20 December, 2025
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Oggi 11 maggio ricorre, ad Iglesias, la drammatica giornata in cui, nel 1920, durante una manifestazione di protesta, vennero uccisi, intorno alle 10 del mattino, 5 minatori tra la via Satta e la centralissima piazza Municipio ad opera delle guardie regie. Altri due minatori, feriti gravemente, morirono alcuni giorni dopo. Oltre i morti almeno una trentina di minatori riportarono ferite da arma da fuoco.

Lo scorso anno l’Amministrazione comunale di Iglesias ed il Consiglio comunale hanno proclamato questo giorno “Giornata Identitaria Iglesiente” proprio «per ricordare le vittime che hanno sacrificato la propria vita per chiedere condizioni di vita e di lavoro migliori – ebbe a dire il sindaco Mauro Usai -. Una giornata divenuta il simbolo della nostra identità costruita sui valori della democrazia, del lavoro e della giustizia sociale».

Da diversi anni la ricorrenza viene mantenuta viva, nella memoria collettiva, attraverso una rievocazione storica che ha visto protagonisti gli alunni della scuola primaria e secondaria dell’Istituto Comprensivo Eleonora D’Arborea, veri artisti in erba, riproponendo una pagina tragica della nostra storia cittadina.

La rievocazione è sempre seguitissima da un folto pubblico per il suo impatto estremamente emozionale. Per questa ragione lo scorso anno parecchie decine di persone, quindi non solo i ragazzi delle scuole, hanno deciso di partecipare attivamente alla manifestazione vestendo gli abiti dell’epoca, facendo rivivere l’atmosfera di quegli anni, gli usi e i costumi in voga allora. Il centro storico di Iglesias, con le sue piazze e le strette vie, si è così trasformato, per un giorno, in un vastissimo set cinematografico con donne, uomini, giovani e meno giovani e tanti bambini intenti nelle attività quotidiane, attori improvvisati per un giorno ma straordinariamente calati nella propria parte.

Dallo scorso anno la rievocazione è organizzata dalla neo costituita “Associazione 11 maggio 1920”, col patrocinio del Comune, portando avanti con grande dedizione questa ricorrenza, investendo il proprio tempo per far crescere la rievocazione, attraverso la ricerca storica documentale, perché questi tragici eventi siano il monito per un futuro migliore.

Carlo Martinelli

 

 

Lunedì 12 maggio, alle ore 10.00, nella sede del Centro di Ricerche Sotacarbo a Carbonia, si terrà la conferenza stampa di presentazione dell’avviso pubblico rivolto alle amministrazioni del Sulcis Iglesiente per la concessione di finanziamenti per 28,5 milioni di euro a valere sul Just Transition Fund (JTF) da destinare all’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e sistemi di accumulo finalizzati all’autoconsumo.

All’evento sarà presente l’assessore dell’Industria Emanuele Cani, che assieme ai tecnici della direzione generale dell’assessorato sarà disponibile per approfondimenti e interviste.

Alla conferenza stampa seguirà un incontro con i sindaci del Sulcis Iglesiente per illustrare più nel dettaglio i contenuti dell’avviso e la procedura di accesso ai fondi.

  1. I crimini e la condanna

Come è noto la Sardegna, a differenza di molte regioni del Centro-Nord Italia, non fu teatro diretto della guerra civile che dilaniò il Paese tra il 1943 e il 1945. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’isola fu rapidamente occupata dagli Alleati, diventando territorio di retrovia e sostanzialmente estranea alle operazioni belliche e alla lotta partigiana. Tuttavia, questa apparente marginalità geografica non impedì ai sardi di prendere parte al conflitto che contrappose la Repubblica Sociale Italiana (RSI) e i partigiani della Resistenza.

Numerosi furono infatti i sardi, soprattutto militari, che si trovarono coinvolti nel nuovo scenario bellico della penisola italiana: da una parte combattendo tra le file della Resistenza, dall’altra aderendo alla RSI, per scelta ideologica, senso del dovere o semplice contingenza. Tra questi ultimi si distingue la figura singolare di Lorenzo Siddi, la cui vicenda rappresenta un caso emblematico.

Trovandosi in territorio controllato dai tedeschi al momento dell’armistizio, Siddi aderì alla RSI e si arruolò nel battaglione «M IX Settembre», uno dei primi reparti militari ricostituiti e impegnati in prima linea contro i partigiani e le truppe alleate.

Il battaglione fu attivo dal settembre 1943 all’aprile 1945, inizialmente come compagnia aggregata alla divisione tedesca Brandenburg e successivamente inquadrato nella Guardia Nazionale Repubblicana. Esso fu impegnato in operazioni antipartigiane e collaborazioni con le forze tedesche in diverse zone dell’Italia, tra cui Cassino, Nettuno, Ortona e le Marche, distinguendosi per la durezza degli interventi.

Durante l’estate e l’autunno del 1944, il reparto fu trasferito in Valle d’Aosta, in un contesto segnato dall’intensificarsi dell’attività partigiana. In collaborazione con reparti tedeschi e milizie locali, i militi del «IX Settembre» operarono rastrellamenti nella zona di Aosta, Saint-Vincent e nella valle del Lys, con l’obiettivo di spezzare le linee di collegamento tra i partigiani italiani e le formazioni francesi al di là del confine alpino. Le operazioni furono contrassegnate da violenti scontri con le formazioni partigiane e da pesanti rappresaglie contro i civili sospettati di fiancheggiamento. Sebbene il battaglione riuscisse temporaneamente a ristabilire il controllo di alcune aree montane, subì perdite crescenti ed entro l’inverno fu costretto a ripiegare.

Fu proprio in questo contesto che Lorenzo Siddi – conosciuto nel suo ambiente familiare e nel suo paese di origine come uomo riservato, lavoratore e padre di famiglia – subì una radicale trasformazione. La sua condotta durante le operazioni in Valle d’Aosta, segnata da ferocia e violenza, lo rese tristemente noto come il «boia di Villeneuve», appellativo che ancora oggi evoca il lato più oscuro e controverso della militanza fascista durante la guerra civile.

Sergente maggiore del battaglione «M IX Settembre», al servizio dei nazisti, Lorenzo Siddi – nato il 22 febbraio 1918 a Uras e residente a San Nicolò d’Arcidano – si distinse per efferatezza e fanatismo, operando nella zona di Villeneuve e nei paesi circostanti. Arrivato al seguito delle forze tedesche che occupavano la regione, fu subito coinvolto in operazioni di rastrellamento, torture ed esecuzioni di partigiani e civili sospettati di collaborare con la Resistenza.

Uno dei crimini più atroci a lui attribuiti fu l’eccidio di Villeneuve del 16 ottobre 1944, in cui venne fucilata Aurora Vuillerminaz, detta «Lola», nata a Saint Vincent il 25 febbraio 1922. Staffetta partigiana esperta e coraggiosa, Lola aveva partecipato alla Resistenza operando nel delicato compito di passaggio dei fuoriusciti lungo il confine svizzero. L’ultima sua missione fu quella di guidare alcuni giovani fuoriusciti dalla Svizzera verso Cogne, per unirli alle formazioni partigiane garibaldine. Insieme a lei viaggiavano Ferdinando Giolli, Emilio Macazzola, Giovanni Pavia e Raimondo Lazzari, tutti determinati a unirsi alla lotta partigiana. Durante il tragitto, però, il 15 ottobre 1944, il gruppo fu catturato da una pattuglia fascista appartenente al battaglione IX Settembre. I prigionieri furono condotti nella caserma dei carabinieri di Villeneuve, sede del reparto, e sottoposti a brutali interrogatori. Lorenzo Siddi, capo indiscusso delle operazioni, coordinò personalmente le torture: i prigionieri furono percossi a sangue, con l’obiettivo di estorcere informazioni sulla rete partigiana.

Siddi si accanì particolarmente contro Lola, separata dagli altri in una cella isolata. Nonostante le minacce, le violenze e l’offerta della libertà in cambio della delazione, la giovane staffetta resistette con eroismo, mantenendo il silenzio assoluto fino alla fine. Come raccontato da Raimondo Lazzari, unico sopravvissuto alla strage, fu lo stesso Siddi a condurre Lola, all’alba del 16 ottobre, lungo il sentiero che portava al cimitero di Villeneuve, dove si sarebbe consumata l’esecuzione. In un macabro rituale, il sergente maggiore la prese per il braccio e, mostrandole le montagne che tanto amava, cercò ancora una volta di strapparle nomi di compagni e informazioni decisive. Di fronte al suo rifiuto, ricevette soltanto parole di sdegno. Aurora fu uccisa con due colpi di rivoltella alla testa, precedendo l’esecuzione dei suoi compagni: Ferdinando Giolli, Emilio Macazzola, Giovanni Pavia e Raimondo Lazzari. Prima di morire, con grande dignità, salutò i compagni, chiese loro perdono per non essere riuscita a portarli in salvo e li incitò a inneggiare alla libertà.

Miracolosamente, Raimondo Lazzari, sopravvisse all’eccidio. Alcuni abitanti di Villeneuve, sfidando il pericolo, gli prestarono le prime cure e informarono il comando partigiano di Cogne. Il giorno seguente, fu trasportato fino a Cogne, trovando finalmente salvezza. I corpi degli altri caduti furono lasciati insepolti per diverse ore come monito alla popolazione, in una tragica messinscena della violenza fascista.

Oltre all’eccidio di Villeneuve del 16 ottobre 1944, Lorenzo Siddi si rese responsabile anche della fucilazione di altri tre partigiani: Luigi Ricci, Paolo Pelissier e Romualdo Levy.

Dopo aver compiuto tali crimini in Valle d’Aosta, Siddi fece ritorno in Sardegna nel febbraio del 1946, stabilendosi con la moglie, Maria Frongia, e i figli a Carbonia, in via Raffaello Sanzio 53/11. Qui trovò impiego come minatore nelle locali miniere di carbone. Convinto forse di essere sfuggito alla giustizia, venne invece arrestato il 17 gennaio 1947 e trasferito ad Aosta, dove fu processato insieme ad altri ex commilitoni del battaglione IX Settembre.

Il processo, celebrato davanti alla Corte di assise straordinaria di Aosta, si svolse tra il 30 giugno e il 5 agosto 1947, concludendosi con la condanna a morte di Siddi per collaborazionismo militare con l’invasore tedesco – attuato con la partecipazione a rastrellamenti e a repressioni antipartigiane – e per la commissione di sette omicidi (Luigi Ricci, Paolo Pelissier, Romualdo Levy, Aurora Vuillerminaz, Ferdinando Giolli, Emilio Macazzola, Giovanni Pavia) e di un tentato omicidio (Raimondo Lazzari).

L’iter giudiziario di Siddi non si esaurì tuttavia con la sentenza di primo grado.

La Corte di Cassazione, con decisione del 6 febbraio 1948, accolse parzialmente il ricorso da lui presentato, rilevando la carenza di motivazione circa il diniego delle attenuanti generiche, e rinviò il caso alla Corte di assise straordinaria di Torino. Quest’ultima, con sentenza del 25 ottobre 1948, confermò la condanna a morte, escludendo nuovamente la concessione delle attenuanti.

Un ulteriore ricorso di Siddi venne rigettato dalla Corte di Cassazione il 19 aprile 1949; tuttavia, in quella sede, la pena capitale fu commutata nell’ergastolo.

Nel luglio 1951, la Corte d’appello di Torino respinse una richiesta di condono presentata da Siddi. Pochi mesi dopo, con ordinanza del 18 ottobre 1951, la Corte di Cassazione annullò tale decisione e ridusse infine la pena inflittagli a 20 anni di reclusione.

Nonostante la condanna definitiva, Lorenzo Siddi non scontò integralmente la pena comminatagli. La sua detenzione, iniziata il 17 gennaio 1947, avrebbe dovuto protrarsi fino al 17 gennaio 1967. Tuttavia, in seguito alle amnistie e ai provvedimenti di clemenza adottati nell’Italia del dopoguerra, la pena fu significativamente ridotta. Dopo ripetute istanze di grazia presentate da lui e dalla moglie, il 23 aprile 1954 gli fu concessa la libertà condizionale dal Ministro di Grazia e Giustizia. Il successivo 27 aprile Siddi venne scarcerato, in esecuzione di un decreto emesso nella stessa data dal giudice di sorveglianza del tribunale di Avellino, città in cui era detenuto. In definitiva, scontò poco più di sette anni di reclusione, evitando di pagare pienamente il prezzo dei gravi crimini commessi durante l’occupazione nazifascista in Valle d’Aosta.

  1. La revisione della propria storia e la costruzione di una falsa memoria

Rientrato a Carbonia nel maggio 1954, Lorenzo Siddi vi rimase fino al giugno 1955, per poi trasferirsi prima a Iglesias e infine a San Nicolò d’Arcidano. Qui assunse un ruolo attivo nella vita politica locale, diventando segretario della sezione del Movimento Sociale Italiano. Nel nuovo contesto politico e sociale, Siddi avviò un’opera sistematica di revisione della propria storia, diffondendo una versione dei fatti completamente falsa e autoassolutoria. Si presentava come vittima di accuse ingiuste, tentando di cancellare la memoria dei crimini per i quali era stato condannato.

Questa ricostruzione venne ribadita anche molti anni dopo, in un’intervista che Siddi, ormai ottantacinquenne, concesse nel 2003 ad Angelo Abis, suo compagno di fede politica. Il contenuto dell’intervista fu riassunto da Abis in un testo che è consultabile online e che offre una ricostruzione fortemente di parte, tesa a riabilitare la figura di Siddi e a negare i crimini per i quali era stato condannato. In quell’occasione, Siddi si dipinse come un perseguitato politico, vittima di una campagna diffamatoria. Raccontò di essere stato arrestato ingiustamente a Bormio nel 1945 su segnalazione di un partigiano sardo e di essere stato successivamente liberato grazie all’intervento di un commissario di polizia sardo.

Nel suo racconto, l’eccidio di Villeneuve, uno degli episodi più gravi a lui attribuiti, veniva radicalmente falsificato. Secondo la sua versione, Aurora Vuillerminaz gli avrebbe sparato durante una perquisizione, e lui, pur avendo avuto il diritto di giustiziare immediatamente i partigiani catturati, li avrebbe invece consegnati al comando superiore. A suo dire, l’esecuzione della giovane donna e degli altri partigiani sarebbe avvenuta per ordine di un tribunale italo-tedesco, senza sue responsabilità dirette.

Sempre nell’intervista ad Abis, Siddi rievocava la propria carriera militare nel battaglione IX Settembre, esaltando il suo coraggio e la fedeltà agli ordini, descrivendosi come un semplice soldato che, infiltrandosi tra le bande partigiane, aveva compiuto azioni di guerra legittime. Tacendo volutamente sulla brutalità delle operazioni antipartigiane e sulle testimonianze che invece documentavano i suoi diretti coinvolgimenti in fucilazioni sommarie, tentava di riscrivere la propria vicenda come quella di un patriota ingiustamente perseguitato.

Dopo la sua scarcerazione, avvenuta nel 1954, Lorenzo Siddi cercò dunque di ricostruirsi una nuova immagine pubblica, nascondendo il suo passato criminale dietro un racconto costruito ad arte e rifiutando fino alla fine ogni assunzione di responsabilità.

  1. Il nodo irrisolto del fascismo in Italia

La vicenda di Lorenzo Siddi assume un significato emblematico, poiché, da un lato, illustra come la guerra possa trasformare l’individuo da persona retta a carnefice spietato, e, dall’altro, mette in luce l’incapacità dell’Italia di confrontarsi con il proprio passato fascista. La guerra non si limita a devastare città e vite umane, ma travolge anche le coscienze, annienta valori fondamentali e stravolge identità. Essa ha il potere di trasformare persone comuni, magari inizialmente oneste nella vita civile, in esecutori di crudeltà inaudite, capaci di compiere atrocità inimmaginabili in tempi di pace. Lorenzo Siddi, come molti altri protagonisti della tragedia della RSI, esemplifica quanto possa essere sottile il confine tra senso del dovere, fanatismo ideologico e brutalizzazione nell’ambito della spirale della violenza. Non si tratta di esonerare le singole responsabilità, ma di comprendere come il contesto bellico – caratterizzato dalla propaganda, dall’odio politico e dalla disumanizzazione dell’altro – abbia favorito e giustificato azioni che, in circostanze normali, sarebbero state inaccettabili per gli stessi esecutori. Questo insegnamento risulta cruciale per riflettere su quanto ogni società civile debba vigilare contro i meccanismi di banalizzazione della violenza.

La parabola di Siddi rappresenta, dunque, non solo un tragico esempio del potere corrosivo della guerra, ma anche un caso emblematico della mancata revisione del passato fascista da parte dell’Italia repubblicana, un’eredità che continua a lasciare tracce indelebili nella memoria collettiva. La sua storia – da collaboratore della repressione nazifascista a vittima autoproclamata di ingiustizie, da condannato per crimini gravissimi a esponente politico locale della destra postfascista – dimostra come, nel dopoguerra, il nostro Paese abbia scelto troppo spesso la strada dell’oblio e della rimozione, anziché quella della verità e della giustizia.

Siddi non è stato un’eccezione. Numerosi ex appartenenti alla RSI, anche condannati per crimini di guerra o responsabili di gravi episodi di repressione, riuscirono a reinserirsi nella vita civile e politica grazie al clima di clemenza, riabilitazione e amnistia che caratterizzò l’Italia del secondo dopoguerra. L’amnistia Togliatti del 1946 e i successivi provvedimenti di indulto non solo liberarono migliaia di detenuti, ma contribuirono a costruire un’amnesia collettiva su chi fosse stato carnefice e chi vittima durante la guerra civile.

La ricostruzione «eroica» proposta da Siddi della sua adesione alla RSI – come semplice soldato fedele ai superiori, costretto dalle circostanze e tradito da fazioni rivali – riflette la più ampia narrazione, ancora oggi diffusa in certi ambienti, che tende a equiparare moralmente repubblichini e partigiani, fascisti e antifascisti, occultando le responsabilità storiche e politiche del regime mussoliniano. Una narrazione che non si limita a negare i crimini, ma pretende di riscrivere il significato stesso della Resistenza, riducendola a un semplice «conflitto tra italiani», senza più alcun giudizio morale sulla natura dei due schieramenti.

La vicenda di Lorenzo Siddi rivela dunque l’esistenza di una frattura mai davvero ricomposta nella coscienza nazionale. L’Italia repubblicana, pur nata dalla Resistenza e dotata di una Costituzione antifascista, ha convissuto per decenni con la presenza nei suoi apparati politici, amministrativi e culturali di uomini che avevano sostenuto il regime fascista e collaborato con l’occupante nazista. A questo si è aggiunta una volontà politica trasversale – motivata da ragioni di pacificazione interna, di equilibri internazionali e di convenienze elettorali – di «voltare pagina» senza realmente affrontare la memoria del passato.

Anche oggi, a distanza di ottant’anni, le difficoltà nell’assumere pienamente la verità storica sul fascismo e sulla guerra civile si riflettono nei tentativi di rivalutazione, minimizzazione o persino negazione di quel periodo. È su questo terreno che storie come quella di Siddi trovano spazio per trasformarsi da documenti di colpa in strumenti di propaganda.

Fare definitivamente i conti con il fascismo significherebbe, ancora oggi, riconoscere senza ambiguità chi lottò per la libertà e chi si schierò dalla parte della dittatura e dell’oppressione. Significherebbe affermare con chiarezza che non vi fu alcuna equivalenza morale tra Resistenza e RSI. E significherebbe anche saper leggere criticamente storie come quella di Lorenzo Siddi, senza concessioni a narrazioni autoassolutorie o a memorie distorte, per salvaguardare la verità storica su cui si fonda la nostra democrazia.

Alberto Vacca

 

 

Inizierà il 30 maggio la quarantesima edizione del Premio Dessì, che si concluderà il 4 ottobre con la proclamazione dei vincitori. In mezzo un nutrito programma di spettacoli, incontri con gli autori e concerti, che attraverserà l’intera estate culturale villacidrese. Ad aprire gli appuntamenti sarà la criminologa e opinionista Roberta Bruzzone.

Nel 2025 il Premio Letterario Giuseppe Dessì celebra il prestigioso traguardo dei quarant’anni di vita. Nato nel 1986 a Villacidro, luogo d’origine dell’autore di Paese d’ombre, il Premio ha saputo affermarsi come uno degli appuntamenti culturali più autorevoli del panorama italiano, valorizzando la narrativa e la poesia contemporanee nel nome dell’eredità letteraria di Dessì. In quattro decenni ha premiato voci tra le più significative della scena nazionale, da Alda Merini a Maurizio  Cucchi per la poesia, da Michela Murgia a Niccolò Ammaniti per la narrativa, solo per citarne alcune, oltre ad autorevoli figure del mondo culturale a tutto tondo, da Piero Angela a Piera Degli Esposti, entrambi i Premi Speciali della giuria, da Nicola Piovani a Dori  Ghezzi, tra i Premi Speciali della Fondazione Dessì. Nello stesso periodo hanno animato gli appuntamenti a corollario del premio una formidabile rappresentanza di ospiti vari, del mondo della letteratura, dello spettacolo, del teatro, della musica e del giornalismo, contribuendo a tracciare una mappa viva e in continua evoluzione della cultura e del costume nazionale.

Con l’attenzione costante alla qualità, alla pluralità espressiva e alla scoperta di nuovi talenti, il Premio Dessì si prepara a spegnere quaranta candeline guardando al futuro, senza dimenticare la forza delle storie che lo hanno accompagnato fin qui.

Il cartellone della XL edizione del premio Dessì si aprirà il 30 maggio con la criminologa e opinionista Roberta Bruzzone a Casa Dessì (Villacidro, alle 21,30) che interverrà sul tema “L’adolescenza difficile”, in un incontro condotto da Vito Biolchini. Proseguirà poi con un nutrito programma di spettacoli, incontri con gli autori e concerti (tutti aperti al pubblico gratuitamente), che attraverserà l’intera estate culturale villacidrese, fino ad approdare alla serata finale dedicata alla proclamazione dei vincitori , che si terrà sabato 4 ottobre. Alcune anticipazioni tra gli ospiti che animeranno il parterre del Premio: il geopolitico Lucio Caracciolo, il fisico Guido Tonelli, l’autrice Teresa  Porcella, gli attori Andrea Bosca e Simone Faraone. Date e dettagli dei loro interventi saranno via via svelati, assieme ad altri prestigiosi nomi che costituiranno altrettante gradite sorprese per questa edizione speciale del Premio.

Nel frattempo si è conclusa la fase di invio delle opere da parte degli autori e delle case editrici concorrenti e ha preso il via il lavoro di selezione e valutazione del materiale. Il vaglio delle opere è affidato alla qualificata giuria presieduta da Anna Dolfi, massima esperta dell’opera di Dessì (alla guida della giuria dal 2010) e composta dai docenti universitari Duilio Caocci, Gino Ruozzi e Nicola Turi, dal poeta e critico letterario Giuseppe Langella, dal giornalista Luigi Mascheroni, dalla linguista e scrittrice Francesca Serafini dal romanziere e bibliotecario Fabio Stassi e da un rappresentante della Fondazione Dessì.

Alla giuria spetterà il compito di selezionare dapprima i sei finalisti, tre per ognuna delle due sezioni del concorso (Narrativa e Poesia), e successivamente di decretare i due vincitori assoluti, che saranno proclamati nel corso della cerimonia di premiazione.

 

Dal 15 al 19 maggio 2025, Argonautilus sarà presente con il proprio stand ufficiale della Fiera del Libro di Iglesias al Salone Internazionale del Libro di Torino, uno degli appuntamenti più prestigiosi e influenti nel panorama editoriale mondiale.

Una nuova prestigiosa cornice per raccontare la Fiera del Libro di Iglesias, che nel 2025 ha celebrato la sua decima edizione con il titolo “Chiavi di Volta”, e per proiettare nel contesto internazionale del Salone il lavoro portato avanti ogni anno a partire da Iglesias e per tutto il Sud Sardegna attraverso libri, incontri, progetti educativi, promozione della lettura e costruzione di comunità culturali.

La partecipazione al Salone rappresenta per Argonautilus non solo un momento di amplificazione del messaggio e dei valori della Fiera, ma anche una concreta opportunità per promuovere il territorio, la sua cultura, le sue energie migliori. Lo stand sarà infatti anche uno spazio di racconto delle comunità di Iglesias e degli altri comuni partner della Fiera del Libro di Iglesias – Portoscuso, Gonnesa, Quartu Sant’Elena – con cui si costruisce ogni anno un percorso condiviso di crescita culturale e sociale.

Lo stand Argonautilus sarà un punto d’incontro per lettori, autori, editori e operatori culturali, con materiali informativi, contenuti video, cataloghi e proposte per scoprire le attività della Fiera e dei suoi progetti permanenti, dal lavoro con le scuole ai circoli di lettura, dai festival estivi alle collaborazioni con istituzioni culturali nazionali e internazionali.

Il Salone del Libro di Torino 2025, dal titolo “Le parole tra noi leggere”, si preannuncia come un’edizione ricchissima di incontri e visioni, in cui l’immaginazione sarà il filo conduttore per raccontare il presente e progettare il futuro. In questo contesto, la presenza della Fiera del Libro di Iglesias rappresenta un tassello importante nel racconto di un’isola che sa generare cultura, accogliere storie, costruire ponti tra le persone.

Per info e contatti: argonautilusinfo@gmail.com

A seguito dell’emissione dell’ordinanza sindacale n 46 del 09.05.2025 che prevede con finalità cautelativa il divieto di utilizzo dell’acqua di rete per tutti gli usi, sarà attivato, presso il piazzale antistante la Chiesa Santa Maria delle Grazie, nella giornata odierna sabato 10 maggio, dalle ore 14.00 alle ore 18.00, e nella giornata di domenica 11 maggio, dalle ore 14.00 alle ore 18.00, un servizio di autobotte, al fine di consentire l’approvvigionamento di acqua potabile per gli abitanti della frazione.
L’Amministrazione comunale di Carbonia si è prontamente attivata con ASL Sulcis e Abbanoa per sollecitare le nuove analisi che saranno effettuate nel più breve tempo possibile così da poter revocare quanto prima l’ordinanza di divieto di utilizzo dell’acqua per tutti gli usi.
Seguiranno comunicazioni nella giornata di lunedì 12 maggio. L’Amministrazione comunale in una nota si scusa con i cittadini di Barbusi per il disagio arrecato, indipendente dalla volontà e da qualsivoglia responsabilità dell’Ente.

Domenica 18 maggio 2025, alle 18.30, la compagnia amatoriale Il Teatro delle Gocce, con il patrocinio del comune di Iglesias, porterà in scena “I monologhi della Vagina” presso il Centro Culturale Comunale di via Cattaneo.

Questa controversa e affascinante opera teatrale, nata nel 1996 dalla penna di Eve Ensler come celebrazione della femminilità e vincitrice del prestigioso Obie Award, prende spunto dalle interviste condotte dalla stessa autrice a oltre duecento donne in merito alle loro idee sul loro rapporto con la propria vagina, sul sesso, sulle relazioni e sulle molteplici forme di violenza, spesso taciute. A partire dal suo debutto sulla scena Off-Broadway, lo spettacolo ha girato il mondo riscuotendo ovunque un grandissimo successo e dando origine a un vero e proprio movimento contro la violenza di genere, il V-day, che ancora oggi porta avanti le sue battaglie.

In questa versione, dodici attrici si alterneranno sul palco per raccontare storie irriverenti e ironiche, affrontare temi scomodi, parlare di ciò che non si vede e non si dice, e condividere con la comunità importanti riflessioni legate alla libertà, alla consapevolezza e all’autodeterminazione delle donne, in un periodo in cui la violenza e l’odio verso il genere femminile sembrano prendere il sopravvento.

Come tutte le produzioni del Teatro delle Gocce, lo spettacolo verrà offerto gratuitamente al pubblico, nel rispetto del valore sociale e inclusivo del teatro. Sarà comunque necessario prenotare: per riservare il proprio posto è possibile chiamare o scrivere un messaggio al numero 3505858903 entro il 15 maggio 2025.

 

 

Il presidente Federico Fantinel ha convocato il Consiglio comunale di Carbonia presso la sala consiliare del Centro Polifunzionale, in Piazza Roma, in seduta straordinaria e pubblica per la giornata di mercoledì 14 maggio 2025, alle ore 15.00, in prima convocazione, ed eventualmente, alle ore 16.00, in seconda convocazione, per la trattazione del seguente ordine del giorno:
1. Surroga del consigliere Giovanni Spanu e contestuale convalida dell’elezione a consigliere comunale di Gianluigi Fiori;
2. Interrogazioni, interpellanze e a seguire mozioni e ordini del giorno (per un tempo massimo di un’ora e mezza);
3. Estinzione anticipata mutui cassa depositi e prestiti con decorrenza 30 giugno 2025 – Variazione al bilancio di previsione finanziario 2025/2027 (art. 175, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000)
4. Variazione al bilancio di previsione 2025-2027 e applicazione avanzo di amministrazione.

Proseguono le attività del nuovo spazio Coworking, inaugurato ufficialmente il 13 marzo scorso all’interno dell’ex deposito biciclette della Grande Miniera di Serbariu, uno spazio simbolico trasformato in un luogo di lavoro moderno e dinamico. Un nuovo hub per il lavoro condiviso, la creatività e l’innovazione, realizzato nell’alveo più ampio programma di riqualificazione urbana del Quartiere E. Montuori, finanziato dal Fondo di Sviluppo e Coesione, con l’obiettivo di favorire l’imprenditorialità, il networking e l’innovazione. Oltre alle postazioni attrezzate, il coworking mette a disposizione sale riunioni, connessione Wi-Fi ultraveloce e un calendario di eventi formativi per favorire lo scambio di competenze.
Giovedì 15 maggio, alle ore 17.00, è previsto l’incontro con il presidente di Sardinia Game Scene, Andrea Piano, dal titolo “Start to Play-Lavorare nel modo dei videogiochi”.
“Start to Play” è il format di Sardinia Game Scene e IGDA Sardegna dedicato a chi vuole scoprire come trasformare la passione per i videogiochi in una carriera.
Con Andrea Piano – professionista del settore e presidente di Sardinia Game Scene – si parlerà di percorsi, competenze e opportunità per entrare nel settore senza dover per forza lasciare la propria terra.
Ingresso gratuito. Posti limitati.

L’iconica band britannica, i Duran Duran, si esibiranno per la prima volta in assoluto in Sardegna sabato 12 luglio 2025, sullo straordinario palcoscenico sotto le stelle della Forte Arena. Un concerto che segnerà la quarta tappa italiana dell’estate nonché il gran finale del loro tour europeo, che li vedrà protagonisti di 16 date.

I biglietti per questo attesissimo concerto saranno in vendita da martedì 13 maggio alle ore 10.00  su BoxofficeSardegna and TicketOne. I membri della VIP Community dei Duran Duran potranno accedere a una prevendita esclusiva a partire da lunedì 12 maggio alle ore 10.00. Per maggiori informazioni, sarà possibile effettuare il LOGIN e cliccare su PRE-SALE nella sezione MEMBERS del sito www.duranduran.com .

Inseriti di recente nella Rock & Roll Hall of Fame, i Duran Duran hanno venduto oltre 100 milioni di dischi in tutto il mondo durante la loro carriera quarantennale. Con 18 singoli nelle classifiche statunitensi, 21 brani nella Top 20 del Regno Unito e ripetuti successi anche nelle classifiche italiane, più recentemente con l’ultimo album in studio, Danse Macabre, la band ha consolidato il proprio status come uno dei gruppi più influenti e longevi nella storia della musica. I Duran Duran hanno, inoltre, firmato l’unica colonna sonora di James Bond ad aver raggiunto la vetta delle classifiche mondiali e collaborato con alcuni dei più grandi maestri del panorama creativo nel mondo della musica, cinema e televisione, tra cui il regista David Lynch che ha diretto uno dei loro film concerto di maggior successo. Tra i numerosi riconoscimenti, spiccano otto premi alla carriera, e una prestigiosa stella sulla Walk of Fame di Hollywood.