23 April, 2024
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E’ stato inaugurato questa mattina, nei locali de La Fabbrica del Cinema, presso l’ex Direzione Amministrativa della Grande Miniera di Serbariu a Carbonia, è stato ufficialmente inaugurato il primo corso dedicato a “Sceneggiatura e paesaggio”.

Si tratta di un’iniziativa di alta formazione articolata in 12 masterclass, per lo sviluppo di progetti originali per il cinema e la serialità televisiva ispirati dai paesaggi della Sardegna e dalle storie delle sue comunità.

Il corso è stato presentato da Michele Casula, esperto in ricerche nel settore audiovisivo e rappresentante della società Clapbox, e dalla direttrice della Fondazione Sardegna Film Commission Nevina Satta, a cui si deve l’ideazione e l’organizzazione dell’iniziativa. Gli incontri si svolgeranno fra novembre e febbraio, con il sostegno del comune di Carbonia, rappresentato al taglio del nastro dall’assessore alla cultura Sabrina Sabiu, insieme alla Fondazione di Sardegna e dal Centro Servizi Culturali, rappresentato dal Direttore Paolo Serra. Era presente anche Alberto Zonchello, segretario particolare dell’assessorato regionale della Pubblica istruzione, Beni culturali, Informazione, Spettacolo e Sport.

A Carbonia l’avventura inizia con la prima lezione della produttrice esperta di sviluppo Daniela Masciale. In squadra anche il regista e sceneggiatore Andrea Magnani che terrà la masterclass di domenica 24 novembre e che, insieme a Daniela Masciale, svolgerà un ruolo da story coach, con la gestione di altri 4 appuntamenti cui si legherà il tutoring dei progetti sviluppati dai partecipanti.

Le altre 6 masterclass vedranno il coinvolgimento di professionisti di spicco del panorama audiovisivo nazionale, chiamati a condividere le esperienze creative del dialogo fra “sceneggiatura e paesaggio”.

Fra questi lo scenografo Giancarlo Basili, che raggiungerà Carbonia a metà dicembre dopo l’esperienza sul set della seconda stagione de “L’amica geniale”. Giancarlo Basili sarà accompagnato anche dal regista Marco Cruciani, che legherà alla tappa sarda una fase di location Scouting per il documentario sul cinema italiano visto dagli occhi della scenografia.

Terranno una lezione anche il regista Paolo Zucca, reduce dal successo de “L’uomo che comprò la luna”, lo sceneggiatore Filippo Gravino (“Veloce come il vento”, “Il primo re” e la serie in lavorazione “Romulus”), la regista Laura Lucchetti, che ha firmato e diretto in Sardegna il pluripremiato “Fiore gemello”, e lo sceneggiatore Salvatore De Mola, cui si devono gli adattamenti de “Il Commissario Montalbano”, il recente successo della fiction Rai “Imma Tataranni” e la scrittura, insieme a Gianfranco Cabiddu ed Ugo Chiti, de “La stoffa dei sogni”.

Il percorso si completerà con la condivisione dei risultati di un concept test – gestito dal team Clapbox con la collaborazione della società Ergo research – che misurerà il potenziale dei progetti sviluppati dai partecipanti presso campioni rappresentativi degli spettatori di film e serie tv.

Sono 18 gli autori finalisti, selezionati fra 33 candidati: Lucio Aru, Roberta Balestrucci, Maria Vittoria Durante, Marcello Lasio, Fabrizio Lo Bianco, Maria Elena Mallei, Luigi Manca, Pietro Martinetti, Elisa Meloni, Daniele Mocci, Andrea Pau, Simone Petrucci, Giovanni Davide Piras, Vanessa Podda, Alessandra Pusceddu, Andrea Rosas, Luca Sotgiu, Gabriele Tanda. Arrivano da diverse località della Sardegna e i progetti originali con i quali si sono candidati hanno ambientazioni che spaziano da Portoscuso al villaggio minerario di Ingurtòsu, all’isola de l’Asinara, a Tandalò, al complesso nuragico di Malchittu, da Siniscola alle spiagge della Baronia, ad Orgosolo, fino al colle di San Michele, con storie che attraversano generi ed epoche diverse: il banditismo dei primi del ‘700, lo sviluppo dei collegamenti interni all’isola dell’inizio dell’800, le lotte sindacali della prima parte del secolo scorso, il dopoguerra, il ’68 isolano, fino ai giorni nostri gettando uno sguardo verso il futuro prossimo.

                                               

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Nei primi giorni di marzo aveva “debuttato” a Parigi nel corso della Settimana della moda, tra i più importanti appuntamenti mondiali del fashion, suscitando non poco interesse, così come nella tappa moscovita al Winzavod Center for Contemporary Art lo scorso 30 marzo. Beltimentas il format creativo che presenta un nuovo punto di vista sul patrimonio identitario sardo legato all’abbigliamento e al costume tradizionale approda ora, il 27 e 28 aprile al Mirqab Hotel – Souq Waqif Boutique Hotel di Doha, nel Qatar, con l’obiettivo di dare particolare visibilità al prodotto Made in Sardinia in occasione di eventi che richiamano
un pubblico particolarmente sensibile alle interconnessioni fra cultura, moda e design.

Al centro del progetto la mostra fotografica che porta la firma di due fotografi internazionali, Lucio Aru & Franco Erre, che dopo esperienze lavorative a Bologna e Milano, si sono trasferiti a Berlino nel 2013, dove tuttora vivono e producono, muovendosi dalla ritrattistica alla moda, mescolando i rispettivi background.

Alle immagini fotografiche è affiancata una performance teatrale diretta dalla regista Alice Capitanio nella quale, attraverso un racconto dell’isola, i protagonisti saranno i costumi, i ruoli sociali, la vita quotidiana e gli abiti tradizionali. Al termine della performance il pubblico sarà invitato a toccare e vestire gli abiti tradizionali sardi, approfondendo il rapporto con il patrimonio culturale isolano attraverso un coinvolgimento sensoriale.

L’iniziativa è ideata e organizzata da Compagnia B di Cagliari con la curatela di Micaela Deiana, e realizzata grazie al contributo economico della Regione Autonoma della Sardegna (Programma Operativo Regionale – POR – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2014-2020), in collaborazione con Sardegna Film Commission.

Il programma delle due giornate sarà aperto dalla performance teatrale “The dress of memory” cui farà seguito la proiezione del film “Le favole iniziano a Cabras” di Raffaello Fusaro (in italiano sottotitolato in lingua inglese), mentre il 28 sarà proiettato il docufilm Janas – Storie di donne telai e tesori di Giorgia Boldrini, Giulio Filippo Giunti, Stefano Massari.

«Nella cultura della Sardegna, l’abito della tradizione acquistava la forma di uno scrigno che racchiudeva nella sua tessitura i segni della storia e della vita di ciascuno. Ogni abito era capace di essere la fotografia del vissuto di colui che lo indossava. Taluni segni, talvolta imperscrutabili, si possono rinvenire nella comunicazione contemporanea legata alla moda, dove indossare un abito è diventato un modo per raccontare di sé attraverso veri e propri segni culturali differenziati.

Ancora oggi c’è un lungo filo che unisce ogni trama dei nostri corpi. Un filo tessile che accoglie e avvolge. Contiene il corpo del bambino appena nato, il suo sviluppo in età adulta e lo accompagna fino alla morte. Essere vestiti, abbigliati, significa essere a contatto con gli altri, vestirsi è stato, ed è ancora, espressione di comunicazione non verbale, espressione del sotteso bisogno umano di empatia, di essere guardati, ascoltati, capiti   finanche da uno sconosciuto che incontriamo per la strada.

Un filo tessile univa le comunità della Sardegna antica ed è lo stesso che unisce gli uomini di oggi, avvolti nel bisogno di sentirsi meno soli» (Alice Capitanio – Direttrice artistica progetto Beltimentas).

La Sardegna è una terra ricca di storia e tradizioni. Oltre alle sue bellezze naturali, che la rendono famosa in tutto il mondo, presenta numerosi aspetti folklorici con radici lontane nei secoli. Tra le usanze isolane uno degli elementi più tipici è sicuramente la varietà dei costumi locali, diversi da paese a paese. I costumi sardi, di cui colori e disegni si tramandano quasi inalterati da almeno 500 anni, sono particolarmente elaborati e variopinti: ricchi e a colori vivaci quelli delle donne, più severi quelli degli uomini. L’antica tradizione del costume e degli abiti tradizionali in Sardegna continua a affascinare sia per il rilievo storico delle creazioni, sia per l’originalità e la varietà dei modi di vestire.

I costumi dell’isola sono diversissimi tra loro, praticamente ognuno dei 370 comuni dell’isola ne conserva memoria storica e li difende con orgoglio, perché l’antico modo di vestire nasconde l’identità stessa di ciascun paese, rappresenta la testimonianza vivente della sua cultura e del modo di intendere il divertimento, il lavoro, il dolore. L’abito, nei tempi passati, sottolineava i diversi momenti del ciclo della vita: semplice nella vita quotidiana, sfarzoso nei giorni della festa, sobrio e composto nei momenti del lutto. Oggi quasi nessuno indossa più gli antichi costumi nella vita quotidiana, anche se ci sono molti centri dell’interno nei quali gli anziani continuano a vestire gli abiti della tradizione.

Compagnia B nasce nel 2004, su iniziativa di Alice Capitanio e Luca Sorrentino, e si configura come un gruppo di lavoro aperto alle più diversificate forme artistiche, che lavora in un’ottica di assoluta contaminazione fra codici espressivi. Produce eventi culturali dall’anima sperimentale, performance sensoriali, spettacoli e laboratori in cui le arti incontrano l’innovazione sociale.

Micaela Deiana è project manager nel settore delle arti contemporanee. lavora come curatrice di eventi e di mostre d’arte, sviluppando progetti per enti pubblici e privati, ed è social media strategist per iniziative culturali. Collabora con riviste di settore (Flash art, il Giornale dell’arte) e scrive per la pagina Cultura & Spettacolo dell’Unione Sarda.

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Nei primi giorni di marzo aveva “debuttato” a Parigi nel corso della Settimana della moda, tra i più importanti appuntamenti mondiali del fashion, suscitando non poco interesse. Beltimentas un format creativo che presenta un nuovo punto di vista sul patrimonio identitario sardo legato all’abbigliamento e al costume tradizionale approda ora, dal 30 marzo al 1 aprile a Mosca. L’iniziativa è ideata ed organizzata da Compagnia B di Cagliari con la curatela di Micaela Deiana, e realizzata grazie al contributo economico della Regione Autonoma della Sardegna (Programma Operativo Regionale – POR – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2014-2020), in collaborazione con Sardegna Film Commission.

Il Winzavod Center for Contemporary Art sarà sede di una mostra fotografica e di una performance teatrale che proporranno una fruizione contemporanea della tradizione intrecciando arte, artigianato, design e tradizione etnoantropologica, attraverso i linguaggi sperimentali dell’arte, del teatro e della fotografia.

Dopo Mosca il progetto farà tappa a Doha, nel Qatar, nei giorni 5 e 6 aprile, con l’obiettivo di dare particolare visibilità al prodotto Made in Sardinia in occasione di eventi che richiamano
un pubblico particolarmente sensibile alle interconnessioni fra cultura, moda e design.

La mostra fotografica porta la firma di due fotografi internazionali, Lucio Aru & Franco Erre, che dopo esperienze lavorative a Bologna e Milano, si sono traferiti a Berlino nel 2013, dove tuttora vivono e producono, muovendosi dalla ritrattistica alla moda, mescolando i rispettivi background.

Alle immagini fotografiche è affiancata una performance teatrale diretta dalla regista Alice Capitanio nella quale, attraverso un racconto dell’isola, i protagonisti saranno i costumi, i ruoli sociali, la vita quotidiana e gli abiti tradizionali. Al termine della performance il pubblico sarà invitato a toccare e vestire gli abiti tradizionali sardi, approfondendo il rapporto con il patrimonio culturale isolano attraverso un coinvolgimento sensoriale.

L’iniziativa è accompagnata da una selezione di film (sottotitolati in inglese) realizzati e prodotti in Sardegna, con il sostegno di Sardegna Film Commission. A Mosca il 1 aprile doppia proiezione con il docufilm Janas – Storie di donne, telai e tesori, diretto da Giorgia Boldrini, Giulio Filippo Giunti, Stefano Massari e ancora La stoffa dei sogni, mentre in occasione della tappa in Qatar, il 6 aprile, replica di Janas – Storie di donne, telai e tesori e Le favole iniziano a Cabras, documentario diretto da Raffaello Fusaro.

«Nella cultura della Sardegna, l’abito della tradizione acquistava la forma di uno scrigno che racchiudeva nella sua tessitura i segni della storia e della vita di ciascuno. Ogni abito era capace di essere la fotografia del vissuto di colui che lo indossava. Taluni segni, talvolta imperscrutabili, si possono rinvenire nella comunicazione contemporanea legata alla moda, dove indossare un abito è diventato un modo per raccontare di sé attraverso veri e propri segni culturali differenziati.

Ancora oggi c’è un lungo filo che unisce ogni trama dei nostri corpi. Un filo tessile che accoglie e avvolge. Contiene il corpo del bambino appena nato, il suo sviluppo in età adulta e lo accompagna fino alla morte. Essere vestiti, abbigliati, significa essere a contatto con gli altri, vestirsi è stato, ed è ancora, espressione di comunicazione non verbale, espressione del sotteso bisogno umano di empatia, di essere guardati, ascoltati, capiti  finanche da uno sconosciuto che incontriamo per la strada.

Un filo tessile univa le comunità della Sardegna antica ed è lo stesso che unisce gli uomini di oggi, avvolti nel bisogno di sentirsi meno soliı» (Alice Capitanio – Direttrice artistica progetto Beltimentas).

La Sardegna è una terra ricca di storia e tradizioni. Oltre alle sue bellezze naturali, che la rendono famosa in tutto il mondo, presenta numerosi aspetti folklorici con radici lontane nei secoli. Tra le usanze isolane uno degli elementi più tipici è sicuramente la varietà dei costumi locali, diversi da paese a paese. I costumi sardi, di cui colori e disegni si tramandano quasi inalterati da almeno 500 anni, sono particolarmente elaborati e variopinti: ricchi e a colori vivaci quelli delle donne, più severi quelli degli uomini. L’antica tradizione del costume e degli abiti tradizionali in Sardegna continua a affascinare sia per il rilievo storico delle creazioni, sia per l’originalità e la varietà dei modi di vestire.

I costumi dell’isola sono diversissimi tra loro, praticamente ognuno dei 370 comuni dell’isola ne conserva memoria storica e li difende con orgoglio, perché l’antico modo di vestire nasconde l’identità stessa di ciascun paese, rappresenta la testimonianza vivente della sua cultura e del modo di intendere il divertimento, il lavoro, il dolore. L’abito, nei tempi passati, sottolineava i diversi momenti del ciclo della vita: semplice nella vita quotidiana, sfarzoso nei giorni della festa, sobrio e composto nei momenti del lutto. Oggi quasi nessuno indossa più gli antichi costumi nella vita quotidiana, anche se ci sono molti centri dell’interno nei quali gli anziani continuano a vestire gli abiti della tradizione.

Compagnia B nasce nel 2004, su iniziativa di Alice Capitanio e Luca Sorrentino, e si configura come un gruppo di lavoro aperto alle più diversificate forme artistiche, che lavora in un’ottica di assoluta contaminazione fra codici espressivi. Produce eventi culturali dall’anima sperimentale, performance sensoriali, spettacoli e laboratori in cui le arti incontrano l’innovazione sociale.

Micaela Deiana è project manager nel settore delle arti contemporanee. lavora come curatrice di eventi e di mostre d’arte, sviluppando progetti per enti pubblici e privati, ed è social media strategist per iniziative culturali. Collabora con riviste di settore (Flash art, il Giornale dell’arte) e scrive per la pagina Cultura & Spettacolo dell’Unione Sarda.