25 April, 2024
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L’associazione culturale Bacu Abis e Sulcis Iglesiente ha organizzato, con il patrocinio del comune di Carbonia, una manifestazione in ricordo dell’ingegner Alberto Castoldi, nel corso della quale verrà presentato il libro “Montevecchio – L’ingegnere che la fece più grande”, scritto dall’autore Paolo Fadda.

L’appuntamento è in programma sabato 22 febbraio, alle ore 16.00, presso l’ex Circoscrizione di Bacu Abis.
All’iniziativa parteciperà, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale, l’assessore della Cultura Sabrina Sabiu.

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Si terrà sabato 22 febbraio, alle ore 16.00, a Bacu Abis, nel salone della ex Circoscrizione, un’iniziativa in ricordo dell’ingegner Alberto Castoldi. Alla presenza dell’autore, Paolo Fadda, verrà presentato il libro “Montevecchio – L’ingegnere che la fece più grande”, dedicato alla figura di Alberto Castoldi.

Per la cronaca Bacu Abis è stato l’unico sito in cui sia stato intitolato un Pozzo minerario alla figura di Alberto Castoldi e ciò è avvenuto durante la gestione della Montevecchio che ha esercitato le miniere di carbone dal 1928 al 1933.

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Giovanni Antonio Sanna, nasceva a Sassari il 29 agosto del 1819 e, dopo duecento anni, la figura dell’unico e grande imprenditore sardo dell’800, nonché fra i maggiori imprenditori dell’Ottocento risorgimentale, desta nuovo interesse. Definito dal suo biografo Paolo Fadda, nella sua opera “L’uomo di Montevecchio”, un grande sardo, autentico “Capitano d’industria”, che cercò, durante la sua intensa e tormentata esistenza, di dare un volto nuovo alla sua isola, avviando, oltre la grande industria, le bonifiche ed una agricoltura moderna e razionale.

Dopo l’atto di nascita, a Genova, il 26 giugno del 1847, della “Società in accomandita per la coltivazione della miniera di piombo argentifero detta di Montevecchio” e la successiva concessione, a titolo perpetuo, il 28 aprile 1848, data dal Re Carlo Alberto, accampato sotto Peschiera, nella 1° guerra di indipendenza, Giovanni Antonio Sanna, per seguire la nascita del suo grande impero, si trasferì con tutta la famiglia a Guspini, ove nacque la sua terza figlia Enedina, divenendo consigliere comunale, prima della sua carriera politica da deputato, alla camera subalpina dal 1857 al 1865.

Con tre legislature alle spalle VI,VII e VIII fu un attento giornalista e strinse forti ed intensi rapporti con Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi nella stagione risorgimentale.

Da parlamentare si schiera apertamente a difesa della sua Sardegna, attaccando da subito le gravi inadempienze della ”Rubattino” che deteneva il monopolio dei collegamenti marittimi con l’isola. Nel 1860 acquistò il giornale torinese “Il Diritto”, testata molto influente negli ambienti politici del tempo. Così come difese la sua Università, la più antica dell’isola, dalla volontà soppressiva del Ministero.

Da sardo cerca anche di spronare la propria isola a diventare un’autorevole interlocutore di Torino, conquistandosi una propria autonomia. Valori che condivideva con gli altri parlamentari sardi Asproni, Ferraccu, e Sulis. In quest’ottica pensava all’Italia unita che liberasse l’isola dall’influenza sabauda. Infatti il sostegno all’opera garibaldina dell’unità d’Italia, fu concreta, finanziando con i proventi della Montevecchio lo sbarco dei mille a Marsala.

Così pure, per le stesse ragioni sostenne, anche economicamente, l’opera di Giuseppe Mazzini, “Giovane Italia”. Il suo grande lavoro parlamentare non lo distrasse dalla sua intrapresa a Montevecchio, e dopo le tormentate vicissitudini giudiziarie, con il prete Pischedda che accampava diritti sulla concessione, vi rientrava nel novembre del 1863.

L’atteso ritorno del Sanna, fu salutato dai circa 700 addetti e numerose famiglie, che già si erano trasferite nella amena località, con grandi festeggiamenti. Fu il preludio per il rilancio della miniera e l’attuale assetto dell’antico borgo minerario, con una strada carrabile per Guspini, la costruzione dell’ospedale in miniera e l’edificazione di un grande santuario dedicato a Santa Barbara, di cui restano le tracce nelle fondamenta del palazzo Sanna-Castoldi e successivamente direzione della miniera. Amante dell’arte e dell’archeologia, impegnò ingenti capitali nel loro acquisto, donando poi la sua vasta collezione alla sua città natale, oggi museo “Sanna”.

Per sostenere il comparto agricolo dell’isola fondò nel 1871 la Banca Agricola Industriale Sarda, nella speranza di incoraggiare i sardi ad uscire da su connottu e perseguire nuovi obiettivi di sviluppo.

Montevecchio era per lui l’esempio e non poteva starne lontano per molto tempo, così ogni volta che vi rientrava, ampliava la rete delle gallerie e il piccolo centro abitato conulteriori apporti innovativi, sia tecnologici che costruttivi. Affiancò al nascente ospedale altre strutture, come la foresteria e l’ufficio postale, progettò e tracciò la ferrovia Montevecchio-San Gavino, per l’interconnessione con le ferrovie reali, per il trasporto dei minerali ed istituì la “Cassa soccorso”, destinata ad assistere gli operai, curargli gratuitamente e riconoscergli gli infortuni. Aprì altri pozzi e realizzò l’altra laveria “Sanna” a ponente, portando Montevecchio e la sua intrapresa fra le più importanti d’Europa, al cospetto delle altre imprese minerarie sarde, oggi diremmo, gestite da multinazionali estere.

Il grande mecenate sardo purtroppo non poté assistere direttamente la grande crescita della sua miniera, che già nel 1873 raggiungeva i 1500 addetti. La sua cagionevole salute e l’intricata vita familiare lo porterà nel suo ultimo rifugio, nella città di Napoli, dove ormai, fiaccato dalla malattia mise in atto l’ultimo suo volere, pensando all’amata Montevecchio.

Affidò le sorti della miniera ad Alberto Castoldi, valente ingegnere minerario, da lui stesso incoraggiato e sostenuto finanziariamente negli studi a Freyberg che sposò l’ultima sua figlia, Zely.

Giovanni Antonio Sanna morì, all’età di 55 anni, a Roma il 9 febbraio 1875.

Prof. Tarcisio Agus

Presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna

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Apre al pubblico la Galleria Anglo Sarda a Montevecchio.

«Montevecchio, “La grande miniera”, con la riapertura della galleria “Anglo Sarda”, fruibile tutti i giorni durante questa estate, si aggiunge un altro tassello storico dell’industria ottocentesca in Sardegna – dice Tarcisio Agus, presidente del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna -. In un ambiente che parla semitico, tra punta Malacuba dal dio “Malakbel”, il passo di genna “Serapis”, “Montiana”, da monte di Diana e l’Arcuentu da “Erculentu”, si distende, a levante del passo dedicato al dio greco – egizio Serapide, la grande infrastruttura mineraria dell’unica miniera, impiantata e resa grande da imprenditori sardi, il sassarese Giovanni Antonio Sanna e dal suo genero Alberto Castoldi.»

«Manca soltanto il recupero della laveria “Principe Tomaso” per completare l’opera, che consentirà ai visitatori di capire il grande duro lavoro dell’estrazione mineraria, partendo proprio dall’Anglo Sarda, che si incunea nella roccia metallifera, già oggetto di cavatori romani, per strappare dalle viscere della terra la galena da cui si ricavava il piombo, l’argento ed una percentuale d’oro – aggiunge Tarcisio Agus -. L’atmosfera della miniera si coglie partendo proprio dal duro lavoro degli uomini e donne che vi operavano, i più nel sottosuolo, ma una parte operava esterna, prima con le cernitrici e le addette al crivello, antico strumento per la separazione del minerale dallo sterile, soppiantato poi, con il grande impianto della laveria. Complesso architettonico che si impone all’arrivo verso Montevecchio, costituito da tre grandi sezioni: Frantumazione, Sink And Float e Flottazione. Processo resosi necessario dalla introduzione della meccanizzazione e dell’esplosivo in miniera, per separare ingenti quantità di minerale dallo sterile che immancabilmente con l’avanzamento in galleria veniva giù dalle pareti frantumate dalle cariche esplosive. A seguire poi sono la falegnameria, le forge, la fonderia e le officine, in uno scenario di professionalità che concorsero a rendere meno faticoso il lavoro dell’uomo nel sottosuolo realizzando l’autopala, ancora oggi in molte miniere del mondo, nota come “Autopala Montevecchio”.»

«Dal cantiere o cantieri di levante ove ancora permangono i castelli di Sant’Antonio e il complesso di Piccalinna che fanno di Montevecchio uno scenario industriale tratteggiato dal gusto del bello, non essenziali capannoni che alloggiano macchinari e maestranze ma delle vere e proprie opere d’arte assai rare negli scenari industriali. Elementi che poi si rispecchiano, nell’unico borgo minerario autentico, Montevecchio, ancora in essere, al centro del quale, quasi un piccolo castello, il palazzo Castoldi, ricco di affreschi, con la cappella privata dedicata a Santa Barbara – conclude il presidente del Parco Geominerario -, ove si rimarrà estasiati per l’originaria ricchezza decorativa nell’apparato pittorico delle pareti e delle volte, nei suoi diversi ambienti dedicati.»