26 April, 2024
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Matteo Renzi si dimentica consapevolmente della Sardegna grazie alla complicità di una Giunta regionale prona, scendiletto del governo centrale. L’esclusione dell’isola dai progetti infrastrutturali finanziabili con i fondi del Piano Juncker la dice lunga sulla considerazione che il premier ha della Sardegna. Sicuramente per l’assenza, ormai conclamata, di una controparte in grado di fare la voce grossa e rivendicare maggiore attenzione nei confronti della nostra terra, il governo centrale ha ignorato che la Sardegna ha urgente bisogno di investimenti infrastrutturali, così come testimoniato dagli indici in materia. E il Piano Juncker sarebbe stata l’occasione per garantire all’isola di superare quel gap strutturale di cui da sempre risente rispetto alle altre Regioni d’Italia. Le quali, naturalmente, sono state destinatarie di importanti investimenti. Ma tant’è.

Alla Sardegna, invece, vengono imposti due progetti voluti da Renzi in persona, senza alcun confronto con il Presidente Francesco Pigliaru: la centrale a Biofuel per Portovesme e il potenziamento del cavo sottomarino Sacoi. Due opere che portano vantaggi (economici) soltanto a chi le realizza, e di sicuro non alla Sardegna e ai sardi.

È evidente che a Matteo Renzi della Sardegna nulla importa: è negli occhi di tutti e ne è testimonianza il fatto che non sia ancora venuto nella nostra terra, benché avesse garantito che, entro settembre del 2014, sarebbe stato a Portovesme e nel nord dell’isola in quanto zone industriali fortemente depresse. Ma non solo: la Sardegna è l’unica Regione d’Italia in cui il Presidente del Consiglio non ha ancora fatto tappa. Questa comunemente si chiama coda di paglia.

E di sicuro non è al riparo dalle critiche il governatore Pigliaru, visto che tutto questo accade perché non ha il coraggio di rivendicare i diritti dei sardi. Perché considera il governo di Matteo Renzi un “governo amico” per la comunanza politica. Ma farebbe bene, il Presidente, a prendere atto che questo governo è tutto meno che vicino ai sardi e alle loro esigenze.

Ignazio Locci

Consigliere regionale Forza Italia Sardegna

Matteo Renzi 42 copia

Cortoghiana - Piazza Venezia copia

Prosegue la raccolta di firme contro la chiusura dell’ufficio postale di Cortoghiana. Il Circolo Acli di Cortoghiana stamane ha diffuso una breve nota con la quale annuncia che ad oggi sono state raccolte 850 firme, presentate a Poste Italiane Spa, con sede a Roma,al presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru e al sindaco di Carbonia, Giuseppe Casti. Il presidente del Circolo Acli di Cortoghiana, Bruno Rigato, ha annunciato anche che la raccolta di firme continua.

 

Il presidente della regione, Francesco Pigliaru, e gli assessori degli Affari generali, Personale e Riforma della Regione, Gianmario Demuro, e degli Enti locali, Cristiano Erriu, hanno incontrato i sindacati confederali, in viale Trento. Al centro del confronto, la condivisione del percorso intorno alle modifiche necessarie al miglior funzionamento della macchina regionale, per raggiungere maggiore efficienza e produttività.

«Abbiamo ormai un’idea chiara sulle difficoltà inerenti la macchina regionale – ha esordito il presidente Pigliaru -. Ci scontriamo con un’enorme rigidità organizzativa. Serve più flessibilità e mobilità per far diventare le nostre idee operative. Vorremmo poter irrobustire i servizi a supporto di priorità ed aree strategiche quali scuola, lavoro, sanità, semplificazione. L’innovazione organizzativa è un’emergenza assoluta. Ci interessa un confronto in tempi molto rapidi, in cui ognuno porta la propria conoscenza e le buone pratiche nell’esperienza regionale.»

Il presidente Pigliaru ha sottolineato l’esigenza di un sistema di valutazione oggettivo in materia di meritocrazia e premialità nell’attività della Pubblica Amministrazione ed ha reso noto che la Sardegna è la prima regione in Italia per componente premiale ai dirigenti, con enormi sproporzioni rispetto alle altre regioni. «Un’anomalia non più accettabile. La premialità deve incentivare comportamenti migliori e la qualità del lavoro.»

L’assessore Gianmario Demuro ha ricordato che la legge 24/2014 sulla riorganizzazione della Regione e sulla mobilità ha in sé gli strumenti per intervenire e organizzare dall’interno la struttura regionale e che, come riconosciuto dalla Corte dei Conti, ricomprende anche le disposizioni per gli adempimenti sulla valutazione e gli strumenti per far funzionare il controllo di gestione. «Ciò ci permette di iniziare a pensare la Regione in maniera integrata – ha affermato l’assessore Demuro -, evitando nel frattempo i tagli ai servizi e irrobustendo il rapporto con lo Stato.»

Cristiano Erriu, assessore degli Enti locali, ha illustrato la road map per la ridistribuzione delle funzioni tra i diversi soggetti, avendo presenti sussidiarietà ed efficienza: nell’Osservatorio e nel Tavolo sulla riforma degli Enti locali si stanno discutendo le proposte che verranno declinate nel progetto di legge che approderà a breve in Consiglio. «La nostra proposta, che prevede il superamento delle Province, secondo la scelta del governo nazionale – ha etto Cristiano Erriu -, intende sviluppare il rapporto di collaborazione con i sindacati per la definizione precisa delle funzioni da riallocare.» 

+Giunta e sindacati si confronteranno a breve anche sulla connessione tra politiche per il lavoro e politiche per lo sviluppo.
Palazzo della Regione 1 copia

Il consigliere regionale del Partito Democratico Piero Comandini è il primo firmatario di un’interrogazione rivolta al presidente Francesco Pigliaru, all’assessore alla Sanità Luigi Arru e all’assessore degli Enti locali Cristiano Erriu, sulle condizioni in cui versa l’ex ospedale Marino.

Nato nel 1937 e dismesso nel 1982 per l’ex ospedale Marino ancora non vi è certezza. La struttura e tutta l’area circostante sembrano essere diventate la terra di nessuno dove regnano degrado igienico-ambientale e sanitario, lo testimonia il panorama che si vede percorrendo il lungo mare Poetto che, eletta “la spiaggia urbana più bella d’Italia” nonché “spiaggia italiana ufficiale” dell’EXPO 2015, all’altezza dell’ex struttura ospedaliera è fonte di ispirazione di grande tristezza e desolazione.

«L’intera vicenda burocratica, che ruota attorno alla realizzazione di un progetto che possa portare nuovamente agli albori l’ex ospedale Marino – sottolinea Comandini -, inizia nel lontano 2006 con la gara d’appalto bandita dalla Regione Sardegna che risultata infruttuosa dopo la rinuncia dell’aggiudicataria ATI San Maurizio, il testimone passa all’ATI Prosperius che viene rimessa in gioco dalla sentenza emessa dal Consiglio di Stato. A tutt’oggi, malgrado sia stata approvata una variante al PUC finalizzata a consentire la realizzazione del progetto proposto dalla Prosperius, che prevedeva la realizzazione di un centro di riabilitazione con sezione di eccellenza per ricovero riabilitativo, i lavori continuano ad esser bloccati, compromettendo sia il recupero della struttura ospedaliera sia la bonifica e la valorizzazione dell’area circostante, aggravando di giorno in giorno l’immagine già tanto compromessa di quella porzione di area urbana.»

Piero Comandini auspica che si trovi presto una soluzione, in caso contrario invita l’esecutivo a valutare la possibilità di annullare il bando del 2006 a favore di una nuova procedura d’appalto che possa, in tempi brevi, dare quelle risposte che tutti i sardi ed in particolare i cagliaritani attendono da tempo.

Piero Comandini 6

Palazzo del Consiglio regionale 2014 2 copia

Audizione dei sindaci e degli amministratori contrari al piano di dimensionamento scolastico approvato dalla Giunta regionale lo scorso 6 febbraio, questa mattina, nella seconda commissione del Consiglio regionale.

Oltre venti sindaci, provenienti da tutte le realtà dell’Isola, nel corso delle rispettive audizioni, hanno dichiarato la propria contrarietà a quanto disposto dal piano, in particolare per ciò che attiene la chiusura delle pluriclassi e dei cosiddetti istituti globali. Gli amministratori di Escalaplano, Giba, Masainas, Piscinas, Ales, Ghilarza, Cuglieri, Siamaggiore, Tramatza, Perdasdefogu, Osini, Belvì, Ozieri, Siligo, Codrongianos, Nughedu San Nicolò, Santa Maria Coghinas, Erula, Nulvi e Santa Teresa di Gallura, insieme con il commissario della provincia Ogliastra, i dirigenti scolastici di Quartu (Statale 5 “Lao Silesu”), Ghilarza, Porto Torres (istituto “Paglietti”), il presidente del consiglio di istituto della scuola Manno-Cima di Cagliari ed alcune delegazioni di studenti e genitori, hanno lamentato l’assenza di un confronto con l’assessore regionale della Pubblica Istruzione ed hanno formulato la richiesta di una moratoria di almeno un anno per l’applicazione del piano di dimensionamento e di ridefinizione della rete scolastica, auspicando nel frattempo l’approvazione di una legge sulla scuola sarda, così da poter garantire alla Regione il pieno esercizio delle prerogative autonomistiche in materia, ed il varo della legge di riforma degli Enti Locali.

Nel corso degli interventi non sono mancati i toni polemici e contestazioni per l’operato dell’assessore regionale Claudia Firino (il sindaco di Santa Maria Coghinas ne ha preannunciato la nomina a responsabile dell’Istruzione nel suo paese «così che possa sperimentare che cosa significhi amministrare nelle piccole realtà dell’Isola») e si sono evidenziate incongruenze e disparità in riferimento alle deroghe concesse ad alcuni Comuni, rispetto ai requisiti stabiliti per il mantenimento degli istituti scolastici («la delibera della Giunta è un provvedimento discriminatorio»).

La gran parte degli intervenuti ha inoltre denunciato il rischio di un aggravio del fenomeno dello spopolamento; di un aumento delle tensioni sociali, della riproposizione di antistorici contrasti tra paesi limitrofi ed ha evidenziato come la maggior parte degli istituti di cui si paventa la chiusura siano oggetto di interventi di adeguamento e manutenzione, finanziati dalla stessa Regione sarda.

Non è mancata la difesa della “qualità scolastica” garantita dalla pluriclassi («la Giunta deve produrre dati certi e verificabili che ne certifichino l’inadeguatezza») e alcuni primi cittadini hanno invitato i componenti la commissione Cultura a visitare le scuole dei piccoli centri, per valutarne l’efficacia e il buon funzionamento e poter così misurare anche il grado di soddisfazione di alunni, genitori e insegnanti.

Il presidente della commissione consiliare Cultura, Gavino Manca (Pd) – a conclusione delle audizioni – ha dichiarato di prendere atto “delle difficoltà vere e reali” rappresentate dagli amministratori locali ed ha annunciato che trasferirà al presidente della Regione, Francesco Pigliaru,  e all’assessore della Pubblica Istruzione, Claudia Firino, le preoccupazioni e le criticità emerse nel corso dei lavori in commissione.

Gavino Manca, nel rimarcare la necessità di una profonda revisione della legge 31 del 1984 (norme per il diritto allo studio) ha inoltre preannunciato l’audizione nella Seconda commissione dell’assessore Firino (martedì prossimo, 24 febbraio) in vista del previsto parere alla delibera della Giunta regionale  n.5/26 del 6 febbraio 2015 “Piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche e di ridefinizione della rete scolastica e dell’offerta formativa per l’anno 2015/2016”.   

Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

Il Consiglio regionale ha approvato l’ordine del giorno Cocco Pietro e più, sull’imposizione della servitù militare di Guardia del Moro a Santo Stefano.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il presidente ha comunicato fra l’altro di aver proceduto alla costituzione della Commissione d’inchiesta sull’efficienza del sistema sanitario regionale e sull’adeguatezza dei costi: ne faranno parte i consiglieri regionali Fabrizio Anedda, Anna Maria Busia, Daniele Secondo Cocco, Pietro Cocco, Attilio Dedoni, Roberto Deriu, Ignazio Locci, Giorgio Oppi, Raimondo Perra, Possella Pinna, Pietro Pittalis, Luigi Ruggeri, Christian Solinas, Paolo Truccu ed Emilio Usula. Successivamente, in base alle decisioni della conferenza dei capigruppo l’ordine del giorno prevede che il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, rivolga all’Aula comunicazioni in materia di servitù militari.

Il presidente Pigliaru, in apertura, ha chiarito che i motivi della richiesta di riferire al Consiglio riguardano l’opposizione della Regione al rinnovo della servitù militare di Guardia del Moro, nell’isola della Maddalena, che sarà oggetto a breve scadenza di una audizione dello stesso Pigliaru davanti al Consiglio dei Ministri. Pigliaru ha poi ripercorso i passaggi più significativi della vicenda, che nasce dal lontano 1972 quando, con un accordo bilaterale segreto fra lo Stato Italiano e gli Stati Uniti, la destinazione di quel sito venne modificata, da deposito di carburati a base di supporto per sottomarini. «Sono il quarto presidente della Regione – ha ricordato Pigliaru – che manifesta allo Stato la sua contrarietà a quell’imposizione ed una proposta di riesame; già nell’86 l’allora presidente della Regione Mario Melis presentò un ricorso al Tar, che venne respinto, anche se l’allora Ministro della Difesa Spadolini si impegnò formalmente ad istituire una commissione mista per l’esame unitario delle varie problematiche». Dopo analoghe posizioni espresse con modalità diverse sia dai presidenti Soru e Cappellacci recentemente, nello scorso mese di marzo sono scaduti i 5 anni dal decreto impositivo fino ad allora vigente, ha precisato il presidente della Regione, «e riteniamo siano dunque cessati anche i relativi vincoli e, di conseguenza, che non vi siano motivazioni per reiterare lo stesso decreto come il Ministro della Difesa ha fatto solo 7 mesi dopo».  La Sardegna ha espresso chiaramente la sua opposizione a questo provvedimento, ha concluso Pigliaru, «e l’audizione davanti al Consiglio dei ministri ha lo scopo, da un lato, di conoscere l’esito del nostro ricorso e, dall’altro, portare a conoscenza del Governo dell’esito di questo dibattito».

Inoltre, ha aggiunto il presidente, «è imminente la pubblicazione del Libro Bianco della Difesa nel quale saranno contenute le nuove strategie dello Stato in materia militare, ragione di più per inquadrare anche questo argomento, nel confronto complessivo che abbiamo impostato con lo Stato, che deve riguardare ogni aspetto della presenza militare sul territorio regionale, con una forte attenzione alla riduzione delle servitù sull’Isola e ad una diversa politica di compensazione ed indennizzo per siti che sarà eventualmente necessario mantenere, fermo restando che è una priorità della Sardegna far ripartire alla Maddalena quel percorso di sviluppo interrotto alcuni anni fa e finanziato con risorse pubbliche molte delle quali regionali».

Il presidente ha dato la parola al consigliere di Forza Italia, Stefano Tunis, il quale ha sottolineato di intervenire a titolo personale. L’esponente dell’opposizione ha ritenuto deludenti le azioni poste in essere dal presidente Pigliaru dopo l’approvazione dell’ordine del giorno votato, anche da lui, la scorsa estate. Tunis ha affermato di essere disponibile a iniziative che portino a risultati immediatamente raggiungibili, ma non ad azioni che mettano in crisi i rapporti tra le forze armate e la Sardegna per motivi esclusivamente ideologici. 

Angelo Carta, consigliere del Psd’Az si è detto in disaccordo con la posizione espressa dal presidente Pigliaru quando parla di dismissione di una parte dei poligoni. «L’ordine del giorno – ha ricordato Carta – votato il 16 giugno scorso si parlava di dismissione graduale fino ad arrivare a una totale dismissione delle servitù militari nell’Isola». Per il consigliere del Psd’Az non bisogna dimenticare quanto sta accadendo in questi giorni in Libia. «Abbiamo basi strategiche e dobbiamo mettere prima di tutto in sicurezza la Sardegna che non deve diventare un obiettivo».

Il presidente ha poi dato la parola al consigliere di Soberania e Indipendentzia Augusto Cherchi: «Siamo davanti all’ennesimo atto di slealtà dello Stato nei confronti della Sardegna», ha detto, sottolineando che queste azioni rafforzano la spinta verso l’autodeterminazione del popolo sardo. Cherchi ha poi ribadito la necessità di fare un passo avanti verso la smilitarizzazione e ha valutato positivamente quanto fatto finora dal presidente Pigliaru. L’esponente della maggioranza ha anche proposto un referendum popolare che rafforzi la rappresentatività del presidente della Regione nei confronti dello Stato.

Emilio Usula, capogruppo di Soberania e Indipendentzia ha subito sottolineato la necessità di ribadire quanto detto in modo inequivocabile alcuni mesi fa dal Consiglio sul tema delle servitù militari. «Oggi nulla è cambiato – ha detto Usula – anzi, la crisi economica è aumentata, così come sono cresciute la povertà e la disperazione delle famiglie e dei territori. Vista la situazione lo Stato proporrà una negoziazione. Noi non possiamo barattare cessioni di sovranità in cambio di promesse di aiuti, né possiamo arretrare sul nostro diritto all’ autodeterminazione».

Il consigliere di Fratelli d’Italia Paolo Truzzu ha parlato di “atteggiamento dilettantistico” da parte della Giunta regionale nella conduzione della trattativa con lo Stato. «Per questo – ha detto Truzzu – si è arrivati all’imposizione del Governo su Santo Stefano».

Sul merito, Truzzu ha invece stigmatizzato l’approccio ideologico nei confronti della presenza militare in Sardegna. «Il nostro sottosviluppo non dipende da questo – ha detto l’esponente della minoranza – le servitù occupano il 4-5% del territorio sardo. Le nostre condizioni di arretratezza non possono essere imputate alla presenza dei poligoni e delle basi militari».

Il consigliere di Fratelli d’Italia ha poi evidenziato un altro aspetto della vicenda. «L’atteggiamento ideologico e antimilitarista sta determinando un ripensamento delle forze alleate. Si guardi a quello che succede a Decimomannu dove i tedeschi pensano di lasciare la base interforze. Il rischio è perdere un investimento da 100 milioni di euro e ricadere nell’errore commesso a La Maddalena».

Truzzu ha infine segnalato il profondo cambiamento del quadro geopolitico rispetto a qualche mese fa. «Siamo la regione più vicina al Nord Africa, visto quello che succede in Libia non  possiamo chiedere allo Stato di arretrare». Truzzu ha concluso il suo intervento dichiarandosi contrario alla firma di una proposta “che viene da una sola parte politica”.

Daniele Cocco, capogruppo di Sel, ha ribadito la necessita di ripartire dall’ordine del giorno approvato nei mesi scorsi dall’Aula sul tema delle servitù militari. «Dopo l’incidente di Capo Frasca – ha rimarcato Cocco – Pigliaru disse che la convenzione per la presenza dei militari a La Maddalena scadeva il 3 Marzo e non c’erano possibilità di proroga. Oggi il Consiglio deve dare la più ampia delega al presidente perché rappresenti la volontà del popolo sardo nei confronti del Governo nazionale». Il capogruppo di Sel ha poi ricordato il prezzo altissimo pagato per 35 anni dalla Sardegna per la presenza militare in Sardegna. «Abbiamo un credito importante nei confronti dello Stato – ha concluso Cocco -. Su queste basi occorrerà impostare la trattativa con il Governo».

Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda) si è detto d’accordo sulla necessità di dare un mandato forte a Pigliaru per sostenere le ragioni della Sardegna nei confronti del Governo. «Occorre ricordare allo Stato gli impegni presi nei confronti della Sardegna in occasione dello spostamento del G8 da La Maddalena a l’Aquila – ha detto Anedda – gli impegni sono stati disattesi, le opere lasciate a metà, non c’è stato nessun beneficio per la popolazione».

Il consigliere comunista ha poi invitato l’Aula a distinguere tra servitù e poligoni. «Le prime – ha affermato . devono essere dismesse mettendo le aree a disposizione dei sardi. I secondi devono essere invece lasciati alla pertinenza dello Stato per esigenze di  difesa mentre occorre chiudere e bonificare quei poligoni utilizzati per fare cassa grazie ai robusti canoni d’affitto pagati dagli eserciti di tutto il mondo che in Sardegna vengono ad esercitarsi». 

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, ha sottolineato come il Consiglio regionale ha espresso già lo scorso giugno, attraverso lì’approvazione di un ordine del giorno, il proprio indirizzo  in materia di servitù militari. «Non comprendo perché dovrebbe servire un altro pronunciamento – ha spiegato il consigliere della minoranza – mentre serve che il presidente della Giunta segua le indicazioni del Consiglio e proceda con il mandato a trattare con il Governo centrale».

A giudizio di Attilio Dedoni il dibattito su Santo Stefano è in ritardo di oltre 50 anni e serve che il presidente della Giunta riaffermi dinanzi al consiglio dei ministri la necessità di una riduzione dell’imposizione militare in Sardegna e si ricontratti la presenza dei poligoni con una serie di interventi a sostegno dell’economia sarda.

Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, ha manifestato perplessità sul metodo seguito dalle forze della maggioranza che propongono un documento unitario senza però aver provveduto alla preventiva consultazione di tutti i gruppi consiliari. Nel merito il capogruppo scudocrociato ha ribadito la condivisione di una graduale riduzione del gravame militare nell’Isola ma senza che risultino danneggiati territori e Comuni come è accaduto alla Maddalena con lo smantellamento della base Usa.

«Le basi militari – ha proseguito Rubiu – sono una risorsa per la Sardegna e vanno utilizzate nel migliore dei modi senza mai porci in maniera contraria alle servitù militari». Il capogruppo Udc ha quindi chiesto una breve sospensione dei lavori per concordare un testo condiviso da sottoporre alla votazione dell’Aula.

Il capogruppo del Centro democratico, Roberto Desini, ha espresso apprezzamento per la condotta del presidente della Giunta ed ha dichiarato di condividere e apprezzare il percorso proposto per un pronunciamento dell’Aula sul tema delle servitù militari. «Esprimo soddisfazione – ha dichiarato Desini – per la volontà del presidente di favorire un nuovo pronunciamento del Consiglio dopo quello  dello scorso 19 giugno». Desini ha concluso dichiarando il pieno sostegno alla mozione in discussione e si è detto disponibile a concordare con i gruppi della minoranza un testo unitario che rafforzi la posizione del presidente in vista dell’audizione dinanzi al Governo.

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha tenuto a precisare che la richiesta del presidente della Regione riguarda la servitù di Santo Stefano e che di questo si è parlato in conferenza dei capigruppo. «E’ chiaro quindi – ha affermato – che occorreva poter lavorare su un testo-base che consentisse al presidente di rappresentare l’orientamento del Consiglio, tutto è accaduto alla luce del sole e da parte nostra non c’è comunque una posizione contraria ad una breve sospensione dei lavori». Ripercorrendo i precedenti dibattiti del Consiglio in materia di servitù, Cocco ha poi ricordato l’ordine del giorno del giugno 2014 dove l’argomento era affrontato in modo responsabile e dettagliato, frutto di una politica condivisa a prescindere dagli aventi che si succedono: c’è una strada già tracciata. Come Pd, ha però ribadito il capogruppo del partito, «siamo per il No all’aumento della presenza militare sull’isola e siamo, in secondo luogo, per rivendicare i diritti negati a La Maddalena». Dobbiamo confermare il mandato pieno al presidente della Regione, ha proseguito Cocco, «ma non ci si può accusare di voler evitare il dialogo, se non avessimo predisposto il documento saremmo stati accusati di aver voluto scavalcare il Consiglio su un argomento così importante». «Non si può dire tutto ed il suo contrario – ha concluso il capogruppo del Pd – ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità, anzi rivendichiamo di essere stati noi ad aver dato un impulso decisivo alla seconda conferenza sulle servitù militari, a trent’anni di distanza dalla prima».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha sottolineato in apertura che «l’audizione in Consiglio dei ministri non è una concessione del Governo ma una prerogativa prevista dallo Statuto, che anzi andrebbe esercitata anche in altre occasioni». Non partiamo da zero, ha sostenuto, «c’è il documento unanime del Consiglio votato il 19 giugno scorso in cui si fissavano i termini del mandato assegnato al presidente per una rivisitazione complessiva dei rapporti Stato-Regione in materia di servitù e già questo consente di rimarcare al Governo la posizione della Sardegna». «Ci chiediamo anzi come mai l’8 gennaio scorso – ha osservato Pittalis – sia stato stipulato un accordo col Governo sulla percorribilità della riduzione della presenza militare sull’Isola; forse quell’accordo avrebbe potuto contenere qualcosa di più rispetto a quanto deliberato dal Consiglio». «Oggi – ha detto ancora Pittalis – non stiamo trattando della dismissione delle servitù ma della prosecuzione di un singolo provvedimento di servitù; è un arretramento rispetto alla posizione del Consiglio, il problema non è fra militarismo e pacifismo ma quello del ruolo di una Regione autonoma in un quadro di solidarietà con lo Stato nazionale, questo è il dato di fondo». «Ritengo perciò – ha concluso il consigliere di Forza Italia – che davanti al Consiglio dei ministri non si possa andare solo per subire ma per far sentire la voce del popolo sardo anche su tanti altri temi che riguardano la Regione, si può definire un ordine del giorno comune ma a condizione che non si ripercorra all’infinito questo metodo, a costo di attivare strade conflittuali».

Il consigliere Mario Floris (Sardegna), intervenendo sull’ordine dei lavori, ha chiesto di sapere se il presidente della Regione è stato convocato o se ha chiesto di partecipare, perché lo Statuto dice che il presidente “deve” essere chiamato ogni qualvolta sia in discussione un tema che riguarda la Sardegna.

Il presidente Pigliaru ha chiarito che dal Governo è arrivata una formale convocazione e che sono in corso interlocuzioni solo per concordare la data.

Successivamente, il presidente del Consiglio ha sospeso la seduta.

Alla ripresa dei lavori il presidente del Consiglio regionale ha comunicato che è stato presentato un ordine del giorno sottoscritto da tutti i capigruppo. Il testo impegna il presidente della Regione «a rappresentare, in occasione, del riesame del decreto impositivo, presso il Consiglio dei Ministri, la contrarietà del Consiglio regionale verso l’imposizione della servitù militare a protezione del deposito di munizioni di guardia del moro; a chiedere in tale sede un rinnovato impegno del Governo nazionale nel proseguimento degli obiettivi definiti nel piano di rilancio di La Maddalena per una sua concreta attuazione in tempi certi anche relativamente al piano delle bonifiche; a ricercare forme di concertazione, anche con il coinvolgimento della rappresentanza parlamentare, circa gli scenari strategici che saranno delineati nel libro bianco della difesa; a riferire al Consiglio regionale per le opportune valutazioni e conseguenti decisioni circa la deliberazione del consiglio dei ministri in sede di riesame del decreto di imposizione di servitù militare a Santo Stefano».

Il presidente ha dichiarato chiusa la discussione generale e ha dato la parola al presidente Pigliaru per la replica e per esprimere il parere sull’ordine del giorno.

Il capo dell’Esecutivo ha espresso parere favorevole e si è detto soddisfatto per quanto scritto nel documento: «Mi consente di svolgere meglio il mio ruolo e rappresentare meglio la Regione davanti al Consiglio dei Ministri». Rispondendo ad alcuni consiglieri, il presidente ha ricordato che sono stati raggiunti due risultati importanti: l’istituzione del tavolo sulle servitù e l’allargamento del periodo in cui si fermeranno le esercitazioni, ossia dal primo giugno al 30 settembre. E’ poi arrivata la notizia della nuova servitù ed è per questo, ha spiegato Pigliaru, che oggi il Consiglio regionale sta votando un nuovo ordine del giorno. Un ordine del giorno che chiede con forza – ha detto il presidente – di far ripartire un percorso di sviluppo per La Maddalena, bloccato impropriamente. «Andiamo a parlare di servitù, ma anche di alternative di sviluppo».

Per dichiarazioni di voto è intervenuto Stefanio Tunis (FI), il quale ha apprezzato l’impegno del presidente della Regione nel perseguire nell’obiettivo, ma ha ribadito che dall’ordine del giorno di giugno non è scaturito quanto ci si aspettava: risultati tangibili che la comunità sarda potesse apprezzare. Per Tunis l’atteggiamento della Giunta sta soltanto provocando il disimpegno del Ministero della Difesa con enormi danni per l’economia della Sardegna e dei sardi. Voto favorevole è stato annunciato dal consigliere del Pd, Roberto Deriu, il quale ha però esortato il presidente a capire in che modo la Sardegna sia inserita negli accordi internazionali. Deriu ha ricordato che la Costituzione e lo stesso Statuto speciale della Sardegna obbliga a rispettare gli accordi internazionali.

Paolo Truzzu (Fratelli d’Italia) ha invece parlato di situazione kafkiana. «Ci sono cose che non dipendono da noi – ha detto Truzzu – oggi si risponde con un ordine del giorno a un altro ordine del giorno approvato dal Governo con il quale si allunga la presenza militare a La Maddalena. Tutto questo accade con un Governo di centrosinistra alla guida della nazione. Mentre noi discutiamo di servitù militari – ha concluso il consigliere di minoranza – altre regioni come la Puglia siglano accordi vantaggiosi per i loro territori».

«Di questo Stato non ci si può fidare». Il capogruppo del Psd’Az, Christian Solinas, dopo aver annunciato il suo voto favorevole all’ordine del giorno, ha ricordato all’Aula il sistematico inadempimento dello Stato rispetto agli impegni presi. A sostegno della sua tesi, l’esponente sardista ha citato il deliberato della Commissione della Camera, che nel 1980 aveva assunto l’impegno per una graduale riduzione quantitativa e qualitativa delle servitù militari, e le ripetute prese di posizione del Consiglio regionale sull’occupazione militare della Sardegna. «E’ ora di cambiare strategia – ha detto Solinas – occorre parlare di compensazioni, bisogna quantificare il ritardo di sviluppo conseguente alla presenza delle servitù in Sardegna. Noi contestiamo le servitù che vanno contro il diritto dei sardi a governare il proprio territorio».

Solinas ha quindi avanzato la proposta di riunire il Consiglio regionale a Guardia del Moro, nel giorno dell’audizione del presidente Pigliaru in Consiglio dei Ministri. «Sarà l’occasione – ha concluso – per ribadire il no dei sardi alla proroga della presenza militare a La Maddalena». Al termine del suo intervento, il capogruppo del Psd’Az ha chiesto al presidente Pigliaru di verificare con il Governo se sull’isola ci siano consorzi privati che gestiscono installazioni militari e abbiano rapporti diretti con la Difesa.

Annamaria Busia (Centro Democratico), ha invitato l’Aula a concentrarsi sul punto centrale della discussione: il rinnovo della servitù militare sull’isola de La Maddalena imposto unilateralmente dal ministro Pinotti. «Oggi è inutile parlare d’altro – ha detto Busia – occorre dare pieno mandato al presidente Pigliaru». Il consigliere del Centro Democratico ha poi espresso meraviglia per lo stupore manifestato da alcuni colleghi. «E’ chiaro – ha affermato – che con una guerra alle porte l’atteggiamento dello Stato è cambiato. Serve un’attenzione diversa sui temi della difesa dovuti alla gravissima situazione internazionale, c’è un cambio di impostazione della politica globale. Ingenuo pensare che decideremo da soli sulle nostre basi militari».

Secondo, il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, il risultato che si riuscirà ad ottenere dipenderà dal «livello di contrattazione che riusciremo ad attivare e dall’unitarietà di intenti di questo consesso. Mi stupisce che alcuni consiglieri che a Giugno avevano votato a favore dell’ordine del giorno sulle servitù militari oggi decidano di fare marcia indietro»

Il consigliere del Pd, Piero Comandini, ha dichiarato il favore all’ordine del giorno ed ha sottolineato che la discussione odierna è rivolta alla decisione unilaterale assunta dal ministro della Difesa di riconfermare la servitù militare a Santo Stefano e non già al generico tema delle servitù militari.

Il consigliere di Forza Italia, Oscar Cherchi, ha dichiarato voto contrario: «Il Consiglio non deve procedere con l’approvazione di un altro ordine del giorno e il presidente della Giunta avrebbe dovuto illustrare al Consiglio una valida proposta in vista della convocazione in sede del Consiglio dei ministri e avrebbe dovuto illustrare i positivi risultati ottenuti sulla base del mandato ricevuto lo scorso giugno».

La consigliere di Forza Italia, Alessandra Zedda, ha dichiarato voto a favore ed ha sottolineato che ai consiglieri di Fi è stata concessa libertà divoto. «Non ci fidiamo dello Stato – ha dichiarato l’esponente della minoranza – e riponiamo nel presidente della Giunta fiducia perché sappia ottenere un risultato positivo nella trattativa con lo Stato sul tema delle servitù militari».

Il consigliere di Soberania e Indipentzia, Augustro Cherchi, ha dichiarato voto favorevole e pieno sostegno all’azione del presidente Pigliaru ed ha inoltre definito un altro esempio della “slealtà di Stato nei confronti della Sardegna” il caso della Maddalena e di Santo Stefano.

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha nuovamente insistito nel richiamare l’attenzione di alcuni consiglieri che hanno annunciato il voto contrario, sul fatto che l’oggetto dell’ordine del giorno riguarda solo la servitù di Santo Stefano. Non è in discussione la legittimità del voto, ha chiarito, «ma non si può dire che non si è fatto nulla a distanza di pochi mesi dall’ordine del giorno del giugno 2014 tacendo sul fatto che in realtà non si è fatto nulla per anni; la seconda conferenza sulle servitù e l’accordo col Governo sono fatti concreti che non possono essere sottovalutati».

Il consigliere Ugo Cappellacci (Forza Italia) annunciando il voto favorevole, ha chiarito che si tratta di «un voto dato a malincuore, perché è mortificante assistere all’atteggiamento del Governo che mette sempre la Sardegna all’ultimo posto». Cappellacci ha ricordato in proposito di aver partecipato al Consiglio dei Ministri prima dell’adozione di un provvedimento e non dopo e già questo è di per sé un fatto grave; «allora il Governo ignorò comunque l’opinione della Regione anche se la Difesa assicurò che sarebbe stata l’ultima volta». «La lezione di quella vicenda del passato – ha concluso Cappellacci – è che lo Stato viene meno alla parola data e non rispetta il principio di leale collaborazione istituzionale». Vada a Roma e faccia valere le ragioni della Sardegna, ha detto, infine, rivolgendosi al presidente Pigliaru, «tenendo presenti anche precedenti come questo che è solo la punta di un iceberg».

Il capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, ha assicurato il sostegno del gruppo all’ordine del giorno ma il documento è una deminutio rispetto a quello votato nel giugno dell’anno scorso. Cinquant’anni fa su istituito l’obbligo di una servitù a Santo Stefano, ha affermato Dedoni, «che non venne mai ratificato dal Parlamento, negli anni successivi ci sono stati solo rinnovi». Ora bisogna difendere la Sardegna senza se e senza ma, ha concluso, «soprattutto perché il quadro internazionale è cambiato, il sistema di difesa dello Stato cambierà a sua volta e la Sardegna deve avere la capacità di cogliere le opportunità derivanti da queste trasformazioni trasformandole in ricadute economiche ed occupazionali positive».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente Ganau ha messo in votazione l’ordine del giorno, che il Consiglio ha approvato con 42 voti favorevoli, 5 contrari e 2 astenuti. Successivamente è stata convocata la conferenza dei capigruppo in sede politica mentre l’Aula riprenderà i suoi lavori domattina alle 10.00.

Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Si è svolta stamane la seduta congiunta Consiglio regionale – Consiglio delle autonomie locali, sullo stato del sistema delle autonomie in Sardegna.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Secondo l’ordine del giorno della seduta congiunta con il Cal, i lavori prevedono l’intervento del presidente del Consiglio regionale, seguito da quello del presidente del Cal, di 5 sindaci e dei consiglieri regionali di maggioranza e opposizione, con a disposizione un tempo di 10 minuti ciascuno: concluderà la sessione il presidente della Regione.

Nel suo intervento il presidente del Consiglio Gianfranco Ganau ha sottolineato fra l’altro che, in occasione dei 10 anni dall’istituzione del Cal, «è necessario uscire da ogni ritualità per avviare un confronto vero su temi che riguardano la Sardegna, i territori, i cittadini, confronto sempre più stringente e necessario per le comunità». «Ci troviamo di fronte ad una gravissima crisi – ha proseguito il presidente – che ci impone un’elevata capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini con sempre meno risorse non compensate nemmeno in parte dall’incremento della tassazione locale; affrontiamo ogni giorno crescenti difficoltà nel mantenimento dei servizi essenziali, che si traducono anche in segnali di malessere progressivo che  non possono essere sottovalutati per svolgere al meglio quel compito della buona politica che tutti vogliamo rappresentare». Rivolgendo un pensiero al sindaco di Bultei recentemente vittima di un attentato, Ganau ha affermato che «i sindaci non possono essere lasciati soli e la solidarietà non basta; servono segnali di attenzione da parte delle istituzioni centrali per consentire il pieno e libero esercizio delle funzioni amministrative, garantendo la sicurezza delle famiglie degli amministratori ed assicurando alla giustizia i criminali».

Affrontando il tema della legge finanziaria regionale, il presidente del Consiglio si è detto convinto della necessità di «superare i problemi con soluzioni innovative su istruzione e sanità e politiche sociali, sostegno alla produzione e mobilità, affrontando le numerose crisi senza sconto per danni ambientali ma anche senza nostalgie per un passato non più proponibile, fatto da tante criticità storiche irrisolte da decenni  per le quali si è ormai consumato ogni margine di tempo». «Oggi – ha sostenuto – servono risposte rapide ed adeguate e non possiamo sbagliare e, in questo quadro, occorre respingere scelte che privilegiamo l’accentramento di funzioni». In concreto, il presidente del Consiglio regionale si è dichiarato a favore del fondo unico per gli Enti locali, «che va sostenuto anche rivedendo i criteri di ripartizione ed affiancato da nuove risorse per mutui, con una forte condivisione riguardante opere strategiche come il settore idro-geologico e quello della viabilità». Altro argomento importante per il futuro delle Autonomie citato dal presidente Ganau, quello della riforma degli Enti locali che, ha precisato, «dovrà essere rispettosa dei territori e della loro storia, con una collocazione efficiente delle funzioni pubbliche, capace di superare ogni ipotesi di centralismo regionale, una riforma che richiederà anche una modifica della legge istitutiva dello stesso Cal aggiornando il suo ruolo su basi nuove provenienti dalla novità della cancellazione delle Province». «In questo ambito – ha concluso Ganau – una modifica possibile potrà riguardare l’obbligo per il Consiglio regionale di riesaminare una legge in presenza di un parere negativo del Cal; il confronto fra Regione ed Enti locali, insomma, dovrà raggiungere in tempi brevi obiettivi irrinunciabili che possono essere raggiunti solo con una politica di forte coesione, il Parlamento recentemente non ha dato un bell’esempio di se ed auspico che il Consiglio, al contrario, possa dare da subito un bell’esempio di buona politica, pena l’ulteriore allontanamento dei cittadini dalle Istituzioni».

E’ poi intervenuto il presidente del Cal, Giuseppe Casti. «Quello di oggi è un importante momento di confronto – ha affermato – e di discussione tra le diverse Istituzioni della Sardegna e arriva in un periodo particolarmente delicato. In un momento così complesso per le istituzioni, la finanza pubblica e per il ciclo economico, dobbiamo basare la nostra azione di rappresentanza del sistema locale, assieme all’Anci e alle altre associazioni, sul forte senso di cooperazione istituzionale». Il presidente del Cal ha ricordato la grave crisi che sta colpendo ogni settore dell’Isola, che è diventata ormai una crisi sociale. Casti si è poi soffermato sul problema della finanza. «Gli enti locali sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto sull’altare del risanamento economico dello Stato», evidenziando che sono i Comuni le Istituzioni più vicine ai cittadini e a cui vengono richieste risposte per i problemi di tutti i giorni. A causa della crisi crescente gli enti locali «si stanno trasformando nella trincea della disperazione e della rassegnazione». Casti ha ancora sottolineato le difficoltà che affrontano ogni giorno gli amministratori locali e, a causa delle tensioni sociali crescenti, anche i rischi per la propria vita con attentati e atti intimidatori. «Comprendere il ruolo dei Comuni – ha affermato il presidente del Cal – non significa fornire loro un attestato di merito, ma fornire agli enti locali mezzi reali, individuabili e immediatamente spendibili».

Casti ha poi dato parere favorevole alla contrazione di mutui e finanziamenti se finalizzate alla realizzazione di infrastrutture «propedeutiche allo sviluppo delle attività produttive, come reti stradali e portuali», con il coinvolgimento delle amministrazioni locali. Il presidente del Cal ha poi lamentato il taglio del Fondo di solidarietà di un miliardo e mezzo previsto nella Legge di stabilità, e ha affermato di temere che la Regione voglia procedere sulla stessa strada.

«Sulla finanziaria regionale Cal e Anci hanno già lamentato il taglio del Fondo Unico, risorsa indispensabile per i Comuni per l’attuazione delle politiche sociali, per lo sviluppo e l’occupazione e per il diritto allo studio». Casti ha rilevato che la collaborazione offerta dal Cal alla Giunta e alla Commissione competente non ha portato risultati. Parere positivo sul Capo II (opere pubbliche e infrastrutture) per la disponibilità a riscrivere la norma sul Fondo per la progettazione e per l’istituzione di un tavolo tecnico sul rapporto tra le nuove regole di contabilità e procedure dei lavori pubblici di interesse locale e la procedura di de finanziamento.

Forti critiche invece sul Capo VI, che ha portato il Cal a ribadire le proprie proposte: ripristino del Fondo unico, copertura del patto verticale incentivato e incremento delle risorse per il fondo delle povertà estreme. Negativo anche il giudizio del Cal sugli strumenti di programmazione: «Fatichiamo a vedere un omogeneo disegno di sviluppo per l’Isola. Casti ha poi chiesto più attenzione a tutte le aree urbane e non soltanto a Cagliari, Sassari e Olbia. Bene invece «la forte riduzione dell’obiettivo nominale del Patto di stabilità per il 2015».

Il presidente del Cal ha inoltre sollecitato l’intervento della Regione e del Consiglio regionale per ridurre la spesa sanitaria e liberare così risorse da destinare allo sviluppo. Per Area e Ente foreste, Casti ha infine chiesto che le riforme degli enti vengano fatte con il coinvolgimento delle istituzioni locali, su cui questa Finanziaria dovrebbe puntare.

Il consigliere del gruppo “Sardegna”, Mario Floris (Uds), ha sottolineato il carattere non solo formale della seduta congiunta con il Cal ed ha definito la riunione odierna “storica” in quanto potrebbe essere l’ultima con l’attuale composizione del Consiglio delle autonomie locali, considerato che entro il prossimo anno si dovrà realizzare la riforma degli Enti Locali.

Il già presidente della Giunta regionale ha ricordato la legge istitutiva del Cal che, a partire dal 2005, ha riconosciuto dignità istituzionale alla Consulta ed ha dichiarato nei fatti “esaurita” la funzione e la carica propositiva del Cal, così come era stata immaginata al momento della sua istituzione. «Gli Enti locali – ha spiegato Mario Floris – avrebbero dovuto essere non solo attuatori ma i promotori  dello sviluppo dal basso». «Così non è stato – ha proseguito il leader dell’Uds – e non per colpa degli Enti Locali ma per il fatto che la Regione, nel corso dell’ultimo decennio,  non ha saputo fare squadra con gli Enti Locali sardi».

Mario Floris ha ricordato, quindi, il generale clima di contrasto che caratterizza il rapporto tra la Regione e i Comuni e le Province sarde ed ha affermato che “gli Enti locali sono ormai da tempo sul piede di guerra”. Il consigliere della minoranza consiliare ha quindi elencato i recenti temi su quali si è consumato il contrasto con la Regione e che, a giudizio di Floris, hanno tracciato “un quadro desolante dei rapporti tra le istituzioni”: Imu agricola, legge di stabilità, patto di stabilità, dimensionamento scolastico, razionalizzazione dei servizi ad incominciare da quelli postali e bancari.

«Sulle materie che attengono il territorio – ha proseguito Floris – la Regione ha agito come “guastatore” e con il blocco del piano casa si è deciso di far cessare i positivi effetti che l’iniziativa ha prodotto nelle singole realtà territoriali».  A questo proposito Mario Floris ha ricordato il pronunciamento del Consiglio regionale che ha impegnato la Giunta a procedere con la proroga del piano casa qualora entro il 29 novembre 2014 non fossero state approvate nuove norme in materia di edilizia. «Ad oggi – ha proseguito l’ex assessore della Giunta Cappellacci – il piano casa è scaduto, l’impegno del Consiglio è stato disatteso e non c’è alcuna norma sull’edilizia all’ordine del giorno».

Mario Floris ha inoltre rivolto critiche per la decisione a suo tempo assunta dalla Giunta Pigliaru che all’indomani del suo insediamento ha deliberato l’annullamento della revisione del Piano paesaggistico regionale, nonostante quest’ultimo fosse stato varato a conclusione di percorso che ha visto il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati ad incominciare dai Comuni. «L’assessore Erriu – ha incalzato il consigliere dell’Uds – ha dovuto disconoscere in qualità di assessore all’Urbanistica quanto ha contribuito a realizzare nella sua funzione di presidente dell’Anci».

Floris ha quindi denunciato il ritardo con il quale si procede nella riforma degli Enti Locali in Sardegna («entro il prossimo 8 aprile senza l’approvazione della riforma entreranno in vigore le disposizioni della legge Delrio») ed ha concluso dichiarando di condividere le affermazioni dell’attuale presidente dell’Anci, Piersandro Scano: «I Comuni determinano la tenuta del tessuto sociale e economico della nostra Isola».

Il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, ha quindi concesso la parola al sindaco di Sassari, Nicola Sanna, che in apertura del suo intervento nel ricordare il “carattere unitario della riunione” ha riaffermato la necessità di “un nuovo sviluppo”.

«I sindaci della Sardegna – ha dichiarato Sanna – sono sindaci in trincea, come lo è il sindaco di Bultei che di recente è stato vittima di attentati e minacce.»

Il primo cittadino di Sassari ha quindi sottolineato il ruolo e le difficoltà che caratterizzano l’operato della amministrazioni comunali che – ha spiegato Sanna – «hanno garantito gli equilibri di finanza pubblica in questi anni di crisi profonda e scarsità di risorse. Fino a cinque anni fa – ha proseguito Nicola Sanna – eravamo in grado di finanziare i nostri bilanci con una quota di tassazione locale pari al 20% mentre oggi siamo vicini alla soglia del 50%».

Sanna ha auspicato il recupero della “procedura incrementale del fondo unico per gli Enti locali” e l’effettivo trasferimento di competenze e funzioni nei territori.

Il sindaco sassarese ha quindi ribadito l’attualità del dibattito sul ruolo delle aree urbane e aree interne: «Le aree urbane non possono più essere considerate più come attrattori di popolazione a discapito delle aree interne che devono invece rappresentare la salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile con un reale trasferimento di funzioni e risorse».

L’ulteriore invito del sindaco Sanna alla Giunta e al Consiglio ha riguardato la necessità che sulle riforme si evitino le “tentazioni centralistiche”. «Sul tema delle riforme – ha concluso Nicola Sanna – il Cal dovrà essere protagonista ed a questo proposito ricordo il testo elaborato dal Consiglio delle autonomie che esalta tutte le autonomie».

Le conclusioni hanno riguardato la legge finanziaria («riteniamo si possa fare qualcosa di più per la spendita delle risorse destinate allo sviluppo locale») e le risposte attese dall’incontro Regione-Cal («ci attendiamo risposte strutturali ai bisogni del popolo sardo»).

Il sindaco di Nuoro Sandro Bianchi ha incentrato il suo intervento sul tema dell’acqua e, in particolare, sulla legge che istituisce l’Ente di governo d’ambito, approvata dal Consiglio regionale il 4 febbraio scorso.

Bianchi, dopo aver espresso soddisfazione per l’approvazione del provvedimento, ha segnalato diverse criticità dello stesso e avanzato alcune proposte di modifica. «Dal primo gennaio 2015 l’ex Autorità d’ambito ha funzionato sotto regime di prorogatio con un commissario che esercitava solo l’ordinaria amministrazione – ha detto Bianchi – questo ha bloccato i progetti, serve una correzione della norma che consenta di accelerare i processi decisionali altrimenti rischiamo di andare avanti per mesi limitandoci agli atti di ordinaria amministrazione». Bianchi ha quindi segnalato i tempi lunghi che serviranno per istituire il Comitato istituzionale d’ambito che dovrà poi approvare uno Statuto prima di poter procedere alla definizione delle cariche interne e delle relative funzioni. «Occorre sanare questo vulnus di funzionalità – ha affermato il sindaco di Nuoro – se i vuole scongiurare il pericolo di una vacatio istituzionale».

Bianchi ha poi evidenziato il mancato accoglimento di un’altra richiesta avanzata dalle autonomie locali: la restituzione delle quote di Abbanoa ai comuni da parte della Regione. «La legge recentemente approvata dal Consiglio prevede una restituzione nell’arco di cinque anni, con la Regione che può mantenere fino al 49% delle quote. Una disposizione che contrasta con la dichiarata volontà di trasferire più competenze agli enti locali».

Dal sindaco di Nuoro, infine, una richiesta di  modifica dei criteri che regolano la partecipazione all’Ente di governo d’ambito. «Dell’organismo si fa parte pagando le quote ma sono solo i comuni a farlo – ha concluso Bianchi – lo si preveda anche per la Regione. Quest’ultima dovrebbe farsi carico anche delle quote delle ex province».

Accalorato l’intervento del sindaco di Bortigiadas, Emiliano Deiana, che ha denunciato l’attacco in atto contro le comunità locali. «A me pare che ad ogni livello ci sia una costante – ha detto Deiana – l’avversione verso il piccolo, il multiforme, il periferico. Razionalizzare in modo ragionieristico non porta a nulla. Il Governo, dal 2009 a oggi, ha tagliato 31 miliardi di euro agli enti locali, questo non è servito a migliorare i conti dello Stato. Il 97,5% del debito pubblico continua ad essere prodotto dall’apparato centrale». Il sindaco di Bortigiadas ha quindi rivolto una domanda al Consiglio e alla Giunta regionale: «Vogliamo sapere se rappresentiamo un fastidio o se invece ritenete che il sistema della autonomie locali debba continuare ad essere considerato un elemento costitutivo dell’organizzazione pubblica».

Deiana ha poi rimarcato la necessità di pensare a una Sardegna che esalti le differenze e lotti contro l’abbandono dei piccoli centri. «La difesa della scuola, il mantenimento dei servizi e dei presidi delle forze dell’ordine nei piccoli paesi sono essenziali per arginare lo spopolamento. Non è possibile pretendere che un milione e seicentomila sardi vadano a vivere in tre grossi centri. Non si risolve nulla accentrando le funzioni. Le Unioni dei comuni saranno utili solo per la gestione associata di alcuni servizi ma, per come sono state pensate, non saranno garanzia di democrazia. La sfida del progresso – ha concluso Deiana – richiede più democrazia e valorizzazione delle differenze».

Omar Hassan, sindaco di Modolo, ha condiviso gli argomenti sollevati dagli amministratori locali «e spero che arrivino alle orecchie di chi può decidere, per dare senso a questa riunione». Hassan, subito dopo, ha però lamentato che «il rapporto Comuni-Regione non è paritario, perché ci si trova spesso mortificati da un atteggiamento che vuole comprimere le prerogative dei Comuni, mentre è necessaria una stagione nuova». Come esempio della distorsione del rapporto istituzionale fra livelli di governo, Hassan ha citato il recente bando della Regione sulle opere cantierabili, «un bando non chiaro che ha messo i Comuni l’uno contro l’altro, un bando che ha attivato un meccanismo perverso a favore dei grandi Comuni, mentre i Comuni piccoli sono rimasti penalizzati anche dal taglio delle scuole, un danno incalcolabile». La riforma dell’istruzione è necessaria, ha detto ancora il sindaco di Modolo, «ma riformare la formazione significa innanzitutto avere il coraggio di formare l’Università che deve fare solo ricerca senza pretendere di essere dappertutto». Parlando del ruolo del Cal, Hassan ha auspicato «un ruolo di vera rappresentanza, espressione di un organismo dinamico che possa lavorare tutti i giorni ed incidere concretamente nelle scelte del Consiglio regionale, soprattutto in caso di pareri contrari su leggi e provvedimenti». Il sindaco di Modolo ha poi sollecitato una tempestiva azione della Regione sia per l’approvazione del Piano energetico, «perché non è accettabile che la Sardegna produca il 42% in più del suo fabbisogno e paga il 50% in più la sua bolletta energetica», che per il Piano dei rifiuti, «perché occorre andare verso una tariffa unica regionale per i rifiuti», che infine per il Piano straordinario per il lavoro, «perché nelle realtà decentrate l’unica vera impresa percepita dai cittadini è il Comune che però non ha risorse».

Massimo Zedda, Sindaco di Cagliari, ha posto l’accento sugli attentati che hanno colpito gli amministratori locali della Sardegna, ricordando in particolare quello diretto contro l’abitazione privata del sindaco di Bultei, dove è emersa con chiarezza la volontà di uccidere. «Non è la questione delle tasse che arma la mano dei criminali – ha detto Zedda – è il clima creato attorno ai Comuni, soprattutto in quei Comuni dove operano amministratori che hanno voluto tutelare l’interesse pubblico e la legalità; forse non sono atti di criminalità organizzata ma gesti folli ancora più preoccupanti, più difficilmente prevedibili e controllabili». «Il problema centrale di questi tempi – ha continuato Zedda – è e resta quello dell’astensionismo, emerso in modo emblematico dopo le elezioni dell’Emilia Romagna, dove la disoccupazione è massimo al 4% con un 20% di immigrati integrati e si è comunque tornati indietro agli anni ’60; per noi Sardi significa che tempi e ritmi della politica devono essere fortemente accelerati». Abbiamo il dovere di mettere in campo tutti gli strumenti utili, ha affermato ancora il sindaco di Cagliari, «per arginare il fenomeno dello spopolamento, per invertire una tendenza secondo la quale la città metropolitana di Cagliari rischia di avere a se il deserto, perché è vero che oggi qualcuno si sta spostando verso le aree urbane ma domani le stesse persone potrebbero decidere di emigrare, come dimostra l’esempio dell’Ogliastra dove, di fronte alla scelta se andare a Cagliari o Sassari a studiare, si sceglie di andare nella penisola». Nei piccoli Comuni sardi, ha ricordato ancora Zedda, «lo sportello postale e la piccola scuola sono ancore di salvezza ma ciò che davvero manca sono le occasioni di lavoro». Nel Chianti, ha continuato Zedda citando il caso della Toscana, «i cittadini scelgono di rimanere nei piccoli borghi, in Lombardia si organizza l’Expo sui temi dell’economia sostenibile mentre, in Sardegna, in pochi anni si è cercato di smantellare il piano paesaggistico regionale, smontando la cornice che avrebbe dato opportunità e certezze di investimento». Dopo aver invitato ad uscire da una certa retorica dello Statuto sardo privilegiando un esercizio quotidiano di autonomia fondato su valori e contenuti, Zedda ha definito «inammissibile che da 11 anni resti nei cassetti della Regione una legge sull’istruzione, fatto che richiama alle proprie responsabilità future una intera classe dirigente». Concludendo con un accenno alla finanza locale, il Sindaco di Cagliari ha dichiarato che «intervenire su tasse si può, ma nella chiarezza, ad esempio in materia di rifiuti eliminando tariffe doppie che nel resto d’Italia che, a parte l’insostenibilità dei costi, stanno facendo saltare anni di politica ambientale, alimentando una percezione negativa dei cittadini che identificano la differenziata come un ulteriore aggravio fiscale».

«Sono parzialmente soddisfatto di come stanno procedendo i lavori di oggi», ha affermato il capogruppo di Sel, Daniele Cocco. «I sindaci hanno rappresentato bene le criticità della nostra Sardegna». Per Cocco il Consiglio e la Regione devono proporre soluzioni, «non più a parole ma con atti concreti. Credo che sia l’impegno da assumere e che non sia più prorogabile». Il capogruppo di Sel ha ricordato di aver proposto di tenere la seduta congiunta a Bultei con l’obiettivo di confermare la ferma condanna agli attentati contro gli amministratori, ma anche per dire a un’intera comunità che non è sola. Cocco ha poi ricordato che la risposta dello Stato è stata avvilente: anziché rafforzare la propria presenza ha deciso di chiudere la caserma di Burgos e la scuola di polizia di Foresta Burgos. «Noi dobbiamo invece tenere altissima l’attenzione su queste realtà – ha affermato – con la Finanziaria cercheremo di dare, se non tutte, almeno una parte delle risposte alle richieste dei sindaci».

E’ poi intervenuto il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, il quale ha rilevato che la situazione rappresentata dai sindaci è drammatica, e i dati confermano che anche questa’anno sarà difficile e complicato. Il dibattito è stato efficace e ha portato l’attenzione su problemi veri, ha detto. «Un grido d’allarme – ha aggiunto Cocco – che non resterà inascoltato e deve trasformarsi in azioni concrete». Il capogruppo del Pd ha poi fatto un rapido bilancio di un anno di legislatura, evidenziando la bontà dell’accordo con lo Stato che ha consentito il superamento del Patto di stabilità: «Uno strumento straordinario perché consentirà di utilizzare tutti i fondi disponibili». Cocco ha evidenziato anche l’importanza del ruolo del presidente della Regione nella seconda conferenza nazionale sulle servitù militare e ha annunciato la presentazione di una mozione sulla base di Santo Stefano. L’esponente della maggioranza ha poi ricordato l’importanza di difendere la specialità della Sardegna, oggi sotto attacco da parte del Governo che sta cercando di tornare a un forte centralismo dopo il fallimento del federalismo. «Oggi noi dobbiamo fare battaglie di prospettiva – ha concluso – non di retroguardia».

Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa, ha sottolineato il generale clima di “attacco” a cui è sottoposto l’intero sistema delle autonomie regionali. «Per decenni – ha spiegato il consigliere – l’autonomia ha rappresentato uno degli obiettivi politicamente più ambiziosi mentre oggi è diventata l’esempio in negativo del nostro sistema istituzionale». A giudizio di Cossa, dinanzi a questa situazione, si deve esercitare la nostra autonomia costituzionale per rendere il sistema “sostenibile” sotto l’aspetto economico e democratico.

Il rappresentante della minoranza consiliare ha definito quello attuale il “peggiore momento della storia per gli Enti Locali”, a suo giudizio stretti tra la disperazione delle famiglie e dei cittadini ed i tagli ai bilanci che compromettono l’erogazione persino dei servizi essenziali. «Il tutto – ha spiegato Cossa – rappresenta una spinta all’innalzamento della tassazione locali che ha ormai raggiunto livelli non più tollerabili». A questo proposito, Michele Cossa, ha rivolto un invito all’assessore della Programmazione, Raffaele Paci, perché sia previsto in Finanziaria un intervento teso a evitare l’impatto dell’Imu agricola nelle comunità regionali.

«La tassazione al livello comunale – ha insistito Cossa – è inoltre diventata aggiuntiva rispetto all’imposizione statale ed è questa una delle cause dello scaricare sulle amministrazioni locali le tensioni sociali che minano alla radice i valori condivisi di sussidiarietà e autodeterminazione». «La conseguenza – ha aggiunto l’esponente dei Riformatori – è la fuga dei cittadini dalla politica e anche dall’impegno per il governo dei paesi e delle città».

Michele Cossa ha quindi fatto riferimento al fondo unico per gli Enti locali – ricordandone l’istituzione nel 1993 al fine di evitare il pericolo clientelare nel rapporto tra Regione e Enti locali per quanto attiene i trasferimenti delle risorse – ed ha denunciato il rischio che tali pratiche possano ripetersi con riferimento ad alcuni recenti bandi («poco trasparenti») per l’assegnazione delle risorse pubbliche.

Per ciò che attiene le riforme, Cossa ha definito “indispensabile e centrale” quella che riguarda il sistema degli Enti Locali e non soltanto per dare corso alle volontà referendarie quanto perché serve un nuovo modello snello e sostenibile in tempi in cui è a rischio la tenuta sociale. «Ma – ha concluso il consigliere dei Riformatori – se la riforma è quella che ci viene prospettata non ha senso smantellare le Province per varare un assetto ancora peggiore».

Il presidente Ganau ha quindi concesso la parola al presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che in apertura del sui intervento ha ricordato ai rappresentanti del Cal “come ci si debba considerare tutti insieme parte del governo della cosa pubblica”. «Non si possono spostare le responsabilità – ha proseguito il governatore – perché siamo un governo multilivello e se è vero che i sindaci sono considerati l’amministrazione più prossima ai cittadini, è altrettanto vero che il tutto è valido anche per questo livello del governo».

Il presidente ha dunque invitato tutti ad “una piena assunzione di responsabilità” per mettere “sul piano proprio il dialogo e il confronto tra la Regione e gli Enti locali”.

Il capo dell’esecutivo ha quindi introdotto il tema della legge finanziaria («la prima manovra che segna l’avvio di un percorso nuovo») e della riforma degli Enti locali. La Giunta – ha spiegato Pigliaru – ha approvato il disegno di legge in materia ed ha raccolto “la richiesta di cambiamento e le istanze riformatrici della società sarda” senza tralasciare “le corrette istanze di rappresentanza democratica”. Nella proposta della Giunta – ha proseguito – si riconoscono due livelli di governo, i Comuni e la Regione: a quest’ultima sono assegnati i compiti di indirizzo, programmazione e controllo mentre i Comuni rappresentano l’amministrazione “attiva”, privilegiando la forma associata per soddisfare i criteri di economicità e efficienza gestionale».

Il presidente ha definito i Comuni come “i veri protagonisti del cambiamento” e come “l’insostituibile riferimento per i cittadini”. «La parità di accesso ai servizi – ha proseguito – è il principio ispiratore della nostra riforma e l’unione dei comuni serve per migliorare l’efficacia dell’amministrazione e assicurare migliori servizi ai cittadini».

Il governatore ha quindi affrontato il tema dello spopolamento («auspico un confronto aperto e serrato sulla questione») ed ha affermato con riferimento alle recenti polemiche sulla cancellazione delle pluriclassi: «Lo spopolamento nasce dall’assenza del lavoro e di prospettive di sviluppo e non già dalla chiusura delle pluriclassi e lo sviluppo non si costruisce nell’ambito di un singolo comune ma a livello di territorio». «Lo sviluppo è globale e locale – ha affermato Pigliaru – e su questo giochiamo la nostra scommessa ben sapendo che l’unione fa la forza e le divisioni fanno la debolezza di tutti». Il presidente ha quindi preannunciato incontri e confronti nei diversi territori dell’Isola «per spiegare ai sardi che sviluppo significa pari opportunità e benessere».

Il presidente della Regione, nella parte conclusiva del suo intervento, ha quindi fatto riferimento alla riduzione dei trasferimenti agli Enti Locali ed alla tassazione al livello comunale. «In Sardegna – ha dichiarato – la leva impositiva spostata dal Governo centrale ai Comuni non ha funzionato e non ha generato gli effetti sperati». Pigliaru ha quindi ricordato come il livello di autonomia impositiva nell’Isola sia pari al 33% a fronte di una media nazionale del 61% e l’autonomia finanziaria sia del 44% contro la media italiana dell’83%. Al contrario l’incidenza della spesa per il personale è pari al 21% contro la media nazionale del 25% («significa che i Comuni non sperperano risorse») mentre la Regione sarda è quella che garantisce i maggiori trasferimenti agli Enti Locali: 700 euro pro capite a fronte di una media italiana di 171 euro.

Il presidente della Giunta ha manifestato solidarietà al sindaco di Bultei ed ha annunciato di aver sottoposto all’attenzione del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, la necessità di affrontare il tema della sicurezza degli amministratori in un apposito incontro da tenersi in Sardegna.

Al termine della discussione, il presidente Ganau ha chiuso la seduta dopo aver ringraziato sindaci, Giunta e consiglieri regionali presenti in aula. I lavori del Consiglio sono ripresi nel pomeriggio con all’ordine del giorno il tema delle servitù militari e l’esame delle manovra finanziaria 2015.

Non si ferma la battaglia della comunità di Cortoghiana in difesa dell’ufficio postale che rientra nel piano di chiusure deciso da Poste Italiane. Le Acli di Cortoghiana hanno diffuso una nota, firmata dal presidente Bruno Rigato, con a quale comunicano di aver inviato a Poste italiane Spa, al presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru, e al sindaco di Carbonia, Giuseppe Casti, 600 firme, per impedire la chiusura dello sportello postale di Cortoghiana.

Cortoghiana - Piazza Venezia copia

La maggioranza di centrosinistra ha condiviso impostazione complessiva e filosofia della manovra da 7 miliardi e 800 milioni di euro che ha i suoi capisaldi nel superamento del Patto di stabilità da una parte e nella programmazione unitaria dei fondi europei, nazionali e regionali dall’altra, e che mette in atto politiche keynesiane per un immediato e deciso rilancio dell’economia sarda.
Dopo un confronto con il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, e gli assessori di Bilancio e Programmazione Raffaele Paci e della Sanità Luigi Arru, la coalizione di governo ha deciso di ripristinare l’importo delle risorse destinate ai malati gravi non autosufficienti in attesa di fissare al più presto nuove regole in un settore che va risistemato a tutela prima di tutto degli stessi disabili gravi e delle loro famiglie. Con un emendamento di Giunta e maggioranza da 43 milioni di euro, i fondi che servono a finanziare il comparto del sociale, tra cui la legge 162 sui malati non autosufficienti, il Progetto “Ritornare a casa” e le leggi di settore, è stato riportato a 242 milioni dai 199 inizialmente previsti.
Durante il vertice di maggioranza è stata anche sottolineata la necessità, ormai non più rinviabile, di razionalizzare la spesa sul sociale per evitare sprechi e inappropriatezza delle prestazioni.
«In particolare saranno attentamente osservati e poi valutati il grado di disabilità, il reddito, la cumulatività degli interventi – ha spiegato il presidente Pigliaru -. In questo modo vogliamo garantire al massimo chi ha davvero diritto all’assistenza, non facendogli mancare nessun aiuto economico. E questo, a lungo termine può essere realizzato solo evitando sprechi dovuti alla mancanza degli indispensabili e accurati controlli in un settore così delicato.»
Per questo, nei prossimi mesi, da parte dell’Assessorato della Sanità sarà avviato un percorso da condividere con associazioni, Comuni e soggetti interessati per individuare le linee guida che porteranno all’individuazione di nuove norme. Nel frattempo, in attesa che tale percorso sia completato e messo in atto, la Giunta guidata da Francesco Pigliaru insieme alla maggioranza di centrosinistra ha deciso di ripristinare i fondi per la Legge 162 e gli altri interventi, a dimostrazione della grande e costante attenzione da parte dell’esecutivo nei confronti del sociale. Anche l’assessore Arru garantisce che la revisione dell’attuale normativa non comporterà nessun taglio lineare alle politiche sociosanitarie, bensì una efficace razionalizzazione del sistema.
«Stiamo analizzando la complessa situazione del settore con le parti sociali e le associazioni – ha detto l’assessore della Sanità –, con un obiettivo chiaro e preciso: tutelare chi ne ha davvero bisogno e diritto. In Sardegna c’è una spesa sociale molto alta, e situazioni di inappropriatezza su cui la Giunta vuole fare completamente luce perché mettono a rischio la tutela dei più deboli nei confronti dei quali l’attenzione è invece massima e costante.»
Nel vertice di maggioranza si è anche condiviso il miglioramento fatto alla finanziaria dopo le audizioni e il dibattito in terza commissione.
«In particolare – ha sottolineato l’assessore al Bilancio Paci – sono state incrementate alcune poste del Bilancio per un totale di 45 milioni di euro, dando priorità a quei settori che Giunta e maggioranza ritengono fondamentali e strategici per la Sardegna e per il proprio programma di governo.»
Vengono infatti stanziati 13 milioni in più per Spettacolo, Cultura e Sport ovvero per biblioteche, cinema, spettacolo, associazioni sportive; 9 milioni in più vanno a Istruzione e Università (Ersu, Erasmus, Ricerca, Diritto allo Studio); il settore Lavoro incasserà 5 milioni in più da destinare a lavoratori socialmente utili e cantieri mentre 8,2 in più ne avrà a disposizione l’Agricoltura per Consorzi di bonifica, comparto ippico, APA, Agris; 3 milioni e mezzo in più sono destinati alle Attività produttive (Expo, artigianato, turismo, aree crisi), 3 al Sociale (associazioni disabili, centri antiviolenza, volontariato), 3,5 a Enti Locali e Associazionismo (dal Cal alle Province).
Palazzo della Regione 1 copia

 

Paolo Maninchedda 12 copia
Via incroci a raso e semafori dalla 554: entro un mese e mezzo da oggi, nella prima settimana di maggio, sarà approvata la stipula definitiva del nuovo accordo di programma sulla Statale “Cagliaritana”: un intervento storico per la viabilità in Sardegna che cambierà la qualità della vita dei 400 mila sardi che ogni giorno percorrono quella strada.
Oggi, al primo piano della Torre nella sede della Regione, si è tenuta la Conferenza preliminare sul nuovo Accordo di programma fra Regione, Anas, Provincia di Cagliari e Comuni di Cagliari, Monserrato, Quartu Sant’Elena, Quartucciu, Selargius. È stato concordato un cronoprogramma dettagliato e serrato che porterà, dopo la sottoscrizione dell’accordo preliminare di oggi, alla firma dell’accordo definitivo ai primi di maggio.
L’assessore dei Lavori pubblici, Paolo Maninchedda, delegato dal presidente della Regione Francesco Pigliaru all’intera gestione dell’accordo di programma, ha spiegato che per non perdere i finanziamenti la gara deve essere bandita a giugno e aggiudicata entro il 2015.
«Siamo consapevoli che il successo di una grande infrastruttura è legata anche al consenso e non solo alla funzionalità in senso stretto – ha sottolineato Maninchedda – Gli interventi su semafori e incroci a raso della 554 cambieranno la qualità della vita di centinaia di migliaia di persone. Oggi facciamo un passo importante, abbiamo rifatto il progetto della 554, l’abbiamo rifatto insieme ai Comuni e oggi i Comuni hanno approvato la prima bozza dell’Accordo di Programma, adesso deliberano i Consigli comunali, a giugno andiamo a gara ed entro l’anno aggiudichiamo i lavori. In questo modo un’altra delle arterie principali della Sardegna viene consegnata ai sardi con la garanzia di una migliore sicurezza e percorribilità.»
La sistemazione della 554 taglierà nettamente i tempi di percorrenza per gli automobilisti in entrata e in uscita da Cagliari.
«L’obiettivo è evitare i tempi lunghissimi, inaccettabili di percorrenza che son dovuti all’imbottigliamento di circa 400mila persone che vengono a lavorare a Cagliari. Con questo intervento si dovrebbe rendere più fluido anche il traffico fra la 131 e la 125, quello che passa da Villasimius e arriva a Tortolì. Non solo – conclude l’assessore Maninchedda -. Adesso provvederemo a mettere in sicurezza anche il tratto che va da Cagliari ad Assemini, decisamente molto pericoloso.»