29 March, 2024
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Non serviva il Covid per mettere in ginocchio molte aziende sarde. Per alcune di esse la sofferenza era in atto da tempo. Il virus è stato solo la battuta finale di una situazione economica già pesante. Sicuramente la pandemia è servita ad inasprire la crisi, ma nessun settore può ritenersi privilegiato, o avvantaggiato rispetto agli altri, quando la situazione è difficile già in partenza. Nel settore agropastorale e caseario lo sanno bene e da tempo, con la costante lotta per il prezzo del latte e i costi di filiera. Ma nei mesi scorsi anche la produzione ha dovuto subire una battuta d’arresto, causando una crisi ancora maggiore.
«Tutto il settore agricolo e agrituristico legato alle produzioni agricole ha avuto un crollo delle venditeafferma Diego Tidu, allevatore di Gonnesa e rappresentante Coldiretti Gonnesa -. Tutti i prodotti che andavano consumati in loco dai turisti, così così come dagli agriturismi o dai ristoranti, oggi sono fermi. Quindi chiediamo alla Regione o a chi di dovere un aiuto per fronteggiare quest’emergenza e poter andare avanti.»
È il momento di proporre delle soluzioni alternative, sempre che ce ne siano. Una proposta molto particolare arriva da Francesco Giganti, presidente dell’Associazione “Banco Alimentare e Culturale” di Carbonia.
«Noi crediamo nel tessuto economico della Sardegna. Abbiamo preso contatti con l’ambasciata americana a Roma. Ci hanno risposto immediatamente e si stanno creando i presupposti per cercare di aiutare e sostenere le imprese sarde. Il prossimo passoconclude Francesco Gigantisarà definire, nello specifico, come fare. Poiché negli ultimi 70 anni i Sardi hanno dato tantissimo agli Stati Uniti, noi chiediamo a gran voce, ai fratelli americani, di sostenerci in questa battaglia.»
Un tentativo, quello di Francesco Giganti, nato da una sua personale idea e che cerca il sostegno degli imprenditori isolani, strozzati dalla morsa di un disastro finanziario senza precedenti.
Ad aggiungere sale sulla ferita della già disastrosa crisi economica si è aggiunto un problema legato alla produzione delle mascherine. In periodo di pandemia ne servono illimitatamente e la produzione non basta a soddisfare la richiesta. Per sopperire alla mancanza, alcune aziende, anche sotto lo stimolo dato dallo Stato, hanno deciso di riconvertire la propria produzione in quella di mascherine, con l’obbligo, per alcune di loro, di acquistare i macchinari adatti. Per questa ragione, pochi mesi fa è nato il Consorzio Sardo Produzione Mascherine, che racchiude tutte le ditte impegnate in questa riconversione.
«All’interno del nostro Consorzio ci sono aziende sia del Sud che del Nord Sardegna, che producono mascherine in quantità industrialespiega Ciro Senis, titolare di un’azienda produttrice di divani, a San Gavino Monreale -. Abbiamo una capacità produttiva di 90 mila mascherine al giorno. Siamo stati accolti in Regione, all’Assessorato all’Industria, che ci ha promesso mari e monti ma fino a oggi non si è vista ancora nemmeno una commessa da parte della Regione.»
Soldi spesi invano, sulla promessa di una produzione industriale che non ha ancora portato a nulla.
«Durante il blocco dei mesi scorsi, queste aziende hanno subito un crollo delle venditeprosegue Ciro Senis -. Quindi ci siamo riconvertiti e messi a produrre mascherine. In seguito ci siamo consorziati per poter fornire la Regione Sardegna e la Protezione civile. Abbiamo ricevuto un sacco di promesse ma fino a oggi non è ancora arrivata una sola richiesta concreta, da parte di nessun ente.»
Il disappunto principale di Ciro e degli altri consorziati sta nel fatto che, per alcuni di loro, si è trattato di impegnarsi in investimenti di una certa portata, in cambio di promesse che non sono state mantenute. La speranza è che la situazione si sblocchi e le commesse possano arrivare nei mesi futuri.
Stessa sorte è toccata a Gabriele Concas, titolare di una ditta di Gonnesa che produce materassi.
«Ci hanno fatto riconvertire, con la promessa di poter essere d’aiuto alla popolazione, per via della scarsità di mascherine. Invece così non è stato. Terminata la produzione è andato tutto in fumo. Chi ha speso per fare la riconversione si è trovato con un investimento fatto ma nessuna commessa.  Quando la Regione spese 20 milioni di euro per un polo tessile a Olbia, ci disse che la nostra riconversione sarebbe stata d’aiuto per riprendere quell’investimento, invece non se ne è fatto nulla. Sono stati tutti molto entusiasti del nostro progetto però, ad oggi, non abbiamo ancora nulla in mano.»
Chissà se una risposta arriverà almeno da parte degli americani.

Federica Selis
 

Coldiretti Iglesias. Coldiretti Iglesias 2

Conferenza stampa, questa mattina, nella sede della Coldiretti di via Fratelli Bandiera, a Iglesias, per l’esposizione delle osservazioni fatte al Piano Urbanistico del comune di Gonnesa.

Con il segretario di zona Giuseppe Vella ed il responsabile della sezione di Gonnesa Diego Tidu, erano presenti il presidente ed il segretario della federazione interprovinciale, Efisio Perra e Vitangelo Tizzano.

La Coldiretti ha denunciato che le disposizioni inserite nel PUC penalizzano gravemente le imprese agricole che operano in un’area di 800 ettari e nello specifico, sottolineando di non essere stata coinvolta preventivamente nella fase di elaborazione del PUC, ha chiesto che vengono modificati tre punti:

1) L’art. 17 delle “Norme Tecniche di Attuazione” va modificato in quanto obbliga, così come scritto, le imprese agricole a comunicare alla competente Soprintendenza, qualsiasi lavorazione si debba eseguite nel suolo, anche la semplice aratura e/o lavorazione del fondo;

2) All’Area Paesaggistica Seruci – Sub Area: Area agricola e a pascolo, dove sono presenti diversi corpi di appezzamenti di terreno, utilizzati storicamente con coltivazioni a seminativi e per questo sottoposti a continua “manomissione”, vengono codificati come E5, scelta che penalizza le imprese agricole conduttrici di quei appezzamenti coltivati a seminativo e viene chiesta la riclassificazione degli appezzamenti E5 interessati alla zonizzazione E2;

3) i perimetri della Tutela Condizionata, così come sono strutturati, sono particolarmente lesivi per le aziende agricole associate alla Coldiretti, poiché limitano e/ producono sia le normali attività di miglioramento fondiario, che gli eventuali ampliamenti e/o edificazioni di fabbricati strumentali inerenti l’attività agricola; la Coldiretti chiede la riperimetrazione dei confini della Tutela Condizionata dell’area paesaggistica Seruci (e delle sue sub-aree), Nuraghe de Is Arenas e Nuraghe Punta S’Intilla, lasciando libere e svincolate, da tutela, le aree classificate come E2 ed E3 e delimitando l’area di Tutela Condizionata alle sole zone marginali e a pascolo cespugliato.

La Coldiretti ha chiesto che le osservazioni presentate vengano seriamente ritenute valide e prese in considerazione dall’Amministrazione comunale di Gonnesa, poiché l’eccellenza e le vere imprese agricole attive, presenti storicamente nel comune di Gonnesa, svolgono la propria attività produttiva agricola e agro-pastorale, di custodia, di salvaguardia del territorio e dell’ambiente, in quelle aree.

Un servizio più approfondito verrà pubblicato nel prossimo numero cartaceo de “La Provincia del Sulcis Iglesiente”.