28 March, 2024
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A seguito di non meglio specificati eventi e motivazioni, che l’Associazione Punta Giara si riserva di verificare nelle sedi opportune, Nicole Mitchell e i componenti della sua Black Earth Ensamble non presenzieranno all’edizione del Festival dell’anno corrente conseguentemente vengono annullati i due soli di Joshua White e Ben Lamar (rispettivamente 6 e 8 settembre) e il concerto della Black Earth Ensemble (7 settembre). A seguito di queste defezioni il Direttivo dell’Associazione e la Direzione Artistica hanno elaborato, dopo attente valutazioni, la seguente modifica del programma nel pieno rispetto della linea artistica e del tema del proposto per questa edizione:

5 settembre: Lonnie Holley Trio
Line up: Lonnie Holley, piano
Joshua Randall, chitarra
Thomas Nistor, batteria
Matthew Shipp Trio
Line up: Matthew Shipp, piano
Michael Bisio, basso
Newman Taylor Baker, batteria

6 settembre: Exploding Star Orchestra – Galactic Parables III
Line up: Rob Mazurek, cornetta, elettronica
Deman Locks, voce, elettronica
Tomeka Reid, violoncello
Pasquale Mirra, vibrafono
Jason Stein, clarinetto
Josh Abrams, basso
Lisa Alverado, gong, armonium
Mikael Patrick Avery, batteria, percussioni
Hamid Drake, batteria e percussioni

7 settembre: Joshua Abrams & Natural Information Society.
Line up: Josh Abrams, contrabbasso
Lisa Alverado, gong, armonium
Mikael Avery, batteria e percussioni
Jason Stein, clarinetto
Hamid Drake, batteria, percussioni

8 settembre: Exploding Star Orchestra Re-Immaginations Porgy and Bess
Line up: Rob Mazurek, cornetta, elettronica
Deman Locks, voce, elettronica
Tomeka Reid, violoncello
Pasquale Mirra, vibrafono
Jason Stein, clarinetto
Josh Abrams, basso
Lisa Alverado, gong, armonium
Mikael Patrick Avery, batteria, percussioni
Hamid Drake, batteria e percussioni.

Per chi avesse già acquistato il biglietto per le serate del 5, 6, 7 e 8 settembre e per chi sia in possesso di abbonamento si avvisa che sarà possibile richiedere il rimborso per la modifica subita al programma nelle date suddette, qualora la nuova proposta artistica non fosse gradita.
Per informazioni su come chiedere ed ottenere il rimborso dei biglietti ci si può rivolgere agli Uffici dell’Associazione Punta Giara (anche scrivendo una e-mail all’indirizzo comunicazione@santannarresijazz.it) o presso il Box Office, qualora l’acquisto sia avvenuto presso uno dei punti vendita del circuito Box-office Sardegna.

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E’ iniziato il conto alla rovescia per la XXXIV edizione del festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz”, in programma da venerdì 30 agosto a domenica 8 settembre, nella consueta cornice di Piazza del Nuraghe, dove si esibiranno alcuni tra i colossi del jazz mondiale solo per fare alcuni nomi: Dwight Trible, Lonnie Holley, Matthew Shipp, Joshua White, Rob Mazurek, Nicole Mitchell e tanti altri. Appuntamento straordinario, lunedì 2 settembre, con il grande pianista Giovanni Allevi.
Complessivamente saranno ventiquattro concerti, non solo sul palco principale all’ombra del Nuraghe ma anche in tre splendide spiagge del territorio: Is Solinas, Porto Pino e Porto Tramatzu. Il programma prevede anche vari seminari dedicati ai bambini e, tra gli appuntamenti culturali, uno spazio dedicato alla fotografia d’autore, con il fotografo sloveno Ziga Koritnik che presenterà il suo libro fotografico che raccoglie venticinque anni di onorata carriera e ripercorre diversi ed importanti momenti del Festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz“.

A causa di problemi logistici, per la serata inaugurala di domani, venerdì 30 agosto, il programma prevede per il progetto Pocket Scienze una modifica alla line-up che manterrà invariato il progetto ed il suo spirito.
Accompagneranno sul palco Kahil El’ Zabar, batterista e percussionista di fama mondiale, già inserito nella prima versione del progetto, i seguenti artisti: David Murray, leggendario sassofonista già protagonista nell’edizione passata di uno degli spettacoli più apprezzati, Justine Dillard, pianista di altissimo livello di Chicago ed Emma Dahuff, una delle più giovani e ricercate bassiste del momento.
Lo svolgimento del programma della serata resterà invariato per quanto attiene location ed orari.

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Mancano poco più di due giorni al via della consueta dieci giorni di “Ai Confini tra Sardegna e Jazz” e di un nuovo avventuroso viaggio tra musica, mare e tramonti di fine estate.
La cornice sarà quella consueta di Piazza del Nuraghe dove si esibiranno alcuni tra i colossi del jazz mondiale solo per fare alcuni nomi: Dwight Trible, Lonnie Holley, Matthew Shipp, Joshua White, Rob Mazurek, Nicole Mitchell e tanti altri.
Questa edizione prevede anche la partecipazione speciale di Giovanni Allevi, grande pianista marchigiano che si esibirà in questa cornice per lui del tutto nuova.
Ventiquattro concerti per dieci intensi giorni, non solo sul palco principale all’ombra del Nuraghe ma anche spettacoli che si terranno anche in altre uniche locations come le bellissime spiagge di Is Solinas a Masainas, di Porto Pino e Porto Tramatzu a Teulada. Il tutto, sarà arricchito da vari seminari dedicati ai bambini, un’occasione unica ed inconsueta per avvicinarsi alla musica e alla creatività guidati da artisti di livello internazionale con i quali proveranno anche l’emozione di costruire un vero e proprio spettacolo e di esserne i protagonisti quando si esibiranno a fine seminario.
E non finisce qui, tra gli appuntamenti culturali di quest’anno un posto d’onore è stato riservato alla fotografia d’autore che vedrà protagonista il noto fotografo sloveno Ziga Koritnik che presenterà la sua ultima fatica editoriale. Si presenterà infatti il suo libro fotografico che raccoglie venticinque anni di onorata carriera e ripercorre diversi ed importanti momenti del Festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz”.
Un calendario di appuntamenti unico nel suo genere che rende il Festival di Sant’Anna Arresi uno tra gli appuntamenti culturali più importanti nel panorama sardo; che nasce e trova la sua fortuna nell’offrire, in posti spettacolari, concerti di artisti che possono essere annoverati nel gotha della musica mondiale e che consentono a cultori e non di avvicinarsi a questo mondo e toccarlo con mano.


ph:Luciano Rossetti

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Grande anteprima del XXXII Festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz”, questa sera a Palmas, con il progetto “Percussion Evolution” di Boni Gnahorè, Aly Keita e Hamid Drake. Per il secondo anno il sagrato della millenaria chiesetta di Palmas Vecchio ospita un concerto organizzato in coproduzione dall’associazione Palmas Vecchio e dall’Associazione Punta Giara.
Aly Keita, suonatore di balafon della Costa d’Avorio nato a Abidjan nel 1969. Fin da piccolo, è stato iniziato allo studio di questo strumento che è l’antenato musicale dello xilofono e del marimba, dal padre, anch’egli a sua volta suonatore di balafon. In altre parole, nella famiglia Keïta il balafon è una cosa seria. Il balafon di Aly è prima di tutto un opera d’arte. In un certo senso, Aly può essere definito il “re” dell’accordatura: egli ha personalizzato le corde ed il corpo in legno del suo strumento aggiungendo zucche di risonanza di diverse dimensioni, il che rende il suono diverso da qualsiasi altro balafon sulla terra. Nelle sue composizioni, Aly parla della vita di tutti i giorni, di orfani e di madri, e della vergogna degli uomini. Il risultato musicale è quello di un virtuoso delle bacchette. Aly diventa parte del suo strumento, accarezzandolo con tenerezza, o colpendolo con forza a grande velocità. Lui è un mago, uno stregone che esprime gioia di vivere attraverso la sua arte. Aly Keita si costruisce da solo i suoi balafon e li suona ininterrottamente al fine di prolungare al massimo il meglio del suono che possano produrre.
Hamid Drake: brillante, sensibile, infinitamente ritmico, intelligente, spirituale e potente batterista di Chicago. Nato a Monroe in Louisiana nel ‘55, la sua famiglia si trasferisce ad Evanston-Chicago qualche anno dopo, proprio mentre un altro musicista, faceva lo stesso tragitto, con la propria di famiglia: Fred Anderson. Hamid si è immerso fin da adolescente nell’ascolto R&B e funk, di tutto il Motown, Stax e Atco. Ha iniziato a suonare in rock and R&B bands, ancor giovanissimo, attirando l’attenzione di Fred Anderson col quale dal 1974 in poi si instaura una collaborazione professionale che diviene sempre più stabile. È lo stesso Fred Anderson che lo introduce presso Douglas Ewart, Gerge Lewis e gli altri componenti dell’AACM ( Chicago’s Association for the Advancement of Creative Musicians). Le sue influenze musicali più significative per quanto riguarda le percussioni risalgono a quel periodo, ovvero ad Ed Blackwell, Adam Rudolph, Philly Joe Jones, Max Roach, Jo Jones. Altro incontro fortunato è quello con Don Cherry da cui scaturirà un’altra avventura musicale duratura. Dopo aver conosciuto Don Cherry, Hamid ha viaggiato molto al suo seguito in Europa, occasione per dedicare più tempo all’esplorazione dell’infinito universo percussivo, condividendo profondamentecon Don Cherry il significato della spiritualità applicata alla musica e delle sue infinite possibilità di trasformazione ed evoluzione. Negli anni è stato inventivo supporto ritmico di lungimiranti artisti tra cui Borah Bergman e Peter Brotzmann, con il quale ha suonato in quartetto con William Parker e Toshinori Kondo, MArylin Crispell, Pierre Dørge, il pianista compositore norvegese Georg Gräwe, Herbie Hancock, Misha Mengelberg, Pharoah Sanders, Wayne Shorter, Malachi Thompson, David Murray, Archie Shepp, Bill Laswell, Gigi, Herbie Hancock, Nicole Mitchell, Michel Portal, M. Zerang con cui celebra dal 1991 il Solstizio d’Inverno, Kent Kessler e Ken Vandermark nel DKV trio. Negli ultimi anni nonostante i molteplici impegni di lavoro, dedica sempre più, parte della sua attività a progetti perso¬nali quali Bindu, Indigo trio (con Nicole Mitchell ed Harrison Bankhead) e collabora con alcuni tra i più interessanti musicisti del panorama italiano (Pasquale Mirra, Antonello Salis, Paolo Angeli).
Boni Gnahorè: Cantante e percussionista della Costa d’Avorio è tra le figure musicali più importanti dell’Africa: interpreta le proprie composizioni in differenti lingue africane – Betè, Fon, Baoulè, Lingala, Wolof, Malinkè, Mina e Bambara, oltre che in francese e in inglese, in una miscela di elementi sonori e ritmici, dalle melodie mandingue alla rumba congolese, dal ziglibiti ivoriano al bikoutsi camerunense, dall’hig-life ghanese ai cori zulu, dai canti betè ai canti pigmei centrafricani. Dispone di una voce calda e possente e di una grande presenza scenica. Le sue performance catturano l’attenzione fin dal primo istante unendo alla forza espressiva della voce e le sonorità delle percussioni.

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Prenderà il via domani, 1 settembre 2016, la XXXI edizione del festival “Ai Confini Tra Sardegna e Jazz”L’associazione culturale Punta Giara anche quest’anno ha allestito un programma ad altissima caratura che ha suscitato interesse e rispetto sia in ambito nazionale che internazionale.

Il tema che si svilupperà nei dieci giorni di concerti sarà basato sul rapporto che intercorre fra Frank Zappa e la musica jazz.

La curiosità che sta alla base di questo progetto è in quale modo l’enorme produzione del musicista di Baltimora può considerarsi eredità per il futuro a distanza di 26 anni dalla morte del grandissimo compositore contemporaneo.

La prima serata vedrà alternarsi sul palco il poliedrico batterista americano Sean Noonan e la violoncellista Tomeka Reid.

Sean Noonan è un batterista e compositore che ha sperimentato e continua a farlo, ogni angolo dell’universo musicale. Il suo è un approccio “punk” alla musica alla quale conferisce una forza devastante portandola in direzioni nuove attraverso una geniale miscellanea sonora sospesa tra ritmi afro-metropolitani e jazz contemporaneo. Si esibirà con il suo trio composto da Johnny Richards (tastiere) e Michael Bardon (basso)  in un progetto chiamato “Memorable Sticks”. 

Il set successivo sarà tutto per una vecchia conoscenza del palco del Nuraghe, Tomeka Reid.

La violoncellista chicagoana si presenterà col suo quartetto composto da Mary Halvorson (chitarra), Jason Roebke (basso) e Tomas Fujiwara (batteria). Questo è il primo progetto che la vede anche nel ruolo di leader.

Il suo stile melodico e raffinato l’ha fatta diventare un punto di riferimento importantissimo per il jazz che conta. Le sue collaborazioni con Braxton, Roscoe e Nicole Mitchell sono la testimonianza della sua sensibilità musicale e capacità tecnica. Domani sarà sul palco in veste di compositrice e guida di un ensemble che sorprenderà per groove ed tensione melodica.

Memorable Sticks by Sean Noonan Trio

Il batterista / compositore Sean Noonan vede se stesso come un cantoutore dei giorni nostri. Con lo spirito di quei  narratori africani, Noonan vaga per il mondo raccogliendo storie, leggende e folklore come un Alan Lomax punk jazz. I tesori che trova lungo il percorso vengono filtrati attraverso la sua particolare visione per diventare suoni imprevedibili che arrivano da lontano e articolano uno spettro di suoni che  Noonan combina con l’eloquenza di un bardo irlandese, i ritmi narrativi di Samuel Beckett, e la fisicità grezza di un pugile di strada.

Un batterista irlandese-americano con una inclinazione teatrale e una passione per i ritmi africani, le escursioni di Noonan riportano entrambe le geografie, lo portano agli angoli lontani del mondo per studiare le tradizioni culturali e concettuali mentre esplora i limiti esterni della musica tra Harmolodic jazz, rock bleeding-edge o influenze classiche d’avanguardia. La sua teoria dell’“errante folk” cattura l’inafferrabilità della continua evoluzione delle tradizioni musicali del mondo e li orienta nuovamente attraverso la sua particolare lente.

Quella musa nomade ha portato Noonan in un gran numero di direzioni inaspettate, con conseguente esplosione di pubblicazioni dinamiche  e progetti che abbracciano più di 19 album e centinaia di performance in più di una dozzina di paesi, tra cui ad esempio festival internazionali come Vilnius Jazz Festival, Vancouver Jazz, Caldaro Pop Festival, Festival del Cinema americano, EFG London Jazz, Bergen Natt Jazz e Jazz Liegi. Ha lavorato con una serie incredibile di artisti provenienti da tutta la mappa letteraria e musicale, tra cui Abdoulaye Diabaté, Marc Ribot, Jamaaladeen Tacuma, Mat Maneri, Susan McKeown, e di Can Malcolm Mooney.

I risultati assumono molte forme, ogni tanto sorprendenti e creative come l’ultimo lavoro: attualmente include il Pavees Eletric Trio, con il tastierista Johnny Richards di base in UK e il bassista Michael Bardon, e rappresenta  l’ultimo capitolo della serie della  Pavees Dance  di Noonan che combina funk, punk e jazz con lo spirito dei viandanti irlandesi; Zappanation,  progetto di una ensamble di 10 pezzi  che insieme ionizzano la musica di Frank Zappa e Edgard Varèse; Bartalk, un assolo di batteria in una  performance spasmodica; Brooklyn Lager Trio, un bavarese punk-jazz sax / chitarra / una triade dibatteria  (alcuni credono Noonan è la reincarnazione di re Ludwig II, l’ultimo monarca bavarese); o la sua serie continua di concerti di percussione per orchestra.

Tutto è iniziato nella città di Brockton, Massachusetts, città natale di pugili leggendari Rocky Marciano e Marvin Hagler – forse ci danno  qualche spiegazione sullo spirito combattivo del batterista. Noonan ha lasciato Brockton per studiare musica al Boston Berklee College of Music e ha conseguito il Master in composizione musicale dal Aaron Copland Music School nel Queens, NY. Ha trascorso una parte di quegli anni sull’isola di Sanibel, in Florida, appoggio del  leggendario cantante di Hollywood Marni Nixon – una  improbabile fucina  della teatralità che avrebbe poi portato nelle proprie esibizioni.

Noonan ha fatto il suo debutto discografico con un Trio Jazz acustico di pianoforte, con il bassista / educatore John Lockwood of The Fringe. Si stabilì a New York City nel 1999, integrandosi rapidamente con la fruttuosa scena underground  che emerge dalla famosa fabbrica Knitting. Ha formato l’importante jazz-punk trio THE HUB con il bassista Tim Dahl e il sassofonista Paul-Alexandre Meurens così come un progetto di duo eclettico con il chitarrista Aram Bajakian, ma il suo percorso è stato deviato quattro anni più tardi, quando un incidente d’auto quasi mortale in Italia lo ha portato per  il lungo periodo di recupero  a dedicarsi  alla combinazione i suoi due amori musicali: jazz e ritmi africani.

La conseguente voglia di viaggiare lo ha portato nel 2008 in un viaggio in Bamako, in Mali e fare una prima esperienza da  Occidentale con le tradizioni dei cantori africani accanto al cantante / chitarrista del Mali Abdoulaye Diabaté. Quel viaggio culminò con l’album multi-culturale Boxing Dreams, una manifestazione del progetto amorfo afro-celtico punk-jazz di Noonan  prodotta dalla Noon, che ha pubblicato cinque diversi  album  tra il 2006 e il 2011 ed è stato oggetto di documentario del regista Tom Asma Essere prodotta da Noon .

Tomeka Reid Quartet

Recentemente descritta come un “New Jazz Power Source” dal New York Times, la Chicagoana violoncellista/compositrice/didatta Tomeka Reid si è rivelata uno  dei musicisti più originali, versatili, e curiosi della vivace  scena musicale creativa di Chicago  negli ultimi dieci anni. 

La Reid è un’artista versatile e instancabile, sia nella sua città che oltre i confini americani . Inoltre il suo stile unico  che unisce una sensibilità melodica sopraffina combinata ad un personale senso del groove abbellisce le opere di luminari come la flautista Nicole Mitchell, Anthony Braxton, Roscoe Mitchell, Dee Alexander. Mike Reid prediligendo al contempo i suoi album in trio in collaborazione con Silvia Bolognesi e Mazz Swift (Hear in now). Il Tomeka Reid Quartet è la sua prima opera da leader, un quartetto intenso ed emozionante, che amabilmente si ascolta in una successione di dieci brani come da ultima pubblicazione discografica,  magistralmente scritti ed arrangiati per l’ensemble, un collettivo di giovani musicisti con già bagaglio umano e professionale notevole sull’asse New York – Chicago.

Violoncellista dal  tono splendido, precisione tecnica, e capacità di comporre con una  melodica sopraffina, la ritroviamo a capo del quartetto da leader, al loro debutto omonimo composto dal suo collaboratore di vecchia data Jason Roebke al basso, la chitarrista Mary Halvorson, e il batterista Toma Fujiwara. 

Intensità e un lirismo profondo sono immediatamente percepibili  nelle composizioni eseguite dal quartet. Nonostante la loro intrigante complessa trama vi è ampio spazio per l’espressione individuale di ognuno dei componenti. 

Fin dai primi assaggi della sua musica citiamo Eric Dolpy’s 17 west unico pezzo non originale della produzione del quartetto, è ovvio che Tomeka affonda le sue radici e la sua essenza nella migliore tradizione AACM di Chicago.

Tutti i pezzi che il gruppo esegue e sono registrati nell’album di esordio son ben composti e potremmo dire ‘ groovy’, spesso molto orecchiabili e contenenti improvvisazioni complesse che mai diventano caotiche, urlate o troppo chiassose. I suoi modelli sono Billy Bragg (e Nicole Mitchell), e suonando la sua musica moderna restituisce l’ascoltatore indietro ai tempi in cui le composizioni jazz erano memorabili, ben eseguite e armoniche.

La band suona con affiatamento  dato che la musica in questo caso  è più accessibile rispetto alle normali produzione dei solisti membri del Quartetto (Maria Halvorson e il bassista Jason Roebke), questo album è una eccellente introduzione al mondo della moderna musica avventurosa invito esplicito ad accogliere nuovi accolit. Allo stesso tempo, il debutto di Tomeka può attrarre molti ascoltatori più conservatori che di solito ha paura del cosiddetto “jazz d’avanguardia”. I membri del Quartetto sono dotati di un superbo cameratismo tra loro. 

Il debutto di Reid è un lavoro stimolante ed affascinante che mette in mostra l’arte del violoncello al suo meglio. La sua squisita abilità strumentale, così come la sua scrittura brillante fanno di questa produzione musicale un momento singolare. 

Immancabili i personali tributi ai maestri veterani: “Etoile” riecheggia le sonorità del violinista Stuff Smith con il suo senso di languido swing e lunghe linee eleganti; “Bounce di Billy Bang”, un saluto alla dipartita del violinista free-jazz, non è che uno dei tanti pezzi in cui l’interazione Reid e Halvorson di entrambi è di fuoco e finessed lasciando spazio durante l’evoluzione musicale  anche ad improvvisazioni , caratterizzati da tenera malinconia dove ancora una volta i musicisti si  sincronizzano emotivamente.

E’ un lavoro completo con un senso di tessitura e melodia che richiamano all’appello sial il  gruppo di appassionati di jazz meno cerebrali, nonché coloro che sono interessati più visceralmente alla musica sperimentale  esplorando territori musicali  con energia e un senso di  irriducibile di avventura

Il Quartetto Tomeka Reid in qualche modo alleggerisce  la linea tra approccio “convenzionale” e “avanguardia” al jazz, al jazz, imperdibile per incalliti appassionati di musica.

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