28 March, 2024
HomePosts Tagged "Antonio Caria" (Page 3)

Ha riaperto l’ufficio postale di Ussana, in Piazza Quattro Novembre. Si sono conclusi, infatti, lavori di ristrutturazione della sede finalizzati ad accogliere, non appena saranno operativi, tutti i principali servizi della Pubblica Amministrazione grazie al progetto “Polis – Casa dei Servizi Digitali”, l’iniziativa ideata da Poste Italiane per promuovere la coesione economica, sociale e territoriale nei 7 mila comuni con meno di 15mila abitanti contribuendo al loro rilancio.
Gli interventi hanno riguardato la completa riorganizzazione degli spazi finalizzata a ottimizzare la fruizione dell’ufficio con particolare attenzione al miglioramento del confort ambientale e alla facilitazione dell’accesso ai servizi. In quest’ottica, tra le altre opere, si inseriscono la nuova configurazione della linea di sportelleria, con altezze ribassate per agevolare tutti i segmenti di clientela e postazione di lavoro ergonomica per favorire una corretta postura e la posa di un percorso in rilievo sul piano di calpestio per consentire alle persone con deficit visivi la piena autonomia negli spostamenti all’interno della sala al pubblico senza l’ausilio di assistenza.
Antonio Caria

L’Ente di Governo dell’Ambito della Sardegna ha dato il via libera agli interventi di adeguamento strutturale dell’opera che serve il territorio di Villasor. L’opera, alta circa 44 metri, è ubicata in via Adige, nella periferia del centro abitato ed è stata realizzata intorno agli anni ’80, le cui condizioni appaiono ammalorate e necessitano di un massiccio intervento, specialmente per il ripristino del calcestruzzo e l’impermeabilizzazione delle vasche. All’interno della struttura sono state infatti rilevate infiltrazioni di acqua che potrebbero derivare sia dalle pareti interne della vasca sia dall’assenza della guaina isolante di impermeabilizzazione delle vasche di sommità della struttura. Attualmente il passaggio al di sotto del serbatoio è interdetto per ragioni di sicurezza.
«Stiamo lavorando per dare risposte concrete a tutta l’isola, da nord a sud. Con questo intervento dimostriamo che anche la zona del Campidanese è al centro dell’attenzione dell’Ente», ha detto il presidente di Egas, Fabio Albieri.
Antonio Caria

Nel giorno della Festa della Mamma, Poste Italiane celebra la ricorrenza attraverso una serie di iniziative a sostegno della parità di genere dei propri dipendenti e della genitorialità. L’Azienda ha pensato per le neomamme un percorso dedicato “Lifeed”, che ha come obiettivo quello di valorizzare le competenze maturate dalle dipendenti durante l’esperienza genitoriale: la gestione del tempo, l’ascolto, la pazienza, l’empatia e la comunicazione.

Sul tema della genitorialità e della gestione dei tempi lavorativi e famigliari, la testimonianza diretta di una mamma lavoratrice, Raffaela Deidda, 39 anni, direttrice presso l’ufficio postale di Portoscuso, in Azienda dal 2011, una laurea magistrale in Biologia con 110 e lode, sposata con Federico da 6 anni, mamma di Letizia, di 4 anni, e di Linda, di appena 18 mesi.

Gli inizi e la crescita in Poste Italiane. «Sono entrata a far parte della famiglia di Poste Italiane nel 2011 – esordisce Raffaela Deidda in attesa di trovare mestiere in quella che era la mia passione, la biologia. Pian piano mi sono fatta prendere da questo mondo, e sono passata dal mio lavoro part-time come operatore di sportello ad essere il direttore di ufficio postale e, dopo quasi 12 anni dall’inizio di questa avventura, posso dire che la biologia appartiene al mio passato, come formazione e cultura personale, mentre Poste Italiane rappresenta il mio presente e soprattutto il mio futuro. Sono direttore dell’ufficio di Portoscuso dal 2016, un bell’ufficio con delle brave colleghe e un’ottima clientela».

«Nella mia vita aggiunge la dipendente di Poste Italianeho sempre coltivato il desiderio di avere una famiglia e dei bambini unitamente ad una vita professionale ambiziosa ed appagante. Ho realizzato tutto questo con impegno, organizzazione, il supporto di mio marito, l’aiuto prezioso dei nonni, il sostegno dell’Azienda per cui lavoro e tanto amore per le mie bambine: quell’amore che ti dà la forza di alzarti alle sei del mattino andare al lavoro dopo aver passato la notte a cullare la tua bambina che non voleva altro che il tuo contatto e che ti fa sorridere anche quando trovi quella pappa preparata con tanta cura cosparsa sul pavimento e sui tuoi capelli!»

«Le mie gravidanze – ammette la direttrice non sono state semplici: non sono stata bene e l’Azienda mi ha dato la possibilità di stare a casa, e ancora oggi mi è possibile assentarmi, se necessario, quando la mia famiglia ha bisogno di me. Reputo questi dei privilegi assolutamente non scontati, se diamo uno sguardo alla società in cui viviamo. Dopo la nascita delle mie figlie ho deciso di rientrare al compimento del loro sesto mese e anche in quell’occasione, grazie all’attenzione da parte dell’Azienda, il rientro è stato graduale, solo per poche ore al giorno, sino al loro primo anno di età. Riprendere la quotidianità lavorativa mi ha aiutata mentalmente ad affrontare al meglio la vivacità e l’instancabilità delle mie bimbe: adesso sono una mamma e una direttrice fiera di quanto fatto sinora, orgogliosa delle mie due figlie, gratificata dell’azienda per cui lavoro e pronta a cogliere tutte le opportunità che si presenteranno nel mio futuro professionale.»

L’iniziativa filatelica di Poste Italiane per la Festa della Mamma. In occasione della Festa della Mamma, una nuova iniziativa filatelica di Poste Italiane, che dedica una colorata cartolina alla speciale ricorrenza. Un’altra occasione per ogni collezionista o per chi vuole ricordare in modo originale una giornata speciale, un modo per sostenere il valore della scrittura e custodire nel tempo un ricordo della festività.

«La gestione della vicenda dell’America’s cup World Series fatta dall’Assessore al Turismo è stata disastrosa. Ieri organizzava riunione risolutive e oggi annuncia conferenze stampa per mostrare documenti del suo fallimento. Tutto ciò mentre le migliori vele al mondo se ne vanno via, in altri mari, forse meno affascinanti, pur di avere la garanzia di poter veleggiare. Si trattava pur di una coppa mondiale e non di uno dei soliti tornei di vicinato a cui il massimo responsabile della promozione turistica della Sardegna guarda sempre con grande interesse.»
Lo si legge in una nota del gruppo dei Progressisti in Consiglio regionale che aggiungono: «Solo 2 mesi fa la Giunta chiedeva al Consiglio regionale di avere in bilancio 6 milioni di euro proprio per garantire lo svolgimento delle World Series in Sardegna. Doveva essere “la certezza”, considerando soprattutto il gran desiderio degli organizzatori dell’evento velico più famoso al mondo di gareggiare nei nostri mari».
«Eppure 10 giorni fa la Giunta regionale aveva già fatto richiesta al Consiglio regionale di eliminare lo stanziamento, con un emendamento alla legge-collegato alla Finanziaria. Nel frattempo, riunioni d’emergenza e tentativi farlocchi di trovare una soluzione che non sarebbe mai arrivata. Una vera presa in giro, per tutti, quella orchestrata dall’assessore del Turismo, l’unico a non aver ancora colto la gravità della perdita subita dalla nostra isola. Rassegni le dimissioni per evitare di continuare a danneggiare la Sardegna», concludono i Progressisti.
Antonio Caria

Stiamo tornando talmente indietro nella Sanità che ormai potremmo arrivare al III secolo dopo Cristo. Allora il tempio della Medicina e della Chirurgia era in quella costa di Turchia e di Siria che lambisce il Mar Mediterraneo. In quei tempi esisteva un problema che esiste ancora oggi: le donne con gravidanze difficili a termine spesso morivano col loro bambino. Narra una “Passio” del terzo secolo, che la giovane cristiana Margherita d’Antiochia fosse stata ingoiata viva da un mostro, in un sol boccone. La Santa, avendo in pugno la croce, che usò come tagliente, aprì il ventre al mostro e uscì dalla sua pancia viva e sana. In questa “Passio” viene descritto un fantastico parto cesareo con salvataggio del nascituro.
Per tale ragione Margherita, una volta martirizzata con la decollazione per ordine dall’imperatore Massimiano, venne dichiarata “santa protettrice delle donne in travaglio”. Da quasi 2.000 anni Santa Margherita viene venerata in tutto il mondo cristiano con lo scopo di rendere il parto più protetto. e le puerpere che si ritengono miracolate, impongono il nome di Margherita alle neonate. Questo ne spiega l’enorme diffusione tra umili e regine. Tra gli anglosassoni il nome Margherita viene contratto nelle ultime due sillabe: “Rita”. La persistenza del nome e la sua diffusione corrispondono alla persistente paura che avvolge tutt’oggi le donne a termine di gravidanza, nel momento più bello.
Non si era mai trovato, in nessuna parte del mondo, il modo di mettere in sicurezza le donne con travaglio difficile fino al 1876. In quell’anno a Pavia il dottor Edoardo Bianchi Porro, per porre fine alle stragi da parto complicato, ideò un metodo chirurgico per salvare le mamme ed i nascituri: inventò il parto cesareo a “madre viva”. La sua idea geniale consisteva nel sedare la donna con protossido d’azoto e cloroformio, aprire velocemente l’addome, legare strettamente il collo dell’utero gravido con un fil di ferro, escidere l’utero totalmente, metterlo su un tavolo, aprirlo ed esporre all’aria il bambino vivo.
Per la prima volta nella storia si salvarono la mamma, Giulia Cavallini, ed il bambino. Però c’era un problema: quella mamma, con quel tipo d’intervento, non avrebbe avuto più figli. Tuttavia, fu un grandioso successo perché fino ad allora morivano il cento per cento delle donne con parto distocico. In pochi decenni con quella tecnica, che venne adottata in Europa, Stati Uniti, Sudafrica ed Australia, la mortalità di donne e neonati calò al venti per cento. I tedeschi apportarono modifiche al metodo ma la tecnica definitiva, in uso ancora oggi, venne messa a punto dal dottor Luigi Mangiagalli dell’Ospedale Cà Granda di Milano. Era l’anno 1900. In Sardegna, per alcuni decenni il cesareo si eseguì solo al San Giovanni di Dio di Cagliari. Le donne sarde in difficoltà, da qualunque parte della Sardegna, venivano trasferite a Cagliari con viaggi avventurosi e dolorosi in treno o in automobile. Esiste un bel libro di Giacomo Mameli “Hotel Nord America” che racconta le peripezie di un gruppo di ostetriche novelle che, intorno agli anni trenta, vennero inviate in Sardegna per abbattere l’altissima mortalità di donne e bambini legata al parto e descrive i dolorosi trasferimenti delle donne di Perdas de Fogu che, per parti complicati, dovevano essere portate a Cagliari.
Negli anni ‘40 del ‘900 gli allievi chirurghi della scuola cagliaritana vennero inviati ad operare negli ospedali provinciali. Allora le città minerarie di Carbonia e Iglesias erano popolosissime e vi nascevano molti bambini. A Carbonia venne inviato il dottor Renato Meloni, che era sia chirurgo generale, che specialista in Urologia, in Oncologia ed Ostetricia. Ad Iglesias, uno dei primi a fare cesarei fu il dottor Salvatore Macciò, anch’egli chirurgo generale ed ostetrico. Questi uomini formarono numerosi allievi di valore che hanno operato nei nostri ospedali fino a poco tempo fa.
Nonostante la bravura di questi grandi chirurghi e dei loro allievi, la pericolosità del cesareo è tutt’oggi incombente.
Il problema sta nella possibile insorgenza di emorragia dalle grosse arterie uterine.
Il dottor Giòmmaria Doneddu, ostetrico al Sirai, per sdrammatizzare invitava le pazienti in attesa di partorire a rivolgere una preghiera a Santa Rita, che era esattamente la stessa Santa Margherita del terzo secolo dopo Cristo.
Non va dimenticato che il momento del parto è, comunque, un dramma che in genere si risolve con sorrisi, ma che può talvolta trasformarsi, in pochi minuti, in una tragedia. Questo è vero sempre, anche oggi, nonostante l’evoluzione tecnologica.
Le cronache giornalistiche delle prime settimane di gennaio 2023 hanno riferito di un evento tragico avvenuto nell’ospedale “Perrino” di Brindisi. Una donna di 41 anni è deceduta per complicazioni legate al cesareo. Era portatrice di una gravidanza gemellare. L’ostetrico di turno, il giorno 17 dicembre 2022 procedette al cesareo e mise al mondo i neonati. Purtroppo, dall’incisione uterina iniziò subito una imponente emorragia. L’ostetrico, davanti all’impossibilità di fermarla, chiamò in aiuto il chirurgo d’urgenza dell’ospedale e gli chiese di asportare l’utero in toto per fermare il sanguinamento. Questo fu fatto. L’emorragia si fermò ma la paziente finì in Rianimazione dove il 22 dicembre morì.
Per salvare la paziente venne utilizzato lo stesso principio ideato dal dottor Edoardo Bianchi Porro un secolo e mezzo prima a Pavia, ma con minor fortuna.
Nel caso della donna di Brindisi l’ostetrico non riuscì ad asportare l’utero perché l’infarcimento emorragico degli organi pelvici gli impediva di riconoscerne l’ anatomia e non riusciva più a distinguere, nella massa emorragica intorno all’utero, la vescica, gli ureteri, il sigma, le grosse arterie e le vene pelviche e il retto. Egli si sentì perso in quel guazzabuglio anatomico e non si sentì competente a procedere oltre. Giustamente chiamò d’urgenza un chirurgo generale, esperto in chirurgia della vescica, degli ureteri, e dell’intestino; solo così fu possibile portare a termine l’isterectomia con tecnica di dissezione anatomica. Per chi non è del mestiere, è bene spiegare che tale dissezione richiede conoscenze ed esperienza in più specialità chirurgiche. Esistono ostetrici esperti anche di chirurgia generale che lo sanno fare, ma sono dei fuoriclasse non comuni. In questi casi è necessario che il chirurgo abbia competenze in chirurgia vascolare, in chirurgia urologica, in chirurgia intestinale: tutte specialità che esulano da quelle dell’ostetrico che è un chirurgo dedicato per l’apparato riproduttore femminile. Si conclude che una paziente con un livello di gravità di questa portata ha necessità di una struttura d’urgenza adatta al trattamento dei traumi dell’addome.
Una volta fermata l’emorragia il problema non è concluso. C’è ancora da controllare lo shock emorragico e traumatico. A questo punto, entrano in gioco il reparto di Rianimazione, quello di Nefrologia – Dialisi e quello di Cardiologia.
Questo ci dice che in un ospedale dove si esegue un cesareo complicato devono essere presenti una decina di specialisti diversi tra medici, infermieri e tecnici. Si tratta di un’organizzazione che esiste esclusivamente in una struttura ospedaliera che opera ininterrottamente h24 e 7 giorni su 7, in emergenza.
Se un parto ha una dinamica fisiologica, è sufficiente l’assistenza di un’ostetrica, ma se insorgono complicazioni diventa necessario disporre di un apparato d’urgenza piuttosto complesso. La sicurezza è l’imperativo assoluto. Quando il parto si complica si scopre che in pochi minuti si può passare dai sorrisi rilassati per il lieto evento alla tragedia più insopportabile nel campo della medicina. La morte è in agguato, e strapparle mamma e bambino è difficile.
Il caso raccontato dai giornali è emblematico. La paziente si dissanguò e le vennero trasfuse 17 sacche di sangue. Ora bisogna sapere che per ogni due sacche di sangue si deve aggiungere una sacca di plasma. Se si tiene conto che una persona adulta ha in circolazione, in media, 3.800 cc di sangue, si deve concludere che alla poveretta vennero trasfusi ben 8 litri di solo sangue, oltre alle altre soluzioni in flebo.
Questo significa che la paziente aveva perso più del doppio della sua massa sanguigna totale. Pertanto, si deve concludere che tutto il suo sangue le era stato sostituito almeno due volte. Molti possono pensare che la sostituzione del sangue perso sia sufficiente a salvare la paziente. Invece, non è così. Da subito compaiono fenomeni biochimici che alterano il metabolismo delle cellule dei tessuti di tutti gli organi nobili e queste cellule iniziano a produrre mediatori chimici alterati. Tali anomali mediatori chimici disturbano profondamente la circolazione sanguigna dei capillari e la nutrizione delle cellule dei tessuti. Il loro metabolismo peggiora ulteriormente perché le cellule iniziano a metabolizzare senza ossigeno. Ciò peggiora ancor più la loro capacità di sopravvivenza e, in tutti i tessuti, inizia una specie di “suicidio di massa” delle cellule: si scatena una “tempesta citochinica” simile a quella che fa morire i malati terminali di Covid. Si tratta dello Shock per crisi del microcircolo sanguigno. Il paziente non risponde alle terapie ed è candidato a morire. Qui intervengono gli specialisti in Rianimazione. Talvolta, fanno il miracolo di fermare lo Shock, ma non ci riescono se lo shock è già in fase irreversibile. Il dramma è tremendo per il paziente ed è angosciosissimo per il chirurgo ed i rianimatori. E’ una fase in cui il paziente spesso è ancora vigile, respira e parla, e dà la sensazione che vi sia ancora speranza ma non c’è niente da fare: muore, comunque. I polmoni non scambiano più ossigeno; i reni si fermano; il fegato non lavora più; il midollo non produce più le cellule del sangue; iniziano le emorragie, le trombosi da Cid (Coagulazione intravasale disseminata) e le tromboembolie polmonari e sistemiche. Il cuore, infine, si ferma e non riparte neppure con il defibrillatore.
E’ brutto fare queste descrizioni, ma è necessario per far capire l’enormità delle difficoltà nel parto complicato.
Quale sarebbe stata la soluzione migliore che avrebbe dovuto adottare quell’Ostetrico che aveva eseguito il cesareo? Aveva adottato esattamente l’unica soluzione percorribile: chiamare il chirurgo generale d’Emergenza ed i Rianimatori.
Il chirurgo fermò l’emorragia asportando l’utero, ma lo Shock era già in fase irreversibile. Ora si può porre la domanda: in quanto tempo si passa dallo shock reversibile allo shock irreversibile? Talvolta, in poche ore, talaltra in pochi minuti.
Se l’ospedale è dotato di una Chirurgia d’urgenza ultrarapida, una Rianimazione, una Nefrologia, una Cardiologia un Centro trasfusionale con un ricco organico di personale sempre presente, vi sono speranze. Altrimenti no.
Il caso raccontato dai giornali è diventato famoso perché la paziente morì sotto Natale e perché Papa Francesco il 25 dicembre 2022 chiamò al telefono il marito della poveretta per confortarlo. Purtroppo, questi eventi non sono rari: avvengono tutto l’anno e ovunque. L’ospedale dove si consumò quel dramma è un grande ospedale regionale della Puglia paragonabile al Brotzu di Cagliari. Se il chirurgo generale d’urgenza fosse intervenuto all’inizio dell’emorragia forse avrebbe potuto salvare la poveretta perché l’ospedale era bene attrezzato per le urgenze. Scorrendo le cronache della Puglia si troverà che nei giorni precedenti era avvenuto un fatto simile nell’Ospedale regionale di Taranto.
Drammi come questo, che non si risolvono colla isterectomia, in genere vengono affrontati dai chirurghi d’Urgenza nelle ostetricie di tutto il mondo e spessissimo le pazienti vengono salvate.
Il motivo della necessità che siano immediatamente disponibili i chirurghi d’Urgenza sta proprio nella loro specifica competenza nelle emorragie traumatiche dell’addome, nei traumi vascolari e urologici.
Considerata la gravità e l’importanza sociale di questi eventi è stato istituito un Ufficio apposito del ministero della Sanità e di Agenas che monitora tali tragedie connesse al parto, i cosiddetti “eventi sentinella”. Esattamente questo ufficio ha proposto leggi speciali per regolamentare gli ospedali che hanno il servizio ostetrico e per certificarne la sicurezza.
Comunque, in mancanza d’altro ci rimane sempre Santa Margherita, la protettrice a cui ricorrevano anche le regine, basti pensare al successo che hanno in tutte le città le vie principali intitolate alla Regina Margherita di Savoia, la cui madre, nel momento cruciale della sua nascita invocò la santa e ne ebbe la protezione. Ne era molto devota la laicissima Florence Nightingale, la leggendaria fondatrice dell’Ordine internazionale delle infermiere. Quando morì volle essere sepolta nel cimitero di St Margaret of Antioch. Speriamo che alla protezione di santa Margherita si associ quella dello Stato. Probabilmente, con due protettori, le cose andrebbero meglio.

Mario Marroccu

Una denuncia per uccellagione ed il sequestro di 59 tordi e di mille trappole. E’ il bilancio di un’operazione del Corpo forestale in località Is Olias, al confine con il Parco regionale di Gutturu Mannu  il personale della stazione Forestale di Uta, ha denunciato una persona colta in flagranza di reato perché, riferiscono, intenta a catturare due tordi con il metodo dei lacci. L’uccellatore, secondo gli agenti, aveva predisposto un sentiero attraverso la macchia, nel quale erano posizionate circa 1.000 trappole con i lacci.
A seguito della successiva perquisizione domiciliare, sono stati recuperati e sottoposti a sequestro altri 56 uccelli già spiumati e pronti per la commercializzazione. L’uomo è un pensionato di 78 anni, di Capoterra, incensurato.
L’operazione è stata portata a termine anche grazie alla collaborazione di cittadini che hanno segnalato l’attività illecita.
Antonio Caria

Il Centro congressi della Fiera di Cagliari ha ospitato il Career Day 2023, organizzato dall’Università di Cagliari con l’Aspal ed il patrocinio della Regione. Rispetto alla prima edizione, sono raddoppiate le giornate, aggiunte nuove iniziative e ben 34 società partecipanti in più.
A chiudere l’evento è stata la premiazione dei vincitori della sfida lanciata dalla società Jobiriper chi cerca lavoro. Ad aggiudicarsi il premio, una consulenza personalizzata del valore di 300 euro nell’azienda fondata e guidata da Claudio Sponchioni, è stato il gruppo di giovani composto da Arianna Cattalini (24 anni, di Narcao, studentessa in Innovazione sociale e comunicazione), Giordano Pisu (21 anni, di Carbonia, studente in Economia e gestione dei servizi turistici), Silvia Talana (24 anni, di Narcao, studentessa in Economia e gestione dei servizi turistici).
Nella sintesi finale, il professor Fabrizio Pilo, prorettore all’innovazione ed al territorio sottolinea: “Centinaia di ragazze e ragazze hanno effettuato numerosi colloqui di lavoro e ogni desk è stato continuamente popolato da giovani che hanno mostrato alle aziende presenti le loro competenze e le loro capacità. In contemporanea, si sono svolti seminari molto interessanti”.
All’evento hanno partecipato 84 imprese che operano in Sardegna, tra cui diverse anche su scala nazionale e internazionale, interessate a potenziare i loro organici con giovani formati a livello universitario ed idonei per un prossimo inserimento nei quadri aziendali. Al termine delle attività l’inaugurazione di due nuove aree verdi realizzate nell’ateneo grazie alle quote di iscrizione delle aziende partecipanti al Career Day.
Antonio Caria

La Regione Sardegna ha adottato nuove regole per la movimentazione interna dei capi ovini e bovini alla luce del nuovo focolaio della malattia del cervo  rilevato nei giorni scorsi nel territorio di Busachi.
Due le zone definite: nella prima, Zona A, che comprende i territori nelle province di Sassari, Gallura, Nuoro ed Ogliastra, dove attualmente il virus non è stato rilevato, gli allevamenti potranno movimentare i capi senza vincolo all’interno di tutta la Sardegna. Mentre nella parte restante dell’Isola, Zona B, le movimentazioni saranno consentite senza vincolo all’interno della stessa area e saranno possibili anche spostamenti verso la Zona A, ma solo dopo test  con esito negativo.
Oltre alla deroga alla movimentazione, stabilita per le necessità di benessere animale e di pascolo, la Regione ha indicato anche le modalità di trasporto dei capi per la macellazione. La determina resterà in vigore fino al 10 gennaio e potrà essere modificata in funzione dell’evoluzione della situazione epidemiologica e degli esiti degli accertamenti e delle indagini effettuati dai servizi veterinari.
«Stiamo lavorando in stretto raccordo con il ministero della Salute. Le attività di sorveglianza e controllodichiara l’assessore regionale della Sanità, Carlo Doriaproseguono scrupolosamente con la massima sollecitudine. La priorità resta quella di poter garantire ai nostri allevatori la ripresa della movimentazione fuori regione, in sicurezza.»

Antonio Caria

La Quinta commissione del Consiglio regionale, presieduta da Piero Maieli ha dato il via al confronto, in vista dell’istituendo tavolo tecnico, sulle problematiche del comparto agropastorale in ordine alla Pac 2023-2027. Il
Aprendo i lavori, Piero Maieli ha invitato le associazioni di categorie e la rappresentanza del movimento spontanei dei pastori (presenti in audizione) a fornire elementi e dati utili per argomentare le rivendicazioni del mondo dell’allevamento in Sardegna. Sul punto, i consiglieri dei gruppi delle opposizioni (Gianfranco Satta, Progressisti; Salvatore Corrias, Pd ed Alessandro Solinas, M5S) hanno espresso perplessità, insistendo sull’opportunità di formulare quesiti e, dunque, ottenere risposte, dai tecnici presenti alla seduta, ad incominciare dal direttore generale dell’assessorato regionale dell’Agricoltura.
Fabio Pisu ​e Gianuario Falchi hanno riaffermato le ragioni della protesta del movimento dei pastori, contestando l’operato della Regione nelle fasi di confronto della programmazione della Pac e ribadendo una perdita netta di risorse di circa 23 milioni di euro l’anno. «La Pac penalizza l’intera Sardegnaqueste le loro parolee non solo il comparto agropastorale, ad incominciare dall’ovicaprino, e attendiamo di capire se la Regione sarà al nostro fianco». Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Roberto Congia (Liberi agricoltori) che ha sottolineato l’importanza e la strategicità del comparto dell’allevamento nell’Isola.
«Un ruolo più politico della commissione consiliare», è stato l’auspicio del presidente di Legacoop, Claudio Atzori che non ha mancato di rimarcare l’assenza delle organizzazioni professionali. «La nuova Pac può essere ancora modificata ha spiegato Claudio Atzori – e la programmazione regionale non può sopperire agli errori comunitari sulla programmazione agricola». «La poco soddisfacente qualità della spesa in agricoltura», è stata invece al centro dell’intervento del presidente di Agci Sardegna, Sergio Cardia, che ha detto «di voler conoscere quale sia la prospettiva dell’agricoltura sarda, alla luce anche della mancanza di un quadro chiaro per la destinazione degli interventi.»
Sollecitato dai consiglieri regionali delle opposizioni il direttore generale dell’assessorato, Agostino Curreli, ha chiarito i principali rilievi mossi nel corso delle audizioni, riconoscendo una riduzione, al livello europeo, delle risorse destinate alla nuova Pac nella misura del 15% (circa 34 milioni) e ricordando l’anomalia, conseguente alla crisi pandemica da Covid.
Piero Maieli ha quindi richiesto a tecnici e dirigenti dell’assessorato, delle agenzie Laore, Agris e Argea, la predisposizione di una relazione puntuale e circostanziata sull’argomento, così da poter essere sottoposta alla discussione nella prossima riunione della commissione convocata sul tema.

Antonio Caria

Poste Italiane ha omaggiato la signora Battistina “Zia Battista” Piras di Osini per i suoi 103 anni. Nata il 17 settembre del 1919 nel piccolo paese ogliastrino, dove Battistina Piras nasce e vive per la prima parte della sua vita. Terza di 7 figli, “Zia Battista” si sposa il 28 ottobre del 1938 con Eugenio Podda e insieme danno alla luce 9 figli, di cui 2 deceduti in tenera età. Nel 1946 si trasferisce a Cortoghiana, nel Sulcis iglesiente, assieme alle tre figlie piccole Maria, per tutti nota Mariolina, Anna e Angela, per seguire il marito, minatore a Carbonia. Nel Sulcis nascono altri 3 figli: Paolo, Antonina, per tutti Antonella, ed Ivonne. Le vicende della famiglia di Battistina Piras e di Poste Italiane si incrociano, per legarsi inscindibilmente nel corso del tempo, alla fine degli anni ’60 a Milano, dove Tzia Battista si trasferisce per seguire Mariolina, fresca vincitrice di un concorso presso l’allora ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni. La Signora Piras si stabilisce nel capoluogo lombardo con tutta la sua famiglia, dove resterà sino al 2014, svolgendo l’attività di collaboratrice domestica presso una famiglia di professori e in cui, con l’aiuto delle figlie maggiori, cerca di dare un futuro ai figli più piccoli, che nel frattempo studiano e arrivano tutti a conseguire il diploma di scuola media superiore. Raggiunto quest’importante traguardo, anche Paolo, Antonella, Ivonne e Roberto, superando a loro volta un concorso, entrano a far parte della grande famiglia di Poste Italiane, seppur in ambiti, ruoli e addirittura regioni, differenti: Mariolina presso la filiale provinciale di Milano, dapprima come impiegata nella succursale 3 e successivamente presso il centro direzionale; Paolo, come tecnico delle macchine affrancatrici presso il Centro meccanizzato postale di Peschiera Borromeo; Antonella  presso la filiale Milano 5, nel ruolo di collaboratrice dell’ufficio postale di Vimodrone; Roberto applicato come tecnico presso il polo tecnologico di Milano; Ivonne, sino al 2011 alle dipendenze della filiale provinciale di Nuoro, nel ruolo direttrice dell’ufficio postale di Osini. A questa grande famiglia “postale” di “Tzia Battista”, si sono poi aggiunti il genero Franco, marito di Antonella, che ha prestato servizio fino al 2006 nel settore del recapito come agente interno nel centro di distribuzione di Cassina de Pecchi; la nuora Ermelinda, moglie di Roberto, attualmente ancora impiegata nel ruolo di consulente presso l’ufficio postale di Settimo Milanese; la nipote Francesca, figlia di Ivonne, applicata attualmente nel ruolo di specialista imprese a Tortolì, “postale” ormai di seconda generazione.
Antonio Caria