28 March, 2024
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«Era una scena di guerra, evitammo che cadesse nel vuoto, un intervento complesso. Ricordo di aver detto a Sergio Gazzo, che si stava calando con le corde per raggiungerlo, che la salvezza di quell’uomo era nelle sue mani. Riuscimmo a salvarlo, sapemmo poi che aspettava un figlio.»

Sono le parole di Maurizio Volpara, uno della squadra di Genova che salvò Gianluca Ardini, l’uomo rimasto appeso nel furgone a venticinque metri d’altezza. Uno dei 400 vigili del fuoco che, fin dalle primissime ore dopo il crollo del ponte Morandi, era lì sullo scenario apocalittico di una delle più grandi tragedie italiane.
Il 14 agosto 2018 fu immediata la reazione del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco che dispose la mobilitazione dai comandi provinciali delle regioni più vicine come Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana a quelle più lontane come Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Lazio, fino al Molise, all’Umbria e alla Campania.
Il Centro Operativo Nazionale, regia di tutte le emergenze per i vigili del fuoco, inviò subito da Lombardia, Toscana e Piemonte 100 unità USAR (Urban Search and Rescue) per la ricerca di dispersi in macerie, e 44 unità cinofile, che portarono avanti ininterrottamente più cantieri di ricerca e salvataggio nelle tre zone interessate dal crollo. La ricerca e il salvataggio tra le macerie si avvalse di mezzi operativi speciali di scavo e demolizione: attivati i gruppi operativi speciali di movimento terra e mobilitati altri mezzi speciali, quali autogrù, autoscale, autopompe-serbatoio, fuoristrada, gruppi faro, con 35 unità operative. In considerazione della particolarità dell’evento, con il possibile interessamento di condotte, impianti, serbatoi e veicoli contenenti sostanze pericolose, furono inviati da Piemonte e Lombardia unità specializzate e attrezzate per l’intervento in presenza di tali rischi, il nucleo NBCR (Nucleare, Biologico, Chimico e Radiologico).
Il salvataggio e il recupero in quota richiese l’impiego di personale esperto in tecniche SAF (speleo-alpino-fluviali), e l’impiego di tre elicotteri AB412 Drago da Torino, Bologna e Arezzo in supporto al Reparto Volo di Genova.
«Appena sceso sentii subito un uomo e una donna che si lamentavano: erano a testa all’ingiù nell’auto schiacciata e rovesciata, senza possibilità di muoversi,» Questo il ricordo di Bruno Guida, elisoccorritore del reparto volo di Genova, che dopo essere atterrato con il Drago nel mezzo del torrente in secca, lavorò con i suoi colleghi per due ore: con cesoie e divaricatore, e sempre attenti a non provocare crolli, salvarono le persone a bordo del veicolo.
L’enorme sforzo profuso dai Vigili del Fuoco, in uno scenario di “guerra” mai visto prima, portò al salvataggio di numerose persone bloccate sopra e sotto le macerie all’interno dei propri veicoli, che al momento della tragedia stavano percorrendo i 1.100 metri del viadotto Morandi.
Presenti fino alla fine della demolizione del ponte, i vigili del fuoco garantirono la sicurezza nel cantiere durante lo smontaggio controllato e l’esplosione delle ultime pile del ponte.