della città, con un corteo storico che si è snodato per le vie dei quartieri cagliaritani Castello e Villanova. Alle 10.30, nella Basilica di San Saturnino, la Santa Messa officiata dall’Arcivescovo Monsignor Arrigo Miglio ha suggellato le celebrazioni religiose arricchite dall’esibizione del coro “Studium Canticum” diretto da Stefania Pineider.

«Si tratta di un’iniziativa che si inserisce in un panorama culturale che potrà crescere maggiormente ed essere oggetto di nuovi spunti e riflessioni ancora più profonde.»

Ne è convinto il generale Giovanni Domenico Pintus (Comando militare Esercito Sardegna), fra i sostenitori del Progetto di promozione turistica che vede in prima linea non solo l’Esercito, ma anche la Marina Militare, il Comando Compagnia Carabinieri Cagliari, la Guardia di Finanza, l’Aeronautica militare, A.n.a. Sezione Sardegna, A.n.c. Cagliari e la Caritas diocesana di Cagliari. Oltre a Coldiretti Sardegna, Donne Impresa Coldiretti Sardegna, Polo museale della Sardegna, e numerose associazioni fra le quali Charming accomodation, B&B Cagliari, Karalis Pink team e I Cavalieri dell’Antica locanda.

Dalle origini al futuro, partendo dai dieci chilometri dell’antico cammino – fra Isili, Gergei e gli altri piccoli centri della provincia di Cagliari legati al Santo – l’anno prossimo il Cammino raggiungerà nuove mete regionali e della Penisola, intercettando altri cammini religiosi come quello di san Benedetto da Norcia che si ricollega alla Via Francigena del Sud, nel Lazio, ma approderà anche in Spagna.

L’idea di promuovere l’antico cammino del martire cristiano nasce nel 2017 – su input del sindaco di Isili Luca Pilia – e con il coinvolgimento delle Diocesi di Cagliari e Oristano. «L’intento è quello di rafforzare la promozione della nostra Isola attraverso lo sviluppo di iniziative interregionali finalizzate alla valorizzazione dell’offerta turistica in ambito religioso – spiega Daniela Noli – esaltando inoltre percorsi, luoghi e paesi meno conosciuti nella Penisola e mettendo naturalmente in vetrina le eccellenze dei territori. A cominciare dai prodotti enogastronomici, il tesoro nel tesoro della Sardegna promosso negli stand Coldiretti Sardegna e Donne impresa Coldiretti Sardegna. L’obiettivo – conclude Daniela Noli – è creare un brand che dia nuove opportunità di lavoro soprattutto ai giovani, anche quelli che hanno dovuto lasciare la Sardegna per studiare o lavorare altrove, ma che potrebbero tornare nella loro Terra per aiutare la loro Terra a crescere».

Ma chi era San Saturnino? L’anno scorso è stata l’archeologa Rossana Martorelli (docente di Archeologia cristiana e medievale all’Università di Cagliari) a indagarne la vita. Un santo “cagliaritano”, decapitato il 304 d. C., quando aveva 19 anni, per essersi rifiutato di abiurare alla fede cristiana: lo svela uno dei massimi studiosi del martire cristiano, il salesiano don Giorgio Mameli, nel suo saggio “Saturnino civis Karalitanus”. San Saturnino anche l’anno prossimo continuerà ad esportare la Sardegna con le sue tradizioni, comprese quelle di Cagliari e dei paesi sardi per ora coinvolti: Isili, Gergei, Mandas, Siurgus Donigala, Escolca, Serri, Ussana.

«Il cammino di san Saturnino – ha detto Barbara Argiolas, assessore regionale del Turismo – si inserisce nella progettualità regionale dei cammini religiosi. Per questo è un momento molto importante, perché attraverso i cammini religiosi si riesce a far vivere quelle che sono le nostre comunità e a far incontrare viaggiatori e cittadini, in una simbiosi non soltanto religiosa ma soprattutto culturale. La Regione Sardegna sta investendo imponenti risorse su questo tipo di progettualità perchè abbiamo la necessità di lavorare su segmenti di turismo ed esperienza che non siano soltanto legati alla stagione balneare, ma anche al nostro patrimonio culturale. In questo senso il cammino di san Saturnino sta crescendo di anno in anno e può rappresentare per alcuni territori un’importante occasione di sviluppo. Vi aspettiamo dunque in Sardegna – ha concluso Barbara Argiolas – per vivere insieme il cammino di san Saturnino.»

«Da sempre il turismo religioso, con i suoi percorsi, unisce luoghi e popoli ed è un volano fondamentale per la promozione di piccoli luoghi e borghi, chiese, santuari e basiliche, un patrimonio unico di ricchezze storiche, culturali ed artistiche per la nostra Lombardia.»

Così Lara Magoni, assessore regionale del Turismo, marketing territoriale e Moda della regione Lombardia, nel suo intervento al convegno “Il Cammino di San Saturnino alla luce dei percorsi storici”, progetto che unisce idealmente la Sardegna anche alla Lombardia (Milano). «Regione Lombardia – ha aggiunto l’assessore regionale – ha un grande potenziale di attrattività per il turismo religioso. Per questo Regione Lombardia sostiene gli operatori e le imprese turistiche: al fine di stimolare lo sviluppo di iniziative volte alla  promozione di pacchetti turistici esperienziali per un flusso incoming. In una prospettiva di continuità – ha concluso Lara Magoni – è fondamentale stimolare la creazione di filiere legate al tema del turismo religioso attraverso l’aggregazione di imprese e soggetti pubblici e privati. Per questo credo fermamente nello sviluppo di iniziative interregionali finalizzate alla valorizzazione dell’offerta turistica in ambito religioso, esaltando percorsi, itinerari, luoghi di forte valenza storica e di rilievo nazionale».

«Questo sarà un altro cammino da promuovere, perché già lo facciamo con quello di san Giorgio – ha detto Giovanni Cervo, presidente del Centro sociale culturale sardo -. Fra i nostri obiettivi, in qualità di uno dei 70 circoli sardi in Italia confederati Fasi, c’è proprio quello di far conoscere la Sardegna, soprattutto nei periodi di cosiddetta bassa stagione, indirizzando i turisti verso i centri più piccoli, dove le tradizioni sono molto forti, ma spesso poco conosciute.»

Riferendosi al Cammino di san Saturnino, Giovanni Cervo ha sottolineato l’importanza della divulgazione e del coinvolgimento di altre realtà extra territoriali: «Perché dà il via al passa parola, probabilmente il sistema più semplice e diffuso per trasmettere le informazioni. Anche se – ha sottolineato – i sardi e la Sardegna devono imparare ad aprire gli orizzonti: “La nostra Terra è considerata un forziere, chiuso. Perché in tanti sostengono che i sardi siano seduti su questo forziere che non riescono però ad aprire, affinché tutti possano conoscere e apprezzare le splendide ricchezze e risorse che contiene. Purtroppo – ha concluso il presidente del Csc di Milano – ha un altro problema, i costi spesso insostenibili dei trasporti, troppo onerosi per chi vorrebbe trascorrere almeno un fine settimana».

«Promuovere la Sardegna è il nostro obiettivo principale – ha detto Luca Saba, direttore Coldiretti Sardegna – ecco perché, ha spiegato a Milano, collaboriamo con convinzione ad un progetto che ci permette di essere presenti nella Penisola con i prodotti della nostra Terra. Si tratta di un progetto che fa Rete, promuovendo il legame fra cibo, territori, turismo religioso e tradizioni popolari. Non a caso è mosso dalla passione e la caparbietà di una donna – ha affermato Luca Saba riferendosi a Daniela Noli, curatrice del progetto -. Una donna sarda che ha voluto coinvolgere altre (molte) donne – ha aggiunto riferendosi questa volta allo straordinario lavoro di promozione dei prodotti isolani  delle Donne impresa Coldiretti Sardegna -, che a Milano hanno portato anche l’anima delle donne sarde, non solo i prodotti genuini del territorio», ha concluso Saba.

Gina Ledda (Donne impresa Coldiretti Sardegna): «Abbiamo deciso convintamente di collaborare al progetto di san Saturnino perché è un’occasione importante di promozione per la nostra Isola che ci permette di esportare e far conoscere i prodotti sardi nella Penisola».

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Garantire per almeno altri quattro mesi le attività di assistenza tecnica in zootecnia svolte dall’associazione regionale allevatori della Sardegna (Aras), nonostante la messa in liquidazione dell’associazione ed a fronte dell’anticipazione, da parte dell’agenzia per l’attuazione dei programmi regionali in campo agricolo (Laore), delle somme relative al secondo quadrimestre 2018 e quantificate in circa 4.600.000 euro. È questa l’ipotesi che nelle prossime ore vedrà impegnati tecnici e amministratori regionali e che ha registrato una sostanziale condivisione nella Quinta commissione del Consiglio regionale, a conclusione della sessione di audizioni che sul tema ha avuto come protagonisti i sindacati, i commissari di Aras ed i vertici di Laore.

Una situazione, quella dell’Aras e delle Apa, particolarmente complicata e che richiede – a giudizio dei sindacati e dei commissari del parlamentino presieduto da Luigi Lotto (Pd) – una soluzione immediata per non perdere i circa 47 milioni di euro destinati alle aziende sarde, a valere sulla misura relativa al cosiddetto benessere animale, le cui domande scadono il prossimo 15 giugno e che non possono essere riconosciute in sede comunitaria senza la necessaria attività (notificata in sede Ue) dell’Aras.

Ma non solo, sono a rischio i 296 dipendenti dell’associazione regionale allevatori e gli 81 lavoratori delle quattro associazioni provinciali (Apa). Non è un segreto, infatti, che agli stessi lavoratori sia già stata comunicata, quale data ultima per la trasmissione delle lettere di licenziamento, quella del prossimo 6 giugno.

Il caso che contrappone i commissari di Aras e i vertici di Laore nasce dalle controversie relative alla rendicontazione delle attività svolte nel 2014, 2015, 2016 e 2017 ed è precipitato a seguito della formalizzazione del mancato riconoscimento, da parte di Laore, di un presunto credito di Aras pari a 1.987.761 euro (a fronte di un contributo complessivo di 54.200.000  euro) per il periodo sopra indicato. Da qui la messa in liquidazione dell’associazione regionale allevatori a cui segue la nota di Laore che, il 16 maggio dichiara, non solo di non avere alcun debito con Aras ma di vantare crediti nei confronti dell’associazione allevatori per 2.075.708 euro, ed un’altra comunicazione, datata 17 maggio 2018, con la quale l’assessorato regionale degli Enti locali evidenzia che a seguito dello scioglimento dell’Aras, tutti gli immobili funzionali all’esercizio dei servizi resi, devono ritornare nella disponibilità dell’amministrazione regionale.

Nel corso delle rispettive audizioni i commissari Aras (Vitangelo Tizzano e Enrico Leccisi) e i vertici Laore (Maria Ibba, direttore generale; Tonino Selis, direttore del servizio attività zootecniche) anche sollecitati dagli interventi dei consiglieri Piermario Manca (Pds), Marco Tedde (Fi), Gianni Lampis (FdI), Luigi Crisponi (Riformatori), Fabrizio Anedda (Misto), Gianmario Tendas (Pd), Franco Sabatini (Pd), Piero Comandini (Pd), Gianluigi Rubiu (Udc), Antonello Peru (Fi) e Gaetano Ledda (Psd’Az – La Base), hanno ribadito le proprie ragioni ed hanno sostenuto con forza la correttezza del rispettivo operato. In particolare, i dirigenti di Laore, hanno insistito sulla necessità di poter effettuare verifiche efficaci e stringenti sulla rendicontazione delle attività svolte da Aras ed hanno anche dichiarato piena disponibilità per un contradditorio, così da far venir meno le anomalie che, a giudizio di Ibba e Selis, non consentono all’agenzia Laore di poter erogare le somme che l’associazione allevatori vanta come presunto credito per le annualità comprese tra il 2014 e il 2017.

La preoccupazione per il futuro lavorativo degli oltre 350 addetti impiegati  tra Aras ed Apa è stata invece manifestata dalle rappresentanze sindacali.

Confederdia, con Osvaldo Ibba, Giuseppe Lai e Paola Naitana, ha affermato con nettezza il proprio favore per il ricorso alle previsioni contenute nella legge 3 del 2009 che all’articolo 2 comma 40 autorizza l’agenzia Laore a inquadrare, attraverso prove selettive concorsuali per soli titoli, il personale dipendente Aras alla data del 31 dicembre 2016. Per la piena applicazione di tali disposizioni serve però il via libera del ministero per superare i vincoli assunzionali imposti alle pubbliche amministrazioni.

Gaia Garau (Uil), Raffaele Lecca (Cgil) e Francesco Piras (Cisl) hanno confermato, in via di principio, il proprio sostegno per l’inquadramento del personale Aras in Laore, ma non hanno nascosto le perplessità sulla effettiva possibilità per l’ottenimento della necessaria deroga ministeriale al fine del superamento dei vincoli nelle assunzioni. I confederali, evidenziando la professionalità e la disponibilità di tutti i dipendenti Aras, e sottolineando il mancato pagamento degli stipendi, a partire dalla retribuzione di dicembre scorso, hanno mostrato disponibilità a valutare la prosecuzione del lavoro e delle attività attualmente svolte da Aras ed Apa anche attraverso la costituzione di una nuova società o di una nuova associazione, in accordo con Laore e la Regione.

A margine delle audizioni sulla vertenza Aras, la commissione ha ascoltato l’assessore regionale dell’Industria, Maria Grazia Piras, sulla situazione della Keller. L’audizione, richiesta dal consigliere FdI, Gianni Lampis, ha consentito di fare il punto sulla  fabbrica di Villacidro che, fondata nel 1983 per produrre carri ferroviari, è stata liquidata nel 2011. Lo stabilimento (250.000 metri quadrati di superficie) è stato acquisito dal locale consorzio industriale per rilanciarne le attività ma dopo i tre bandi di vendita del tribunale di Cagliari, è andato deserto anche il bando ad offerta libera pubblicato dal consorzio industriale. L’assessore ha quindi informato i commissari del coinvolgimento di Invitalia al fine di individuare operatori interessati allo stabilimento della Keller. Il consigliere Lampis, ricordando che il prossimo dicembre scadranno gli ammortizzatori per gli ultimi cento lavoratori beneficiari, ha sollecitato il ricorso a tutti gli strumenti utili a garantire un reddito agli ex Keller.

Il presidente della commissione Luigi Lotto, ha domandato invece all’assessore Maria Grazia Piras notizie sul futuro della miniera di Olmedo e la responsabile dell’Industria ha assicurato che entro la fine del mese sarà pubblicato il bando per la concessione della miniera auspicandone esiti positivi anche in considerazione del miglioramento dei prezzi nel mercato della bauxite.

L’ulteriore argomento trattato dalla Quinta commissione è stata la proposta di legge n. 506 (Lotto e più) che ha l’obiettivo di regolamentare la lavorazione, la trasformazione e il confezionamento di prodotti agricoli esclusivamente aziendali. Luca Saba (Coldiretti), Pietro Tandeddu (Copagri) e Serafino Casula (Confagricoltura) hanno espresso un giudizio sostanzialmente positivo sulla proposta ed hanno rimarcato la necessità chiarezza in ordine all’applicazione delle disposizioni in materia di igiene e sanità, così da non ingenerare confusione e fraintendimenti  tra gli operatori agricoli.

Il direttore generale dell’assessorato della Sanità, Giuseppe Maria Sechi e la responsabile dei servizi veterinari, Daniela Mulas, hanno confermato la piena applicazione delle norme nazionali e comunitarie in materia di igiene, somministrazione e lavorazione degli alimenti, nonché hanno suggerito di attendere le annunciate linee guida ministeriali in materia di home food e home restaurant.

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Europa > Sardegna è il tema del convegno-dibattito che si terrà venerdì 12 gennaio, alle 17.30, a Teulada, presso l’albergo Belvedere per approfondire le questioni relative al turismo e allo sviluppo locale con particolare riferimento ad allevamento, pesca ed agricoltura.            

Interverranno gli europarlamentari Renato Soru (Partito democratico) e Salvatore Cicu (Forza Italia), il direttore regionale della Coldiretti Luca Saba e la segretaria della Uila Pesca Gaia Garau.

Coordinerà i lavori Paolo Dessì, consigliere regionale del Gruppo Misto.

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I sardi trascorreranno il Natale in famiglia e acquisteranno prodotti locali. E’ quanto emerge da un’indagine condotta da Coldiretti Sardegna su un campione in tutto il territorio regionale.

Otto sardi su 10,  il 25 dicembre, pranzeranno con i propri cari tra le mura di casa. Appena il 18% lo farà in ristorante o negli agriturismo.

Nel giorno della natività i sardi si mantengono dunque tradizionalisti non solo negli affetti familiari ma anche con il cibo. Quasi tutti affermano infatti di voler portare a tavola dei prodotti locali che acquisteranno nei negozi e nei mercati civici e di Campagna Amica.

L’indagine è stata condotta su circa 200 persone di tutta la Sardegna, il 75% donne, età media da 40 ai 60 anni.

Dal nord al sud dell’Isola gusti e tradizioni sono più o meno uniformi. Aldilà delle tradizioni locali che si discostano soprattutto tra i primi e i dolci, ciò che accomuna tutti i sardi rimane sempre l’agnello che sarà presente in più di 8 tavole su 10.   

A scegliere la comodità delle mura di casa per festeggiare il Natale saranno intorno all’80% dei sardi. Stime più o meno uniformi da un capo all’altro della Sardegna. Il più tradizionalista in questo caso è il centro Sardegna con punte anche dell’85%. Circa il 18% dei sardi preferisce invece godere con i propri cari e/o amici del servizio della ristorazione, rappresentato per il 30% dagli agriturismo.

Molta attenzione alla tradizione e alla propria terra sarà data anche per la scelta dei prodotti da portare in tavola.

DOVE CONSUMERA’ IL PRANZO DI NATALE?

IN FAMIGLIA

80%

IN RISTORANTE

12%

IN AGRITURISMO

6%

ALTRO

2%

Oltre il 75% vuole un menù con più della metà dei prodotti sardi. Il 15% pretende che in tavola sia tutto esclusivamente e solo sardo. Richiesta che peserà anche nella scelta del ristorante o dell’agriturismo.

QUANTO COMPRERA’ SARDO?

0%

2%

FINO AL 30%

22%

FINO AL 60%

61%

100%

15%

Il piatto natalizio sarà confezionato per il 26% nei negozi e nei mercati civici e, soprattutto per l’acquisto dei prodotti a km0, nei mercati di Campagna Amica (16%).  Il 39% invece farà la spesa nei super mercati ed ipermercati. Ed il 17% andrà un po’ ovunque.

DOVE FARA’ LA SPESA PER IL PRANZO DI NATALE?

MERCATI DI CAMPAGNA AMICA

16%

NEGOZI E MERCATI CIVICI

26%

SUPER-IPERMERCATI

39%

UN PO IN TUTTI

17%

Sul secondo da portare a tavola i sardi non hanno dubbi. Un sardo su due andrà a cercare l’agnello IGP. accontenta tutti l’unico che garantisce l’origine sarda.

NEL SUO MENU’ SARA’ PRESENTE L’AGNELLO?

SI

89%

NO

11%

CERCA IL MARCHIO AGNELLO IGP DI SARDEGNA?

SARDO IGP

46%

INDIFFERENTE

52%

«Natale è la festa degli affetti e della ricongiunzione familiare  – commenta il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -. L’analisi che abbiamo condotto conferma il legame forte che resiste in Sardegna alla famiglia e alla nostra terra. Cresce la sensibilità e l’attenzione nella scelta del cibo. Sempre di più si sta attenti all’etichetta e si cerca la provenienza del prodotto. Su questo strada dobbiamo fare ancora dei passi da gigante. Dobbiamo avere, infatti, la possibilità di consultare la carta di identità di tutti i prodotti, come finalmente è arrivata quest’anno per il latte e i suoi derivati e il prossimo febbraio scatterà l’obbligo definitivo anche per la pasta ed il riso ed a seguire anche per i derivati del pomodoro.»

«L’attenzione ai prodotti a km0 è confermata dal sempre maggiore successo dei nostri mercati di Campagna Amica che in pochi anni hanno conquistato il titolo di rete di vendita diretta dei contadini più grande del mondo – sottolinea il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu che rimarca come – l’agnello si conferma il principe della tavola a Natale. In questo caso, l’origine sarda ci è garantita dal marchio Igp che certifica gli agnelli nati e allevati in Sardegna secondo un disciplinare. Sta a noi , anche in questi ultimi giorni che ci separano dal Natale, stare attenti all’etichetta ed acquistare prodotti sardi, per quanto concerne l’agnello solo quello che riporta l’etichetta agnello Igp di Sardegna, l’unico autenticamente sardo.»

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Senza il nuovo applicativo Uma da gennaio sono a rischio 40milioni di euro per 17mila aziende agricole. Lo denuncia Coldiretti Sardegna secondo la quale il vecchio applicativo è superato «in quanto – spiega il presidente dell’associazione sarda Battista Cualbu – presenta delle limitazioni tecniche che ne impediscono di fatto l’utilizzo”.

Coldiretti Sardegna evidenzia che l’assegnazione di carburante agevolato interessa circa 17.000 aziende agricole sarde che ne prelevano nel corso dell’anno circa 75 milioni di litri. L’accisa agevolata consente per ogni litro di carburante un sostanzioso risparmio fiscale che si stima in poco meno di 40 milioni di euro.

«Numeri importanti che meritano la massima attenzione ed interventi celeri viste le implicazioni che comporta sui bilanci aziendali» evidenzia ancora Cualbu.

Una corretta e funzionale assegnazione del carburante agevolato richiede una tempestiva informatizzazione e un immediato aggiornamento delle procedure. L’attuale applicativo invece presenta delle limitazioni tecniche per quanto riguarda i fascicoli aziendali validati in modalità grafica (adesso obbligatorio per il 100% dei fascicoli aziendali). Mancano le semplificazioni delle procedure di assegnazione individuate già dallo scorso anno come: protocolli informatici, precompilazione dati delle superfici, incrocio tra attrezzature e lavorazioni, dematerializzazione del libretto.

Inoltre dovrebbe essere in grado di escludere in automatico dal calcolo le superfici agricole condotte attraverso contratti di comodato verbale non registrato che da disposizioni dell’Agenzia delle Dogane devono essere escluse dal calcolo delle assegnazioni.

E’ necessario, per Coldiretti Sardegna, utilizzare già per le assegnazioni del 2018, le variazioni delle tabelle in base alle quali si determinano i consumi di gasolio per i lavori agricoli, emerse dal tavolo tecnico composto da assessorato all’Agricoltura, Argea, Laore, Agris, Associazioni di categoria.

«La posta in palio è molto alta soprattutto di questi tempi – sottolinea il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba – per questo chiediamo la massima attenzione perché il sistema sia semplificato e funzionale evitando costi aggiuntivi ad un comparto, quello agricolo, già gravato da una pesante crisi.»

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Crolla la produzione e cresce la richiesta di latte. Da una rilevazione di Coldiretti Sardegna su un campione di 30 pastori di tutta la Sardegna con una media di 300-600 pecore, emerge che nelle prime due settimane di dicembre la produzione è crollata in media del 20 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Trend negativo che, visti i presupposti con i pascoli senza un filo d’erba, dovrebbe purtroppo confermarsi anche per i prossimi mesi.

Siccità, scarsa preparazione del bestiame, meno parti stanno condizionando la campagna del latte. E visto il crollo della produzione cresce la richiesta di latte dal mondo della trasformazione che rischia di non andare a regime con le produzioni e di lavorare meno rispetto alle proprie capacità. 

Per questo crescono di giorno in giorno le richieste di latte che arrivano ai pastori dai trasformatori. Ad alcuni sono arrivate anche proposte di contratto pluriennali (anche di tre anni), come raramente si erano prima viste in Sardegna.

Che l’annata avesse messo in ginocchio i pastori era noto da tempo. Ma adesso si continuano a pagare pesanti le conseguenze, anche perché il clima continua ad essere inclemente verso il mondo delle campagne. Le mancate precipitazioni hanno lasciato i campi radi, senza un filo d’erba ed il freddo e le gelate di questi ultimi giorni hanno completato l’opera. Inoltre nei mesi precedenti i pastori già con le tasche vuote al termine di un annata in cui non sono riusciti a pagarsi i costi di produzione a causa di una remunerazione del latte a 50-60 centesimi al litro, si sono visti costretti anche ad acquistare il fieno a causa della siccità. Tutto questo ha portato a tagliare le spese dell’alimentazione e cura del bestiame che oggi si pagano tutte. Come se non bastasse da fine luglio è ricomparsa la lingua blu, che ha causato un’alta percentuale di aborti e reso improduttive molte pecore.

Intanto, il prezzo del Pecorino romano sale vertiginosamente. Come rivelato dal dossier latte presentato martedì scorso da Coldiretti Sardegna, rispetto al prezzo minimo toccato quest’anno (4,20 euro al kg), il costo della Dop sarda è già cresciuto del 70% e continua a crescere. L’ultima rilevazione di Clal lo da a 7,25 euro/kg.

Dalla rilevazione condotta da Coldiretti Sardegna sulla produzione di latte nelle prime due settimane di dicembre, risulta che nel sud Sardegna rispetto allo stesso periodo di un anno fa è crollata del 30%. L’esempio eclatante arriva da un gruppo di pastori che un anno fa mungeva 5.500 litri ogni due giorni e che quest’anno arriva a malapena 6.500 in tutta la settimana.

Nel Sulcis la situazione non cambia dove la maggior parte dei pastori sta tagliando di netto i costi rinunciando in molti casi anche alla rimonta (non stanno allevando agnelli).

Nel centro Sardegna (Oristanese e Nuorese) e nel sassarese la riduzione del latte è leggermente contenuta e si attesta intorno al 20 per cento. In media negli ovili dove lo scorso anno in questo stesso periodo si mungevano 200 litri di latte adesso si è scesi a 160.

«Purtroppo, è un quadro che conosciamo troppo bene – commenta il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu -. I tanti fattori negativi che si sono condensati quest’anno hanno indebolito il comparto costringendolo a tagliare le spese e rendendo le greggi meno produttive. E’ un cane che si morde la coda. La notizia positiva arriva dalle vendite del Pecorino romano, con il prezzo che è salito e continua a salire. Le ultime rilevazioni di Clal pubblicate dopo la presentazione del nostro Dossier sul latte lo danno a 7,25 euro al kg, +1% rispetto a cinque giorni prima. Questi sono tutti elementi che diamo ai pastori affinchè li valutino e abbiano gli strumenti per poter contrattare o ricontrattare il proprio latte.»

«Il prezzo del latte deve salire – sostiene il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -, è lo stesso mercato, sbilanciato questa volta sulla richiesta di latte che scarseggia che lo chiede. Un contributo positivo è sicuramente stato dato anche dal pegno rotativo che ha contribuito a sbloccare il mercato del Pecorino romano, congestionato dalla sovrapproduzione dell’annata 2015-2016. Ma proprio per questo adesso non è più rinviabile una cabina di regia per gestire le produzioni di latte e formaggio.»

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«Garantire maggiore  rimuneratività agli agricoltori e allo stesso tempo tutelare i percorsi di filiera». Sono questi gli obiettivi indicati dal presidente della Commissione “Attività produttive” del Consiglio regionale Luigi Lotto al termine dell’audizione dei rappresentanti delle associazioni agricole sull’assegnazione del bando per la certificazione del Grano Cappelli. La decisione del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) di assegnare alla Società Italiana Sementi la certificazione del prodotto preoccupa i soci del Consorzio sardo “Grano Cappelli”. La multinazionale semenziera bolognese avrà infatti diritto di esclusiva sulla varietà di frumento, il rischio è che salti per aria il percorso virtuoso che negli ultimi anni ha permesso di chiudere una filiera tutta sarda (ditta semenziera, agricoltori, mugnai e panificatori).

«E’ una preoccupazione legittima – ha detto il vicepresidente regionale di Coldiretti Efisio Perra – sulla vicenda però occorre sgombrare il campo da alcune imprecisioni. Sis è di proprietà degli agricoltori, il suo obiettivo è garantire redditività a chi coltiva il grano. Per questo chiede che il prodotto da ammasso venga pagato almeno 60 euro al quintale mentre per quello biologico il prezzo dovrebbe raggiungere gli 80 euro (attualmente il prezzo per l’ammasso oscilla tra i 45 e i 55 euro al quintale, quello biologico arriva a 60/70 euro). Sulla valorizzazione del prodotto e il giusto riconoscimento per il lavoro dei contadini non possiamo non essere d’accordo. Tutto questo deve essere fatto trovando una soluzione per la tutela della filiera.»

Efisio Perra ha poi smentito un conflitto di interessi di Coldiretti nella vicenda vista la presenza del suo vicepresidente nazionale nel Cda di Sis: «Coldiretti Sardegna riconosce il lavoro trentennale fatto dal Consorzio sardo per la tutela del grano Cappelli – ha detto Efisio Perra – le condizioni di mercato oggi sono cambiate. Occorre trovare una soluzione che metta d’accordo tutti gli interessi in campo. Per questo abbiamo favorito un incontro tra la Sis e il Consorzio “Grano Cappelli” nel quale, però, non si è riusciti a trovare un accordo. Noi continuiamo a lavorare perché non venga disperso il patrimonio di conoscenze ed esperienze che si è sviluppato in Sardegna».

Di diverso avviso il direttore di Copagri Pietro Tandeddu che, a nome di Agrinsieme (organismo che comprende anche Cia e Confagricoltura), ha invocato chiarezza sulle procedure di assegnazione del bando per la certificazione del seme a Sis. «Si è trattato di una procedura impropria – ha affermato Tandeddu – Crea più che su un bando con tutti i crismi ha puntato su una semplice manifestazione di interesse. Non erano infatti richiesti requisiti particolari né si assegnava priorità ai soggetti con esperienza pluriennale nel settore come accade in tutti i bandi pubblici. Proprio per questo motivo è stata presentata una richiesta di accesso agli atti e annunciato un ricorso. Sulla vicenda ci sono poi iniziative parlamentari a vari livelli». Una questione non di poco conto secondo Tandeddu: «Nella manifestazione di interesse Crea ha comunicato un sensibile aumento delle royalties da pagare per lo sfruttamento dei diritti di brevetto. Eppure, occorre ricordarlo, è un ente pubblico vigilato dal Ministero dell’agricoltura. E’ il soggetto titolare delle certificazioni del grano e il garante della genetica, ma non può speculare sul prodotto come qualsiasi ente privato. A tutto questo si aggiunge una scarsa trasparenza nel bando. Nel sito di Crea non c’è infatti traccia della valutazione dei requisiti né dell’esito delle gare». Per Pietro Tandeddu il rischio è un arretramento della filiera sarda: «Chiediamo alla Commissione di intervenire con un atto formale (risoluzione o mozione) per difendere una realtà nata in Sardegna e che vorremmo rimanesse nell’Isola». Il direttore di Copagri, infine, si è detto favorevole a una soluzione pacifica della vicenda: «E’ vero che Sis, su sollecitazione di Coldiretti Sardegna, ha incontrato i rappresentanti del Consorzio “Grano Capelli” – ha affermato Tandeddu – in quella sede sono state avanzate alcune proposte che per essere adeguatamente valutate hanno però bisogno di essere formalizzate per iscritto».  

Considerazione condivisa dal direttore regionale di Coldiretti Luca Saba: «Noi abbiamo avanzato una proposta per un progetto di commercializzazione del grano – ha detto Saba – Sis era d’accordo a consentire alla ditta semenziera sarda Selet di trattare con i propri produttori a condizioni che si pagassero almeno 60 euro a quintale, Selet proponeva di meno, su questo punto è saltata la trattativa. In ogni caso la produzione non si fermerà, la multinazionale bolognese ha già chiuso due accordi in Sardegna con altri due soggetti per la coltivazione di 400 ettari. C’è inoltre l’impegno da parte di Sis a ritirare tutto il grano prodotto a 60 euro a quintale. Mi auguro che si trovi un’intesa con il Consorzio, solleciteremo la formalizzazione da parte di Sis di una proposta scritta».

Preoccupazione per il mantenimento di una filiera sarda ha espresso il presidente regionale della Cia Martino Scanu: «Le produzioni si sono sviluppate in un determinato territorio – ha detto Scanu – i nostri associati esprimono forti perplessità sulla eventuale presenza nella filiera dei Consorzi agrari. C’è il rischio che gli agricoltori non chiudano i contratti e continuino a coltivare il grano Cappelli senza certificazione».

Una soluzione positiva hanno auspicato alcuni componenti della Commissione.

Secondo Fabrizio Anedda del Gruppo Misto «l’obbligo per gli agricoltori di rivendere il prodotto a Sis lede il principio della libertà d’impresa. Chi compra il seme certificato deve avere la possibilità di rivendere il grano da macina a chi gli pare. Ai soci del Consorzio sardo deve essere consentito di vendere il grano ai trasformatori sardi. Solo così si garantisce la qualità del prodotto».

Per Piero Comandini (Pd) deve essere fatto ogni sforzo per favorire il dialogo: «Sis presenti una proposta scritta – ha detto – nostro interesse è che venga tutelata la filiera sarda. Serve un accordo che leghi la produzione al territorio».

Per chiarire la posizione di Sis e ascoltare le sue proposte sul progetto di valorizzazione del Grano Cappelli, il presidente Luigi Lotto ha annunciato la convocazione in Commissione dei rappresentanti della Società italiana sementi. «Nostro interesse è impedire che il percorso avviato dalla filiera sarda si blocchi – ha detto Lotto – l’obiettivo è garantire le migliore remunerazione agli agricoltori e, allo stesso tempo, creare percorsi virtuosi di filiera».

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Domani, giovedì 21, alle 17.00, al Caesars Hotel – via Darwin, Cagliari – si apre il corso sul tema “Percorso multi disciplinare integrato del paziente con carcinoma del colon retto”. Ai lavori – che proseguono fino a sabato 23 settembre – sono attesi i principali esperti isolani e nazionali. L’evento è curato da Michele Boero (responsabile scientifico) con Giuseppe Binaghi (presidente onorario), Raffaele Sulis e Antonio Maccioni (presidenti).

Dai medici di medicina generale a chirurghi, gastroenterologi-endoscopisti, oncologi, internisti, fisiatri, anestesisti, radioterapisti ma anche quanti si occupano di diagnostica per immagini, stadiazione e terapia quali anatomo-patologi, radiologi, medici nucleari e terapisti del dolore costituiscono la filiera che si occupa della patologia. Il comitato scientifico del corso è composto da Maria Bernardetta Aloi, Nicola Cillara, Daniele Farci, Raimondo Murgia e Michela Piga.

Domani, dopo i saluti delle autorità, il calendario prevede, tra l’altro, la lezione magistrale di Stefano Cascinu, direttore Oncologia-Policlinico Modena, su “Lo stato dell’arte del carcinoma del colon retto: dalla ricerca alla pratica clinica”. Di rilievo la tavola rotonda “Creare salute in epoca da spending review: una sfida sostenibile?”, moderata da Giacomo Mameli con Luigi Arru (assessore regionale Sanità), Michele Boero (segretario nazionale Associazione italiana medicina nucleare), Ottavio Davini (direttore radiodiagnostica Città scienza e salute, Torino), Francesco Enrichens (direttore sanitario Ats Sardegna), Mario Scartozzi (direttore Oncologia medica Aou Cagliari), e Paolo Tecleme (direttore Asl Cagliari). Il corso prevede anche gli interventi di Luca Saba (direttore Radiologia Aou – Università di Cagliari) e Francesco Scintu (direttore Chirurgia colo-proctologica Aou Cagliari)

Il carcinoma del colon-retto è una patologia diffusa tra le popolazioni residenti in zone ad elevato sviluppo economico; i dati italiani del 2013 riportano 18.756 decessi correlati  a questa malattia e 52.400 nuovi casi sono stati stimati nel 2016. A fronte di questa elevata incidenza si è verificato negli ultimi anni un costante miglioramento degli approcci diagnostici e terapeutici: continua crescita del numero dei biomarkers disponibili, innovazioni tecnologiche nel campo della diagnostica per immagini, miglioramento degli approcci chirurgici e radioterapici nelle fasi iniziali della malattia e terapie farmacologiche nelle diverse fasi, hanno permesso importanti risultati in termini di sopravvivenza. Ma sono potenzialmente in grado di creare condizioni di eccessiva variabilità se non inserite in un sistema standardizzato e coordinato di buone pratiche. «Va definito – spiega il dottor Boero – nel management della patologia un percorso strutturato e condiviso utile per offrire al paziente cure appropriate e tempestive».

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Giuseppe Corrias, specializzando all’ultimo anno in radiologia, laurea in Medicina nel 2013 conseguita all’Università di Cagliari, ha ricevuto un premio da 10.500 dollari dall’Issnaf, Fondazione scientifica senza scopo di lucro costituita da specialisti italiani negli Stati Uniti. Il dottor Corrias, originario di Arzana, trent’anni da compiere, è impegnato da alcuni mesi nello studio e nella ricerca di eccellenza in ambito diagnostico nel settore oncologico. La borsa di studio finanziata dall’Issnaf (Italian scientists and scholars in North America foundation, http://www.issnaf.org ) è basata sui lavori di ricerca sul cancro con particolare attenzione alla risonanza magnetica e alla tomografia computerizzata. Oltre al premio degli scienziati residenti nel Nord America, lo specialista ogliastrino è stato premiato anche dalla rete Globus: un riconoscimento legato alla destinazione di alto pregio scientifico. Giuseppe Corrias al Memorial Sloan Kettering ha come tutor il professor Lorenzo Mannelli. Tra le tematiche, le metodiche di imaging nella risonanza, nella Tac e nella Pet, con particolare attenzione ai tumori su fegato e pancreas. Un settore in cui la radiologia ha un ruolo chiave.

Lo sviluppo delle tematiche più attuali, una formazione innovativa, tecnologie e dinamiche cliniche all’avanguardia, relazioni e confronto con i più accreditati centri di ricerca al mondo: la scuola di Radiologia dell’ateneo di Cagliari marcia compatta. «Stiamo investendo molto in ambito neurologico, neuro-vascolare, vascolare, ginecologico ed oncologico. La capacità – spiega Luca Saba (ordinario di Diagnostica per immagini e radioterapia, dipartimento Scienze mediche e sanità pubblica dell’Università del capoluogo – Azienda ospedaliera universitaria, policlinico “Duilio Casula”) – di formare giovani arricchendoli di competenze internazionali rappresenta un elemento di crescita futura per il nostro sistema sanitario e accademico». Da qui, il collegamento con gli scienziati italiani della Fondazione Issnaf. «La nostra collaborazione con la Fondazione – aggiunge il professor Saba – si è aperta quest’anno a seguito di una serie di conferenze sull’immagine oncologica tenute un ateneo da Lorenzo Mannelli».

Programma di scambio dell’Università di Cagliari, Globus promuove la mobilità studentesca in ambito extraeuropeo e consente di trascorrere un periodo di studio o tirocinio in atenei e centri di ricerca non europei. Inoltre, permette di svolgere anche altre attività formative, quali tirocini, frequenza di corsi e superamento di esami e, in alcune sedi specifiche, ricerca volta a preparare la tesi finale.

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“Restart: resilienza, per uno sviluppo sostenibile” è il titolo del convegno svoltosi ieri sera nella sala conferenze della Grande Miniera di Serbariu, organizzato dall’Amministrazione comunale di Carbonia. E’ stata la risposta all’iniziativa messa in atto lo scorso 7 aprile, nella stessa sala, dalla RSU Eurallumina, nella quale – ha sottolineato il sindaco di Carbonia, Paola Massidda – è mancato il contraddittorio, in quanto erano stati invitati solo soggetti favorevoli alla realizzazione del progetto.

Al convegno, moderato dal giornalista Vito Biolchini, sono stati invitati: Fausto Martino, soprintendente del MIBACT di Cagliari, Oristano, Medio Campidano, Sud Sardegna e Ogliastra, protagonista dell’unico parere negativo al progetto Eurallumina nella conferenza dei servizi conclusasi lo scorso 8 febbraio; Nedo Biancani, consulente ambientale del comune di Portoscuso; Piernicola Pedicini, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, membro delle commissioni Ambiente ed Energia; Luca Saba, direttore generale della Coldiretti Sardegna; Barbara Terenzi, rappresentante del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani; e, infine, Salvatore Cherchi, coordinatore del Piano Sulcis, convinto sostenitore del progetto di rilancio produttivo dell’Eurallumina.

Dopo la breve presentazione del sindaco, Paola Massidda, la serie degli interventi dei relatori è stata aperta da Barbara Terenzi, che, tra l’altro, ha sottolineato la straordinaria bellezza del territorio del Sulcis Iglesiente e dell’intera Sardegna ed il diritto dei cittadini a vivere in un ambiente sano.

Nedo Biancani, un passato da lavoratore dell’industria, dipendente per circa tre lustri dell’acciaieria dell’Ilva di Piombino, oggi consulente ambientale del comune di Portoscuso, ha parlato della situazione che ha trovato nel territorio comunale, gravemente degradato e bisognoso di interventi urgenti per avviare un serio programma di bonifiche. Ha aggiunto di non essere aprioristicamente contrario all’industria, a condizione che si cambi completamente rotta rispetto al passato. Va detto che il comune di Portoscuso ha espresso parere favorevole alla realizzazione del progetto di rilancio produttivo dell’Eurallumina.

L’europarlamentare Piernicola Pedicini, arrivato a Carbonia direttamente da Bruxelles per partecipare al convegno, ha ribadito una posizione nota del Movimento 5 Stelle, contraria all’industria pesante. L’Unione europea – ha sottolineato – ha avviato un processo per il superamento del fossile (carbone, gas, petrolio) nella produzione di energia, mentre nel Sulcis si vuole realizzare una nuova centrale a carbone e nello specifico, per l’alluminio, ha sottolineato che si dovrebbe cambiare strategia, abbandonando il primario e privilegiando il riciclo, peraltro sostenuto anche economicamente dalla stessa Unione europea. Con il riciclo dell’alluminio – ha aggiunto Piernicola Pedicini – si taglierebbero notevolmente i costi e si abbatterebbe quasi completamente l’impatto ambientale. Per quanto riguarda le bonifiche del territorio – ha rimarcato l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle – non dovrebbero essere condotte dalle aziende che hanno inquinato il territorio, che dovrebbero limitarsi a mettere a disposizione le risorse necessarie, né dirette dai politici che hanno provocato il danno con le loro scelte del passato.

Il direttore generale della Coldiretti Luca Saba ha parlato dei problemi della categoria, acuiti nel territorio dal degrado ambientale che non costituisce certamente la miglior pubblicità per i prodotti ma – ha sottolineato – agricoltura ed industria possono coesistere se vengono rispettate le regole. Luca Saba ha citato l’esempio dello champagne francese, prodotto in un’area della Francia dove è presente un’alta concentrazione di centrali nucleari, senza che questa vicinanza abbia prodotto problemi di immagine sia nel consumo interno sia in quello all’esterno della Francia.

Com’era prevedibile, i momenti più accesi del confronto si sono avuti con gli ultimi due interventi, quelli di Fausto Martino e Salvatore Cherchi. Il primo ha concentrato la prima parte del suo intervento sul concetto di paesaggio e sull’evoluzione subita da questo nel corso degli anni, con una maggiore attenzione verso il recupero dei paesaggi degradati, per tornare poi sulla posizione contraria al progetto Eurallumina assunta in sede di conferenza dei servizi. Fausto Martino ha affermato di essere stato sottoposto «ad un linciaggio mediatico, per essere stato l’unico ad opporsi ad un corale consenso che ha visto molti dirigenti regionali gettare il cuore oltre l’ostacolo ed approvare – ha sottolineato – l’inapprovabile. Quando esprimiamo un parere di compatibilità paesaggistica, lo facciamo con due linee guida fondamentali: una è quella di valutare la compatibilità con il paesaggio di determinati interventi, e questa valutazione astratta di compatibilità paesaggistica è in qualche modo il culmine di un procedimento di natura tecnico-discrezionale che, per legge, è affidato alla nostra amministrazione e non ad altri, seppur in un procedimento di codecisione con la Regione. Però è la nostra amministrazione istituzionalmente preposta ad effettuare queste valutazioni. Assicuro che siano stati estremamente attenti e cauti nell’esprimere il parere; l’altro aspetto – ha aggiunto Fausto Martino – riguarda la compatibilità degli interventi con il quadro normativo, con gli indirizzi della convenzione europea del paesaggio e con il Piano Paesaggistico Regionale, obiettivo inderogabile, insuperabile, che spinge in piena coerenza con la convenzione europea del paesaggio, non solo a tutelare il paesaggio ma a recuperare i siti degradati». Fausto Martino ha rimarcato, infine, il peso della nuova discarica che arriverebbe ad un’altezza di 46 metri per 180 ettari di estensione, che verrebbe lasciata in eredità alle nuove generazioni una volta concluso il ciclo produttivo: «Il parere contrario è la conclusione aritmetica di una serie di valutazioni che ci hanno portato ad esprimere parere contrario».

Salvatore Cherchi, ex presidente della provincia di Carbonia (la cui chiusura, ha sottolineato, ha avuto conseguenze negative pesantissime per il territorio) nella prima parte del suo intervento, si è soffermato sul Piano Sulcis e sul suo stato di attuazione. Le bonifiche, conseguenza del lascito dell’attività industriale che nel territorio si svolge da due secoli, per 164 milioni di euro, in mano ai soggetti pubblici, sono in corso. «A Portovesme – ha detto Salvatore Cherchi – non c’è latitanza dei pubblici poteri, contrariamente a quanto insinuano altri pubblici poteri – i decreti del ministero e dell’assessorato dell’Ambiente, determinano, sulla base dell’applicazione del principio del chi inquina paga, programmi di bonifica in corso per oltre 160 milioni di euro interamente pagati dalle aziende. Con l’ultimo decreto sulla falda, gli investimenti di risanamento supereranno i 184 milioni di euro. Il resto degli investimenti sono indirizzati ad interventi in altri settori: oltre 50 milioni al sostegno della ricerca e delle competenze; si sta investendo nelle scuole e nell’agricoltura, nella riconversione di infrastrutture un tempo adibite ad altri usi, ad iniziare dal porto di Sant’Antioco, per proseguire a Portixeddu, Masua, Nebida, Tratalias e alle ferrovie dismesse, per la realizzazione della pista ciclabile. Sono state finanziate inoltre 61 imprese. Nel Sulcis l’industria è radicata in una cultura plurisecolare ed ancora oggi è necessaria, unitamente a tutti gli altri settori». 

Alla domanda del moderatore Vito Biolchini sul perché al momento di decidere le linee di intervento con le risorse del Piano Sulcis non sia stato deciso un taglio netto con il passato, verso un futuro diverso, Salvatore Cherchi ha risposto che se ci si fosse trovati di fronte ad una situazione in cui dover ripartire da zero, avrebbe espresso un parere contrario, ma l’Eurallumina oggi non è una fabbrica chiusa ed è giusto sostenerne il rilancio, con un limitato apporto di risorse pubbliche, perché solo 6,7 milioni del Piano Sulcis andranno all’Eurallumina a fondo perduto, mentre la parte più consistente del finanziamento previsto è costituita da un prestito che l’azienda dovrà interamente restituire. Salvatore Cherchi ha ribadito che in tutti i paesi più sviluppati dell’Unione europea, dalla Germania alla Francia e alla Spagna, le raffinerie sono in piena attività e nessuno pensa di chiuderle. Riguardo all’impiego del carbone, ha ricordato che il progetto prevedeva inizialmente l’utilizzo del gas che sarebbe dovuto arrivare con il progetto Galsi e, una volta tramontato quest’ultimo, è stata tentata per un paio d’anni la strada dell’impiego del vapore prodotto dalle centrali Enel, anche questo impedito dal parere negativo dell’Enel, ma non ha escluso un ritorno a queste soluzioni qualora dovessero crearsi le condizioni.

Nel dibattito sono intervenuti alcuni cittadini e, tra gli altri, Gianluca Mandas, assessore delle Politiche  per il territorio e la Sostenibilità ambientale del comune di Assemini, che si è soffermato sul caso della Fluorsid ed ha sottolineato la posizione dell’Amministrazione del Movimento 5 Stelle guidata dal 2013 dal sindaco Mario Puddu, nettamente contraria all’insediamento di nuove industrie pesanti nel territorio comunale.