23 December, 2025

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«L’autonomia se ben governata genera buoni frutti: lo dimostra questa piazza che celebra un’opera concreta dell’impegno degli amministratori capaci a favore della comunità.»

Lo ha detto il presidente della Regione, Christian Solinas, intervenendo all’inaugurazione della piazza intitolata a Francesco Cossiga, «esempio più limpido di uomo delle Istituzioni che ha unito fieramente e con orgoglio la bandiera dell’Italia e quella della Sardegna».

La nuova e prima piazza di Golfo Aranci (la seconda più ampia dell’Isola) è uno spazio di oltre 4mila metri quadri «sottratto al degrado e all’incuria e ora trasformato in un punto di aggregazione per i cittadini e i turisti».
«La Regione – ha puntualizzato il presidente Christian Solinas – vuole sostenere le comunità virtuose nel loro percorso di crescita e pianificazione del territorio, nel rispetto e nella tutela dell’ambiente e nello sviluppo.»

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In veste di Ente capofila del PLUS Anglona-Coros-Figulinas, Osilo è il primo e finora l’unico Comune in Sardegna ad aver sottoscritto un protocollo d’intesa per la sperimentazione di un modello di certificazione etica delle imprese socialmente responsabili.

Il documento è stato siglato qualche giorno fa con la Featuring S.R.L. Società Benefit di Cremona, che ha sviluppato un metodo per la valorizzazione delle azioni positivamente impattanti sull’economia e sul benessere della comunità di riferimento. Con il protocollo d’intesa si stabilisce di attuare un programma di informazione, di sensibilizzazione, di formazione sul tema dell’innovazione sociale e di riconoscimento formale a tutte le imprese con cui collabora l’Ufficio di Piano del PLUS – che ha come responsabile Mirko Marongiu e come referente di alcuni progetti Barbara Calabrese – per il pieno reinserimento nella società di soggetti svantaggiati.  Alle aziende che perseguono stabilmente gli obiettivi prefissati si propone l’attestazione del Bollino Etico Sociale, con il quale si apre la strada ai clienti, ai fornitori e a tutti gli stakeholder per accrescerne il talento e le competenze, creando una rete e tutelando al contempo la storia e le tradizioni.
«Con questo strumento intendiamo sostenere concretamente la cultura della responsabilità sociale delle imprese, investendo a tal fine sulle strategie di politica e di innovazione e riconoscendo all’Ambito Anglona-Coros-Figulinas il ruolo di soggetto promotore, teso al miglioramento continuo di quanto presente nel nostro territorio», spiega il sindaco di Osilo, Giovanni Ligios.
Le aree di intervento sono tante. «La collaborazione tra il PLUS e la Featuring S.R.L. Società Benefit si esprimerà con il contributo costante alla diffusione dei principi etici del lavoro, alla tutela dell’ambiente e alla sostenibilità, al benessere sociale, al coinvolgimento dei portatori di interesse, alla valorizzazione delle risorse umane e alla trasparenza; mediante l’individuazione e la valutazione congiunta delle persone da inserire nei piani di formazione; tramite la definizione, la progettazione e la strutturazione dei mezzi e dei percorsi di crescita adeguati», conclude il primo cittadino di Osilo.  Nell’Ambito Anglona-Coros-Figulinas l’individuo è al centro di tutto e il futuro è creativo.
«D’altra parte – dice Ivan Foina della Featuring S.R.L. Società Benefit – l’innovazione sociale è un viaggio di scoperta.» 

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«Per ragionare e poi decidere sui temi urbanistici non servono freddi approcci settoriali basati su semplici regole e parametri o ancor peggio impostazioni fondate su pregiudizi ideologici, ma un confronto con tutte le parti che porti a una sintesi in linea con una più ampia visione strategica finalizzata allo sviluppo della Sardegna.»
Lo ha detto la vicepresidente della Regione, Alessandra Zedda, intervenendo questa mattina a un convegno organizzato dalla Sezione Sardegna dell’Inu (Istituto Nazionale di Urbanistica) nel corso del quale è stato assegnato al professor Enrico Corti il riconoscimento di “Maestro dell’Urbanistica in Sardegna”.

«Il governo del territorio – ha sottolineato l’assessore regionale del Lavoro – deve essere supportato da progetti di formazione e dal lavoro qualificato di tecnici e operatori e dalle competenze di tutti gli attori, pubblici e privati, che interagiscono con le attività di pianificazione. Oltre alla necessità di costruire un insieme di buone regole bisogna quindi investire anche all’interno della Pubblica amministrazione su coloro che gli strumenti li studiano, li producono e li gestiscono.»

«L’assessorato del Lavoro – ha evidenziato Alessandra Zedda – ha già messo in campo progetti concreti investendo in formazione e favorendo tutte le iniziative che possano creare occupazione in tutti i settori. E questa Giunta ha dimostrato di saper ascoltare, di essere aperta al dialogo con tutti, professionisti, studiosi, imprese, sindacati, amministrazioni locali e cittadini, ed è pronta a fare tesoro dei contributi offerti per realizzare l’idea di Sardegna che abbiamo proposto e stiamo proponendo per i prossimi anni.»

 

     

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La Giunta Regionale, su proposta dell’assessore della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Andrea Biancareddu, ha destinato la somma complessiva di 1 milione e 200mila euro per contributi agli Enti locali per la costituzione, il funzionamento e l’incremento delle Biblioteche di ente locale.

«La Regione riconosce le Biblioteche quale servizio primario alla comunità per l’accesso alla conoscenza e all’informazione, cura e promuove lo sviluppo della rete delle biblioteche di ente locale sostenendo l’incremento del patrimonio librario e documentario e la diffusione di servizi innovativi – dice l’assessore Andrea Biancareddu -. Le risorse stanziate sul bilancio 2019, sono state incrementate. I vigenti criteri di valutazione, prevedono che gli importi dei singoli contributi siano determinati sulla base di 4 parametri: popolazione (30% del budget), prestazioni di servizio (60%), perequazione (10%).»

«In particolare – conclude Andrea Biancareddu -, la quota riferita alle prestazioni di servizio viene misurata mediante indici di performance tratti dagli standard internazionali di settore e consolidati dalle esperienze di valutazione dei servizi bibliotecari maturate a livello nazionale e regionale.»

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«Mi arrestarono a 16 anni per motivi politici, fui torturato e in me si formò una rabbia antisociale. Decisi che se fossi rientrato ancora in carcere in futuro, il motivo lo avrei dato senza sconti.»

All’International Gramsci Festival di Ghilarza, l’ex attivista dell’Ira, Sam Millar ha messo a nudo la sua duplice vicenda di prigioniero politico prima e di detenuto per ragioni criminali poi, quando fu arrestato negli Usa per aver commesso il “colpo del secolo”. Per poi chiarire la svolta da scrittore di successo.

Dalle risposte date a Seba Pezzani, che lo ha intervistato alla Torre Aragonese per il pubblico dell’IGF, si è capito in poche parole come la sua vita, quella vissuta, sia forse più incredibile di uno dei suoi romanzi dalle tinte noir.

Durante il Bloody Sunday, cioè quel terribile 30 gennaio 1972 che nella città di Derry fu ricordato come la domenica di sangue, l’esercito britannico aprì il fuoco contro una folla di manifestanti per i diritti civili.

Sam racconta di aver visto con i suoi occhi l’assassinio di tredici innocenti irlandesi. Fu un’esperienza tremenda. Ma il momento che lo spinse a passare alla lotta armata arrivò qualche tempo dopo, quando vide assassinare ancora un altro ragazzo: «Eravamo trattati come cani in casa nostra dalle forze di occupazione. Mi accorsi che di opzioni pacifiste non ce n’erano».

Dopo diverse vicissitudini, la realtà carceraria lo portò nei famigerati blocchi H della prigione di Long Kesh. Tra la sua cella e quella del celebre Bobby Sands c’era solo un muro divisorio. Come tutti i suoi compagni, non sentendosi un criminale rifiutò di indossare l’uniforme carceraria e preferì restare nudo.

«Mi sentivo davvero in un campo di concentramento – ha detto -. In inverno le celle non erano riscaldate e in estate le riscaldavano apposta per farci star male. Era una tortura. Un missionario proveniente da una missione a Calcutta, che credeva di essere abituato a vedere condizioni disumane, vomitò immediatamente non appena visitò una delle nostre celle.»

Il momento più drammatico e straziante arrivò quando i compagni di lotta decisero di fare lo sciopero della fame, perché chi aveva aderito sapeva che non ne sarebbe uscito vivo. Era una situazione di non ritorno, anche perché eravamo consapevoli che Margaret Thatcher non avrebbe concesso nulla: «Ogni volta che uno dei detenuti perdeva la vita, era un po’ come vedere un tuo parente che ti moriva davanti agli occhi».

In America l’arresto avvenne per aver partecipato alla rapina di un furgone portavalori che conteneva diversi milioni di dollari. Fu considerato il colpo del secolo. L’esperienza carceraria è costata a Sam Millar tra i 16 e i 18 anni di galera in totale.

«Anche negli Usa le condizioni carcerarie sono durissime. Lì incominciai a scrivere per staccare con la realtà, per non impazzire. Quando ritornai in Irlanda, con il manoscritto, iniziai a credere di poter riuscire a diventare scrittore. Penso che il solo fatto di togliere la libertà sia la peggior punizione a cui una persona possa essere sottoposta. La società non trae alcun trae alcun vantaggio dalle condizioni insostenibili del carcerato, che anzi può maturare una rabbia controproducente per l’intera società.»

L’autore de “I cani di Belfast” ha espresso grande soddisfazione per essere stato invitato a un evento dedicato a un’icona internazionale dell’antifascismo come quella di Antonio Gramsci. Si è detto quindi profondamente colpito, nell’aver scoperto dell’esistenza «di un’indipendentista sardo morto per sciopero della fame, dopo essere entrato in carcere con la biografia di Bobby Sands tra le mani» Il riferimento è chiaramente a Doddore Meloni, morto nel 2017 all’ospedale di Cagliari dopo due mesi di digiuno volontario in un istituto penitenziario. Sam Millar ha aggiunto che farà di tutto per far conoscere questa storia ai parenti e agli amici di Bobby Sands una volta rientrato in Irlanda.

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«Dignità e speranza sono le due colonne d’ercole con le quali deve essere trattato il tema del carcere.»

Lo ha sostenuto venerdì sera Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, nel corso del convegno a tema “Costituzione e carcere” realizzato per l’International Gramsci Festival, in un luogo altamente simbolico come la Torre Aragonese di Ghilarza, una volta adibita proprio a luogo di detenzione.

L’ex ministro della Giustizia ha parlato con parole semplici e profonde di fronte a un pubblico numeroso (anche in piedi), non facendo mistero dell’amarezza per il clima con il quale si stia trattando in Italia il tema Giustizia.

Nel ricordare i contenuti del film-documentario di Fabio Cavalli, la cui proiezione stasera (14 dicembre) chiuderà l’intera kermesse, Giovanni Maria Flick ha affermato che, proprio ora che la Corte Costituzionale ha deciso di visitare le carceri entrando dalla porta, la Costituzione sta rischiando di uscirne dalla finestra.

«Chi dice di volerla cambiare, spesso non l’ha nemmeno letta», ha scherzato il giurista. Secondo Giovanni Maria Flick, si sta rapidamente passando dal principio per cui «la legge non ammette ignoranza»,  a quello per il quale «l’ignoranza non ammette legge». E la politica in questo ha una grossa responsabilità.

Il tema carcere andrebbe trattato con molto più equilibrio: «Se da un lato anche il peggior delinquente una volta condannato ha diritto di vedere rispettata la propria dignità, dall’altro, se viene meno la speranza di un futuro libero, si passa dalla pena alla tortura».

Più volte è stato citato il terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione (le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato), ma è stato anche specificato quanto sia doveroso dare attuazione anche agli articoli  2 e 3, che prevedono pari dignità sociale anche per i detenuti.

Nella visione di Giovanni Maria Flick il tema carcere presenta tre paradossi. Il primo è quello dell’ergastolo, perché se la pena non finisce si leva la speranza e non si consente la rieducazione. Il secondo riguarda il sovraffollamento, che rende la vita impossibile. Basti pensare che la Corte di Strasburgo ha condannato due volte l’Italia per trattamento inumano dei detenuti.

L’ultimo paradosso è rappresentato dal fatto che – nonostante la pena di morte sia stata abolita anche dai codici militari – in carcere si continui a morire. E si muore talvolta per violenza subita ma molto più spesso per suicidio, sia da parte dei detenuti che del personale.

Nel dirsi soddisfatto per l’elezione di una donna a presidente della Corte Costituzionale, per la prima volta nella storia, il giurista ha elencato tra i vari esempi di non parità sociale gli ebrei, i migranti e le donne, aggiungendo a questi la categoria dei detenuti.

Durante l’incontro, moderato dall’avvocato Antonello Arru, sono intervenuti anche Antonello Spada, presidente dell’Unione Regionale degli ordini forensi della Sardegna, Aldo Luchi, presidente dell’Ordine degli avvocati di Cagliari e Giuseppe Conti, presidente dell’Ordine degli avvocati di Sassari.

«Credo che nel momento in cui si riapre la casa di Gramsci, una persona che in carcere ha vissuto e ha sofferto, ed è morta non appena è uscita, in nome della libertà e delle proprie idee – ha affermato in conclusione Giovanni Maria Flick – sia importante riflettere su queste tematiche per capire quanto oggi sia urgente riaprire un dibattito sul carcere, che sembra essere stato abbandonato e dimenticato di fronte alle esigenze della sicurezza.»

L’IGF è organizzato dalla Fondazione Casa Museo Antonio Gramsci e dal Comune di Ghilarza, con il supporto di RAS, Fondazione di Sardegna e ISRE, e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’ICOM, la FIHRM, l’Ambasciata del Sudafrica in Italia, e la collaborazione di numerosi enti, istituzioni e  associazioni.

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Lunedì 16 dicembre cala il sipario sul IX Festival pianistico del Conservatorio, in questa edizione dedicato agli ottant’anni dell’istituto musicale cagliaritano. L’appuntamento è alle 18.00 nell’auditorium dove Stefano Figliola, pianista e docente delG.P. Da Palestrina, sarà protagonista di  “Una vita per la musica, recital  dedicato alle figure della pianista Anna Paolone Zedda e del musicologo Ernesto Paolone. Il programma della serata proporrà brani di L.V. Beethoven, F. Chopin e F. Listz.

Anna Paolone Zedda, nata a Cagliari nel 1917, e morta lo scorso anno a 101 anni, è stata una figura di spicco del Conservatorio cagliaritano, dove ha insegnato per quasi tutta la sua vita. Intensa fu anche la sua attività di compositrice e pianista, apprezzata nei maggiori teatri italiani e del mondo. Una carriera condivisa con il marito, l’apprezzato musicologo molisano Ernesto Paolone, scomparso nel 2002.

Il IX festival pianistico del Conservatorio, sottotitolato quest’anno80 ma…non li dimostra è ideato dal pianista, e docente dal “G.P. Da Palestrina”, Stefano Figliola.

L’ingresso agli appuntamenti è libero e gratuito.

 

 

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Dopo il successo in Russia, un minitour tra Italia e Gran Bretagna per “Come Se Non ci Fosse un Domani”, Il secondo film del duo comico Pino e gli Anticorpi, al secolo Michele e Stefano Manca, diretto da Igor Biddau.

Un salto in Piemonte per l’Asti Film Festival, subito dopo un passaggio oltremanica, a Londra, per una proiezione-evento e poi a tutta dritta verso la Toscana, a Reggello, per una serata interamente dedicata al film e ai suoi protagonisti.

Asti – Grande accoglienza e lunghi applausi anche nella città piemontese, nella Sala Pastrone del Teatro Alfieri, location ormai storica per l’Asti Film Festival: l’evento cinematografico giunto quest’anno alla sua nona edizione, è un appuntamento con il cinema di qualità organizzato dal Circolo Cinematografico Sciarada in collaborazione con il Comune di Asti ed il Circolo Vertigo, col patrocinio della Torino Piemonte Film Commission.

“Come Se Non ci Fosse un Domani”, è stato proiettato in un evento speciale fuori concorso, ma il Michele e Stefano Manca non erano nuovi all’ambiente: infatti nel 2016 parteciparono in concorso con la prima pellicola “Bianco di Babbudoiu” vincendo il Premio Speciale “Vino è cultura”. Non solo proiezioni: tra gli eventi collaterali del festival, anche gli incontri con le scuole. Michele e Stefano Manca sono stati, quindi, accolti a furor di popolo in un istituto scolastico comunale ed hanno intrattenuto gli studenti e le studentesse con i propri cavalli di battaglia, oltre alla proiezione dei video making off che raccontano il lungo e intenso lavoro della troupe e di tutte le maestranze durante le fasi di lavorazione del film.

Londra – Un film che racconta e promuove la sua terra: “Come Se Non ci Fosse un Domani” è sbarcato oltre Manica per la proiezione evento organizzata da Fine Solution Consulting e Ideas dell’imprenditore sardo Roberto Zicconi. Prima una passeggiata promozionale nella famosissima Portobello Road e in serata la proiezione nel teatro al numero uno di Thorpe Close a Kensington. Una grande occasione di incontro e confronto, focalizzando l’attenzione non solo sul film e sul fare cinema in Sardegna, ma anche sulle tipicità e specialità dell’Isola.

Panadas, formaggi, salumi, vino e tanti altri frutti dell’agroalimentare nostrano sono stati apprezzati dal numeroso pubblico italo-inglese, presente alla proiezione.

Reggello – Il Cinema Excelsior di Reggello, in Toscana, ha ospitato la terza tappa del mini tour promozionale del film fuori dai confini regionali. Un evento speciale che ha fatto registrare il consenso del numeroso pubblico in sala. Prova superata, quindi, anche in Toscana, terra della società Firenze Produzioni che ha co-prodotto il film, insieme alla Babbudoiu Corporation.

Si saluta il 2019 con un bilancio più che positivo e già si pianifica l’uscita del film nelle sale della penisola per gli inizi del 2020: primo obiettivo in cantiere sbarcare in Piemonte, Liguria e Lombardia all’interno di un circuito di proiezioni dedicate al cinema indipendente.

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La torre di Capo Falcone si è rifatta il look. Sono terminati, infatti, i lavori di restauro conservativo e messa in sicurezza della torre aragonese che svetta sul promontorio che domina il golfo dell’Asinara. A disposizione per i lavori l’amministrazione comunale aveva poco meno di 100 mila euro. Adesso si punta a recuperare la ex casa matta, parte del compendio di Capo Falcone.

Gli interventi sono serviti a mitigare i processi di degrado e dissesto avvenuti negli anni, che hanno portato a distacchi e crolli, anche importanti, di molte parti della struttura originaria. Lo scorso inverno era crollata la garitta costruita sul tetto della torre e il maltempo aveva anche provocato la caduta dell’architrave della porta d’ingresso, oltreché della muratura sovrastante. La ditta incarica dei lavori, la Serf Costruzioni srl, ha ripulito la copertura dai detriti quindi ha creato una chiusura in acciaio e vetro, sono stati recuperati i merli sporgenti. Le mura esterne, che si presentavano dilavate e sgretolate, sono state recuperate. Le scale sono state messe in sicurezza, rese accessibili quindi la porta di ingresso rinforzata in acciaio corten così da ripristinare l’architrave. Sono state ripristinate e rinforzate le scale esterne e rifatte quelle interne che conducono al tetto dove sono stati posizionati anche dei parapetti in acciaio.

«Grazie all’accordo con il Demanio dello Stato, con il dottor Giovanni Zito, e alla fattiva collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro, nella persona della dottoressa Daniela Scudino – afferma il sindaco, Antonio Diana – siamo riusciti a recuperare un bene di grande rilevanza per il nostro territorio. La torre, per la sua posizione nel vertice del triangolo del Santuario dei cetacei, può essere considerata anche un punto di osservazione privilegiato.»

«Si trova, inoltre, all’interno di un’area Sic rilevante per le biodiversità e dove lo spettacolo delle falesie del mare di fuori rendono unico questo territorio che merita di essere salvaguardato e diventare patrimonio dell’Unesco, assieme alla Pelosa», chiude Antonio Diana.

«Prosegue il nostro progetto di recupero del compendio di Capo Falcone – afferma l’assessore dei Lavori pubblici, Antonella Mariani – e per noi è un orgoglio aver dato una seconda vitalità alla storica torre che guarda il nostro territorio. E adesso punta a recuperare la “casa matta“ un tempo della Marina, poco distante dalla torre.»

Qui l’amministrazione comunale vuole realizzare una foresteria, un punto di ristoro per i numerosi turisti, e non soltanto, che ogni anno percorrono la strada per arrivare in cima al promontorio.

A disposizione ci sono i fondi della Rete metropolitana, circa 330mila euro che consentiranno anche di recuperare la strada di accesso.

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Questa mattina, in piazza Carta, a Cortoghiana, si è svolto il primo dei tre appuntamenti con “Alberi per il Futuro”, l’iniziativa organizzata dal comune di Carbonia con la collaborazione di decine di volontari, al fine di mettere a dimora un albero per ciascun bambino nato nella nuova città nel 2018. Anno in cui sono venuti alla luce 111 bambini residenti a Carbonia.

Nel futuro polmone verde di piazza Carta, alla presenza dei bimbi, dei loro genitori e parenti, sono stati piantati 25 alberi, dotati di un’apposita etichetta identificativa di ciascun piccolo nuovo nato.

Una giornata di festa che si ripeterà sabato 21 e sabato 28 dicembre.