18 April, 2024
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“Fanti e Carabinieri. Viaggio attraverso la grande guerra e il banditismo in Sardegna”: è il titolo del percorso guidato, composto da pannelli illustrativi, con immagini d’epoca ed un’esposizione di cimeli e documenti originali. Una vetrina che riporterà i visitatori indietro nel tempo. Una sorta di museo storico che si snoderà nei locali Faccin (ai bordi di via Roma) a Sestu. Il taglio del nastro della galleria espositiva, che si avvale del patrocinio dell’assessorato regionale del Turismo e della collaborazione dell’amministrazione comunale, dell’Arma dei Carabinieri, dell’Associazione “La Storia e la Memoria di Cagliari” e della Pro Loco di Sestu – è in programma venerdì alle 18.30 nella sala della struttura al centro del paese. La mostra sarà poi aperta sino al 20 maggio, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.30 alle 19.30. Un lungo intreccio di emozioni che fanno realmente “Vivere la Grande Guerra”, trasformando un’“epopea” conosciuta dai più solo attraverso i libri di storia, in quello che la guerra in realtà si è poi rivelata. L’esposizione sarà arricchita di immagini d’epoca, antichità e documenti originali che raccontano il contributo fornito dai carabinieri durante lo sforzo bellico del Paese nel corso della Grande Guerra.

Lo spirito e le tradizioni dei carabinieri di Sardegna sono un sentimento vivo e profondo, il legame che unisce l’isola e l’Arma ha radici antiche che rendono la nostra istituzione, una parte fondamentale della società; l’attenzione che le istituzioni rivolgono alla presenza delle Stazioni dei carabinieri e la speranza che in esse ripongono, deriva da una dalle capacità che i carabinieri hanno saputo esprimere, sin dal 1822, pacificando un territorio aspro, povero di ricchezze naturali ma ricco di orgoglio e rispetto delle tradizioni. La consapevolezza di ciò e il rispetto di quanti, nei 204 anni di presenza dell’Arma in Sardegna, hanno donato la vita nel rispetto del giuramento prestato, superando difficoltà di ogni genere, ci hanno indotto ad una profonda ricerca storica degli eventi che hanno caratterizzato la storia dell’Arma, attraverso documenti e cimeli storici che saranno approfonditi e poi utilizzati migliorare le conoscenze di tutti i carabinieri, affinché ci si possa sentire realmente eredi di uomini splendidi che in tante occasioni hanno dato la vita per l’arma e per la Sardegna. Le fotografie, le lettere e le attestazioni di merito di centinaia di carabinieri che abbiamo raccolto e riportato, non lasciano dubbi sul reale eroismo di uomini che, sul senso dello stato, hanno fondato la loro vita, nel rispetto di valori quali Patria, onore e giustizia.

All’interno della mostra ci sarà spazio per un percorso sul Banditismo in Sardegna.

L’Arma dei carabinieri ha combattuto a fondo il fenomeno criminoso, attuando operazioni che furono caratterizzate da cruenti conflitti a fuoco che le costarono un alto tributo di vite e di sangue. Nel decennio 1890-1900, 29 furono i carabinieri caduti nella lotta al banditismo in Sardegna; una Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia, una Medaglia d’Oro al Valor militare, 15 d’argento, 72 di bronzo, 223 encomi solenni bastano ad attestare il valore dimostrato dai singoli ufficiali, sottufficiali, appuntati e carabinieri in quel decennio. Uno dei risultati più ragguardevoli fu quello conseguito dal maggiore dei carabinieri Eugenio Baratono, comandante la Divisione di Sassari, che il 29 maggio 1894, alla testa di 16 carabinieri affrontò in una masseria i feroci banditi De Rosas – che per vendetta aveva il 14 novembre 1891 trucidato nello spazio di un’ora ben quattro persone – e Angius, catturandoli con altro criminale dopo un violento scontro a fuoco che costò la vita al valoroso maresciallo Vittorio Audisio.

Tra le centinaia di operazioni compiute vanno ricordate l’uccisione in conflitto del bandito Paolo Criscialuzzu (1893), la cattura dei famigerati Liberato Onano e Moro Torracorte, che dal 1878 al 1881 avevano svolto un’impressionante attività delittuosa, l’uccisione del bandito Salvatorangelo Dettori, avvenuta l’8 aprile 1899, e le operazioni condotte dal capitano Giuseppe Petella, dal brigadiere Lussorio Cau e dal Brigadiere Lorenzo Gasco. Sotto le rispettive voci vengono riportate la figura e l’opera dei tre suddetti militari dell’Arma, che si distinsero particolarmente l’ 11 luglio 1899 nella “battaglia di Morgogliai” presso Orgosolo, conclusasi con l’uccisione di quattro feroci e temutissimi banditi e il ferimento di un quinto.

(Medaglia d’Oro al Valor Militare per il brigadiere Cau, Medaglia d’Argento per il capitano Petella e per il Brigadiere Gasco. In quella operazione cadde valorosamente il carabiniere Aventino Moretti. Alcuni mesi prima (nei giorni 14-15 maggio) lo stesso capitano Petella aveva diretto nella zona di Nuoro una vasta retata – definita dallo scrittore Giulio Bechi la “notte di San Bartolomeo” – che portò alla cattura di un gran numero d’individui pericolosi 3 sospetti, provocando l’allarme tra i banditi annidati nei covi montani. Alcuni di essi, i più temuti, vennero intercettati presso Dorgali nel loro tentativo di fuga; nel conflitto notturno che ne seguì con i militari dell’Arma furono uccisi il capobanda Fancello (alias Berrina) – affrontato in colluttazione dal brigadiere Gasco – e quattro altri briganti. Nel giro di qualche mese il circondario di Nuoro si vide così liberato di ben 75 banditi.

Il 12 agosto 1949 tre carabinieri persero la vita e altri sei vennero feriti in modo grave in un assalto dei banditi sardi. I carabinieri erano isolati: nei paesi era per loro difficile trovare collaborazione nella popolazione impaurita; i pochi confidenti venivano eliminati. Nell’agosto 1949 una vettura con le paghe per le maestranze della diga del Tirso fu assaltata. La scorta fu massacrata: tre morti e un ferito gravissimo. L’Arma organizzò con metodo la reazione.

Nel maggio 1950 fu catturato il bandito Liandreddu, un nome famigerato e temuto. A luglio fu la volta di suo zio, Giovanni Battista Liandru. Nell’aprile 1951 il più pericoloso latitante sardo, Francesco Sini, fu assicurato alla giustizia. L’8 maggio 1951, a Giana di Perda, una campagnola passò sotto il tiro incrociato dei criminali in un canalone: due carabinieri persero la vita e uno fu gravemente ferito. Ma anche questa volta i responsabili furono catturati.

La situazione nell’isola sarebbe rimasta tesa per molti anni. Nel settembre del 1959, in un agguato viene ucciso il maresciallo Ettore D’Amore, comandante della Stazione di Orgosolo. Gli fu conferita la Medaglia d’oro alla memoria.

Furono, quelli, gli anni in cui i Carabinieri fecero da protagonisti sulle pagine illustrate dei settimanali: non passava settimana senza che da qualche angolo d’Italia giungesse notizia della cattura e dell’eliminazione delle più agguerrite bande criminali. Dopodiché, col consolidarsi dello Stato unitario e col perfezionarsi degli organi della pubblica amministrazione, la delinquenza assunse forme e proporzioni normali, anche se dissimili da regione a regione. L’Arma, ormai saldamente organizzata, continuò a svolgere al servizio del Paese la sua attività, caratterizzata dall’assoluto senso del dovere, che comportava insieme fermezza e moderazione, donde le era già venuto da tempo l’appellativo antonomastico di “Benemerita”.