24 April, 2024
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Il presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, Tarcisio Agus, ha inviato una riflessione sull’esclusione dalla Rete dei Geoparks Unesco, ai membri dell’UNESCO Global Geoparks Council.

Di seguito, il testo integrale.

«Gent.mi, dopo l’informale comunicazione dell’uscita dalla rete dei Geoparks Unesco del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, dataci nella cornice del 15° European Geoparks Conference, presso il Natural Park di Sierra Norte de Sevilla ed il diluvio mediatico di critiche e disappunto ricevuti in Sardegna, sentiamo il dovere di chiedervi una ulteriore riflessione nel merito, visto l’accidentato percorso per il riconoscimento ed il mantenimento nella rete del Parco Geominerario Storico ed Ambientale della Sardegna.

Preso atto che le ispettrici Mr Marie Luise Frey e Mr Cathrien Posthumus hanno esercitato a pieno il loro dovere, riconoscendone la correttezza ispettiva ed il severo giudizio; crediamo che lo sforzo della rivalidazione del luglio scorso, nelle condizioni date, non poteva che portare all’anticipazione di Siviglia, con l’esclusione del Parco dalla Rete per mancanza dei requisiti minimi. Allora chiediamo: perché non considerare il Parco Geominerario Storico ed Ambientale della Sardegna, articolato su otto aree omogenee, come l’equivalente in Italia del Geoparco delle Azzorre in Portogallo o delle isole Oki in Giappone?

Ci spiace, perché dopo il cartellino verde del 2013, che dava per superato il limite delle otto aree, in virtù anche del fatto che la sua formazione unitaria e gestionale è sancita da una legge dello Stato Italiano, nonché da Voi successivamente accolta e sottoscritta con la firma della “Carta di Cagliari”.

Ci si rende conto che il regolamento dei Geoparks persegue l’elemento fisico territoriale unitario, pur sapendo, come detto, che il Parco Geominerario della Sardegna, ha precedenti riconoscimenti e realtà similari nel mondo.

Non sappiamo ancora se nell’immediato sia possibile riproporre una candidatura sull’intera isola, perché così come si evince dalle principali raccomandazioni del report ed in particolare: “Creare una forte rete attiva alla quale partecipino allo stato attuale tutti i comuni, il governo regionale della Sardegna, le Università, le organizzazioni turistiche ed altre organizzazioni importanti per lo sviluppo del Geoparco”, si ha necessità di un tempo congruo per una azione sinergica che consenta a tutti i soggetti su menzionati di elaborare, programmare e strutturare la rete per poter raggiungere  l’importante obiettivo. Questa fondamentale azione, comunque, comporterebbe una interruzione dei rapporti con la rete dei Geoparks Unesco e quelle raccomandazioni possibili andrebbero in standby.

Oppure come più volte da voi sollecitati, abbandonare l’idea di una “Sardinia Unesco GlobalGeoparks”, per una scelta più contenuta di una delle otto aree, determinando però di fatto la rottura dell’unitarietà culturale, storica e tecnologica che lega le otto aree in un caleidoscopio naturalistico ed umano che da tempo, pur con le sue difficoltà, viene gestito con un concetto olistico caro alla rete dei Geoparks.

Vorrei in questa circostanza, ricordare l’unica sezione ispettiva, quella del 2013, che colse la piena adesione ai dettami dei Geoparks, pur in ambiti separati, ma unitari culturalmente, storicamente ed amministrativamente, in quanto, se il cartellino verde non fu dato per mero errore, oppure, come si dice all’italiana, su pressioni politiche, ma in piena consapevolezza, perché l’ispezione avvenne entro alcune delle otto aree, con la valutazione che ben conoscete: «Il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna ed un geoparco efficace e perfettamente funzionante e che nessuna delle problematiche riscontrate in merito al precedente cartellino giallo del 2011 non destano più preoccupazione».

Non ci stupisce che in quella circostanza le nostre “Azzorre”, abbiano stracciato il ferreo regolamento dell’unitarietà fisico-territoriale e rappresentato pienamente il senso d’appartenenza delle comunità e la loro identificazione con l’area parco.

Ma non solo, le otto aree, oltre che contenere i così detti geositi minerari, custodiscono e tutelano geositi naturali che in stretta connessione con le comunità locali rappresentano e si integrano con la cultura millenaria delle loro genti.

Basterebbe partecipare alle tante iniziative che le associazioni, create da ex minatori in ogni area del Parco, per capire il senso di appartenenza. L’ultima in ordine di tempo nella piccola frazione di San Benedetto ad Iglesias, dove risiedono 600 abitanti, erano presenti un terzo della popolazione, per il 6° Convegno annuale: “San Benedetto, la miniera, la comunità”.

Nel Parco, con i geositi minerari, le comunità locali danno “vita” a molti degli ulteriori geositi naturali presenti, di cui ne conoscono l’evoluzione geologica e li animano nelle svariate forme ancestrali.

Tanto per fare qualche esempio, presso la miniera di Montevecchio, si erge l’importante geosito delMonte Arquentu, da “Erculentu”, un profilo umano dedicato ad Ercole e visibile da km di distanza.

Già le genti semitiche lo frequentavano, con l’ascensione verso la sua sommità, nell’ipotetico incontro tra terra e cielo, ed ancora oggi, per le genti dell’area del Guspinese-Arburese, quello strano geosito dal profilo umano, rappresenta una icona di grande suggestione e fascino che si tramanda da padre in figlio.

Di questi esempi le nostre otto aree sono disseminate, a rappresentare, una continuità territoriale unitaria che nessun limite geografico può spezzare.

Così pure dicasi per i 141 geositi minerari, entro le “Azzorre” sarde, ove uomini, donne e bambini, hanno con la loro fatica concorso all’estrazione di quei preziosi minerali, tra formazioni scistose-metamorfiche, siluriane, porfidi, graniti, formazioni calcaree eoceniche, etc., in un’unità esperenziale che crediamo vada oltre il mero confine territoriale.

Uomini e donne che hanno contribuito, con il loro lavoro ed intelletto, ad alleviare la fatica umana con nuova tecnologia, vedi la realizzazione di macchine come l’autopala, ancora oggi diffusa nelle miniere del mondo, che strappò l’uomo dal mero uso delle braccia e del corpo nelle faticose attività in sovra e sottosuolo.

Ma non solo, l’unitarietà del Parco è rappresentata anche dalle tragedie e dalle grandi conquiste sociali che videro migliaia di uomini e donne in tutto il territorio del Parco ottenere importanti progressi sociali che si riverbereranno in Italia e nel mondo, come le otto ore lavorative, ancora in auge, o la coscienza collettiva nel lavoro che supera il corporativismo e già nel 1903, si spuntano pari dignità lavorative e salariali, tra gli operai assunti dalle società minerarie e lavoratori assoldati da società esterne che avevano lavori in appalto nella stessa miniera.

I geositi minerari stanno in stretto rapporto con le genti che gli abitano e che da anni ne tramandano gli aspetti geologici e tipologici, perché gli hanno “toccati con mano”, mentre le comunità stanno in un rapporto stretto tra ambiente e territorio in ogni area del parco, senza soluzione di continuità.

Quest’ultimo aspetto lo si stava dimostrando anche con i primi passi mossi dal GeoFood, che tendeva a sostenere, con i primi prodotti provenienti dalle aree interne dell’isola, la residenzialità, nell’ottica di poter concorrere ad arrestare lo spopolamento interno e dare un valore aggiunto alle piccole imprese famigliari, detentrici di sapori e saperi antichi radicati nel tempo.

Potremmo a lungo sviluppare diverse caratteristiche del Parco Geominerario Storico ed Ambientale della Sardegna per trovarci, pur “divisi”, la stessa flora, la stessa fauna, gli stessi paesaggi che caratterizzano il suolo di Sardegna e la stessa storia, in una unitarietà territoriale che di fatto annulla la fredda divisione di una geografia fisica rappresentata solo sulla carta.

Noi crediamo che il Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, come il Geoparco delle Azzorre o il Geoparco delle isole Oki, nel mar di Giappone, possa continuare a dare valore alla rete dei Geoparks Unesco, con la differenza che i due parchi immersi nel profondo blu dei propri mari, non potranno estendere le buone pratiche ai territori vicini, mentre le nostre “isole” potranno contaminare, così come si è cercato di fare in quest’ultima rivalidazione, i territori circostanti, sino al coinvolgimento dell’intera isola di Sardegna, nelle more dell’auspicata rete per la candidatura dell’intera isola a “Sardinia Unesco Global Glopark”.

Pertanto, Vi invitiamo a ripensare quanto anticipatoci a Siviglia, riportando il Parco nell’ambito della Rete Unesco Global Geoparks, con un nuovo cartellino verde, per meglio tutelare, valorizzare, promuovere e risanare un territorio ferito dallo sfruttamento di importanti geositi, per affrontare con consapevolezza e senza interruzioni con la Rete, un nuovo sviluppo sociale ed economico che i Global Geoparks Unesco auspicano nei propri territori, tanto più dovrebbe essere, in quelli feriti e meritevoli di un autentico riscatto, ambientale, sociale ed economico.

Il nostro impegno sin da ora, è quello di tenere in debito conto le importanti raccomandazioni delle ispettrici e pur con le nostre possibilità strutturali e umane, sulle quali si sta cercando di intervenire, vorremmo poter continuare nel cammino del mantenimento della Sardegna nella rete dei Geoparks, sulla base delle aree in esso costituite, dentro il perimetro naturale dell’isola di Sardegna.

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Dopo le infuocate polemiche a nota stampa, ove è prevalsa la mera volontà di additare il Parco Geominerario, irresponsabile, per il non acquisto della raccolta dei minerali più nota come “Collezione Manunta“, senza porsi minimamente il dubbio, se a fronte delle resistenze del Consiglio direttivo di deliberarne l’acquisto, vi fosse una “ragion di stato” che potesse impedirlo.

In più occasioni si è cercato di far capire che l’uso delle risorse pubbliche, anche per l’acquisto di beni importanti per la collettività, deve esser fatto seguendo i crismi della legalità, pena l’obbligo di rifondere lo Stato, da parte dei componenti il Consiglio direttivo, del danno subito.

Quest’ultimo elemento per molti marginale, era l’argine all’agire, in quanto, si forzava l’acquisto di una raccolta di minerali, pur importante ed unica a detta di tutti, ma in mano ad un privato e non certificata.

Elementi ribaditi più volte, non ultimo nell’incontro del 18 dicembre 2018, promosso dalle Associazioni mineralogiche della Sardegna, ove il Parco, onde superare i dubbi del Consiglio Direttivo, assunse l’impegno di chiedere, al ministero vigilante dell’Ambiente ed al ministero dei Beni Culturali, titolare della tutela del patrimonio culturale, delucidazioni nel merito.

Atti immediatamente posti in essere con le rispettive comunicazioni.

L’Unesco ed il Ministero vigilante, non risposero mai alle note, mentre lo fece il ministero dei Beni culturali che incaricava la soprintendenza di Cagliari a verificare il caso.

Subito la soprintendente, dott.ssa Maura Picciau, convocò il Presidente, che ebbe modo di rappresentarle le problematiche del caso ed i dubbi del Consiglio direttivo, avviando, d’intesa con il Parco, procedure ed azioni che hanno portato nei giorni scorsi all’importante pronunciamento del Mibact.

In data 16 gennaio 2020 il ministero inviava al sig. Manunta e per conoscenza al Parco, il decreto di tutela diretta, ai sensi del D. Lgs. n. 42/2004, con la seguente motivazione:

«I beni minerari mobili individuati come “collezione mineralogica Antonio Manunta”, composta da 4.621 esemplari, come analiticamente descritti nella Relazione tecnico-scientifica allegata, sono dichiarati di interesse culturale particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. d) del Codice dei Beni culturali, e sono dichiarati altresì di eccezionale interesse, come complesso, ai sensi dell’art. 10, comma 3 lettera e) del medesimo Codice dei Beni culturali, per motivi importanti in premessa e più ampiamente espressi nella Relazione tecnico-scientifica; i suddetti beni sono quindi sottoposti a tutte le disposizioni di tutela contenute nel predetto Codice.»

Questo nuovo stato della raccolta di minerali del sig. Manunta, oggi tutelata e classificata dal ministero dei Beni culturali, come “Collezione mineralogica Antonio Manunta”, ha dato motivo al Consiglio direttivo del Parco di procedere al riesame della proposta del sig. Manunta e nelle more di scadenza (30 giorni) di un possibile ricorso, il Parco ha già sentito il sig. Manunta e nella seduta del Consiglio del 7 febbraio scorso, ha deliberato il  parere favorevole all’acquisizione.

Ora il sig. Manunta dovrà comunicare al Ministero la volontà di cedere al Parco la sua collezione, a titolo gratuito oppure oneroso, ed in tal caso comunicarne il valore, in quanto il Ministero, con il decreto di tutela, è titolare del diritto di prelazione.

Prof. Tarcisio Agus

Presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna

 

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Dopo il tavolo tecnico, tenutosi presso l’assessorato regionale dell’Ambiente il 14 gennaio scorso, ove si sono affrontati i temi della bonifica del rio San Giorgio ad Iglesias e quello del 22, per la bonifica della miniera di “Su Zurfuru” a Fluminimaggiore, possiamo dire che il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna finalmente dà il suo pieno contributo scientifico e di salvaguardia, tutelando, oltre che l’ambiente, il recupero di ambiti storico culturali da salvare che altrimenti andrebbero persi.

Grazie all’opera del Comitato Tecnico Scientifico, che non si riunisce più solo ed esclusivamente per i nulla osta su pratiche edilizie, ma entra nel merito a pieno titolo, sulle opere di bonifica che finalmente, dopo anni di stasi e qualche sporadico intervento, sono ormai decisamente in fase di avvio. Ai tavoli tecnici il rappresentante del Parco viene ora affiancato dal prof. Nanni del Giudice, del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Cagliari, componente esperto del Comitato, per l’assenza nell’organico dell’Ente di un tecnico ambientale.

Con questo nuovo corso il Parco Geominerario da soggetto, sino a questo momento, possiamo dire passivo sulle opere di bonifica, oggi, in stretta collaborazione con l’assessorato regionale dell’Ambiente ed i Comuni interessati, non si sottrae più all’indirizzo assegnatole dal Decreto Istitutivo, in particolare l’art. 2 comma 2: curare, d’intesa con gli enti locali preposti, il coordinamento degli interventi di bonifica, di riabilitazione e di recupero dei compendi immobiliari ex-minerari di cui agli specifici piani previsti dalle norme vigenti.

Diventa sempre più impellente procedere alle bonifiche ed in particolare nei luoghi di fruizione turistica, tema quest’ultimo prepotentemente emerso questa estate agli onori della cronaca, con la limitazione ai bagnanti ed ai frequentatori delle aree marine di Masua ad Iglesias e di Piscinas ad Arbus.

La bonifica del Rio San Giorgio e di “Su Zurfuru”, affronta, oltre i temi ambientali e di salute pubblica, anche il tema della fruizione di aree a vocazione turistica, in particolare a “Su Zurfuru”, frequentato  tutto l’anno, per la presenza del’interessante compendio museale.

“Su Zurfuru”, potrebbe rappresentare l’apri pista per tutti quei compendi ex minerari che ancora attendono d’esser messi in sicurezza e bonificati e che hanno potenzialità turistiche inespresse, causa il perdurare dello stato di degrado e dell’inquinamento ancora oggi presente.

Il complesso minerario adagiato su un crinale della montagna, oltre l’abitato di Fluminimaggiore lungo la via per il sito archeologico di Antas, custodisce un prezioso museo e importanti macchinari entro la laveria, ma queste ed altre testimonianze storiche ed architettoniche sono attorniate da diverse discariche che ne limitano la fruizione.

Il Parco ha espresso parere positivo per le bonifiche proposte ed  in particolare quelle che interessano le aree circostanti il patrimonio ex industriale, ad eccezione, per la sua importanza storica ed antropologica, della discarica creatasi dall’opera delle cernitrici, che riversavano, all’esterno della laveria, le parti scartate dalla cernita dei minerali.

Una importantissima testimonianza del lavoro femminile in miniera che dovrà essere salvaguardata in situ, con il recupero e la messa in sicurezza stabile, diventerà la prima area di studio e di fruizione scientifica a cielo aperto, grazie anche alla tipologia e consistenza di mineralizzazioni presenti di calcite, pirite, galena ed altre minori.

Prof. Tarcisio Agus

Presidente Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna

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Quest’anno ricorre il 60º anniversario del decesso – per un tragico infortunio sul lavoro avvenuto il 27 maggio 1959 nei silos dell’approdo di Porto Flavia – del minatore Vittorio Piras. Giovedì prossimo, 5 dicembre 2019, dalle ore 12.00, nel piazzale esterno di Porto Flavia, l’Associazione Minatori Nebida Onlus, d’intesa con l’Amministrazione comunale d’Iglesias e l’assessorato regionale dell’Industria, predisporrà all’esterno della galleria d’accesso una targa a ricordo del sacrificio di un lavoratore stimato ed apprezzato. Alla cerimonia, assistita dal parroco di Nebida, parteciperanno il sindaco di Iglesias Mauro Usai, l’assessore regionale dell’Industria Anita Pili, il presidente del Parco Geominerario Tarcisio Agus, l’IGEA, le organizzazioni sindacali, e i famigliari del minatore deceduto. L’incontro sarà un momento di condivisione del sentimento di considerare Porto Flavia non solo luogo di interesse turistico e paesaggistico – come oggi è – ma soprattutto quale segno del lavoro, della fatica, dell’ingegno e dei sacrifici delle tante persone che quel luogo hanno contribuito a edificare. Sarebbe molto gradita la vostra partecipazione.

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Dopo la positiva conclusione della Conferenza di servizi ed a seguito della comunicazione di IGEA, sulla messa in funzione dell’ascensore nel sito, stamane la “Grotta Santa Barbara” è stata riaperta al pubblico. Si tratta di un importante traguardo per l’Amministrazione comunale di Iglesias, in attuazione della normativa prevista con la legge 5 del 2015, che impone l’avvio di una procedura di conversione per il sito a fini turistici.

«Abbiamo perseguito questo risultato con tutte le nostre energie – ha detto il sindaco Mauro Usai – per rispettare il programma elettorale che mette in cima all’agenda politica la tutela del nostro territorio e la sua valorizzazione nell’ottica dello sviluppo turistico. Questo sarà possibile grazie all’impegno delle nostre neoassunte guide turistiche, ed attraverso la sinergia con il Consorzio Turistico per l’Iglesiente, con il fine di potenziare la fruizione dei siti per i visitatori e la promozione del territorio. Il prossimo passo sarà l’apertura della Galleria Villamarina, un altro sito dal grandissimo valore storico e naturale.»

«La “Grotta Santa Barbara” è un’eccellenza – ha concluso il sindaco Mauro Usai – che finalmente è entrata a far parte del patrimonio di tutta la comunità.»

All’inaugurazione, con il sindaco Mauro Usai, erano presenti l’assessore regionale dell’Industria Anita Pili, il consigliere regionale Michele Ennas, il presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, Tarcisio Agus, il presidente della Fondazione del Cammino Minerario di Santa Barbara, Giampiero Pinna, ed il sindaco di Gonnesa, Hansel Christian Cabiddu.

La “Grotta Santa Barbara” sarà visitabile ogni venerdì, sabato e domenica, con quattro turni giornalieri, con visite guidate alle ore 10.00, 11.30, 14.00 e 15.30.

E’ possibile prenotare le visite sul sito internet www.visitiglesias.comune.iglesias.ca.it e, per i gruppi organizzati, presso l’Ufficio Turistico, al numero di telefono 0781 274507.

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Nei giorni scorsi sulla stampa e sui giornali online si è letto un po’ di tutto, ma alcuni aspetti hanno bisogno di qualche ulteriore elemento conoscitivo per una compiuta analisi dei temi trattati.

Nel merito, sull’abbandono delle Associazioni, il Consiglio Direttivo del Parco non ha mai pensato di abbandonare gli Enti che gestiscono Serbariu/Carbonia e Rosas/Narcao ma da tempo chiedeva, sulla base delle osservazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di adeguarsi, in particolare al fatto che le somme trasferite devono essere motivate in maniera chiara e circostanziata, nonché rendicontate. Così pure devono essere adeguati gli Statuti, in quanto non ammissibile il carico del 50% delle eventuali perdite, visto anche il ruolo minoritario dell’Ente Parco nei C.d.A. Situazione già verificatasi con l’Associazione S.P.I.E.Me di Carloforte, ove il Parco è chiamato a sanare un disavanzo di 158.000 euro.

Sulla base dell’ordine del giorno del 4 ottobre scorso della Comunità del Parco, il Consiglio Direttivo ha liquidato le spettanze alle Associazioni ed ora si è in attesa degli adeguamenti richiesti.

Si attui il Piano di Gestione! Non faccio tutto l’excursus, mi limito solo agli ultimi atti, da me a suo tempo assunti, dopo che il piano giaceva in un cassetto da tre anni.

Questa gestione ha sottoposto all’approvazione della Comunità del Parco il Piano di gestione in data 25.10.2017 e al Comitato Tecnico Scientifico in data 10.04.2018. Con la Deliberazione Commissariale n. 8 del 12 Aprile 2018, il piano veniva esitato dal Parco, per essere poi trasferito alla Regione per la sua definitiva approvazione, sulla base dell’Atto di Indirizzo dato, con la Delibera di Giunta n. 34/10 del 2.9.2014. “Il Piano è adottato dalla Giunta regionale, sottoposto al Parere della Comunità del Parco e approvato in via definitiva dalla Giunta regionale”.

Il Piano di Gestione dei siti Prioritari non è stato mai approvato in via definitiva dalla Giunta, svilendo, di fatto, l’autorevolezza del Parco. Pur in presenza di accordi di gestione, i comuni di Iglesias e Buggerru, in assenza del via definitivo della Regione, hanno preferito alla gestione condivisa con il Parco, una gestione autonoma. Ma non solo, senza quella approvazione è rimasta in capo all’Igea la gestione dell’archivio Minerario, prevista dalla delibera di indirizzo del 2014. Così pure è rimasta sulla carta, fra Parco Geominerario e Igea S.p.a., la stipula di contratti di manutenzione e mantenimento in sicurezza dei siti minerari.

Per quanto riguarda la lettera ai Sindaci, da me inviata in seguito alla seduta della Comunità del Parco del 4 ottobre scorso u.s., questa tendeva solo a puntualizzare alcuni degli aspetti oggetto di continue polemiche.

Nessuno cerca responsabili, ma molti aspetti del Parco vanno puntualizzati, altrimenti non si capisce il suo ruolo e le decisioni del Consiglio Direttivo.

Contrariamente a quanto affermato, la riperimetrazione del Parco per liberare i cittadini, le imprese e gli stessi uffici del Parco da costosi e inutili adempimenti burocratici, ferma per oltre 15 anni, è stata, dalla gestione attuale, completata e definita la parte tecnica, effettuata attraverso specifico accordo di programma con la Regione Sardegna. É in fase di realizzazione il regolamento di attuazione, cui speriamo presto di poter ottemperare.

La Laveria “La Marmora”. Oggetto di attenzione fin dal 2008 e con un primo finanziamento di 600mila euro nel 2009, posto a disposizione dal Parco con la delibera n. 37 del 17/06/2010, sulla base di un Protocollo di intesa tra Parco, Igea S.p.a, Carbosulcis S.p.a e la Soprintendenza per i Beni architettonici.

Operazione avviata due anni dopo (2012), con un progetto parziale di risanamento, portato in parte a termine con non poche problematiche e concluso nel 2017. Nel frattempo, anche l’Amministrazione provinciale di Carbonia Iglesias inseriva l’approdo della laveria nel progetto integrato degli approdi minerari (delibera n.195 del 30/04/2012). Si arriva così a novembre del 2016, con la predisposizione di un ulteriore  accordo di programma, stipulato il 2 Dicembre 2016, con il Coordinamento regionale Piano Sulcis, il Mibact, la Soprintendenza Archeologica e Beni Culturali, il Consorzio del Parco, la Provincia del sud Sardegna, il Comune di Iglesias, l’Igea S.p.a ed l’ARST S.p.a. L’“Accordo per la messa in sicurezza e valorizzazione della laveria La Marmora – Nebida”, veniva finanziato con un piano di interventi stimato in 1.750.000,00 euro, da rendersi disponibili nel 2017, mediante utilizzo dell’avanzo di amministrazione, a valere sul bilancio del Parco Geominerario.

Questa gestione amministrativa interviene per la prima volta al tavolo dei sottoscrittori l’accordo, in data 11 settembre 2017, ove si faceva il punto sulle azioni svolte e si chiedevano al Parco le risorse da trasferire alla Soprintendenza e alla provincia del sud Sardegna. Somme rispettivamente necessarie per i rilievi topografici e documentali, atti a predisporre il documento preliminare alla progettazione e l’incarico professionale per il recupero dell’approdo al mare. Questi trasferimenti di risorse, su un bene non di proprietà, posero da subito al Parco un problema di legittimità, così pure l’utilizzo dell’avanzo.

Le somme erano allocate nei capitoli di spese in Conto Capitale, per interventi su beni non di proprietà. Impegni peraltro non utilizzabili, perché non vennero chiusi i bilanci consuntivi del 2016 e del 2017, bilanci definiti dall’attuale gestione nel 2018. A seguito delle osservazioni fatte dai revisori, fu noto che quelle somme non sarebbero potute stare in Conto Capitale, per cui, con il Bilancio 2018, le abbiamo salvate trasferendole nei capitoli di investimenti.

Ora l’iter può essere ripreso perché non si è cercato giustificazioni al passato, si è agito per risolvere i problemi secondo norma. La giusta rotta la si sta attuando, nel rispetto e riordino di situazioni non chiare e nelle more dell’insediamento del nuovo Collegio dei Revisori dei Conti, che attendiamo da otto mesi. Di fatto, questo ritardo ingessa la parte più rilevante delle iniziative del Parco, in assenza dell’approvazione del rendiconto 2018.

Prof. Tarcisio Agus

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A distanza di due giorni dalla decisione della Commissione (Executive Board) dell’Unesco Global Geoparks che ha espulso il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, dalla Rete Mondiale dei Geoparchi, nel corso del vertice tenuto a Siviglia, il presidente del Parco Geominerario Tarcisio Agus ed il direttore Ciro Pignatelli, hanno tenuto ieri mattina una conferenza stampa nella sede di Iglesias, nel corso della quale hanno spiegato come si è arrivati a questo punto ed i prossimi passi che verranno fatti per cercare di “salvare” il futuro del Parco.

Il direttore Ciro Pignatelli ha ricostruito la storia ormai ventennale del Parco Gominerario e tutti i passaggi che hanno portato ai vari pronunciamenti dell’Unesco che in una prima fase aveva premiato con il marchio UNESCO, un progetto, un’idea che aveva bisogno di essere tutta costruita: l’idea di poter ambire ad essere il geoparco più grande d’Europa.

Ma già i due cartellini gialli avevano mostrato la complessità di un processo, per la cui realizzazione c’era la necessità di forti strutture politico-istituzionali ma anche di un efficiente apparato tecnico, di assunzione di responsabilità politica e anche di una condivisione e collaborazione totale di tutte le aree che, sulla carta, formano il grande progetto Unesco.
«Ce l’abbiamo messa tutta anche con i pochi mezzi, la scarsità di personale e molta parte che remava contro – hanno detto Tarcisio Agus e Ciro Pignatelli -, ma sapevamo che sarebbe stato difficilissimo unire aree della Sardegna sotto un unico sistema, laddove c’è frammentazione, chiedere collaborazione laddove c’è crisi e resistenza, chiedere condivisione laddove c’è scarsissima conoscenza del patrimonio geominerario dei propri territori.»
Tarcisio Agus ha annunciato di aver chiesto un incontro al presidente della Regione, al quale riferirà tutti gli ultimi avvenimenti.

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La Commissione (Executive Board) dell’Unesco Global Geoparks ha espulso il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, dalla Rete Mondiale dei Geoparchi. Il verdetto, in buona parte temuto e prevedibile, è stato ufficializzato ieri a Siviglia, a distanza di due mesi dall’ispezione compiuta dalle due commissarie, l’olandese Marie Louise Frey e la tedesca Cathrien Posthumus.

A distanza di poche ore, il presidente del Parco Geominerario Tarcisio Agus ed il direttore Ciro Pignatelli, hanno diffuso una nota di commento alla decisione dell’Unesco, che riportiamo integralmente.

«Era stato premiato con il marchio UNESCO, un progetto, un’idea che aveva bisogno di essere tutta costruita: l’idea di poter ambire ad essere il geoparco più grande d’Europa.
Ma già i due cartellini gialli hanno mostrato la complessità di un processo, per la cui realizzazione c’era la necessità di forti strutture politico-istituzionali ma anche di un efficiente apparato tecnico.
Di assunzione di responsabilità politica (la prima che è venuta meno nell’avvicendarsi di maggioranze più o meno sensibili al progetto), ma anche di una condivisione e collaborazione totale di tutte le aree che, sulla carta, formano il grande progetto UNESCO.
Ed è ciò che noi abbiamo cercato di realizzare, la parte più difficile da gestire: la conclusione del processo che ci avrebbe portato dentro o fuori dall’UNESCO (visto che non erano più possibili cartellini gialli).
Ce l’abbiamo messa tutta anche con i pochi mezzi, la scarsità di personale e molta parte che remava contro.
Ma sapevamo che sarebbe stato difficilissimo unire aree della Sardegna sotto un unico sistema, laddove c’è frammentazione, chiedere collaborazione laddove c’è crisi e resistenza, chiedere condivisione laddove c’è scarsissima conoscenza del patrimonio geominerario dei propri territori.
E noi, arrivati solo due anni fa sapevamo di avere ricevuto un compito ben arduo.
Fare il miracolo di chiudere il processo, e rendere unite, collaborative e consapevoli del proprio patrimonio, tutte le aree del Geoparco UNESCO.
Ma, non si può creare ciò che esiste solo sulla carta.
Questo ci hanno detto i commissari dell’UNESCO, i quali ci hanno chiesto di ridimensionare il progetto e riproporlo nelle sue reali dimensioni di Parco geominerario di grande ricchezza storica culturale e naturale.»
«Ce la stiamo mettendo tutta per dare al Parco una dignità di Ente autonomo, motore di una valorizzazione del patrimonio storico e ambientale di cui la Sardegna deve essere fiera rappresentante – dichiara il presidente Tarcisio Agus – il fatto che il board dell’Unesco, ci ritiene non ancora in grado di proporci come sistema integrato, non toglie niente all’impegno che abbiamo di perseguire gli obiettivi di ottimizzazione e di maggior coinvolgimento istituzionale, di enti e associazioni, della costruzione di Centri visita attraverso una reale Rete dei laboratori Ceas e del variegato sistema museale esistente fino alla promozione dei geositi e delle aree ad alta valenza mineraria e ambientale.»
«L’esperienza dell’UNESCO insegna – non solo a noi – che senza il concorso politicamente consapevole e all’unisono, di tutte le istituzioni locali e nazionali, oltre che l’interessamento costante dell’associazionismo e della cittadinanza attiva, nessuna promozione delle nostre ricchezze e del nostro patrimonio potrà avere il successo che merita in qualsivoglia consesso internazionale.»
Tarcisio Agus
Ciro Pignatelli

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L’occasione della pubblicizzazione del verbale istruttorio delle ispettrici UNESCO, prima del pronunciamento definitivo e ufficiale della Commissione, quasi a volerne determinare gli esiti infausti per il geoparco sardo, ci dà ancora una volta l’opportunità di ribadire l’immane difficoltà e la solitudine in cui il Parco Geominerario si è trovato ad operare, per ribaltare una situazione incancrenita da anni di gestione impropria dei rapporti, delle scelte, delle azioni per riunire, in un sistema integrato la vasta realtà dei geositi della Regione, tutti nominalmente facenti capo al Parco Geominerario, ma abbandonati a se stessi ed esistenti solo sulla carta. Una situazione che ci ha visto operare nell’assenza quasi totale delle altre istituzioni, per confrontarci con i rappresentanti dell’Ente internazionale di riferimento, l’UNESCO.

Circa venti anni di commissariamenti, 3.840 kmq., 87 Comuni, pochissimi dipendenti, un lavoro immane – che richiederebbe una presenza di quaranta unità di personale a tempo indeterminato – svolto cercando di ignorare chi da sempre ha remato contro una decisione positiva della Commissione, chi da sempre ha tifato per un cartellino rosso, perché tifa contro il Parco e perché il Parco non riesca ad uscire dalle secche e dalle inefficienze in cui noi l’abbiamo trovato.

Ce la stiamo mettendo tutta per dare al Parco una dignità di Ente autonomo, motore di una valorizzazione del patrimonio storico e ambientale di cui la Sardegna deve essere fiera rappresentante.

Il fatto che l’UNESCO possa – eventualmente – ritenerci non ancora in grado di proporci come sistema integrato, non toglie niente all’impegno che abbiamo di perseguire gli obiettivi di ottimizzazione e di maggior coinvolgimento istituzionale, di enti e associazioni, della costruzione di Centri visita attraverso una reale Rete dei laboratori Ceas e del variegato sistema museale esistente fino alla promozione dei geositi e delle aree ad alta valenza mineraria e ambientale.

L’esperienza dell’UNESCO ci insegna che senza il concorso politicamente consapevole e all’unisono, di tutte le istituzioni locali e nazionali, oltre che l’interessamento costante dell’associazionismo e della cittadinanza attiva, nessuna promozione delle nostre ricchezze e del nostro patrimonio potrà avere il successo che merita in qualsivoglia consesso internazionale.

Il Presidente

Prof. Tarcisio Agus

Il Direttore

Dott. Ciro Pignatelli

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Prenderà il via domani, 2 settembre, a Nuxis, presso la grotta di Acquacadda, la prima campagna di scavo archeologico diretta dal professor Riccardo Cicilloni, docente e ricercatore di Preistoria e Protostoria presso il Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni Culturali dell’Università degli Studi di Cagliari in collaborazione con la prof.ssa Elisabetta Marini del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente. Lo scavo si svolgerà per tutto il mese di settembre.

Le attività di scavo e ricerca sono state rese possibili grazie alla concessione di scavo da parte del MIBAC – Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e si svolgeranno con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna, del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna e del comune di Nuxis, con il supporto tecnico dell’Associazione Speleo Club Nuxis, che gestisce l’area, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e per le Province di Oristano e Sud Sardegna.

Le attività sono state presentate ed inaugurate ieri, nel corso di una conferenza svoltasi presso il sito geo speleo archeologico «Sa Marchesa», alla quale hanno partecipato, tra gli altri, Piero Andrea Deias, sindaco di Nuxis; Roberto Frongia, assessore regionale dei Lavori pubblici; Michele Ennas, consigliere regionale; Alberto Zonchello, segretario particolare dell’assessorato regionale della Pubblica istruzione; Tarcisio Agus, presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna; Giampiero Pinna, presidente della Fondazione del Cammino Minerario di Santa Barbara; Riccardo Cicilloni, Università di Cagliari, direttore scientifico dello scavo archeologico presso la Grotta di Acquacadda; Elisabetta Marini, Università di Cagliari, Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente; Salvatore Buschettu, presidente Federazione Speleologica Sarda; Roberto Curreli, presidente Associazione Speleo-Club Nuxis; Marco Cabras, archeologo; Federico Porcedda, archeologo; Antonello Pilloni, presidente della Cantina di Santadi ed ex sindaco di Nuxis per alcuni decenni.

Vediamo l’intervento del direttore scientifico della campagna di scavo, Riccardo Cicilloni.

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10220244646974280/