28 March, 2024
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Intervento salvavita per un paziente trasportato da Carbonia a Sassari con una nuova “missione” Ecmo mobile, con l’utilizzo cioè del macchinario per ossigenare il sangue artificialmente. L’eccezionalità dell’intervento realizzato domenica, che ha visto collaborare l’Aou di Sassari, l’Areus e l’Assl di Carbonia con l’ospedale Sirai, sta nell’organizzazione messa in campo, con l’impiego dell’elicottero di base a Olbia e di una nuova ambulanza tecnologicamente avanzata.

L’equipe Ecmo infatti, composta da un anestesista, un cardiochirurgo, un perfusionista e un infermiere di area critica, è partita da Sassari alle 17,30 ed è arrivata in soli 35 minuti a Carbonia trasportata dal mezzo dell’elisoccorso. Al rientro, invece nel tragitto Carbonia-Sassari, con partenza alle 23 è stata impiegata una nuova ambulanza in dotazione all’Aou di Sassari.

L’equipe è intervenuta su un paziente sessantenne ricoverato nella Rianimazione dell’ospedale di Carbonia per una grave insufficienza respiratoria, refrattaria ai trattamenti convenzionali. Il paziente adesso si trova ricoverato nella Rianimazione del Santissima Annunziata in condizioni stabili, sotto trattamento extra corporeo totale.

«Sassari si conferma centro di riferimento regionale Ecmo. Quanto messo in campo – afferma il direttore generale dell’Aou di Sassari – dimostra che il lavoro fatto in questi anni, coordinato dal professor Pierpaolo Terragni, ha reso la struttura in grado di intervenire ogni mese dell’anno, non soltanto durante la stagione influenzale.»

La collaborazione con Areus quindi ha consentito all’equipe Ecmo di salire a bordo dell’elicottero per raggiungere Carbonia in tempi rapidissimi. In casi come questo, infatti, è importante quanto prima la stabilizzazione e la messa in sicurezza del paziente.

«Per le missioni Ecmo, come quella di domenica – afferma Piero Delogu, direttore sanitario di Areus Sardegna – abbiamo ottenuto la certificazione aeronautica Enac all’utilizzo di queste apparecchiature sull’elicottero. Adesso, seguirà una procedura condivisa tra Areus e Aou per meglio definire le strategie operative da utilizzare in questi casi.»

Grazie a questa nuova autorizzazione al volo, la Sardegna si propone tra le poche regioni disponibili al trasporto di questa tipologia di paziente.

Ad essere utilizzato domenica, è stato l’elicottero di stanza a Olbia, il più grande a disposizione della flotta Areus. Sul campo sono stati impegnati nella missione Ecmo l’anestesista rianimatore Luigi Solinas, il cardiochirurgo Giangiacomo Carta, il perfusionista Alessio Moretto e l’infermiera Maria Dore. Il professor Pierpaolo Terragni da Sassari è rimasto in costante contatto con l’ospedale di Carbonia e il medico Mariano Cabras della Rianimazione, sino al termine dell’operazione di centralizzazione alla struttura di Sassari.

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E’ in programma lunedì 17 ottobre 2016, dalle ore 17,30, nei locali della Grande Miniera di Serbariu Sezione di Storia Locale, a Carbonia, la presentazione del libro “Il cugino comunista”, di Walter Piludu. Sono previsti di Stefania Piredda, Nico Grillo, Mariano Cabras, Antonangelo Casula, Tore Cherchi e Walter Piludu con un messaggio. Coordina e introduce Anna Lai.

La vicenda personale di Walter Piludu si intreccia con la storia del Partito comunista italiano, il protagonista si guarda indietro e racconta senza rimpianti,  talvolta con ironia critica ed autoironia: con la sincerità di chi non dice tutto ma non racconta niente che non sia vero. E un’autobiografia che ha sullo sfondo la storia del Partito Comunista dalla fine degli anni ’60 alla nascita del Pds, attraverso i ricordi di chi è stato protagonista: Walter Piludu è stato militante, funzionario ed amministratore pubblico, dopo la Bolognina ha fatto la sua scelta sofferta e a lungo meditata, durante il congresso di Rifondazione comunista del 1994 abbandona, a 43 anni, la politica attiva. Oggi, malato di Sla, continua la sua lotta per le idee, vuole poter decidere quando morire, e vuole che tutti lo possano fare, se si trovano in situazioni di sofferenza e di dipendenza, L’ultima parte del suo libro testimonianza è per una legge sul fine vita che sia di libertà e di dignità, che condanni l’accanimento terapeutico e che contempli la possibilità del ricorso all’eutanasia.

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Dopo i legali dei medici Mariano Cabras e Leonardo Giovanni Tola e del Direttore della Struttura Complessa di Rianimazione Tiziana Serci, anche l’associazione di volontariato “Le Rondini” replica ai dirigenti della ASL 7 (Sergio Pili, Antonio Tuveri, Marco Vinicio Grussu, Viviana Lantini, Antonello Cuccuru e Miriana Fresu) sulle tematiche legate al servizio ADI (Assistenza Domiciliare Integrata).

«I pazienti e i familiari chiamati in causa ritengono doveroso fare alcune considerazioni – si legge in una nota diffusa questa sera -. Di fronte ad un importante problema come quello dell’appropriatezza delle cure, abbiamo sempre auspicato di poter avere rapporti con persone autorevoli, preparate in materia e in possesso della giusta sensibilità e umanità, qualità essenziali quando ci si rivolge a persone fragili che versano in gravi difficoltà. Queste caratteristiche avrebbero portato sicuramente ad un avvicinamento delle parti interessate al fine di avviare un dialogo costruttivo per trovare soluzioni condivise. La realtà invece parla da sola.»

«I prodi scudieri altro non fanno che sciorinare numeri, mentre dovrebbero parlare soltanto di PERSONE la cui vita è disperatamente dipendente da macchine e che possono esprimersi solo attraverso l’Associazione Le Rondini – prosegue la nota dell’associazione Le Rondini -. E’ loro volontà rendere noto, visto che la disinformazione regna sovrana, che i pazienti assistiti in ADI di terzo livello sono ben 40, 12 nel distretto di Iglesias e 28 in quello di Carbonia. A tutt’oggi i pazienti in sciopero che rifiutano l’Onnis sistema sono 19, tutti ad alta criticità, tutti “ospedalizzati a domicilio”.»

«A questo punto – scrive ancora l’associazione Le Rondini – la domanda nasce spontanea. Qual è il motivo per cui cinque direttori si schierano solo adesso contro i pazienti a sostegno del Commissario? Dove erano questi dirigenti mentre si consumava l’illecito in barba al bilancio aziendale? E come mai solo ora si parla di illegalità del vecchio sistema rinnovato e deliberato per tanti anni dalla ASL e dalla Regione? Si sta forse insinuando che i precedenti Direttori Generali o Assessori alla Sanità non siano stati rispettosi di leggi e contratti quanto il Dr. Onnis? E come mai lo stesso Dr. Onnis, in barba alla tanto richiamata onestà, ha prorogato il sistema illecito anche nel 2015? Perché i pazienti ventilati devono essere ricompresi nelle cure palliative e terapie antalgiche quando non risultano essere malati terminali? E come mai all’interno di tanta trasparenza e onestà, nel corso del sit-in in via Dalmazia, il Dr. Onnis chiede ad un paziente di comunicargli il nome del suo rianimatore preferito promettendo di assegnarglielo? Questi ed altri interrogativi suscitano enormi perplessità e sollevano seri dubbi sulla limpidezza e legittimità del cambiamento in atto. Quesiti ai quali fin’ora non hanno fatto seguito risposte appropriate!»

«Le carenze della nuova organizzazione sono evidenti e tangibili – sottolinea l’associazione Le Rondini -. Chiamare il numero messo a disposizione per le urgenze e verificare l’assenza della disponibilità di un medico; vedersi arrivare a casa l’ambulanza con i volontari a bordo che non possono assistere pazienti trachoestomizzati e ventilati. Tutto questo è vergognoso e irrispettoso!

Quelli che i cinque dirigenti chiamano “elementi di sospetto” riguardo l’incompetenza di alcuni operatori è piuttosto una palese ammissione del Direttore Sanitario Dr. Maggetti: uno dei due medici “scelti” per questo difficile lavoro non ha esperienza, e quindi competenza, in materia di pazienti ventilati. Due infermieri facenti parte della nuova equipe non provengono dalla rianimazione e non hanno esperienza in questo campo. Come mai i cinque dirigenti non si pongono il problema dell’appropriatezza, della competenza e della sicurezza? Perché consentono che gli operatori vengano formati sul campo sulla pelle dei pazienti e su un terreno difficile come quello dell’assistenza a domicilio, esponendoli in prima persona a pesanti responsabilità? Come mai ci si scandalizza quando si solleva il problema della competenza professionale mentre qualcuno paga privatamente infermieri della rianimazione in altre ASL per assicurarsi cure appropriate?»

«Insinuare che i pazienti siano “innamorati” degli operatori del reparto di Rianimazione è una offesa alla nostra intelligenza; ritenere che questi pazienti abbiano bisogno esclusivamente di cure adeguate e personale preparato è verità inconfutabile» si legge ancora nella nota dell’associazione Le Rondini.

«La superficialità regna sovrana. A riprova di ciò citiamo l’ennesimo avviso di mobilità per infermieri da destinare alla raffazzonata struttura del Commissario. Criteri d’accesso: tre anni di anzianità di servizio e nulla più.

Vogliamo inoltre sottolineare che il rapporto diretto con la rianimazione NON PUO’ essere quello di qualsiasi cittadino perché qualsiasi cittadino non si trova nella nostra situazione di cronicità e di ospedalizzazione domiciliare. Noi non chiediamo l’accesso alla Rianimazione qualora ci fosse la necessità, ma chiediamo che la Rianimazione abbia l’accesso in casa nostra! Vogliamo che i problemi vengano risolti a domicilio come sempre è stato, con efficienza ed efficacia e in sicurezza. Il ricorso al ricovero è l’ultima soluzione che vorremo prendere in considerazione.

La fiducia che abbiamo sempre riposto negli operatori del reparto di Rianimazione è semplicemente il riconoscimento dovuto ad un sistema che ha sempre soddisfatto i bisogni dei malati e dei loro familiari, con competenza e dedizione.

La sfiducia che abbiamo riposto nell’UO messa in essere dal commissario per l’assistenza domiciliare – conclude l’associazione Le Rondini -, è semplicemente il riconoscimento dovuto ad un sistema che, palesemente e come provato sulla nostra pelle, non soddisfa i bisogni dei malati in ventilazione meccanica assistita H.24 e dei loro familiari.»

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Reparto di rianimazione ospedale Sirai di Carbonia

Dopo l’avvocato Giacomo Doglio, legale di due dirigenti medici dipendenti della ASL 7, in servizio presso l’U.O. di Rianimazione del P.O. “Sirai”, Mariano Cabras e Leonardo Giovanni Tola, anche l’avvocato Enzo Pinna, legale della dott.ssa Tiziana Serci, Direttore della Struttura Complessa della Rianimazione della Asl 7 di Carbonia, interviene sui contenuti dell’articolo “Sei direttori della Asl 7 intervengono nel dibattito sul servizio di assistenza domiciliare integrata” pubblicato il 16 novembre 2015.

«La dott.ssa Tiziana Serci, in qualità di Direttore della Struttura Complessa della Rianimazione, contesta, mio tramite – scrive l’avvocato Enzo Pinna -, quanto affermato nel documento pubblicato nella sua integralità in data 16 novembre u.s. sul quotidiano on-line “La Provincia del Sulcis Iglesiente”, sottoscritto dai dott.ri Sergio Pili, Antonio Tuveri, Marco Vinicio Grussu, Viviana Lantini, Antonello Cuccuru, Miriana Fresu.

In particolare, non si condividono i toni ed i contenuti utilizzati nel suddetto documento, soprattutto con riferimento all’organizzazione del reparto diretto dalla mia cliente, che, al contrario, ha sempre operato con la massima diligenza professionale, utilizzando al meglio le risorse messe a disposizione per ottenere la massima efficienza ed i migliori risultati a garanzia della salute dei pazienti.»

 «Sono, comunque, opportune alcune sintetiche precisazioni – aggiunge l’avvocato Enzo Pinna -:

 • L’A.D.I. era svolta nell’ambito del “Progetto di Continuità Assistenziale”.

 • Le prestazioni dei Dottori Tola e Cabras venivano effettuate al di fuori dell’orario di lavoro, al fine di non creare alcun disagio all’attività medico-ospedaliera della Struttura diretta dalla Dott.ssa Serci.

 • L’istituzione di una U.O. che si occupi di tale servizio, dovrebbe essere quantomeno supportata da un organico professionalmente adeguato e dimensionato all’afflusso di richieste e pazienti.

 • L’organizzazione al tempo data dalla ASL 7 non consentiva, in alcun modo, di seguire efficacemente l’A.D.I. ed era, altresì, foriera di responsabilità personali.

 • Attualmente il personale medico e paramedico non è sufficiente e risulta assolutamente improbabile organizzare, all’uopo, dei turni “”nell’ambito del normale orario di lavoro””, ovvero lo svolgimento dell’assistenza domiciliare, attraverso l’uso dello strumento delle prestazioni di lavoro “straordinario”.

Le statistiche e le medie precisate nel contestato articolo, oltreché tutte da verificare, non tengono neppure conto delle reali esigenze e delle situazioni contingenti, che il personale medico e paramedico si trova a dover affrontare giornalmente, paziente per paziente.

Già nel recente passato, la dott.ssa Serci aveva avuto modo di evidenziare tali problematiche.

Non si comprende, poi, come tali affermazioni possano provenire da soggetti che non svolgono le mansioni della dott.ssa Serci.

Quest’ultima – conclude l’avvocato Enzo Pinna -, nel restare a disposizione per eventuali chiarimenti, si riserva, pertanto, di ogni più ampia tutela in merito.»

 

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Il legale di due dirigenti medici dipendenti della ASL 7 replica ai sei direttori della stessa ASL 7 intervenuti ieri con una nota pubblicata in questo giornale, nel dibattito sul servizio ADI. L’avvocato Giacomo Doglio, difende gli interessi del dottor Mariano Cabras e del dottor Leonardo Giovanni Tola, dirigenti medici dipendenti della ASL 7 di Carbonia, in servizio presso l’U.O. di Rianimazione del P.O. “Sirai”.

«Nel contesto dell’articolo si legge, tra l’altro, che gli operatori, tra cui i dirigenti medici miei assistiti – facilmente identificabili, trattandosi degli unici due medici del reparto di Rianimazione che nel corso dell’ultimo decennio hanno assicurato le prestazioni di competenza ai pazienti in ADI del distretto di Carbonia – scrive in una nota l’avvocato Giacomo Doglio – “non ne vogliono sentire di lavorare in ADI. Almeno non durante il normale orario di servizio. Quando gli è stato proposto infatti hanno risposto no e quando a qualcuno è stato imposto, la direzione della ASL è stata diffidata dal legale degli interessati con minaccia, in caso di mancata revoca dell’ordine di servizio, di azioni legali. In pratica gli operatori non vogliono e ritengono di non doversi occupare di ADI nell’ambito del lavoro ordinario (quello pagato con lo stipendio) ma vogliono tenacemente occuparsene al di fuori del normale orario (in libera professione con un compenso suppletivo)”.

Tralasciando, almeno in questa sede, l’ironico riferimento alla “potente fidelizzazione” pazienti/operatori e alla rappresentata sostituibilità nel loro lavoro (poco cortese, anche se certamente riferibile a qualsiasi dipendente pubblico, sei Direttori compresi) – aggiunge l’avvocato Giacomo Doglio -. Le affermazioni sopra riportate sono palesemente false e gravemente lesive dell’immagine e della professionalità dei miei assistiti, i quali, contrariamente a quanto riferito, hanno, dapprima (giugno 2015), comunicato di non essere più disponibili a proseguire l’attività medico specialistica per le cure domiciliari in orario extra servizio, quindi (da luglio in poi), hanno reiteratamente diffidato il datore di lavoro affinché revocasse la disposizione di servizio che li comandava a prestare servizio, oltre che in Rianimazione, presso la neonata S.S. di Terapia del dolore cure palliative e hospice.»

«Delle due l’una, dunque, o i “Sei Direttori della ASL 7” (Sergio Pili, Antonio Tuveri, Marco Vinicio Grussu, Viviana Lantini, Antonello Cuccuru e Miriana Fresu), ignorano il contenuto delle reiterate diffide, inviate dai dottori Cabras e Tola, e allora non si comprende perché ne scrivano, oppure ne riportano infedelmente il contenuto», scrive ancora l’avvocato Giacomo Doglio.

«Si tratta, in ogni caso, di un comportamento gravissimo, lesivo degli interessi dei sopra menzionati Dirigenti medici, perché evidentemente finalizzato a ricostruire falsamente le loro legittime rivendicazioni, tradotte in una tenace resistenza alla riorganizzazione dell’assistenza per le cure domiciliari motivata da ragioni economiche. Naturalmente i miei assistiti – conclude l’avvocato Giacomo Doglio si riservano di agire nelle sedi più opportune a tutela della loro onorabilità.»

Reparto di rianimazione ospedale Sirai di Carbonia

Ieri pomeriggio, presso la Sala Remo Branca, il comune di Iglesias e la Asl n. 7, hanno presentato il progetto ed il relativo protocollo dal titolo “Una firma per la vitaLa Donazione degli Organi”.

Hanno presentato il progetto: il dott. Leonardo Tola, Coordinatore locale dei Trapianti della Asl 7 Carbonia; il dott. Francesco Tolis, dirigente medico della Rianimazione Asl 7 Iglesias; e il dott. Mariano Cabras, dirigente medico della Rianimazione di Carbonia.

Sono intervenuti: il sindaco di Iglesias, Emilio Gariazzo; l’assessore alle Politiche sociali, giovanili e dell’integrazione, Alessandra Ferrara; il dirigente Politiche sociali, Paolo Carta; il presidente della Commissione politiche sociali, Alberto Cacciarru; e, infine, la consigliera comunale Valentina Pistis.

Al dibattito hanno partecipato le associazioni cittadine impegnate nella attività di proselitismo e sensibilizzazione sulla donazione degli organi ed alcune rappresentanze scolastiche.

Il progetto prevede l’accordo e la sinergia tra i due enti: Comune ed Asl.

Al momento del rinnovo o di nuova emissione della carta di identità, il cittadino potrà inoltre compilare il modulo, fornito dalla Asl ed esprimere la sua volontà in merito alla donazione degli organi. L’ufficio anagrafe avrà il compito di raccogliere i dati, ed i vari consensi verranno trasmessi ai referenti della Asl per custodirli nella banca dati del SIT (Sistema Informativo Trapianti).

Nel brevissimo periodo, inoltre, i funzionari dell’anagrafe verranno formati da un’equipe di medici e specialisti, in modo tale da poter offrire un servizio completo alla cittadinanza.

La proposta di deliberazione del protocollo, infine, è stata adottata dalla Giunta del comune di Iglesias in data 4.12.2013 e entro pochi giorni verrà firmato il protocollo.

Una firma per la vita

Giovedì 5 dicembre, alle 17.30, nella Sala Remo Branca di Iglesias verrà presentato il progetto condiviso tra Comune di Iglesias e Asl 7 “Una firma per la vita” – La donazione degli organi.

Presenteranno il progetto il dottor Leonardo Tola, Coordinatore locale dei Trapianti della Asl 7; il dott. Francesco Tolis, dirigente medico della Rianimazione Asl 7; il dott. Mariano Cabras dirigente medico della Rianimazione di Carbonia.

Interverranno il sindaco di Iglesias, Emilio Agostino Gariazzo; l’assessore delle Politiche sociali, Giovanili e dell’Integrazione, Alessandra Ferrara; il dirigente Politiche sociali, Paolo Carta; il presidente della Commissione Politiche sociali, Alberto Cacciarru; la consigliera comunale Valentina Pistis.

Saranno presenti ed interverranno con le loro testimonianze le associazioni impegnate in città sul tema della donazione degli organi.

Il Municipio di Iglesias copia