26 April, 2024
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Ricerca di alto profilo, sinergie, intuito e volontà: dietro il premio dell’Associazione italiana donne inventrici e innovatrici ((Itwiin) ad Annalisa Bonfiglio e Beatrice Fraboni, si cela questo e altro. Ad esempio, anni di collaborazioni consumate tra laboratori, formazione avanzata e centri specialistici internazionali. A caccia di bersagli innovativi, efficienti e spendibili su più fronti. Esperienze fondamentali anche per la didattica e per le opzioni da offrire agli studenti dell’Università di Cagliari. Da qui, l’applauso del 22 novembre scorso nel centro congressi (area ricerca-Cnr, Bologna), per la bioingegnere dell’ateneo del capoluogo, e per la docente di fisica della materiali all’ateneo di Bologna. Il tema indagato dalle professoresse Bonfiglio e Fraboni, con il plauso di giuria ed esperti, riguarda “Dispositivi elettronici basati su materiali innovative che possono essere depositati su substrati non convenzionali (plastiche flessibili, tessuti) per conferire proprietà uniche”.

Un balzo nel futuro: lo studio e la ricerca dei team di Annalisa Bonfiglio e Beatrice Fraboni insiste su particolari proprietà di conduzione elettrica che possono permettere la realizzazione di sensori che captano parametri di interesse biomedico. Ad esempio, una maglia che misura il battito cardiaco o la frequenza respiratoria. O magari un guanto che “legge” la forza con cui viene stretto un arnese, ma anche quella con si cui si impugnano gli oggetti. Le applicazioni sono innumerevoli: tra queste, quelle su catene di montaggio industriale e non solo. «Abbiamo avviato una collaborazione specifica con un gruppo di medici del lavoro dell’Università di Bologna. Vogliono capire l’insieme dei dati biometrici e se nel ciclo di lavoro degli operai la ripetizione di alcuni gesti favorisce l’insorgere di patologie» spiega la professoressa Bonfiglio. «La collaborazione ha fatto maturare idee, anche grazie alla complementarietà delle competenze del mio gruppo con quello di Annalisa. Noi ci occupiamo – spiega la professoressa Fraboni  dei percorsi di funzionamento sui tessuti dei dispositivi». Annalisa Bonfiglio rilancia: «Collaboriamo con Bologna dal 2008. Ho conosciuto Beatrice Fraboni nel 2008 alla Cornell University, negli Stati Uniti. Da allora, curiamo lo sviluppo varie linee di ricerca che stanno dando frutti interessanti: abbiamo già un brevetto registrato e altri due stanno seguendo l’iter» Sono numerose le aziende nazionali che hanno già mostrato interesse, sia nei settori dei dispositivi e sensori di trasmissione degli impulsi, sia nell’ambito dei guanti, delle t-shirt, delle fasce e, in genere, di indumenti a contatto con la pelle.

Il riconoscimento Itwiin premia Annalisa Bonfiglio – 50 anni, di Chiavari, laurea in fisica a Genova, dottorato in bioingegneria al Politecnico di Milano, pro rettrice per l’Innovazione nel pool del rettore Maria Del Zompo – e il dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica dell’Università di Cagliari. Bioingegneria made in Sardinia replica successi di pregio internazionale. Oltre ai dispositivi per i tessuti, è avanzato anche il percorso sui sensori che misurano l’attività elettrica delle cellule neuronali.

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Dai ricercatori delle università di Bologna e Cagliari un innovativo rivelatore di radiazione ionizzante. Sarà utile in medicina, per misurare le radiazioni, e per creare “smart tag” utili a identificare e monitorare merci e bagagli. Per il progetto europeo i-Flexis in  campo lo staff del dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica guidato da Annalisa Bonfiglio

Intelligente, flessibile, sottile e a basso consumo: vede i raggi X ed è l’ultimo risultato del progetto europeo pubblicato sulla rivista Nature Communications. Ideata dai dipartimenti di Fisica e astronomia e di Ingegneria elettrica ed elettronica (Diee) delle Università di Bologna e Cagliari, l’etichetta è un innovativo rivelatore di radiazione ionizzante con varie possibilità di applicazione: dall’ambito medico, per misurare le radiazioni, passando per quello industriale, fino alla possibilità di creare “smart tag” per identificare e monitorare merci

L’interesse – anche commerciale – per innovativi rivelatori di radiazione ionizzante sta crescendo rapidamente. Ma i rivelatori tradizionali a stato solido soffrono di limitazioni dovute a processi di fabbricazione complessi e alla loro rigidità meccanica. Per superare questi problemi, il gruppo di ricerca ha sviluppato, per la prima volta, l’utilizzo di semiconduttori a matrice organica, utilizzando processi di fabbricazione additivi e a basso costo.

«È stata superata una delle limitazioni più importanti nell’uso dei semiconduttori organici, ovvero le alte tensioni, normalmente necessarie per ottenere segnali rilevanti. Questo apre la strada ad applicazioni portatili di grande rilevanza pratica» spiega Annalisa Bonfiglio, docente al Diee e pro rettore per l’Innovazione dell’ateneo di Cagliari.

«Una della caratteristiche più interessanti e attraenti dei materiali organici – dice Beatrice Fraboni, coordinatrice del progetto europeo i-Flexis – è la facilità con cui possono essere depositati su substrati anche plastici e flessibili di grandi aree utilizzando tecniche a basso costo, come ad esempio la stampa a getto di inchiostro. Inoltre, sono materiali molto interessanti per applicazioni in dosimetria medicale e per diagnostica a raggi X: la densità tipica delle molecole organiche equivale a quella dei tessuti umani.»
Al centro dei nuovi rivelatori c’è un film microcristallino di una molecola organica (TIPS-pentacene) che viene depositato con un processo di stampa a getto di inchiostro su un substrato plastico flessibile. Il risultato è un dispositivo in grado di operare con una tensione di alimentazione ultra-bassa fornendo una risposta elettrica in tempo reale in presenza di una radiazione ionizzante, come ad esempio raggi X. Il lavoro è stato sviluppato dal gruppo di ricerca di Bologna, coordinato dalla professoressa Fraboni con Laura Basiricò, Andrea Ciavatti e Tobias Cramer, in collaborazione con il gruppo del Diee guidato dalla professoressa Bonfiglio con il contributo di Piero Cosseddu. Il lavoro è stato sviluppato nell’ambito del progetto europeo i-Flexis, coordinato dall’Alma Mater insieme a nove partner europei.