29 March, 2024
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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Il Consiglio regionale ha concluso ieri sera la discussione generale sull’articolo 28 della Finanziaria.

Per Oscar Cherchi (FI) «l’articolo 28 è la perla di questa Finanziaria che accontenta un po’ tutti. È un insieme di attività e di risposte da alcuni consiglieri regionale ai loro territori». Cherchi ha aggiunto: «Lo abbiamo già detto che questa Finanziaria è il fallimento della Giunta regionale e della maggioranza. Da questo momento in poi non c’è più possibilità di dialogo e di ricevere il consenso che vi aspettavate», e ha aggiunto «se l’economia della Sardegna riparte dal portale di Sardegna turismo lo dovrete spiegare ai sardi».

Per Alessandra Zedda, vice capogruppo di Forza Italia, «era da un po’ che non si vedevano delle Finanziarie così generose, questo articolo 28 interviene su tutto e su tutti». Zedda ha evidenziato alcuni interventi positivi come quello sugli scavi archeologico e la possibilità di sanare l’Università diffusa, ma ce ne sono molti di basso contenuto. «Sicuramente è stato importante il lavoro fatto in commissione – ha affermato – dispiace però il metodo con cui si è arrivati alla formulazione dell’articolo ignorando alcune proposte importanti». Per Zedda saranno i sardi a giudicare questa Finanziaria.

Per il consigliere di Forza Italia, Ignazio Locci sono stati «due giorni di buon dibattito in aula. Forse ci abbiamo messo troppo poco tempo perché siamo a ridosso della fine del secondo mese di esercizio provvisorio». E ha aggiunto: «Non vorremo essere nei panni del governatore Pigliaru che si porterà dietro tutte le critiche legate a questa Finanziaria».  

«In questi due giorni il dibattito credo che opposizione e maggioranza – ha affermato il consigliere di Fdi, Paolo Truzzu – abbiano fatto il loro onesto lavoro». Per l’esponente della minoranza l’opposizione ha tenuto un atteggiamento equilibrato e propositivo e «concludiamo il dibattito con l’articolo 28 questa sera nel peggiore». Rivolgendosi all’assessore Paci, Truzzu ha poi affermato: «Non so quanto rigore e sviluppo ci sia in questo articolo. Alcuni commi sono molti importanti, ma molti altri fanno perdere il significato vero della Finanziaria».

Per il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde: «In questo articolo c’è tutto e il contrario di tutto. Difficilissimo orientarsi, non c’è un fine, una strategia, una tattica, ci sono provvidenze a favore degli amici o di qualche territorio». Criticamente poi ha sottolineato i contributi dati all’Associazione nazionale perseguitati politici intaliani antifascisti (Annpia), all’Unione autonoma partigiani sardi (Uaps). «Vorrei sapere dove sono  in Sardegna – ha concluso – le sedi dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi)».

Il consigliere Giuseppe Fasolino (Forza Italia) ha dichiarato che l’art. 28 «è un po’ il sunto di una Finanziaria senza un filo conduttore, con interventi disorganici privi di una logica, che aumenta l’incertezza su una legge che non riesce ad esprimere una idea di fondo, una scelta capace di  individuare priorità, obiettivi, traguardi da raggiungere». Tutte le componenti del Consiglio, ha continuato, «hanno cercato di dare il loro contributo ma qualcuno è stato sicuramente più volpe e qualcuno si è accontentato di far bella figura sul proprio territorio». Alla fine, ha concluso, «siamo arrivati ad una legge deludente, la vostra prima finanziaria su cui non potete accampare scuse né rivangare il passato: dovete assumervi per intero le vostre responsabilità».

Il consigliere Antonello Peru (Forza Italia) è stato molto critico: «Spero che i Sardi non ci sentano e non ci vedano perché altrimenti dovrebbero prenderci tutti a calci nel sedere; che senso ha lavorare ignorando una opposizione che vuole contribuire e costruire? Potevamo tranquillamente approvare la finanziaria domani mattina invece si è preferito continuare con un art. 28 dove si dice tutto e il contrario di tutto, che contiene solo autorizzazioni di spesa». Sicuramente, ha sostenuto Peru, «i sardi avrebbero voluto cose ben diverse, crescita, sviluppo, politiche attive del lavoro e molto altro; invece prima avete parlato di selezionare le priorità anche a proposito delle vittime dell’alluvione, dei disoccupati, dei lavoratori delle società in house ma poi, in questo articolo, ci sono risorse che potevano avere una destinazione migliore». Dentro la finanziaria, ha concluso, «non c’è una idea ed un modello di sviluppo né strumenti di sostegno alle attività produttive».

Il consigliere Modesto Fenu (Sardegna-Zona franca) ha citato un detto popolare, se uno non vuole due non litigano, per significare che «occorre sempre avere una percezione forte dell’orientamento al bene comune». La minoranza, ha ricordato, «ha sempre manifestato un atteggiamento costruttivo, collaborativo, positivo, e non si capisce chi o cosa abbia interrotto questo circuito virtuoso, visto che non più tardi di un giorno fa il Consiglio è stato capace di raggiungere una posizione comune su un argomento, come quello della zona franca, che per mesi era stato molto divisivo». Il clima è diventato teso, è peggiorato, ha concluso Fenu, «ed è un fatto negativo».

Il consigliere Angelo Carta (Psd’Az), dopo aver ricordato che si trova ad affrontare la prima finanziaria, ha richiamato l’attenzione del Consiglio su una lettera inviata ai consiglieri regionali della provincia di Nuoro, scritta dagli operatori del consorzio di lettura Sebastiano Satta, cui aderiscono 30 comuni della provincia di Nuoro. Nella lettera si ricorda la necessità dell’intervento di sostegno della Regione, che peraltro non è mai mancato negli anni scorsi anche grazie alle indicazioni del Consiglio regionale, «mentre quest’anno non è stato stanziato neanche un euro». Nell’art. 28, ha detto ancora Carta, «a fronte del no al consorzio Satta, ci sono risorse per i perseguitati politici antifascisti e l’America’s Cup, 80.000 euro alla biblioteca di un solo comune e così via: finirà che i 30 comuni del consorzio Satta si incateneranno ben presto qui, sotto il palazzo della Regione».

Il consigliere Ugo Cappellacci (Forza Italia) ha affermato che il Consiglio è arrivato al punto massimo della finanziaria, «abbiamo sentito una serie di annunci per magnificare i contenuti della legge, dalla strategia keynesiana alla lotta agli sprechi, dal rigore allo sviluppo, ma se a territori e categorie sociali sostituiamo alcuni nomi e cognomi comprendiamo meglio la logica di questo articolo e comprendo anche che i consiglieri della maggioranza abbiano scelto di non parlare. Il nostro dovere di opposizione è denunciare quanto sta accadendo, invitando la maggioranza ad essere conseguente». Papa Francesco, ha ricordato Cappellacci, diceva che «nella vita bisogna avere il coraggio di fermarsi e scegliere, con l’etica dei principi si assumono decisioni senza curarsi delle conseguenze, con l’etica della responsabilità che dovrebbe guidare il politico, ci si preoccupa molto della conseguenze delle proprie azioni: che ora la maggioranza rifletta sulle conseguenze di tanti annunci per la Sardegna».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori) ha detto di essere tentato di cambiare il capo VII della finanziaria “Disposizioni diverse” con de marchettibus; il rigore è entrato nella vita di tutti noi ed è un concetto che viene accettato nella consapevolezza che attraversiamo un momento molto difficile per superare il quale occorre fare sacrifici, a condizione che i sacrifici li facciano tutti». L’art. 28 invece, ha detto ancora Cossa, «contiene un messaggio, sotto questo profilo, terrificante e devastante con la Regione che diventa una specie di bancomat per pochi privilegiati; da una parte si negano interventi utili e necessari, dall’altra di disperdono fondi in mille rivoli, è una degenerazione dei rapporti istituzionali che alimenta un clientelismo in aperta contraddizione con la presunta superiorità morale del centro sinistra».

Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha concesso la parola al consigliere di Forza Italia, Stefano Tunis. L’esponente della minoranza ha criticato le previsioni contenute nel paragrafo “disposizione diverse”, sottolineandone la natura discrezionale e poco organica, ed ha auspicato che il Consiglio si messo nelle condizioni di impiegare al meglio il suo tempo.

Tunis ha sottolineato l’urgenza di una legge per l’urbanistica e rimarcato il disagio di professionisti e imprese per l’assenza di regole certe in materia anche a seguito della mancata proroga delle disposizioni contenute nel piano casa e per la mancata approvazione della annunciata legge sull’edilizia. Il consigliere di Fi ha quindi definito una “foglia di fico” la legge sulla sanità recentemente approvata dal Consiglio che ha aperto la strada ai commissariamenti della Sanità, pur riconoscendo il diritto dei “vincitori delle elezioni” a scegliere il management di Asl e Aou. «Serve un circuito virtuoso di proposte e soluzioni», ha concluso Tunis che ha invitato l’intero Consiglio ad una profonda “riflessione”.

«Si conservi l’autonomia scolastica per l’Istituto San Domenico Savio di Giba e si scongiuri la chiusura del Pes (Punto erogazione servizi) di Piscinas.»

L’appello arriva da Ignazio Locci, consigliere regionale del gruppo Forza Italia Sardegna.

«Se per l’Assessorato regionale all’Istruzione accorpare istituti e chiudere scuole significa risparmiare – spiega il consigliere regionale di Sant’Antioco -, per le comunità locali e per le famiglie equivale invece a disagi e maggiori costi. Ma non solo: tali operazioni comportano anche la riduzione di personale e nel caso in questione si tratterebbe del taglio di ben 8 posti di lavoro.

«Il mantenimento degli attuali livelli di servizio – aggiunge Locci – non comporterebbe per la Regione alcun costo aggiuntivo. Di contro, come già delineato in precedenza, la soppressione degli istituti scolastici causerebbe nuove spese come, ad esempio, i costi di trasporto. Appare poi paradossale la scelta dalla Giunta regionale (compiuta a suo tempo) di destinare risorse cospicue alla ristrutturazione e messa a norma di quegli edifici scolastici che, proprio oggi, la Regione decide di sopprimere con il tanto contestato Piano di dimensionamento.»

«Proseguirò la battaglia nella Commissione competente e, sin da adesso, invito i colleghi consiglieri regionali Luca Pizzuto e Pietro Cocco (entrambi uomini del Sulcis Iglesiente) ad ascoltare la richiesta di aiuto proveniente dalle comunità locali e a battersi insieme a me affinché il territorio non perda queste due istituzioni. Mi auguro che il tentativo, da parte di certuni, di trovare soluzioni per alcuni istituti scolastici della Sardegna – conclude Ignazio Locci -, non crei ingiuste discriminazioni nei confronti delle scuole del Basso Sulcis.»

Il gruppo consiliare di Forza Italia Sardegna ha presentato un emendamento alla Finanziaria 2015 con cui si propone di investire nella filiera delle attività nautiche del Sulcis Iglesiente, 20 milioni di euro destinati dalla Giunta regionale a interventi inseriti nel Piano Sulcis. «Se la massima assemblea sarda decidesse di accogliere tale proposta – spiega Ignazio Locci -, offrirebbe un’opportunità in più alla ripresa del territorio, che deve necessariamente passare dal rilancio del turismo. Il centrosinistra alla guida della Regione dimostri concretamente di essere intenzionata a dare una scossa all’economia del Sulcis Iglesiente e accolga la nostra proposta: si tratta di fondi che possono ridare respiro a un settore che da troppo tempo soffre la mancanza di investimenti pubblici.»

«L’assunto di partenza – sottolinea Locci – è che la filiera produttiva della nautica riveste per il nostro territorio un ruolo di notevole importanza sia come fattore di sviluppo economico, sia come strumento di promozione turistica dei nostri comuni costieri. L’obiettivo è procedere col potenziamento dei waterfront, con l’incremento dei posti barca e con la realizzazione di nuove aree di rimessaggio, per citare alcuni esempi. Così facendo – conclude il consigliere regionale di Sant’Antioco – si getterebbero le basi per la creazione di un indotto turistico che, naturalmente, significherebbe incrementare l’occupazione.»

Porticciolo e Municipio di Portoscuso

Matteo Renzi si dimentica consapevolmente della Sardegna grazie alla complicità di una Giunta regionale prona, scendiletto del governo centrale. L’esclusione dell’isola dai progetti infrastrutturali finanziabili con i fondi del Piano Juncker la dice lunga sulla considerazione che il premier ha della Sardegna. Sicuramente per l’assenza, ormai conclamata, di una controparte in grado di fare la voce grossa e rivendicare maggiore attenzione nei confronti della nostra terra, il governo centrale ha ignorato che la Sardegna ha urgente bisogno di investimenti infrastrutturali, così come testimoniato dagli indici in materia. E il Piano Juncker sarebbe stata l’occasione per garantire all’isola di superare quel gap strutturale di cui da sempre risente rispetto alle altre Regioni d’Italia. Le quali, naturalmente, sono state destinatarie di importanti investimenti. Ma tant’è.

Alla Sardegna, invece, vengono imposti due progetti voluti da Renzi in persona, senza alcun confronto con il Presidente Francesco Pigliaru: la centrale a Biofuel per Portovesme e il potenziamento del cavo sottomarino Sacoi. Due opere che portano vantaggi (economici) soltanto a chi le realizza, e di sicuro non alla Sardegna e ai sardi.

È evidente che a Matteo Renzi della Sardegna nulla importa: è negli occhi di tutti e ne è testimonianza il fatto che non sia ancora venuto nella nostra terra, benché avesse garantito che, entro settembre del 2014, sarebbe stato a Portovesme e nel nord dell’isola in quanto zone industriali fortemente depresse. Ma non solo: la Sardegna è l’unica Regione d’Italia in cui il Presidente del Consiglio non ha ancora fatto tappa. Questa comunemente si chiama coda di paglia.

E di sicuro non è al riparo dalle critiche il governatore Pigliaru, visto che tutto questo accade perché non ha il coraggio di rivendicare i diritti dei sardi. Perché considera il governo di Matteo Renzi un “governo amico” per la comunanza politica. Ma farebbe bene, il Presidente, a prendere atto che questo governo è tutto meno che vicino ai sardi e alle loro esigenze.

Ignazio Locci

Consigliere regionale Forza Italia Sardegna

Matteo Renzi 42 copia

«Lo sblocco dei fondi per il Piano Sulcis deliberato dal Cipe è un’ottima notizia, ma forse è il caso che Giunta regionale, Commissario per il Piano Sulcis e quanti hanno già stappato lo spumante rimandino i festeggiamenti all’apertura dei cantieri. Siamo semplicemente di fronte a un primo passo, compiuto peraltro in deprecabile ritardo, considerata la tabella di marcia che era stata prefissata al momento dell’accordo sul rilancio del territorio siglato nel novembre del 2012 a Carbonia.»

Ignazio Locci, consigliere regionale di Forza Italia, commenta così lo sblocco dei fondi per il Piano Sulcis deliberato ieri dal Cipe.

«In merito a 41 milioni di euro sbloccati dal Cipe per istmo e ponte di Sant’Antioco – aggiunge Locci – , sarebbe il caso di fare chiarezza su quale progetto si intende cantierare per il collegamento tra l’isola e la terra madre. Perché se non si esce dalle secche del dibattito “tunnel sottomarino versus nuovo ponte”, c’è da aspettarsi tempi biblici, benché le risorse siano ormai disponibili. Va inoltre fatta chiarezza su quegli aspetti che ancora imbrigliano buona parte dei progetti del Piano, così come testimoniato dalla relazione stilata dal commissario Salvatore Cherchi a fine gennaio scorso.»

«Sia chiaro, infine, che i cittadini del Sulcis Iglesiente si aspettano che nei cantieri di prossima apertura lavorino le maestranze del territorio. Ampia partecipazione – conclude Ignazio Locci – deve essere garantita, per quanto possibile, alle nostre piccole imprese.»

«Le istituzioni politiche non si dimentichino dei lavoratori della ex Ila, oggi Port.al.»

Il grido d’allarme è lanciato oggi da Ignazio Locci, consigliere regionale del gruppo Forza Italia Sardegna.

«Subito misure alternative di sostegno al reddito e incentivazione all’esodo – aggiunge Locci -. Da troppo tempo questi padri di famiglia attendono un aiuto concreto da parte di una politica che sembra tutto fuorché interessata alle loro sorti. E parliamo di lavoratori che, oltre a non intravvedere all’orizzonte segnali positivi in merito alla riapertura dello stabilimento, a breve dovranno fare i conti con la totale assenza di ammortizzatore sociale. Per loro, dimenticati e messi in un angolo come se fossero l’ultimo dei pensieri di questa Giunta regionale, non è previsto alcun sostegno al reddito futuro.»

«Concluso il periodo della cassa integrazione e della mobilità in deroga – sottolinea ancora Ignazio Locci -, si avvicina inesorabile lo spettro della disoccupazione. Dunque: fame, miseria e disperazione. Non possiamo voltarci dall’altra parte lasciandoli soli a combattere contro il loro destino. È ora che la politica torni a fare il suo dovere e si assuma l’impegno di risolvere questa situazione drammatica. E forse è il caso che ci si concentri esclusivamente sui lavoratori, al di là delle difficoltà inaccettabili che il progetto di riavvio della fabbrica sta incontrando. Non possono essere le maestranze a pagare il prezzo altissimo di una politica inconcludente e di una burocrazia incancrenita. Per questo è doveroso che si faccia una ricognizione delle risorse a disposizione, andando, se necessario, a raschiare il barile del Contratto d’area del 1999, per verificare la possibilità di attuare misure alternative, come l’esodo anticipato alla pensione per chi in possesso dei requisiti. Ma sia chiaro che nessuno deve essere lasciato indietro.»

«Trovare rimedio alla situazione degli operai ex Ila deve essere la priorità e gli assessorati regionali competenti, con la collaborazione della gestione commissariale della ex Provincia di Carbonia Iglesias, devono immediatamente mettersi al lavoro per porre un argine alla disperazione di queste cittadini del Sulcis Iglesiente. E sono convinto che questo impegno debba essere fatto proprio anche dai parlamentari e dai Consiglieri regionali del territorio. Nessuno – conclude Ignazio Locci – può rimanere indifferente di fronte alla situazione, estremamente difficile, dei lavoratori ex Ila. Occorre il sostegno di tutti.»

Consiglio regionale 42 copia

E’ iniziata questa mattina, in Consiglio regionale, la discussione generale sulla Finanziaria 2015.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito l’Assemblea ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con il DL 170/S/A – Giunta Regionale. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2015). Avviando la discussione generale del provvedimento, il presidente ha dato la parola al relatore di maggioranza Franco Sabatini (Pd).

Sabatini ha ringraziato in apertura i componenti della commissione, compresi quelli di minoranza, per il lavoro svolto, e l’assessore della Programmazione Raffaele Paci, «per un lavoro che è stato sempre orientato alla soluzione concreta dei problemi». La legge finanziaria, ha sostenuto Sabatini, «è sempre la conseguenza di un programma di governo e nello stesso tempo il frutto di una lettura attenta della realtà economica; contiene quindi due punti cardine: sviluppo e crescita e attenzione alle fasce più deboli della società sarda». Sul primo punto, ha osservato il consigliere, «sono stati sbloccati i progetti di importantissime opere bloccate, da Anas ad Abbanoa, da Area, agli enti ed agenzie della Regione, da Iscola agli Enti locali: ora alcuni indicatori danno segnali di ripresa ed entro quest’anno siamo convinti che la ripresa arriverà anche perché, con il mutuo 700 milioni si è avviato finalmente un vero programma infrastrutturale in tanti settori che rappresentano il vero gap della Sardegna».

Soffermandosi successivamente sugli interventi di contrasto alla povertà, Sabatini ha messo l’accento sull’importanza della «conferma di fondi per autosufficienza, non per rispondere a Salvatore Usala, ma per impostare una politica di attenzione all’impiego delle risorse con più attenzione, più giustizia e più equità, in grado di toccare anche settori finora rimasti fuori dall’intervento della Regione, dal sostegno agli inquilini morosi, al banco alimentare, all’associazionismo».

Il meccanismo delle leggi finanziarie, secondo Sabatini, va tuttavia profondamente rinnovato per renderlo più efficace, «perseguendo una forte azione riformatrice; la spesa sanitaria ormai non è più sostenibile e la riforma va completata in tempi rapidi, è necessario anche intervenire su una burocrazia disarmante e sempre più lontana dalla società, su società controllate e gestioni commissariali rinnovate ogni anno, su enti agricoli che costano più del valore aggiunto del comparto agricolo».

Da un contesto così complesso, ha proseguito il relatore della finanziaria, «emergono due sfide di cui la prima riguarda la vertenza entrate, che va rilanciata con  l’applicazione di articolo 8 dello Statuto;  lo Stato, in altre parole, deve onorare per intero il suo debito nei confronti della Sardegna e la Regione, da parte sua, deve spendere molto meglio i fondi comunitari». Sul rapporto fra Regione ed Enti locali, Sabatini «ha assicurato un forte incremento di efficienza dalla nuova dimensione del Fondo unico e dal confronto che la Giunta svilupperà sui territori per individuare le opere strategiche da realizzare. Regione e Comuni giocano la stessa partita e potranno giocarla meglio per far ripartire la Sardegna se la Regione si farà carico della finanza locale, per rendere i Comuni più liberi dai vincoli». Sabatini ha infine espresso un giudizio positivo sulla manovra 2015, che a suo avviso costituisce un deciso passo in avanti per il rilancio della nostra Regione.

Per la relazione di minoranza ha quindi preso la parola Alessandra Zedda (Forza Italia) che ha subito sottolineato la inadeguatezza delle politiche economiche  messe in campo dalla Regione per contrastare la crisi e finanziare la crescita.

«La manovra 2015 – ha detto Zedda – è condizionata pesantemente dalla mancata risoluzione della vertenza entrate. Le casse regionali continuano ad essere depauperate a causa di restrittive interpretazioni unilaterali delle disposizioni statutarie e svantaggiosi meccanismi di calcolo adottati dall’amministrazione statale».

La relatrice di minoranza ha denunciato il mancato adeguamento dei vincoli di spesa stabiliti dal Patto di stabilità nonostante l’accordo sulle compartecipazioni erariali sfociato nella modifica dell’art. 8 dello Statuto e nonostante i pronunciamenti della Corte Costituzionale. «Di fronte a un Governo inadempiente avete deciso di sottoscrive nel luglio scorso un accordo capestro e di rinunciare ai ricorsi contro lo Stato – ha attaccato Zedda – il risultato non ha portato nessun beneficio all’Isola. Su 900 milioni ne sono stati trasferiti alla Regione solo 300».

Zedda, da ex assessore alla Programmazione della Giunta Cappellacci, ha poi rivendicato la correttezza delle manovre predisposte negli anni scorsi sotto la sua diretta responsabilità: «Abbiamo rispettato il Patto di stabilità e iscritto a bilancio entrate certe. Mi chiedo se riuscirete a fare lo stesso».

Nel suo intervento, Zedda ha poi stigmatizzato la mancata applicazione della legge n.2 del 2013 “che non ha permesso ai Comuni di ricevere per intero le risorse del Fondo unico degli enti locali provocando, allo stesso tempo, un aumento dei debiti verso le imprese e le famiglie”

L’esponente della minoranza ha poi contestato l’atteggiamento di Giunta e maggioranza “insensibili ai suggerimenti e alle segnalazioni dell’opposizione” sulla necessità di interventi per il sociale, il sistema produttivo, il lavoro, gli alluvionati e i servizi più importanti degli enti locali.

Zedda si è poi soffermata sulla decisione della Giunta di ridurre l’Irap al 25%. «Si tratta di un’elemosina, questa Giunta avrebbe invece dovuto confermare la riduzione del 70% dell’imposta sulle attività produttive come deliberato dalla precedente Giunta regionale». 

L’ex assessore al bilancio ha poi stigmatizzato la scelta dell’esecutivo Pigliaru di contrarre un muto da 700 milioni di euro per le infrastrutture. «Perché indebitarci e non pretendere invece i soldi che lo Stato ci deve – ha chiesto Zedda – come faremo una volta utilizzati i soldi del mutuo a finanziare i servizi e le politiche di sviluppo?»

Non sono mancate, infine, critiche sul mancato avvio del progetto San Raffaele (“ancora al palo nonostante gli annunci”) sui ritardi della riforma della Regione, sul dimensionamento scolastico e sulla cancellazione del Piano Casa.

Zedda, al termine del suo intervento, ha auspicato un cambio di atteggiamento da parte della maggioranza dichiarando la disponibilità dell’opposizione a ragionare su azioni comuni che vadano incontro agli interessi dei sardi.

Il consigliere di Sinistra Sarda, Fabrizio Anedda, non ha nascosto sottolineature critiche verso la Manovra 2015 ed ha rimarcato come il documento all’esame dell’Aula “ripropone uno schema identico a quello degli ultimi decenni”. Il capogruppo del “Misto” ha parlato di bilancio ingessato dalla spesa obbligatoria (oltre 5 miliardi e mezzo di euro) ed ha lamentato la scarsità di risorse destinate allo sviluppo e al lavoro, i cui fondi sono individuati per la grande parte nei fondi comunitari e nell’accensione del mutuo per le infrastrutture. A questo proposito il consigliere della maggioranza ha ricordato le difficoltà nella spendita delle risorse europee e si è detto “scettico” riguardo alla decisione della Giunta di sostenere lo sviluppo attraverso l’impiego delle risorse Ue.

Anedda ha quindi invocato “scelte coraggiose” da parte della Giunta ed ha invitato l’esecutivo a concentrare le risorse in pochi e qualificanti interventi in grado di rilanciare la produzione e l’impresa. «Le imprese sono al collasso», ha ammonito l’esponente della Sinistra ed è necessario mettere in campo una serie di azioni per garantirne sviluppo e crescita. Fabrizio Anedda ha quindi auspicato la rapida istituzione dei sei punti franchi in Sardegna ed ha chiesto che sia dia corpo ad una “politica del credito e non già del microcredito”.

Il consigliere dell’Uds, Mario Floris (“Sardegna”) ha definito la Manovra “inadeguata e insufficiente” nei confronti dello Stato e verso “l’interno”. Riguardo al rapporto con lo Stato, il già presidente della Giunta, ha parlato di “un passo indietro” rispetto al governo sul tema delle entrate ed ha affermato che l’attuale posizione dell’esecutivo regionale è più arretrata di quella a suo tempo assunta con la Giunta Soru ed anche con la Giunta Palomba. «Con l’accordo sulle entrate dello scorso luglio – ha dichiarato Floris – la Giunta Pigliaru si è accontentata di un piatto di lenticchie». “Un accordo al ribasso” ha insistito il leader Uds che ha ricordato la battaglia della minoranza sulle accise e perché i tributi propri della Regione siano versati alla tesoreria regionale.

Floris ha quindi riaffermato la necessità di rivisitare lo Statuto ma soprattutto l’urgenza di pretendere tutte le norme di attuazione contenute nello Statuto speciale ed a questo proposito ha sottolineato l’inadeguatezza dell’operato della giunta e della commissione paritetica Stato-Regione.

«Dobbiamo difendere con i denti la nostra Autonomia e non ci piace l’accondiscendenza della Giunta al Governo sulle riforme e su tutto il resto», ha dichiarato il consigliere della minoranza, che ha ricordato le modifiche costituzionali promosse dall’esecutivo Renzi che vanno nel verso di un accentramento dei poteri dalla Regione verso lo Stato e dagli Enti Locali verso la Regione.

Il presidente ha dato quindi la parola al capogruppo di Sardegna Vera, Efisio Arbau (La Base). «Questa non è una Finanziaria di rinvio, ma di passaggio perché ha due case importanti da definire: la riforma della sanità e degli enti locali, fondamentali per lo sviluppo del progetto di questa maggioranza». È una Finanziaria ambiziosa, ha continuato, che affronta alcune importanti questioni. Sull’Irap, Arbau ha detto che non è stato possibile fare di più, ma che le aziende sarde pagheranno l’Irap più bassa di tutta Italia, eccetto il caso del Trentino Alto Adige, oltre allo sgravio totale previsto per 5 anni per le nuove imprese. Una Finanziaria, ha spiegato l’esponente della maggioranza, che sta tracciando la strada da seguire per la spesa dei fondi europei, che affronta i problemi del settore turistico e dell’industria. Una Finanziaria attenta al sociale. Per Arbau la contrazione del mutuo è stata assolutamente necessaria per mettere in circolazione risorse.

Il capogruppo di Sardegna Vera ha poi proposto di allargare la zona franca all’area di Sarroch, comprendendo la Saras, e di sfruttare l’occasione del pareggio di bilancio per far capire al governo che la Sardegna è in grado di autogovernarsi.

Arbau ha poi concluso dicendo che la maggioranza esiste, nella sua diversità, soltanto perché il presidente è Francesco Pigliaru: «Senza di te non siamo maggioranza».

Il presidente ha dato poi la parola al consigliere di Forza Italia, Edoardo Tocco, il quale si è detto dispiaciuto per il fatto che la sua Commissione (Sanità) non abbia potuto esprimere il parere sulla Finanziaria per una mancata sintonia tra la Commissione e l’assessore Arru.

Tocco ha evidenziato le criticità che permangono nella nostra Regione tra cui i trasporti viari, la gravissima crisi economica, la disoccupazione dilagante e la dispersione scolastica. Tocco ha ricordato anche il fatto che non viene fatta valere la condizione di insularità e dei relativi maggiori oneri derivanti dai collegamenti aerei e marittimi. Si tratta secondo il consigliere di una legge finanziaria che manca di un respiro strategico. Non si parla più di zona franca e di valorizzazione dei nostri giovani che stanno andando via dalla Sardegna. «Non vogliamo certo il blocco della Finanziaria», ha affermato, chiedendo alla Giunta di presentare però un disegno strategico, concordato con i sindacati e le associazioni, per il rilancio della Sardegna, facendo valere la specialità dell’Isola.

Il consigliere Luigi Ruggeri (Pd) ha definito la finanziaria insufficiente e lo sarebbe stata in ogni caso, ha precisato, in presenza di una crisi così vasta e profonda. Detto questo, Ruggeri ha invitato tutti a una riflessione su quanto la finanziaria sia adatta ad aiutare la ripresa dello sviluppo in Sardegna attraverso una serie di strumenti che mettono assieme rigore, innovazione, responsabilità. Sulla vertenza entrate Ruggeri ha riconosciuto che l’accordo stipulato nel luglio scorso «non è risolutivo ma mette un punto fermo in una cornice di fattibilità anche se il lavoro non è concluso; anzi, va riconosciuto sotto questo profilo il merito della Giunta Soru, cosa che l’opposizione si ostina a non fare commettendo un grave errore». Da una parte, quindi, c’è l’esigenza secondo Ruggeri, «di definire la vertenza entrate ma, dall’altra, è urgente recuperare una forte capacità della Regione di spendere meglio a cominciare dai fondi europei, un traguardo che si può raggiungere accelerando la spesa e riducendola dove serve come nella sanità dove forse sono stati tracciati obiettivi molto ambiziosi, ferma restando l’importanza di indicare come si può invertire la tendenza». Sullo sfondo, ha aggiunto il consigliere, «resta il grande compito di riformare nel profondo l’organizzazione burocratica della Regione perché può dare un grande contributo al miglioramento dell’efficacia della spesa che presenta indubbiamente un anche un problema di qualità». Ruggeri ha poi auspicato scelte molto chiare anche in materia di welfare, nel cui ambito «non si può mantenere un volume così alto di spesa con molti tratti autoreferenziali e storici, perché il sostegno al bisogno va condiviso ma non più a prescindere dalle condizioni di reddito o, spesso, all’ombra di un mondo associativo non sempre disinteressato». Dobbiamo in definitiva essere capaci di avere uno sguardo lungo, ha concluso Ruggeri: «Soru dice queste e altre cose non perché non ha fiducia nella Giunta ma perché avverte una grandissima responsabilità per la crisi durissima che la Sardegna sta vivendo».

Il consigliere Ignazio Locci, di Forza Italia, ha invitato il collega Ruggeri all’ottimismo. «Quella della danza della Finanziaria – ha detto – è una simpatica metafora della stampa ma, ad un anno di distanza, è arrivato il momento di rimettere in marcia la Sardegna e, da questa Finanziaria, non si riesce a vedere come, anche se qualcuno dirà che la colpa è di chi ha governato prima usando un argomento troppo facile e comodo». Quale idea di Sardegna esprime questa Finanziaria? Si è chiesto Locci, evidenziando la ripetizione  di analisi che tutti sanno e dicono, «mentre in realtà non c’è stato nemmeno il fisiologico rimbalzo del cambio di governo nell’ultimo trimestre dell’anno precedente». Ogni idea, ha aggiunto il consigliere di Forza Italia, «si scontra con tempi del tutto incompatibili con le esigenze della società come hanno detto anche i Sindaci, bisogna invece lottare contro la burocrazia e spingere in direzione della semplificazione, dichiarando guerra a quei centri di potere che frenano lo sviluppo della Sardegna». Nel merito, Locci ha messo l’accento sul raddoppio del fondo contro le povertà estreme che, a suo avviso, «non è un bel segnale perché non sono politiche di sviluppo e comunque lasciano fuori politiche attive su istruzione e prima infanzia». E’necessario inoltre, secondo Locci, «aggredire il mostro della spesa sanitaria che ha ampiamente superato la metà della spesa regionale, ma bisogna fare sul serio introducendo sia i costi standard che criteri più stringenti di programmazione». Dopo aver espresso forti critiche sui tagli al settore archeologico «perché rischia di essere un salasso insopportabile senza che si indichi una prospettiva», Locci ha auspicato un dibattito «che serva anche a trovare momenti di sintesi e ad individuare scelte che servano davvero alla comunità sarda, fermo restano il nostro giudizio critico su questa Finanziaria».

Pier Mario Manca (Partito dei sardi) ha rivendicato la novità dell’impostazione data dalla Giunta alla manovra finanziaria. «La crisi devastante che ha colpito l’Isola, con la disoccupazione che ormai supera il 18 per cento, dipende anche dalle scelte sbagliate di chi ha governato la Sardegna negli anni scorsi. In questo bilancio si fanno scelte diverse, forse discutibili, ma è chiaro che si vuole puntare sullo sviluppo e sulla crescita».

Manca ha poi segnalato le difficoltà a chiudere il bilancio 2015. «Sarebbe stato bello fare una rivoluzione ma ciò non è stato possibile – ha affermato Manca – partiamo da una realtà difficile, ci sono situazioni reali che ingessano il bilancio. L’anima vera di questa manovra finanziaria sta nei 700 milioni di mutuo destinati al lavoro e alle infrastrutture. Si fa una scelta di finanziare la crescita anziché mantenere la vecchia logica della distribuzione dei soldi a pioggia».

L’esponente sovranista ha poi rivolto un plauso alla Giunta per i risultasti ottenuti nella battaglia sulle entrate fiscali: «Una battaglia da portare avanti – ha detto Manca – dopo  il trasferimento dei primi 300 milioni occorre adesso insistere per costringere lo Stato a restituire alla Sardegna i soldi dovuti».

Pier Mario Manca ha infine indicato le due grandi riforme ancora da fare per risollevare le sorti dell’Isola: la razionalizzazione della spesa sanitaria e la riorganizzazione burocratica della Regione.

Di segno opposto, invece, il giudizio sulla manovra di Oscar Cherchi (Forza Italia). «La pesante crisi economica che ha investito la Sardegna è sotto gli occhi di tutti – ha riconosciuto Cherchi – le manifestazioni di protesta che si susseguono in tutta l’Isola sono la cartina di tornasole della grave situazione in cui ci troviamo. Per questo sarebbe servita una risposta più forte da parte della politica».

Cherchi ha ricordato all’Aula i dati allarmanti sulla disoccupazione, in particolare quella giovanile, l’aumento delle nuove povertà, la crisi delle imprese. «Sta a noi dare un segnale per trasmettere sicurezza – ha detto il consigliere azzurro – è quello che aspettano fuori dal Palazzo».

Secondo l’esponente della minoranza «la legge finanziaria è fondata sulla filosofia dell’austerità, su una politica improntata sul rigore più severo, in forte contrasto con gli annunci fatti in campagna elettorale. Mi rendo conto delle difficoltà che avete incontrato nel predisporre il bilancio, va bene il risanamento del debito pubblico ma senza trascurare le esigenze del popolo sardo».

Cherchi, citando Macchiavelli, ha poi definito Pigliaru un “novello Principe” che impara ad essere cattivo per raggiungere il fine del risanamento delle casse pubbliche. «Il rischio però – ha ammonito – è di lasciare troppe vittime per strada, soprattutto tra le fasce più deboli della popolazione».

A conclusione del suo intervento, Oscar Cherchi è entrato nel merito di alcune disposizioni della finanziaria che, a suo giudizio, certificano  un fallimento totale della Giunta sulle politiche per l’industria, l’energia, i trasporti e l’agricoltura. «Il futuro dell’Isola – ha concluso il consigliere d’opposizione – passa dall’agricoltura: nell’ultimo anno non abbiamo visto risultati, l’Unione Europea ci ha rispedito indietro i Piano di Sviluppo, i lavoratori dei consorzi di Bonifica sono stati dimenticati e non c’è traccia della riforma delle agenzie agricole».

Il consigliere del Psd’Az, Angelo Carta, ha ricordato in apertura del suo intervento la congiuntura economica negativa nella quale si inserisce la Manovra che “è dunque una Finanziaria figlia del tempo”. L’esponente della minoranza  ha quindi evidenziato la scarsità delle risorse e i tagli al bilancio ma ha anche sottolineato come la finanziaria debba descrivere un futuro in coerenza con le linee tracciate nel piano regionale di sviluppo.

Carta ha insistito sul tema della zona franca e ha rivolto critiche alla decisione della giunta di non prevedere alcuno stanziamento per dare attuazione al decreto legislativo che istituisce in Sardegna i sei punti franchi. Il sindaco di Dorgali ha quindi sinteticamente elencato alcuni punti chiave della manovra e si è soffermato sulle risorse destinate al sistema degli Enti locali. «Ai Comuni tagliate il fondo unico – ha dichiarato Carta – tagliate le accise Enel, ponete in capo al fondo unico il costo del personale delle comunità montane e così mutilate gli Enti Locali della Sardegna che si ritrovano senza strumenti per operare nei territori». Il rappresentate del Psd’Az ha quindi auspicato azioni per le zone interne, le aree protette ed anche per i rifiuti, i cui costi di smaltimento – a giudizio di Carta – rappresentano un’autentica emergenza. Il consigliere sardista ha quindi concluso il suo intervento con un riferimento ai danni delle alluvioni, illustrando la sua proposta di invertire gli importi, per il 2015, degli stanziamenti previsti per il ristoro dei danni subiti dai privati (un milione di euro) con quello destinato alla conservatoria delle coste (3 milioni di euro).

Il consigliere di Forza Italia, Stefano Tunis, ha manifestato in premessa la volontà di “depurare” da polemiche e contrapposizioni le valutazioni sulla Manovra e sull’operato della Giunta. «Dobbiamo entrare nel merito e sulla qualità delle soluzioni proposte», ha spiegato l’esponente della minoranza, «ma affermo con rammarico che ci si aspettava molto di più dalla finanziaria del presidente Pigliaru». Tunis ha quindi approfondito i temi legati alle politiche del lavoro, denunciandone “il sostanziale abbandono” e una generale inadeguatezza. Il rappresentante di Forza Italia ha quindi raffrontato i “positivi risultati conseguiti nella passata legislatura” con “le datate soluzioni proposte dall’attuale maggioranza”. «Il mondo del lavoro è cambiato – ha insistito Tunis – e con esso sono cambiati i servizi per il lavoro».

Stefano Tunis ha proseguito offrendo la disponibilità della minoranza ad “aiutare” giunta e maggioranza a trovare soluzioni adeguate ed efficaci, invitando i colleghi “ad essere costruttivi rispetto alle sorti della Sardegna”. Il consigliere di Fi ha concluso con un riferimento polemico per il mancato finanziamento del programma “master and back”: «Nella scorsa legislatura vi stracciavate le vesti perché lo stanziamento previsto era inferiore ai venti milioni di euro». 

Dopo l’on. Tunis ha preso la parola  l’on. Marco Tedde (Forza Italia), che ha definito la Finanziaria “totalmente asfittica e priva di nerbo. Il segno più tangibile è la distrazione della Giunta rispetto a questa discussione, evidentemente in linea con la scarsità degli strumenti messi a disposizione dalla Giunta per affrontare i problemi della Sardegna”.

Secondo l’esponente dell’opposizione, «la matrice dei rapporti tra governo regionale e statale è la mancanza totale di leale collaborazione. Non c’è attenzione sull’industrializzazione, sull’energia: molti studi, molte parole ma pochi  strumenti pragmatici in campo. E questa chiusura, anche davanti a tutti i suggerimenti che noi pure abbiamo fornito, è da individuare più nell’assessore che nel centrosinistra in Consiglio regionale. Non c’è attenzione verso il mondo produttivo e le imprese, verso il mondo dell’agricoltura e dell’edilizia. In questa Finanziaria non c’è l’attenzione che queste realtà produttive meritano. Siamo però fiduciosi sul fatto che nel corso della discussione terrete in sufficiente considerazione i nostri emendamenti».

Per l’on. Antonello Peru (Forza Italia) «questa era la prima occasione per la Giunta Pigliaru e le valutazioni sono di gran lunga negative, a sentire le imprese e i sindacati. Sono giudizi tutti non buoni per una Finanziaria senz’anima, tranne quelli dei dirigenti di Confartigianato e Cna che ho l’impressione non coincidano con il giudizio degli artigiani». Nel merito, l’esponente di Forza Italia ha parlato dell’incremento dell’importo del mutuo per le opere infrastrutturali: «Non c’è un vero piano, è la Giunta che ci fa contrarre il mutuo e deciderà come spendere i soldi per realizzare le infrastrutture. Manca un piano per le opere, per colmare un gap che peraltro spetterebbe allo Stato colmare».

Sulle imprese e sul lavoro, l’on. Peru ha detto: «Non c’è un piano che ridia la speranza ai sardi, perché non ci sono scelte chiare. Soprattutto sul fronte energetico, sul sostegno alle imprese, sui trasporti delle merci oltre che delle persone. Per questo è necessario ricercare gli spazi politici, come già abbiamo fatto in commissione, per migliorare questa manovra finanziaria».

Per la maggioranza ha preso la parola l’on. Luca Pizzuto (Sel), che ha detto: «Non possiamo non prendere in esame la situazione che abbiamo trovato e la crisi che tutto il pianeta sta vivendo e quella che in particolare la Sardegna sta vivendo. Noi dobbiamo riprendere a seminare e a coltivare: non usiamo toni di trionfo parlando della nostra prima Finanziaria, sia chiaro. Però dobbiamo dire da subito che in questa manovra ci sono soldi veri, che liquideremo e pagheremo nel giro di poco tempo. Anche per questo accendiamo un mutuo, per generare lavoro attraverso la costruzione delle infrastrutture. Stiamo mettendo a correre soldi sul cinema, sulla cultura, sull’archeologia, sulla piccola pesca, sulle borse per gli studenti universitari, sul servizio civile regionale, sulla coltivazione della canapa a basso contenuto di principio attivo. Insomma, stiamo cercando di attivare strumenti di cambiamento senza toccare i bisogni dei più deboli, come quelli della legge 162».

Per l’esponente di Sel, che ha ringraziato per il lavoro finora svolto l’assessore Paci e il presidente della commissione Sabatini, «sono evidenti i problemi, gli sprechi della spesa sanitaria. E la necessità di introdurre in futuro un reddito minimo di cittadinanza, per difendere i sardi da questa crisi feroce. Non è il centrosinistra la pancia di tutti i mali».

 Di seguito, per il Pd ha preso la parola l’on. Luigi Lotto secondo cui «questa Finanziaria nasce all’indomani di una serie di tagli che tutte le Regioni, compresa la Sardegna, stanno subendo. Ma ci sono molti elementi positivi in questa manovra e io cercherò di evidenziarli. A cominciare dal rapporto con il governo nazionale: è evidente il diverso taglio che il presidente Pigliaru e l’assessore Paci hanno impresso. Abbiamo una Giunta e un presidente che parlano col governo tenendo la schiena dritta e con competenza. Oggi si stanno creando le condizioni per superare il patto di stabilità e spendere davvero le risorse che si hanno».

Sui temi industriali e ambientali l’esponente del Pd ha detto: «E’ inaccettabile che si travisino le parole e le posizioni del Pd sulla vicenda dell’Eni. Perché l’Eni deve procedere alle bonifiche. Così come sui consorzi di bonifica e sui costi dell’acqua in agricoltura, è chiaro il richiamo dell’assessore Paci: prima degli agricoltori vengono i malati sardi e 300 milioni di euro di debito che la Sanità sarda produce.  Sappiamo che ci aspettano tempi difficili ma so che dobbiamo farcela e dobbiamo dare risposte a tutti i settori, anche nel campo dei trasporti dove si è registrata la totale assenza del governo regionale negli ultimi due anni della Giunta Cappellacci».

Il consigliere Ugo Cappellacci (Forza Italia) ha affermato in apertura che il dibattito sulla Finanziaria rappresenta un primo momento di confronto politico importante riguardante scelte sulle quali la classe dirigente sarà valutata dai cittadini. Per queste ragioni, ha sostenuto, «occorre impostare il confronto fuori dalle classiche schermaglie fra maggioranza e opposizione ma a condizione di dire la verità». Una parte della maggioranza, ha ricordato, «si è resa conto che il problema delle entrate non è chiuso nonostante in questi mesi la Giunta abbia evitato ogni confronto ritenendosi depositaria per definizione delle migliori virtù civiche commettendo però errori da matita blu». L’accordo con lo Stato firmato a luglio, secondo Cappellacci, «è una fregatura, ci sono 300 milioni in meno solo per il 2014 e dopo aver detto in sede di assestamento che si sarebbe rimediato nel 2015 col venir meno del Patto di stabilità, è accaduto anche che lo Stato si è ripreso le riserve erariali, 84 milioni del fondo di sviluppo e coesione e molto altro». Adesso, ha aggiunto il consigliere di Forza Italia, «anche il segretario del Pd dà giudizi sferzanti nei confronti della Giunta ed è chiaro a tutti che quell’accordo va rinegoziato e i ricorsi non vanno ritirati; il presidente Pigliaru disse a suo tempo che di fronte al primo atto di slealtà da parte dello Stato avrebbe reagito, siamo ancora qui che aspettiamo». Cappellacci ha poi invitato la Giunta a «scendere dal piedistallo per riprendere insieme la battaglia sulle entrate ma senza dire bugie, come quella sui 300 milioni di euro che sarebbero i primi risultati della vertenza entrate». Il mutuo da 700 milioni, ha inoltre osservato, «è proprio il prezzo del timore reverenziale verso lo Stato e del tradimento di una Sardegna che merita certamente merita di più, anche perché non è vero che la nostra Regione ha l’Irap più bassa d’Italia, dato che a partire dal 2013 è aumentata di quasi tre volte, come ben sanno le imprese che sempre più spesso si indebitano per pagare le tasse». Nella finanziaria, ha affermato il consigliere Cappellacci in definitiva, «non c’è una idea di Sardegna ma quella di un commissario liquidatore; speriamo che nel dibattito ci sia un moto di ribellione, anche da parte della maggioranza, ma serve coraggio e se uno non c’è l’ha non se lo può dare: abbiamo bisogno di un presidente».

Al termine di quest’ultimo intervento il presidente Ganau ha sospeso la seduta. I lavori del Consiglio sono ripresi questo pomeriggio.

Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

Il Consiglio regionale ha approvato l’ordine del giorno Cocco Pietro e più, sull’imposizione della servitù militare di Guardia del Moro a Santo Stefano.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il presidente ha comunicato fra l’altro di aver proceduto alla costituzione della Commissione d’inchiesta sull’efficienza del sistema sanitario regionale e sull’adeguatezza dei costi: ne faranno parte i consiglieri regionali Fabrizio Anedda, Anna Maria Busia, Daniele Secondo Cocco, Pietro Cocco, Attilio Dedoni, Roberto Deriu, Ignazio Locci, Giorgio Oppi, Raimondo Perra, Possella Pinna, Pietro Pittalis, Luigi Ruggeri, Christian Solinas, Paolo Truccu ed Emilio Usula. Successivamente, in base alle decisioni della conferenza dei capigruppo l’ordine del giorno prevede che il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, rivolga all’Aula comunicazioni in materia di servitù militari.

Il presidente Pigliaru, in apertura, ha chiarito che i motivi della richiesta di riferire al Consiglio riguardano l’opposizione della Regione al rinnovo della servitù militare di Guardia del Moro, nell’isola della Maddalena, che sarà oggetto a breve scadenza di una audizione dello stesso Pigliaru davanti al Consiglio dei Ministri. Pigliaru ha poi ripercorso i passaggi più significativi della vicenda, che nasce dal lontano 1972 quando, con un accordo bilaterale segreto fra lo Stato Italiano e gli Stati Uniti, la destinazione di quel sito venne modificata, da deposito di carburati a base di supporto per sottomarini. «Sono il quarto presidente della Regione – ha ricordato Pigliaru – che manifesta allo Stato la sua contrarietà a quell’imposizione ed una proposta di riesame; già nell’86 l’allora presidente della Regione Mario Melis presentò un ricorso al Tar, che venne respinto, anche se l’allora Ministro della Difesa Spadolini si impegnò formalmente ad istituire una commissione mista per l’esame unitario delle varie problematiche». Dopo analoghe posizioni espresse con modalità diverse sia dai presidenti Soru e Cappellacci recentemente, nello scorso mese di marzo sono scaduti i 5 anni dal decreto impositivo fino ad allora vigente, ha precisato il presidente della Regione, «e riteniamo siano dunque cessati anche i relativi vincoli e, di conseguenza, che non vi siano motivazioni per reiterare lo stesso decreto come il Ministro della Difesa ha fatto solo 7 mesi dopo».  La Sardegna ha espresso chiaramente la sua opposizione a questo provvedimento, ha concluso Pigliaru, «e l’audizione davanti al Consiglio dei ministri ha lo scopo, da un lato, di conoscere l’esito del nostro ricorso e, dall’altro, portare a conoscenza del Governo dell’esito di questo dibattito».

Inoltre, ha aggiunto il presidente, «è imminente la pubblicazione del Libro Bianco della Difesa nel quale saranno contenute le nuove strategie dello Stato in materia militare, ragione di più per inquadrare anche questo argomento, nel confronto complessivo che abbiamo impostato con lo Stato, che deve riguardare ogni aspetto della presenza militare sul territorio regionale, con una forte attenzione alla riduzione delle servitù sull’Isola e ad una diversa politica di compensazione ed indennizzo per siti che sarà eventualmente necessario mantenere, fermo restando che è una priorità della Sardegna far ripartire alla Maddalena quel percorso di sviluppo interrotto alcuni anni fa e finanziato con risorse pubbliche molte delle quali regionali».

Il presidente ha dato la parola al consigliere di Forza Italia, Stefano Tunis, il quale ha sottolineato di intervenire a titolo personale. L’esponente dell’opposizione ha ritenuto deludenti le azioni poste in essere dal presidente Pigliaru dopo l’approvazione dell’ordine del giorno votato, anche da lui, la scorsa estate. Tunis ha affermato di essere disponibile a iniziative che portino a risultati immediatamente raggiungibili, ma non ad azioni che mettano in crisi i rapporti tra le forze armate e la Sardegna per motivi esclusivamente ideologici. 

Angelo Carta, consigliere del Psd’Az si è detto in disaccordo con la posizione espressa dal presidente Pigliaru quando parla di dismissione di una parte dei poligoni. «L’ordine del giorno – ha ricordato Carta – votato il 16 giugno scorso si parlava di dismissione graduale fino ad arrivare a una totale dismissione delle servitù militari nell’Isola». Per il consigliere del Psd’Az non bisogna dimenticare quanto sta accadendo in questi giorni in Libia. «Abbiamo basi strategiche e dobbiamo mettere prima di tutto in sicurezza la Sardegna che non deve diventare un obiettivo».

Il presidente ha poi dato la parola al consigliere di Soberania e Indipendentzia Augusto Cherchi: «Siamo davanti all’ennesimo atto di slealtà dello Stato nei confronti della Sardegna», ha detto, sottolineando che queste azioni rafforzano la spinta verso l’autodeterminazione del popolo sardo. Cherchi ha poi ribadito la necessità di fare un passo avanti verso la smilitarizzazione e ha valutato positivamente quanto fatto finora dal presidente Pigliaru. L’esponente della maggioranza ha anche proposto un referendum popolare che rafforzi la rappresentatività del presidente della Regione nei confronti dello Stato.

Emilio Usula, capogruppo di Soberania e Indipendentzia ha subito sottolineato la necessità di ribadire quanto detto in modo inequivocabile alcuni mesi fa dal Consiglio sul tema delle servitù militari. «Oggi nulla è cambiato – ha detto Usula – anzi, la crisi economica è aumentata, così come sono cresciute la povertà e la disperazione delle famiglie e dei territori. Vista la situazione lo Stato proporrà una negoziazione. Noi non possiamo barattare cessioni di sovranità in cambio di promesse di aiuti, né possiamo arretrare sul nostro diritto all’ autodeterminazione».

Il consigliere di Fratelli d’Italia Paolo Truzzu ha parlato di “atteggiamento dilettantistico” da parte della Giunta regionale nella conduzione della trattativa con lo Stato. «Per questo – ha detto Truzzu – si è arrivati all’imposizione del Governo su Santo Stefano».

Sul merito, Truzzu ha invece stigmatizzato l’approccio ideologico nei confronti della presenza militare in Sardegna. «Il nostro sottosviluppo non dipende da questo – ha detto l’esponente della minoranza – le servitù occupano il 4-5% del territorio sardo. Le nostre condizioni di arretratezza non possono essere imputate alla presenza dei poligoni e delle basi militari».

Il consigliere di Fratelli d’Italia ha poi evidenziato un altro aspetto della vicenda. «L’atteggiamento ideologico e antimilitarista sta determinando un ripensamento delle forze alleate. Si guardi a quello che succede a Decimomannu dove i tedeschi pensano di lasciare la base interforze. Il rischio è perdere un investimento da 100 milioni di euro e ricadere nell’errore commesso a La Maddalena».

Truzzu ha infine segnalato il profondo cambiamento del quadro geopolitico rispetto a qualche mese fa. «Siamo la regione più vicina al Nord Africa, visto quello che succede in Libia non  possiamo chiedere allo Stato di arretrare». Truzzu ha concluso il suo intervento dichiarandosi contrario alla firma di una proposta “che viene da una sola parte politica”.

Daniele Cocco, capogruppo di Sel, ha ribadito la necessita di ripartire dall’ordine del giorno approvato nei mesi scorsi dall’Aula sul tema delle servitù militari. «Dopo l’incidente di Capo Frasca – ha rimarcato Cocco – Pigliaru disse che la convenzione per la presenza dei militari a La Maddalena scadeva il 3 Marzo e non c’erano possibilità di proroga. Oggi il Consiglio deve dare la più ampia delega al presidente perché rappresenti la volontà del popolo sardo nei confronti del Governo nazionale». Il capogruppo di Sel ha poi ricordato il prezzo altissimo pagato per 35 anni dalla Sardegna per la presenza militare in Sardegna. «Abbiamo un credito importante nei confronti dello Stato – ha concluso Cocco -. Su queste basi occorrerà impostare la trattativa con il Governo».

Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda) si è detto d’accordo sulla necessità di dare un mandato forte a Pigliaru per sostenere le ragioni della Sardegna nei confronti del Governo. «Occorre ricordare allo Stato gli impegni presi nei confronti della Sardegna in occasione dello spostamento del G8 da La Maddalena a l’Aquila – ha detto Anedda – gli impegni sono stati disattesi, le opere lasciate a metà, non c’è stato nessun beneficio per la popolazione».

Il consigliere comunista ha poi invitato l’Aula a distinguere tra servitù e poligoni. «Le prime – ha affermato . devono essere dismesse mettendo le aree a disposizione dei sardi. I secondi devono essere invece lasciati alla pertinenza dello Stato per esigenze di  difesa mentre occorre chiudere e bonificare quei poligoni utilizzati per fare cassa grazie ai robusti canoni d’affitto pagati dagli eserciti di tutto il mondo che in Sardegna vengono ad esercitarsi». 

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, ha sottolineato come il Consiglio regionale ha espresso già lo scorso giugno, attraverso lì’approvazione di un ordine del giorno, il proprio indirizzo  in materia di servitù militari. «Non comprendo perché dovrebbe servire un altro pronunciamento – ha spiegato il consigliere della minoranza – mentre serve che il presidente della Giunta segua le indicazioni del Consiglio e proceda con il mandato a trattare con il Governo centrale».

A giudizio di Attilio Dedoni il dibattito su Santo Stefano è in ritardo di oltre 50 anni e serve che il presidente della Giunta riaffermi dinanzi al consiglio dei ministri la necessità di una riduzione dell’imposizione militare in Sardegna e si ricontratti la presenza dei poligoni con una serie di interventi a sostegno dell’economia sarda.

Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, ha manifestato perplessità sul metodo seguito dalle forze della maggioranza che propongono un documento unitario senza però aver provveduto alla preventiva consultazione di tutti i gruppi consiliari. Nel merito il capogruppo scudocrociato ha ribadito la condivisione di una graduale riduzione del gravame militare nell’Isola ma senza che risultino danneggiati territori e Comuni come è accaduto alla Maddalena con lo smantellamento della base Usa.

«Le basi militari – ha proseguito Rubiu – sono una risorsa per la Sardegna e vanno utilizzate nel migliore dei modi senza mai porci in maniera contraria alle servitù militari». Il capogruppo Udc ha quindi chiesto una breve sospensione dei lavori per concordare un testo condiviso da sottoporre alla votazione dell’Aula.

Il capogruppo del Centro democratico, Roberto Desini, ha espresso apprezzamento per la condotta del presidente della Giunta ed ha dichiarato di condividere e apprezzare il percorso proposto per un pronunciamento dell’Aula sul tema delle servitù militari. «Esprimo soddisfazione – ha dichiarato Desini – per la volontà del presidente di favorire un nuovo pronunciamento del Consiglio dopo quello  dello scorso 19 giugno». Desini ha concluso dichiarando il pieno sostegno alla mozione in discussione e si è detto disponibile a concordare con i gruppi della minoranza un testo unitario che rafforzi la posizione del presidente in vista dell’audizione dinanzi al Governo.

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha tenuto a precisare che la richiesta del presidente della Regione riguarda la servitù di Santo Stefano e che di questo si è parlato in conferenza dei capigruppo. «E’ chiaro quindi – ha affermato – che occorreva poter lavorare su un testo-base che consentisse al presidente di rappresentare l’orientamento del Consiglio, tutto è accaduto alla luce del sole e da parte nostra non c’è comunque una posizione contraria ad una breve sospensione dei lavori». Ripercorrendo i precedenti dibattiti del Consiglio in materia di servitù, Cocco ha poi ricordato l’ordine del giorno del giugno 2014 dove l’argomento era affrontato in modo responsabile e dettagliato, frutto di una politica condivisa a prescindere dagli aventi che si succedono: c’è una strada già tracciata. Come Pd, ha però ribadito il capogruppo del partito, «siamo per il No all’aumento della presenza militare sull’isola e siamo, in secondo luogo, per rivendicare i diritti negati a La Maddalena». Dobbiamo confermare il mandato pieno al presidente della Regione, ha proseguito Cocco, «ma non ci si può accusare di voler evitare il dialogo, se non avessimo predisposto il documento saremmo stati accusati di aver voluto scavalcare il Consiglio su un argomento così importante». «Non si può dire tutto ed il suo contrario – ha concluso il capogruppo del Pd – ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità, anzi rivendichiamo di essere stati noi ad aver dato un impulso decisivo alla seconda conferenza sulle servitù militari, a trent’anni di distanza dalla prima».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha sottolineato in apertura che «l’audizione in Consiglio dei ministri non è una concessione del Governo ma una prerogativa prevista dallo Statuto, che anzi andrebbe esercitata anche in altre occasioni». Non partiamo da zero, ha sostenuto, «c’è il documento unanime del Consiglio votato il 19 giugno scorso in cui si fissavano i termini del mandato assegnato al presidente per una rivisitazione complessiva dei rapporti Stato-Regione in materia di servitù e già questo consente di rimarcare al Governo la posizione della Sardegna». «Ci chiediamo anzi come mai l’8 gennaio scorso – ha osservato Pittalis – sia stato stipulato un accordo col Governo sulla percorribilità della riduzione della presenza militare sull’Isola; forse quell’accordo avrebbe potuto contenere qualcosa di più rispetto a quanto deliberato dal Consiglio». «Oggi – ha detto ancora Pittalis – non stiamo trattando della dismissione delle servitù ma della prosecuzione di un singolo provvedimento di servitù; è un arretramento rispetto alla posizione del Consiglio, il problema non è fra militarismo e pacifismo ma quello del ruolo di una Regione autonoma in un quadro di solidarietà con lo Stato nazionale, questo è il dato di fondo». «Ritengo perciò – ha concluso il consigliere di Forza Italia – che davanti al Consiglio dei ministri non si possa andare solo per subire ma per far sentire la voce del popolo sardo anche su tanti altri temi che riguardano la Regione, si può definire un ordine del giorno comune ma a condizione che non si ripercorra all’infinito questo metodo, a costo di attivare strade conflittuali».

Il consigliere Mario Floris (Sardegna), intervenendo sull’ordine dei lavori, ha chiesto di sapere se il presidente della Regione è stato convocato o se ha chiesto di partecipare, perché lo Statuto dice che il presidente “deve” essere chiamato ogni qualvolta sia in discussione un tema che riguarda la Sardegna.

Il presidente Pigliaru ha chiarito che dal Governo è arrivata una formale convocazione e che sono in corso interlocuzioni solo per concordare la data.

Successivamente, il presidente del Consiglio ha sospeso la seduta.

Alla ripresa dei lavori il presidente del Consiglio regionale ha comunicato che è stato presentato un ordine del giorno sottoscritto da tutti i capigruppo. Il testo impegna il presidente della Regione «a rappresentare, in occasione, del riesame del decreto impositivo, presso il Consiglio dei Ministri, la contrarietà del Consiglio regionale verso l’imposizione della servitù militare a protezione del deposito di munizioni di guardia del moro; a chiedere in tale sede un rinnovato impegno del Governo nazionale nel proseguimento degli obiettivi definiti nel piano di rilancio di La Maddalena per una sua concreta attuazione in tempi certi anche relativamente al piano delle bonifiche; a ricercare forme di concertazione, anche con il coinvolgimento della rappresentanza parlamentare, circa gli scenari strategici che saranno delineati nel libro bianco della difesa; a riferire al Consiglio regionale per le opportune valutazioni e conseguenti decisioni circa la deliberazione del consiglio dei ministri in sede di riesame del decreto di imposizione di servitù militare a Santo Stefano».

Il presidente ha dichiarato chiusa la discussione generale e ha dato la parola al presidente Pigliaru per la replica e per esprimere il parere sull’ordine del giorno.

Il capo dell’Esecutivo ha espresso parere favorevole e si è detto soddisfatto per quanto scritto nel documento: «Mi consente di svolgere meglio il mio ruolo e rappresentare meglio la Regione davanti al Consiglio dei Ministri». Rispondendo ad alcuni consiglieri, il presidente ha ricordato che sono stati raggiunti due risultati importanti: l’istituzione del tavolo sulle servitù e l’allargamento del periodo in cui si fermeranno le esercitazioni, ossia dal primo giugno al 30 settembre. E’ poi arrivata la notizia della nuova servitù ed è per questo, ha spiegato Pigliaru, che oggi il Consiglio regionale sta votando un nuovo ordine del giorno. Un ordine del giorno che chiede con forza – ha detto il presidente – di far ripartire un percorso di sviluppo per La Maddalena, bloccato impropriamente. «Andiamo a parlare di servitù, ma anche di alternative di sviluppo».

Per dichiarazioni di voto è intervenuto Stefanio Tunis (FI), il quale ha apprezzato l’impegno del presidente della Regione nel perseguire nell’obiettivo, ma ha ribadito che dall’ordine del giorno di giugno non è scaturito quanto ci si aspettava: risultati tangibili che la comunità sarda potesse apprezzare. Per Tunis l’atteggiamento della Giunta sta soltanto provocando il disimpegno del Ministero della Difesa con enormi danni per l’economia della Sardegna e dei sardi. Voto favorevole è stato annunciato dal consigliere del Pd, Roberto Deriu, il quale ha però esortato il presidente a capire in che modo la Sardegna sia inserita negli accordi internazionali. Deriu ha ricordato che la Costituzione e lo stesso Statuto speciale della Sardegna obbliga a rispettare gli accordi internazionali.

Paolo Truzzu (Fratelli d’Italia) ha invece parlato di situazione kafkiana. «Ci sono cose che non dipendono da noi – ha detto Truzzu – oggi si risponde con un ordine del giorno a un altro ordine del giorno approvato dal Governo con il quale si allunga la presenza militare a La Maddalena. Tutto questo accade con un Governo di centrosinistra alla guida della nazione. Mentre noi discutiamo di servitù militari – ha concluso il consigliere di minoranza – altre regioni come la Puglia siglano accordi vantaggiosi per i loro territori».

«Di questo Stato non ci si può fidare». Il capogruppo del Psd’Az, Christian Solinas, dopo aver annunciato il suo voto favorevole all’ordine del giorno, ha ricordato all’Aula il sistematico inadempimento dello Stato rispetto agli impegni presi. A sostegno della sua tesi, l’esponente sardista ha citato il deliberato della Commissione della Camera, che nel 1980 aveva assunto l’impegno per una graduale riduzione quantitativa e qualitativa delle servitù militari, e le ripetute prese di posizione del Consiglio regionale sull’occupazione militare della Sardegna. «E’ ora di cambiare strategia – ha detto Solinas – occorre parlare di compensazioni, bisogna quantificare il ritardo di sviluppo conseguente alla presenza delle servitù in Sardegna. Noi contestiamo le servitù che vanno contro il diritto dei sardi a governare il proprio territorio».

Solinas ha quindi avanzato la proposta di riunire il Consiglio regionale a Guardia del Moro, nel giorno dell’audizione del presidente Pigliaru in Consiglio dei Ministri. «Sarà l’occasione – ha concluso – per ribadire il no dei sardi alla proroga della presenza militare a La Maddalena». Al termine del suo intervento, il capogruppo del Psd’Az ha chiesto al presidente Pigliaru di verificare con il Governo se sull’isola ci siano consorzi privati che gestiscono installazioni militari e abbiano rapporti diretti con la Difesa.

Annamaria Busia (Centro Democratico), ha invitato l’Aula a concentrarsi sul punto centrale della discussione: il rinnovo della servitù militare sull’isola de La Maddalena imposto unilateralmente dal ministro Pinotti. «Oggi è inutile parlare d’altro – ha detto Busia – occorre dare pieno mandato al presidente Pigliaru». Il consigliere del Centro Democratico ha poi espresso meraviglia per lo stupore manifestato da alcuni colleghi. «E’ chiaro – ha affermato – che con una guerra alle porte l’atteggiamento dello Stato è cambiato. Serve un’attenzione diversa sui temi della difesa dovuti alla gravissima situazione internazionale, c’è un cambio di impostazione della politica globale. Ingenuo pensare che decideremo da soli sulle nostre basi militari».

Secondo, il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, il risultato che si riuscirà ad ottenere dipenderà dal «livello di contrattazione che riusciremo ad attivare e dall’unitarietà di intenti di questo consesso. Mi stupisce che alcuni consiglieri che a Giugno avevano votato a favore dell’ordine del giorno sulle servitù militari oggi decidano di fare marcia indietro»

Il consigliere del Pd, Piero Comandini, ha dichiarato il favore all’ordine del giorno ed ha sottolineato che la discussione odierna è rivolta alla decisione unilaterale assunta dal ministro della Difesa di riconfermare la servitù militare a Santo Stefano e non già al generico tema delle servitù militari.

Il consigliere di Forza Italia, Oscar Cherchi, ha dichiarato voto contrario: «Il Consiglio non deve procedere con l’approvazione di un altro ordine del giorno e il presidente della Giunta avrebbe dovuto illustrare al Consiglio una valida proposta in vista della convocazione in sede del Consiglio dei ministri e avrebbe dovuto illustrare i positivi risultati ottenuti sulla base del mandato ricevuto lo scorso giugno».

La consigliere di Forza Italia, Alessandra Zedda, ha dichiarato voto a favore ed ha sottolineato che ai consiglieri di Fi è stata concessa libertà divoto. «Non ci fidiamo dello Stato – ha dichiarato l’esponente della minoranza – e riponiamo nel presidente della Giunta fiducia perché sappia ottenere un risultato positivo nella trattativa con lo Stato sul tema delle servitù militari».

Il consigliere di Soberania e Indipentzia, Augustro Cherchi, ha dichiarato voto favorevole e pieno sostegno all’azione del presidente Pigliaru ed ha inoltre definito un altro esempio della “slealtà di Stato nei confronti della Sardegna” il caso della Maddalena e di Santo Stefano.

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha nuovamente insistito nel richiamare l’attenzione di alcuni consiglieri che hanno annunciato il voto contrario, sul fatto che l’oggetto dell’ordine del giorno riguarda solo la servitù di Santo Stefano. Non è in discussione la legittimità del voto, ha chiarito, «ma non si può dire che non si è fatto nulla a distanza di pochi mesi dall’ordine del giorno del giugno 2014 tacendo sul fatto che in realtà non si è fatto nulla per anni; la seconda conferenza sulle servitù e l’accordo col Governo sono fatti concreti che non possono essere sottovalutati».

Il consigliere Ugo Cappellacci (Forza Italia) annunciando il voto favorevole, ha chiarito che si tratta di «un voto dato a malincuore, perché è mortificante assistere all’atteggiamento del Governo che mette sempre la Sardegna all’ultimo posto». Cappellacci ha ricordato in proposito di aver partecipato al Consiglio dei Ministri prima dell’adozione di un provvedimento e non dopo e già questo è di per sé un fatto grave; «allora il Governo ignorò comunque l’opinione della Regione anche se la Difesa assicurò che sarebbe stata l’ultima volta». «La lezione di quella vicenda del passato – ha concluso Cappellacci – è che lo Stato viene meno alla parola data e non rispetta il principio di leale collaborazione istituzionale». Vada a Roma e faccia valere le ragioni della Sardegna, ha detto, infine, rivolgendosi al presidente Pigliaru, «tenendo presenti anche precedenti come questo che è solo la punta di un iceberg».

Il capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, ha assicurato il sostegno del gruppo all’ordine del giorno ma il documento è una deminutio rispetto a quello votato nel giugno dell’anno scorso. Cinquant’anni fa su istituito l’obbligo di una servitù a Santo Stefano, ha affermato Dedoni, «che non venne mai ratificato dal Parlamento, negli anni successivi ci sono stati solo rinnovi». Ora bisogna difendere la Sardegna senza se e senza ma, ha concluso, «soprattutto perché il quadro internazionale è cambiato, il sistema di difesa dello Stato cambierà a sua volta e la Sardegna deve avere la capacità di cogliere le opportunità derivanti da queste trasformazioni trasformandole in ricadute economiche ed occupazionali positive».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente Ganau ha messo in votazione l’ordine del giorno, che il Consiglio ha approvato con 42 voti favorevoli, 5 contrari e 2 astenuti. Successivamente è stata convocata la conferenza dei capigruppo in sede politica mentre l’Aula riprenderà i suoi lavori domattina alle 10.00.

«Dopo sindacati e svariate associazioni, anche Cal e Anci bocciano la Finanziaria 2015. Ma non c’è da stupirsi: non poteva andare diversamente, trattandosi di un documento contabile che la Giunta regionale ha messo su con puro spirito ragionieristico senza ascoltare i suggerimenti di nessuno.»

A sostenerlo è Ignazio Locci, consigliere regionale del gruppo Forza Italia Sardegna.

«Con questo documento contabile – aggiunge Locci – i Comuni dovranno fare i conti con imponenti sforbiciate, tra Fondo unico e fondi per le povertà estreme, che li obbligheranno a lottare senza strumenti contro una povertà dilagante che non lascia tregua e ogni giorno che passa rimpolpa la lista degli assistiti dai Servizi sociali comunali.

È da un anno che siamo costretti ad ascoltare la solita litania di un Esecutivo che promette il dialogo con parti sociali e opposizioni ma che, di fatto, avanza per la sua strada armata di calcolatrice e forbice e agisce di testa propria, incurante di richiami e suggerimenti che arrivano da più parti. È necessario cambiare registro e la discussione della Finanziaria in Consiglio regionale – conclude Ignazio Locci – deve rappresentare il primo passo verso una stagione nuova.»

«La Giunta regionale torni sui suoi passi e annulli il taglio di 36 milioni di euro al Fondo per la non autosufficienza disposto con la scure della Finanziaria 2015.»

Lo dice Ignazio Locci, consigliere regionale del gruppo di Forza Italia Sardegna.

«Non possiamo assistere inermi alla protesta, oltremodo legittima, delle associazioni che reclamano a gran voce il proprio diritto a un’assistenza dignitosa. Assistenza che, con la riduzione scellerata delle risorse stabilita dai professori, non potrà essere garantita. Domani molteplici disabili gravi sardi avvieranno sia un presidio permanente davanti all’assessorato della Sanità, sia lo sciopero totale della fame, mentre il Consiglio regionale si riunirà congiuntamente al Consiglio delle Autonomie locali. Per questo – conclude Ignazio Locci – faccio appello alla sensibilità del Presidente della massima assemblea dei sardi Gianfranco Ganau, affinché riceva una delegazione di manifestanti per fornire loro sostegno e rassicurazioni.»