29 March, 2024
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Nel lessico politico della città di Carbonia, nei programmi e negli impegni culturali che cominciano ad apparire, se ho visto bene, non compare la parola antropologia che studia le esperienze delle relazioni umane, con i loro valori e disvalori culturali. Si tratta di un fatto assai significativo. Il noto antropologo francese Marc Augé nel 1994 scriveva così nel suo Storie del presente. Per un’antropologia dei mondi contemporanei, proprio nella prima frase del primo capitolo: «Il termine «antropologia» è oggi servito in tutte le salse». Egli affermava che l’antropologia poteva rallegrarsene, ma poteva anche inquietarsene.
Infatti, mentre il nocciolo del discorso antropologico combinava la triplice esigenza della scelta di un terreno, dell’applicazione di un metodo, e della costruzione di un oggetto di ricerca, l’antropologia era diluita in vaghe allusioni, non fondate scientificamente. Non è il caso della cultura politica carboniese e dei programmi di politica culturale cittadina, in cui la parola antropologia pare del tutto assente. Si tratta di un fatto che richiede spiegazioni dai protagonisti di tali discorsi e di tali programmi.
A questo proposito, vengo subito all’antropologia come punto importante e inespresso di discorsi politici per obiettivi culturali realizzabili nella città e della città. Si tratta di un punto che riguarda la valenza antropologica, distintiva e caratterizzante l’esperienza urbana di Carbonia, che ha reso durevoli originali valori democratici della città, propri della sua cittadinanza democratica per lungo tempo: la capacità culturale delle persone che davano vita alla città, non solo tecnicamente ed economicamente, ma con specifici modi di lavorare e di abitare che producevano originali relazioni di umanità solidale. Si tratta di un complesso e ricco fenomeno culturale con spessori ed ampiezze che fece e fa di Carbonia uno straordinario
laboratorio antropologico: aperto e funzionante in un antifascismo e in una democrazia a trama minuta e quotidiana. Un laboratorio antropologico che si è palesato in varie lotte popolari per un futuro vivibile egualmente condiviso. Carbonia appare differente da altri centri minerari con esperienze di grande valore culturale. Altri centri minerari non ebbero una fondazione voluta da un fascismo che si volle imperiale e razzista e che il razionalismo architettonico non può far dimenticare. La città seppe uscire democraticamente dalle contingenze della sua fondazione fascista, nonostante l’impianto urbanistico gerarchizzante, la toponomastica che esaltava il fascismo e la negazione della storica antropizzazione rurale locale che Mussolini riduceva alla definizione di “landa quasi deserta”, nella sua svolta industrialista e bellica che determinava la nascita di Carbonia.
Studi antropologici nella e della città hanno contribuito a far nascere e operano ancor oggi per far valere, specialmente in Italia e in Europa, una specifica antropologia mineraria e industriale. Tali studi agiscono nell’ambito di una disciplina condizionata storicamente dal colonialismo, dall’esotismo, dal ruralismo. L’antropologia è stata, generalmente, poco attenta a certe differenze culturali, locali e globali, sociali e di genere, proprie della modernità industriale e delle sue crisi, con esperienze umane disumanizzanti ma anche resistenziali o alternative, emancipative o liberatrici. La democratica antropologia mineraria è stata ed è ancora impegnata in un confronto accademico, non solo teorico ma anche pratico, condizionato da asimmetriche relazioni e assetti di potere accademico. Tuttavia, tale antropologia mineraria democratica si cimenta assai valorosamente in vari confronti all’interno della disciplina stessa,
con un orientamento che riguarda ora principalmente, ma non solo, il cosiddetto “post-industriale”. Nel post-industriale di nuova attenzione culturale, Carbonia assume una particolare rilevanza antropologica, e politica, specialmente nell’attuale fase di necessaria transizione ecologica.
In questo periodo storico, certe necessarie trasformazioni locali e territoriali richiederanno di essere sostenute, perfino con certi nuovi progetti amministrativi che faranno capo a finanziamenti europei, partendo dallo spoglio e dal confronto delle fonti storiche. L’archivio comunale, pertanto, non solo deve essere sottratto all’incuria e all’abbandono, ma deve necessariamente essere informatizzato e valorizzato come vera e propria “miniera di dati”, da cui estrarre informazioni, ordinabili e tematizzabili con efficaci opzioni, anche per rendere realizzabili e validabili nuovi progetti. Il nuovo ordinamento dello storico Archivio Comunale, aperto a nuove fruibilità, riguarda ovviamente anche l’organizzazione della stessa struttura comunale, per la quale un nuovo assetto informatico fu previsto fin dal 1979, con una precisa delibera del Consiglio Comunale. Tali aspetti, interessano anche l’antropologia delle istituzioni, cioè il modo in cui l’amministrazione vorrà caratterizzare l’operatività comunale, tenendo conto anche dei trattamenti che riserverà agli accessi conoscitivi e agli esiti deliberativi, passati, presenti e futuri, per rendere partecipe la popolazione delle esperienze storico-antropologiche della città.
L’antropologia nella città e della città di Carbonia non è solo depositata nei libri e nei confronti accademici di convegni, seminari, dibattiti, tesi di laurea ed altro ancora. Ha trovato spazio localmente, per esempio, nel raro impegno culturale del sindaco Tore Cherchi che ha consentito l’istituzione della Sezione Antropologica nella Grande Miniera di Serbariu. In poco più di 100 metri quadri, che corrispondono a uno dei corridoi con le docce della miniera, dialogano varie discipline: antropologia mineraria, etnografia visiva, storia, ingegneria mineraria, medicina del lavoro, archivistica, museologia, espografia, grafica…Il dialogo interdisciplinare, sgorgava da un comitato scientifico ben vivo e attivo, istituito e reso dinamico da periodici incontri, attivati dallo stesso sindaco che vi contribuiva continuamente. Il comitato scientifico, a cui l’antropologia ha dato impegni non sottovalutabili, non è stato più convocato e non mi risulta che sia stato rinnovato con nuove nomine. Per Medau Sa Grutta, inoltre, egli aveva sollecitato un progetto etno-antropologico, dal momento che gli studi antropologici sugli habitat sparsi sulcitani avevano interessato le ricerche sull’architettura popolare e avevano trovato spazio sia in un’importante collana nazionale edita da Laterza, sia in un testo sulla Sardegna, pubblicato in quella collana nel 1988. Tuttavia, l’antropologia è stata bandita da Medau Sa Grutta e non sta a me fornirne spiegazioni.
Tore Cherchi ha dato all’antropologia uno spazio qualitativamente importante e ben visibile sebbene ridotto, uno spazio prima negato per molto tempo all’antropologia, se si pensa che l’Università di Cagliari e in particolare l’Istituto di Discipline Socio-Antropologiche, fin dai primi anni Ottanta, presentò all’Amministrazione Comunale di Carbonia le linee di un progetto museale territoriale chiamato Ecomuseo, allora poco conosciuto e assai innovativo, ispirato da modelli francesi. Si tratta di un progetto finito nel nulla.
Richiamo alla memoria una costellazione di fatti. Nel 1982 l’Amministrazione Comunale formulò una richiesta di collaborazione all’Istituto di Discipline Socio-Antropologiche Nel 1983 promosse un Convegno dal titolo Carbonia. Un progetto per la memoria storica e la cultura materiale. Nel 1987 il Comune di Carbonia acquistò il progetto preliminare dell’Istituto di Discipline Socio-Antropologiche con le linee ispiratrici del progetto attuativo di un museo territoriale, chiamato Ecomuseo. Una delibera del Consiglio Comunale approvò una Convenzione tra l’Amministrazione Comunale e il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Cagliari, il quale approvò quella Convenzione nella seduta del primo settembre 1988. Era stato fatto tutto quanto era necessario sul piano istituzionale. Non so quali successive delibere cambiarono quelle decisioni e stornarono le relative spese in bilancio. Sappiamo bene che Ecomusei si fecero altrove, nel Sulcis e in Sardegna, come in altre Regioni italiane. Ricordo, doverosamente, che il progetto era sostenuto per la Società Umanitaria regionalmente da Fabio Masala, oltre che da dirigenti nazionali di questa società che vennero ripetutamente da Milano, partecipando a  vari convegni per sostenere la realizzazione di quell’obiettivo ecomuseale.
Pare a me, nell’attuale fase di transizione per la riconversione ecologica, che una innovativa amministrazione comunale abbia non poche ragioni culturali per riprendere, rimotivare, rimodulare, rifinalizzare le direttrici antropologiche e multidisciplinari delineate in quello storico progetto di Ecomuseo territoriale, a partire dalle sue sedi dislocate e articolate, come “antenne”, nella rete delle frazioni industriali e rurali, inurbate e non inurbate. La concezione del museo era, ed è ancor più oggi, assai cambiata. Il museo non è più un mero deposito di oggetti, staticamente esposti. Il museo si caratterizza ormai da molto tempo, secondo la nuova museologia, come fabbrica di esposizioni a lavorazione continua per produrre mostre temporanee, possibilmente interattive: in genere almeno quattro all’anno, che accompagnano la mostra permanente, prevista istituzionalmente come stabile. Le mostre possono essere residenziali o itineranti per far conoscere la città. Sono orientate dal Comitato scientifico interdisciplinare, ma si servono di varie competenze legate a ricercatori, sia stabili e sia legati ai vari progetti.
A mio avviso, un tale innovativo progetto museale, antropologico e multidisciplinare, a carattere diffuso di Ecomuseo territoriale, come continua fabbrica di mostre residenziali e specialmente itineranti, potrebbe comprendere le bonifiche delle discariche minerarie ed essere aperto alle varie esperienze artistiche e creative. Potrebbe, soprattutto in questa fase, esporre e valorizzare ogni innovazione produttiva che ha marcato e marca il territorio cittadino e la zona, anche con esposizioni aziendali culturalmente validate, dando un forte senso culturale ad ogni iniziativa di transizione ecologica, in opera o via via realizzata. Potrebbe, infatti, collegare elementi della fase contemporanea di transizione ecologica alle storiche e caratterizzanti esperienze umane di saper vivere e di saper far vivere che marcarono culturalmente, secondo i tempi e i modi, sia certe relazioni antropologiche nella città e sia le identità della città: continuamente reinventata da rurale a industriale, da industriale a terziaria, non più monocolturale ma tesa verso un futuro di vita durevole.
Credo che tale cimento, articolato e precisato negli obiettivi di risorse finanziarie e umane, in connessione a vari programmi europei per modi e cronoprogrammi, sia il necessario risarcimento di attenzione e di impegno che una seria amministrazione deve in primo luogo alle future generazioni della città. Tale impegno può essere attraversato e realizzato proprio grazie all’apporto delle discipline antropologiche, trascurate e neglette, non si sa se per limiti culturali di certe politiche amministrative o per miopi calcoli basati solo sul peso elettorale di tali discipline, considerato esiguo.
Il peso culturale delle discipline antropologiche, in realtà, non è irrisorio nel presente, e neppure nel futuro della politica culturale della città. Non si tratta, infatti, di un recupero né di “radici”, né di “semi”, né di “DNA”, espressi dal senso comune senza fondamenti scientifici per essere validati come fatti culturali.
La dimensione culturale non può essere ridotta solo al biologico, anche se la cultura è prodotta da corpi viventi, può essere conosciuta mentalmente e può essere incorporata negli stili di vita individuali e comunitari. Non si tratta quindi di recuperare semplicemente elementi significativi delle identità del passato, ma di saper cogliere l’imprescindibile contributo scientifico che le discipline antropologiche hanno dato e danno per capire il senso e la portata dei continui cambiamenti delle identità individuali e di gruppi, locali e territoriali. Tali aspetti, riguardanti i rapidi mutamenti culturali e identitari negli ambienti minerari, sono emersi con particolare vigore specialmente in un recente incontro internazionale, promosso dall’Università di Cagliari nel novembre del 2019. L’incontro aveva un titolo significativo che richiamava le esperienze di cambiamento culturale personale e collettivo, dei luoghi e dei territori nella complessiva vita
globale delle miniere, nel minerario e nel post-minerario, fra estrattivismo e creazione di un patrimonio: The Global Life of Mines. Mining and post-mining between Extractivism and Heritage-Making.
Si tratta di temi e di problemi antropologici che risultano ormai non più rinviabili per una attuale politica culturale nella e della città, nell’avanzare del tempo e dei nuovi bisogni culturali che implicano in certi modi le relazioni sia di genere e sia di giovani generazioni, le cui identità sono annichilite nelle disoccupazioni e frantumate nei “lavoretti” precari. Tali relazioni sono particolarmente sollecitative per realizzare una politica culturale adeguata alle nuove domande socio-culturali, più o meno esplicitate ma assai importanti nei rischi e nelle opportunità del nostro difficile poter vivere. Si tratta di bisogni culturali che sollecitano cambiamenti delle culture politiche locali e delle politiche culturali, particolarmente urgenti nel fragile presente di salute e di istruzione formativa, industriale e rurale, che Carbonia vive dolorosamente: per produrre un nuovo futuro, condiviso con pratiche accomunanti creative e inventive, capaci di caratterizzare antropologicamente innovative identità personali e collettive in metamorfosi nella  città e della città, abili nel farla in nuovi modi solidale e durevole.

Paola Atzeni

Scatta domenica 19 settembre il nuovo campionato di serie D. Il Comunale di Villamassargia ospiterà uno dei tre derby sardi in programma, Carbonia-Latte Dolce. Alla vigilia parla il tecnico del Latte Dolce, Pierluigi Scotto.

«Questa è la settimana che stavamo aspettando dall’inizio della preparazione – dice Pierluigi Scotto, lo scorso anno ad un passo dalla panchina del Carbonia -. Il precampionato è stato surreale: non mi era mai successo di fare così tante amichevoli, che finivano in fretta e non ho mai avuto modo di vedere la squadra impegnata nella fase di non possesso. Sarà un campionato di grande battaglia, siamo una squadra giovane, che dovrà correre tanto e sorprendere sé stessa ogni domenica e dovremmo cercare di limare i nostri limiti partita dopo partita. Abbiamo fatto più di 50 allenamenti, senza mai poter mettere in pratica quello che abbiamo fatto. Domenica giocheremo una partita importante e, nonostante qualche defezione dell’ultimo momento, ho una rosa che mi consentirà di mettere in campo una formazione competitiva. Andiamo a Villamassargia con tanta voglia e sfacciataggine, ma allo stesso tempo anche con tanta attenzione. Siamo una squadra umile, che sa che dovrà affrontare un campionato di grandi firme, perché tutte le squadre hanno fatto grandi acquisti. Va detto però che mi hanno sempre insegnato che ciò conta sono la fame e il campo.»

II mister sassarese fa capire fin da subito quanto siano importanti le prime partite stagionali: «Nelle prime tre/quattro partite ci sarà la nostra prova del “9”: non abbiamo avuto modo di vedere il lavoro fatto, soprattutto nella fase di non possesso. Siamo tutti curiosi e vogliosi di vedere ciò che riusciamo a fare: il campionato sarà competitivo con squadre come Giugliano, Torres, Afragolese, Ostia Mare, Cinthyalbalonga, che sono delle vere e proprie corazzate. A queste vanno poi aggiunte delle outsider come il Muravera, che possono dire la loro e lottare per il primato. Momentaneamente sto pensando alla partita di domenica e penserò alla sfida con la Torres solo a partire da lunedì.»

La Torre Sabauda di Calasetta ospiterà, domenica 19 settembre, alle 18.00, in occasione della Festa di San Maurizio, la presentazione di “Anima scalza” la prima raccolta poetica di Mauro Liggi, moderata da Claudio Moica.
«Sono versi di abbandono, in questo anno che mi ha messo di fronte al non senso del dolore, all’abisso della perdita, alla speranza di un domani, al buio dell’oggispiega Mauro Liggi -. Scalzo ho provato a seguire i suoi sentieri, in silenzio, nella solitudine delle mie angosce, del futuro rapito dal passato. Scalzo sono andato incontro alla poesia, alla sua immensa bellezza, alle parole che nascevano da angoli della mie mente che non conoscevo, da ferite del mio cuore non sanate, dalla nuova solitudine. E’ un viaggio dentro di me, che condiviso ho scoperto è il viaggio che tutti fanno quando la vita decide che è il momento di fermarsi, togliersi le scarpe, spogliarsi di se stessi, affidarsi al cullarsi dei ricordi, dell’immaginazione, del dolore, dell’amore conclude Mauro Liggi -. Camminare, piano, lasciando orme che il mare cancellerà onda dopo onda, ma tu sarai già oltre.»
I proventi delle vendite del libro andranno all’Associazione SognoClown Onlus.

Ai blocchi di partenza, a Villacidro, la trentaseiesima edizione del Premio “Giuseppe Dessì“. Lunedì (20 settembre) prende il via la settimana culturale che fa da cornice al concorso letterario promosso dalla Fondazione Dessì con l’Amministrazione Comunale della cittadina del Sud Sardegna: un ricco cartellone di appuntamenti giornalieri, con presentazioni letterarie, incontri con gli autori, spettacoli e concerti. Protagonisti, tra i tanti ospiti che si avvicenderanno tra il Mulino Cadoni e Casa Dessì fino a domenica 26 settembre, il giornalista Federico Rampini e la cantautrice Roberta Giallo, gli attori Tullio Solenghi e Marco Baliani, l’attore e conduttore televisivo Michele Mirabella, l’ex magistrato Gherardo Colombo, il duo formato dalla pianista Rita Marcotulli e il sassofonista Gavino Murgia, e quello del trombettista Fabrizio Bosso con il fisarmonicista Luciano Biondini.
Sabato (25 settembre) l’attesa cerimonia conclusiva del trentaseiesimo Premio Dessì. In lizza per l’alloro nella sezione Narrativa, Eugenio Baroncelli con “Libro di furti. 301 vite rubate alla mia” (Sellerio), Marco Belpoliti con “Pianura” (Einaudi) e Antonio Franchini con “Il vecchio lottatore e altri racconti postemingueiani” (NN Editore); per la sezione Poesia, invece, Franca Mancinelli con “Tutti gli occhi che ho aperto” (Marcos Y Marcos), Francesca Mazzotta con “Gli eroi sono partiti” (Passigli) e Alessandro Rivali con “La terra di Caino”. Le due terne dei finalisti sono state selezionate dalla Giuria del premio presieduta da Anna Dolfi (professoressa ordinaria di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Firenze e studiosa dell’opera di Giuseppe Dessì), tra le 321 pubblicazioni iscritte quest’anno al concorso letterario: 197 per la narrativa e 124 per la poesia.
Nel corso della serata di sabato 25, in programma in piazza Municipio, con inizio alle 18.00, verranno consegnati anche gli altri due riconoscimenti abituali dell’appuntamento villacidrese: il Premio Speciale della Giuria, che va quest’anno alla scrittrice, saggista e sceneggiatrice Dacia Maraini, ed il Premio Speciale della Fondazione di Sardegna, assegnato al compositore e pianista Nicola Piovani.

Sono 84 i nuovi casi di positività al Covid-19 accertati nelle ultime 24 ore in Sardegna, su 6.778 test eseguiti (2.494 molecolari e 4.284 antigenici), l’1,24%.

I pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono 18 (3 in meno rispetto a ieri).

I pazienti ricoverati in area medica sono 188 (2 in più rispetto a ieri).

Sono 3.801 i casi di isolamento domiciliare (180 in meno rispetto a ieri).

Si registrano 2 decessi: un uomo di 82 anni residente nella Provincia del Sud Sardegna e una donna di 89 anni residente nella Città metropolitana di Cagliari.

Sono in arrivo, a Sant’Antioco, nuovi lampioni in Piazza Italia, via Roma, Piazza Repubblica, via XXIV Maggio e via Rinascita. Già affidato l’appalto, adesso si attende l’avvio dei lavori che dovrebbero concludersi entro l’anno. L’Amministrazione comunale investe ulteriori 180mila euro per il potenziamento dell’illuminazione pubblica, nuova tappa del progetto di potenziamento ed efficientamento energetico della rete dell’illuminazione pubblica esistente, avviato nel 2019, che ha già visto la realizzazione di svariati interventi, quali l’illuminazione ex novo in viale Trento, nel Cimitero e in ulteriori strade del tessuto urbano, senza dimenticare i nuovi lampioni in via Matteotti, per citare un altro esempio.

L’intervento più consistente si realizza nel centro urbano, dove si procederà a sostituire tutti i lampioni da via XXIV Maggio fino a Piazza Italia, passando per via Roma. In piazza Repubblica si procederà, inoltre, con il rimpiazzo  di una nuova torre faro, già programmata nei mesi scorsi a seguito di un incidente stradale avvenuto mesi fa. Un aspetto determinante del progetto di efficientamento dell’illuminazione pubblica è che gran parte di ciò che verrà sostituito sarà recuperato e posizionato altrove: ecco, dunque, che tornerà l’illuminazione pubblica nella piazza del Lavatoio, e verrà potenziata quella di viale Trieste, oltre a ulteriori microinterventi. E come detto verranno sostituite le armature di via Rinascita, dall’incrocio con via Risorgimento fino all’incrocio con via Campidano.

«Ci sarà ancora tanto da fare per riqualificare l’intera rete commenta il sindaco Ignazio Loccima, intanto, proseguiamo decisi nel percorso di risoluzione di una vecchia emergenza. Ritengo sia estremamente importante il progetto di sostituzione dei lampioni di piazza Italia e via Roma, cuore cittadino, cui si aggiunge il fatto non trascurabile che alcune armature verranno reimpiegate là dove l’illuminazione è oggi assente o mal funzionante.»

Il capitano Enrico Santurri, 30 anni, origini abruzzesi, è il nuovo comandante della Compagnia dei carabinieri di Carbonia. Ha intrapreso la carriera militare, all’età di 16 anni, entrando alla Scuola militare Nunziatella di Napoli; successivamente nel biennio 2010-2012 ha frequentato l’Accademia militare di Modena per poi completare il percorso formativo, nel triennio 2012-2015, presso la Scuola Ufficiali carabinieri di Roma, in cui ha conseguito la laurea in giurisprudenza. Nel 2015 ha iniziato la sua esperienza professionale come comandante di plotone presso il XII Reggimento carabinieri Sicilia per poi assumere il comando, a partire dal 2016, del Nucleo operativo della compagnia carabinieri di Catania Fontanarossa. Nei 3 anni nel capoluogo etneo ha condotto diverse indagini, coordinate dalla locale Direzione distrettuale antimafia, rivolte al contrasto dei reati in materia di sostanze stupefacenti, nonché dei reati predatori e reati gravi contro la persona. Nel 2019 il capitano Santurri è stato trasferito presso la sezione “catturandi” del Nucleo investigativo di Milano dove ha coordinato le attività di ricerca ed arresto di numerosi criminali sia in campo nazionale che internazionale.     

La notte scorsa, attorno alle 4.30, a Domusnovas, i carabinieri dell’aliquota radiomobile del Norm della Compagnia di Iglesias hanno arrestato per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente un 30enne incensurato del posto. Dopo una prima perquisizione del giovane dalla quale era venuta fuori della marijuana tenuta in tasca, i militari hanno proseguito negli accertamenti, estendendo l’attività di polizia giudiziaria all’auto del giovane e, infine, alla sua abitazione. Il risultato è stato soddisfacente, nel senso che i carabinieri hanno rinvenuto complessivamente 3,7 grammi di marijuana, 3,4 grammi di cocaina, la somma contante di € 6.240, un bilancino elettronico di precisione, un tritaerba e materiale vario per il confezionamento in dosi della sostanza, consistente in bustine di cellophane ed altro. Il tutto è stato naturalmente sottoposto a sequestro probatorio penale, assunto in carico e debitamente custodito in attesa di essere versato presso gli uffici competenti della Procura della Repubblica. Per quanto riguarda la sostanza stupefacente, si procederà ad analisi di laboratorio che saranno compiute presso il RIS di Cagliari. Nella mattinata odierna l’arresto posto in essere dai militari è stato convalidato dal Gip presso il Tribunale di Cagliari.

Sono 107 i nuovi casi di positività al Covid-19 accertati nelle ultime 24 ore in Sardegna, su 7.325 test eseguiti (2.481 molecolari e 4.844 antigenici) l’1,46%.

I pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono 21  3 in meno rispetto a ieri).

I pazienti ricoverati in area medica sono 186 (- 8 rispetto a ieri).

Sono 3.981 i casi di isolamento domiciliare (165 in meno rispetto a ieri).

Si registrano in totale 5 decessi: 4 nella Città metropolitana di Cagliari (3 uomini di 66, 83 e 89 anni e una donna di 85) nonché un uomo di 69 anni residente nella provincia del Sud Sardegna.

Stamane, nella Caserma “Trieste”, sede della Scuola allievi carabinieri di Iglesias, alla presenza del comandante delle Scuole dell’Arma dei carabinieri, generale di Corpo d’Armata Adolfo Fischione, ha avuto luogo la cerimonia di intitolazione dell’Aula magna dell’Istituto in memoria del carabiniere scelto Vittorio Iacovacci, barbaramente ucciso in Goma (Repubblica Democratica del Congo) mentre tentava di difendere l’ambasciatore Luca Attanasio, anch’egli caduto insieme all’autista congolese, durante un agguato teso da uno dei gruppi criminali che gravitano nella regione del nord-est del paese africano.
Nel pieno rispetto delle norme sanitarie che impongono, in questo periodo, prudenti misure anti Covid, il solenne evento si è svolto rispettando i necessari distanziamenti, assolutamente in forma statica, alla presenza delle autorità regionali e provinciali dell’Isola e con gli Allievi in collegamento video dalle loro aule.
Sono intervenuti, oltre al comandante delle Scuole dell’Arma dei carabinieri, generale di Corpo d’Armata Adolfo Fischione, l’assessore dei LL. PP. della Regione Sardegna, on. Aldo Salaris in rappresentanza del Presidente, il prefetto di Cagliari S.E. Gianfranco Tomao, gli onorevoli Andrea Frailis e Massimo Deidda, il sindaco di Iglesias Mauro Usai, il questore di Cagliari dott. Paolo Rossi, il comandante della Legione Carabinieri Sardegna Generale di Brigata Francesco Gargaro, il Comandante provinciale dei carabinieri di Cagliari colonnello Cesario Totaro, oltre a varie autorità civili e militari nonché una rappresentanza del Quadro permanente, del Co.I.R. Scuole e del Co.Ba.R. della stessa Scuola allievi.
Particolarmente significativa è stata la presenza dei numerosi familiari del carabiniere Vittorio Iacovacci, ovvero la sorella Alessia ed il fratello Dario con i rispettivi congiunti e figlioletti, e la fidanzata Domenica Benedetto. Avrebbero voluto partecipare anche i genitori Angela e Marcello Iacovacci, rispettivamente madre e padre del militare, impossibilitati loro malgrado a presenziare.

Il comandante della Scuola allievi di Iglesias, colonnello Andrea Desideri, oltre a descrivere le brillanti qualità, che già si palesavano, del carabiniere Vittorio Iacovacci “Allievo”, per come i suoi istruttori lo ricordano con affetto e ammirazione, quando, pochi anni fa, aveva frequentato il corso ad Iglesias, ha sottolineato che: «L’intitolazione dell’Aula Magna, quale luogo di massimo ritrovo sia del personale del Quadro permanente sia degli allievi, vuole conseguire l’obbiettivo di non voler disperdere e vanificare, nel culto della memoria, le elevate virtù militari incarnate dal giovane Vittorio, che con abnegazione e coraggio ha servito il nostro Paese sino all’estremo sacrificio della propria vita».
Il comandante delle Scuole dell’Arma dei carabinieri, generale di Corpo d’Armata Adolfo Fischione, nel suo breve intervento, ha voluto sottolineare l’eroismo del carabiniere Vittorio Iacovacci nel fare il proprio dovere e ha ricordato che il giovane è l’esempio più alto «dell’intimo convincimento a cui deve ispirarsi ogni carabiniere perseguendo la cosciente consapevolezza di impegnarsi ogni giorno nel proprio agire quotidiano».
Particolarmente toccanti sono stati i momenti in cui la sorella Alessia ha scoperto la targa e il breve ricordo della fidanzata del giovane carabiniere, Domenica, che ha anche sottolineato, rivolgendosi ai carabinieri che sono presenti e che, in futuro, svolgeranno i corsi in questa Scuola «tutti possono seguire la strada dell’impegno tracciata da Vittorio credendo fermamente in quello che si fa e giurando col cuore fedeltà alla Patria».
La commemorazione è stata fortemente voluta dal comandante della Scuola quale sentito tributo sotteso a ricordare il militare scomparso anche per infondere e rafforzare nelle future generazioni dei giovani allievi, che si avvicenderanno presso questo Istituto di formazione, il giusto sentimento di appartenenza all’Arma dei carabinieri, attraverso la trasmissione tangibile delle tradizioni etiche e storiche e attraverso la valorizzazione dei concetti di “missione” e “impegno” cui gli stessi saranno chiamati ad ispirarsi per non disperdere il fulgido esempio di coraggio e di totale abnegazione del giovane e valoroso carabiniere Vittorio Iacovacci.