24 April, 2024
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Ultime due giornate dense di eventi oggi e domani, al trentunesimo festival “Time in Jazz”, in corso dall’8 agosto tra Berchidda ed altri sedici centri del Nord Sardegna.

Oggi, giornata di Ferragosto, al festival diretto da Paolo Fresu, si vive per tradizione nella campagna appena fuori Berchidda, con una serie di appuntamenti in programma tra le chiesette campestri di San Michele e Santa Caterina dal mattino fino al tardo pomeriggio. Si comincia alle 10.00, con la “Passeggiata nel bosco con Gufo Rosmarino”, un racconto itinerante nella natura intorno alla chiesetta di Santa Caterina con l’attore Giancarlo Biffi: regista, attore e autore, Biffi è direttore artistico del Cada Die teatro e del Centro di Arti Sceniche “La Vetreria” di Cagliari. Nella sua carriera ha messo in scena, scritto e in alcuni casi interpretato più di quaranta opere teatrali, dedicandosi anche alla letteratura per l’infanzia, dove è autore delle favole dell’intrepido e coraggioso gufetto Rosmarino, tutte curate dalle Edizioni Segnavia; in questa occasione porterà in scena “Rosmarino e i corvi farlocchi” (pubblicato nel 2017 e illustrato da Valeria Valenza), accompagnato dalla tromba di Paolo Fresu, dal violino di Sonia Peana e dalle voci di Catia Gori e Ada Montellanico.

Stessa ambientazione, alle 11.00, per l’incontro “Fatto trenta facciamo trentuno. La bellezza dei numeri che creano vita”, con il giornalista, conduttore radiofonico e scrittore Emilio Casalini: padovano, classe 1969, dopo un decennio di reportage al servizio della RAI, anche in teatri di guerra, nel 2010 inizia la collaborazione con “Report” e nel 2012 vince il Premio giornalistico televisivo “Ilaria Alpi” con il reportage “Spazzatour”. Nel 2014 pubblica l’ebook “Fondata sulla Bellezza”, in cui riflette sul potenziale di rinascita dell’Italia grazie al suo patrimonio culturale; sulla stessa linea ideale realizza e conduce su Radio2 il programma radiofonico “Bella Davvero” (2015-2016) e nel 2016 pubblica “Rifondata Sulla Bellezza – Viaggi, racconti e visioni alla ricerca dell’identità celata” (Spino Editore).

A seguire, musiche e ritmi con la Fanfaraï Big Band, la scatenata formazione già protagonista nei giorni precedenti dei concerti a bordo della nave Corsica Ferries – Sardinia Ferries e a Cheremule, e in parate per le strade di Berchidda, che più tardi, in serata, sarà sul palco di piazza del Popolo (con ospiti a sorpresa) per guidare le danze dell’immancabile festa di ferragosto di Time in Jazz.

Trasferimento, quindi, alla vicina chiesetta di San Michele per il consueto pranzo a base di piatti tipici della cucina locale; i tagliandi, a 15 euro, si possono acquistare all’infopoint del festival a Berchidda oppure direttamente in loco. Nell’occasione, in linea con il progetto Green Jazz, saranno utilizzate stoviglie in materiali biodegradabili e compostabili, per ridurre la produzione di rifiuti e l’impatto del festival sul territorio. 

Nel tardo pomeriggio, alle 18.00, sempre alla chiesetta di San Michele, torna lo spazio dedicato dal festival alla musica tradizionale sarda, con “Jazz e tradizione popolare tra passato e futuro”, a cura di Fabio Calzia, che vedrà in scena l’organettista Pierpaolo Vacca, noto per le sue interpretazioni in cui si fondono tradizione e sperimentazione: originario di Ovodda, discende da una famiglia di suonatori e ballerini, tra cui il famoso Peppe Cuga. Il suo percorso musicale l’ha portato a elaborare uno stile originale, dato da uno strumento a 3 file e 18 bassi, e arricchito dall’uso dell’elettronica.

Per chi invece rimane a Berchidda, sarà ancora possibile visitare alla Casara (dalle 15.00 alle 21.00) la mostra CasArte – Casa d’Arte Time in Jazz, mentre al Cinema Santa Croce, alle 17.30, si chiude la rassegna di film e documentari di Time in Jazz curata e presentata da Gianfranco Cabiddu: sullo schermo “L’innesto, padre e figlio”, un documentario che racconta il passaggio generazionale di valori e tradizioni nel dialogo (in lingua sarda) tra Paolo Fresu e suo padre Lillino, contadino e poeta, nonché primo e assiduo fan di Time in Jazz.

Alle 21.30 i riflettori del palco di Piazza del Popolo si accendono per l’ultima serata di musica: il primo set vedrà il gradito ritorno a Time in Jazz di Dhafer Youssef, il cantante e virtuoso dell’oud (il liuto arabo) tunisino, alla guida del suo quartetto con Isfar Rzayev Sarabski al piano, Matt Brewer al basso e Ferenc Nemeth alla batteria, con cui porterà in scena il progetto del suo ultimo album, “Diwan of Beauty and Odd”. Cinquant’anni compiuti lo scorso novembre, Dhafer Youssef è stato un pioniere nel riuscire a affrancare l’oud dal suo ruolo più tradizionale per connetterlo ad altri generi musicali contemporanei, coniugando in modo originale musica araba e jazz, con ulteriori sfumature conferite dall’elettronica. Nel suo cammino artistico ha condiviso esperienze e collaborazioni con artisti di vari ambiti e provenienze musicali, come Markus Stockhausen, Paolo Fresu, Nguyen Lê, Nils Petter Molvaer, Bugge Wesseltoft, Eivind Aarset, Zakir Hussain, Tigran Hamasyan, Ballake Sissoko, tra gli altri, comprese due “leggende” del jazz come Herbie Hancock e Wayne Shorter in occasione dell’International Jazz Day del 2015. Nel 2017 è stato insignito del prestigioso Dutch Edisson Award.

Poi, nella seconda parte della serata, tolte poltroncine e transenne dalla piazza e aperte le porte al pubblico con ingresso gratuito, via alla consueta festa di Ferragosto che quest’anno si affida alla coinvolgente miscela di suoni e ritmi della Fanfaraï Big Band, formazione multietnica che mescola raï, chaabi, musica gnawa, gli ottoni jazz, afro-cubani o tzigani. Sul palco, a menare le danze, Samir Inal (percussioni, oud e cori), Patrick Touvet (tromba) Guillaume Rouillard (tromba), Abdelkader Tab (percussioni, gumbri e canto), Antoine Giraud (tuba o trombone), Didier Combrouze (basso o chitarra), Olivier Combrouze (sax tenore, baritono e cori), Bouabdellah Khelifi (violino e canto), Emmanuel Le Houezec (sax alto, flauto e cori), Mehdi Chaib (sax soprano, kerkabou e cori), Maximilien Helle-Forget (tastiere) e Hervé Le Bouche (batteria), con la partecipazione di ospiti a sorpresa.

Al termine, la festa continua nell’attigua piazzetta con il groove e le ritmiche africaneggianti, hip-hop e scratch che caratterizzano il consueto spazio dopofestival di “Time is over”, affidato a Gianluca Petrella, in un ultimo e speciale evento che prevede la presenza anche di Paolo Fresu e altri guest.

Domani, giovedì 16 agosto, tre diversi appuntamenti accompagnano Time in Jazz all’epilogo della sua edizione numero trentuno. A Berchidda, alle 15.00, ultimo incontro del progetto “Periferie Urbane”, nell’ambito dell’iniziativa “Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura”: chiudono la serie i giovanissimi componenti di Plus 39, ovvero il gruppo dei migliori allievi dell’edizione 2017 del seminario di Nuoro Jazz, che saranno anche protagonisti in serata, al Museo del Vino, del concerto conclusivo del festival.

Alle 18.00, nel suggestivo scenario dello stagno di San Teodoro, sulla costa orientale, si rinnova l’incontro in musica tra il caldo timbro della tromba e del flicorno di Paolo Fresu con l’inconfondibile canto e le sonorità dell’oud di Dhafer Youssef: un legame artistico e umano ultraventennale, quello tra il musicista sardo e il tunisino, che ha dato vita a pagine importanti traendo linfa dalla comune radice mediterranea dei due.

Sipario finale sul festival alle 22.00, al Museo del Vino di Berchidda con i Plus 39, sestetto giovanissimo, composto da Fabiana Manfredi e Federica Muscas alla voce, Luca Zennaro alla chitarra, Vittorio Esposito al pianoforte, Stefano Zambon al contrabbasso e Francesco Parodi alla batteria, alle prese con un repertorio di brani originali dove la matrice jazzistica moderna rimane ben presente ma viene affiancata da influenze soul e r’n’b.

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Tappa a Villa Verde (OR) per Dromos, il festival itinerante (quest’anno alla sua ventesima edizione) che si muove tra Oristano e altri suoi undici centri fino a Ferragosto. Domani, sabato 11 agosto, nella suggestiva distesa di lecci di Mitza Margiani è di scena il trio Dream Wavers con il sassofonista Gavino Murgia, il chitarrista franco-vietnamita Nguyên Lê ed il percussionista e polistrumentista francese Mino Cinelu.

Appuntamento alle 21.30 (ingresso libero) per un viaggio tra suoni ancestrali e moderne derive jazzistiche, figlie della poliedricità e delle variegate esperienze dei suoi raffinati interpreti, sempre pronti a strizzare l’occhio alla musica improvvisata. Un trio dall’impronta squisitamente jazzistica, quindi, capace di spaziare dalle arcaiche voci della Sardegna alla musica tradizionale del Vietnam, dai canti dell’Egitto ai ritmi gitani, dal rock al fado e al flamenco, dalla musica giapponese alle culture dell’Africa, per trarre ispirazione e creare costanti intrecci e nuove alchimie sonore.

Il festival torna a San Vero Milis il giorno dopo, domenica 12 agosto, dove nel Giardino del Museo Archeologico, verrà proposto l’ultimo dei tre film della rassegna cinematografica “Gli anni ’68” curata dall’Associazione Lampalughis. Proiettori accesi, quindi, per il film di Guido Chiesa “Lavorare con lentezza”, uscito nel 2004 con le scene del regista con Wu Ming, e ambientato a Bologna nel 1976, poco dopo l’inizio delle trasmissioni di Radio Alice, libera emittente di intervento politico militante e di innovazione mediatica.

Dromos continua il suo cammino a Nureci, il piccolo borgo della Marmilla, da domenica con la decima edizione di Mamma Blues: tre intense serate (dal 13 al 15 agosto) più un’anteprima in calendario il 12 agosto (alle 22.00), “Upside down Woodstock”, un’esibizione dei neo diplomati della Music Academy di Isili, giovani talenti musicali alla prova del grande palco, con la speranza di tornare in futuro da veri artisti. Nei giorni successivi il “festival nel festival” vedrà accendere gli amplificatori e surriscaldare le valvole sul palcoscenico dell’Arena Mamma Blues ad artisti del calibro di Roland Tchakounté (13 agosto), Kristin Asbjørnsen (14 agosto) e Seun Kuti & Egypt 80 (15 agosto), con la consueta presenza, come da tradizione, di alcuni tra i più importanti rappresentanti della musica del diavolo in terra sarda (quest’anno al festival il Bob Forte Trio, il duo Don Leone, Malignis Cauponibus ed i South Sardinian Scum.

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È nel segno di una doppia ricorrenza il 2018 di Dromos: da un lato, le venti candeline del festival ideato e organizzato dall’omonima associazione che ogni estate tiene banco a Oristano e in diversi centri della sua provincia; dall’altro, il cinquantenario del 1968, anno cruciale e che tanti e profondi cambiamenti ha innescato nella società, nel costume, nella cultura.

Concerti di spessore internazionale ma anche mostre, incontri e altri eventi collaterali caratterizzano anche l’edizione del ventennale del festival che dal 30 luglio al 15 agosto, sotto l’emblematico titolo “DromosRevolution”, transita in dodici comuni: Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Fordongianus, Mogoro, Morgongiori, Neoneli, Nureci, San Vero Milis, Ula Tirso e Villa Verde, oltre al capoluogo, Oristano.

Due anniversari, dunque, da celebrare con gli strumenti propri di Dromos: tanta musica e arte, ma anche libri e cinema caratterizzano il ricco programma di iniziative dedicate a un anno, una stagione che ha segnato uno spartiacque nella storia del secondo Novecento; e che, come scrive il critico d’arte Ivo Serafino Fenu, ideatore della sezione del festival dedicata alle arti visive, fu soprattutto «l’aspirazione di una generazione nel portare l’immaginazione al potere, secondo le teorie di Herbert Marcuse, uno dei padri nobili di quell’immaginifico e per certi versi irripetibile momento politico, sociale e culturale». Ed è soprattutto questo l’aspetto che Dromos intende approfondire, in linea con le tematiche che da sempre caratterizzano il festival.

Il cartellone musicale prevede, come di consueto, una fitta serie di concerti, spaziando su più latitudini e generi, a partire dal jazz e i suoi immediati dintorni, con un variegato e qualificato cast di artisti, in larga prevalenza internazionali, dai quali è previsto un omaggio o una meditazione sul tema del festival. Particolarmente presente l’Africa, con la cantante maliana Fatoumata Diawara, con Bombino, il chitarrista tuareg originario del Niger, e con il ghanese Guy One, cantante e virtuoso del kologo (una sorta di banjo a due corde); e poi Cuba, con il cantante e percussionista Pedrito Martinez, il batterista Horacio “El Negro” Hernandez ed i pianisti Gonzalo Rubalcaba e Marialy Pacheco. Da un’isola all’altra: la Sardegna schiera il Mal Bigatto Trio ed il sassofonista nuorese Gavino Murgia insieme al chitarrista franco-vietnamita Nguyên Lê e al percussionista/polistrumentista francese Mino Cinelu nel progetto Dream Weavers, ma ha un legame con l’isola anche il concerto di Vinicio Capossela. Affonda invece le radici tra il Delta del Mississippi e il deserto africano il gruppo Bokanté creato dal fondatore e leader degli Snarky Puppy, Michael League, a completare un cartellone in cui brilla una stella di prima grandezza del jazz come Dee Dee Bridgewater.

L’Africa è presente anche nel palinsesto di Mamma Blues, il “festival nel festival” che, tradizionalmente, suggella Dromos in tre serate a cavallo di ferragosto: il cantante e chitarrista Roland Tchakounté, camerunense ma da tempo di casa in Francia, e il nigeriano Seun Kuti, il figlio minore del leggendario Fela Kuti, sono infatti i nomi di spicco, insieme a quello della cantante e chitarrista norvegese Kristin Asbjørnsen, dell’appuntamento a Nureci, dove il blues targato Sardegna trova invece rappresentanza nel duo Don Leone e nel Bob Forte Trio.

Sul versante delle arti visive spicca invece la mostra “68/Revolution – Memorie, nostalgie, oblii”, curata da Ivo Serafino Fenu e da Chiara Schirru in collaborazione con AskosArte e la Pinacoteca “Carlo Contini”, in continuità ideale con la precedente e fortunata “Wild is the wind – l’immagine della musica”, ospitata sempre alla Pinacoteca comunale di Oristano tra fine dicembre 2016 e i primi di marzo dell’anno scorso.

Intorno al tema del ’68 (e dintorni) ruota anche una rassegna cinematografica in tre tappe a San Vero Milis a cura dell’Associazione Lampalughis, mentre altri appuntamenti, come il consueto diario quotidiano curato da Alessandro Melis, e altri ospiti, tra cui il teologo Vito Mancuso, atteso per una riflessione sulla rivoluzione interiore, completano il quadro del ventesimo festival Dromos; un’edizione organizzata con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna (assessorato dello Spettacolo ed Attività Culturali ed assessorato del Turismo), dei Comuni interessati, della Fondazione di Sardegna, del Banco di Sardegna, della Cantina Contini di Cabras, del Mistral Hotel di Oristano e con la collaborazione di Rete Sinis, Mibact, Curia Arcivescovile di Oristano, Pinacoteca comunale “Carlo Contini” di Oristano, AskosArte, Centro per l’Autonomia di Oristano, Cooperativa Sociale CTR Onlus, Teatro Tragodia di Mogoro, Lampalughis di San Vero Milis, associazione di promozione sociale Mariposas de Sardinia, ViaggieMiraggi ONLUS, Pastori in moto, compagnia teatrale BobòScianèl, Consulta giovani di Bauladu, Music Academy di Isili, Genadas.

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Seminari Nuoro Jazz 2015 - lezione (3)Seminari Nuoro Jazz 2015 - lezione Maria Pia De Vito e Huw Warren

Prima giornata di lezioni, oggi a Nuoro, per il XXVIII Seminario Jazz: allievi e docenti si trovano alle 10.00 alla Scuola Civica di Musica “Antonietta Chironi” (in via Mughina), per formare le classi e cominciare il percorso didattico che si completerà venerdì 2 settembre con il tradizionale saggio-concerto finale, quest’anno in programma a Oliena, il paese alle pendici del Monte Corrasi, a un decina di chilometri dal capoluogo barbaricino.

Sono centosette gli iscritti a questa edizione dei corsi organizzati dall’Ente Musicale di Nuoro e coordinati dal pianista Roberto Cipelli, da tre anni al timone del seminario ideato nel 1989 (e diretto per cinque lustri) da Paolo Fresu: in larga parte provengono dalla penisola (ma anche da Austria, Norvegia, Turchia, Egitto e Palestina), a conferma del consolidato apprezzamento dell’iniziativa nel panorama nazionale della didattica jazzistica.

A tenere lezioni, insieme allo stesso Cipelli, il corpo docente in cattedra dalle scorse due edizioni: ne fanno parte Emanuele Cisi (titolare della classe di sassofono), Marcella Carboni (arpa jazz), Bebo Ferra (chitarra), Paolino Dalla Porta (contrabbasso), Stefano Bagnoli (batteria), Enrico Merlin (storia del jazz), Francesca Corrias (canto), Salvatore Maltana (propedeutica e musica d’insieme), Giovanni Agostino Frassetto (tecnica dell’improvvisazione), Fulvio Sigurtà (tromba e flicorno, subentrato nella passata edizione a Marco Tamburini, tragicamente scomparso pochi mesi prima dell’inizio del seminario) e il volto nuovo di questa edizione, Max De Aloe (per il corso di armonica cromatica). Altra “new entry” recentissima, Salvatore Spano, “in prestito” dai corsi invernali di Nuoro jazz per affiancare Dado Moroni nella classe di pianoforte, la più affollata, quest’anno, con ben ventuno iscritti.

La giornata tipo prevede lezioni dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00, concentrando nel pomeriggio, oltre alle classi strumentali e teoriche, le prove aperte di gruppo e le classi di musica d’insieme che prepareranno gli allievi al saggio finale. Ci sono poi le masterclass: quella internazionale tenuta da venerdì 26 a martedì 30 agosto dal sassofonista Joe Lovano, e quella dedicata invece alla musica tradizionale, curata quest’anno dalla cantante algherese Franca Masu, in programma mercoledì 31. Intanto, già domani (martedì 23, e fino a domenica 28) prende il via il corso per fonici dell’ingegnere del suono Marti Jane Robertson che, mercoledì 24 e giovedì 25, terrà anche quello riservato ai musicisti allievi del seminario.

Con l’avvio dei corsi entra nel vivo anche la rassegna di concerti che fa come sempre da pendant al seminario: domani (martedì 23) alle 21.15 si accendono microfoni e riflettori al Museo del Costume, palco principale dei concerti in programma a Nuoro. Di scena Maria Pia De Vito, uno dei capisaldi del corpo docente “storico” dei seminari nuoresi che tre estati fa ha passato il testimone a quello attuale. La cantante napoletana, tra le voci più rappresentative del jazz italiano d’oggi, ritorna nel capoluogo barbaricino in duo con il pianista gallese Huw Warren, col quale condivide da tempo una riuscita collaborazione testimoniata anche da dischi come “Dialektos” (2008) e “‘O pata pata” (2011). Attratta dalle infinite possibilità sonore della voce, Maria Pia De Vito si è distinta per la sua capacità di sperimentare tra canto classico, jazz, musica etnica, e per l’approfondito studio sulla vocalità. Entrata presto nel circuito del jazz italiano e internazionale, conta esperienze al fianco di artisti come John Taylor, Ralph Towner, Rita Marcotulli, Ernst Rejiseger, Paolo Fresu, Steve Swallow, Gianluigi Trovesi, Enrico Pieranunzi, Enrico Rava, Joe Zawinul, Kenny Wheeler, Michael Brecker, Art Ensemble of Chicago, Nguyên Lê, Uri Caine, Miroslav Vitous, Bobby Previte, giusto per citarne alcuni. Più volte premiata come migliore cantante jazz italiana ai referendum delle riviste Musica Jazz e JazzIt, nel suo palmarès conta tra gli altri riconoscimenti un Grand prix du jazz dall’accademia Charles Cros, e il Prix du musicien européen de L’Académie du Jazz per Il disco del progetto “One Heart three voices” (2005).

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Prende il via sabato 8 agosto la 28ª edizione Time in Jazz, il festival internazionale ideato e diretto da Paolo Fresu, uno degli eventi di punta dell’estate jazzistica italiana. L’epicentro è a Berchidda, paese natale del trombettista, dove pulsa il cuore organizzativo (l’associazione culturale Time in Jazz) e si concentra il grosso della manifestazione, in particolare i concerti serali nella grande arena allestita in piazza del Popolo. Ma, come sempre, Time in Jazz coinvolge anche diversi altri centri del nord Sardegna, a comporre un circuito di concerti che nel mattino e nel pomeriggio fa tappa di volta in volta in luoghi rappresentativi della storia, delle tradizioni o del paesaggio locali.

Si parte, sabato 8, con l’immancabile prologo del concerto a bordo di una nave della Sardinia Ferries in viaggio dalla penisola verso la terra dei Nuraghi (protagonisti Monica Demuru e Natalio Mangalavite), cui però si affianca quest’anno una trasvolata del Tirreno su un aereo di linea della Meridiana in compagnia della musica di Paolo Fresu: un’ouverture emblematica per questa edizione del festival che sceglie come titolo (e leitmotiv) “Ali“.

Con questo tema prosegue dunque il percorso iniziato l’anno scorso all’insegna dei “Piedi”, in una continuità che Fresu sintetizza nelle sue note di presentazione citando un famoso aforisma dell’artista messicana Frida Kahlo: “Pies, para que los quiero si tengo alas para volar” (“A cosa mi servono i piedi se ho ali per volare”). Perché, come ricorda il direttore artistico, “è con questa metafora che lo scorso anno ci siamo lasciati pronti a volare verso un nuovo festival che si annuncia luminoso come il sole e volatile come una meteora. Festival composto da una infinità di piccoli tasselli che creano una galassia multiforme e multicolore disegnata da artisti, progetti, linguaggi, genti, luoghi, dialoghi, riflessioni, scambi e voci plurali”.

A spiegare le ali nel cielo di Time in Jazz sarà un cast di musicisti come sempre folto e di caratura internazionale in cui spiccano in particolare i nomi di Louis Moholo-Moholo, Manu Katché, Lars Danielsson, Stefano Bollani, Michel Godard, Nguyen Le, Oren Marshall, Kenny Barron, Dave Holland; e poi Dan Kinzelman, Enrico Merlin, Alexander Hawkins, Giovanni Guidi, Luca Aquino, Michele Rabbia, The Rad Trads, Dino Rubino, Vincent Peirani, Paolo Angeli, la Piccola Orchestra Gagarin.

Ma non è tutto, perché, chiuse le otto giornate berchiddesi, lunedì 17 e martedì 18 agosto ritorna Time in Sassari, consueto proseguimento di Time in Jazz che insieme al capoluogo turritano coinvolge varie località della provincia sassarese: Cheremule, Siligo e Sorso, quest’anno. Protagonisti Paolino Dalla Porta e Salvatore Maltana con Paolo Fresu, Silvia Corda, e ancora i Rad Trads e Lars Danielsson.

Più di quaranta appuntamenti musicali diversi nell’arco di undici giorni, ma anche gli immancabili eventi espositivi del P.A.V., il Progetto Arti Visive curato da Giannella Demuro e Antonello Fresu. Di particolare rilievo una grande mostra su Pier Paolo Pasolini, in occasione del quarantennale della tragica morte dello scrittore e regista. In programma anche una rassegna di opere video sul tema del volo e delle ali: Bird – Men. Il volo delle immagini, a cura di Marco Senaldi, e, come sempre, una serie di interventi urbani, performance e progetti “site specific” tra le strade di Berchidda.

Al leitmotiv delle ali si si ispira anche un altro momento immancabile del festival, la rassegna di film e documentari a cura di Gianfranco Cabiddu, che quest’anno esplora il rapporto dell’uomo con il volo fotografando esperienze di vita che, oltre l’impresa, sono capaci di mettere in relazione mondi spirituali interiori, a diverse latitudini, con la meraviglia, i colori, le storie.

 Paolo Fresu 09 (@Roberto Cifarelli) 07mMonica Demuru - Natalio Mangalavite (2)