20 December, 2025

Entusiasmo, gioia, partecipazione e socializzazione. Dopo l’ottimo esordio del pomeriggio di ieri, stamattina centinaia di studenti, volontari, membri delle associazioni e dei sodalizi cittadini sono scesi in campo per la seconda giornata di “Monumenti Aperti-Dove tutto è possibile”, l’evento organizzato dall’associazione Imago Mundi OdV con il patrocinio del comune di Carbonia.
Uno straordinario esempio di cittadinanza attiva, partecipazione, inclusione, socializzazione e aggregazione alla scoperta dei luoghi della nostra identità e delle innumerevoli risorse che costituiscono il patrimonio culturale, storico e ambientale della città di Carbonia, unitamente a tanti eventi collaterali all’insegna della musica, delle esposizioni etnografiche, delle mostre e dei laboratori,
E non finisce qui. ”Monumenti Aperti” continua anche nel pomeriggio: i monumenti saranno visitabili gratuitamente dalle ore 16.00 alle ore 20.00. Ricordiamo anche la possibilità di effettuare nel pomeriggio un giro a bordo del trenino turistico in partenza da piazza Roma. Un’attrazione da non perdere. Sempre in piazza Roma, musica, animazione per grandi e piccini.
 

Ieri pomeriggio la città di Carbonia è stata protagonista della prima giornata dell’evento “Monumenti Aperti 2025 – Dove tutto è possibile”, evento organizzato dall’associazione Imago Mundi OdV con il patrocinio e il contributo economico del comune di Carbonia.
Un’esperienza unica che compendia storia, cultura, ambiente e architettura. Un’occasione per scoprire, riscoprire e valorizzare il patrimonio materiale e immateriale cittadino.
Le immagini allegate sono la cartina al tornasole dell’ampia partecipazione di cittadini e turisti che si sono recati nei 28 siti interessati dall’iniziativa.
Grande gioia e divertimento anche per i tanti bambini che sono saliti sul trenino per fare un tour nei principali luoghi della città.
La partecipazione attiva di docenti e studenti, la collaborazione e il supporto fornito dall’ampio tessuto associativo hanno reso perfetta la prima delle due giornate di “Monumenti aperti”.
E oggi, domenica 11 maggio, “Monumenti Aperti” continua. I monumenti sono visitabili gratuitamente dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 20.00.
 

Scadono il 13 maggio i termini per partecipare alla Consulta Ga.I.A. a supporto della Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza.

Che cos’è la Consulta Ca.I.A.?

Organismo di partecipazione a supporto della Garante per l’infanzia e l’asolescenza della regione Sardegna, nell’esercizio delle sue funzioni e delle sue attività istituzionali ed esclusivamente nelle materie che rivestono specifico interesse per l’infanzia e l’adolescenza,

La proposta di costituzione della Consulta Ga.I.A. nasce dall’esigenza di promuovere e valorizzare la partecipazione attiva dei ragazzi e dei bambini – dei quali la Garante è chiamata ad occuparsi in forza della legge istitutiva – garantendo il loro coinvolgimento nei processi decisionali e nell’individuazione delle scelte che, direttamente o indirettamente, li riguardano.

Prospettiva certamente fondata dal punto di vista giuridico.

L’ascolto e il coinvolgimento dei cittadini minori di età, infatti, oltre a migliorare la responsabilità dei decisori e a garantire la trasparenza nel processo decisionale, presenta l’ulteriore vantaggio di sviluppare e mantenere la fiducia nelle istituzioni e di diffondere nuovi valori di cittadinanza.

Da un punto di vista strettamente giuridico, il necessario coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali discende direttamente dalla Carta Costituzionale, nella quale gli organismi di partecipazione trovano il loro fondamento; va detto, infatti, che la partecipazione oltre ad essere strettamente legata alla realizzazione dell’uguaglianza sostanziale (costituisce un mezzo per rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano la libertà e l’eguaglianza impedendo il pieno sviluppo della persona umana), rappresenta il modo per inverare l’appartenenza della sovranità al popolo, non solo sotto il profilo della titolarità, ma anche dal punto di vista del suo esercizio (i cittadini possono interagire, secondo diverse gradazioni, con le istituzioni, collaborando al processo decisionale).

Con specifico riguardo ai ragazzi, la sollecitazione a garantire il loro diritto di partecipare alla vita politica e democratica, è stata elaborata nell’ambito della Strategia UE sui diritti dei minorenni (1) e recepisce numerose raccomandazioni provenienti da organismi nazionali (2) e internazionali (3) inoltre, innumerevoli richiami al diritto alla partecipazione dei minori si rinvengono nella normativa nazionale (legge 28 agosto 1997, n. 285, Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza (4), legge 4 maggio 1983, n. 184, Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori (5), legge 7 aprile 2017, n. 47, Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati (6)).

Negli ultimi anni, la stessa Autorità garante per infanzia e l’adolescenza, cogliendo la rilevanza del tema, ha dato un significativo impulso sia dal punto del metodo che delle azioni a favore dell’ascolto e della partecipazione dei bambini e degli adolescenti.

La partecipazione attiva dei minorenni ai processi decisionali mira a rendere effettivo il diritto sancito dall’art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176: “Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità”.

La norma oltre a delineare il diritto dei minorenni a esprimere liberamente la propria opinione nelle decisioni che li riguardano, precisa che tale opinione deve essere tenuta in debita considerazione ed è proprio l’elemento della presa in considerazione delle opinioni, che trasforma il diritto all’ascolto in diritto alla partecipazione.

L’articolo 12 impone dunque un chiaro obbligo giuridico sia al riconoscimento del diritto che alla sua garanzia e concreta attuazione; ne consegue che i ragazzi e i bambini, non possono e soprattutto non devono essere sostituiti dagli adulti, che per quanto esperti non potranno mai rappresentarne a pieno le esigenze.

L’intermediazione degli adulti, infatti – oltre a contrastare con la copiosa normativa citata e a negare la circostanza che i minori sono, al pari degli adulti, titolari di diritti – non terrebbe in adeguata considerazione l’attuale contesto caratterizzato da un continuo processo d’innovazione tecnologica (al quale sono sottoposti anche e soprattutto i giovani), che si traduce in una progressiva trasformazione sul versante psico-comportamentale che, nell’ambito delle neuroscienze, viene sempre più spesso inquadrato nell’ottica di una vera e propria mutazione antropologica (7).

Con specifico riguardo alla partecipazione collettiva (8) è necessario predisporre particolari cautele, per scongiurare il rischio che i diritti dei fanciulli restino sulla carta per mancanza di strumenti idonei a consentirne l’esercizio.

Occorre dunque che i ragazzi abbiano modo di esprimersi mediante un organismo rappresentativo, capace di fare sintesi tra le diverse posizioni e raggiungere l’accordo su un’opinione capace di superare gli scogli procedurali tipici di ogni assemblea che voglia definirsi, per l’appunto, rappresentativa.

L’organismo rappresentativo, inoltre, deve essere formato prestando attenzione a che le istanze e le posizioni dei minorenni non siano “oscurate” da voci prevaricanti: i rapporti intergenerazionali implicano inevitabilmente una questione di potere esercitato dagli adulti nei confronti dei bambini e dei ragazzi, con la conseguenza che spesso la loro partecipazione è subordinata all’autorità adulta.

Al riguardo va evidenziato che sebbene esistano già numerose Consulte di giovani istituite presso varie istituzioni della Sardegna, le stesse non sono in grado di garantire compiutamente il diritto di partecipazione dei minori; generalmente, infatti, sono aperte alla partecipazione anche dei maggiorenni che, per ovvie ragioni, tendono ad assumerne la guida (9).

In quest’ottica, è dovere di tutte le istituzioni agevolare e sostenere la partecipazione attiva dei minori alle decisioni di carattere generale che li riguardano, prevedendo meccanismi volti a far si che le loro opinioni siano tenute in adeguata considerazione nel rispetto del superiore interesse del minore.

In definitiva occorre adottare sistemi che trasformino l’eccezionalità del coinvolgimento dei ragazzi, nella regola.

Da queste considerazioni discende la proposta della Garante di avvalersi della collaborazione di organi di partecipazione, proposta che intende realizzare mediante l’istituzione di una Consulta di ragazzi e ragazze.

La Consulta dei ragazzi e delle ragazze oltre ad essere necessaria a garantire i loro diritti appare anche opportuna in quanto “palestra” di democrazia, luogo, fisico e non soltanto virtuale, nel quale confrontarsi e fare esperienza di quella vera e propria arte del compromesso tra varie posizioni che permette di distinguere la forma democratica da altre esperienze di organizzazione sociale.

Il confronto diretto con i ragazzi che si fanno portavoce delle problematiche della loro generazione aiuta gli adulti a capirli, e quindi a supportarli, circa i problemi e i disagi della loro generazione; problemi enormemente acuiti dopo la pandemia da Covid 19 (10).

Tra l’altro, l’istituto della Consulta è già stato ampiamente sperimentato sia a livello nazionale (11), che a livello regionale (12) dando ottimi risultati.

Per tutti questi motivi il Consiglio regionale, nel cui ambito è istituito l’Ufficio del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, rappresenta la sede ideale e naturale per ospitare l’Organismo di partecipazione dei fanciulli sardi.

Modalità attuative

Quanto alle concrete modalità attuative, il progetto di costituzione della Consulta Ga.I.A., prevede l’istituzione di una Consulta composta da giovanissime/i tra i 12 e i 17 anni provenienti da tutto il territorio regionale e individuati a seguito di avviso pubblico.

La Consulta sarà costituita da massimo 20 componenti, nel rispetto della parità di genere e della rappresentanza territoriale – e svolgerà funzioni consultive e propositive a supporto delle funzioni e delle attività istituzionali della Garante, tra le quali:

  • esprimere opinioni e suggerimenti su problematiche, temi di attualità, progetti, proposte e provvedimenti che interessano, direttamente o indirettamente, la popolazione delle persone minori di età;
  • formulare proposte di azioni e provvedimenti che istituzioni o enti locali potrebbero intraprendere al fine di contribuire al benessere dei minori e alla salvaguardia dei loro diritti, che scaturiscano dall’esperienza diretta dei ragazzi/e;
  • proporre e collaborare alla realizzazione di iniziative tese a diffondere la cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e a informare e sensibilizzare la popolazione su tematiche che i ragazzi/e ritengono prioritarie per il loro benessere e sviluppo.

L’attività dell’Assemblea si svolgerà prevalentemente in plenaria o anche attraverso sottogruppi, definiti in base all’età e alle attitudini dei partecipanti, che si incontreranno periodicamente prevalentemente tramite incontri on line.

La Consulta Ga.I.A., a chiusura dell’attività svolta annualmente, potrà incontrare i rappresentanti dell’Assemblea legislativa in Consiglio Regionale, presentando le riflessioni e le proposte sulle tematiche affrontate, unitamente a idee e proposte concrete per migliorare gli spazi di vita quotidiani dei giovani.

(1) Adottata dalla Commissione europea il 24 marzo 2021, che riunisce in un quadro organico una serie di iniziative in materia e formula specifiche raccomandazioni volte a garantire la partecipazione dei minorenni alla vita politica e democratica dell’Ue. Essa contiene un invito esplicito agli Stati da parte della Commissione a” realizzare, attuare e sostenere con risorse adeguate, meccanismi di partecipazione minorile nuovi o già esistenti, a livello locale, regionale e nazionale”.

(2) Segnalazione dell’Autorità Garante AGIA del 28 marzo 2024 ai titolari del potere legislativo e ai Presidenti delle Assemblee legislative regionali, sulla base delle criticità emerse in sede di conferenza dei Garanti regionali, nella quale si raccomanda di disciplinare, agevolare e sostenere la partecipazione attiva dei minorenni alle decisioni di carattere generale, anche normativo, prevedendo meccanismi volti a far si che le opinioni di bambini e ragazzi siano tenute in adeguata considerazione nelle questioni che li riguardano, nel rispetto del principio del superiore interesse del minore; di prevedere anche forme di consultazione di organizzazioni di rappresentanza dei giovani.

(3) Comitato sui diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite, sul “Rispetto delle opinioni del minorenne” Osservazioni conclusive del 2019 al quinto e sesto rapporto periodico dell’Italia (CRC/C/ITA/CO/5-6, par. 17 punti a) c) d) e). La richiesta è di rendere effettivi l’ascolto e la partecipazione dei bambini e ragazzi all’elaborazione delle decisioni politiche e amministrative che li riguardano, secondo forme che tengano conto del loro grado di maturità e della natura dei problemi da affrontare. A tal fine vanno predisposte anche azioni di accompagnamento che consentano ai ragazzi di essere messi nelle condizioni di conoscere per partecipare con consapevolezza e senso di responsabilità.

(4) La legge 285 del 1997 nell’istituire il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, attribuisce alle regioni il compito di adottare piani di intervento territoriale in materia di tutela dell’infanzia e adolescenza «al fine di assicurare l’efficienza e l’efficacia degli interventi e la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti» (articolo 2), e prevedendo nello specifico «c) misure volte a promuovere la partecipazione dei bambini e degli adolescenti alla vita della comunità locale, anche amministrativa» (articolo 7). La legge n. 285 del 1997 riconosce così la centralità del tema della partecipazione delle persone di minore età anche nella vita politica e amministrativa e nella definizione dei processi decisionali.

(5) La legge 184 del1983 stabilisce l’ascolto del minore dodicenne e anche di età inferiore se ritenuto capace di discernimento in relazione ai momenti più salienti della procedura tra i quali: l’affidamento (articolo 4), la dichiarazione dello stato di adottabilità (articolo 15), l’affidamento preadottivo in relazione alla coppia prescelta (articolo 22); l’adozione, prima in generale, poi nei confronti della coppia prescelta (articoli 7 e 25), l’adozione in casi particolari (articolo 45). Il diritto all’ascolto del minore è inoltre previsto nello specifico in molte altre disposizioni, tra le quali quelle relative ai procedimenti de potestate (articoli 330 e 333 cc); ai procedimenti per l’affidamento del minore (articolo 337-octies cc); alle azioni di status (articoli 250 cc e 269 cc), al procedimento per l’attribuzione del cognome ai sensi dell’articolo 262 cc; al procedimento per la scelta del tutore previsto dall’articolo 348 cc

6) La normativa in materia di minori stranieri non accompagnati prevede, infatti, in diversi articoli la partecipazione attiva della persona di minore età nel processo decisionale che riguarda il suo ingresso nello Stato italiano.

(7) Per una sintesi non esaustiva del dibattito in corso si può consultare questo link: L’impatto dei social sullo sviluppo cerebrale: cosa dicono gli studi – Agenda Digitale

(8) La partecipazione può essere individuale e collettiva: nel primo caso può essere sufficiente il ricorso a strumenti come sondaggi o questionari rivolti a determinati target d’età; nel secondo caso è invece necessario predisporre ulteriori cautele, per scongiurare il rischio che i diritti dei fanciulli restino sulla carta per mancanza di strumenti idonei a consentirne l’esercizio. Tuttavia se ci si limita a consentire ai fanciulli di esprimere delle opinioni mediante sondaggi, questionari o altre forme di partecipazione individuale, di fatto si sta delegando il potere di selezionare tra le varie voci quella che merita ascolto e, in ogni caso, il potere di fare la sintesi tra le diverse opinioni

(9) “È proprio la promozione dei diritti del minorenne come cittadino, che mette in evidenza la novità giuridica più significativa della Convenzione, cioè la partecipazione come diritto fondamentale anche dei bambini e dei ragazzi, i quali da soggetti passivi delle decisioni del mondo adulto diventano protagonisti della vita politica, sociale e culturale della comunità di appartenenza”. Ibidem, p. 39.

(10) L’aumento della solitudine e la riduzione delle interazioni sociali, le preoccupazioni circa la propria salute e quella dei propri cari, l’incertezza sul futuro, nonché l’ansia causata dalla paura e dalla perdita hanno provocato disturbi da stress post-traumatico nelle nuove generazioni.

(11) Carla Garlatti, nell’editoriale del numero 1/2025 di Prospettive, il nuovo quadrimestrale dell’Autorità, ripercorre i suoi quattro anni di mandato e …tra le novità che rivendica cita “il fatto che la Consulta delle ragazze e dei ragazzi ha avuto un ruolo sempre più centrale nell’azione dell’Autorità» e l’aver «dato vita a un nuovo organismo, che rispecchia le varie realtà del Paese, attraverso il quale raccogliere la voce degli adolescenti: il Consiglio nazionale delle ragazze e dei ragazzi. Una novità della quale sono molto soddisfatta. Ho attivato lo strumento delle consultazioni pubbliche tra minorenni, dalle quali sono emersi dati rilevanti per conoscerli meglio e per sapere cosa pensano, in particolare della scuola, dell’inclusione, dei rapporti tra sessi, del futuro. Tra le più recenti c’è quella sulla salute mentale dei ragazzi, la quale ha rivelato un diffuso senso di malessere».

(12) Si possono citare le Consulte regionali del Veneto, della Campania e l’Assemblea regionale dell’Emilia-Romagna.

Carla Puligheddu

Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza

Il 23 aprile si è svolto presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy il secondo incontro chiave per delineare il futuro dei lavoratori dell’indotto del polo industriale di Portovesme. La partecipazione della Confindustria sarda ha rafforzato il dialogo, ma è stata marcata dall’assenza significativa dei due assessori al Lavoro e Industria della Regione Sardegna, in un momento cruciale per definire le prospettive del settore.

L’incontro ha avuto l’obiettivo principale di offrire nuove opportunità occupazionali, cercando di rilanciare le grandi fabbriche del Sulcis Iglesiente. Per costruire una strategia efficace, è essenziale ottenere una mappatura dettagliata delle aziende coinvolte e il numero preciso dei lavoratori interessati nell’area di Portovesme. Questa informazione è fondamentale per identificare la reale portata della questione occupazionale.

È imperativo attivare sinergie tra istituzioni nazionali e locali, insieme alla politica, per sviluppare progetti solidi che puntino sulla transizione energetica e il recupero ambientale. Questi progetti non dovrebbero solo coinvolgere la riqualificazione mirata dei lavoratori, ma devono essere tradotti in azioni concrete e sostenibili nel lungo termine. Le rassicurazioni ottenute dal Mimit e dall’assessorato al Lavoro sugli ammortizzatori sociali sono un buon punto di partenza, ma necessitano di essere il trampolino per soluzioni occupazionali definitive.

L’incontro del 29 maggio 2025 sarà determinante per comprendere il destino delle principali produzioni industriali della zona, tra cui Alluminio, Zinco, Piombo, Litio, produzione di energia e riciclo dei fumi di acciaieria, tutte considerate strategiche da tutti gli attori politici e istituzionali.
Attualmente, l’incertezza colpisce quasi 900 lavoratori dell’indotto Portovesme Srl, di cui 309 sono già sotto ammortizzatori sociali. I lavoratori, insieme a quelli dell’indotto di Enel e SiderAlloys, necessitano di risposte tempestive e concrete alle loro legittime aspettative di rioccupazione e rilancio economico.
La Uilm sollecita quindi un impegno totale da parte di tutte le istituzioni, specialmente dalle autorità lavorative e industriali della regione, per far rispettare le promesse di rioccupazione e sviluppo locale. I lavoratori, sostenuti da iniziative sindacali e scioperi, hanno guadagnato il diritto a un futuro sicuro e prospero e meritano che tutte le parti coinvolte lavorino in maniera decisa per tradurre le dichiarazioni in realtà tangibili.

Fonte: https://www.uilmnazionale.it/fabbricasocieta/2025/05/09/portovesme-un-esperimento-pilota-per-il-futuro-dei-lavoratori-dellindotto/

Oggi 11 maggio ricorre, ad Iglesias, la drammatica giornata in cui, nel 1920, durante una manifestazione di protesta, vennero uccisi, intorno alle 10 del mattino, 5 minatori tra la via Satta e la centralissima piazza Municipio ad opera delle guardie regie. Altri due minatori, feriti gravemente, morirono alcuni giorni dopo. Oltre i morti almeno una trentina di minatori riportarono ferite da arma da fuoco.

Lo scorso anno l’Amministrazione comunale di Iglesias ed il Consiglio comunale hanno proclamato questo giorno “Giornata Identitaria Iglesiente” proprio «per ricordare le vittime che hanno sacrificato la propria vita per chiedere condizioni di vita e di lavoro migliori – ebbe a dire il sindaco Mauro Usai -. Una giornata divenuta il simbolo della nostra identità costruita sui valori della democrazia, del lavoro e della giustizia sociale».

Da diversi anni la ricorrenza viene mantenuta viva, nella memoria collettiva, attraverso una rievocazione storica che ha visto protagonisti gli alunni della scuola primaria e secondaria dell’Istituto Comprensivo Eleonora D’Arborea, veri artisti in erba, riproponendo una pagina tragica della nostra storia cittadina.

La rievocazione è sempre seguitissima da un folto pubblico per il suo impatto estremamente emozionale. Per questa ragione lo scorso anno parecchie decine di persone, quindi non solo i ragazzi delle scuole, hanno deciso di partecipare attivamente alla manifestazione vestendo gli abiti dell’epoca, facendo rivivere l’atmosfera di quegli anni, gli usi e i costumi in voga allora. Il centro storico di Iglesias, con le sue piazze e le strette vie, si è così trasformato, per un giorno, in un vastissimo set cinematografico con donne, uomini, giovani e meno giovani e tanti bambini intenti nelle attività quotidiane, attori improvvisati per un giorno ma straordinariamente calati nella propria parte.

Dallo scorso anno la rievocazione è organizzata dalla neo costituita “Associazione 11 maggio 1920”, col patrocinio del Comune, portando avanti con grande dedizione questa ricorrenza, investendo il proprio tempo per far crescere la rievocazione, attraverso la ricerca storica documentale, perché questi tragici eventi siano il monito per un futuro migliore.

Carlo Martinelli

 

 

Lunedì 12 maggio, alle ore 10.00, nella sede del Centro di Ricerche Sotacarbo a Carbonia, si terrà la conferenza stampa di presentazione dell’avviso pubblico rivolto alle amministrazioni del Sulcis Iglesiente per la concessione di finanziamenti per 28,5 milioni di euro a valere sul Just Transition Fund (JTF) da destinare all’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e sistemi di accumulo finalizzati all’autoconsumo.

All’evento sarà presente l’assessore dell’Industria Emanuele Cani, che assieme ai tecnici della direzione generale dell’assessorato sarà disponibile per approfondimenti e interviste.

Alla conferenza stampa seguirà un incontro con i sindaci del Sulcis Iglesiente per illustrare più nel dettaglio i contenuti dell’avviso e la procedura di accesso ai fondi.

  1. I crimini e la condanna

Come è noto la Sardegna, a differenza di molte regioni del Centro-Nord Italia, non fu teatro diretto della guerra civile che dilaniò il Paese tra il 1943 e il 1945. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’isola fu rapidamente occupata dagli Alleati, diventando territorio di retrovia e sostanzialmente estranea alle operazioni belliche e alla lotta partigiana. Tuttavia, questa apparente marginalità geografica non impedì ai sardi di prendere parte al conflitto che contrappose la Repubblica Sociale Italiana (RSI) e i partigiani della Resistenza.

Numerosi furono infatti i sardi, soprattutto militari, che si trovarono coinvolti nel nuovo scenario bellico della penisola italiana: da una parte combattendo tra le file della Resistenza, dall’altra aderendo alla RSI, per scelta ideologica, senso del dovere o semplice contingenza. Tra questi ultimi si distingue la figura singolare di Lorenzo Siddi, la cui vicenda rappresenta un caso emblematico.

Trovandosi in territorio controllato dai tedeschi al momento dell’armistizio, Siddi aderì alla RSI e si arruolò nel battaglione «M IX Settembre», uno dei primi reparti militari ricostituiti e impegnati in prima linea contro i partigiani e le truppe alleate.

Il battaglione fu attivo dal settembre 1943 all’aprile 1945, inizialmente come compagnia aggregata alla divisione tedesca Brandenburg e successivamente inquadrato nella Guardia Nazionale Repubblicana. Esso fu impegnato in operazioni antipartigiane e collaborazioni con le forze tedesche in diverse zone dell’Italia, tra cui Cassino, Nettuno, Ortona e le Marche, distinguendosi per la durezza degli interventi.

Durante l’estate e l’autunno del 1944, il reparto fu trasferito in Valle d’Aosta, in un contesto segnato dall’intensificarsi dell’attività partigiana. In collaborazione con reparti tedeschi e milizie locali, i militi del «IX Settembre» operarono rastrellamenti nella zona di Aosta, Saint-Vincent e nella valle del Lys, con l’obiettivo di spezzare le linee di collegamento tra i partigiani italiani e le formazioni francesi al di là del confine alpino. Le operazioni furono contrassegnate da violenti scontri con le formazioni partigiane e da pesanti rappresaglie contro i civili sospettati di fiancheggiamento. Sebbene il battaglione riuscisse temporaneamente a ristabilire il controllo di alcune aree montane, subì perdite crescenti ed entro l’inverno fu costretto a ripiegare.

Fu proprio in questo contesto che Lorenzo Siddi – conosciuto nel suo ambiente familiare e nel suo paese di origine come uomo riservato, lavoratore e padre di famiglia – subì una radicale trasformazione. La sua condotta durante le operazioni in Valle d’Aosta, segnata da ferocia e violenza, lo rese tristemente noto come il «boia di Villeneuve», appellativo che ancora oggi evoca il lato più oscuro e controverso della militanza fascista durante la guerra civile.

Sergente maggiore del battaglione «M IX Settembre», al servizio dei nazisti, Lorenzo Siddi – nato il 22 febbraio 1918 a Uras e residente a San Nicolò d’Arcidano – si distinse per efferatezza e fanatismo, operando nella zona di Villeneuve e nei paesi circostanti. Arrivato al seguito delle forze tedesche che occupavano la regione, fu subito coinvolto in operazioni di rastrellamento, torture ed esecuzioni di partigiani e civili sospettati di collaborare con la Resistenza.

Uno dei crimini più atroci a lui attribuiti fu l’eccidio di Villeneuve del 16 ottobre 1944, in cui venne fucilata Aurora Vuillerminaz, detta «Lola», nata a Saint Vincent il 25 febbraio 1922. Staffetta partigiana esperta e coraggiosa, Lola aveva partecipato alla Resistenza operando nel delicato compito di passaggio dei fuoriusciti lungo il confine svizzero. L’ultima sua missione fu quella di guidare alcuni giovani fuoriusciti dalla Svizzera verso Cogne, per unirli alle formazioni partigiane garibaldine. Insieme a lei viaggiavano Ferdinando Giolli, Emilio Macazzola, Giovanni Pavia e Raimondo Lazzari, tutti determinati a unirsi alla lotta partigiana. Durante il tragitto, però, il 15 ottobre 1944, il gruppo fu catturato da una pattuglia fascista appartenente al battaglione IX Settembre. I prigionieri furono condotti nella caserma dei carabinieri di Villeneuve, sede del reparto, e sottoposti a brutali interrogatori. Lorenzo Siddi, capo indiscusso delle operazioni, coordinò personalmente le torture: i prigionieri furono percossi a sangue, con l’obiettivo di estorcere informazioni sulla rete partigiana.

Siddi si accanì particolarmente contro Lola, separata dagli altri in una cella isolata. Nonostante le minacce, le violenze e l’offerta della libertà in cambio della delazione, la giovane staffetta resistette con eroismo, mantenendo il silenzio assoluto fino alla fine. Come raccontato da Raimondo Lazzari, unico sopravvissuto alla strage, fu lo stesso Siddi a condurre Lola, all’alba del 16 ottobre, lungo il sentiero che portava al cimitero di Villeneuve, dove si sarebbe consumata l’esecuzione. In un macabro rituale, il sergente maggiore la prese per il braccio e, mostrandole le montagne che tanto amava, cercò ancora una volta di strapparle nomi di compagni e informazioni decisive. Di fronte al suo rifiuto, ricevette soltanto parole di sdegno. Aurora fu uccisa con due colpi di rivoltella alla testa, precedendo l’esecuzione dei suoi compagni: Ferdinando Giolli, Emilio Macazzola, Giovanni Pavia e Raimondo Lazzari. Prima di morire, con grande dignità, salutò i compagni, chiese loro perdono per non essere riuscita a portarli in salvo e li incitò a inneggiare alla libertà.

Miracolosamente, Raimondo Lazzari, sopravvisse all’eccidio. Alcuni abitanti di Villeneuve, sfidando il pericolo, gli prestarono le prime cure e informarono il comando partigiano di Cogne. Il giorno seguente, fu trasportato fino a Cogne, trovando finalmente salvezza. I corpi degli altri caduti furono lasciati insepolti per diverse ore come monito alla popolazione, in una tragica messinscena della violenza fascista.

Oltre all’eccidio di Villeneuve del 16 ottobre 1944, Lorenzo Siddi si rese responsabile anche della fucilazione di altri tre partigiani: Luigi Ricci, Paolo Pelissier e Romualdo Levy.

Dopo aver compiuto tali crimini in Valle d’Aosta, Siddi fece ritorno in Sardegna nel febbraio del 1946, stabilendosi con la moglie, Maria Frongia, e i figli a Carbonia, in via Raffaello Sanzio 53/11. Qui trovò impiego come minatore nelle locali miniere di carbone. Convinto forse di essere sfuggito alla giustizia, venne invece arrestato il 17 gennaio 1947 e trasferito ad Aosta, dove fu processato insieme ad altri ex commilitoni del battaglione IX Settembre.

Il processo, celebrato davanti alla Corte di assise straordinaria di Aosta, si svolse tra il 30 giugno e il 5 agosto 1947, concludendosi con la condanna a morte di Siddi per collaborazionismo militare con l’invasore tedesco – attuato con la partecipazione a rastrellamenti e a repressioni antipartigiane – e per la commissione di sette omicidi (Luigi Ricci, Paolo Pelissier, Romualdo Levy, Aurora Vuillerminaz, Ferdinando Giolli, Emilio Macazzola, Giovanni Pavia) e di un tentato omicidio (Raimondo Lazzari).

L’iter giudiziario di Siddi non si esaurì tuttavia con la sentenza di primo grado.

La Corte di Cassazione, con decisione del 6 febbraio 1948, accolse parzialmente il ricorso da lui presentato, rilevando la carenza di motivazione circa il diniego delle attenuanti generiche, e rinviò il caso alla Corte di assise straordinaria di Torino. Quest’ultima, con sentenza del 25 ottobre 1948, confermò la condanna a morte, escludendo nuovamente la concessione delle attenuanti.

Un ulteriore ricorso di Siddi venne rigettato dalla Corte di Cassazione il 19 aprile 1949; tuttavia, in quella sede, la pena capitale fu commutata nell’ergastolo.

Nel luglio 1951, la Corte d’appello di Torino respinse una richiesta di condono presentata da Siddi. Pochi mesi dopo, con ordinanza del 18 ottobre 1951, la Corte di Cassazione annullò tale decisione e ridusse infine la pena inflittagli a 20 anni di reclusione.

Nonostante la condanna definitiva, Lorenzo Siddi non scontò integralmente la pena comminatagli. La sua detenzione, iniziata il 17 gennaio 1947, avrebbe dovuto protrarsi fino al 17 gennaio 1967. Tuttavia, in seguito alle amnistie e ai provvedimenti di clemenza adottati nell’Italia del dopoguerra, la pena fu significativamente ridotta. Dopo ripetute istanze di grazia presentate da lui e dalla moglie, il 23 aprile 1954 gli fu concessa la libertà condizionale dal Ministro di Grazia e Giustizia. Il successivo 27 aprile Siddi venne scarcerato, in esecuzione di un decreto emesso nella stessa data dal giudice di sorveglianza del tribunale di Avellino, città in cui era detenuto. In definitiva, scontò poco più di sette anni di reclusione, evitando di pagare pienamente il prezzo dei gravi crimini commessi durante l’occupazione nazifascista in Valle d’Aosta.

  1. La revisione della propria storia e la costruzione di una falsa memoria

Rientrato a Carbonia nel maggio 1954, Lorenzo Siddi vi rimase fino al giugno 1955, per poi trasferirsi prima a Iglesias e infine a San Nicolò d’Arcidano. Qui assunse un ruolo attivo nella vita politica locale, diventando segretario della sezione del Movimento Sociale Italiano. Nel nuovo contesto politico e sociale, Siddi avviò un’opera sistematica di revisione della propria storia, diffondendo una versione dei fatti completamente falsa e autoassolutoria. Si presentava come vittima di accuse ingiuste, tentando di cancellare la memoria dei crimini per i quali era stato condannato.

Questa ricostruzione venne ribadita anche molti anni dopo, in un’intervista che Siddi, ormai ottantacinquenne, concesse nel 2003 ad Angelo Abis, suo compagno di fede politica. Il contenuto dell’intervista fu riassunto da Abis in un testo che è consultabile online e che offre una ricostruzione fortemente di parte, tesa a riabilitare la figura di Siddi e a negare i crimini per i quali era stato condannato. In quell’occasione, Siddi si dipinse come un perseguitato politico, vittima di una campagna diffamatoria. Raccontò di essere stato arrestato ingiustamente a Bormio nel 1945 su segnalazione di un partigiano sardo e di essere stato successivamente liberato grazie all’intervento di un commissario di polizia sardo.

Nel suo racconto, l’eccidio di Villeneuve, uno degli episodi più gravi a lui attribuiti, veniva radicalmente falsificato. Secondo la sua versione, Aurora Vuillerminaz gli avrebbe sparato durante una perquisizione, e lui, pur avendo avuto il diritto di giustiziare immediatamente i partigiani catturati, li avrebbe invece consegnati al comando superiore. A suo dire, l’esecuzione della giovane donna e degli altri partigiani sarebbe avvenuta per ordine di un tribunale italo-tedesco, senza sue responsabilità dirette.

Sempre nell’intervista ad Abis, Siddi rievocava la propria carriera militare nel battaglione IX Settembre, esaltando il suo coraggio e la fedeltà agli ordini, descrivendosi come un semplice soldato che, infiltrandosi tra le bande partigiane, aveva compiuto azioni di guerra legittime. Tacendo volutamente sulla brutalità delle operazioni antipartigiane e sulle testimonianze che invece documentavano i suoi diretti coinvolgimenti in fucilazioni sommarie, tentava di riscrivere la propria vicenda come quella di un patriota ingiustamente perseguitato.

Dopo la sua scarcerazione, avvenuta nel 1954, Lorenzo Siddi cercò dunque di ricostruirsi una nuova immagine pubblica, nascondendo il suo passato criminale dietro un racconto costruito ad arte e rifiutando fino alla fine ogni assunzione di responsabilità.

  1. Il nodo irrisolto del fascismo in Italia

La vicenda di Lorenzo Siddi assume un significato emblematico, poiché, da un lato, illustra come la guerra possa trasformare l’individuo da persona retta a carnefice spietato, e, dall’altro, mette in luce l’incapacità dell’Italia di confrontarsi con il proprio passato fascista. La guerra non si limita a devastare città e vite umane, ma travolge anche le coscienze, annienta valori fondamentali e stravolge identità. Essa ha il potere di trasformare persone comuni, magari inizialmente oneste nella vita civile, in esecutori di crudeltà inaudite, capaci di compiere atrocità inimmaginabili in tempi di pace. Lorenzo Siddi, come molti altri protagonisti della tragedia della RSI, esemplifica quanto possa essere sottile il confine tra senso del dovere, fanatismo ideologico e brutalizzazione nell’ambito della spirale della violenza. Non si tratta di esonerare le singole responsabilità, ma di comprendere come il contesto bellico – caratterizzato dalla propaganda, dall’odio politico e dalla disumanizzazione dell’altro – abbia favorito e giustificato azioni che, in circostanze normali, sarebbero state inaccettabili per gli stessi esecutori. Questo insegnamento risulta cruciale per riflettere su quanto ogni società civile debba vigilare contro i meccanismi di banalizzazione della violenza.

La parabola di Siddi rappresenta, dunque, non solo un tragico esempio del potere corrosivo della guerra, ma anche un caso emblematico della mancata revisione del passato fascista da parte dell’Italia repubblicana, un’eredità che continua a lasciare tracce indelebili nella memoria collettiva. La sua storia – da collaboratore della repressione nazifascista a vittima autoproclamata di ingiustizie, da condannato per crimini gravissimi a esponente politico locale della destra postfascista – dimostra come, nel dopoguerra, il nostro Paese abbia scelto troppo spesso la strada dell’oblio e della rimozione, anziché quella della verità e della giustizia.

Siddi non è stato un’eccezione. Numerosi ex appartenenti alla RSI, anche condannati per crimini di guerra o responsabili di gravi episodi di repressione, riuscirono a reinserirsi nella vita civile e politica grazie al clima di clemenza, riabilitazione e amnistia che caratterizzò l’Italia del secondo dopoguerra. L’amnistia Togliatti del 1946 e i successivi provvedimenti di indulto non solo liberarono migliaia di detenuti, ma contribuirono a costruire un’amnesia collettiva su chi fosse stato carnefice e chi vittima durante la guerra civile.

La ricostruzione «eroica» proposta da Siddi della sua adesione alla RSI – come semplice soldato fedele ai superiori, costretto dalle circostanze e tradito da fazioni rivali – riflette la più ampia narrazione, ancora oggi diffusa in certi ambienti, che tende a equiparare moralmente repubblichini e partigiani, fascisti e antifascisti, occultando le responsabilità storiche e politiche del regime mussoliniano. Una narrazione che non si limita a negare i crimini, ma pretende di riscrivere il significato stesso della Resistenza, riducendola a un semplice «conflitto tra italiani», senza più alcun giudizio morale sulla natura dei due schieramenti.

La vicenda di Lorenzo Siddi rivela dunque l’esistenza di una frattura mai davvero ricomposta nella coscienza nazionale. L’Italia repubblicana, pur nata dalla Resistenza e dotata di una Costituzione antifascista, ha convissuto per decenni con la presenza nei suoi apparati politici, amministrativi e culturali di uomini che avevano sostenuto il regime fascista e collaborato con l’occupante nazista. A questo si è aggiunta una volontà politica trasversale – motivata da ragioni di pacificazione interna, di equilibri internazionali e di convenienze elettorali – di «voltare pagina» senza realmente affrontare la memoria del passato.

Anche oggi, a distanza di ottant’anni, le difficoltà nell’assumere pienamente la verità storica sul fascismo e sulla guerra civile si riflettono nei tentativi di rivalutazione, minimizzazione o persino negazione di quel periodo. È su questo terreno che storie come quella di Siddi trovano spazio per trasformarsi da documenti di colpa in strumenti di propaganda.

Fare definitivamente i conti con il fascismo significherebbe, ancora oggi, riconoscere senza ambiguità chi lottò per la libertà e chi si schierò dalla parte della dittatura e dell’oppressione. Significherebbe affermare con chiarezza che non vi fu alcuna equivalenza morale tra Resistenza e RSI. E significherebbe anche saper leggere criticamente storie come quella di Lorenzo Siddi, senza concessioni a narrazioni autoassolutorie o a memorie distorte, per salvaguardare la verità storica su cui si fonda la nostra democrazia.

Alberto Vacca

 

 

Inizierà il 30 maggio la quarantesima edizione del Premio Dessì, che si concluderà il 4 ottobre con la proclamazione dei vincitori. In mezzo un nutrito programma di spettacoli, incontri con gli autori e concerti, che attraverserà l’intera estate culturale villacidrese. Ad aprire gli appuntamenti sarà la criminologa e opinionista Roberta Bruzzone.

Nel 2025 il Premio Letterario Giuseppe Dessì celebra il prestigioso traguardo dei quarant’anni di vita. Nato nel 1986 a Villacidro, luogo d’origine dell’autore di Paese d’ombre, il Premio ha saputo affermarsi come uno degli appuntamenti culturali più autorevoli del panorama italiano, valorizzando la narrativa e la poesia contemporanee nel nome dell’eredità letteraria di Dessì. In quattro decenni ha premiato voci tra le più significative della scena nazionale, da Alda Merini a Maurizio  Cucchi per la poesia, da Michela Murgia a Niccolò Ammaniti per la narrativa, solo per citarne alcune, oltre ad autorevoli figure del mondo culturale a tutto tondo, da Piero Angela a Piera Degli Esposti, entrambi i Premi Speciali della giuria, da Nicola Piovani a Dori  Ghezzi, tra i Premi Speciali della Fondazione Dessì. Nello stesso periodo hanno animato gli appuntamenti a corollario del premio una formidabile rappresentanza di ospiti vari, del mondo della letteratura, dello spettacolo, del teatro, della musica e del giornalismo, contribuendo a tracciare una mappa viva e in continua evoluzione della cultura e del costume nazionale.

Con l’attenzione costante alla qualità, alla pluralità espressiva e alla scoperta di nuovi talenti, il Premio Dessì si prepara a spegnere quaranta candeline guardando al futuro, senza dimenticare la forza delle storie che lo hanno accompagnato fin qui.

Il cartellone della XL edizione del premio Dessì si aprirà il 30 maggio con la criminologa e opinionista Roberta Bruzzone a Casa Dessì (Villacidro, alle 21,30) che interverrà sul tema “L’adolescenza difficile”, in un incontro condotto da Vito Biolchini. Proseguirà poi con un nutrito programma di spettacoli, incontri con gli autori e concerti (tutti aperti al pubblico gratuitamente), che attraverserà l’intera estate culturale villacidrese, fino ad approdare alla serata finale dedicata alla proclamazione dei vincitori , che si terrà sabato 4 ottobre. Alcune anticipazioni tra gli ospiti che animeranno il parterre del Premio: il geopolitico Lucio Caracciolo, il fisico Guido Tonelli, l’autrice Teresa  Porcella, gli attori Andrea Bosca e Simone Faraone. Date e dettagli dei loro interventi saranno via via svelati, assieme ad altri prestigiosi nomi che costituiranno altrettante gradite sorprese per questa edizione speciale del Premio.

Nel frattempo si è conclusa la fase di invio delle opere da parte degli autori e delle case editrici concorrenti e ha preso il via il lavoro di selezione e valutazione del materiale. Il vaglio delle opere è affidato alla qualificata giuria presieduta da Anna Dolfi, massima esperta dell’opera di Dessì (alla guida della giuria dal 2010) e composta dai docenti universitari Duilio Caocci, Gino Ruozzi e Nicola Turi, dal poeta e critico letterario Giuseppe Langella, dal giornalista Luigi Mascheroni, dalla linguista e scrittrice Francesca Serafini dal romanziere e bibliotecario Fabio Stassi e da un rappresentante della Fondazione Dessì.

Alla giuria spetterà il compito di selezionare dapprima i sei finalisti, tre per ognuna delle due sezioni del concorso (Narrativa e Poesia), e successivamente di decretare i due vincitori assoluti, che saranno proclamati nel corso della cerimonia di premiazione.

 

Dal 15 al 19 maggio 2025, Argonautilus sarà presente con il proprio stand ufficiale della Fiera del Libro di Iglesias al Salone Internazionale del Libro di Torino, uno degli appuntamenti più prestigiosi e influenti nel panorama editoriale mondiale.

Una nuova prestigiosa cornice per raccontare la Fiera del Libro di Iglesias, che nel 2025 ha celebrato la sua decima edizione con il titolo “Chiavi di Volta”, e per proiettare nel contesto internazionale del Salone il lavoro portato avanti ogni anno a partire da Iglesias e per tutto il Sud Sardegna attraverso libri, incontri, progetti educativi, promozione della lettura e costruzione di comunità culturali.

La partecipazione al Salone rappresenta per Argonautilus non solo un momento di amplificazione del messaggio e dei valori della Fiera, ma anche una concreta opportunità per promuovere il territorio, la sua cultura, le sue energie migliori. Lo stand sarà infatti anche uno spazio di racconto delle comunità di Iglesias e degli altri comuni partner della Fiera del Libro di Iglesias – Portoscuso, Gonnesa, Quartu Sant’Elena – con cui si costruisce ogni anno un percorso condiviso di crescita culturale e sociale.

Lo stand Argonautilus sarà un punto d’incontro per lettori, autori, editori e operatori culturali, con materiali informativi, contenuti video, cataloghi e proposte per scoprire le attività della Fiera e dei suoi progetti permanenti, dal lavoro con le scuole ai circoli di lettura, dai festival estivi alle collaborazioni con istituzioni culturali nazionali e internazionali.

Il Salone del Libro di Torino 2025, dal titolo “Le parole tra noi leggere”, si preannuncia come un’edizione ricchissima di incontri e visioni, in cui l’immaginazione sarà il filo conduttore per raccontare il presente e progettare il futuro. In questo contesto, la presenza della Fiera del Libro di Iglesias rappresenta un tassello importante nel racconto di un’isola che sa generare cultura, accogliere storie, costruire ponti tra le persone.

Per info e contatti: argonautilusinfo@gmail.com

A seguito dell’emissione dell’ordinanza sindacale n 46 del 09.05.2025 che prevede con finalità cautelativa il divieto di utilizzo dell’acqua di rete per tutti gli usi, sarà attivato, presso il piazzale antistante la Chiesa Santa Maria delle Grazie, nella giornata odierna sabato 10 maggio, dalle ore 14.00 alle ore 18.00, e nella giornata di domenica 11 maggio, dalle ore 14.00 alle ore 18.00, un servizio di autobotte, al fine di consentire l’approvvigionamento di acqua potabile per gli abitanti della frazione.
L’Amministrazione comunale di Carbonia si è prontamente attivata con ASL Sulcis e Abbanoa per sollecitare le nuove analisi che saranno effettuate nel più breve tempo possibile così da poter revocare quanto prima l’ordinanza di divieto di utilizzo dell’acqua per tutti gli usi.
Seguiranno comunicazioni nella giornata di lunedì 12 maggio. L’Amministrazione comunale in una nota si scusa con i cittadini di Barbusi per il disagio arrecato, indipendente dalla volontà e da qualsivoglia responsabilità dell’Ente.