29 March, 2024
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Con una doppia interrogazione al ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio, presentata alla Camera da Pino Cabras e Alberto Manca ed al Senato da Emiliano Fenu, i parlamentari del Movimento 5 Stelle chiedono quali iniziative intenda assumere il Governo «affinché la Saipem di Arbatax (gruppo ENI) incrementi gli investimenti, in particolare lo stabilimento di Arbatax”, e questo “al fine di scongiurare la chiusura di tale importantissima realtà industriale e di salvaguardare i livelli occupazionali e le professionalità dei lavoratori impiegati». Per Pino Cabras, Alberto Manca ed Emiliano Fenu, la condotta di Saipem potrebbe violare il decreto Dignità che introduce misure per il contrasto alla delocalizzazione all’estero delle imprese.

Nonostante la recente acquisizione di una nuova commessa per realizzare un progetto in Guyana, che da luglio 2019 e per circa sette mesi dovrebbe interessare lo stabilimento ogliastrino, le preoccupazioni per il futuro permangono anche perché «l’organico, ormai ridotto a sole 95 unità, subirà un’ulteriore flessione a seguito dell’accordo siglato nel corso del recentissimo incontro tra la Saipem e la Rappresentanza sindacale unitaria – si legge nelle due interrogazioni – nell’ambito di un piano di prepensionamento che tuttavia non specifica come verranno reintegrate le professionalità perse».

Le rassicurazioni di voler proseguire gli investimenti nello stabilimento, manifestate da parte dei vertici della società, non appaiono dunque coerenti con la situazione attuale, anche perché una importante commessa destinata al mercato africano verrà realizzata dalla Saipem in Indonesia quando invece, si legge nell’interrogazione, «lo stabilimento di Arbatax avrebbe potuto realizzare almeno una parte del progetto».

«Il timore che sia in atto una progressiva smobilitazione del sito è rafforzato dal precedente dello stabilimento di Cortemaggiore, dismesso nel 2016 e delocalizzato in Romania, nonostante le precedenti rassicurazioni – spiegano i parlamentari 5 Stelle -. L’Ogliastra è già provata dal gap infrastrutturale e dai forti tassi di disoccupazione e non potrebbe permettersi un ulteriore duro colpo». Per questi motivi, visto il protrarsi della situazione di incertezza, i sindacati dallo scorso mese di febbraio hanno proclamato lo stato di agitazione.

La Saipem S.p.A è una società strategica controllata dal gruppo Eni, considerata tra i leader mondiali nel settore dei servizi per l’industria petrolifera. in Italia, Saipem opera con operai altamente specializzati a San Donato Milanese, Fano, Arbatax e Porto Marghera. Lo stabilimento della società “Intermare Fabrication Yard Arbatax”, grazie alle sue maestranze, ha rappresentato per oltre un trentennio una delle principali realtà industriali dell’Ogliastra ed una eccellenza per la competitività della Sardegna e di tutto il Paese, consentendo la fabbricazione di interi impianti.

«Saipem S.p.A. è una multinazionale a partecipazione pubblica – concludono Pino Cabras, Alberto Manca ed Emiliano Fenu –, e per questo l’adottata prassi della delocalizzazione delle attività produttive all’estero e la conseguente riduzione del proprio organico in Italia, oltre a costituire una condotta sgradevole nei confronti del nostro Paese, peraltro non conforme agli obiettivi programmatici del Governo in materia di investimenti pubblici e rilancio dei livelli occupazionali», potrebbe anche configurare una violazione del decreto Dignità, approvato lo scorso mese di luglio dal parlamento e che introduce appunto misure per il contrasto alla delocalizzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali.

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«Come Movimento 5 Stelle crediamo che occorra invertire la direzione delle fughe d’impresa. Riguardo alla crisi del Porto Canale di Cagliari, la Via della Seta e le altre rotte commerciali sono dunque un’occasione di rilancio che vogliamo favorire, specie in una realtà geograficamente ideale come la Sardegna. Per questo motivo non assisteremo passivamente a una particolare forma di delocalizzazione come quella che si tenta a carico dell’isola. Investire sulle infrastrutture e sui possibili vantaggi fiscali si può.»

Lo ha affermato oggi alla Camera il deputato del Movimento 5 Stelle Pino Cabras, intervenendo sulla crisi del Porto Canale di Cagliari.

«È stata aperta una sede di discussione permanente con soggetti istituzionali e sindacali. Non saranno soli e seguiremo da vicino gli sviluppi – ha proseguito Cabras, ricordando come dal prossimo 30 aprile settecento lavoratori rischiano il licenziamento per effetto della decisione della Hapag Lloyd, la principale compagnia navale che opera sul porto -. E assieme ai posti di lavoro, sono a rischio immediato le linee con il Canada, con il Golfo del Messico, con gli Stati Uniti Occidentali, con il Mediterraneo orientale e l’Egitto. È come se di improvviso si decidesse di tagliar fuori la Sardegna e tutta la sua economia dal mondo.»

Per Pino Cabras «dopo anni di buoni profitti, seguiti da anni di trascuratezza rispetto a quelle infrastrutture portuali, la scelta non può essere l’abbandono. Come Movimento 5 Stelle siamo sempre particolarmente sensibili all’idea che occorra invertire la direzione delle fughe d’impresa. Perciò non assisteremo passivamente a una particolare forma di delocalizzazione come quella che si tenta a carico della Sardegna. Investire sulle infrastrutture e sui possibili vantaggi fiscali si può. La Via della Seta e le altre rotte commerciali sono un’occasione di rilancio che vogliamo favorire, specie in una realtà geograficamente ideale».

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Anche i lavoratori delle aree di crisi complessa di Portovesme e Porto Torres potranno continuare a beneficiare degli ammortizzatori sociali e questo grazie alle risorse sbloccate dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. «Si tratta di un risultato frutto di un lungo impegno, a dimostrazione che il Movimento 5 Stelle è vicino ai lavoratori dell’industria sarda», commenta il deputato del Movimento Pino Cabras.

Il decreto assegna risorse che consentiranno di riattivare gli ammortizzatori sociali per quei lavoratori le cui imprese sono in crisi da tempo. «Ora, restituita la serenità ai lavoratori e alle loro famiglie, è venuto il momento di impegnarsi con il massimo slancio perché a Porto Torres e a Portovesme si progetti l’industria del futuro – continua Cabras -. Soprattutto il Sud Ovest della Sardegna ha bisogno di voltare pagina perché il Piano Sulcis si è mostrato inadeguato alle esigenze di rinascita del territorio». 

«Serve un nuovo modello di sviluppo in grado di coinvolgere diversamente da quanto fatto finora i principali soggetti economici, le amministrazioni e le comunità locali, e capace di aprirsi all’apporto di idee e capitali internazionali. La riqualificazione del territorio deve infatti avvenire partendo da una idea più complessiva di sviluppo e non affrontando singolarmente le crisi delle varie industrie – conclude Pino Cabras -, questi ammortizzatori sociali ridanno fiato ai lavoratori ma non possono sostituire quelle politiche di rilancio dell’industria che devono necessariamente passare attraverso scelte coraggiose e che non possono più essere procrastinate.»

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«Con la Cina non stiamo facendo una fuga in avanti, stiamo semmai recuperando un ritardo storico per il bene della nostra Repubblica.» Lo ha affermato oggi intervenendo alla Camera il deputato del Movimento 5 Stelle Pino Cabras. Per il componente della Commissione Esteri «il grande equivoco è che la Belt and Road Initiative sia una specie di nuovo Piano Marshall con obiettivi politici contrapposti ai rivali geopolitici della Cina. In realtà non è un piano di aiuti, ma è essenzialmente una cooperazione internazionale molto flessibile, incentrata sull’aumento della connettività terrestre, marittima ed aerea in Asia, Europa, Africa e nel mondo intero. La Cina non vuole i cambiamenti di campo geopolitico, né vuole imporre un modello di sviluppo ma adattarsi alle diversità, tanto nei paesi più poveri quanto presso le potenze industriali. Ebbene, tutti i paesi del mondo hanno imposto adattamenti agli accordi e tutti hanno fatto grandi affari».

«Se la Volkswagen vende in Cina più del doppio delle auto che vende in tutta Europa e se la Germania sta organizzando il traffico ferroviario in funzione della nuova Via della Seta, se la Francia e il Regno Unito hanno un interscambio con la Cina molte volte più voluminoso dell’Italia, allora gli allarmi contro l’Italia suonano come il lamento del concorrente pigliatutto. Non temono che Roma entri nell’orbita di Pechino. Temono che ci siano degli yüan fuori dalla loro orbita». Per Pino Cabras «non mi pare, dunque, che stiamo facendo una fuga in avanti. Stiamo semmai recuperando un ritardo storico, per il bene della nostra Repubblica».

Il parlamentare 5 Stelle è duro anche con il Pd, secondo cui l’Italia «rischia di diventare un protettorato della Repubblica Popolare Cinese». «In un’intervista di Matteo Renzi alla tv cinese del 3 settembre 2016 l’allora premier diceva che «L’Italia vuole partecipare alla BRI». Nel forum One Belt one Road del 14 maggio 2017, l’allora presidente del Consiglio Gentiloni disse che primo obiettivo italiano era «far includere i nostri porti di Trieste e Genova come terminali della rotta marittima dalla Cina. A tutti gli eventi sulla BRI partecipò il sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico del governo Paolo Gentiloni, che si era recato in Cina otto volte in undici mesi. Immagino non fosse per turismo. Com’è che invece oggi al Pd cambiano idea?», si chiede Pino Cabras.

L’allarme più forte è stato lanciato in merito alle telecomunicazioni, contro il possibile dominio del 5G cinese. «Giusto, e il memorandum ne tiene conto, escludendolo – ha aggiunto Pino Cabras -. Ma a Bruxelles chiedo perché allora non viene predisposta una sorta di nuovo Piano Delors per il 5G e l’Intelligenza artificiale, investendo tante decine di miliardi e dimenticando l’austerity e tutte le assurde regole sul deficit?».

«Il memorandum d’intesa sarà la risultante dei nostri interessi e della nostra sicurezza, sarà il frutto di una presenza all’altezza della nuova globalizzazione. Il presidente del Consiglio ha ricordato oggi «la mancanza di visione» dell’Europa. Noi contribuiremo a una nuova visione», ha concluso il parlamentare del Movimento 5 Stelle.

 

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«Sulla Sider Alloys il ministero dello Sviluppo economico ha posto di fatto un termine tassativo: o l’azienda a metà aprile avrà fatto tutti i passi avanti per presentare un piano industriale credibile, o salterà tutta l’operazione. Ecco perché, nel caso che il piano di rilancio del polo dell’alluminio non riuscisse, dobbiamo tutti prepararci a una sorta di piano B, che dovrà riprogrammare le risorse per il territorio in modo totalmente nuovo. Il famoso “Piano Sulcis”, pianificato ancora oggi con le logiche industriali di tanti decenni fa, va rivoluzionato nelle persone, nei metodi, nei settori coinvolti per lo sviluppo del territorio. Manca poco tempo e non va sprecato. Tutti devono assumersi delle responsabilità molto precise.»

Lo dice stamane il deputato del Movimento 5 Stelle Pino Cabras, che ha partecipato giovedì al tavolo sulla ex Alcoa convocato al ministero dello Sviluppo economico e ieri sera all’assemblea organizzata dal Movimento dei lavoratori diretti e indiretti ex Alcoa, nella sala polifunzionale del comune di Carbonia.

«Al tavolo al ministero ho assistito alla presentazione di una ventina di diapositive da parte dei dirigenti della Sider Alloys, i quali hanno illustrato per sommi capi un piano industriale che però rinviava ancora a futuri approfondimenti tutte le cose più sostanziose: non abbiamo visto cosa ci sia dietro i numeri dei conti economici né abbiamo visto un piano finanziario – spiega Pino Cabras -. Non solo: non ci sono i contorni di un eventuale accordo sul prezzo dell’energia, non c’è ancora il contratto con una società cinese del gruppo Chinalco per il revamping (la riorganizzazione radicale degli impianti), non si dice nulla su quanto pesi sui costi delle forniture il mancato riavvio dell’Eurallumina, l’altro grande stabilimento di Portovesme destinato a produrre ossido di alluminio ricavato dalla lavorazione della bauxite e chiuso da nove anni.»

 A Portovesme il programma di riavvio dello “smelter” della ex Alcoa prevede un investimento complessivo di 135 milioni di euro (di cui 8 a fondo perduto, 84 finanziati con un tasso agevolato, 20 messi a disposizione dall’Alcoa e il resto in capo al nuovo proprietario Sider Alloys). Il cronoprogramma punta ad assumere 376 addetti diretti entro il 2020, purché tutti i problemi aperti si risolvano entro poche settimane.

«Il Ministero di fatto ha posto un termine tassativo: o l’azienda a metà aprile avrà fatto tutti i passi avanti per presentare un piano credibile, o salterà tutta l’operazione, di cui sta emergendo il chiaro connotato elettorale portato avanti l’anno scorso dall’allora ministro Carlo Calenda», commenta Pino Cabras. 

Dopo il vertice romano, come abbiamo già riferito ieri a tarda sera, i lavoratori diretti e indiretti ex Alcoa hanno convocato un’assemblea presso la sala consiliare di Carbonia alla presenza del sindaco Paola Massidda (M5S).

«Ho voluto partecipare per ascoltare i numerosissimi discorsi e le puntuali considerazioni dei tanti lavoratori intervenuti, molto preoccupati nell’immediato rispetto al presente e al futuro degli ammortizzatori sociali e profondamente pessimisti sul ruolo dei sindacati in tutta la vicenda – sottolinea Pino Cabras – e mi sono preso l’impegno di seguire molto da vicino gli sviluppi della vertenza. Ora occorre stringere sulle azioni e sui tempi. Voglio le carte, i numeri, il quadro finanziario, industriale e ambientale. E voglio che si pongano le basi – conclude il deputato del M5S eletto nel collegio di Carbonia Iglesias – per una vera programmazione territoriale, in luogo dell’attuale ceto di intermediazione delle risorse che sta cronicizzando la crisi del Sud Ovest della Sardegna nel pieno di una ripresa dell’emigrazione.»

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Il Movimento dei lavoratori, diretti e indiretti, ex Alcoa, rilancia la mobilitazione a sostegno della vertenza per il riavvio dello stabilimento di Portovesme dopo l’ennesimo rinvio, ad un anno preciso dall’acquisizione dello stabilimento, della presentazione concreta del Piano Industriale per la ricostruzione ed il riavvio degli impianti, ufficializzato nell’incontro svoltosi ieri al Mise.

Il Movimento ha analizzato lo stato dell’arte della vertenza in una riunione tenutasi ieri sera nell’aula consiliare di Carbonia alla presenza del sindaco Paola Massidda e del deputato del M5S Pino Cabras. I lavoratori hanno denunciato l’assenza di un piano occupazionale per la ricollocazione certa delle maestranze coinvolte e l’inottemperanza di tutti gli impegni sottoscritti dai precedenti governi nazionali in passato, per quanto riguarda le tariffe energetiche e le condizioni minime di competitività dello Smelter e, preoccupati per lo stallo della vertenza e la condizione economico-sociale sempre più complicata per molti ex dipendenti della fabbrica e visti i ritardi burocratici nell’erogazione degli ammortizzatori sociali, hanno chiesto un ulteriore e rafforzato coinvolgimento dei soggetti politico-istituzionali territoriali e nazionali titolati ad assolvere tale ruolo e, in particolare – si legge in una nota – «nei confronti del deputato Pino Cabras, al quale è stato esplicitamente chiesto di interagire costantemente con il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, allo scopo di individuare, da qui al mese di aprile, scadenza ultima fissata dal Governo per sbloccare il percorso vertenziale, tutte le soluzioni più efficaci per addivenire a una risoluzione della vertenza o all’individuazione di ogni percorso atto a risolvere i problemi occupazionali e di sostentamento al reddito (ammortizzatori sociali, mobilità e Cig) dei lavoratori coinvolti».

«Il deputato Pino Cabras, sostenuto dal sindaco Paola Massidda, ha accolto tali sollecitazioni assumendosi l’impegno di farsi portavoce delle istanze emerse dagli interventi dei lavoratori con il ministro Luigi Di Maio sia per quanto riguarda la vertenza dal punto di vista industriale e della risoluzione dei nodi di competitività tariffe energetiche), nonché dalla valutazione dell’affidabilità del Piano Industriale e per la presentazione di quello occupazionale, nonché per quanto riguarda la velocizzazione degli iter di pagamento della mobilità in deroga e l’individuazione di percorsi per l’attuazione di una cassa integrazione straordinaria così da ancorare tutti i lavoratori all’azienda e quindi all’investimento, notoriamente sostenuto da risorse finanziarie pubbliche. Il Movimento – conclude la nota -, accogliendo con soddisfazione il rinnovato impegno politico-istituzionale, mantiene lo stato di agitazione e non esclude altre iniziative di lotta e sensibilizzazione da qui ai prossimi giorni e comunque prima della prossima riunione ministeriale.»

 

 

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Il Governo si impegnerà «ad adottare, di concerto con gli enti territoriali interessati, ogni utile iniziativa volta alla salvaguardia del settore lattiero-caseario ovino in Sardegna, anche al fine di garantire un’equa remunerazione ai produttori primari». È questo il risultato di un ordine del giorno approvato ieri dalla Camera e proposto dai deputati del Movimento 5 Stelle Pino Cabras e Luciano Cadeddu. Il provvedimento punta a «mantenere inalterato il patrimonio di storia, tradizioni, qualità e innovazione che caratterizza le centrali del latte, con l’intento di restituire alle pubbliche amministrazioni le funzioni di garanzia e controllo sulla filiera lattiero casearia» e valorizza la partecipazione degli enti pubblici in società del settore lattiero caseario, che «può rappresentare un volano per il rilancio di un comparto strategico dell’agroalimentare nazionale quale è quello legato alla zootecnia da latte che rappresenta un bacino di ricchezza e di occupazione per moltissime realtà territoriali».

«Preso atto della crisi che investe ormai da tempo il settore lattiero caseario ovino della Regione Sardegna, e atteso che misure di carattere strutturale devono essere intraprese al fine di garantire alla filiera di poter competere su un mercato le cui dinamiche sono sempre più imprevedibili ed estremamente penalizzanti per gli allevatori», l’ordine del giorno proposto da Pino Cabras e Luciano Cadeddu sottolinea come «la partecipazione del settore pubblico nelle aziende di trasformazione può contribuire a migliorare le relazioni interprofessionali, al fine di incentivare l’organizzazione dell’offerta e di utilizzare tutti gli strumenti a sostegno della filiera previsti dall’Organizzazione Comune dei Mercati di cui alla Politica Agricola Comune».

Da qui l’impegno del governo ad adottare ogni utile iniziativa volta alla salvaguardia del settore lattiero-caseario ovino in Sardegna.

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«Il Viminale non era certo la sede giusta, e Matteo Salvini ha fatto un buco nel latte. Nel suo intervento alla ‘ghe pensi mi’ sulla crisi del settore ovino (“entro 48 ore risolvo tutto, non mi alzo dal tavolo se il prezzo del latte non passa da 60 centesimi a un euro”), Matteo Salvini non poteva che sbattere il muso su una realtà molto più complicata, dove l’emergenza richiede sì misure speciali, ma non ha i tempi dei Tweet elettorali.»

Lo afferma in una nota su Facebook il deputato del Movimento 5 Stelle Pino Cabras. 

Per Pino Cabras «l’approccio dell’ennesimo salvatore ‘continentale’ da sbarco non poteva che ridimensionarsi perché letteralmente lui non sapeva nulla di un’attività umana che c’è da sempre e ha profondamente modellato i paesaggi e le identità umane in Sardegna. Non sapeva di problemi che durano con tempi secolari, difficoltà che nessun arrembaggio scomposto di 48 ore potrebbe rimettere a posto senza correggere un intero modello di sviluppo. Il che non significa che ci rassegniamo né che non si debba agire presto, anzi. Però non puoi fare promesse facilone senza tener conto della struttura del mercato, dei suoi padroni, delle burocrazie, delle catene di valore internazionali. Ma c’è modo e modo di aprire il dialogo, e i bluff giustamente si svelano presto».

«In questi giorni mi ha colpito leggere la data di un articolo che Antonio Gramsci scrisse in merito al prezzo vile sopportato dai pastori sardi e sulle cause della crisi: è il 1919, cento anni fa esatti, pazzesco – aggiunge Pino Cabras -. Gramsci analizza il fatto che non è certo la prima volta che discende bruscamente il prezzo del latte ovino e che il mercato sia dominato da quelli definisce ‘gli spogliatori di cadaveri’. Ossia gli industriali caseari. Nel quadro descritto da Gramsci, quando il prezzo del formaggio aumenta ne approfittano solo i caseari, i possessori del pascolo o gli allevatori più grandi, mentre i pastori fanno una vita grama, per giunta sotto il peso delle annate di siccità e delle alluvioni.»

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Un disegno di legge per ratificare la carta europea delle lingue minoritarie e garantire un maggiore riconoscimento del sardo. Lo ha presentato il senatore del Movimento 5 Stelle Gianni Marilotti che lo illustrerà a Cagliari alla presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega agli affari regionali ed autonomia Stefano Buffagni. All’incontro parteciperà anche il parlamentare del Movimento Pino Cabras. Appuntamento mercoledì 13 febbraio, alle 16.00, al Centro Exmè di via Antonio Sanna. Insieme a Marilotti, Cabras e Buffagni, interverranno anche gli esperti di lingua sarda Antonio Ignazio Garau, Diego Corraine e Massimo Madrigale.

Dopo diciannove anni il parlamento si appresta finalmente a dare il via libera alla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Approvata a Strasburgo il 5 novembre 1992, la Carta era stata sottoscritta dall’Italia nel 2000 ma da allora non è stata mai ratificata. Ora un disegno di legge che ha come primo firmatario il senatore del Movimento 5 Stelle Gianni Marilotti, spiana la strada a questa importante novità che consentirà di tutelare ulteriormente a tutti i livelli la lingua sarda, nelle scuole come nelle università che nella pubblica amministrazione, sia attraverso un’adeguata programmazione nei palinsesti del servizio pubblico che nel web.

«La ratifica della Carta europea è una richiesta che da tempo veniva avanzata da tutto il movimento linguistico sardo – spiega Gianni Marilotti – perché garantisce un più ampio riconoscimento del nostro patrimonio culturale. Grazie alla ratifica, sarà possibile infatti estendere ulteriormente l’uso della lingua sarda nella pubblica amministrazione e nell’ambito dell’istruzione. La ratifica dà infatti più forza alla legge 482 del 1999 sulle minoranze linguistiche e alla legge regionale recentemente approvata.»

La Carta è già stata firmata da 33 stati membri del Consiglio d’Europa e ha come obiettivo quello di promuovere l’utilizzo delle lingue minoritarie, al fine di salvaguardare l’eredità e le tradizioni culturali europee, nonché il rispetto della volontà dei singoli di poter usare tali lingue nell’ambito delle attività pubbliche o private.

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Per gli enti no profit l’Ires torna al 12%. «Lo avevamo annunciato, lo abbiamo fatto», commenta il deputato del M5S Pino Cabras, che sottolinea con soddisfazione la decisione del parlamento di ripristinare per le associazioni una imposta sul reddito agevolata.

«Proprio grazie all’interlocuzione con il mondo della solidarietà abbiamo ottenuto questo risultato – aggiunge il deputato sardo -. Infatti, l’intenzione del governo non è mai stata quella di danneggiare il mondo del no profit ma di colpire coloro che lucrano profitti laddove invece non dovrebbe esserci scopo di lucro. Con questa decisine il governo e Movimento 5 Stelle – conclude Pino Cabras – hanno dato prova di ascolto di una realtà come quella del mondo della solidarietà, alla quale andrà sempre il nostro assoluto e convinto sostegno.»