16 April, 2024
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1.907 giorni dopo quel 22 dicembre 2017 che segnò nello stabilimento di Portovesme il primo passaggio del cambio di proprietà tra la multinazionale Alcoa Trasformazioni e Sider Alloys, alla presenza delle massime istituzioni regionali, dell’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri e delle organizzazioni sindacali, Carlo Calenda, allora ministro dello Sviluppo economico del Governo Gentiloni (aveva ricoperto lo stesso incarico anche nel precedente Governo Renzi), oggi senatore della Repubblica e leader politico di Azione, è tornato a Portovesme, in visita agli stabilimenti Sider Alloys ed Eurallumina, per rendersi conto in prima persona dello stato di avanzamento delle due vertenze.

Il primo incontro lo ha avuto alla Sider Alloys, successivamente si è recato in Eurallumina e al termine del secondo incontro ha tenuto una breve conferenza stampa.

Al termine del suo breve intervento, hanno parlato Antonello Pirotto, lavoratore Eurallumina e per molti anni della vertenza leader della RSU aziendale, e Claudia Mariani, coniuge di un lavoratore ex Alcoa, da anni al fianco dei lavoratori nella battaglia per la difesa del lavoro.

Allegata l’intervista al senatore Carlo Calenda.

Akela è un lupo capobranco del “Libro della giungla” di Rudyard Kipling. E’ un personaggio centrale dell’opera: è colui che educa il bambino Mowgli ad affrontare i pericoli e gestire i bisogni improvvisi della vita. La sua forza deriva da quattro caratteristiche:
– la profonda moralità,
– l’affetto paterno per i cuccioli d’uomo,
– la saggezza, autorevolezza e leadership,
– la funzione di garante della legge,
– il senso dell’onore del gruppo a cui appartiene.
Akela ed il suo branco furono usati da Robert Baden-Powell come metafora della organizzazione sociale e gerarchica degli Scout. Gli iscritti potevano assumere nomi dei lupi del branco.
Nel 1907 Baden-Powell fondò la prima “Organizzazione Mondiale dei Boy-scout”. Lo scopo di B.P. era quello di insegnare alle giovani generazioni la ricerca della pace con ogni mezzo, secondo i principi del servizio civico nel volontariato. Le reclute venivano addestrate a pensare in maniera indipendente, ad usare il proprio spirito d’iniziativa e a sopravvivere in qualunque condizione difficile. Il fine ultimo del movimento è quello di dare a tutti i giovani la possibilità di diventare buoni cittadini, di migliorare la propria società e sostenerla nella convinzione della fratellanza fra i popoli. Baden-Powell applicò questo metodo tra i giovani esploratori in Sud-Africa, poi lo perfezionò in Kenia dove visse a lungo e morì.
Il metodo di addestramento dei giovani si diffuse in tutto il mondo.

Il frate missionario francescano padre Giuseppe Madau aveva appreso quel metodo originale in Kenia. Costui era un uomo di profonda cultura umanistica e un eccellente glottologo. Fu il primo a tradurre il Vangelo in “Swahili”, una lingua Bantù parlata in Africa Centrale e Meridionale. Quel Vangelo è tutt’oggi letto in tutta l’Africa. Oltre che poliglotta nelle lingue moderne, era un’autorità nelle lingue antiche come il greco, l’ebraico antico ed il fenicio. Tradusse il “disco di Festo” del 1600 a.C., trovato a Creta, e tutt’oggi la sua traduzione è una delle più accreditate. Tale personaggio importò direttamente dall’Africa, in Sardegna, i valori civici dello scoutismo.
Padre Giuseppe nel 1967 fu destinato a Sant’Antioco e qui fondò il primo movimento di Scout secondo la scuola sudafricana e keniota di Baden-Powell. Lo fondò con con un gruppo di giovani. Paolo Locci fu tra i primi allievi e poi fu tra i primi addestratori. Paolo divenne educatore di quei principi morali che avevano come fine il servizio civile a vantaggio del prossimo. Educò molte generazioni di lupetti e guide. Iniziò così la sua “mission” del servizio civico sempre e comunque secondo la “promessa”: questo fu l’inizio della sua vita di servitore del prossimo.

Chiamato al servizio militare, Paolo Locci chiese di prestarlo nell’Arma dei carabinieri. Fu destinato a Milano, proprio negli anni più bui per l’ordine pubblico. Quegli anni erano iniziati con l’attentato alla Banca dell’Agricoltura, in piazza Fontana, e culminati con l’omicidio del commissario Luigi Calabresi. Nei sommovimenti di popolo che seguirono, Paolo fu impegnato in missioni ad altissimo rischio. Anche quello fu da lui vissuto come servizio civico.
Tornato a Sant’Antioco, formò la sua famiglia e la impegnò nel suo ideale di servizio sociale basato sul volontariato. Si dedicò all’educazione dei giovani allo sport. Fu dirigente nella quadra di basket, di quella di pallavolo, di calcio, e fondò la prima società sportiva agonistica di calcio a cinque, la Simpal, che portò alla vittoria in un torneo regionale, ottenendo la qualificazione ad un torneo nazionale.
Nel 2012 diede vita alla sezione della ANC (Associazione Nazionale Carabinieri) di Sant’Antioco. Lo fece impostando un programma ben preciso: non voleva che la sede si limitasse ad essere un ritrovo per ex commilitoni, ma, al contrario, voleva per tutti gli iscritti un impegno che li avrebbe portati in strada, a fianco della gente, per condividere le necessità che potessero essere soddisfatte col volontariato. La ANC dette inizio subito alla sorveglianza dei ragazzi all’ingresso ed all’uscita dalle scuole. Erano gli anni in cui in tutta Italia imperversavano il bullismo e la diffusione criminale di sostanze illecite fra i giovani. Erano anche gli anni in cui si diffondeva il terrorismo internazionale e si vissero drammi come la strage del Bataclan a Parigi nel 2015, la strage di Nizza del luglio 2016, le stragi dei mercatini di Natale nel 2016 a Berlino, e quella del 2018 a Strasburgo.
La paura si era diffusa ovunque e, anche a Sant’Antioco, le Autorità presero provvedimenti per mettere in sicurezza la popolazione durante le manifestazioni culturali e le feste religiose. I carabinieri ANC della sezione di Sant’Antioco presero parte alla sorveglianza sia degli accessi viari alle feste, sia delle piazze gremite, avvalendosi di osservatori distribuiti in postazioni strategiche.

Nel 2015 Paolo organizzò, a Sant’Antioco, il primo ed unico convegno regionale dei carabinieri; tutt’oggi quel convegno viene ricordato per l’ampia partecipazione di popolo e di iscritti. Fu il riconoscimento ufficiale della sezione ANC intitolata al tenente Marco Pittoni, un giovane carabiniere di Villarios morto per proteggere dei civili.

Nel gennaio 2020 esplose l’epidemia di Covid-19. L’Italia fu chiusa in lockdown per 70 giorni. Il DPCM del 22 marzo 2020, per la prima volta, vietò a tutte le persone fisiche di spostarsi in qualunque Comune diverso da quello in cui si trovavano, e venne pubblicata una lista delle attività che dovevano essere sospese. Il lockdown durò fino al 18 maggio 2020. Solo il 3 giugno si consentì la circolazione fra regioni.
Fu un’esperienza di cui nessuno, in Italia, aveva conoscenza. Furono i mesi in cui iniziarono le quarantene dei contagiati, e l’isolamento dei pazienti sintomatici. Nasceva un problema: chi avrebbe dato assistenza a queste persone, visto che nessuno poteva spostarsi dal proprio domicilio senza mettere a repentaglio la propria salute e anche la vita? Paolo Locci organizzò i volontari della ANC in piccole squadre che si occuparono di questi pazienti rifornendoli di alimenti, consegnando farmaci, ritirando indumenti e biancheria da lavare, smaltendo rifiuti speciali pericolosi. Le sue squadriglie, aggiunte alla forze dell’ordine, misero tutti al sicuro, controllando l’osservanza dei DPCM nelle strade, nei supermercati, verificando e rendendo tollerabile l’isolamento dei casi sospetti nei propri domicili. Fu un’operazione nuova, straordinaria, geniale, pericolosa, imprescindibile.
Nell’estate del 2020, l’arrivo dei turisti infetti da mettere in isolamento, fu un ulteriore banco di prova del volontariato: oltre alla sorveglianza a domicilio, venne attivata anche la sorveglianza dell’accesso alle spiagge, con squadriglie di osservatori-esploratori, allo scopo di aumentare la sicurezza dei vacanzieri e della popolazione.

Finita la prima ondata di epidemia, fu evidente che quell’esperienza maturata andava rafforzata e conservata per il futuro. Alla fine del 2020 vennero allestiti in America i primi vaccini Moderna, Pfizer e Johnson&Johnson. I vaccini in Italia arrivarono a dicembre; vennero inoculati al personale sanitario a gennaio-febbraio 2021; poi. a marzo, la vaccinazione venne estesa a tutti gli italiani anziani. Allora iniziò una sfida di efficienza per l’organizzazione di una campagna di vaccinazioni destinata a molti milioni di cittadini in varie condizioni di autosufficienza. Nacquero gli Hub vaccinali e tornarono utilissimi il genio organizzativo di Baden-Powell e l’addestramento dei suoi adepti a trovare soluzioni per problemi gravi, improvvisi, sconosciuti, con azioni rapide, semplici ed efficaci.
Il personale medico dell’Ufficio di Igiene della ASL, le Forze dell’Ordine, i militari attivati dal Commissario Domenico Arcuri e successivamente dal Generale degli Alpini Francesco Figliuolo, si avvalsero anche dell’organizzazione di volontariato guidata da Paolo Locci. L’ANC (Associazione Nazionale Carabinieri) organizzò a Sant’Antioco un servizio estremamente efficace di accompagnamento della popolazione più fragile all’Hub vaccinale. Non avvennero mai confusione o disguidi, né si formarono mai file d’attesa, né assembramenti prolungati e pericolosi. Fu un successo organizzativo sia nella sede dell’Hub, sia nel capillare servizio di assistenza vaccinale a domicilio. Arrivarono note di soddisfazione dalle autorità locali e regionali, sia civili che militari per la ANC di Sant’Antioco.

Non era neppure terminata l’emergenza epidemica che Paolo Locci era già all’opera per un nuovo obiettivo che avrebbe aumentato l’impegno di volontariato del suo gruppo: l’iscrizione ufficiale della ANC di Sant’Antioco al Terzo Settore-Volontariato. Cos’è? Il Terzo Settore viene definito come il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuove e realizza attività d’interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita.
Il passo successivo è stata l’iscrizione della ANC di Sant’Antioco nel novero delle organizzazioni di volontariato idonee ad essere inquadrate nella “Protezione civile”. Con ciò erano state messe le basi per un impegno di portata enorme, perché Paolo aveva ottenuto l’assegnazione di auto fuoristrada per la sorveglianza dell’isola e natanti per la perlustrazione della fascia di mare antistante le nostre coste.

Raggiunto questo obiettivo, ne stava maturando un altro ancora più complesso: nella sua mente di boy-scout, di educatore, di carabiniere, di volontario civile, stava maturando il disegno per costituire un Sistema sanitario civile vicino al malato in difficoltà. Aveva intravisto nel PNRR (Piano di Ripresa e Resilienza), nella “missione 6”, la possibilità di impiego del volontariato nella nuova gestione della medicina di prossimità. Tale opzione è contemplata nel Piano, prevedendo che possano comparire difficoltà a reperire il personale necessario per l’assistenza sanitaria nel territorio. Egli prefigurò, sotto la tutela della ANC, un servizio di volontariato negli ambulatori della ASL, nelle Case della Salute, nell’Ospedale di Comunità, e a domicilio di chi ha bisogno.
A metà luglio 2022 emerse la malattia mentre si trovava a Roma, per ricevere disposizioni dalle Autorità nazionali del volontariato della ANC, sul proseguo della missione. Il 27 luglio fu operato. Passò due mesi preso negli ingranaggi della macchina sanitaria che tanto aveva aiutato. Non smise mai di sognare nuove imprese e soluzioni di problemi sociali. Continuò sempre a guidare, dal letto dell’Ospedale, il suo gruppo. Poi, il 27 settembre 2022, l’allievo di Baden-Powell e di padre Giuseppe, si è spento.

Mario Marroccu

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Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha nominato il Generale di Corpo d’Armata Francesco Paolo Figliuolo nuovo Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. Al commissario uscente, Domenico Arcuri, il Premier ha rivolto i ringraziamenti del Governo per l’impegno e lo spirito di dedizione con cui ha svolto il compito a lui affidato in un momento di particolare emergenza per il Paese.

Il Generale Francesco Paolo Figliuolo, originario di Potenza, ha maturato esperienze e ricoperto molteplici incarichi nella Forza Armata dell’Esercito, interforze e internazionale.

Ha ricoperto l’incarico di Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa, dal 7 novembre 2018 è Comandante Logistico dell’Esercito.

In ambito internazionale ha maturato esperienza come Comandante del Contingente nazionale in Afghanistan, nell’ambito dell’operazione ISAF e come Comandante delle Forze NATO in Kosovo (settembre 2014-agosto 2015).

Il Generale Figliuolo è stato insignito di numerose onorificenze. Tra le più significative la Decorazione di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia, la Croce d’Oro ed una Croce d’Argento al Merito dell’Esercito e NATO Meritorious Service Medal.

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Il presidente dell’OPI (Ordine Professioni Infermieristiche) Carbonia Iglesias, Graziano Lebiu, ritorna stamane sulla mancata attivazione del Centro Covid all’ospedale Santa Barbara di Iglesias.

«In relazione all’inadeguata risposta del PP.OO. ASL Sulcis/ASSL Carbonia/Ats Sardegna/Ares Sardegna e, soprattutto, nell’Ospedale Sirai di Carbonia, all’emergenza delle ultime settimane, avendo appreso dalla sintesi dei lavori della Conferenza Socio Sanitaria del Sulcis Iglesiente che, rispetto al piano strategico di attivazione all’ospedale Santa Barbara o in quello CTO di Iglesias di specifici reparti dedicati al Covid in ASSL Carbonia, le responsabilità operative e finanziarie del progetto di attivazione del Centro Covid all’ospedale Santa Barbara, così come previsto dalla Delibera Regionale Sardegna del 9/07/2020,(https://delibere.regione.sardegna.it/protected/51295/0/def/ref/DBR51294/) sarebbero totalmente in carico al Commissario Straordinario per l’Emergenza nella persona del dr. Domenico Arcuri, abbiamo sollecitato nell’interesse dei cittadini di conoscere direttamente dal Commissario nazionale per l’Emergenza CoViD se il ritardo nella realizzazione dei 12 posti letto di terapia intensiva nel Sulcis Iglesiente sia effettivamente riferibile alla struttura commissariale da Lui direttadice Graziano Lebiu -. Ci è, infatti, del tutto evidente che il piano di riorganizzazione della rete ospedaliera durante l’emergenza CoviD, ai sensi del comma 8 art. 2 del D.L. n. 34/2020, non possa vedere escluso il Sulcis Iglesiente dalla fruizione dei cittadini di un reparto CoVid19 dedicato, per garantire la migliore gestione dei casi che vi potrebbero essere trattati, per preservare l’operatività dei PP.OO CTO e Sirai e garantire a tutti il diritto a tutte le cure e alla salute e ad averla preservata, e per evitare i viaggi della speranza di ammalati CoViD in altri centri della Sardegna.»

«Le disparità di trattamento e di pari opportunità tra ASSL in Sardegna, ma non solo, e l’ostinazione, nei fatti, a considerare il territorio della ex provincia Carbonia Iglesias marginale rispetto all’area metropolitana cagliaritana, sono da ritenersi inaccettabiliaggiunge Graziano Lebiu -. Soprattutto la popolazione più fragile, gli anziani, i cronici, i disabili, i meno abbienti, corrono il rischio di non poter ricevere cure e assistenza adeguate perché hanno già difficoltà a spostarsi nel breve raggio, e con l’aumento dei casi di contagio da Covid-19 nel territorio e con il reparto CoViD che continua a restare una incompiuta rischiano di essere destinati a chilometri di distanza, soli.»

«Anche per questa fascia di cittadini conclude il presidente dell’OPI Carbonia Iglesias -, abbiamo sollecitato il Commissario Arcuri a fornire le delucidazioni utili a chiarire in modo definitivo se sia effettivamente sua responsabilità lo stallo registrato e come intende, se del caso, porvi rimedio.»

 

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L’Europa ha programmato un piano di vaccinazione di massa, il più grande della Storia. Oggi il “Corriere della Sera” ha reso note le linee generali dettate dal Commissario Domenico Arcuri. Poi interverranno, con i loro piani locali: le regioni, le province, le Assl.
L’Europa ha celebrato il 27 dicembre 2020 il “V-Day”, tuttavia, si è trattato di vaccinazioni puramente simboliche. Sono state utili per dimostrare le prime difficoltà e quale sarà lo stretto sentiero delle regole da seguire.
Un vistoso problema sta nel numero di vaccini a disposizione: è irrisorio rispetto alla popolazione.
Oggi sono pervenute in Italia 470.000 dosi. Teoricamente gli arrivi saranno a cadenza settimanale.
L’Azienda Pfizer-BioNThec ha già riferito che non potrà fornire tutti i vaccini attesi, ed è necessario che l’Agenzia Medicale Europea (EMA) approvi rapidamente i vaccini di altre aziende.
Oggi è stato approvato il vaccino di Moderna.
Non può essere ancora approvato il vaccino di Oxford Astra-Zeneca-Irbm perché mancano alcune dimostrazioni di laboratorio, pertanto, non si sa se e quando le riceveremo.
L’Italia aveva puntato su 30 milioni di questo ultimo vaccino, pertanto, crolla l’aspettativa di una fornitura in tempi rapidi.
A fine anno dovrebbe essere pronto un altro vaccino italiano: quello di Reithera.
Il vaccino russo Sputnik-5, ancorché non approvato in Europa, è prodotto anch’esso in piccole quantità.
I vaccini cinesi Sinopharm e Sinovac hanno problemi simili.
Nell’immediato vi sono diverse criticità da risolvere:
Primo problema: oggi, 7 gennaio 2020, è disponibile soltanto il vaccino Pfizer-BioNThec, ma in piccole quantità.
Secondo problema: Il vaccino Pfizer-BioNThec ha necessità d’essere conservato a temperatura bassissima (-75 °), altrimenti il “messenger RNA” della proteina Spike va incontro a degenerazione ed il prodotto non funziona. Inoltre deve essere inoculato entro due ore dall’estrazione dall’ultra-frigorifero.
Terzo problema: Per motivi di sicurezza (furti) le confezioni devono essere scortate da forze armate. La consegna viene effettuata presso un centro militare. Da questo verrà distribuito in 293 punti di somministrazione di tutto il territorio italiano.

Quarto problema: Le dosi non sono tutte immediatamente disponibili. A Gennaio arriveranno 2.349.750 dosi di Pfizer e a Febbraio ulteriori 1.879.800. In tutto Pfizer ci consegnerà 4.229.550 dosi, sufficienti per 2.115.000 persone.
Successivamente all’approvazione di EMA arriveranno in Italia 20 milioni di dosi di Moderna.
Obiettivi:
Per ora, considerato che le forniture certe sono insufficienti per tutti, il programma è:
a) Rendere “libero da Covid” il personale sanitario degli Ospedali e del territorio;
b) Trattare il personale e gli ospiti delle RSA entro febbraio 2020.
A febbraio si inizieranno le vaccinazioni degli ultraottantenni (4 milioni in tutta Italia).
Successivamente verranno vaccinati .
– Gli Italiani fra 60 e 80 anni.
– Le forze dell’ordine.
– Gli insegnanti e il personale scolastico.
– I fornitori di servizi pubblici essenziali.
– Gli operatori dei trasporti pubblici.
– Il personale carcerario e i detenuti.
Successivamente, con l’arrivo delle nuove dosi, si procederà a vaccinare la restante popolazione italiana.
Nota bene: quando si passerà alla vaccinazione massiva della popolazione verranno aperti 1.500 punti di somministrazione del vaccino. Uno ogni 40.000 abitanti. Pertanto, il Sulcis Iglesiente, con i suoi 122.000 abitanti avrebbe diritto ad almeno 3 grandi centri di vaccinazione. In base alla numerosità della popolazione si può presumere che i centri eletti potrebbero essere: Carbonia, Iglesias e Sant’Antioco.
Vari Opinion-leaders delle testate giornalistiche nazionali hanno avanzato diverse osservazioni rilevando che l’applicazione del piano è molto difficile. I fattori critici sono:
1 – La mancanza dei frigoriferi necessari alla conservazione dei vaccini Pfizer a meno 75 gradi.
2 – Per tutti i vaccinandi sono previste due somministrazioni distanziate di 21 giorni.
3 – Il vaccino perde di efficacia se il lasso di tempo fra le due somministrazioni sarà superiore a 42 giorni (EMA). Ecco perché la RAPIDITA’ è essenziale.

4 – L’immunità conferita dalle 2 dosi di vaccino è di soli 8 mesi. Pertanto, chi si vaccina il primo gennaio deve ripetere la dose il 22 dello stesso mese. Poi il vaccinato, scaduti gli 8 mesi, dovrà ricominciare la trafila delle doppie vaccinazioni a ottobre di questo stesso anno, e continuare così per altri anni ancora. Da questo si capisce che i Centri di vaccinazione dovranno restare aperti per diversi anni.
5 – A questa scarsa durata del periodo di immunità si stanno aggiungendo altre difficoltà a causa della comparsa delle “varianti”. Sta dando preoccupazioni la “variante inglese” ma si pensa che i vaccini che abbiamo siano efficaci anche con essa.
6 – Sta emergendo il problema di un’ulteriore variante: la “variante sudafricana”. Il problema consiste nel fatto che questa variante ha una “mutazione genetica” che le fa produrre una “proteina Spike” diversa da quella usata per preparare i vaccini fin qui elencati. Se ciò è vero i vaccini non dovrebbero essere in grado di proteggerci e si dovrebbe, in tutta fretta, preparare un nuovo vaccino per il nuovo virus.
7 – Queste varianti hanno dimostrato che il virus, circolando così velocemente da un ospite all’altro, produce mutazioni del suo RNA. Se questo avverrà ci ritroveremo daccapo con virus sconosciuti al nostro sistema immunitario.
Tutte queste notizie confermano che il fattore decisivo per uscire dall’epidemia è il fattore “tempo”.
Pertanto, è necessario:
a) – vaccinare rapidamente tutti.
b) – fermare la circolazione del virus con ulteriori Lockdown e irrigidire le regole di distanziamento.

La rapidità è al centro della attenzione di tutti i Governi.
Oggi la Nazione più rapida nel vaccinare è, in assoluto, ISRAELE che è diventata l’esempio mondiale.
Pertanto, Israele è molto osservata perché tutti vogliono capire quale possa essere la migliore strategia.
L’obiettivo è quello di vaccinare il 70% della popolazione per ottenere l’immunità di gregge nel più breve tempo possibile.
La rapidità di Israele è resa possibile da alcuni fattori:
a) – ha soltanto 9 milioni di abitanti.
b) – Gli abitanti sono concentrati in 22.000 Km quadrati di territorio, cioè in un territorio un po’ più piccolo della Sardegna che ne ha 24.000.
c) – Il Governo israeliano si è approvvigionato per tempo di tutte le dosi necessarie da Pfizer BioNThec.
d) – Ha fatto una importante campagna di convincimento per contrastare gli antivaccinatori e perché anche in Israele la vaccinazione non è obbligatoria.
La non obbligatorietà della vaccinazione facilita l’acquisizione del consenso-informato all’inoculazione del vaccino; ciò comporta, per chi si prenota, l’accettazione automatica di tutti i benefici e degli ipotetici rischi.
La non obbligatorietà ha come conseguenza che il cittadino non viene convocato ma deve volontariamente prenotarsi per telefono o email.
La prenotazione consente all’apparato burocratico degli Uffici di Igiene di poter programmare con esattezza il giorno, l’ora, il luogo dove avverrà la vaccinazione. Di conseguenza comporta l’esatta individuazione della data in cui avverrà la prima inoculazione e la data della seconda inoculazione, dopo 21 giorni. Ha inoltre il vantaggio di consentire l’esatta distribuzione delle dosi di vaccino su tutto il territorio nazionale.
In Israele sono ammessi al vaccino:

a – Tutti i richiedenti che abbiano un’età superiore ai 16 anni.
b – Inoltre hanno priorità gli ultra-sessantenni, le donne che allattano e le donne che hanno programmato una gravidanza a breve termine.
Sono esclusi (per ora):
a) – coloro che hanno il Covid in corso.
b) – coloro che hanno già avuto la malattia e abbiano un tasso anticorpale elevato.
c) – le età inferiori ai 16 anni.
d) – le donne in gravidanza.
Con queste regole base Israele ha programmato una vaccinazione di massa in 100 giorni e la sta attuando.

Un vantaggio di Israele in questo frangente è dovuto alla nota organizzazione militarizzata della difesa delle città e del territorio. Sfrutta la forte relazione tra struttura a “rete” del sistema difensivo civile e l’estremo sviluppo dell’interconnessione digitale della popolazione.
Non è una organizzazione “Hub and Spoke” centralizzata, ma è distribuita secondo le maglie di una rete e i relativi “capo-maglia”. Ogni capo-maglia ha una notevole autonomia d’azione. Così pure i “centri vaccinali” possono essere capillarmente distribuiti nel territorio e non concentrati in sedi che comporterebbero “assembramenti” ed una organizzazione più impegnativa.
Se noi volessimo imitare Israele dovremmo dotarci di:
A) – Un formidabile sistema di prenotazioni via telefonica o e-mail.
B) – Diversi centri di vaccinazione distribuiti nel territorio avendo cura di rispettare le due inoculazioni a distanza di 21 giorni e di evitare assembramenti e spostamenti di massa delle persone dalle loro sedi di residenza.
C) – un apparato per le Vaccinazioni di massa da concludersi entro 100 giorni.
Se nel Sulcis Iglesiente dovessimo applicare lo schema del Commissario Domenico Arcuri avremmo 3 Centri di vaccinazione. Ogni Centro dovrebbe vaccinare 40.000 persone per due volte a distanza di 21 giorni. Quindi 80.000 vaccinazioni in 100 giorni. Per raggiungere questo obiettivo ognuno dei Centri dovrebbe vaccinare 800 persone al giorno senza interruzione.
Secondo Domenico Arcuri si dovrebbero adottare sia “un piano organizzativo” sia “strutture capaci per somministrare due dosi rapidamente e nel corretto intervallo”. Forse intendeva i Palazzetti dello Sport?
Supponiamo che ogni Palazzetto abbia lo spazio sufficiente per contenere 8 tende-gazebo con una postazione per gazebo. Si avrebbero allora in ogni struttura 8 postazioni dotate di:
– 1 amministrativo per l’identificazione, la registrazione, l’inserimento nel data-base dell’anagrafe vaccinale, la preparazione del certificato.
– 1 infermiere per l’assistenza alla persona e al medico.

– 1 medico per la verifica dello stato di salute del vaccinando, le allergie, e l’intervento per eventuali reazioni avverse.
– 1 poltrona.
– 1 lettino visite.
– Personale per l’igienizzazione degli ambienti e il trattamento dei rifiuti speciali.
Ogni procedura, dall’ingresso allo accompagnamento all’uscita separata, dalla svestizione parziale al riordino, dalla vaccinazione al rilascio del relativo certificato, necessita di almeno 25 minuti.
Supponiamo che si possano vaccinare 3 persone all’ora. In tal caso, se l’apertura del Centro andasse dalle ore 8.00 del mattino alle ore 20.00 (12 ore), si vaccinerebbero 3 persone all’ora per postazione pari a 24 all’ora e a 288 vaccinati al giorno in tutto il Centro.
Ne consegue che in 100 giorni si potrebbero vaccinare soltanto 28.800 persone. Pertanto, per aggiungere l’obiettivo di vaccinare le 40.000 persone attribuito ad ogni centro, si dovrebbe vaccinare ininterrottamente, dalle 8 alle 20 tutti i giorni, per 140 giorni circa. Cioè per 5 mesi.
Se si considera che l’immunità prevista durerà 8 mesi si deve concludere che dopo 8 mesi dall’inizio delle vaccinazioni di massa si dovrà ricominciare con un nuovo ciclo di vaccinazione di massa, allo stesso ritmo, per altri 5 mesi.
Dato che l’immunità conferita col nuovo ciclo di vaccinazioni durerà anch’essa 8 mesi, si deve pensare che dopo ulteriori 8 mesi si dovrà dare inizio ad un’altra mega-vaccinazione nazionale.
Andando avanti così non se ne vede la fine.
Ciò che appare chiaro è l’esigenza di un immenso sforzo corale contro il virus. Tale sforzo sottrarrà tempo e danaro al Sistema Sanitario nazionale a danno di tutte le altre patologie infettive, traumatiche, chirurgiche, ostetriche, degenerative e tumorali che continueranno ad esistere comunque.
Ne consegue anche che è necessario un secondo Apparato Sanitario Nazionale, parallelo a quello che già abbiamo, dedicato al Covid. Questa duplice organizzazione venne già sperimentata per arginare la Tubercolosi.
Pertanto, l’idea di riconvertire l’Ospedale Binaghi e il Marino di Cagliari (ambedue ex tubercolosari) in Covid Hospital è ottima. Invece è stata pessima l’idea di escludere da questo programma l’Ospedale Fratelli Crobu di Iglesias e di non aprire il Covid Hospital al Santa Barbara di Iglesias. Così pure è stata pessima l’idea di lasciare malati Covid all’interno delle Astanterie dei Pronto Soccorso e nei reparti degli Ospedali Generali.
Evidentemente, l’idea del Commissario Arcuri di istituire un Centro di vaccinazione ogni 40.000 abitanti è bella ma, alla prova del calcolo matematico e della presunta evoluzione dell’epidemia, è insufficiente, ultra-costosa, difficile da mettere in pratica e, alla fine, inefficace contro un nemico come il Coronavirus.
Se invece dovessimo imitare Israele, dovremmo rinunciare al sistema “Hub and Spoke” centralizzato e optare per un Sistema Sanitario a “rete”.
Forse questa “RETE” esiste già. E’ quella dei Medici di Base. Ognuno di questi ha, al massimo, 1.500 pazienti. Se ogni Medico venisse opportunamente supportato da un Infermiere e da un amministrativo del Sistema Sanitario Nazionale potrebbe vaccinare 1.000 persone al mese per tre mesi (cioè 50 al giorno per 5 giorni la settimana, quindi entro gli ottimali 100 giorni israeliani). Lo stesso medico potrebbe ripetere la prestazione dopo 8 mesi. Inoltre ci sarebbe il grande vantaggio che ogni Medico di Base ha la sua anagrafe dei pazienti e, tramite il personale attribuitogli, potrebbe gestire le prenotazioni, il flusso regolato di vaccinandi ed eliminare i problemi di trasporto, di igiene e di assembramento (igienizzazione continua degli ambienti e smaltimento dei rifiuti speciali).
Il Medico di Base è colui che può individuare subito i suoi pazienti non autosufficienti e andare a trattarli a domicilio, che può escludere per conoscenza diretta i pazienti sospetti e avviarli all’USCA, che conosce l’anamnesi dei candidati alla vaccinazione, che può certificare le vaccinazioni avvenute e comunicarle immediatamente l’Anagrafe vaccinale Nazionale.
Ne consegue che il Contratto Nazionale di Medici di base, divenuti anche vaccinatori, dovrebbe essere necessariamente adeguato sia per la retribuzione del lavoro aggiuntivo, sia per l’assicurazione sul “rischio Covid”.

Resterà il problema delle nuove ondate epidemiche provocate dai portatori sani che non si vaccineranno. Per coloro che non aderiranno, per ragioni ideologiche alla vaccinazione, Israele ha introdotto norme per cui soltanto ai vaccinati certificati verrà consentito di muoversi liberamente fuori dalle zone rosse, di non interrompere le proprie attività economiche, di partecipare ai convegni, alle lezioni universitarie, intraprendere viaggi turistici, entrare in ristoranti e discoteche, etc, mentre chi non si vaccinerà si troverà in un lockdown perenne. Il deterrente descritto cambierà i rapporti umani in ogni sede e modificherà gli stili di vita.

Queste sono riflessioni basate sui dati esposti dal Commissario Domenico Arcuri e servono solo a produrre ipotesi, suscettibili a loro volta di riesami.
Bisogna fare in fretta ed organizzarsi per bene.
E’ tempo che i nostri Sindaci del Sulcis Iglesiente si adoperino affinché si ricostruisca tutta la struttura del nostro impianto sanitario territoriale e Ospedaliero e riprendano le redini del controllo sulla ASSL. Oggi stiamo vivendo un momento di crisi gravissima in cui essi sono gli unici riferimenti di garanzia per la popolazione.

«La Difesa ha dato avvio all’operazione Eos, iniziativa assunta dal ministro Lorenzo Guerini e decisa dal Governo nel rispetto delle richieste delle Regioni, che vede i nostri militari impiegati nella distribuzione dei vaccini in tutta Italia, in modo da partire con il Vaccine day europeo il 27 dicembre.»

Lo ha detto questa sera il sottosegretario alla Difesa Giulio Calvisi sottolineando il grande lavoro svolto in coordinamento con il ministero della Salute guidato dall’on. Roberto Speranza e con il Commissario Straordinario per l’Emergenza Coronavirus Domenico Arcuri.

Grazie ad un volo dell’Aeronautica Militare sono arrivate, oggi a Cagliari, 180 dosi di vaccino Pfizer. I vaccini sono stati presi in custodia dai militari del Reggimento Logistico della Brigata Sassari e saranno scortati dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Cagliari, per poi essere consegnati domani all’ospedale Brotzu di Cagliari.

«Un ulteriore e concreto aiuto fornito dalla Difesa che si aggiunge all’attività svolta dalla Sanità Militare nell’ambito dell’operazione Igea nei 4 capoluoghi di provincia della Sardegna e al contributo all’iniziativa “Ad Adiuvandum” – ha aggiunto il sottosegretario della Difesa, con delega alla Sanità Militare, Giulio Calvisi, presente all’aeroporto di Elmas -. In una prima fase, i mezzi e gli aeromobili militari contribuiranno a distribuire in tutto il Paese una parte delle prime 9.750 dosi recapitandole a destinazione. In una seconda fase, la Difesa garantirà il trasporto di quota parte delle le dosi delle case farmaceutiche dall’Hub di Pratica di Mare ai 21 Sub Hub e alle strutture ospedaliere, ASL e punti in tutta Italia. Parliamo di un piano articolato che prevede l’utilizzo di 11 aerei, 73 elicotteri e oltre 360 autoveicoli. Un’organizzazione logistica complessa che contempla anche l’utilizzo di shelter frigo in dotazione alla Difesa.»

In accordo alle richieste del servizio sanitario regionale e locale, la Difesa prevede di costituire, inoltre, delle postazioni vaccinali fissi e mobili (Presidi Vaccinali Difesa- PVD) attraverso la riconversione dei “Drive Through Difesa”, attualmente operativi in tutta Italia per effettuare i tamponi e contribuire, insieme al ministero della Salute, all’attività di screening.

La sanità militare, con il supporto logistico delle Forze Armate, sarà impegnata direttamente nell’attività di somministrazione del vaccino anche con team mobili nelle RSA o a domicilio per i cittadini con difficoltà motorie.

Questo ulteriore supporto messo in campo dalle Forze Armate rappresenta un’attività strategica e fondamentale per il nostro Paese, un aiuto concreto che i nostri militari garantiscono fin dal primo giorno di questa emergenza sanitaria. Un contributo molto importante a favore di tutti i cittadini.

«A tutte le donne e gli uomini che assicurano, anche in questi giorni di festa – ha concluso Giulio Calvisi -, un fondamentale e straordinario sostegno va ancora una volta il nostro grazie.»

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Sono “on line” tutti i dati sulle mascherine chirurgiche e il gel igienizzante distribuiti nei 18.936 istituti scolastici dal commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri. Sul sito della Presidenza del Consiglio (http://www.governo.it/it/dipartimenti/commissario-straordinario-lemergenza-covid-19/cscovid19-mschgel/15243), del Ministero dell’Istruzione (https://www.istruzione.it/rientriamoascuola/distribuzione_mascherine_gel.html) e del Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5070) è possibile, infatti, conoscere istituto per istituto, la fornitura di materiali e dispositivi di protezione individuali che vengono distribuiti gratuitamente e che sono essenziali per garantire la sicurezza degli studenti, degli insegnanti e del personale non docente per l’intero anno scolastico.

I dati verranno aggiornati ogni quarantotto ore. I cittadini, i genitori e gli studenti potranno informarsi direttamente consultando il sistema, che si è deciso di rendere pubblico ad ulteriore dimostrazione dello sforzo che il Governo ha fatto e continua a fare per garantire lo svolgimento dell’anno scolastico con il massimo livello di sicurezza possibile e che non ha pari in nessun altro paese.

Al 16 settembre, erano stati già distribuiti 135 milioni di mascherine chirurgiche: in media 9,5 milioni al giorno per adulti e ragazzi e 1,7 milioni per bambini. Il Commissario ha anche consegnato agli istituti 602mila litri di gel igienizzante.

«Si tratta di un ulteriore passo per garantire la massima trasparenza e per fare chiarezza sui numeri reali relativi alla distribuzione di mascherine e gel igienizzante nelle scuoleha commentato il Commissario Straordinario, Domenico Arcuri -. Tutti i cittadini potranno da oggi verificare l’esatta situazione nei singoli istituti mettendo finalmente fine alle informazioni frammentarie, e qualche volta strumentalmente inesatte, che sono state diffuse nei giorni scorsi.»

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L’Amministratore delegato della Sider Alloys, Giuseppe Mannina, ha diffuso una nota nella quale ha espresso il suo personale ringraziamento a tutti i soggetti istituzionali per il raggiungimento dell’accordo di fornitura dell’energia elettrica con ENEL, «in particolar modo il Governo italiano che ha creduto sin dall’inizio a questa iniziativa attraverso le sue più varie articolazioni, ENEL, SACE e Banca Intesa».

«Una nota di merito va a tutta la comunità regionale, territoriale ed istituzionale ha aggiunto Giuseppe Mannina -, un sentito riconoscimento va al presidente della Regione Sardegna dottor Christian Solinas, ai lavoratori ed alle organizzazioni sindacali, in quanto anche grazie al loro impegno si è potuto arrivare al raggiungimento di tali obiettivi.»

«Ora iniziamo insieme una nuova stagione per arrivare al traguardo finale nel rispetto delle regole e dei ruoliha concluso Giuseppe Mannina -. Cogliamo l’occasione per ringraziare nuovamente la sottosegretaria Alessandra Todde, la quale sarà presente in azienda nella giornata di martedì 28 luglio 2020, per l’impegno profuso in prima persona ed in nome del Governo Italiano.»

Nella fotografia (a destra), l’amministratore delegato di Sider Alloys Giuseppe Mannina, con l’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri.

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La commissione Sanità del Consiglio regionale si è riunita questa sera in Consiglio regionale e ha audito i principali protagonisti delle istituzioni sanitarie impegnati nella lotta al virus.

Su invito del presidente Domenico Gallus ha preso per primo la parola Marcello Tidore, direttore generale dell’assessorato, che ha parlato espressamente di «una tendenza al miglioramento ed è per questo che è stata sospesa la convenzione del Mater Olbia in campo Covid». L’alto dirigente della Regione ha illustrato alcuni numeri dei contagi: «Il 34 per cento è extraospedaliero, il 12 per cento non dice dove si è contagiato o, comunque, non siamo riusciti a risalire alla catena del contagio, il 32 per cento si è infettato nelle case di riposo, il 12 per cento negli ospedali. Il ministero ci ha chiesto ora di concentrarci nell’azione di prevenzione e monitoraggio delle case di riposo e delle strutture ospedaliere. Da settimane stiamo effettuando il tampone a tutti i pazienti dimessi dagli ospedali e al personale sanitario».

Per Giorgio Steri, commissario straordinario di Ats, «i servizi di igiene pubblica stanno lavorando mettendo in quarantena tutti i casi sospetti, anche se il tampone è negativo ma il quadro dei sintomi lascia intendere una possibile infezione. Effettuiamo regolarmente i tamponi nelle case di riposo e nelle Rsa».

Per il direttore generale del Policlinico universitario di Cagliari, Giorgio Sorrentino, «poco o nulla si sa di questo virus, che non abbiamo potuto studiare sui libri ma solo sul campo. Abbiamo, dunque, dovuto contenere al massimo gli accessi alle nostre strutture ospedaliere, per contenere l’affollamento di parenti. Ci sono però gli asintomatici e sono tanti: ieri ad esempio è arrivata in pronto soccorso una ragazza, che lamentava una patologia, e grazie ai nostri controlli rapidi abbiamo scoperto che è positiva».

Della necessità di impiegare correttamente i dispositivi di protezione individuale e i percorsi di sicurezza ha parlato il direttore generale dell’Azienda Brotzu, Paolo Cannas: «E’ stato su questo punto fondamentale il lavoro svolto dalla protezione civile. Ora è però tempo di pianificare la post emergenza: faremo controlli rigidissimi nei triage e negli ambulatori».

Per la Protezione civile ha parlato il direttore generale, Antonio Belloi, che ha detto: «Siamo impegnati sin dal primo momento dell’emergenza, abbiamo supportato da subito il sistema sanitario regionale con i nostri seimila volontari nei porti e negli aeroporti dell’Isola. Abbiamo poi montato delle tensostrutture in tutti i pronto soccorso sardi e se serve abbiamo altre tensostrutture e altri volontari pronti a intervenire. Sino a oggi abbiamo tenuto 200 videoconferenze anche con il commissario nazionale Domenico Arcuri». Rispondendo al consigliere Stefano Schirru (Psd’Az) ad una domanda su un articolo pubblicato nei giorni scorsi dal Il Fatto quotidiano, Antonio Belloi ha fornito alla commissione una relazione di dieci pagine e detto: «Abbiamo acquistato le mascherine a un prezzo inferiore rispetto a tante altre istituzioni e non abbiamo voluto correre il rischio di essere truffati, visto che tutti i venditori ci hanno chiesto il pagamento anticipato. Nulla di sproporzionato, ricordo a che marzo il mercato era profondamente volatile e soggetto a incredibili speculazioni».

L’onorevole Francesco Agus (Progressisti) ha chiesto agli ospiti di spiegare in che modo la Sardegna intende affrontare la fase due sotto il profilo strettamente sanitario mentre il collega Stefano Schirru ha elogiato il lavoro delle istituzioni e ha sollecitato «misure di sostegno per il 118 e un piano che individui con chiarezza di quali specializzazioni mediche la Sardegna avrà maggiormente bisogno nei prossimi anni».

Per l’onorevole Eugenio Lai (Leu) «sarebbe importante aumentare il numero dei tamponi effettuati, 23.299 ad oggi come ha detto il dottor Marcello Tidore, visto l’elevato numeri di asintomatici». Invece l’onorevole Giorgio Oppi ha parlato in modo aperto: «La critica iniziale per la assoluta carenza di Dpi aveva il suo fondamento così come gli ospiti delle Rsa andavano controllati da subito. Siamo stati molto fortunati ma non dobbiamo fare finta che sia andato tutto bene. E’ una autentica vergogna che agli operatori del 118 siano state consegnate cinque o dieci mascherine».

L’onorevole Michele Ciusa ha sollecitato un approfondimento per capire «se è vero che la società Airgreen, affidataria del servizio di elisoccorso, si rifiuti di trasportare i pazienti Covid» mentre l’onorevole Antonello Peru (Udc) ha denunciato «la lista d’attesa anche di sedici mesi per i ciechi della provincia di Sassari in attesa del riconoscimento della invalidità» e ha chiesto un intervento deciso a favore di questi cittadini, ancora piu deboli in questo momento.

Al termine della lunga audizione, il presidente Domenico Gallus ha segnalato ai commissari alcuni rilievi giunti dal Governo alla legge regionale sulle borse di studio.

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Domenico Arcuri, 57 anni, da 13 anni AD di Invitalia, è il commissario per l’emergenza Coronavirus. Calabrese, laureato in Economia e commercio nel 1986 all’università Luiss di Roma, ha iniziato a lavorare all’Iri. Dopo altre esperienze, nel 2007 è arrivato alla guida di Invitalia, da alcuni anni è il soggetto attuatore per la reindustrializzazione di aree di crisi, tra le quali c’è Portovesme. Ed è proprio nel polo industriale del Sulcis che ha assunto un ruolo fondamentale nella gestione della vertenza per la cessione dello stabilimento Alcoa. Il 22 dicembre 2007, infatti, l’incontro tenutosi in occasione della visita del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, si è concluso, nella sala mensa dello stabilimento di Portovesme, con l’ufficializzazione del passaggio di proprietà dalla multinazionale statunitense Alcoa ad Invitalia (l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa), rappresentata dal suo più alto dirigente, l’amministratore delegato Domenico Arcuri.

Domenico Arcuri ha seguito passo dopo passo la lunga e difficile vertenza per il rilancio della produzione nello stabilimento di Portovesme che conoscerà la prossima tappa il 19 marzo, con l’incontro in videoconferenza convocato dal vive capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo economico, Giorgio Sorial.