26 April, 2024
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La RSU Eurallumina ha incontrato oggi il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giancarlo Giorgetti. L’incontro segue di pochi giorni quello avuto con il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte. Hanno partecipato anche il prefetto di Cagliari Romilda Tafuri, ed il questore Pierluigi D’Angelo. Anche in questa occasione, la rappresentanza sindacale unitaria dello stabilimento di Portovesme ha esposto al rappresentante del Governo quelli che sono ancora i motivi di preoccupazione e di criticità, chiedendo reali e concreti interventi per superarli. Al termine, i lavoratori hanno consegnato al sottosegretario di Stato un dettagliato dossier in cui è ricostruita, tappa dopo tappa, la lunga vertenza.

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Lunedì 11 febbraio una delegazione della RSU Eurallumina ha incontrato, presso il Palazzo della Prefettura di Cagliari, il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, il ministro per il Sud Barbara Lezzi ed il prefetto di Cagliari Romilda Tafuri.

«Al presidente del Consiglio è stato esposto lo stato della lunga vertenza – si legge in una nota della RSU Eurallumina -, le parti mancanti e conclusive della stessa, le eventuali criticità che potrebbero ancora porsi nell’ultima fase del percorso e le ripercussioni che si verificherebbero per l’intero comparto industriale se non si realizzassero le previste sinergie. Si è affrontato il tema dei ritardi per l’erogazione degli ammortizzatori sociali e le difficoltà e i disagi – aggiunge la RSU Eurallumina – che subirebbero i lavoratori e le loro famiglie se non ci fosse una pronta soluzione.»

«Il presidente del Consiglio, al quale è stato consegnato un dettagliato dossier su quanto esposto, ha dichiarato di voler trasferire, al rientro a Roma, le istanze esposte dai rappresentanti dei lavoratori al ministro dello Sviluppo economico – conclude la RSU Eurallumina – e lo stesso prefetto di Cagliari ha preso l’impegno di intervenire subito presso il ministero del Lavoro, in merito al ritardo nell’emanazione del decreto relativo alla cassa integrazione per riorganizzazione aziendale.»

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«Accogliamo con favore l’intenzione annunciata dal Governo di incontrare le parti in causa per affrontare le problematiche del comparto ovicaprino riunendo i rappresentanti delle associazioni di categoria e dei produttori, con lo scopo di ridare dignità ai pastori sardi; esprimiamo analogo apprezzamento per la convocazione al Mipaaft del tavolo di filiera del settore ovicaprino, per le ventilate ipotesi di istituire un organismo per monitorare il prezzo del latte e per gli interventi sul fronte creditizio e previdenziale, da attuare in collaborazione con l’Inps e con l’ABI.»

Così la Copagri alla luce delle odierne dichiarazioni del ministro dell’interno Matteo Salvini e all’indomani dell’incontro con il ministro Gian Marco Centinaio, svoltosi nell’ambito della visita in Sardegna del ministro, insieme al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e alla responsabile del dicastero per il Sud Barbara Lezzi.

«Ribadiamo che le remunerazioni ai pastori ristagnano, con prezzi compresi tra i 55 e i 60 centesimi al litro che non bastano nemmeno a coprire i costi di produzione e sono ben lontani dalla forbice richiesta dai produttori, compresa tra 90 centesimi e 1 euro al litro», spiega la Copagri, che ha partecipato all’incontro con il ministro Gian Marco Centinaio con il responsabile nazionale ovicaprino Pietro Tandeddu.

«Per questo motivo, riteniamo necessario intervenire attraverso l’Agea per ritirare almeno 20-25mila quintali di pecorino romano, in modo da favorire lo smaltimento delle giacenze, e individuare adeguati strumenti per garantire il rispetto dei programmi di autoregolamentazione della produzione da parte dei consorzi di tutela, partendo dal presupposto secondo cui gli strumenti attuali sono inefficaci in mancanza di linee guida riguardanti eventuali penalizzazioni ai danni di chi sfora», aggiunge la Copagri.

«Riteniamo inoltre prioritaria l’approvazione di norme che impediscano l’accesso ai finanziamenti pubblici a chi viola le regole, così come l’emanazione di un decreto ministeriale che obblighi gli acquirenti a comunicare agli stati membri i quantitativi di latte ricevuto, come previsto dal regolamento UE n. 1308 del 2013», conclude la Copagri.

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La rivolta del mondo agropastorale sardo non si ferma neppure dopo la visita del Premier Giuseppe Conte e del ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio e del Sud Barbara Lezzi che ieri, all’aeroporto di Elmas, dove è sbarcato per partecipare ad una serie di incontri a Cagliari, hanno incontrato una delegazione dei pastori.

Stamane le manifestazioni di protesta sono proseguite in tutta l’Isola. Nel Sulcis ci sono stati tre momenti particolarmente significativi. Prima, a Santadi, dove i pastori hanno regalato il latte agli studenti dell’Istituto professionale statale per l’Agricoltura Sante Cettolini che da alcuni anni nel loro corso di studi hanno la produzione del formaggio; poi sulla SS 126, all’altezza della rotonda di Is Cordeddas, all’incrocio per Matzaccara e Tratalias, hanno versato sull’asfalto il latte contenuto in un’autocisterna e in alcune decine di bidoni, presente il sindaco di San Giovanni Suergiu Elvira Usai; da lì si sono trasferiti a Sirai, dove hanno raggiunto i colleghi che erano già pronti a mettere in atto un’altra manifestazione sul ponte della SP2, da dove hanno versato il latte contenuto in diverse decine di bidoni sulla SS 126.

Tutte le manifestazioni si sono svolte correttamente, sotto l’attento controllo dei carabinieri.

Alleghiamo un album fotografico delle manifestazioni di Is Cordeddas e di Sirai, un filmato che documenta il versamento del latte alla rotonda di Is Cordeddas e l’intervista con Alessio Lentini, uno degli allevatori protagonisti della protesta e tre filmati della protesta a Sirai.

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10218665726262249/

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10218665543257674/

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/pcb.10218665984708710/10218665787103770/?type=3&theater

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/pcb.10218665984708710/10218665919467079/?type=3&theater

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/pcb.10218665984708710/10218665942827663/?type=3&theater

 

 

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«Mentre la produzione di latte ovino cresce, i consumi interni e le esportazioni calano drammaticamente, e le remunerazioni ai pastori ristagnano, con prezzi compresi tra i 55 e i 60 centesimi al litro, che non bastano nemmeno a coprire i costi di produzione e sono ben lontani dalla forbice richiesta dai produttori, compresa tra 90 centesimi e 1 euro al litro.»

Così il presidente della Copagri Franco Verrascina in occasione dell’odierna visita in Sardegna del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, accompagnato dai ministri delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio e per il Sud Barbara Lezzi, facendo notare che «allo stato attuale un litro di acqua minerale ha un costo maggiore di un litro di latte».

«Vale la pena di ricordare che la Sardegna conta circa 12mila aziende agropastorali, le quali allevano 2,6 milioni di pecore, corrispondenti a quasi la metà del patrimonio ovino italiano, che forniscono oltre 3 milioni di quintali di latte, più del 50% del quale destinato alla produzione del Pecorino Romano, formaggio a denominazione d’origine conosciuto in tutto il mondo ed esportato prevalentemente negli Stati Uniti», sottolinea il presidente della Copagri.

«Quella che stanno vivendo da tempo i pastori sardi è una situazione di straordinaria emergenza, che necessita di risposte certe e immediate. Bisogna lavorare a delle soluzioni che possano dare ristoro nell’immediato, stanziando le necessarie risorse e valutando la possibilità di sospendere i mutui e i contributi e di ritirare dal mercato determinate quantità di prodotto; allo stesso tempo, bisogna ragionare su soluzioni di più ampio respiro che possano stabilizzare il comparto, quali la convocazione del tavolo di filiera nazionale, affinché si affronti seriamente la questione del prezzo e della programmazione produttiva, nonché quella dell’obbligo per gli acquirenti di latte ovino a comunicare mensilmente i quantitativi ricevuti», spiega Franco Verrascina.

«Bisogna inoltre verificare ed attenzionare le importazioni di prodotto dall’estero, per evitare il rischio che questi fenomeni causino dumping economico ai danni degli allevatori sardi», conclude il presidente della Copagri.

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Il Governo non rispetta neanche le stesse scadenze che ha imposto attraverso la sua Finanziaria e continua a ignorare completamente la sentenza della Corte Costituzionale sulla questione accantonamenti. Ieri, 31 gennaio, è scaduto il termine indicato dallo stesso Governo (nel comma 875 dell’articolo 1 della Finanziaria nazionale) come data ultima entro la quale trovare un’intesa sulla finanza pubblica con le Regioni a Statuto speciale. E, allo stesso tempo, Palazzo Chigi continua a non applicare la durissima sentenza con cui i giudici intimavano la restituzione alla Sardegna delle quote non dovute (285 milioni) e ribadivano la necessità di un accordo sugli accantonamenti equo e, soprattutto, condiviso. Nessun incontro convocato, dunque, e nessuna risposta “istituzionale” alla lettera inviata dalla Regione il 15 gennaio per chiedere di ottemperare immediatamente alle disposizioni della Corte. Scaduti dunque nel silenzio più assoluto i termini indicati dallo stesso Governo, oggi il presidente Francesco Pigliaru ha inviato un’altra lettera al premier Giuseppe Conte e ai ministri dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria, degli Affari regionali e le autonomie Erika Stefani, al sottosegretario di Stato Giancarlo Giorgetti ed al vice ministro dell’Economia e delle Finanze Massimo Garavaglia. 

«Prendiamo atto con rammarico del fatto che il Governo, nonostante le nostre ripetute richieste di ridefinire il concorso della Regione Sardegna agli obiettivi di finanza pubblica, anche tenendo conto della necessità di dare immediata esecuzione alla sentenza n. 6 del 2019 della Corte costituzionale, ha fatto trascorrere il termine del 31 gennaio 2019, previsto dalla recente legge di bilancio dello Stato n. 145 del 2018 per la stipula dell’accordo, senza convocare alcun nuovo incontro e senza inviare nessuna risposta con una proposta di intesa – scrive Francesco Pigliaru -. Ciò premesso, La informo che nei prossimi giorni la Regione darà avvio a tutte le opportune azioni giudiziarie per il soddisfacimento dei propri diritti e la tutela delle proprie attribuzioni.»

La Regione, dunque, come annunciato nei giorni scorsi, percorrerà la linea dura. In queste ore si stanno mettendo a punto i dettagli con gli uffici legali sulle strade possibili, ovvero una ingiunzione di pagamento nei confronti del Governo presentata al giudice civile e un ricorso per ottemperanza alla stessa Corte Costituzionale che potrebbe anche portare alla nomina di un commissario ad acta che sostituisca il Governo e applichi la sentenza. La sentenza dello scorso 11 gennaio non ha precedenti, per varie ragioni: per il riconoscimento su tutti i fronti delle ragioni della Sardegna, per la durezza delle contestazioni al Governo, per l’inedita decisione di entrare fortemente nel merito della questione elencando i criteri con cui si deve arrivare alla stima della somma di accantonamenti, che deve appunto necessariamente tenere conto dell’insularità e del contesto economico in cui si trova la Sardegna, penalizzata rispetto alle altre regioni. I giudici sono stati poi durissimi con il Governo: la necessità di far quadrare i conti nelle casse nazionali non può diventare un principio tiranno nei confronti dell’isola, alla quale vanno riconosciute risorse adeguate per non comprimere, oltre la misura consentita, la sua autonomia finanziaria. Inoltre, sottolineano i giudici, il legislatore dispone di una discrezionalità “limitata” dagli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale. Ovvero: il Governo non può fare quello che vuole, deve rispettare le indicazioni della Consulta derivanti da un contenzioso e cercare un accordo con la Regione. 

«È una situazione davvero paradossale, il Governo non riesce a rispettare neanche le scadenze che indica nelle sue leggi. Avevano scelto loro la data del 31 gennaio per chiudere gli accordi con le Regioni speciali, e l’avevano messa nero su bianco in Finanziaria. Invece, non solo hanno ignorato la scadenza, non solo non hanno ancora applicato la sentenza arrivata due settimane fa, ma non hanno avuto neanche il buongusto di rispondere a una delle decina di lettere inviate per chiedere un incontro. Uno sgarbo istituzionale senza precedenti, una totale mancanza di rispetto fra istituzioni, un atteggiamento incomprensibile e inqualificabile che polverizza quella lealtà necessaria fra chi, a vari livelli, ha responsabilità di governo del Paese – dice l’assessore della Programmazione Raffaele Paci –. È gravissimo non aver neanche risposto a quest’ultima lettera, fino all’ultimo minuto utile abbiamo pensato che un segnale sarebbe arrivato, la scadenza da loro voluta era ormai vicinissima, invece nulla. Totalmente ignorati, ancora una volta, con l’aggravante che, in questo caso, il Governo ha snobbato se stesso e persino la Corte Costituzionale, continuando a far finta di niente e a girarsi dall’altra parte, e continuando a trattenere illegittimamente nelle sue casse soldi che sono dei sardi e che vanno spesi esclusivamente per la Sardegna. Nelle prossime ore – conclude Raffaele Paci – faremo tutto quello che è in nostro potere per avere giustizia, e intanto adotteremo altri provvedimenti in Giunta.»

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L’assessore regionale della Difesa dell’ambiente Donatella Spano, coordinatrice della Commissione Ambiente ed Energia della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, oggi a Roma ha posto la situazione della Sardegna all’attenzione del ministro Sergio Costa, in sede di Commissione. Al ministro dell’Ambiente, Donatella Spano ha consegnato a mano copia della lettera già inviata, lo scorso 31 dicembre, dal presidente Francesco Pigliaru al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, allo stesso Sergio Costa, al ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e ai presidenti delle Regioni e delle Province autonome.

«La Sardegna ha scelto da tempo la strada della decarbonizzazione a favore della riduzione delle emissioni dannose ma la disposizione ministeriale sulla dismissione di tutti gli impianti approvvigionati a combustibile fossile entro il 2025 rischia di avere pesantissimi impatti economici. L’esigenza di prevedere una tempistica di transizione è pertanto imprescindibile – ha sottolineato Donatella Spano ricordando le conseguenze, soprattutto nel Sulcis, della disposizione ministeriale adottata senza il necessario confronto politico e tecnico con le Regioni -. Privata di un periodo di transizione che consenta alle attività produttive alternative – ha concluso Donatella Spano – l’area del Sulcis subirebbe un gravissimo fermo dell’intera attività industriale. Le ricadute sull’occupazione e sul tessuto socio-economico dell’intera Sardegna sarebbero pesantissime.»

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Il rischio concreto che con l’abbandono dell’impiego di carbone, gas siderurgici e di raffineria, entro il 2025, possa portare alla chiusura della centrale ENEL Grazia Deledda di Portovesme e, conseguentemente, a quella dell’intero polo industriale di Portovesme, ha spinto il governatore della Sardegna, Francesco Pigliaru, a scrivere al premier Giuseppe Conte e ai ministri dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e dell’Ambiente Sergio Costa e ai presidenti delle Regioni e delle Province Autonome.

«La Sardegna ha sposato da subito la strategia di decarbonizzazione e, anzi, ha rilanciato sugli obiettivi di riduzione delle emissioni dannose, ma non può attuare l’uscita anticipata dal carbone senza avere né il metano né le infrastrutture per le energie alternative, strumenti necessari per affrontare la transizione», scrive Francesco Pigliaru. L’accelerazione imposta dal Governo alla chiusura delle centrali termoelettriche a carbone, senza realizzare contestualmente gli interventi aggiuntivi, del resto già previsti dalla Strategia Energetica Nazionale, è per la Sardegna estremamente rischiosa. E Francesco Pigliaru sottolinea il fatto che ciò sia avvenuto attraverso una determina dirigenziale (la determina del Direttore Generale per le Valutazioni e le Autorizzazioni Ambientali, DVA/2018/430 del 22.11.2018), senza adeguato confronto politico e tecnico è del tutto inaccettabile, con la quale si prevede che entro il prossimo 31 gennaio 2019 i gestori delle installazioni interessate debbano presentare la documentazione necessaria al riesame delle Autorizzazioni di Impatto Ambientale, con cronoprogramma del Piano di fermata definitiva. 

«Questo provvedimento, seppur da un lato coerente con la strategia da noi ampiamente condivisa – spiega il presidente della Regione -, è totalmente disgiunto e disconnesso dagli altri interventi e investimenti che la SEN prevedeva per accompagnare il phase out completo al 2025, risultando così non solo inappropriato, ma oltremodo dannoso. Stupisce perciò che il Ministero dello Sviluppo Economico non abbia segnalato alcun motivo ostativo alla piena attuazione degli obiettivi della SEN 2017 nei tempi prospettati.»

Francesco Pigliaru ricorda che tale percorso presupponeva che contestualmente e sinergicamente venissero attuati interventi aggiuntivi rispetto a quanto già̀ necessario per sostenere lo scenario con fonti rinnovabili al 55%. Ciò per la Sardegna voleva dire realizzare una nuova interconnessione elettrica Sardegna-Continente o Sardegna-Sicilia-Continente, e avere una capacità di generazione a gas, alimentata da impianti di rigassificazione alimentati da depositi di GNL, o capacità di accumulo per 400 MW. Considerato che allo stato attuale la Sardegna non può avere solo rinnovabili «perché avremmo bisogno di turbine a combustibili fossili per compensare il fatto che la fornitura rinnovabile non può essere immessa in rete e gestita su richiesta – scrive il Presidente -, l’accelerazione impressa alla chiusura delle centrali termoelettriche a carbone, senza realizzare contestualmente gli interventi aggiuntivi previsti esplicitamente dalla SEN, metterebbe in ginocchio il già delicato sistema economico dell’isola, in quanto si andrebbe a cancellare il carbone senza chiarire con cosa e come questo verrà sostituito, da qui al 2025, in maniera da mantenere il sistema in sicurezza e contribuire a sostenere lo sviluppo del sistema produttivo regionale. Il rischio è che chiudano le fabbriche più grandi, scompaiano numerose piccole e medie imprese e si perdano migliaia di posti di lavoro». 

Il presidente Pigliaru sottolinea inoltre come l’effetto “annuncio” di chiusura delle centrali termoelettriche senza che sia stato chiarito lo scenario sostitutivo abbia «immediatamente determinato criticità sul fronte degli sforzi fatti in questi anni per assicurare un futuro alle principali aree industriali della nostra regione, da Sarroch a Portovesme a Porto Torres, dove si stavano prevedendo progetti di investimento, supportati anche da importanti risorse finanziarie assicurate dalla Regione e dal MISE. Si tratta di progetti i cui piani industriali, che prevedono il riavvio di importanti filiere come quella dell’alluminio a Portovesme, o della chimica verde a Porto Torres, verrebbero a essere stravolti in assenza di un’alternativa adeguata all’energia termoelettrica attualmente assicurata dagli impianti a carbone o da altri combustibili diversi dal gas naturale».

Ribadendo il ruolo necessario del metano nel processo di transizione dalle fossili alle rinnovabili, Francesco Pigliaru cita le numerose sollecitazioni fatte al Governo per ricevere conferma di quanto previsto dal Patto per la Sardegna siglato nel luglio 2016 e dalla stessa SEN. «È invece seguito un silenzio assordante – evidenzia il governatore della Sardegna – ed anzi le notizie raccolte e che attengono il redigendo Piano Energia e Clima che il Governo si era impegnato ad inviare alla Commissione Europea entro la data odierna, sul quale non è stata avviata alcuna consultazione preventiva con le Regioni, sembrerebbero prevedere per la Sardegna uno scenario molto diverso. Una regione, su materie di così ampia portata e che attengono alla programmazione e sviluppo economico, non può dipendere da provvedimenti dirigenziali assunti senza valutare adeguatamente gli impatti oppure da voci che si rincorrono, come pure da posizioni espresse da singoli componenti del Governo senza un serio confronto politico e tecnico con i diretti interessati».

Segue in chiusura la richiesta di «urgente incontro per chiarire se e come il Governo intenda procedere nel supportare adeguatamente il phase out dal carbone al 2025, evitando di generare distorsioni sul mercato», con la precisazione  infine che la Regione Sardegna si riserva comunque di valutare ulteriori eventuali azioni nei confronti della Determina in questione.

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«Quella per l’insularità è una battaglia fondamentale per i sardi ma introdurre il principio nella Costituzione prevede un inter lungo e tortuoso, mentre gli stessi diritti possono essere reclamati chiedendo la piena attuazione dell’articolo 13 dello Statuto autonomistico combinato ad alcune norme già riconosciute dall’Unione Europea. A me sembra che questa sia la via maestra da seguire unitariamente e con determinazione. Ciò detto, se il principio di insularità dovesse arrivare in Parlamento come da voi proposto, e seguire un iter rapido e un’accoglienza da parte di una larga maggioranza parlamentare, non avrei alcuna remora a sottoscriverlo, nella certezza che, pur non risolutivo, rafforzerebbe il raggiungimento dei nostri buoni diritti.»

Lo afferma il senatore del Movimento 5 Stelle Gianni Marilotti, rispondendo con una lettera all’appello rivolto ai parlamentari sardi da Roberto Frongia e Maria Antonietta Mongiu del Comitato per l’inserimento del principio di insularità in Costituzione, che Gianni Marilotti ringrazia «per l’impegno civile di cui meritoriamente vi siete fatti carico».

«Premesso che ho grande rispetto per gli oltre 110mila sardi e italiani che hanno sottoscritto la proposta, nonché del generoso impegno dei promotori dell’iniziativa, credo che vadano fatte alcune precisazioni – scrive Gianni Marilotti -. Concordo pienamente sul fatto che questa sia una battaglia fondamentale affinché le popolazioni delle Isole, maggiori e minori, possano competere in modo leale e in condizioni di parità nel mercato interno europeo, ho però qualche dubbio che la via indicata sia la più efficace a raggiungere lo scopo. In primo luogo perché costituzionalizzare un principio è affare assai complicato e prevede un iter lungo e tortuoso; in secondo luogo, anche se costituzionalizzato il principio di insularità avrebbe bisogno, come tutti i principi generali, di leggi e decreti attuativi senza i quali rimarrebbero sulla carta.»

Per il senatore 5 Stelle «il principio di insularità è poi in qualche modo già riconosciuto da Trattati fondativi dell’Unione Europea, come il Trattato di Amsterdam del 1997, rafforzato da quello di Lisbona del 2007. Ma, a ben vedere, esso è inglobato, perlomeno per quel che riguarda la Sardegna, nell’articolo 13 dello Statuto autonomistico, che è parte della Costituzione, laddove si parla del dovere dello Stato, in concorso con la Regione Autonoma della Sardegna, di attuare un piano organico di Rinascita economica e sociale dell’Isola. Solo una errata interpretazione di tale norma generale ha ritenuto che si trattasse di una norma transitoria valevole una volta soltanto. Il combinato disposto tra la piena attuazione dell’articolo 13 del nostro Statuto autonomistico e delle norme della Unione Europea a me sembra la via maestra da seguire unitariamente e con determinazione».

«Ciò detto – conclude Gianni Marilotti – se il principio di insularità dovesse arrivare in Aula come da voi proposto, e seguire un iter rapido e un’accoglienza da parte di una larga maggioranza parlamentare non avrei alcuna remora a sottoscriverlo, nella certezza che, pur non risolutivo, rafforzerebbe il raggiungimento dei nostri buoni diritti.»

Nella sua lettera il senatore cagliaritano riporta inoltre uno stralcio del suo intervento a sostegno delle ragioni dell’insularità, in occasione lo scorso giugno delle dichiarazioni del presidente Giuseppe Conte sul Consiglio Europeo.

 

 

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«Ringraziamo ancora un volta i sindaci e tutto il sistema di Protezione civile per l’enorme sforzo fatto anche nei giorni immediatamente successivi agli eventi calamitosi che hanno colpito i territori. È grazie alla raccolta dei dati e alla documentazione che essi hanno fornito, in maniera tempestiva e precisa, se è stato possibile proporre già oggi al Governo le richieste da evadere.»
Lo ha detto l’assessore della Difesa dell’Ambiente Donatella Spano, a proposito della documentazione tecnica relativa alla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per gli eventi calamitosi del 10 e 11 ottobre, inoltrata in giornata dal presidente Francesco Pigliaru al presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, e al Capo del Dipartimento della Protezione civile, Angelo Borrelli.

Donatella Spano sottolinea inoltre che «in questo momento è certamente necessaria molta solidarietà nel Paese, flagellato dal maltempo. Per questo è opportuno che il Fondo nazionale di Protezione civile venga fortemente alimentato, in modo da venire incontro a tutte le ferite che gli eventi meteorologici del mese di ottobre hanno lasciato. Ricordo – ha concluso Donatella Spano – che siamo anche oggi e domani in situazione di codice giallo, allerta che colpisce anche i territori già provati dal maltempo. Per questo invitiamo i cittadini per usare la massima prudenza, e li esortiamo a evitare situazioni di rischio o pericolo».