29 March, 2024
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«Negli ultimi mesi si è tanto parlato delle problematiche del Porto Canale di Cagliari, ma è giunta l’ora di prendere iniziative concrete, siamo tutti consapevoli che il sistema dei porti costituisce un comparto fondamentale, per l’economia sarda e cagliaritana, e che l’area portuale, è il fulcro per lo sviluppo di Cagliari e di tutta la Sardegna.»

Lo sostiene Francesco Stara, consigliere regionale del gruppo dei Progressisti.

«E’ necessario l’impegno di tutta la classe politica, affinché vengano tutelati i lavoratori sia del concessionario che delle imprese appaltatrici, che con serietà, professionalità in tutti questi anni hanno contribuito alla crescita del Porto Canale – aggiunge Francesco Stara -. E’ doveroso restituire la dignità e quelle garanzie che sono principi fondamentali della Costituzione Italiana. Per questo, è necessario introdurre immediatamente gli ammortizzatori sociali e, successivamente, mettere in atto tutte le strategie possibili per il rilancio ed il potenziamento del porto canale.»

«Apprezziamo il recente interessamento del ministro dell’economia Giovanni Tria in missione in Turchia per un incontro con grandi imprenditori interessati ad investire sul Porto di Taranto -sottolinea Francesco Stara -. Ci auspichiamo lo stesso livello di interventismo per il porto canale di Cagliari. Quindi, dovrebbero essere impiegati gli stessi strumenti utilizzati a Taranto (istituzione della Agenzia di transhipment) al fine di poter garantire la salvaguardia dei lavoratori della CCT, ITERC e degli altri lavoratori licenziati dalle altre imprese autorizzate, ex art. 16, operanti all’interno del porto canale di Cagliari. Inoltrebisogna lavorare, per attrarre nuove compagnie mettendo in campo tutti gli strumenti che possano incentivare gli armatori a scegliere Cagliari, come porto di Transhipment. Un ruolo fondamentale riveste l’attivazione della fiscalità di vantaggio, che ci renda competitivi nel Mediterraneo, e l’operatività  della Zona Franca e della Zona Economica Speciale, in modo che anche da quel versante possano arrivare nuove occasioni di lavoro e sviluppo.»

«Il problema è di estrema attualità ed urgenza, non può più essere rimandato e contestualmente è opportuno lavorare sul rilancio che consentirà la ripartenza di un terminal lasciato ormai allo sbando. Tra le varie polemiche degli ultimi mesi, si è parlato del fatto che i porti di transhipment non hanno futuro, ci si chiede come mai negli altri porti di transhipment sono pieni di container, con  navi che aspettano anche giorni per esser scaricate? Vedi porto di Malta, ecc. Quindi ci sorge un dubbio: un altro disegno? Il porto canale destinato ad altro? Un concorrente nel Mediterraneo in meno? Spero di sbagliarmi. Il porto canale di Cagliari – conclude Francesco Stara – deve tornare protagonista, è nato come porto container di transhipment, e come tale deve rimanere!»

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Il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio ha firmato oggi il decreto che sblocca le risorse per gli ammortizzatori sociali di 60mila lavoratori nelle 18 aree di crisi complessa in Italia, quasi 800 dei quali sono in Sardegna. Il decreto passerà ora al ministero dell’Economia e delle Finanze per la firma del ministro Giovanni Tria, poi ci sarà un passaggio alla Corte dei Conti, prima che le risorse siano trasferite definitivamente alle Regioni. Gli ammortizzatori sociali, nella migliore delle ipotesi, non arriveranno ai lavoratori (che oggi hanno manifestato ancora una volta davanti al Mise) nel prossimo mese di giugno.

«Oggi apprendiamo della firma da parte del ministro del Lavoro al decreto per il rinnovo degli ammortizzatori sociali destinati ai lavoratori delle aree di crisi complessa – ha commentato il segretario regionale del Partito Democratico, Emanuele Cani -. C’è voluta la mobilitazione dei lavoratori sino a Roma per questo primo atto che non risolve il problema dei ritardi e la procedura è ancora lunga. È necessario che da parte dei soggetti interessati ci sia un’assunzione di responsabilità affinché i tempi già dilatati, ricordiamo che gli operai nel 2019 non hanno ancora percepito gli ammortizzatori sociali dovuti, siano rapidi. Attraverso i nostri rappresentanti nelle istituzioni seguiremo passo passo la vertenza e non faremo mancare il nostro sostegno ai lavoratori. La filiera dell’alluminio in Italia deve ripartire – ha concluso Emanuele Cani -. E deve ripartire da Portovesme.»

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Una proroga formale per l’accordo di finanza pubblica sino all’insediamento dei nuovi organi del governo regionale. La chiede il presidente uscente Francesco Pigliaru nella lettera inviata ieri al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ai ministri dell’Economia Giovanni Tria e degli Affari regionali Erika Stefani.

«Come è noto, sono state recentemente avviate le riunioni tecniche finalizzate all’istruttoria preliminare all’accordo di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione Sardegna, in ottemperanza alle statuizioni della Corte Costituzionale da ultimo riprese nella sentenza n. 6 del 2019 – scrive Francesco Pigliaru -. Poiché le vigenti norme statali (art.1 comma 875 della legge n. 145 del 2018, come modificato dalla  legge 11 febbraio 2019, n. 12) prevedono che detto accordo debba concludersi entro il 15 marzo, pena la perdita delle risorse al momento preservate per tale finalità nel bilancio dello Stato, si rappresenta la necessità che tale termine venga formalmente prorogato in considerazione delle tempistiche utili  all’insediamento del nuovo Consiglio e della nuova Giunta regionali a seguito delle elezioni del 24 febbraio. Ciò, in modo da consentire all’organo politico di concludere l’accordo nei tempi così ristabiliti.»

La lettera è stata indirizzata per conoscenza anche al Sottosegretario della Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti ed al ragioniere generale dello Stato Daniele Franco.

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«Sugli accantonamenti il Governo sta mettendo in atto una vera e propria truffa nei confronti della Sardegna. Una furbizia inaccettabile. Dopo il silenzio assoluto seguito alle nostre numerose richieste di incontro per avviare le trattative verso una nuova intesa, il Governo nella sua Finanziaria nazionale ci sta imponendo per il 2019 536 milioni di accantonamenti. Questo significa che hanno reinserito i 285 milioni non più dovuti in seguito alle sentenze della Corte Costituzionale e che noi infatti non abbiamo previsto nella nostra legge di bilancio. Una mossa scorretta e politicamente sleale, perché ci impone prelievi  non più dovuti e ci sottrae risorse indispensabili per le nostre politiche di sviluppo. Una mossa che impone una immediata mobilitazione di tutte le forze politiche, sociali e istituzionali sarde insieme a tutti i parlamentari impegnati a Roma a difendere i nostri interessi.»

Lo dice l’assessore del Bilancio Raffaele Paci, rendendo noti i contenuti della Finanziaria nazionale in materia di accantonamenti.

Consapevole che le norme di Monti erano ormai illegittime dopo la sentenza 77/2015 della Corte Costituzionale, il Governo ha messo a punto una nuova norma (articolo 63, in allegato) che impone alla Sardegna 536 milioni di accantonamenti, esattamente la stessa cifra degli accantonamenti imposti nel 2012 da Monti, compresi dunque i 285 milioni ormai decaduti. Anche l’Avvocatura Generale dello Stato, sulla base di quella sentenza, ha riconosciuto che «il concorso alla finanza pubblica, previsto dall’art 16, comma 3 del dl 95/2012, cessa di essere dovuto» (AGS, Memoria di Costituzione CT 9116/2018 del 10./4/2018). Quindi nella proposta di bilancio 2019-2021 della Regione Sardegna, questi 285 milioni sono stati legittimamente stanziati in un apposito fondo per il ripiano del disavanzo sanitario e per finanziare interventi di investimento e di sviluppo del territorio, sempre nelle more dell’auspicata intesa con lo Stato.

«Nell’articolo 63, per autotutelarsi, il Governo richiama la necessità di raggiungere un’intesa, specificando però che deve essere comunque garantito il contributo totale da parte delle Regioni a Statuto Speciale, ovvero 2 miliardi e 376 milioni. In pratica ci dice: cara Sardegna, possiamo trovare una nuova intesa che riduce i tuoi accantonamenti solo se un’altra regione accetta volontariamente di aumentare i suoi, perché il totale finale deve essere quello – spiega Raffaele Paci -. Semplicemente ridicolo. Una vera presa in giro, anche perché continua ad essere del tutto oscuro il meccanismo che porta a quantificare questi accantonamenti. Un metodo del tutto inaccettabile: di fatto prolungano accantonamenti ormai scaduti facendo finta di subordinarli a una intesa che è impossibile da raggiungere nel momento in cui il contributo totale finale di tutte le Regioni a Statuto speciale è già stabilito.»

Lo scorso 25 ottobre la Regione, dopo aver inutilmente atteso risposta dal Governo alle ripetute richieste di incontro, ha annunciato il rifiuto di pagare nel 2019 i 285 milioni di euro non più dovuti. Con questa decisione, la quota degli accantonamenti che la Sardegna ritiene legittimo sulla base delle leggi in vigore versare allo Stato per risanare il debito pubblico italiano per il 2019 passa da 754 a 250 milioni (ossia 754, meno i 219 contestati con i ricorsi e quindi non pagati, meno questi ultimi 285), con un “risparmio” di 504 milioni. Una decisione doppiamente legittimata dalla scadenza degli accantonamenti Monti e dal richiamo all’intesa da parte della Corte. «Loro stessi nell’articolo 63 parlano di appositi accordi bilaterali e della necessità di tenere conto delle sentenze della Corte, ma di fatto ignorano entrambi, indicando come immodificabile, nella Finanziaria che sta per essere esaminata, la cifra totale dovuta dalle Regioni speciali. È mai possibile immaginare che qualche altra Regione si faccia carico delle nostre quote? Ovviamente no. Per questo ora è indispensabile una immediata mobilitazione di tutti i parlamentari, di maggioranza e opposizione, che devono alzare la voce insieme a noi per difendere i diritti dei sardi, non c’è più un minuto da perdere. È inaccettabile che un Governo che sceglie di aumentare il deficit in manovra espansiva dicendo addio all’austerity e alla povertà, debba pagare le sue politiche espansive e farsi propaganda, illegittimamente, con i nostri soldi», conclude Raffaele Paci.

La prima lettera, con allegato il dossier che riassume tutta la questione accantonamenti, è stata inviata dal Presidente Pigliaru il 13 luglio, seguita da altre due il 30 agosto e il 25 settembre. Il 1 ottobre è stato l’assessore Raffaele Paci a scrivere una lettera aperta al ministro Giovanni Tria, all’indomani della decisione di portare il deficit al 2,4% con la Finanziaria nazionale: visto che l’austerity è finita, scriveva il titolare del Bilancio, potete tranquillamente ridurre i nostri accantonamenti e permetterci così di fare investimenti e politiche mirate. Infine, l’ultima missiva della Regione è datata 12 ottobre. In tutte le lettere è stato chiesto di aprire immediatamente un confronto sugli accantonamenti, per arrivare a una intesa politica necessaria e indispensabile, al di là delle sentenze della Corte Costituzionale, per concordare una somma equa da pagare. La Corte, infatti, in ogni sua sentenza precisa che la definizione della cifra deve essere il frutto di un accordo politico fra Stato e Regione, e che lo Stato non può imporre unilateralmente né in modo permanente gli accantonamenti. 

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Una delegazione della commissione Problemi economici e monetari del Parlamento europeo (ECON) ha concluso oggi una visita di tre giorni in Italia. Durante la visita, tra il 29 e il 31 ottobre, i membri della delegazione hanno incontrato a Roma le autorità italiane, enti di regolamentazione e dirigenti degli istituti finanziari.

Il presidente di ECON, Roberto Gualtieri (S&D, IT), che guidava la delegazione ha dichiarato: «Questa visita, prevista da tempo, è giunta in un momento topico per la politica italiana, dopo la richiesta della Commissione europea di presentare la revisione del documento programmatico di bilancio. Abbiamo avuto l’opportunità di discutere direttamente con interlocutori di primaria importanza tra cui il ministro delle finanze Giovanni Tria ed il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Purtroppo, invece, la Camera dei deputati ed il Senato hanno annullato gli incontri programmati da lungo tempo. Pur apprezzando gli importanti progressi compiuti dall’economia italiana negli ultimi anni e la crescente capacità di ripresa del settore bancario, compresa la riduzione dei crediti deteriorati (NPL), abbiamo espresso le nostre preoccupazioni riguardo le scelte in materia di bilancio operate dal governo italiano: misure come il condono fiscale o la mancata approvazione delle previsioni economiche da parte dell’Ufficio parlamentare di Bilancio non ci lasciano tranquilli. Il ministro delle Finanze ha speso parole costruttive per quanto riguarda l’impegno dell’Italia verso l’Unione europea, ma abbiamo sentito anche troppe voci governative che al riguardo sono state ambigue. Questa incertezza sta contribuendo ad aumentare in modo significativo il costo del debito pubblico e ad incidere sulla stabilità finanziaria. Esortiamo quindi il governo italiano ad impegnarsi in un dialogo costruttivo con la Commissione europea.»

Lunedì 29 ottobre, la delegazione ha incontrato Luigi Abete, Giovanni Sabatini, Dario Focarelli e Gian Maria Gros-Pietro, rappresentanti delle associazioni di categoria dei settori bancario e assicurativo, e il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.

Nella giornata di martedì 30 ottobre gli eurodeputati sono stati ricevuti da Filippo Arena e Michele Ainis dell’AGCM-Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, e da Anna Genovese di CONSOB. Successivamente, la delegazione ha incontrato Giovanni Tria, ministro dell’Economia e delle Finanze. Gli eurodeputati hanno anche incontrato Antonella Baldino e Michele Mascolo di Cassa Depositi e Prestiti. La visita si è conclusa con una riunione presso Assonime, con Innocenzo Cipolletta e Stefano Micossi.

Membri della delegazione

1. Roberto Gualtieri, presidente ECON S&D

2. Georgios Kyrtsos, PPE

3. Andreas Schwab EPP

4. Pervenche Berès S & D

5. Giuseppe Ferrandino S & D

6. Luigi Morgano S & D

7. Andrea Cozzolino S & D

8. Ramon Tremosa I Balcells Alde

Membri accompagnatori:

9. Marco Valli EFDD

10. Marco Zanni ENF

La commissione Problemi economici e monetari del Parlamento europeo supervisiona le norme in materia di regolamentazione e vigilanza dei servizi finanziari, delle istituzioni e dei mercati e si occupa delle questioni fiscali e antiriciclaggio.

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Una delegazione della commissione Cultura e una della Commissione per i Problemi economici e monetari saranno a Roma fino a domani 31 ottobre per una doppia visita istituzionale programmata da mesi. Mercoledì mattina si terranno due conferenze stampa nell’Ufficio di Collegamento del Parlamento europeo a Roma, in via IV Novembre 149.

La delegazione della Commissione Cultura, guidata dalla socialdemocratica tedesca Petra Kammerevert, e di cui faranno parte anche gli eurodeputati italiani Silvia Costa, Stefano Maullu e Luigi Morgano, giunge in Italia per fare il punto, tra le altre cose, su come si è sviluppato ‘2018 Anno europeo del Patrimonio culturale’. A questo fine previsti incontri con il vicesindaco di Roma Luca Bergamo e con Antonio Lampis, Direttore generale musei presso il ministero dei Beni e delle Attività Culturali.  

La visita della delegazione della Commissione Economica, guidata da Roberto Gualtieri e con la partecipazione anche di Andrea Cozzolino, Giuseppe Ferrandino, Luigi Morgano, Marco Valli e Marco Zanni, fa seguito all’omologa missione realizzata a febbraio a Parigi e si inserisce nella normale attività di confronto con le istituzioni economiche dei paesi UE. Tra gli incontri previsti, anche un colloquio con il ministro dell’Economia Giovanni Tria e con il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.

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«La lettera al ministro Giovanni Tria non è una mossa elettorale ma una forte, decisa, convinta richiesta – che ribadisco – di chiudere la stagione degli accantonamenti avendo di fatto il Governo chiuso quella dell’austerità e del risanamento del debito pubblico nazionale. Chi dice che ci siamo svegliati adesso e che facciamo richieste al Governo Conte solo perché non amico, è in malafede o ha memoria corta: la Giunta Pigliaru ha impugnato le ultime tre finanziarie dei governi Renzi e Gentiloni e la battaglia sugli accantonamenti la portiamo avanti da anni. Non esistono governi amici ma l’interesse dei nostri cittadini e della nostra regione, e in nome di quegli interessi sono convinto che si debba portare avanti una battaglia comune, qui in Sardegna e in Parlamento, ognuno nel suo ruolo ma con uno stesso obiettivo per riprenderci quei 684 milioni da destinare a politiche di sviluppo.»
Lo dice l’assessore del Bilancio Raffaele Paci. Per quanto poi riguarda il ritiro dei ricorsi, Raffaele Paci ricorda ancora una volta che «i bilanci non si  fanno con le sentenze della Corte Costituzionale, infatti gli stessi giudici scrivono che serve il passaggio politico per trovare l’accordo. La Corte fa sentenze, non scrive i bilanci, né quelli statali né quelli regionali. Quindi è del tutto inutile continuare a evocare ricorsi che non avrebbero di certo garantito automaticamente l’arrivo di miliardi di risorse, mentre con gli accordi firmati abbiamo chiuso la vertenza entrate rimasta aperta per dieci anni assicurando 900 milioni di arretrati e 150 in più all’anno. Non per questo – incalza Raffaele Paci – abbiamo rinunciato a impugnare tre Finanziarie consecutive dello Stato perché le ritenevamo lesive degli interessi della Sardegna. Rilancio perciò la richiesta al ministro Tria e ribadisco, soprattutto, la necessità che questa sugli accantonamenti debba essere una battaglia comune, anche in questo momento di campagna elettorale con le coalizioni che si contrappongono su diversi argomenti. Lo ripeto, con estrema chiarezza: non possiamo accettare che il governo decida di aumentare l’indebitamento per avere 40 miliardi in più da spendere e allo stesso tempo chieda alla Sardegna 684 milioni per risanare il debito pubblico», conclude Raffaele Paci. 

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L’assessore del Bilancio Raffaele Paci ha scritto al ministro Giovanni Tria una lettera in cui, all’indomani della decisione del Governo di aumentare il deficit al 2,4% per liberare 40 miliardi di euro da destinare ad altre politiche, chiarisce la posizione della Regione. Se è finito il periodo dell’austerità e della necessità di risanare il debito pubblico, allora è finito anche il tempo di pagare i 684 milioni all’anno di accantonamenti che servono, appunto, solo ed esclusivamente a sanare il debito. La lettera è stata inviata anche a tutti i parlamentari sardi. 

Di seguito, il testo integrale.

«Illustre Ministro Tria,

Prendo atto che la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza approvata dal Consiglio dei Ministri indica un rapporto tra deficit e Pil al 2,4% per gli anni 2019, 2020 e 2021, e che questo incremento dell’indebitamento pubblico permetterà di avere a disposizione circa 40 miliardi di euro in più da spendere con la manovra 2019. Non entro nel merito delle scelte operate dal Governo, che sicuramente avrà valutato attentamente gli effetti di questa decisione, anche per il futuro. Ciò che qui mi preme sottolineare nella mia qualità di responsabile del bilancio della Regione Autonoma della Sardegna, è che la scelta del Governo decreta, di fatto, la conclusione della stagione del “risanamento” dei conti pubblici dello Stato Italiano, per il quale è stato chiesto, a partire dal 2012 e anche alla nostra regione, un forte contributo sotto forma di “accantonamenti”. Se dunque è chiusa la stagione del risanamento, dovrebbe esserlo anche quella degli accantonamenti. Ricordo infatti che gli accantonamenti sono un prelievo forzato che lo Stato effettua sulle entrate dell’Irpef che lo Statuto Sardo, legge di rango costituzionale, assegna alla Sardegna. In particolare, alla Sardegna spettano i 7/10 dell’Irpef che però nella realtà si riducono ai 5/10, tenendo conto dei 684 milioni che lo Stato ha trattenuto nel 2018, così come negli anni precedenti e futuri. Ricordo anche che la Corte Costituzionale, pur ribadendo che tutte le Regioni devono contribuire al risanamento dei conti nazionali, ha in più occasioni stabilito la illegittimità di norme che prevedono gli accantonamenti per un periodo illimitato, perché di fatto modificano in modo surrettizio e unilaterale lo Statuto della Sardegna. E ricordo, infine, che l’accordo sul nostro contributo alla finanza pubblica è scaduto nel 2017 e che da allora il presidente Pigliaru ha inviato numerose e motivate richieste di forte riduzione. Tuttavia, né il Governo precedente né quello attuale hanno mai dato risposte concrete alle nostre proposte. Adesso però non ho dubbi che il Governo Conte, avendo sancito la fine del periodo dell’austerità e del risanamento dei conti pubblici nazionali, potrà restituire alla Sardegna, all’interno di quella manovra  finanziaria da 40 miliardi in fase di predisposizione, le risorse che le spettano di diritto, eliminando gli accantonamenti o riducendoli fortemente. Gli accantonamenti, infatti, erano e devono restare strettamente finalizzati solo ed esclusivamente a quella politica di risanamento dei conti pubblici a quanto pare non più necessaria. Mi sembra un atto doveroso, peraltro rispettoso delle sentenze della Corte Costituzionale, e sono certo che raccoglierà il pieno appoggio di tutti i parlamentari sardi, in quanto restituirà alla nostra Regione le proprie risorse che potremo così adeguatamente utilizzare per garantire servizi e prospettive di sviluppo ai nostri cittadini.»

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«Da tecnico della materia qual è, l’assessore Paci sa bene che non c’è alcuna correlazione tra la manovra Conte e il tema degli accantonamenti. Ma come per tutti i maggiori problemi che attanagliano l’isola, il vicepresidente della giunta regionale prova a fare la voce grossa solo ora che a Roma non c’è più il governo amico di centrosinistra e usa strumentalmente l’argomento per provare a ridare fiato alla campagna elettorale per le regionali che vede la Giunta Pigliaru in estrema difficoltà.»

Lo afferma il senatore del Movimento 5 Stelle Emiliano Fenu, in risposta alla lettera inviata dall’assessore regionale del Bilancio Raffaele Paci al ministro dell’economia Giovanni Tria.

«La questione degli accantonamenti è ben chiara ai parlamentari del Movimento, così come è ben chiaro che la situazione economica dell’isola è stata aggravata dagli accordi capestro firmati a suo tempo da Pigliaru e Paci con i governi di centrosinistra. Noi ci impegneremo per far sì che si liberino risorse per l’isola, ma non sulla base delle fragili argomentazioni espresse da Paci nella sua lettera al ministro Tria. A differenza di quanto afferma l’assessore Paci, il disastro che il governo Conte ha ereditato dai precedenti governi sostenuti dal centrodestra e dal centrosinistra non consente purtroppo di chiudere la stagione del risanamento. La scelta che questo governo ha fatto – conclude Emiliano Fenu – è invece quella di orientare diversamente le risorse per la crescita, senza mutare il rapporto deficit/pil.»