18 April, 2024
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Il digiuno dell’inverno è il sessantaquattresimo volumetto della “Piccola collana di memorie”, ideata da Salvatore Tola e pubblicata dalla Soter editrice di Villanova Monteleone; una plaquette di poesie in cui si ripropongono – in distinte brevi sillogi e dopo aver condiviso nel 2016 la pubblicazione lirica Sguardi incompiuti, primo numero nella collana di poesie “Zaum”, còrdovaedizioni, Milano-Tempio – i tempiesi Jean Òre, pseudonimo di Gianfranco Orecchioni, e Francesco Pasella. Le idealità e manifesto del progetto “Zaum” di avanguardia letteraria si proponeva la promozione dell’Arte e della Parola come elementi delle “coraggiose virtù dell’uomo”, per riaffermare il “vero e sincero intento della poesia” e creare-reinventare, attraverso il comunicativo riflettere, “un luminoso linguaggio lirico” per l’attuale momento storico ed esistenziale.
Nell’accomunante silloge Il digiuno d’inverno, il periodo tempo è osservato come momento di attenzione introspettiva, chiarificatore esistenziale e di ricerca interiore e dei sensi per riconciliarsi con l’origine e pura “nostra natura” primordiale. Lo scandaglio dei versi, ed il versificare operato, riporta alla luce gli elementi delle nostre anime collettive, facendo emergere i significati, e significanti autentici, della nostra stessa esistenza. La poesia si fa memoria ed essenzialità che testimonia il nostro ed l’altrui tempo, alimentando anche lo scorrere dei silenzi e governando i sentimenti da rappresentare ed esprimere
con genuinità di linguaggio e parole vere di sincerità.
Le due sillogi di Jean e Francesco, titolate rispettivamente Illuminazione all’ora terza e Eppure ho visto, si amalgamano e fondono in unico crogiolo; evidenti i segni di modernità letteraria e di suggestive sperimentazioni, che penetrano il tessuto dei paradigmi abituali di scrittura, per aspirare alla costruzione di un modello poetico di linguaggio ulteriore. I due poeti, in modo imprevedibile ed informale, scrivono per esplorare se stessi. Sono alla ricerca di una rivelazione dell’espressione più autentica personale e di dissenso nei confronti di una società che genera illusioni e disillusioni; un percorso esistenziale in cui è facile perdersi e ancor più difficile ritrovare se stessi. C’è timore nel divenire e arriva la poesia salvifica ad alimentare la coscienza e libertà interiore.
“L’ora terza”, dal chiaro riferimento alla crocifissione del Cristo, è intesa come tempo presente dell’umanità e della natura; natura-ambiente deificato ma in piena devastazione globale, causata da una incomprensibile e mal interpretata immortalità dell’umanità e della madre Terra. E corre un richiamo, al logico pensiero lirico di Pasolini che “Non esiste più un cielo azzurro azzurro!”. Per fortuna, il salvifico “fiume della conoscenza scorre/ lungo le nostre vene…” e spalanca nuovi “scenari oltre la polvere/ e forse oltre le dolci stelle. Uh!”.
Una ricerca attraverso gusci protettivi (In gusci castelli/ cerchiamo protezione,/ di anestetizzare l’ansia/ e l’inquietudine…/ almeno per qualche ora.//) che, nello scorrere degli anni, “ci stravolgono,/ ci appassiscono.”; labirinti di vita da percorrere e domarli con il rigore del sorriso e con la capacità di mutare “il nostro cammino” intrapreso. Affondano i versi sul corpo martoriato, e ambiguo, delle tante ideologie di far arte con spirito inquieto ed avanguardista, con tutte le contraddizioni e interpretazioni possibili del termine.
Francesco e Jean ci sorprendono con le loro scritture ed esperienze di vita letteraria. Sulle molteplici vie della sperimentazione, emozioni (Eppure ho visto/ fiori di mandorlo pietrato,/ sono rimasto,/ ma forse non sono andato/
oltre.//), sogni (Oltre un certo orizzonte/ vedo qualcosa d’azzurro/ è tutto quel che mi resta.//) e sentimenti (se avessimo un cuore e un’anima.), che in comunanza ci riserveranno ancora in futuro.

Cristoforo Puddu

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La “Piccola collana di memorie”, ideata da Salvatore Tola e pubblicata dalla Soter editrice di Villanova Monteleone, può certamente considerarsi una pregevole intuizione intellettuale. Oltreché encomiabile attività culturale nell’ambito sardo ed economica operazione editoriale di nicchia – considerato che la stampa risulta normalmente di duecento libretti a copie numerate – è, dunque, per quei pochi lettori che ne apprezzano l’essenza artigianale, gli scritti di pregio e l’attenzione ai contenuti… e non al contenitore dalla copertina patinata. La collana si è caratterizzata con la pubblicazione di racconti brevi, sillogi poetiche, favole, commedie teatrali, saggi storici, trattati tecnologici, etc.

La trentatreesima opera pubblicata, dalla  collana inaugurata nel marzo 2010, è il mitico e ormai raro opuscolo TEMPO D’ESAMI di Manlio Brigaglia, che l’autore donava ai suoi alunni del Liceo “D.A. Azuni” di Sassari per sostenerli – con l’amorevolezza paterna e l’esperienza da docente vissuta con le preoccupazioni normali degli studenti – nei delicati momenti delle prove di maturità e d’abilitazione; ossia, un ricco e particolareggiato vademecum come i giovani dovevano affrontare e fare gli esami di Stato. Il saggio, frutto di una iniziale collaborazione per il giornale cagliaritano “Informatore del lunedì”, spazia armoniosamente su gli scopi e validità dell’esame di Stato; su specifici consigli e atmosfera psicologica; sul come si va agli “orali” e come si sceglie il tema di “quel benedetto compito di italiano”. Non mancano i consigli tecnici sull’uso della punteggiatura e come s’impiega il tempo a disposizione per il compito. Un testo che meriterebbe un’ampia diffusione per l’attualità dell’argomento trattato e in considerazione che gli esami non finiscono mai. Bella, semplice, raffinata, chiara ed inimitabile la scrittura esercitata sempre dal prof. Manlio Brigaglia.

Questa ristampa in collana, che fa seguito alla prima edizione pubblicata a Sassari nel giugno 1967 da Chiarella, ospita il ricordo, quasi filiale, di Paolo Pulina: allievo tra i più affezionati al Professore e fruitore della copia originale con dedica, in quanto alunno della “terza” di quell’anno. Il maturo “ragazzo” Pulina, oltre che rendere omaggio all’autore e alla sua comunicatività ed umanità, ricorda la metodologia di insegnamento di un sorprendente maestro-monstrum di memoria e di educatore rigoroso per preparare i suoi allievi alle immancabili “Prove della Vita”.

Cristoforo Puddu

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La mostra regionale del libro Qui c’è aria di Cultura, promossa dalla RAS ed organizzata dall’Amministrazione comunale di Tempio di concerto con l’AES, e in collaborazione con la libreria Bardamù, è stata inaugurata stamattina con uno speciale omaggio alla memoria di Manlio Brigaglia: l’intitolazione della Sala convegni del Palazzo degli Scolopi.

La targa, che porta il nome dell’“illustre docente e intellettuale sardo”, ricoperta dalla bandiera dei quattro mori, è stata svelata al pubblico dalle mani dall’assessore regionale della Cultura Andrea Biancareddu assieme al vicesindaco di Tempio, Gianni Addis.

La cerimonia si è svolta di fronte a una salone gremito di pubblico, alla presenza di numerose autorità civili, militari e religiose, nonché gli amici e i familiari del compianto intellettuale, la moglie Marisa e il fratello Aldo.

«Intendiamo rendere omaggio al nostro insigne concittadino – ha affermato Gianni Addis – con l’intitolazione di questa sala Convegni nell’antico e prestigioso edificio che un tempo ospitava il convento degli Scolopi e il collegio di studi, luogo dove hanno ricevuto la loro educazione culturale generazioni di Galluresi, vogliamo tributare un riconoscimento, un riconoscente atto di ossequio dell’amministrazione comunale e della città per il ricco patrimonio culturale di cui ha fatto dono all’intera Sardegna attraverso una brillante carriera.»

Evidente la soddisfazione di Simonetta Castia, presidente dell’Associazione Editori Sardi, alla quale Brigaglia era particolarmente legato: «Siamo felici di iniziare la manifestazione giustamente con un tributo a professor Manlio Brigaglia – ha affermato – non solo perché questa è la sua città, ma anche perché tutti sappiamo quale amore nutrisse per l’editoria e per il libro sardo, verso il quale riversava un impegno quotidiano e costante». Simonetta Castia ha ricordato che la manifestazione si chiuderà domenica con la proiezione del documentario “Manlio Brigaglia”, contenuto extra del film “Uno sguardo alla terra” del regista Peter Marcias, distribuito da Istituto Luce Cinecittà.

Andrea Biancareddu si è detto onorato ed emozionato per il suo primo intervento in questa sede in qualità di Assessore regionale: «Avrei voluto che Manlio Brigaglia fosse al mio fianco, oggi, per potermi dare ancora i suoi preziosi consigli. Ma cercherò di seguire i suoi insegnamenti. Di lui ricordo tante doti, la bravura, l’intelligenza la cultura, però c’è una dote in particolare che lo ha caratterizzato: la simpatia. Aveva questa capacità di insegnare facendoci sorridere. E questo insegnamento non lo potrò mai dimenticare».

A impreziosire la cerimonia è stata la presentazione del libro “Manlio Brigaglia. Ricordi di una vita” (Soter), di Franco Fresi che, con la voce rotta dall’emozione lo ha definito un personaggio “meraviglioso”, ricordandone un lato poco conosciuto, quello poetico. Sono seguiti gli interventi di Salvatore Tola e di Sandro Ruiu, autori del libro “Manlio Brigaglia. Tutti i libri che ho fatto” (Mediando), di monsignor Giovanni Maria Pittorru e di Aldo Brigaglia.

La manifestazione prosegue nel pomeriggio alla Spazio Faber, dove è anche allestita la vetrina completa dell’editoria libraria sarda, che raccoglie i volumi di ben 31 case editrici aderenti all’iniziativa. Dalle 16 è in corso l’inaugurazione della mostra Noi e il mondo, che lascerà spazio alle presentazioni degli autori.

Nel corso della mattinata si sono svolti anche gli incontri con le scuole che proseguiranno sabato.

Sabato 23 novembre, la libreria Bardamù alle 10.00 darà spazio al dibattito “Editore, libraio: un mestiere difficile”, con la partecipazione di Simonetta Castia, Giuseppe Podda, Paolo Sorba, Massimo Dessena ed Elia Cossu.

Allo Spazio Faber, Giuseppe Pulina introdurrà ben sette volumi editi in Sardegna. Alle 12.00, per Carlo Delfino Editore, l’autore Umberto Oppus presenta “La spada e la Gloria” confrontandosi con Fabio Marcello. Alle 16.00 Paolo Sorba Editore propone “Poesie e rime che raccontano” di Andrea Muzzeddu, che sarà affiancato da Zelindo Pucci. Alle 16.45 Nanni Falconi, con la moderazione di Emiliano Deiana presenta “Su grodde bos at a contare de me”, edito dalla NOR. Alle 17.30 la Taphros Editrice dà spazio a “Nulla nasca più per morire” di Francesco Carbini, che dialoga con Andrea Muzzeddu.

Per Condaghes, alle 18.15 l’autore Roberto Deriu presenta “La pantera di Bultei” assieme ad Alberta Zancudi. Per Arkadia, alle 19.00 Ilario Carta propone “Espiazioni collettive”. Infine alle 19.45 Carlo Delfino presenta “Il marchio del ginepro” di Gabriella Ghisu, con letture e interventi di Antonella Masala seguite in chiusura dalle esibizioni del balletto di Sassari “Emmeleia”.

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La prima edizione di “Approdi letterari” ha preso il via ieri nell’area Expo con l’omaggio a due significativi intellettuali del Novecento sardo: Michelangelo Pira nell’intervento appassionato di Bachisio Bandinu, e poi Manlio Brigaglia, che proprio della Gallura era originario.

La tappa gallurese del circuito regionale “L’Isola dei libri”, organizzata dall’AES con il sostegno del Comune di Olbia, è stata inaugurata nell’area Expo dall’assessora della Cultura, Sabrina Serra, assieme alla presidente AES Simonetta Castia e al rappresentante olbiese degli editori sardi, Dario Maiore, con l’auspicio da parte di tutti di trovare continuità e crescita negli anni a venire.

«Siamo molto orgogliosi di questo importante traguardo, che parte da lontano – ha affermato Sabrina Serra -. Abbiamo deciso con convinzione di puntare sull’editoria isolana, perché crediamo che rappresenti un patrimonio di tutti da valorizzare per crescere insieme.»

Soddisfazione è stata espressa anche dagli editori: «Iniziative e scelte così lungimiranti vanno premiate – ha ribadito Simonetta Castia – e anche noi cercheremo di fare in modo che non sia solo un’edizione spot, ma che abbia una prosecuzione e possa diventare un appuntamento atteso e consolidato».

Notevole interesse ha suscitato l’intervento dell’antropologo e giornalista Bachisio Bandinu, che nel ricordare la figura di Michelangelo Pira, ne ha evidenziato alcuni tratti fondamentali del pensiero, emersi attraverso i volumi postumi “Sos Sinnos” e “Il villaggio elettronico”. Punti chiave di approfondimento sono stati il rapporto di conflittualità tra codici, da un punto di vista politico, linguistico, culturale e infine scolastico. L’idea del pensatore bittese era quella di un confronto positivo tra questi codici, un confronto nel quale non vi fosse prevaricazione ma un rapporto costruttivo e arricchente per entrambe le realtà. Tra le curiosità del “villaggio elettronico”, è emerso come Michelangelo Pira avesse in qualche modo anticipato straordinariamente l’avvento di internet, prevedendo il futuro della comunicazione.

Salvatore Tola e Sandro Ruiu, attraverso la presentazione del volume “Manlio Brigaglia. Tutti i libri che ho fatto”, hanno ricordato non solo la figura dello storico, del giornalista e del docente, ma quella di un uomo straordinariamente innamorato dell’editoria, alla quale Brigaglia aveva dedicato gran parte del suo impegno culturale. Un omaggio che arriva nella sua terra d’origine, la Gallura, nella quale “il professore” aveva per alcuni versi iniziato la sua carriera con il “Giornalino di Arzachena”. All’interno del libro, edito da Mediando, gli autori hanno ripercorso da un lato la sua vita da giornalista, dove si evince la storia della Sardegna di quegli anni, e dall’altro la lunga esperienza nell’editoria libraria.

A essere raccontato, sotto forma di intervista, è stato in particolare il lavoro dietro le quinte di un uomo estremamente colto e nondimeno popolare, grazie alla sua freschezza e alla sua verve ironica e pungente.

La serata si è conclusa con la presentazione del libro “Pasquale Paoli. La Leggenda”, edito dalla Taphros, che attraverso il linguaggio accattivante del fumetto racconta la storia anticolonialista del grande patriota corso. Lo studioso Emilio Aresu ne ha descritto in modo preciso gli elementi culturali e politici che portarono la Corsica, una piccola isola nel Mediterraneo, a divenire un laboratorio e fucina di idee rivoluzionarie.

Come anteprima della manifestazione, ieri mattina la Società Astronomica Turritana ha permesso agli studenti delle scuole superiori di osservare il sole e la sua atmosfera, mentre l’esperto Gian Nicola Cabizza ha parlato di Dante e della sua profonda conoscenza del cielo. In contemporanea, gli autori Diego Corraine ed Alessandra Corda hanno raccontato agli alunni delle scuole elementari la storia del Piccolo Principe (Le Petit Prince) di Antoine de Saint Exupery in sardo e in sardo-gallurese.

Gli appuntamenti riprendono stasera, alle 17.45, nell’area Expo.

Sabato alle 17.45 Gianluca Medas propone il suo “Mammai Manna. La grande madre” (Cuec Editrice) e, alle 18.30, Sandro Manoni presenta “L’isola delle lusinghe” (Condaghes).

Alle 19.15 un interessante reading letterario a tre voci in gallurese “Aspittendi Pinocchju”, vedrà protagonisti Ivan Raimondo Ponsano, Andrea Columbano, Maria Paola Mariotti, Francesco Giorgioni, Alessandra Corda e Simone Sanna, accompagnati dalle musiche di Alessandro Mazzullo.

Mentre alle 21.00 il polistrumentista Gavino Murgia presenterà il docu-film “A tenore”, la sua opera d’esordio cinematografico. Subito dopo si proseguirà con un concerto a tema. A introdurre le due serate sarà il giornalista Salvatore Taras.

Domenica la manifestazione si conclude all’Expo con una serata moderata da Francesco Giorgioni, dedicata in particolare alle tematiche di carattere linguistico. Alle 17.00, Dionigi Pala presenterà il suo libro “Déu mi peldonet e santos!” (Paolo Sorba Editore), una interessante raccolta di detti in gallurese. C’è grande attesa per questa pubblicazione, patrocinata dal comune di Olbia ed inserita nella collana curata da Agostino Amucano, che parteciperà all’incontro per dialogare con l’autore. Alle 17.45 lo scrittore Giuseppe Tirotto illustrerà di “Piccinni in Castorias”, un romanzo in sardo-gallurese (NOR) e, alle 18.00, Tonino Cau assieme all’autrice Ardjana Toska parlerà del volume “Una gioventù distrutta” (Taphros Editrice), il racconto di una terribile storia tutta al femminile senza filtri o edulcorazioni.

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La mostra diffusa del libro sardo conquista un nuovo palcoscenico nel nord-est dell’isola. Per la prima volta, il circuito internazionale di promozione “L’isola dei libri”, un fiore all’occhiello dell’Associazione Editori Sardi, fa tappa a Olbia con “Approdi letterari”: dal 7 al 9 dicembre, negli spazi di Expo-Olbia si terranno tre giornate di appuntamenti per accogliere incontri con scrittori, presentazioni di libri, conferenze, reading letterari e proiezioni di docu-film.

Si parte con un omaggio alla figura e all’opera del grande studioso di Bitti, Michelangelo Pira, a novant’anni dalla nascita, un percorso che vedrà impegnato l’antropologo e giornalista Bachisio Bandinu, che proprio nei giorni scorsi a Carbonia ha tenuto una brillante conferenza con l’AES per parlare agli studenti degli inganni della rete. L’incontro fa parte del format “Annales”, sezione felicemente inaugurata a maggio al Salone internazionale di Torino.

Tra le altre iniziative è molto attesa la proiezione, sabato sera, del docufilm “A Tenore”, che vede al suo esordio, come regista, il virtuoso musicista Gavino Murgia. Nell’arco dell’intero evento sono previsti numerosi incontri con gli autori – come il ricordo del compianto Manlio Brigaglia nel libro-intervista postumo “Tutti i libri che ho fatto” – e pubblicazioni tutte da scoprire tra romanzo, saggistica, bilinguismo, narrativa e storia.

Si arricchisce così di un nuovo tassello il progetto nato dalla volontà di diffondere, e rendere più capillare, la presenza delle opere pubblicate in Sardegna anche in aree periferiche dell’isola. Agli eventi sarà affiancata una vetrina completa dell’editoria sarda, una delle poche occasioni in cui scoprire in un unico allestimento le migliori proposte delle trenta case editrici isolane che hanno aderito all’iniziativa.

L’iniziativa, organizzata dall’AES, è interamente patrocinata e promossa dal comune di Olbia, che l’ha voluta fortemente. L’Amministrazione confida infatti che questo appuntamento diventi ricorrente, crescendo nel tempo e radicandosi in città.

L’inaugurazione si svolgerà il 7 dicembre, alle 16.30, nell’area Expo ed Area Marina protetta di Tavolara, con il saluto del sindaco Settimo Nizzi e gli interventi dell’assessore della Cultura di Olbia, Sabrina Serra, e della presidente dell’AES, Simonetta Castia.

Il programma. Venerdì 7 dicembre, la Società Astronomica Turritana porterà i propri telescopi per osservare il sole e la sua atmosfera. Durante la mattinata l’esperto Gian Nicola Cabizza parlerà di Dante e le stelle con gli studenti delle scuole superiori. In contemporanea, gli autori Diego Corraine ed Alessandra Corda incontreranno gli alunni delle scuole elementari per raccontare la storia del Piccolo Principe (Le Petit Prince) di Antoine de Saint Exupery in sardo e in sardo-gallurese.

L’evento prende il via ufficialmente alle 17.00, nell’Area Marina Protetta, accogliendo la conferenza dal titolo “Da Sos sinnos a Il Villaggio elettronico” dedicata a Michelangelo Pira, con l’intervento di Bachisio Bandinu. Il convegno è inserito in “Annales”, format che individua nella Sardegna un importante obiettivo di riflessione grazie allo spunto tratto da libri altrettanto paradigmatici.

Gli incontri con gli autori della sezione “Tra Isola e mondo”, inizieranno alle 18.30, con l’arrivo di Salvatore Tola e Sandro Ruiu, che illustreranno la loro fatica letteraria dedicata a un grande uomo di cultura recentemente scomparso: “Manlio Brigaglia. Tutti i libri che ho fatto” (Mediando Edizioni), in cui emerge sotto forma di intervista, l’immagine dello storico, quella del giornalista e del docente, ma soprattutto, quella di un “facitore di libri”. Alle 19.15 Giancarlo Tusceri, insieme [NO] agli autori Frédéric Bartocchini ed Eric Ruckstuhl presenta “Pasquale Paoli. La Leggenda” (Taphros Editrice), un libro per ragazzi che racconta attraverso il linguaggio del fumetto la storia anticolonialista del grande patriota corso.

La serata si conclude alle 20.00, in compagnia di Filippo Pace, che illustrerà il suo libro “La ballata della regina senza testa” (Condaghes), un romanzo ispirato ad Ariosto che tratta di temi universali in modo anticonformista.

Sabato sarà caratterizzato da tre incontri con gli autori all’Expo. Il primo è alle 17 con Maria Tiziana Putzolu, che presenta “Eva canta” (Aipsa edizioni). Alle 17.45 Gianluca Medas propone il suo “Mammai Manna. La grande madre” (Cuec Editrice) e alle 18.30 Sandro Manoni presenta “L’isola delle lusinghe”(Condaghes).

Alle 19.15 un interessante reading letterario a tre voci in gallurese “Aspittendi Pinocchju”, vedrà protagonisti Ivan Raimondo Ponsano, Andrea Columbano, Maria Paola Mariotti, Francesco Giorgioni, Alessandra Corda e Simone Sanna, accompagnati dalle musiche di Alessandro Mazzullo.

Mentre alle 2.001 il polistrumentista Gavino Murgia presenterà il docu-film “A tenore”, la sua opera d’esordio cinematografico, subito dopo si proseguirà con un concerto a tema. A introdurre le due serate sarà il giornalista Salvatore Taras.

Domenica la manifestazione si conclude all’Expo con una serata moderata da Francesco Giorgioni, dedicata in particolare alle tematiche di carattere linguistico. Alle 17 Dionigi Pala presenterà il suo libro “Déu mi peldonet e santos!” (Paolo Sorba Editore), una interessante raccolta di detti in gallurese. C’è grande attesa per questa pubblicazione, patrocinata dal Comune di Olbia e inserita nella collana curata da Agostino Amucano, che parteciperà all’incontro per dialogare con l’autore. Alle 17.45 lo scrittore Giuseppe Tirotto illustrerà di “Piccinni in Castorias”, un romanzo in sardo-gallurese (NOR) e, alle 18.00, Tonino Cau assieme all’autrice Ardjana Toska, parlerà del volume “Una gioventù distrutta” (Taphros Editrice), il racconto di una terribile storia tutta al femminile senza filtri o edulcorazioni.

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Il Circolo Culturale Sardo “Logudoro” di Pavia, nel pomeriggio di sabato 22 settembre 2018, nella sede sociale, ha presentato il libro-intervista con Manlio Brigaglia “Tutti i libri che ho fatto”, pubblicato postumo a cura di Salvatore Tola e Sandro Ruju presso le edizioni Mediando di Sassari.

Ed è stato proprio Salvatore Tola l’ospite d’onore per questa commemorazione celebrativa del professor Manlio Brigaglia (Tempio Pausania, 12 gennaio 1929 – Sassari, 10 maggio 2018), doverosa indiscutibilmente nei confronti di una delle figure più rappresentative dell’intellettualità sarda del secondo Novecento e del primo decennio del Terzo Millennio.

Non poteva peraltro esimersi da un ricordo riconoscente il mondo dell’emigrazione, al quale Manlio Brigaglia è sempre stato vicino sia come firma di prestigio del mensile “Il Messaggero Sardo” (con articoli divulgativi che hanno fatto conoscere gli eventi e i personaggi più significativi della storia sarda anche a sos chi non aiant istudiadu), sia come oratore affascinante in occasione di iniziative culturali dei Circoli della Lega Sarda poi Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (F.A.S.I.).

Manlio Brigaglia ha espresso la sua solidarietà agli emigrati  per tutte le loro battaglie (pro sa limba; contro le scorie nucleari; per la continuità territoriale; per il riconoscimento dell’insularità) e in occasione dei Congressi della federazione dei circoli sardi dell’Italia continentale non ha mai fatto mancare un suo messaggio di incoraggiamento.

Con Pavia Manlio Brigaglia ha avuto un legame particolare, testimoniato da quanto ha scritto nella presentazione del libro di Gianni De Candia: “Sardegna: la grande diaspora. Memorie e ricordi dei 40 anni della cooperativa ‘Messaggero sardo’, 1974-2014” (Sassari, Delfino, 2016).

«L’insegnamento e altri impegni mi hanno impedito di accettare molti degli inviti che mi venivano rivolti dai circoli degli emigrati sardi. Invidiavo il mio amico Tito Orrù, che da Cagliari volava dappertutto ogni volta che lo chiamavano: gli invidiavo quello spirito di servizio che la gente gli riconosceva riconoscente. Credo che nessun sardo di quelli  che stavano in Sardegna e andavano nei circoli sia mai stato tanto voluto bene quanto lui. Praticamente ho finito per andare quasi soltanto al Circolo “Logudoro” di Pavia, quando presidente della FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia) era Filippo Soggiu, che abitava proprio lì a Pavia. In realtà ci andavo chiamato come a un obbligo da Paolo Pulina, prima grande organizzatore di manifestazioni nel circolo, poi eletto a responsabile nazionale per i problemi della cultura. Paolo Pulina, ploaghese di nascita e di affetti (difficile dimenticarsene con tutti i libri e le pagine di storia e memorie che ci ha scritto sopra) era stato mio alunno al Liceo “Azuni” di Sassari alla metà degli Anni Sessanta. Nei primi mesi lavorava sui libri con una durezza d’impegno che ricordava la fatica di chi lavora la terra. L’intelligenza, motore di quell’indomabile afficcu, lo portò a buoni risultati scolastici sassaresi e l’accompagnò agli studi milanesi in via Festa del Perdono nei “meravigliosi” anni dei grandi movimenti studenteschi. Laureato in Lettere, lo ritrovai (anche se non ci eravamo mai persi di telefono) funzionario del Sistema bibliotecario della Provincia di Pavia. Con lui ho ritrovato, andando a Pavia, Gesuino Piga, a lungo anche presidente del circolo, che ricordavo autorevole direttore amministrativo dell’Università di Cagliari e grande amico del mio maestro Alberto Boscolo. A Pavia, l’inesauribile fantasia e, perché no, lo speciale attaccamento alla sua terra suggerivano a Pulina convegni e iniziative a nastro, tutti targati Sardegna. Pavia dovrebbero farla, per questo, una specie di città onoraria dell’emigrazione sarda. Qui del resto veniva spesso Tito Orrù, ispirato forse anche dall’aura risorgimentale che si respira nella città dei Cairoli.»

Dopo i saluti della presidente del “Logudoro” Paola Pisano, orgogliosa di poter onorare la memoria di una personalità così importante per la cultura sarda, ha preso la parola  Salvatore Tola, che dagli inizi degli anni Settanta del Novecento è stato il più stretto collaboratore di Manlio Brigaglia.

Il relatore ha sottolineato il fatto che «spesso intento a rivedere dattiloscritti e bozze che gli venivano affidati e impegnato a tutto campo sul fronte culturale, Manlio Brigaglia ha lasciato pochi e scarni scritti autobiografici. Per fortuna questa intervista (svolta a più riprese e da lui attentamente rielaborata fino agli ultimi giorni) getta luce sulla sua attività di collaboratore di riviste e giornali e, soprattutto, di “facitore” di libri. Attraverso questa lunga testimonianza, che pure non affronta altri aspetti importanti della sua vita di studioso e di insegnante, emerge il quadro di una complessa personalità di uomo di cultura e anche, più semplicemente, di uomo».

Salvatore Tola ha raccontato numerosi divertenti aneddoti riferiti alla sua pluridecennale frequentazione con il professore che gli hanno permesso di conoscerlo come grande uomo, esempio straordinario certamente di impegno culturale e moralità, ma anche campione per doti di spirito (per questo volume aveva concepito il sottotitolo: “Storia di uno che voleva fare l’editore ed è finito correttore di bozze”), la cui capacità affabulatoria era proverbialmente nota e attirava masse di ascoltatori  perché era condita con gli ingredienti di una verve inimitabile.

Salvatore Tola ha voluto soffermarsi su una delle tante opere cui Manlio Brigaglia ha legato il suo nome e che a Lui era particolarmente cara: “L’Enciclopedia della Sardegna” in tre poderosi volumi (PaoloPulina ha ricordato che, presentandola, Manlio Brigaglia aveva usato questo “comincio”: «“Questo l’ho fatto io”, come dice il titolo di una famosa rubrica della “Settimana enigmistica”»).

Ha detto Salvatore Tola: «Gli interessi del prof. Manlio Brigaglia erano sempre concentrati sulla Sardegna, la sua storia in primo luogo, ma poi anche tutti gli altri aspetti, dall’economia alle tradizioni, al paesaggio, al crescente sviluppo turistico. Fu da questa conoscenza capillare che nacque in lui l’idea di distribuirla, insieme a una squadra di bravi collaboratori, in una vera e propria enciclopedia: un’opera che, uscita in tre volumi tra il 1982 e il 1988 (concepita e curata da lui in collaborazione con i suoi allievi Antonello Mattone e Guido Melis, pubblicata dalle Edizioni Della Torre), può essere considerata il suo capolavoro nel campo della divulgazione. Non si tratta di un dizionario enciclopedico ma di un’opera a temi: i diversi aspetti dell’isola sono esposti in 156 saggi organicamente accostati e organizzati. Tutti i pezzi sono stati sottoposti a quel lavoro di revisione del quale era grande specialista: sempre con l’intento primario di renderli quanto più possibile leggibili».

Assente, perché ancora in Sardegna, Filippo Soggiu, presidente emerito del “Logudoro” e della FASI, dopo quello di Salvatore Tola sono seguiti altri intervenuti.

Il presidente onorario del “Logudoro”, Gesuino Piga ha ricordato la comune amicizia sua e di Manlio Brigaglia con il professor Alberto Boscolo ed il sentimento che lo ha sempre accomunato a Manlio Brigaglia per le sorti della Sardegna e per la necessità del riscatto economico e sociale dell’Isola.

Il professor Ettore Cau (che è stato docente di Paleografia e poi anche Preside per un anno della Facoltà di Magistero a Sassari nel periodo 1976-1980) ha rievocato i tempi in cui è stato frequentatore assiduo sia del prof. Brigaglia sia del comune amico, il gesuita prof. Raimondo Turtas, autore di una monumentale “Storia della Chiesa in Sardegna”.

Un ricordo è stato portato anche dal prof. Lucio Casali, pavese amante della Sardegna (fa parte della commissione cultura del “Logudoro”) e da Antonello Argiolas (presidente onorario  del Circolo “Grazia Deledda” di Magenta e componente del Comitato Esecutivo della FASI).

Paolo Pulina ha distribuito ai presenti copia del suo articolo apparso su questo sito: https://www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com/2018/07/il-libro-postumo-di-manlio-brigaglia-curato-da-salvatore-tola-e-sandro-ruju/

Edoardo Ruiu

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Con Salvatore Cubeddu, a  Meolo (Venezia), presso Palazzo Cappello, sabato 23 giugno 2018, ho dato vita a un piccolo convegno  sul tema: “Attilio Deffenu (Nuoro, 28 dicembre 1890 – Croce di Musile di Piave, 16 giugno 1918): intellettuale, giornalista, esponente del sindacalismo e dell’autonomismo sardo”. L’occasione è stata offerta dalle celebrazioni del Centenario della Grande Guerra. I luoghi della memoria: “Battaglia del Solstizio 15-22 giugno 1918”, organizzate dalla F.A.S.I. (Federazione Associazioni Sarde in Italia presieduta da Serafina Mascia), dai comuni di Fossalta di Piave, di Meolo, di Musile di Piave e dal Circolo culturale sardo “Ichnusa” di Mestre-Venezia, in collaborazione con Coldiretti Nord Sardegna – Associazioni Combattentistiche e Protezione Civile – Campagna Amica, e con il patrocinio della Regione del Veneto, della Regione Autonoma della Sardegna e della Città Metropolitana di Venezia.

Salvatore Cubeddu, da storico particolarmente esperto del sardismo e dei sardisti, ha ben ricostruito, con il sussidio di ampi documenti e delle autorevoli pagine commemorative scritte da Camillo Bellieni, il percorso biografico del giovane nuorese e l’evoluzione del suo pensiero riguardo alle sorti della Sardegna: da socialista e sindacalista rivoluzionario a teorico dell’antiprotezionismo; da nemico ideologico della guerra a fervente interventista, allo scoppio di quella che sarà la Prima guerra mondiale, essendosi convinto  della «necessità del conflitto in nome della civiltà europea e dell’avvenire della classe operaia, contro l’imperialismo dei tedeschi».

Da parte mia ho innanzitutto ricordato che Salvatore Murgia, nella quinta  puntata del suo scritto “Storie nostre. Francesco Dore (1860-1940), un medico olzaese prestato al giornalismo e alla politica” (ci si colleghi al link: http://www.labarbagia.net/notizie/attualita/8963/storie-nostre-francesco-dore-un-medico-olzaese-prestato-al-giornalismo-e-alla-politica-5-puntata), ha sottolineato la preoccupazione di Attilio Deffenu che gli fosse negata la partenza per il fronte dati i suoi trascorsi rivoluzionari e ha precisato come Attilio Deffenu riuscì a ottenere l’agognato arruolamento in prima linea: «Francesco Dore ebbe un ruolo decisivo, si può dire “fatale”, nell’aiutare Attilio Deffenu a raggiungere il fronte, da cui era tenuto lontano perché il Governo “temeva che egli vi volesse andare per farvi propaganda sovversiva contro lo Stato e la monarchia”. Nel febbraio 1916 Attilio Deffenu è, infatti, bloccato nell’Ospedale di Cagliari, dove divide la stanza con Carmelo Floris che “vorrebbe lavorare per la Sardegna”. A Cagliari ritrova anche il suo concittadino Francesco Ciusa “che mi sembra lavori, ma anche senta il peso della stanchezza”, e Mario Delitala “giovine e ardente, soldato di sanità”. In una lettera del giugno 1917 Attilio Deffenu chiede a Francesco Dore, “stimatissimo amico” delle antiche battaglie, “di fare qualche pratica perché quei precedenti non abbiano a costituire un ostacolo alla nomina” di aspirante ufficiale: egli voleva essere poi inviato “lassù dove farò con molto piacere alle schioppettate con gli austriaci”. E, alla fine, Francesco Dore riesce a convincere il generale Alfieri – allora sottosegretario al ministero della Guerra – “soltanto dopo avergli fatto garanzia che Attilio Deffenu avrebbe fatto al fronte il suo dovere di soldato, di patriota, e non la propaganda di un sovversivo”».

Sul ruolo del giovane Attilio Deffenu, che, raggiunto finalmente lo stato maggiore della Brigata “Sassari”, viene incaricato del servizio  propaganda, è fondamentale il  libro (quasi 400 fitte pagine)  sulla storia della Brigata curato da Giuseppina Fois nel 1981 per le Edizioni Gallizzi di Sassari (ripubblicato presso Della Torre nel 2006, riproposto in versione non integrale, in due volumi, dal quotidiano “La Nuova Sardegna” nel 2014). Alle pagine 169-172 la Fois pubblica la Relazione sui mezzi più idonei di propaganda morale da adottarsi fra le truppe della Brigata scritta dal sottotenente Attilio Deffenu nell’aprile 2018 e sottolinea che in essa viene «affermata la specificità del soldato sardo, che Attilio Deffenu tende a consolidare anche attraverso l’apprestamento di forme stabili di comunicazione sia all’interno della Brigata (un bollettino) sia  fra i sardi della Brigata e i sardi rimasti in Sardegna (un notiziario)».

Sul coraggio di Attilio Deffenu, che chiede di essere esonerato dalla carica di ufficiale addetto alla propaganda e all’assistenza presso il comando del 152° reggimento della Brigata “Sassari” perché vuole che gli sia affidato un plotone, e sulle ultime ore della sua giovane vita – cade valorosamente a Croce (frazione di Musile di Piave), al mattino del 16 giugno 1918 – il riferimento d’obbligo è al volume di Leonardo Motzo (che era stato comandante della compagnia d’assalto della “Sassari”), intitolato “Gli intrepidi Sardi della Brigata Sassari“, prima edizione 1930: si vedano le pagine 223-224 della terza edizione (Della Torre, 2007).

Il C.A. (aus) Enrico Pino, nel suo prezioso volumetto su “La Brigata ‘Sassari’ sul Piave  nella Battaglia del Solstizio”, opportunamente ristampato dalla F.A.S.I. per le manifestazioni del Centenario di quella battaglia dalle quali abbiamo preso le mosse, così racconta: «Alle ore 5,30 le prime pattuglie del 152° reggimento arrivano a nord di Croce, che trovano apparentemente sgombro e si dirigono verso Case Gradenigo. Alle ore 6,30 il 2° battaglione del 152° ha il primo contatto con il nemico a nord di Croce. Dopo un breve combattimento in cui fa prigionieri, continua il suo movimento, ma la resistenza degli austriaci, che possono usufruire anche dei nostri reticolati che erano stati posti a difesa del caposaldo, aumenta. Contemporaneamente, il movimento del 3° battaglione trova maggiori ostacoli e resistenza sulla destra del dispositivo del reggimento. Unità esploranti  sono state inviate in ogni direzione per frugare ogni casa, per individuare dove sono nascoste le mitragliatrici nemiche che sparano da ogni dove. Una di queste unità è agli ordini di Attilio Deffenu, il quale giunge con i suoi uomini davanti a Croce ma si rende immediatamente conto che il reparto è accerchiato; sente, però, che dietro di sé il battaglione ha preso contatto con il nemico ed ha iniziato il combattimento. La situazione è difficile ed il cerchio si sta stringendo. La pattuglia reagisce con violenza per sganciarsi, combattendo contro ingenti forze nemiche. Attilio Deffenu dirige gli uomini nel combattimento, ma una bomba raggiunge l’ufficiale che, ferito, in più parti del corpo, muore; è il primo degli ufficiali caduti nella giornata».

Ritornando alla Relazione sui mezzi più idonei di propaganda morale da adottarsi fra le truppe della Brigata, c’è solo un cenno ad uno “strumento” sul quale può far leva questa propaganda che Attilio Deffenu – ho scoperto, grazie alla collaborazione di Salvatore Tola, esperto ed appassionato di poesia in lingua sarda – tratta con ben più ampio approfondimento in un documento, che, salvo errore, può essere considerato fino ad oggi inedito.

Attilio Deffenu nella sua Relazione scrive: «Il vero figlio  dell’Isola – per qualunque causa si batta – sente il dovere di fare, come comunemente si dice, bella  figura, di non parer vile, mai, di fronte a qualsiasi pericolo. Una popolare canzone dialettale nata dalla guerra esprime assai bene questo diffuso stato d’animo quando dice, rivolgendosi al Sardo combattente: “Non solo i tuoi genitori, la tua donna, i tuoi parenti, la tua gente, ma anche i  sassi delle tue rocce si rivolteranno contro di te, se tornerai all’Isola con in fronte il marchio dell’infamia  e del disonore”».

Di che si tratta? 

Salvatore Tola sia  nel volume “La poesia dei poveri” (Cagliari, AM&D, 1997) sia nel saggio-antologia “La letteratura in lingua sarda” (Cagliari, CUEC, 2006) cita alcune frasi di un documento senza data intitolato “La canzone popolare sarda strumento di propaganda fra le truppe della Brigata ‘Sassari'” (depositato in “Fondo Deffenu” presso la Biblioteca “Satta” di  Nuoro). 

Escluso evidentemente, in base alle brevi citazioni pubblicate da Salvatore Tola, che potesse trattarsi di una copia con altro titolo della Relazione sopracitata, gli ho chiesto se poteva farmi avere il documento integrale. Così è avvenuto, e grazie alla cortesia di Salvatore Tola, è possibile pubblicare in questo sito l’interessantissimo documento. 

Paolo Pulina

La canzone popolare sarda strumento di propaganda fra le truppe della Brigata “Sassari”

di Attilio Deffenu

Una delle forme più efficaci di propaganda per i soldati sardi potrebbe essere costituita dalla canzone dialettale popolaresca.

Il sardo è per natura poeta: seguendo attraverso le desolate pianure del Campidano o pei sentieri erbosi nelle sterminate tanche fiorite il suo gregge randagio, accarezza con l’anima ingenua i sogni della sua nomade vita. Allora la fantasia si impenna ai voli e il canto sgorga appassionato e nostalgico dal suo cuore primitivo. La donna, le gioie della famiglia, i sacri doveri dell’amicizia, l’odio per il nemico, le gesta del pastore destro e forte, le opere dell’aratura e della vendemmia, le prodezze degli antenati gloriosi, il sogno della redenzione dell’Isola: tutto offre materia al sardo pastore. 

Nelle feste paesane poi – dove i costumi tradizionali e l’anima della primitiva terra trovano occasione di affermarsi attraverso una serie di usanze strane e pittoresche – il canto ha uno svolgimento ed un posto grandissimo. Si canta a gara, e la poetica tenzone acquista talvolta un carattere di asprezza e di vivacità che impressionano lo spettatore forestiero non prevenuto, perché attorno ai poeti si raccolgono e si formano due opposte schiere di partecipanti che stanno di fronte come due cani pronti alla zuffa; si canta da una voce di tenore isolata con accompagnamento dell’antica fisarmonica, si canta finalmente in coro. Niente v’ha di più caratteristico del canto corale sardo, strana monodia di voci gutturali che danno un senso di nostalgica melanconia che ricorda le nenie arabe.

Le tradizioni e le virtù poetiche dei sardi si sono conservate ed affermate anche attraverso la guerra attuale. C’è tutta una fioritura di canzoni dialettali nate dalla guerra, alcune delle quali – di notevole efficacia e ricche di concetti fortemente patriottici – hanno avuto un grande successo di diffusione e di popolarità.

Naturalmente il valore guerriero dei Sardi, le gesta gloriose della Brigata “Sassari” – che hanno avuto il meritato onore del riconoscimento ufficiale ripetute volte – costituiscono il tema quasi esclusivo del poetare dei sardi combattenti. Di tali componimenti è un saggio la canzone che si unisce (il testo di questa canzone non è presente, NdR). In essa un soldato dell’ottava compagnia descrive le ultime fortunate azioni della Brigata sugli Altipiani, alle quali egli stesso prese parte. La forma è primitiva, rozza, ma di indiscutibile efficacia e, nella sua ingenuità, il racconto risulta pieno di movimento e l’esaltazione finale del valore sardo sa trovare accenti di notevole eloquenza.

Il sottoscritto ne propone la stampa e la diffusione larga fra le truppe del Reggimento, convinto che ai fini di tenere alto il morale dei soldati ed accrescerne lo spirito combattivo gioverebbero tali pubblicazioni più che comuni pubblicazioni di propaganda, che non  arrivano – il più delle volte – a toccare il cuore e a far penetrare un’idea persuasiva nel cervello del nostro soldato.

Lo scrivente è convinto dell’opportunità di dare a tale forma di propaganda il più largo sviluppo: a tal fine propone di indire delle gare fra i poeti sardi del Reggimento per la compilazione di brevi componimenti dialettali di carattere guerriero ed improntati ai sensi del più ardente patriottismo. I componimenti giudicati migliori da una speciale commissione dovrebbero essere stampati e diffusi, e gli autori premiati con piccoli premi in danaro.

Tutto ciò che è gara stimola l’amor proprio del soldato, ne eleva il morale, ne accresce e lo spirito e l’energia.

Il sottoscritto non insiste sull’utilità di simile iniziativa: la Francia ha promosso in modo meraviglioso lo sviluppo della canzone popolare ai fini della propaganda di guerra: i più famosi poeti dialettali, per iniziativa dei comandi, circolano fra le truppe di prima linea per cantarvi le loro canzoni, tener lieto l’animo dei soldati, compiere opera salutare di resistenza e di incitamento.

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Pubblico qui una testimonianza fotografica del mio ultimo incontro con il Professor Manlio Brigaglia. All’ora di pranzo di giovedì 26 aprile ci aveva raggiunto in un bar-tavola calda di Sassari. Con me e mia moglie Marinella erano gli amici sassaresi Salvatore Tola, Sandro Ruju, Bruno Paba e Teresa e i presidenti dei Circoli sardi di Bareggio-Cornaredo (Franco Saddi con Rosa) e di Lecco  (Giuseppe Tiana con Patrizia).

Prima che il Professore  (per noi – nonostante la confidenza accordataci – era sempre il Professore con l’iniziale maiuscola) arrivasse,  Tola e Ruju mi avevano informato che aveva appena provveduto alla definitiva revisione del  libro con la lunga intervista che Gli avevano fatto nell’arco di diversi mesi sul suo infaticabile impegno come “facitore di libri”. I due intervistatori e l’Intervistato erano palesemente soddisfatti di avere finito il lavoro e così mi fu spontaneo chiedere al Professore qualche anticipazione su qualche personaggio che aveva incontrato  nel corso della sua sessantennale esperienza in campo editoriale. Per il Professore fu un invito a nozze: ricordò alcuni aneddoti spassosi con i quali era solito ravvivare i conversari con gli amici e le sue seguitissime conferenze pubbliche.

Tola e Ruju, che rientravano nella larga cerchia dei suoi amici, allievi e collaboratori, avevano pensato negli ultimi tempi a questa intervista (naturalmente – data l’abbondanza degli anni e delle realizzazioni – da svolgersi in diverse tappe), perché con il metodo del dialogo erano fiduciosi che avrebbero convinto il Professore, vicino alla soglia dei novant’anni ma sempre poco incline a scrivere di sé, a raccontare un aspetto poco conosciuto della sua inesausta attività di divulgatore culturale attraverso la carta stampata: cioè il  lavoro che sin da giovane aveva fatto, e che ha poi continuato sino agli ultimi giorni, per la “fabbricazione” dei libri: dalla revisione dei testi alla progettazione del singolo volume, dalla correzione delle bozze all’impaginazione delle fotografie, dalla scelta dei caratteri alla ideazione ed elaborazione grafica della copertina.

Nei giorni successivi alla morte improvvisa del Professore (10 maggio, a 89 anni), il discorso con Tola e Ruju non poteva non cadere su quale sarebbe stato il “futuro” di questo libro, manifestamente molto importante. I due amici intervistatori non solo  mi confermarono che il Professore aveva avuto il modo di rivederlo e di integrarlo ne varietur, ma mi informarono anche che lo aveva già consegnato a una casa editrice sassarese, Mediando, di Simonetta Castia.

Ho ricevuto una copia del volume, che la casa editrice  è riuscita a far uscire per il convegno in memoria del Professore che si è tenuto al teatro Civico di Sassari il 23 giugno: si intitola Tutti i libri che ho fatto e ha in copertina una foto che lo ritrae nel suo studio, in mezzo ai suoi tanti libri (conta 206 pagine e costa 20 euro).

L’intento di Tola e Ruju era quello di mettere in luce tutta l’attività che il Professore aveva svolto nei laboratori di stampa, fianco a fianco con gli amati tipografi vecchio stampo (risulta che aveva simpatia soprattutto per quelli sassaresi…); e visto che questa aveva avuto inizio con il periodico “Voce universitaria” e con il quotidiano “Corriere dell’Isola”, il racconto si sofferma molto, specie nella prima parte, sulle sue collaborazioni e le sue iniziative nel campo dei giornali e delle riviste; per lasciare poi gradatamente spazio ai libri.

I due intervistatori si dichiarano giustamente orgogliosi di essere riusciti  a portare a termine  il complesso lavoro (registrazione  del parlato, sbobinatura, digitazione dei testi, inserimento delle variazioni e delle aggiunte manoscritte dal revisore, scannerizzazione delle copertine) per il fatto che, nel corso della lunga e laboriosa gestazione del testo, il Professore  aveva avuto qualche momento di scetticismo, nell’incertezza se continuare o lasciar perdere. Poi però si era persuaso della necessità di portare a compimento l’opera, e si era messo a rivedere la prima stesura per correggerla, migliorarla e soprattutto integrarla, man mano che gli venivano alla mente altre iniziative, altri episodi, altri aneddoti: finalmente, dopo aver lavorato a tanti libri di altri, si dedicava a un libro suo. L’editrice ha poi aggiunto, a chiusura del volume, la riproduzione delle copertine delle riviste e dei libri ai quali era più affezionato.

Il metodo dell’intervista per un verso, il modo garbato e allo stesso tempo vivace di raccontare del Professore per l’altro rendono le pagine facili da leggere e a tratti anche avvincenti. Emerge così la figura di un intellettuale che non si accontentava di approfondire le proprie conoscenze, ma si preoccupava soprattutto di come allargare – e poi magari anche coltivare – il campo degli studiosi e dei lettori.

Il Professor Manlio Brigaglia era noto come docente per aver insegnato al mitico liceo “Azuni” di Sassari (Italiano e Latino), e poi all’Università; come storico, era grande conoscitore della storia della Sardegna e appassionato studioso di Emilio Lussu; come conferenziere, era “uno spettacolo” starlo a sentire: sempre in forma (informato, brillante e avvincente); come collaboratore di giornali, prima per il quotidiano di Cagliari “L’Unione Sarda” e negli ultimi decenni per il quotidiano di Sassari “La Nuova Sardegna”, era una firma che equivaleva a un brand, a una marca di successo: il lettore era sempre sicuro di vedersi proposti testi chiari, di agevole e spesso divertente lettura, anche quando riguardavano eventi e personaggi della storia sarda, di cui il Professore conosceva ogni dettaglio e ogni correlato aneddoto. Le sue rubriche sulla “Nuova Sardegna” di “Memorie sassaresi” e di corrispondenza con i lettori erano meritatamente popolarissime.

Leggendo le pagine di questo libro postumo, mi è venuta voglia di dire – per diversi fatti e giornali e libri evocati dal Professore -: “Io c’ero”. Mi limito a qualche minima notazione. Dice il Professore  a proposito della “Gazzetta Sarda”, settimanale del lunedì: «C’erano dei giovani, alcuni ancora studenti, e magari miei studenti del liceo, che poi hanno  fatto strada e lì alla “Gazzetta” hanno fatto pratica di giornalismo e di scrittura»: io molto modestamente dettavo dal telefono di casa di mia cugina maestra le cronache delle partite della Plubium, la squadra di calcio di Ploaghe, e quell’esercizio di velocizzazione della scrittura (dovevo essere pronto alla chiamata “a carico del destinatario” che arrivava non molto più tardi di un’ora dalla fine delle partite) mi è stato sicuramente utile…

Dice il Professore rispondendo a una domanda su un mio  aggio, presentato al Premio “Ozieri” intitolato La poesia dialettale  in Sardegna negli anni 1963-1965 (poi pubblicato nel 1982: la copertina fa bella mostra di sé nella appendice iconografica del libro): «Sì, Paolo lo scrisse nelle vacanze estive tra prima e seconda liceo o tra la seconda e la terza». Era l’estate del 1966, quindi nelle vacanze tra la seconda e la terza liceo: il Professore mi concesse di consultare a casa sua (allora abitava in via Marsiglia) della documentazione che si guardava bene dal “lasciare in giro”: la raccolta rilegata de “Il Democratico” e i testi dattiloscritti per le «trasmissioni settimanali (il venerdì) a Radio Cagliari, intitolata La  grande poesia in lingua sarda» (che poi ritrovai, con molto piacere, “riversati” nel volume Il meglio della poesia in lingua sarda, primo della fortunata collana “I grandi poeti in lingua sarda”).

Confermo che il librino Tempo d’esami, come ben ricorda Ruju nel libro (pagina 68), uscì presso Chiarella nel giugno del 1967 (in realtà gli articoli erano stati pubblicati sull’“Informatore del lunedì” nel giugno dell’anno precedente). I testi sono «dedicati agli alunni della mia “terza” di quest’anno e a tutti quelli che avrò (fin tanto che ci saranno “esami di maturità”)»: di quella “sua” terza facevamo parte anche Sandro ed io e non potevamo certo dimenticarcene…

Dati i debiti culturali contratti con Lui (a partire dai tempi del Liceo “Azuni”; per le Sue prefazioni ai miei libri su Ploaghe, compreso il volume che ho curato con Salvatore Tola sul canonico Giovanni Spano; per le Sue risposte positive a tenere conferenze presso i Circoli degli emigrati nell’Italia continentale), la mia soddisfazione era poterGli dimostrare riconoscenza facendoGli ben volentieri delle correzioni di bozze, qualche indice dei nomi, qualche ricerca bibliografica, scrivendo qualche cosa per le Sue riviste (“Autonomia cronache”; “Ichnusa”, ultima serie) e per i Suoi libri a più voci (Tutti i libri della Sardegna; Dizionario storico-geografico dei Comuni della Sardegna; La grande Enciclopedia della Sardegna per il quotidiano “La Nuova Sardegna”).

Non era proprio il caso che Lui mi chiedesse queste collaborazioni quasi scusandosi per il disturbo. Ma era fatto così: il Professor Brigaglia in qualsiasi ambito era lo stile in persona.

Paolo Pulina

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L’editore Carlo Delfino rilancia la collana che racconta i 377 comuni della Sardegna e che si propone non solo come tradizionale guida cartacea ma come un vero e proprio portale on line che «racchiude il patrimonio di storia, identità, saperi e cultura della nostra Sardegna».

Ad incoraggiare lo storico editore sassarese «nella sua monumentale impresa», il presidente dell’Assemblea sarda, Gianfranco Ganau, che nei locali del Transatlantico in Consiglio regionale ha presentato questa mattina l’opera, insieme con  l’assessore degli Enti locali, Cristiano Erriu; il direttore dell’Anci, Umberto Oppus; il presidente dell’Unione delle Pro Loco, Raffaele Sestu; i sindaci di Allai, Antonio Pili, e quello di Castelsardo, Franco Cuccureddu.

Sono 53 le guide dei singoli paesi già pubblicate (Allai è il centro più piccolo tra quelli editati mentre Castelsardo è l’ultima guida che è stata data alle stampe) e la collana potrebbe essere ultimata entro il 2022, grazie al contributo dei Comuni (acquistano mille copie al costo complessivo di 4.500 euro direttamente dalla casa editrice) ed all’impegno e agli investimenti della Delfino editore che, con il curatore Salvatore Tola, garantisce la salvaguardia del progetto editoriale caro al compianto Manlio Brigaglia e che si sviluppa con i seguenti tematismi: geografia e storia, economia e personaggi, feste, ricorrenze e costume tradizionale, gastronomia, piccola antologia, l’itinerario e informazioni utili.

«Un progetto pensato per i sardi – ha dichiarato Carlo Delfino – ma che offriamo a chi arriva nella nostra Isola per riscoprirne tradizioni e fascino». Una vetrina dell’identità che valorizza i nostri piccoli centri, l’ha definita Umberto Oppus, mentre l’assessore Erriu, nel ribadirne l’importanza e l’interesse anche per contrastare il fenomeno dello spopolamento, ha evidenziato il rischio che in tempi di crisi, soprattutto nelle amministrazioni locali, troppo spesso «si trascurino colpevolmente cultura e bellezza».

L’attenzione delle istituzioni, ad incominciare da quella del Consiglio regionale, è stata assicurata dal presidente Gianfranco Ganau che ha sottolineato l’unicità della collana (in nessuna delle Regioni italiane è stato sviluppato un progetto di cosi ampia portata) e la strategicità della proposta multimediale con il portale “Sardegnaincomune.it”.

Le singole guide sono distribuite in 1.100 edicole ed in 40 librerie della Sardegna, nonché negli aeroporti dell’Isola, nei circoli dei sardi in Italia e nel Mondo e offerte alle Pro-loco, alle amministrazioni locali ed alle biblioteche comunali.    

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Il prof. Manlio Brigaglia ci ha lasciato. Chi scrive avrà  modo più avanti di scrivere quale onore è stato per lui averlo avuto come professore di italiano al Liceo “Azuni” e come amico per tutte le occasioni in cui ha richiesto il suo giudizio illuminato per tutti i suoi libri relativi a Ploaghe e alla Sardegna e per tutte le volte che il Professore ha risposto – con la propria presenza, con il proprio sostegno, con la propria adesione – alle iniziative del mondo dell’emigrazione organizzata e in particolare della Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (F.A.S.I.). 

Oggi mi preme dire che il mondo dell’Emigrazione esprime sincero rimpianto per la perdita di un Amico che è stato sempre al suo fianco! Tutte le volte che mi capitava di passare a Sassari non si negava alla conoscenza dei miei compagni di viaggio dei Circoli degli emigrati. E tutti Lo ringraziavano con deferenza per la cortesia che il Professore usava nei loro confronti, interessandosi alle vicende del circolo di Cesano Boscone, di Fiorano Modenese, di  Rivoli, di Bareggio, di Lecco. Con i presidenti di questi due ultimi Circoli lo abbiamo salutato all’ora di pranzo giovedì 26 aprile, prima di riprendere la strada per Cagliari, per partecipare alla celebrazione de “Sa Die de sa Sardigna” insieme al Consiglio regionale. Il Professore appariva certo stanco ma non mancò di regalarci qualcuno dei suoi gustosi aneddoti, in particolare – data la presenza di Salvatore Tola e di Sandro Ruju, autori di una lunga intervista con Lui sull’argomento – relativi alla sua incommensurabile attività di “facitore di libri”. Io e Bruno Paba e gli amici di Bareggio e Lecco e le nostre mogli salutammo il Professore con negli occhi la felicità di averlo avuto ospite alla nostra tavola.

Non potevamo sapere che dovevamo conservare – come un prezioso “soldino dell’anima” – le immagini di quell’incontro, compresa l’ultima che ci è rimasta nella mente/memoria: Lo rivediamo a fianco di Sandro che Lo accompagna nella sua mitica abitazione/studio di Viale Umberto 124. Caro Professore, il mondo dell’Emigrazione saprà ricordare come merita la sua opera di valorizzazione delle esperienze degli emigrati. Siamo a Parigi – come La informai a Sassari – per ricordare la ricezione delle opere e del pensiero di Antonio Gramsci in Francia. A Parigi sabato mattina ricorderemo Gramsci e anche il professor Manlio  Brigaglia.

Paolo Pulina

Vicepresidente della F.A.S.I.