29 March, 2024
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Cada Die Teatro porta una delle sue produzioni a Monastir. Domani, sabato 28 dicembre, alle 18.30, sotto i riflettori del Centro di aggregazione sociale, in via Nazionale 183, ci sarà Pierpaolo Piludu, autore ed interprete diAlberi e sogni”, spettacolo liberamente ispirato a “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono, regia e collaborazione alla drammaturgia di Alessandro Mascia (collaborazione musicale: Nicola Piras; elaborazioni sonore: Giampietro Guttuso e Matteo Sanna; luci: Giovanni Schirru; scenografie: Marilena Pittiu; assistente alla regia: Mario Madeddu).

«Siamo partiti dalla storia di Elzéard Bouffier, ‘L’uomo che piantava gli alberi’ che riuscì a trasformare un deserto di sassi e di vento in un’immensa foresta – è scritto nelle note dello spettacolo -. Questa vicenda si è intrecciata con quelle di altre donne e uomini che hanno dedicato la propria vita alla realizzazione di un sogno, anche quando il buon senso, la ragione e le guerre, suggerivano di lasciar perdere. Uomini e donne che hanno lasciato bonos ammentos, dei bei ricordi: un’umanità semplice e sorprendentemente bella.»

E ancora: «Ci siamo anche avvicinati ai sogni colorati e un tantino ambiziosi che avevamo da ragazzi, alla fine degli anni ’70, quando speravamo di fare la rivoluzione e di dare vita a un mondo più bello e più giusto… In alcuni momenti i protagonisti dello spettacolo diventano un gruppo di giovani attori che, nei primi anni ’80 con un pullmino sgangherato, vanno in giro in un’Europa ancora divisa da muri e rigide frontiere. A fronte delle numerose sonore sconfitte che hanno spesso accompagnato la nostra generazione – aggiungono Pierpaolo Piludu ed Alessandro Mascia – ci piaceva l’idea di raccontare, una volta tanto, anche delle storie che finissero bene. Come quella della nostra compagna Zelinda Roccia, che decise di lasciare scuola e teatro per trasferirsi a Managua e cercare di salvare bambine e bambini di strada che sniffavano la pega, una colla devastante per non sentire i morsi della fame e la paura delle violenze. O come quella di Elzéard Bouffier: chissà cosa gli era passato per la testa, pochi giorni prima di morire, quando si era voltato e aveva visto chilometri di bosco… un mare di alberi mossi dal vento… Un grazie va alle associazioni “L’uomo che pianta gli alberi” di Cagliari e “Los Quinchos” del Nicaragua per l’instancabile e contagiosa voglia di fare e di sognare».

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Stagione Nomade, la rassegna autunnale organizzata da Cada Die Teatro, approda all’EXMA, a Cagliari. E lo fa con una produzione di successo della storica compagnia cagliaritana diretta da Giancarlo Biffi. Perché, dopo i consensi, convinti, ricevuti lo scorso anno e nella recente tournée nazionale, sarà RIVA LUIGI ‘69 ‘70. CAGLIARI AI DÌ DELLO SCUDETTO, di e con Alessandro Lay, a sbarcare al Centro d’arte e cultura di via San Lucifero, sabato 14, alle 21.00, e domenica 15 dicembre, alle 18.00.

Il monologo di Alessandro  (le luci sono di Giovanni Schirru, il suono di Matteo Sanna, le scene di Mario Madeddu, Marilena Pittiu, Matteo Sanna, Giovanni Schirru, organizzazione Tatiana Floris) trae ispirazione da, ed è dedicato a, un’icona della storia, non solo sportiva, di Cagliari e dell’intera Sardegna: Gigi Riva, che quest’anno ha compiuto 75 anni, e che è stato e rimane un mito, ancora di più in una stagione calcistica in cui si celebrano il centenario della nascita del Cagliari club ed il cinquntenario della conquista dello scudetto. Il grande giornalista Gianni Brera – come è noto – soprannominò quel campione, arrivato giovanissimo nell’Isola da Leggiuno, “Rombo di tuono”, per la sua potenza, l’ardore agonistico e le eccellenti capacità di goleador. Tutto  questo nonostante il suo carattere riservato: «Adesso si usa il termine ‘anti star’, allora si diceva ‘E’ uno che parla poco, gli piace giocare al pallone e poi starsene tranquillo con gli amici’… Tempi diversi, calcio diverso, Sardegna diversa, parole diverse…».

«Nel 1970, quando il Cagliari divenne campione d’Italia, io avevo 8 anni – scrive nelle note di presentazione Alessandro Lay –. Non ricordo molto dello scudetto, ma ricordo come era la città, come ci vestivamo, come ci appendevamo ai tram per non pagare, l’album della Panini e le partite ‘a figurine’ sui gradini della scuola elementare. Ricordo il medagliere, con i profili dei giocatori del Cagliari sulle monete di finto, fintissimo oro da collezionare. E ricordo vagamente un ragazzo schivo, a volte sorridente, che guardava sempre da un’altra parte quando lo intervistavano. Un ragazzo che puntava i pugni in terra e si faceva tutto il campo correndo ogni volta che segnava un gol…»

Pier Paolo Pasolini, grande appassionato di calcio, scriveva: «Che cos’è una lingua? ‘Un sistema di segni’, risponde, nel modo oggi più esatto, un semiologo. Il gioco del football è un ‘sistema di segni’; è, cioè, una lingua, sia pure non verbale. La sintassi si esprime nella ‘partita’, che è un vero e proprio discorso drammatico. Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico. Per spiegarmi darò alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un ‘prosatore realista’; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un ‘poeta realista’».

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Si avvia verso il rush finale Cada Die Teatro in Tour!, il viaggio con cui la compagnia cagliaritana sta “esportando” sei delle sue produzioni in diverse regioni della Penisola. “Più veloce di un raglio”, di e con Mauro Mou e Silvestro Ziccardi, domani, sabato 30 novembre, e domenica 1 dicembre sarà ospite della rassegna “Anch’io a teatro con mamma e papà”, alle 16.00, al Teatro Cuminetti di Trento. E domenica 1 dicembre verrà anche rappresentato, a chiudere il tour, “Alberi e sogni”, di e con Pierpaolo Piludu, regia di Alessandro Mascia, alle 17.00, all’Arena Parco Nord di Milano nell’ambito del festival “Il Respiro di Oxy.gen – scienza salute ambiente”.

“Più veloce di un raglio”, liberamente tratto dal racconto “L’asino del gessaio” di Luigi Capuana (con la collaborazione di Alessandro Lay per la drammaturgia e la messa in scena, il suono di Giampietro Guttuso, il disegno luci di Giovanni Schirru), ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti, come l’Eolo Awards per la migliore novità di teatro ragazzi e giovani, il Premio Rosa D’oro, il Premio Padova – Amici di Emanuele Luzzati.

«C’era una volta un gessaio che aveva tanti asini, magri, brutti e sporchi; ma tra tutti questi asini ne aveva uno che era il più brutto di tutti. Era magro, storto, spelacchiato, con la coda scorticata, le zampe così rovinate che sembrava reggersi in piedi per miracolo. Ma quando il suo padrone gridava “Avanti focoso!…” l’asino alzava la testa, abbassava le orecchie per essere più aerodinamico e, roteando la coda come fosse l’elica di un aeroplano, partiva più veloce d’un raglio!»

Fra racconto, rappresentazione e contrappunto musicale, ecco la storia del gessaio e del suo spelacchiato asino Focoso che, liberato da una malefica stregoneria, diventerà principe. Mauro Mou e Silvestro Ziccardi narrano una storia che parla di redenzione, dove nulla è come appare e dove sono gli umili ad avere la loro giusta rivincita sulle ingiustizie operate dai nobili e dai prepotenti: «Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze, anche un asino può avere un cuore nobile e i re e le principesse talvolta devono rimboccarsi le maniche per guadagnarsi un po’ di nobiltà».

Domenica 1 dicembre il compito di chiudere Cada Die Teatro in Tour!, all’Arena Parco Nord di Milano, spetterà a Pierpaolo Piludu, autore e interprete di “Alberi e sogni”, liberamente ispirato a “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono, regia e collaborazione alla drammaturgia di Alessandro Mascia, collaborazione musicale di Nicola Piras (elaborazioni sonore: Giampietro Guttuso e Matteo Sanna; disegno luci: Giovanni Schirru; scenografie: Marilena Pittiu; assistente alla regia: Mario Madeddu).
«Siamo partiti dalla storia di Elzéard Bouffier, ‘L’uomo che piantava gli alberi’ che riuscì a trasformare un deserto di sassi e di vento in un’immensa foresta», è scritto nelle note dello spettacolo.

«Questa vicenda si è intrecciata con quelle di altre donne e uomini che hanno dedicato la propria vita alla realizzazione di un sogno, anche quando il buon senso, la ragione e le guerre, suggerivano di lasciar perdere. Uomini e donne che hanno lasciato bonos ammentos, dei bei ricordi: un’umanità semplice e sorprendentemente bella.»
E ancora: «Ci siamo anche avvicinati ai sogni colorati e un tantino ambiziosi che avevamo da ragazzi, alla fine degli anni ’70, quando speravamo di fare la rivoluzione e di dare vita a un mondo più bello e più giusto… In alcuni momenti i protagonisti dello spettacolo diventano un gruppo di giovani attori che, nei primi anni ’80 con un pullmino sgangherato, vanno in giro in un’Europa ancora divisa da muri e rigide frontiere. A fronte delle numerose sonore sconfitte che hanno spesso accompagnato la nostra generazione – aggiungono Pierpaolo Piludu ed Alessandro Mascia – ci piaceva l’idea di raccontare, una volta tanto, anche delle storie che finissero bene. Come quella della nostra compagna Zelinda Roccia, che decise di lasciare scuola e teatro per trasferirsi a Managua e cercare di salvare bambine e bambini di strada che sniffavano la pega, una colla devastante per non sentire i morsi della fame e la paura delle violenze. O come quella di Elzéard Bouffier: chissà cosa gli era passato per la testa, pochi giorni prima di morire, quando si era voltato e aveva visto chilometri di bosco… un mare di alberi mossi dal vento… Un grazie va alle associazioni “L’uomo che pianta gli alberi” di Cagliari e “Los Quinchos” del Nicaragua per l’instancabile e contagiosa voglia di fare e di sognare».

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Prosegue Cada Die Teatro in Tour! (A trevesu), il viaggio con cui la compagnia cagliaritana sta portando sei delle sue produzioni nella Penisola, fino al 1° dicembre, fra Emilia, Toscana, Milano, Trento, Roma, Bologna. Dopo il fortunato “Riva Luigi ’69 ’70…”, di e con Alessandro Lay, è la volta di CIELO NERO, di Francesco Niccolini e Pierpaolo Piludu, con lo stesso Piludu, regia di Mauro Mou, che sarà domani, 22 novembre, alle 21, al Teatro Portland di Trento, inserito nel cartellone de “La bella stagione 2019/2020”.

CIELO NERO (collaborazione alla messa in scena a cura di Alessandro Mascia, Mario Madeddu, Marilena Pittiu e Silvestro Ziccardi; voci bimbi registrate: Luca Pisano e Ousseynou Seck; disegno luci: Giovanni Schirru; sonorizzazione: Matteo Sanna), ripercorre la vita di Efisio e Antioco, due gemelli di Stampace che vissero durante il fascismo. Protagonisti di una storia più grande di loro, sono testimoni della follia della guerra e della distruzione della città di Cagliari. “Un viaggio lungo venticinque anni, dove si torna da una guerra e si parte per un’altra, ci si innamora e si fa a botte, si gioca, si ride e si fa l’amore: insomma si diventa adulti, si soffre di gelosia e solitudine, si seppelliscono i propri cari e una città bellissima e amata diventa un cumulo di macerie”, spiegano gli autori. “Efisio e Antioco Mereu sono gemelli, due gemelli che più gemelli di così non si può. Eppure sono diversissimi, nei pensieri e nei destini: il primo è indifferente al fascismo che si avvicina, il secondo è anarchico e antifascista nell’animo e quando scoppia la guerra viene spedito sul fronte peggiore che ci sia, la Russia. Efisio, invece, finisce in Marina, al sicuro, sul lungomare di Cagliari. Fino al ’43, quando i bombardieri americani riducono in polvere buona parte della città”“Cielo nero” è l’ultima tappa di una ricerca portata avanti dal 2005 da Pierpaolo Piludu e da Cada Die Teatro, in collaborazione con l’Università di Cagliari e l’Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna, sui bombardamenti su Cagliari del 1943. Da questo paziente lavoro sono nati un video-archivio con i racconti dei testimoni, uno spettacolo teatrale dal titolo “Cagliari 1943. La guerra dentro casa” (con 20 allievi della scuola di Arti Sceniche La Vetreria), un libro (edito da Aipsa) e un documentario prodotto dalla RAI.

Intanto scalda i motori TRE BOTTONI E LA CASA CON LE RUOTE, spettacolo liberamente ispirato al racconto “La casa di Tre Bottoni” di Gianni Rodari, che approderà il 24 novembre, alle 16.30, al Teatro Mongiovino di Roma, dentro la rassegna “Eyes Wide Open”, ed il 25 e 26 novembre, alle 9.30 ed alle 11.00 (matinée per le scuole) sarà, sempre nella Capitale, al Brancaccino. Le protagoniste sono Francesca Pani (che cura anche scenografie e costumi) e Lara Farci, giovani attrici formatesi alla Scuola di Arti Sceniche La Vetreria di Cada Die Teatro, la messinscena e la regia sono di Mauro Mou (filastrocche di Andrea Serra, musiche originali di Mauro Mou e Matteo Sanna, disegno luci di Giovanni Schirru, suono di Matteo Sanna).

«La nostra storia – è scritto nelle note – racconta di una casa, una casa un po’ speciale: la casa di Tre Bottoni. Tre Bottoni è un falegname costretto ad andare via dalla propria città, perché nessuno compra più i mobili che lui realizza con tanta cura; quindi con chiodi e martello si costruisce una piccola casa con le ruote, che può portare in giro per il mondo. Una casa su misura, senza eccessi, ma capace di accogliere le persone che chiedono aiuto e ospitalità. E’ una casa aperta a tutti, ma proprio a tutti, dai più bisognosi fino a sua maestà il Re, con il suo cavallo…
Un lavoro rivolto ai più piccoli dedicato all’accoglienza. In un momento in cui si alzano barriere e ci si chiude dentro case fortezza, in cui si vive tranquilli ma soli, vogliamo raccontarvi di un luogo capace di accogliere tutti, in cui ci si possa rannicchiare e sognare-»

 

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Sei produzioni di una compagnia sarda in giro per la Penisola. Evento non usuale. E’ quello che accadrà con Cada Die Teatro in Tour! (A trevesu), quando la compagnia cagliaritana porterà i suoi spettacoli, fra il 6 novembre e il 1° dicembre, in Emilia, Toscana, Milano, Trento, Roma, Bologna.

Dopo i consensi, convinti, ricevuti lo scorso anno, sarà RIVA LUIGI ‘69 ‘70. CAGLIARI AI DÌ DELLO SCUDETTO, di e con Alessandro Lay, ad aprire la tournée a Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia) mercoledì 6 novembre, alle 20.30, al Teatro L’attesa. Al termine dello spettacolo, in un incontro sullo sport di un tempo e quello attuale (organizzato in collaborazione con il Teatro L’Attesa ed il Centro Sportivo Italiano), interverranno il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla mons. Massimo Camisasca, già cappellano dell’AC Milan, e il maratoneta Stefano Baldini, ex campione olimpico. “Riva Luigi ’69 ‘70” sarà poi il 7 novembre, giorno del 75° compleanno di “Rombo di Tuono”, alle 21.00, al Teatro Comunale Corsini di Barberino di Mugello (Firenze), l’8 e il 9 novembre, alle 20.30, il 10 alle 17.00, al Teatro della Cooperativa di Milano.

Il monologo di Alessandro Lay (le luci sono di Giovanni Schirru, il suono di Matteo Sanna, le scene di Mario Madeddu, Marilena Pittiu, Matteo Sanna, Giovanni Schirru) trae ispirazione da, ed è dedicato a, un’icona della storia, non solo sportiva, di Cagliari e dell’intera Sardegna: Gigi Riva, che il grande giornalista Gianni Brera – come è noto – soprannominò “Rombo di tuono”, per la sua potenza, l’ardore agonistico e le eccellenti capacità di goleador. «Adesso si usa il termine ‘anti star’, allora si diceva ‘E’ uno che parla poco, gli piace giocare al pallone e poi starsene tranquillo con gli amici’… Tempi diversi, calcio diverso, Sardegna diversa, parole diverse…».

«Nel 1970, quando il Cagliari divenne campione d’Italia, io avevo 8 anni – scrive nelle note di presentazione Alessandro Lay –. Non ricordo molto dello scudetto, ma ricordo come era la città, come ci vestivamo, come ci appendevamo ai tram per non pagare, l’album della Panini e le partite ‘a figurine’ sui gradini della scuola elementare. Ricordo il medagliere, con i profili dei giocatori del Cagliari sulle monete di finto, fintissimo oro da collezionare. E ricordo vagamente un ragazzo schivo, a volte sorridente, che guardava sempre da un’altra parte quando lo intervistavano. Un ragazzo che puntava i pugni in terra e si faceva tutto il campo correndo ogni volta che segnava un gol…»
Pier Paolo Pasolini, grande appassionato di calcio, scriveva: «Che cos’è una lingua? ‘Un sistema di segni’, risponde, nel modo oggi più esatto, un semiologo. Il gioco del football è un ‘sistema di segni’; è, cioè, una lingua, sia pure non verbale. La sintassi si esprime nella ‘partita’, che è un vero e proprio discorso drammatico. Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico. Per spiegarmi darò alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un ‘prosatore realista’; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un ‘poeta realista’».

IL TOUR. Il calendario delle altre produzioni che Cada Die Teatro porterà in tour: CIELO NERO, di e con Pierpaolo Piludu, sarà il 22 novembre, alle 21, al Teatro Portland di Trento, inserito nel cartellone de “La bella stagione 2019/2020”; TRE BOTTONI E LA CASA CON LE RUOTE, da Gianni Rodari, con Francesca Pani e Lara Farci, regia di Mauro Mou, approderà il 24 novembre, alle 16.30, al Teatro Mongiovino di Roma, dentro la rassegna “Eyes Wide Open”, e il  25 e 26 novembre, alle 9.30 e alle 11.00 (matinée per le scuole) sarà, sempre nella Capitale, al Brancaccino; RAPTUS – DAL MITO GRECO AL FEMMINICIDIO, di e con Rossella Dassu, regia di Alessandro Lay, sbarcherà il 26 novembre a Bologna, all’Arena del Sole, alle 21.00, il 27, alle 10.30, si terrà il matinée per le scuole (in collaborazione con l’Ufficio Pari Opportunità, Tutela delle Differenze e Contrasto Violenza di Genere del Comune di Bologna e il Festival La violenza Illustrata); sarà poi la volta di PIÙ VELOCE DI UN RAGLIO, di e con Mauro Mou e Silvestro Ziccardi, che il 30 novembre e il 1° dicembre, alle 16.00, sarà ospite di “Anch’io a teatro con mamma e papà” al Teatro Cuminetti di Trento; infine, ALBERI E SOGNI, di e con Pierpaolo Piludu, verrà rappresentato il 1° dicembre, alle 17.00, all’Arena Parco Nord di Milano nell’ambito della rassegna “Il respiro di Oxy.gen”.

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Torna in scena “Pósidos cun Su Cuncordu Iscanesu”, produzione di Cada Die Teatro, di e con Pierpaolo Piludu, sotto la regia di Giancarlo Biffi, e con la partecipazione del coro Su Cuncordu Iscanesu: “sa oghe” Pietro Dettori , “sa mesuoghe” Giampiero Motzo, “sa contra” Antonio Piras , “su bassu” Sandro Flore (luci di Giovanni Schirru, suono di Matteo Sanna e Giampietro Guttuso). Lo spettacolo sarà domani, mercoledì 11 settembre, a Monastir, in Piazza San Giacomo, alle 21.30, ospite del festival di arte e cultura “Dammi un cinque!”.

Pósidos, “tesori”, è frutto di una ricerca sulle modalità del raccontare degli anziani narratori e narratrici di Scano Montiferro. Le storie di Pósidos parlano di santi, di banditi, ci portano indietro in un tempo, neanche troppo lontano, quando era ancora frequente che i morti, sas animas, comparissero ai vivi, quando il Montiferru era un’unica grande foresta, prima che arrivassero le squadre di tagliaboschi mandate da Cavour. Pierpaolo Piludu accompagna gli spettatori nel mondo magico di quei “contos antigos”, che fino a qualche decennio fa venivano raccontati ovunque in Sardegna.

“Nella mia narrazione – racconta – provo a fare memoria di una delle mie esperienze di vita più importanti: quella vissuta 24 anni fa a Scano Montiferro nel corso di una ricerca sulle modalità del raccontare dei vecchi del paese. Per oltre un mese ho avuto la fortuna di immergermi nei racconti che un’intera comunità mi ha regalato. Oltre al contenuto delle storie e alle abilità narrative di molti anziani, mi è rimasta impressa la loro capacità di stupirsi anche narrando fatti che avevano già raccontato decine di volte.»

Da questi ricordi emozionali e da quell’esperienza è nato il libro “Pósidos” (edito da Condaghes), «che racconta proprio ciò che ho scoperto, imparato e rubato nel corso della ricerca».

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Ancora un menù tutto da gustare nella quinta giornata del “Festival dei Tacchi”, firmato Cada Die Teatro. Domani, martedì 6 agosto, si parte dalla Stazione dell’Arte di Ulassai, che ospita alle 17.00 la presentazione del libro di Emanuele Cioglia “Lotta amata”. Con l’autore ci sarà Silvestro Ziccardi. Poteva la Sardegna diventare l’incubatrice della rivoluzione socialista mondiale? Sembra il plot d’un romanzo utopico, fantapolitica. Tuttavia qualcuno molti decenni fa ci credette davvero. Come se Cuba e la Sardegna potessero unirsi attraverso un filo rosso, per taluni libertario, per altri brigatista e sanguinario. Alcuni giovani negli anni ’70 e all’alba degli ’80 di lavoro volevano fare la rivoluzione. Tra questi, di sicuro, lo zio di Erni, il (co)protagonista di questo romanzo. Zio Geremia nella carta d’identità provò a farsi scrivere “professione combattente“, ma all’anagrafe gli spiegarono che non si poteva, a meno che non s’intendesse dipendente delle Forze Armate. Allora lui disse all’impiegata: “Scriva poeta”.
L’autore aveva nove anni all’epoca della favola narrata. Molti aneddoti, soprattutto quelli relativi alle sue avventure, quelle del fratellino Ricciolo e delle cuginette Laura e Mara, sono autentici, veri, o verosimili. La storia parallela dello zio Geremia e del suo seguito di anarchici sgangherati, dei brigatisti e delle loro armi, degli amori e della comica forza rivoltosa di queste pagine, nonché quella del colpo di scena finale, risulta quasi del tutto inventata.

Alle 19.00 la Stazione dell’Arte sarà poi il luogo deputato per “Del coraggio silenzioso”, di e con Marco Baliani (collaborazione alla drammaturgia di Ilenia Carrone, produzione Comune di Bergamo – Teatro Donizetti – Casa degli Alfieri, con il patrocinio di Amnesty International). Con l’attore piemontese in scena la chitarra del cantautore Nicola Pisu.
Di solito si associa alla parola “coraggio” un’azione eclatante, dettata da un’urgenza impellente. È il coraggio che accade in condizioni estreme e che diviene poi epos, racconto, esempio. Ma c’è un altro tipo di coraggio, silenzioso e non appariscente, ed è di questa declinazione della parola “coraggio” che questo spettacolo vuole parlare. Il coraggio silenzioso agisce nell’essere umano quasi inaspettatamente, non presuppone una tempra guerriera. Questo coraggio agisce in forma sottomessa, ha a che fare con la profondità dell’umano che è in noi, a cui è perfino difficile dare una spiegazione. Non ci sono parole che spiegano come quell’impulso ad agire, nonostante tutto, avvenga in individui che di colpo sentono di dover compiere un gesto per loro improvvisamente “necessario”. Antigone, che, nonostante il divieto della legge di Creonte, va a seppellire il corpo del fratello, pagando con la morte quella trasgressione, è l’esempio archetipico di questa forma di coraggio. «Ci sono leggi non scritte, inviolabili, che esistono da sempre, e nessuno sa dove attinsero splendore». «È questo splendore di cui parla Antigone – spiega Baliani – quello che vado cercando in questo spettacolo, quel nocciolo luminoso che trasforma un’esistenza intera in un atto esemplare, ma silenzioso, luminoso ma vissuto nell’ombra, nel pudore, nella pura necessità del dover agire. Andrò alla ricerca di cinque narrazioni, cinque situazioni estreme, dove far illuminare cinque esistenze, che, grazie al racconto, divengono, in quel luogo effimero e potente che è la scena teatrale, cinque testimonianze di taciturno coraggio. Una struttura drammaturgica semplice, parole e musica che si intrecciano per restituire la semplicità scandalosa di quegli umani atti di coraggio silenzioso».

E il Museo di Ulassai, scrigno delle opere di Maria Lai, alle 21.30 vedrà protagoniste l’interpretazione di Pierpaolo Piludu e le musiche live di Paolo Fresu in “Laribiancos”, produzione storica di Cada Die Teatro, tratta dal romanzo “Quelli dalle labbra bianche” di Francesco Masala. Lo spettacolo, adattato per il palcoscenico dallo stesso Piludu, sotto la regia di Giancarlo Biffi, è impreziosito dalle musiche originali di Fresu (disegno luci di Giovanni Schirru e suono di Giampietro Guttuso e Matteo Sanna).
“Quelli dalle labbra bianche”, pubblicato per la prima volta nel 1962, è un capitolo importante della letteratura sarda. Al centro del romanzo di Francesco “Cicitu” Masala il villaggio di Arasolè, con le sue storie dolorose legate alla tragedia della seconda guerra mondiale sul fronte russo. Ad Arasolè, un giorno, il campanaro Daniele Mele – la voce narrante delle memorie del villaggio – chiama a raccolta il paese per rendere omaggio, dopo vent’anni, ai caduti in guerra. Mele è l’unico superstite fra i dieci compaesani che partirono per la Russia verso l’impresa più ardua della loro vita, in una trincea in mezzo alla pianura russa ghiacciata, una disastrosa avventura dal tragico epilogo. Ad Arasolè erano ‘quelli dalle labbra bianche’, sos laribiancos, i poveri, i ‘vinti’.
«Li chiamavano ‘sos laribiancos’, ‘quelli dalle labbra bianche’: era il segno distintivo, inconfondibile, dei poveri di Arasolè, un paesino della Sardegna, ai confini con le foreste del Goceano – scrive Pierpaolo Piludu -. Sos laribiancos si riconoscevano subito: mangiavano poca carne, pochi carboidrati, poche proteine… mangiavano troppo poco. Lo spettacolo nasce da un profondo interesse e dall’alta considerazione per l’opera di Francesco Masala. In diverse occasioni il poeta-scrittore di Nughedu San Nicolò mi ha manifestato il desiderio di vedere in scena il testo teatrale Sos laribiancos, nella versione sardo logudorese. ‘… e se invece di una messa in scena fedele, provassi a narrare la vicenda?’. E’ nato così un racconto che si rifà sia al romanzo Quelli dalle labbra bianche che ad altre opere di Masala dove compaiono a più riprese Culubiancu, Mammutone, Tric Trac e gli altri laribiancos di Arasolè partiti in un pomeriggio di sole del 1940, sopra un carro bestiame, per andare a fare la guerra. Dove possibile ho cercato di lasciare inalterata la suggestione poetica delle parole dell’autore. Allo stesso tempo, spero con il giusto rispetto, ho dovuto scegliere, aggiungere, assemblare, tradire.»

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Minitour in Toscana per Pósidos, produzione di Cada Die Teatro, di e con Pierpaolo Piludu, sotto la regia di Giancarlo Biffi (luci di Giovanni Schirru, suono di Matteo Sanna). Lo spettacolo sarà domani, sabato 20 luglio, al B&B Arpaderba, a  Castellaccio (Livorno), alle 21.30, ospite dell’Utopia del Buongusto 2019 (XXII atto) – Serate di cene e teatro, e domenica 21 nel Cortile della chiesa di Guamo, Capannori (Lucca), sempre alle 21.30.

Pósidos, “tesori”, è frutto di una ricerca sulle modalità del raccontare degli anziani narratori e narratrici di Scano Montiferro, paese della Sardegna centro occidentale. Le storie di Pósidos parlano di santi, di banditi, ci portano indietro in un tempo, neanche troppo lontano, quando era ancora frequente che i morti, sas animas, comparissero ai vivi, quando il Montiferru era un’unica grande foresta, prima che arrivassero le squadre di tagliaboschi mandate da Cavour. Pierpaolo Piludu accompagna gli spettatori nel mondo magico di quei “contos antigos”, che fino a qualche decennio fa venivano raccontati ovunque in Sardegna.

«Nella mia narrazione – racconta – provo a fare memoria di una delle mie esperienze di vita più importanti: quella vissuta 24 anni fa a Scano Montiferro nel corso di una ricerca sulle modalità del raccontare dei vecchi del paese. Per oltre un mese ho avuto la fortuna di immergermi nei racconti che un’intera comunità mi ha regalato. Oltre al contenuto delle storie e alle abilità narrative di molti anziani, mi è rimasta impressa la loro capacità di stupirsi anche narrando fatti che avevano già raccontato decine di volte.»
Da questi ricordi emozionali e da quell’esperienza è nato il libro “Pòsidos” (edito da Condaghes), «che racconta proprio ciò che ho scoperto, imparato e rubato nel corso della ricerca».

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Secondo venerdì di spettacolo, musica, laboratori e giochi per “Capitani coraggiosi d’estate”, la tranche estiva della stagione di teatro per ragazzi organizzata e curata da Cada Die Teatro, sotto la direzione artistica di Tatiana Floris e Silvestro Ziccardi, nella Corte della Vetreria di Pirri.

Domani, 5 luglio, si comincerà alle 19.30 con Piccoli paesaggi sensibili, l’installazione/laboratorio di CultArch, e Rifugi, laboratorio a cura dei Cemea. Alle 20.30 Chorus Fabbrica – Ensemble a voci pari di Studium Canticum, coro diretto da Stefania Pineider, appuntamento realizzato con la collaborazione di Silvestro Ziccardi. Chorus Fabbrica è il coro dell’associazione Studium Canticum che accoglie sia gli adolescenti provenienti dalle voci bianche di Scuole in Coro sia ragazzi alle prime, o quasi, esperienze, provenienti dalle scuole superiori o dall’università, che hanno desiderio di fare musica con la propria voce in un ‘insieme’ corale. I coristi di Chorus Fabbrica sono stati protagonisti di diversi progetti monografici, tra cui “Laudate pueri dominum”, dedicato alla musica antica, e “Omaggio a Bach”. Per Capitani Coraggiosi sarà un coro tutto al femminile a esibirsi, per raccontare a voci pari la favola della Sirenetta.

Alle 21.30, ad occupare il palco della Corte della Vetreria sarà “Rosmarino ma tu mi vuoi?”, nuova produzione di Cada Die Teatro, di e con Giancarlo Biffi, in cui il direttore artistico della compagnia cagliaritana racconta la storia tratta dall’omonimo suo libro, il quinto della serie dedicata al gufo Rosmarino (disegno luci di Emiliano Biffi, suono di Matteo Sanna). Una tenera storia d’amore e gelosia fraterna per piccoli lettori, narrata per immagini dalle tavole di Valeria Valenza. 

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Raptus: sostantivo maschile, dal latino raptus, rapimento, derivato da rapere, rapire. In psichiatria, impulso improvviso e incontrollato che, in conseguenza di grave stato di tensione, spinge a comportamenti parossistici, per lo più violenti. Oppure, momento di ispirazione intensa e improvvisa, di fervore creativo, nel migliore dei significati. Ma oggi quella parola viene utilizzata quando è un fenomeno tragico come il femminicidio a riempire le pagine di cronaca nera di giornali e tv. E RAPTUS. Dal mito greco al femminicidio, spettacolo di e con Rossella Dassu produzione di successo di Cada Die Teatro, sarà in scena domani, sabato 29 giugno, alle 22.00, a Campsirago residenza (centro di ricerca e di produzione teatrale) nell’antico borgo di Campsirago a Colle Brianza, in provincia di Lecco, ospite della XV edizione del festival “Il Giardino delle Esperidi”. La regia è di Alessandro Lay, che ha collaborato anche alla drammaturgia (voce fuori campo: Francesca Mazza; disegno luci, audio: Giovanni Schirru; elaborazione suono: Matteo Sanna).

A essere rappresentato è un percorso a ritroso, che permette di identificare le origini storiche e culturali di quei gesti efferati “erroneamente definiti ‘raptus’consapevoli del fatto che se si vuole avere una comprensione del presente e delle nevralgie che lo caratterizzano, bisogna ripartire dalle origini”, così nelle note di presentazione dello spettacolo. Che proseguono: “… Siamo tornati indietro fino al mito greco, quel patrimonio ricchissimo a cui ancora oggi attingono psicologia e psicoanalisi e da cui trae origine il nostro immaginario occidentale, per scoprire che spesso accanto ad eroi dalle gesta gloriose si alternano figure femminili subalterne, spesso puramente a servizio dei protagonisti maschili, talvolta da questi tradite e abbandonate, talvolta spinte all’azione dall’orgoglio e definite di conseguenza come pericolose ed efferate criminali. Non sorprende del resto che tutto ciò che ci è stato tramandato dall’antica Grecia si sia conservato grazie alla preziosa mediazione di autori rigorosamente uomini”. E così viene data voce ad alcune di quelle donne e ad alcuni di quegli uomini, “immaginandoli protagonisti di un processo in cui imputati e vittime alternano la loro versione dei fatti per concludere con l’intervento di un coro/giudice che più che giudicare tenta di comprendere, consci del fatto che risieda nella comprensione l’unica possibile giustizia, se di giustizia si può mai parlare”.

Orfeo si volta a guardare Euridice. Agisce in preda a un raptus? Clitemnestra uccide suo marito Agamennone. Agisce in preda a un raptus? Oreste uccide a coltellate sua madre Clitemnestra, agisce in preda a un raptus? Sono le domande che sgorgano naturali assistendo allo spettacolo. Che è costruito su un tessuto testuale che trae spunto e intreccia Omero (“Odissea” e “Iliade”), Ovidio (“Metamorfosi” e “Heroides”), Apuleio (“Metamorfosi”) con Cesare Pavese (“Dialoghi con Leucò”), Marguerite Yourcenar (“Fuochi” e “Chi non ha il suo Minotauro?”), Gesualdo Bufalino (“L’uomo invaso”), Roberto Calasso (“Le nozze di Cadmo e Armonia”).