24 April, 2024
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Una riflessione sul contemporaneo a opera di due registe che, con i loro film, hanno contribuito a portare l’attenzione su alcune delle pagine più dure del nostro tempo: i conflitti in Siria e Afghanistan.

Diana El Jeiroudi e Shahrbanoo Sadat sono le protagoniste della terza giornata del Carbonia Film Festival, in programma domani sabato 14 maggio nella città mineraria del Sulcis.

Diana El Jeiroudi porta in Sardegna il suo ultimo film, Republic of Silence, presentato fuori concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia (ore 18, Cine-teatro Centrale). Il documentario, girato dalla regista nell’arco di 12 anni insieme al partner e direttore dell’IDFA Orwa Nyrabia, racconta le tragedie del suo paese d’origine, la Siria.

The Orphanage è invece l’opera di Shahrbanoo Sadat, presentato alla Quinzaine des Realisateurs nel 2019, che ci mostra l’Afghanistan attraverso la storia di un gruppo di bambini cresciuti in un orfanotrofio (ore 21.00, Cine-Teatro Centrale).

Le registe incontreranno il pubblico del festival al termine delle proiezioni, ma le riflessioni proseguiranno anche nella giornata di domenica nel corso dell’incontro Il racconto del rifugio, tavola rotonda con filmmaker in esilio, in collaborazione con “International Coalition for Filmmakers at Risk”.

Per il progetto How To Film the World, il ciclo dedicato alla formazione dei giovani appuntamento invece al mattino (10,30, Biblioteca Comunale) con Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, registi di C’è un soffio di vita soltanto, che incontreranno gli studenti delle scuole del territorio e del progetto Carbonia Cinema Giovani.

Spazio anche alla musica con il ciclo Aperitivi sonori (ore 19.00, Jo Lounge Bar) che vedrà in consolle Carol Rollo con il suo Puta Caso DJ Set, un progetto sonoro che incrocia stralci di film, libri e podcast registrato in modo grossolano con un telefono cellulare.

Il sabato del Carbonia Film Festival si chiude ancora in musica (ore 23.00, Nuovo Caffè del Portico) con Macaco ed Antonio Benoni in Spingitori di dischi dj-set – per un mondo più funk, un excursus spazio-temporale tra i continenti africano e americano, dalle prime registrazioni di afrobeat nei sobborghi di Lagos, al funk crudo e puro made in Usa, passando per il funk latino delle metropoli brasiliane degli anni ’70.