18 April, 2024
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«Totò avrebbe detto “ma ci faccia il piacere!” Ma non vogliamo essere irrispettosi. Quando si parla delle grandi questioni come il clima o l’energia occorre fare attenzione a non mettere tutto sullo stesso piano: tra le dichiarazioni di un ministro (tecnico) e quella del presidente di un’azienda come Enel che è quotata in borsa e deve fare utili, gli interessi manifesti sono assolutamente differenti. Qui non stiamo parlando dell’energia che serve per ricaricare i telefonini ma quella che serve per i servizi fondamentali e per mantenere l’idea di uno sviluppo che non si limiti solo al turismo.»

Interviene così, sulla questione energia, il presidente delle ACLI della Sardegna, Franco Marras.

«Le energie rinnovabili sono certamente il futuro e vanno assolutamente promesse e valorizzate ma vanno valutate per quello che nel 2021 e per i prossimi 30 anni possono dare realmente e l’idea dell’isola come una grande piattaforma delle rinnovabili ha molti punti che non convinconoaggiunge Franco Marras -. Non convince l’idea di un’isola che possa essere supportata solo da energie rinnovabili nei prossimi 30 anni, perché vorrebbe dire rinunciare da subito ad una prospettiva industriale ed accontentarsi di essere solo come un’isola caraibica che vive di turismo e folklore. In tutto il mondo si continua a sviluppare l’attività basata sul gas (persino il Tap in Puglia o la funzione dell’ENI in Egitto) e la Sardegna invece fa la mosca cocchiera del Green duro.

Non convince mandare a casa un numero elevatissimo di lavoratori, prospettando la chimera di 15mila nuovi posti che non si sa bene da quando potranno essere disponibili.

Non convince il cavo di Terna, un investimento di 5 miliardi che non serve alla Sardegna per i suoi consumi e le sue produzioni e invece viene fatto passare come un’opportunità per l’isola: meglio, al contrario, essere autosufficienti e non dipendere da un cordone ombelicale con la Sicilia.

Non convince l’idea che le batterie siano la forma di conservazione dell’energia in surplus delle rinnovabili pronta a sostituire la corrente che serve senza interruzione a tutti i servizi pubblici, scuole e ospedali, o all’industria e poi perché dietro le batterie ci sono questioni etiche sui materiali che le compongono, su come e dove vengono estratti e su come vengono smaltiti: meglio l’idrogeno allora che ha però bisogno di reti per essere stoccato e trasferito. Non convince l’idea di riempire l’isola di parchi eolici solo per l’energia che serve ai sardi, perché diventa evidente che sarà energia in surplus che riempirà le tasche dei padroni dei parchi non il nostro futuro», prosegue il leader delle ACLI sarde.

«Forse nel 2050 sarà possibile essere del tutto green quando le tecnologie lo permetteranno davvero ma nel frattempo non si può scegliere di rinunciare ad una generazione intera di sardi che fanno i poveri o vanno via perché rimettiamo in discussione scelte del piano energetico regionale e nazionale con una intervista del capo dell’Enel – sottolinea Franco Marras -. Le scelte presenti in quel piano, è giusto ribadirlo per chi lo avesse dimenticato, prevedono che i sardi possano finalmente essere dotati del metano ad un prezzo come quello di tutti gli italiani. Ma c’è di più: quella rete del metano è previsto che diventi parte integrante della rete europea, una struttura adeguata ad ospitare la conversione verso l’idrogeno che è più convincente come energia green, stabile e come accumulo, senza che i paesi del Sud America o dell’Africa vengano sventrati per i metalli preziosi delle batterie. Tutto questo non lo dico solo io, lo dice proprio il piano europeo per lo sviluppo.»

«Ecco, la nostra preghiera, al di là delle convinzioni personali, è che le istituzioni regionali non si prestino a nuove colonizzazioni e che sull’energia se si vuole cambiare la strada soffertamene costruita in questi anni si apra un dibattito pubblico, come quello regolato dalle leggi sulle grandi scelte: ne va del nostro futuroconclude il presidente delle ACLI, Franco Marras -. E sommessamente, sull’energia vogliamo ricordare che l’articolo 4 dello Statuto, visto in anticipo dai nostri padri costituenti dice che sull’energia la Sardegna ha voce possente e non secondaria e se si vuole, quello Statuto lo si può far valere.»

Dal 2017 al 2019 la Sardegna ha registrato una crescita di assunzioni nel mercato privato del 10% in tre anni. Nel 2020 la crescita si è fermata per effetto del Covid e il mercato privato ha segnato un profondo rosso di un terzo in meno di assunzioni, solo 66.000 contro le 99.000 del 2019. La metà delle persone che sarebbero state assunte senza la pandemia sono persone con qualifica o diploma professionale (-47%), ma mancano all’appello 1500 laureati (-13%), 6.000 diplomati (-20%) e 7.000 lavoratrici/tori senza titolo di studio (-24%). In termini di mancate assunzioni la Sardegna si situa al 4 posto nazionale superata solo da Toscana, Umbria e Marche e subito prima di Basilicata, Emilia e Veneto, tutto regioni che hanno ridotto le assunzioni di più del 30’% rispetto al triennio precedente.

«Sono oltre 33mila persone assunte in meno nel 2020 rispetto al 2019 che si aggiungono a chi perderà il lavoro dopo lo sblocco dei licenziamenti – dice il presidente delle ACLI Franco Marras -: serve un sistema di sicurezza e un piano di riqualificazione professionale, un paracadute sociale per almeno 50.000 persone nei prossimi mesi che va predisposto subito, per evitare di infoltire le fila dei poveri.»

 Il livello occupazionale è crollato nonostante resti “drogato” dal blocco dei licenziamenti che richiederà una grande attenzione nel momento in cui il divieto sarà eliminato per fornire un supporto e un progetto di ripartenza e di reimpiego. Ma quante sono esattamente le persone che sarebbero state assunte e sono restate disoccupate?

Al fine di valutare limpatto del Covid sul mercato del lavoro sardo, abbiamo analizzato la banca dati fornita dalla Unioncamere-ANPAL, attraverso il sistema informativo Excelsior. Questi dati si limitano al mercato del lavoro privato, e sono dunque più correlati alle condizioni reali dell’economia, sono depurati dai dati delle assunzioni nella pubblica amministrazione, dei contratti inferiori ai 20 giorni e delle forme di trasformazione, spesso elusive, dei contratti dello stesso lavoratore nellambito del medesimo sistema d’impresa. Questa “depurazione” motiva il rapporto 1:3 con i dati regionali ASPAL dello stesso periodo.

Abbiamo analizzato il periodo dal 2017 al 2020. Come si rileva, landamento del numero di nuovi assunti (con qualsiasi tipologia contrattuale) era in costante crescita nel periodo 2017-2019 con un incremento di circa il 10% nel triennio e arrivando quasi a 100mila assunzioni nel solo 2019. Tale aumento riguardava in particolare coloro che possedevano una qualifica o un diploma professionale. Nel 2020 appare invece in maniera drammatica la contrazione dei nuovi assunti con circa 33mila persone in meno in totale.

Sul piano delle competenze richieste dalle aziende in Sardegna, nel triennio 2017-19 solo un terzo è diplomato e meno del 10% laureato, questo rapporto nel 2020 si rafforza a vantaggio di chi ha titoli di studio nel 2020 che resiste meglio alla crisi del mercato con una riduzione delle assunzioni meno marcata. Di fronte alla pandemia gli individui in possesso di una qualifica o diploma professionale sembrano essere i più sensibili alle variazioni nel mercato del lavoro: rispetto allanno precedente si osserva addirittura un crollo di circa il 50% anche se soffrono i diplomati (-.20%) e i laureati (-13%). Il raffronto con il dato nazionale porta ad una minore riduzione delle assunzioni (-26%) rispetto all’isola (-30%), anche se la crisi morde anche chi ha titoli di studio più elevati.

In sintesi

1- Il mercato del lavoro in Sardegna ha registrato nel triennio 2017-2019 una crescita delle assunzioni da parte delle imprese private del 10% passando da 90.000 a 99.000 assunzioni. Questo dato si è interrotto nel 2020 con un crollo del 30% delle assunzioni rispetto al triennio precedente scendendo da 99.000 nel 2019 a 66.000 . Il crollo delle assunzioni da parte delle imprese private in Sardegna è il quarto dato negativo tra le regioni italiane.
2- Sono state maggiormente colpite dalla riduzione delle assunzioni le richieste di personale privo di titolo di studio o con la solo qualifica o diploma professionale rispetto a quelle per personale con livello secondario o universitario. Si tratta di un mercato ampio e correlato alle attività stagionali sia turistiche e commerciali che copre la maggioranza delle richieste di risorse umane per contratti subordinati. La metà delle persone che sarebbero state assunte senza la pandemia sono persone con qualifica o diploma professionale (-47%), ma mancano allappello 1500 laureati (-13%), 6000 diplomati (-20%) e 7000 lavoratrici/tori senza titolo di studio (-24%).
3. In sintesi il personale con bassa qualifica o con la sola qualifica professionale è stato più esposto alleffetto COVID. La presenza di un titolo di studio elevato costituisce un elemento di difesa nelle variazioni del mercato del lavoro anche se si tratta solo di un terzo del mercato del lavoro per le imprese private quello che riguarda il personale diplomato (30%) o laureato (7%). Rispetto al dato nazionale dove i laureati sono il 10% delle assunzioni nel privato, in Sardegna lo spazio per i laureati appare angusto (solo 7%) e li spinge verso gli spazi decrescenti della pubblica amministrazione o verso lemigrazione.

4. In generale guardando ai settori più colpiti dalla riduzione delle assunzioni in Sardegna, il turismo si conferma il settore in cui è concentrato il dato negativo delle assunzioni nel 2020 qualunque sia il titolo di studio o la sua assenza con il calo complessivo del 42%.

5. In termini di riduzione delle assunzioni nell’anno 2020, nel quadro nazionale, la Sardegna si situa al quarto posto nazionale preceduta da Toscana, Umbria e Marche e seguita da vicino da Basilicata, Emilia e Veneto. Considerata la fragilità della condizione sociale dell’isola rispetto ad Emilia Romagna o Toscana, il quarto posto dell’isola rappresenta un dato negativo al quale occorre guardare con un’attenzione maggiore rispetto a regioni che hanno lo stesso dato e una perdita percentuale analoga di assunzione sia per la maggiore difficoltà di ripartenza del sistema economico che per gli effetti sociali radicati e correlati.

I dati sull’aumento dei decessi in Sardegna nel 2020 preoccupano perché la nostra Regione ha la percentuale più alta di aumento per cause non attribuite al Covid (65%), e questo nonostante la percentuale totale di aumento di decessi sia tra quelle a due cifre tra le regioni italiane. A cosa attribuire questo marcato aumento di morti COVID? Forse è l’effetto di una più marcata paralisi del sistema sanitario e di una conseguente assenza di prestazioni sanitarie fondamentali. È quanto emerge da uno studio di ACLI Salute Sardegna, l’associazione promossa dalle ACLI che si occupa di sanità e sociale, sulla base di un’analisi dello IARES, l’Istituto di ricerca sociale delle Acli sarde. Sono 18.853 i sardi deceduti nel 2020 contro la media di 16.836 nel quinquennio precedente (17.003 nel 2019). Si tratta di 2.158 sardi in più nel 2020 rispetto alla media del quinquennio 2015-2019, 1.850 in più rispetto all’anno precedente: dati che triplicano i decessi dichiarati per causa Covid che, nel comunicato ufficiale della Regione Sardegna al 31 dicembre 2020, risultano 747. Si tratta della percentuale più bassa in Italia: nelle altre regioni infatti l’aumento dei decessi tende ad avvicinarsi maggiormente ai numeri di decessi per Covid.

«Si tratta – afferma Franco Marras, presidente delle ACLI  di oltre 1.400 sardi deceduti per cause non attribuite al Covid ma che, in qualche modo, ne potrebbero essere l’effetto indiretto. Centinaia di persone che potrebbero non avere ricevuto le prestazioni sanitarie necessarie per una prevenzione precoce o una terapia indispensabile dal sistema sanitario regionale, in gran parte impegnato nella lotta alla pandemia o paralizzato senza essere in grado di fornire i servizi essenziali.»

Una storia che non si ferma se è vero che al 30 marzo 2021, i decessi dichiarati Covid sono 1.233, cresciuti, dunque, di quasi 500 unità in soli tre mesi. La Sardegna presenta una percentuale di decessi per Covid (12,8% del totale) in linea con le regioni più colpite, ma ha anche la percentuale più alta di aumento dei decessi non legata al Covid (65%).

«Da tempo la nostra associazione che tutela gli anziani, la FAP, così come gli sportelli di ACLI Salute, denunciano la carenza di servizi sanitari pubblici fondamentali e le lunghissime e inaccettabili liste d’attesa, con sedute chirurgiche, visite e diagnostica rinviate sine die. Una disattenzione che la corte dei conti ha denunciato il 24 febbraio scorso già per il 2019, ben prima del tracollo dei servizi dovuto alla pandemia. Inoltre, ci vengono segnalati casi eclatanti come quello dell’unica camera iperbarica (privata) nell’isola aperta alle prestazioni sanitarie e funzionante mentre il sistema pubblico tiene chiuse, o con prestazioni minime, quelle pubbliche. L’assenza di prestazioni sanitarie fondamentali – come possono dimostrare i dati sulla mortalità – sono evidenti e dovrebbero essere di interesse più generale, perché oltre alla vaccinazione delle persone ci sono anche le attività ordinarie da mantenere a pieno regime.»

Franco Marras, 59 anni, dal 2019 presidente regionale delle ACLI in Sardegna è stato rieletto con 34 voti a favore e 2 astensioni da un consiglio regionale rinnovato per oltre il 50%. Insieme a Mauro Carta, nuovo vicepresidente delegato, Salvatore Sanna e Daniela Masia, saranno i 4 rappresentanti sardi nel Consiglio Nazionale delle Acli che questo venerdì in modalità a distanza, eleggerà la presidenza e la direzione nazionale.

La candidatura di Franco Marras è stata proposta da numerosi dirigenti regionali e rappresenta la prosecuzione di un forte lavoro di rilancio e riorganizzazione dell’associazione e dei suoi servizi che sono stati messi a dura prova dalla pandemia e dalle forti innovazioni legislative degli ultimi anni. Anche nei mesi di lockdown le Acli non hanno mai chiuso ma lo sforzo di innovazione e modernizzazione rappresenta la strada maestra per i prossimi anni.

Il bilancio sociale dell’ultimo anno racconta le Acli sarde come un movimento capace di organizzare quasi 30.000 iscritti tra l’associazione madre e le associazioni specifiche, US Acli, AcliTerra e FAP le più diffuse, e da servizi ogni anno a 100.000 persone nelle 30 sedi associative e dei servizi nell’isola.

Il consiglio regionale eletto in Sardegna da 30 componenti e 7 di diritto, è composto da Silvia Angioi, Antonello Caria, Mauro Carta, Valeria Casu, Gianluca Chelo, Silvia Chelo, Cristian Fancello, Giuseppe Fresu, Carlotta Loi, Stefania Matta, Fabio Meloni, Francesco Micillo, Franca Monni, Domenico Murgioni, Fabiola Nucifora, Giuseppe Pintus, Francesco Pisano, Bastiana Pischedda, Claudia Puddu, Simone Pusceddu, Umberto Ruggiu, Franco Sabatini, Luca Sannio, Fabrizio Satta, Luca Sechi, Brunilde Sini, Luciano Turini, Gianfilippo Veneruso, Giacomo Carta, Salvatore Floris, Daniela Masia, Salvatore Sanna, Benedetta Iannelli (Ipsia), Enrica Orrù (Us Acli) Sebastiano Sanna (Fap Acli). Sono inoltre invitati permanenti in qualità di past president Ottavio Sanna, Silvio Lai e Valter Piscedda.

Sarà presentata lunedì 30 novembre, alle 17.00, in diretta Facebook sulla pagina delle Acli della Sardegna, con un confronto con il presidente del Consiglio delle autonomie locali Andrea Soddu e don Ettore Cannavera, il report Termometro Sardegna, un’indagine SWG commissionata dalle Acli sulla realtà percepita dai sardi in questo periodo Covid.

Il rapporto di ricerca presenta dati regionali e suddivisi tra le 5 aree provinciali, Sassari, Nuoro, Oristano, Sud Sardegna e Area metropolitana di Cagliari, misurando alcuni elementi che costituiscono l’ossatura della valutazione del capitale sociale, che IARES, l’Istituto di ricerca delle Acli, misura periodicamente da oltre 15 anni.

Tra i dati misurati sono di grande interesse lo stato di salute percepito, il senso di sicurezza/insicurezza finanziaria, la fiducia nel futuro, la fiducia negli altri, le donazioni effettuate durante il periodo Covid.

«In questi dati anticipa Franco Marras, presidente regionale delle Acli della Sardegnapreoccupa fortemente il declino della fiducia dei sardi verso gli altri e verso le istituzioni, in un contesto nel quale il rifugio nella famiglia non pare più essere sufficiente a colmare il vuoto e la paura nel futuro.»

1Per questo vogliamo presentarli discutendone con esperti ed esponenti della società civile e politica, perché la situazione è grave e non vogliamo buttare la croce su nessuno, ma, nella consapevolezza, impegnarci come terzo settore nella ricucitura degli strappi che oggi stanno avvenendo, per non perdere terreno irrecuperabile. Come il Presidente Mattarella ci ha chiestoconclude Franco Marras -, dobbiamo stare uniti, perché il nemico è il virus, non la scienza o le istituzioni che lo stanno combattendo, ma non bastano le piccole somme per affrontare i danni che ci sono e che ci saranno.»

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«Per non far saltare il sistema sociale sardo, se fosse possibile scegliere tutte le opzioni, occorre fare in fretta e bene, ma se si deve scegliere solo una opzione, direi che ora occorre privilegiare la velocità. Servono risorse a fondo perduto per affrontare l’emergenza nell’immediato ma serve anche pianificare un rafforzamento delle politiche attive sul lavoro, un programma di formazione sui nuovi lavori e un intervento di affiancamento e supporto al contrasto delle nuove povertà, con il pieno coinvolgimento del terzo settore.»

Così sintetizza la ricetta delle ACLI, il presidente regionale Franco Marras, commentando i dati diffusi da questa mattina dallo IARES (aclisardegna.it) sui potenziali effetti sulla povertà in Sardegna.

«Non partiamo da dati da noi rilevati per valutare i gravissimi effetti della situazione ma da quelli autorevoli del CERVED, dello SVIMEZ e dell’ASPAL. Già solo nel mese di marzo ASPAL contava 24.000 posti di lavoro in meno rispetto all’anno precedente e di questi meno di 5.000 appartengono al settore turistico. Secondo lo Svimez sono 200.000 i lavoratori che hanno subito il lockdown in Sardegna, di cui un terzo lavoratori autonomi, artigiani, commercianti e professionisti e due terzi lavoratori dipendenti. A questi vanno aggiunti 50.000 lavoratori non tutelati, in prevalenza stagionali, per un totale di 250.000 persone che hanno sospeso il lavoro o non lo hanno avviato tra aprile e maggio», ha proseguito il presidente Franco Marras.

«La domanda che ci siamo fatti è quanti di questi rischiano di non riprendere il lavoro e perciò di ingrossare le file dei poveri, assoluti o relativi. Secondo due scenari elaborati dal CERVED la Sardegna perderà circa il 9% della produzione nella migliore delle ipotesi ed il 22,5% nella peggiore. Se si proietta questo scenario sull’occupazione ipotizzando tra il 10% e il 20% di persone che perdono il lavoro o non vengono assunte il dato che emerge è imponente. Se perdessero il lavoro il 10% di questi andremo a circa 25.000 disoccupati ma i dati ASPAL dicono che ci siamo già; se andiamo al 20% come percentuale di perdita del lavoro, tra lavoratori autonomi, lavoratori non tutelati e lavoratori dipendenti di aziende private che non sono ripartite andremo a 50.000 disoccupati e, con le loro famiglie a oltre 120.000 persone che entrerebbero nella fascia della povertà, ingrossando le fila dei 167.000 poveri assoluti già presenti in Sardegna.»

Per le ACLI, come si legge nella sintesi del rapporto IARES, si tratta di fare presto per salvare i tessuti sociali ed economici, servono «risorse a fondo perduto che devono essere messe a disposizione attraverso meccanismi fiduciari, sul modello del prestito d’onore, o dei mini prestiti resi disponibili dal “CuraItalia” potenziandoli, in cui sia la stessa comunità locale a sviluppare il controllo sociale, o comunque la comunità regionale. Tempi lunghi e burocrazia rendono inutili gli interventi perché erogati in ritardo e inefficaci».

Vanno messe al centro le comunità locali per un controllo sociale e non la Regione per un controllo burocratico che costerebbe più del valore delle erogazioni.

Si perderanno molti posti di lavoro ma ne nasceranno altri per i lavoratori che hanno competenze e capacità lavorative ma devono adeguarle ai nuovi lavori e servizi, per questo occorre «pianificare un rafforzamento delle politiche attive del lavoro e un programma di formazione per i nuovi lavori»

Infine, per contrastare la povertà, come ci hanno insegnato REIS, REI e Reddito di cittadinanza, non basta l’aiuto economico, serve non lasciare sole le persone, creare una rete di salvataggio e tutela dalle difficoltà accentuate dalla paura della crisi, occorre mettere al centro l’apporto che il terzo settore può dare nel territorio.

Come si legge nel rapporto «occorre prendere lezione dal passato e non lasciare incancrenire la crisi, serve il sostegno a chi è più fragile e non sarà sufficiente quello economico se non saranno le comunità locali e territoriali, le reti sociali a farlo. In un quadro disgregato come quello con il quale siamo arrivati occorrerà il forte coinvolgimento delle reti associative, di tutto il terzo settore, che in queste crisi viene liquidato dopo la fase in cui serve per fare volontariato, guidare ambulanze, portare i farmaci e la spesa o fornire mascherine. Se le comunità si disgregano non sono le istituzioni da sole, o le limitate risorse economiche a consentirlo, ma la capacità di costruire progetti che assistano le persone e le loro famiglie a ai quali partecipino tutti gli attori del territorio, istituzioni, famiglie, imprese e terzo settore».

Tavola IX: Stima soggetti e famiglie a rischio povertà dopo COVID 19 (stima IARES)

 

Sardegna

 

Totale

% lavoratori a rischio disoccupazione Stima lavoratori a rischio Totale soggetti nelle famiglie
C Lavoratori non tutelati 50.000 10 5.000 11.150
D Lavoratori autonomi in lockdown 70.525 10 7.053 15.727
E Lavoratori dipendenti in lockdown 123.191 10 12.319 27.472
Totale (C+D+E) 243.716 24.372 54.349
C Lavoratori non tutelati 50.000 20 10.000 22.300
D Lavoratori autonomi in lockdown 70.525 20 14.105 31.454
E Lavoratori dipendenti in lockdown 123.191 20 24.638 54.943
Totale (C+D+E) 243.716 48.743 108.697

Le povertà sono tante e differenti, perché come si vede da chi cade in povertà, tra un lavoratore che fa impresa, un lavoratore dipendente, uno scolarizzato e uno meno, un lavoratore tutelato e uno non tutelato sono diverse le risorse da cui ripartire.

Un appello finale dal terzo settore alle istituzioni, dunque, da parte di Franco Marras: «Non chiamateci solo alla fine, quando il danno è stato fatto, costruiamo insieme la rete di protezione per questi 120.000 nuovi poveri».

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Una maratona linguistica così non si era mai vista nell’isola. Ed il format sperimentale che doveva portare nuova linfa al concorso letterario si è rivelato vincente, non solo per partecipazione di pubblico e di artisti, ma anche per un’inaspettata freschezza e forza propulsiva che non è difficile immaginare, rivoluzionerà forse il modo di pensare questo tipo di manifestazioni per il futuro.

La XXX edizione del Premio di Poesia sarda organizzato dalle ACLI Sardegna, sabato (7 dicembre) e domenica all’Hospitalis Sancti Antoni di Oristano, è stata una grande festa per la lingua sarda. Dopo l’introduzione del presidente Acli regionale, Franco Marras, e della segretaria del concorso, Daniela Masia, che ha avuto un ruolo fondamentale nella pianificazione dell’evento, la maratona linguistica di sabato ha visto cimentarsi diversi nomi illustri sia nel panorama regionale della poesia tradizionale classica sia declinata verso nuove prospettive, e quindi nel campo della musica e del teatro. Nel pieno spirito dell’associazione organizzatrice, sono stati affrontati temi legati al sociale, ai diritti umani, alla violenza di genere e all’inquinamento, abbracciando con spirito partecipativo le diverse varianti linguistiche di tutta l’isola.

Tra i presenti per i saluti, anche il sindaco di Oristano, Andrea Lutzu, e Peppino Tilocca, preside dell’Istituto d’Istruzione Superiore “De Castro” di Oristano, i cui studenti hanno intrapreso un percorso di Alternanza scuola lavoro con le Acli provinciali.

Forti emozioni domenica ha riservato la presenza di Tonietto dei Salis ‘n Salis, che ha ricevuto il Premio alla carriera dalle mani del direttore artistico Michele Pinna e dalla giornalista Simona Scioni. Istituito per la prima volta, il riconoscimento è rivolto a personalità che abbiano inciso nella storia della cultura musicale, poetica, letteraria e artistica della Sardegna. Visibilmente commosso, Tonietto dei Salis ‘n Salis ha dedicato questo premio al fratello Francesco, scomparso qualche anno fa.

Le motivazioni sono state lette sul palco dai componenti della giuria formata da Vincenzo Pisanu (presidente), Nino Pericu, Giuseppe Tirotto, Michele Pinna e Nicolò Migheli. Batticuore e sorrisi hanno suscitato i piccoli poeti provenienti dalle scuole primarie di Orotelli, guidati dalla docente Immacolata Salis, i quali hanno ritirato il premio della sezione “Scuola/laboratori linguistici per bambini” grazie al lavoro “Un arbu unu contu”, e hanno letto alcuni brani dei loro componimenti. Una realtà che in primavera troverà un sequel grazie una giornata interamente dedicata alle scuole.

Emozioni in note invece sono arrivate con il cantautore Andrillo, al secolo Andrea Murgia di Cagliari, che ha riscosso forti applausi per le sue esibizioni canore alla chitarra, prima di ricevere il premio novità riservato alla Poesia musicata, per l’opera “Su chi est lebiu bolat”.

Il primo premio assoluto nella sezione “Poesia in rima o versi liberi” è andato ad Antonello Bazzu di Sassari per “Duria Ingannadora”, il secondo ad Antonio Canu per “No te’ edat la terra”, e il terzo a Giangavino Vasco per “Nues de reselu”. Tonino Fancello ha invece ricevuto il Premio speciale della giuria per “Fortuna furistera”, mentre menzioni speciali sono state attribuite a “Bisos” di Tonino Cau, “Eternidade” di Franco Piga, “Unu solu est su nidu” di Domenico Angelo Fadda, “Cudda tzia” di Giancarlo Secci e “Incantera” di Eliano Cau.

La sezione prosa ha visto primeggiare Peppino Fogarizzu con “Su bantzigu eredadu”, al secondo posto Costantina Frau con “Sa lezes suba sos cunzaos”, e al terzo Sandro Biccai con “Fata bi l’amos!”. Menzione speciale per Maria Antonia Fara con “Isvagos ismentigados”. Salvatore Pintore l’ha spuntata nella sezione Letteratura edita con il volume “Paràulas e silèntzios”.

Nella sezione a tema sui Valori delle Acli, la corona d’alloro se l’è aggiudicata Stefano Arru per “Chentales de sotzialidade (virtude Aclista)”. Menzioni speciali a Dante Erriu per “Eterna Amistadi”, ad Angelo Maria Ardu per “S’atera istrina” e Antonio Longu per “Semenonzos”.

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Le Acli regionali della Sardegna presentano la XXX edizione del Premio di Poesia Sarda che sabato 7 e domenica 8 dicembre si concretizzerà in un grande evento culturale all’Hospitalis Sancti Antoni, in via Cagliari 161 a Oristano.

Saranno due intense giornate di festa per la lingua e cultura sarda. La prima dedicata a una Maratona linguistica (novità assoluta) in cui i partecipanti si cimenteranno in letture di opere, poesie improvvisate, esibizione canore e performance teatrali. La seconda riguarderà la vera e propria cerimonia di premiazione dei vincitori nelle diverse sezioni del concorso.

L’impianto originario studiato per dare risalto allo straordinario patrimonio della poesia (in rima e versi sciolti) e della prosa in sardo e nelle altre varianti alloglotte (catalano, tabarchino, sassarese e gallurese), in occasione dell’importante traguardo del trentennale si rinnova a partire dall’impianto con un’apertura verso altri innesti sperimentali quali la poesia musicata.

A dare avvio l’intera manifestazione, patrocinata dal comune di Oristano e dalla RAS, sabato mattina alle 9.30, saranno gli interventi del presidente delle Acli regionali, Franco Marras, del sindaco di Oristano, Andrea Lutzu e del segretario del concorso, Daniela Masia, che presenterà le giornate del premio.

«Lo spirito è quello di rilanciare un premio di poesia che ha una lunga storia, con l’ambizione di ampliarlo anche attraverso i temi che sono cari alla nostra organizzazione – ha detto il presidente Franco Marras durante la conferenza stampa di presentazione -. Le Acli si rendono disponibili affinché le sensibilità più diverse che si occupano di lingua e cultura sarda possano trovare il modo di dialogare in un tavolo neutro, condividendo l’obiettivo principale e prioritario, che quello della trasmissione di questi preziosi elementi di cultura alle future generazioni.»

NUMERI E GIURIA. Sono oltre centoquaranta i componimenti pervenuti alla segreteria delle Acli, buona parte dei quali di altissimo livello, al punto che è stato piuttosto arduo il compito della commissione tecnica presieduta da Vincenzo Pisanu e composta da poeti, scrittori, sociologi e filosofi come Giuseppe Tirotto, Nicolino Pericu, Nicolò Migheli e Michele Pinna, che del premio è direttore artistico.

«La qualità delle opere lascia ben sperare per il futuro della poesia sarda, sul doppio binario della lingua della cura dell’anima – ha sottolineato Daniela Masia -. Grazie alle novità introdotte auspichiamo un sempre maggiore stimolo verso il desiderio di praticare il sardo in ogni contesto, anche in funzione del valore culturale che assume per la formazione della persona.»

LE NOVITÀ DELLA XXX EDIZIONE. La Maratona linguistica è pensata come occasione per mettere insieme espressioni linguistiche diverse che vanno dalla poesia alla prosa, dal teatro alla musica, al dibattito e alla riflessione per leggere, declamare, cantare, recitare ognuno secondo il proprio estro artistico nelle diverse varianti idiomatiche dell’isola.

Un’altra novità è la sezione con tema fisso dedicata allo spirito che caratterizza le Acli e la loro opera in ambito sociale, culturale. Sarà inoltre inaugurato il premio unico per una sezione dedicata alla letteratura edita non prima del 2016, che va a colmare una lacuna dei Premi di Poesia e che riconosce al lavoro degli artisti un giusto valore.

Una sezione dedicata ai laboratori linguistici di scrittura creativa, promossi in realtà comunali in cui sono attive azioni di animazione linguistica, sarà introdotta nella giornata dedicata alle premiazioni. Una realtà che in primavera troverà un sequel grazie una giornata interamente dedicata alle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado.

Infine, sarà istituito il riconoscimento dedicato a personalità che abbiano inciso nella storia cultura musicale, poetica, letteraria e di artistica della Sardegna. Quest’anno il premio verrà conferito a Tonietto dei Salis&Salis. Oltre alle targhe e ai premi in denaro e prevista l’assegnazione di menzioni e segnalazioni.

Il Comitato dei garanti è composto dal segretario del concorso, Daniela Masia, dal presidente della giuria Vincenzo Pisano, dal presidente Regionale Acli Sardegna Franco Marras, dai presidenti provinciali delle Acli Mauro Carta per Cagliari, Carlo Tortora per Oristano, Salvatore Urru per Nuoro e Salvatore Sanna per Sassari; dal Segretario Regionale della FAP- federazione pensionati Acli, Sebastiano Sanna, dal Presidente CREI- Comitato per l’emigrazione e l’immigrazione Acli Sardegna, Mauro Carta, dal Presidente dell’Unione Sportiva Acli Sardegna, dal direttore del Patronato Acli Sardegna e dal presidente Acli Service Sardegna.

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Franco Marras.

Martedì 3 dicembre, alle 10.00, nella sede regionale delle Acli Sardegna, in via Roma 173, a Cagliari, si terrà la conferenza stampa di presentazione della XXX edizione del “Premio di Poesia sarda Acli”.

Interverranno il presidente regionale delle Acli, Franco Marras, e il segretario del Premio, Daniela Masia, che presenteranno il programma e la commissione tecnica, e quindi illustreranno i dettagli dell’iniziativa.

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Franco Marras, presidente regionale delle Acli.

Lunedì 4 novembre, alle 10.00, nella sede regionale delle Acli Sardegna, in via Roma 173, a Cagliari, si terrà la conferenza stampa di presentazione della XXX edizione del “Premio di Poesia sarda Acli”.

Interverranno il presidente regionale delle Acli, Franco Marras, ed il segretario del Premio, Daniela Masia, che presenteranno il programma e la commissione tecnica, e quindi illustreranno i dettagli dell’iniziativa.