13 June, 2025
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Nel ricordare Mario Melis, le mie riflessioni riguardano il suo lascito politico, culturale e morale. Questo lascito appartiene innanzitutto ai familiari: essi ne sono i primi custodi. Appartiene al partito, il PSd’Az, in cui ha militato un’intera vita. Ma non solo a loro. Il patrimonio di idee e di coerenza morale di Mario Melis appartiene, a ben vedere, all’intero popolo di Sardegna e alle future generazioni, come è accaduto per i grandi sardi del secolo scorso che hanno saputo farsi guida e che hanno saputo connettere, idealmente e operativamente, la visione e l’azione nella loro terra, con le classi e i popoli, ovunque essi fossero, che lottano per affrancarsi da una condizione di subalternità.

Si può affermare che Mario Melis abbia assegnato una missione alla sua vita pubblica: agire per l’emancipazione del popolo sardo «con la fede profonda – sue parole – negli ideali che, da sudditi, ci fa cittadini e, da oggetto, soggetti e protagonisti». Soggetti e protagonisti della propria storia, s’intende, con la propria identità etnoculturale «aperta alle correnti di pensiero e alle problematiche di respiro europeo e mondiale». Per questa missione ha impegnato ogni sua energia.

La sua azione politica è stata alimentata dalle grandi correnti culturali dell’autonomismo e del federalismo, dei federalisti americani e dei pensatori europei e, soprattutto italiani: da Carlo Cattaneo a Altiero Spinelli e Ernesto Rossi.

A queste grandi correnti autonomiste e federaliste hanno dato un «vigoroso apporto – per dirla ancora con le parole di Mario Melis – insigni politici sardi», da Giovanni Battista Tuveri a Camillo Bellieni, da Giorgio Asproni a Emilio Lussu. Mario Melis include Antonio Gramsci tra i suoi riferimenti culturali federalisti: si riferisce al Gramsci dell’alleanza fra gli operai del Nord e dei contadini meridionali, sardi e siculi e della Repubblica federativa come tratteggiate nelle riflessioni sulla questione meridionale. Di autonomismo e federalismo ha avuto i primi maestri in casa: i fratelli maggiori, Giovanni Battista e Pietro che lo hanno iniziato al sardismo e alla militanza nel PSd’Az.

L’autonomismo e il federalismo, per le ragioni generali e fondamentali, costituiscono una prospettiva politica di crescente attualità̀ e utilità̀ per il nostro tempo. I principi dell’autonomia e del federalismo cooperativo, infatti, sono fondativi di una teoria e di una prassi portatrici di soluzioni positive dei problemi più̀ critici della società̀, del presente e del futuro: la pace tra gli stati e i popoli, il controllo democratico della globalizzazione dell’economia, il governo delle grandi questioni planetarie come la protezione dell’ambiente, le disuguaglianze regionali e territoriali, la qualità̀ della democrazia.

Vi è qui un primo lascito rilevante del pensiero e dell’azione di Mario Melis.

Più propriamente: che cosa sono l’autonomismo e il federalismo in Mario Melis?

Il discorso sull’Autonomia di Mario Melis, come si riscontra nei maggiori intellettuali e capi politici che si collocano in questa corrente, è profondamente radicato nella cultura del popolo sardo, esprime coscienza e capacità di decisione su come si vuole vivere in un territorio specifico per civiltà e storia e al quale si è intimamente legati.

L’Autonomia non è mai ridotta a pura forma giuridica, vuoto involucro istituzionale, bensì̀ è innanzitutto discorso umanistico, perché rimanda a una condizione di inveramento, al grado migliore, della libertà delle persone e di un popolo.

L’Autonomia è innanzitutto “appropriazione” (è un termine usato da Mario Melis) delle risorse che ci appartengono (paesaggio, storia, lingua): appropriazione non egoistica ma rispettosa, collettiva e partecipata; appropriazione che non tenda a consumare quelle risorse, bensì a comprenderle per quel che sono e dunque a rispettarle ed espanderle condividendole in una dimensione sociale e umanistica. Riflettiamo sul fatto che Mario Melis era un giurista (come Emilio Lussu) ma (ancora come Emilio Lussu) era fortemente interessato alla cultura, all’ambiente, al paesaggio, alla lingua sarda e al bilinguismo perfetto che considerava «quasi sintesi dell’intera questione sarda [e] elemento di coagulo della riscoperta e riappropriazione della identità». Era interessato, in definitiva, ai valori e alle cose che danno sostanza all’Autonomia.

L’Autonomia è un’espressione di libertà, il cui soggetto è la comunità̀ sarda, che, come afferma un illustre storico del diritto, Italo Birocchi, si manifesta nella libertà da ogni vincolo che non sia accettato per il bene comune e non sia necessario ai fini del riconoscimento della coesistenza dei pari diritti altrui, e nella libertà di autogoverno, intendendo per tale la facoltà̀ di darsi norme e istituzioni idonee alla costruzione del futuro del popolo sardo e idonee a provvedere alla conservazione e potenziamento delle sue risorse materiali, culturali e storiche, in una prospettiva di sviluppo e innovazione creativa. L’Autonomia, così intesa, come la intendeva Mario Melis, si risolve, dunque, in una forma di democrazia.

Per i suoi caratteri più̀ propri l’Autonomia non ha niente a che vedere con il passatismo o la separatezza. Non è passatismo perché́ non guarda alla storia con nostalgia per alimentare ideologie di conservazione, ma per acquisire la consapevolezza necessaria per guardare dinamicamente all’oggi, per progettare. Non è separatezza perché l’Autonomia è storicamente e necessariamente rapporto con altri: mira ad aggregare e non a separare o a separarsi.

L’Autonomia è anche responsabilità. S’intende che è capacità di utilizzare al meglio i poteri di cui già si dispone, per espandere la democrazia. E s’intende che è capacità di utilizzare al meglio le risorse: sono sempre più insostenibili, oltre che riprovevoli, i comportamenti di irresponsabilità nella spesa: tanto qualcuno pagherà comunque il conto.

Al riguardo, Mario Melis affermava: «Commetteremo un errore imperdonabile se non ci interrogassimo sul nostro modo di fare autonomia o più semplicemente amministrazione; se non 3 indagassimo sulla parte di responsabilità che ricade su di noi nel prodursi della crisi nella sua globalità». Il suo giudizio è molto critico: «L’Autonomia regionale [salvo brevi stagioni] è stata gestita nella logica del giorno per giorno, storditamente, in un procedere discontinuo, contraddittorio. Traguardi, che, al di là delle frasi fatte, ma vuote di contenuti ed elaborazione, avremmo dovuto perseguire non sono stati realizzati». Si riferisce agli esiti di decenni di esercizio dell’Autonomia speciale.

L’Autonomia responsabile è contro la demagogia: «Io pensodichiara Mario Melis, rivolgendosi innanzitutto al suo partito riunito nel congresso – che il pericolo maggiore cui vada incontro un politico e, in fondo, la classe politica, sia quello di abbandonarsi agli slogan, alle frasi fatte, utili senza dubbio per lanciare messaggi, per riassumere, in sintesi, concetti complessi, ma inidonea a proporre, da sole, un serio, articolato e razionale programma politico. Con gli slogan si rischia la mitizzazione miracolistica, scoprendo poi che si dispone solo di scatole vuote».

Ho accennato all’ idea di Autonomia come coltivata da Mario Melis. Accenno, ora, al federalismo come emerge nel pensiero di Mario Melis. Autonomia e federalismo, beninteso, non sono separati: si presuppongono, s’integrano, in quanto realizzano l’affermazione della dignità di un popolo e, insieme, il rispetto dell’altro e del diverso, riconoscendosi negli stessi valori di fondo.

Dobbiamo interrogarci su quale modello di federalismo. Mario Melis non ha ignorato, né eluso, né è stato evasivo su questo cruciale punto. In un intervento sull’auspicata Unione federale dell’Europa, ha riassunto la questione nei suoi termini essenziali: «Si discute se all’origine del patto federale debba individuarsi la solidarietà e, in ultima analisi un reciproco impegno di fedeltà, o più un semplicemente un contratto, volta a realizzare al meglio i rispettivi interessi dei contraenti che restano pertanto liberi di recedere una volta che questi siamo stati raggiunti. Pur senza contestare la rilevanza delle motivazioni che supportano la seconda ipotesi, si osserva che a legittimarla resta solo la logica del mercato: la logica del più forte». Il punto in discussione, un punto conflittuale, riguarda l’idea di Stato e di società che essa implica. Giova sempre tenere presente che le teorie politiche, o più semplicemente economiche, non sono mai neutrali, in quanto supportano diverse visioni dei rapporti sociali e del rapporto fra cittadino e istituzioni pubbliche. Così è anche per il federalismo ormai largamente applicato nel mondo, ma secondo valenze sociali molto differenti fra loro, in particolare per la componente fiscale, questione cruciale per l’acceso paritario ai diritti di cittadinanza indipendentemente dalle condizioni sociali e dal luogo dove si vive.

Quando Mario Melis afferma: «Federalismo che cos&’è, se non solidarietà?» indica un preciso modello di federalismo: quello basato sulla cooperazione, sulla solidarietà e sulla responsabilità dei soggetti federati «in vista, non tanto e non solo di particolari obiettivi, quanto del reciproco bisogno di mettere insieme i comuni valori che, pur senza confondersi, divengono patrimonio e forza di entrambi».

Il federalismo in Mario Melis è in relazione con l’indipendentismo. Non tralascio questo nodo delicato. Il foedus, il patto fra eguali, passa per l’indipendenza: rendersi indipendenti 4 e poi unirsi attraverso la federazione, questa era la sua idea in coerenza con il programma fondamentale del Psd’Az. Questa enunciazione di principio non ne ha distolto, però, l’attenzione e l’impegno dalle riforme, a partire da quelle costituzionali, che, senza percorrere l’impervio sentiero dell’indipendentismo, avvicinano l’obiettivo finale della federazione nella Repubblica. Anzi, così a me sembra, l’impegno politico maggiore era profuso nella seconda direzione. Così, nel dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del Governo Craxi, agosto 1983 – per la prima volta, da giovane deputato, mi accadeva di ascoltare un discorso di Mario Melis – mentre riafferma il nesso fra federalismo e indipendentismo, si diffonde e ben più ampiamente, sulle riforme. Pone il tema, fondamentale, della partecipazione delle autonomie alle sedi decisionali centrali. Afferma che affinché «le Regioni abbiano un ruolo, esse debbono contare nel momento formativo della volontà legislativa e delle grandi scelte sia in politica estera che interna, come nel governo e nella programmazione dell’economia». Con questo obiettivo, propone «in sede di riforma costituzionale, la trasformazione del Senato in Camera pariteticamente rappresentativa delle Regioni e anche delle altre nazionalità presenti in Italia» (pariteticamente, sull’esempio del Senato Usa). Propone la riforma della Corte costituzionale, che «oggi nella sostanza è un giudice di parte e quindi non è un giudice, e dovrà essere integrata da giudici eletti dalle rappresentanze regionali quando è chiamata a risolvere problemi di conflitti tra Stato e Regioni. Tutte le moderne democrazie così si atteggiano…». E poi colpisce sui corposi problemi della riduzione dei gravami militari, dei trasporti e della rivendicazione storica della zona franca. Emerge il dirigente politico avveduto che lancia ponti verso altre forze federaliste o regionaliste per cogliere risultati, anche parziali, che segnino passi in avanti nella trasformazione in senso federale della Repubblica.

Mario Melis è stato un convinto militante della causa dell’Unione politica e federata dell’Europa. Durante il suo mandato al Parlamento europeo cade l’ordine mondiale fissato a Yalta, si dissolve l’Unione Sovietica, i Balcani sono insanguinati da orribili guerre. «L’angoscia delle popolazioni croate, massacrate dalla violenza dell’esercito serbo, sono la testimonianza più drammatica di quanto intendiamo lasciarci alle spalle per costruire, nella solidarietà e nella pace, una nuova e più grande patria». La nuova e più grande patria è l’Europa unita: questa è l’aspirazione che ci propone. Ogni passo in avanti in questa direzione è buono. Perciò è favorevole alla nascita della Banca centrale europea e alla moneta unica che vede come passaggi intermedi verso l’Unione politica. Ha una precisa idea dell’Unione politica europea: «Non l’Europa degli Stati, non l’Europa dei partiti (che dovranno ovviamente svolgere un ruolo di confronto e di costruzione democratica), ma l’Europa dei popoli, di tutti i popoli. Questi non possono essere valutati soltanto in virtù del loro peso numerico ma devono essere accettati per il contributo di civiltà che sono in grado di offrire. Noi crediamo che l’Europa degli Stati non saprà uscire dalla logica del mercato…».

Divenne presidente della Regione una prima volta nel 1982, per circa due settimane e poi si dimise perché non c’erano le condizioni politiche per andare avanti. Nel 1984 divenne presidente della Regione per la strada maestra, grazie al forte successo del PSd’Az e alle scelte lungimiranti del PCI. La presidenza di Mario Melis fu l’esito politico naturale di un 5 lungo processo alimentato da movimenti di massa del decennio precedente: le lotte per i territori interni e per rompere le condizioni di arretratezza a partire dalla innovazione del sistema produttivo regionale, con uno spazio ampio assegnato alla riforma agropastorale, alle risorse locali e alla piccola media impresa. Era un grande movimento di massa che reclamava anche il cambio della direzione politica della Regione. Di quel periodo ha scritto Mario Melis che sin dal suo costituirsi: «La giunta e il suo presidente furono investiti da un tumultuoso accavallarsi di critiche (non disgiunte da velate ed esplicite minacce) provenienti dai più autorevoli esponenti della maggioranza di governo». Mario Melis rivendica il confronto paritario con il governo. Non esitò a convenire in giudizio il ministro pro tempore della Difesa, Spadolini, quando l’ammiragliato di La Maddalena infranse le norme sull’edificazione. Ma fu capace di aprire rapporti positivi con il governo, ottenendo risultati rilevanti nella riduzione dei gravami come la restituzione di 2.500 ettari di territorio controllato dall’amministrazione militare, la sospensione delle esercitazioni militari durante la stagione estiva. Concluse positive intese per la soluzione del contenzioso sulle entrate. Né meno impegnativo fu il confronto per affermare la competenza regionale nel vasto campo dei beni paesaggistici ed ambientali. Con la sua giunta la disoccupazione fu ridotta di 5 punti percentuali, si varò il piano per l’occupazione giovanile; si registrò un saldo nettamente positivo nel totale delle imprese attive, si creò il consorzio 21 per la promozione di imprese innovative; si promosse l’innovazione tecnologica. Si varò una legislazione avanzata e coraggiosa per la tutela delle coste: queste furono salvate dalla cementificazione, soprattutto da quella giunta. Si fecero leggi anticipatrici sulla trasparenza e sul suo procedimento amministrativo. L’esito delle elezioni regionali del 1989, seppure registrando una perdita di consiglieri nelle file del PSd’Az e del PCI, non fu la sconfitta di quella coalizione. Il risultato consentiva la prosecuzione dell’esperienza di quella coalizione. Non accadde perché a Roma le segreterie dei partiti al Governo, Craxi in modo particolare, ne impedirono la prosecuzione.

Mario Melis ha onorato gli uffici pubblici ricoperti. A partire dal Comune. È stato sindaco di Oliena per circa 20 anni. E poi in Regione e nei Parlamenti repubblicano ed europeo. Ha interpretato le cariche con la consapevolezza della responsabilità di rappresentare sempre una comunità e, da Presidente della Regione, un intero popolo. Lo ha fatto con il senso del dovere verso chi questa rappresentanza gli ha affidato confidando che fosse riposta in buone mani. Non è venuto meno a questo dovere. E lo ha fatto al meglio, con onestà nel pubblico e nel privato, con fermezza e con grande carisma. La gente comune traeva fierezza, vorrei dire: orgoglio, dal sentirsi così rappresentata: era il presidente dei sardi, non solo della Regione Autonoma della Sardegna. Penso che stia qui, nella tensione morale riversata nella funzione pubblica, un altro grande lascito di Mario Melis alle giovani generazioni della Sardegna: un lascito attuale, dunque, cui guardare e applicare nella società di oggi segnata da profonda crisi di fiducia nel rapporto fra cittadini e istituzioni.

Salvatore Cherchi

Carloforte sarà la prima tappa della VII Rassegna Itinerari letterari e storici dell’Identità sarda con una serata culturale e musicale dedicata alle donne del periodo Giudicale per promuovere e valorizzare l’identità della nostra Isola attraverso un itinerario storico-culturale raccontato da esperti medievalisti dell’Università degli studi di Cagliari. La prof.ssa Olivetta Schena e il prof. Andrea Pala, docenti del Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni culturali, e Antonello Figus, presidente della Fondazione Sardegna Isola del Romanico, ci guideranno alla scoperta di questo straordinario periodo Storico.
La manifestazione organizzata da Maristella Casula, presidente dell’Associazione culturale La Casa Rosa sarà presentata da Alessandra Addari giornalista di Giulia Giornaliste Sardegna, che nel salotto storico-culturale darà voce con gli ospiti e gli artisti alla rievocazione di personaggi femminili del periodo Medievale: saranno presentate le Regine-Giudicesse che hanno avuto un ruolo significativo nel quadro storico-politico tra il IX e il XV secolo: Elena di Gallura del Giudicato Di Gallura, Adelasia di Torres ultima regina del Giudicato di Torres, Eleonora d’Arborea del Giudicato d’Arborea, Benedetta di Cagliari del Giudicato di Cagliari e personaggi minori.
La rassegna, patrocinata dal comune di Carloforte, con la collaborazione della Pro Loco, dell’associazione Saphyrina e dell’associazione Botti di Shcoggiu, della Coop. Casa del Proletariato di Carloforte e del Comitato Quartiere Castello di Iglesias, si realizza grazie al contributo dell’assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio della Regione Autonoma della Sardegna, e vanta tra i propri partners, già dalla precedente edizione: La Fondazione Isola del Romanico, l’APS Itinera Romanica, l’Università degli Studi di Cagliari e Giulia Giornaliste.
La manifestazione partirà alle ore 17.00, con il corteo medievale dalla calata Mamma Mahon sino a Piazza Pegli per concludersi al Teatro Cavallera dove alle 18.00 inizierà la serata culturale e musicale, interverranno per i saluti istituzionali il sindaco Stefano Rombi e la vice sindaca Elisabetta Di Bernardo. Tra gli ospiti della serata: la Vox Modulata Ensemble con la partecipazione del soprano Chiara Loi, di Maria Ganga, di Mario Tardini, di Davide Mura e di Raimondo Belfiori che si esibiranno con brani dal X al XV secolo, con loro la voce recitante di Susanna Mannelli dell’associazione Botti du Schoggiu e Marta Proietti Orzella che si esibiranno con la lettura di brani tratti dai libri: Donne protagoniste del Medioevo curato dalla prof.ssa Rossana Martorelli commissionato dalla Aps Itinera Romanica – edizione Carlo Delfino, Eleonora D’Arborea di Camillo Bellieni, Carta de logu, e Vita di Eleonora D’Arborea di Bianca Pitzorno.
Alle 20.00 è prevista nel teatro anche l’inaugurazione di un’esposizione delle eccellenze dell’artigianato artistico e agroalimentare locale, con la presentazione guidata delle tipicità del territorio.

E’ tutto pronto per gli ultimi tre appuntamenti del 2022 della VI Rassegna “Itinerari Letterari e Storici dell’Identità Sarda”, organizzati da Maristella Casula, ideatrice del progetto e Presidente dell’Associazione Culturale la Casa Rosa, in collaborazione con i Comuni di Sanluri, Iglesias e Oristano.
Il programma di fine anno prevede l’apertura del sipario il 27 dicembre nel Teatro Comunale di Sanluri, il 29 al Teatro Electra di Iglesias ed il 30 nel Centro Culturale ex Hospitalis Sancti Antoni di Oristano, con inizio alle 18.30.
La Rassegna dedicata alle Donne protagoniste del Medioevo Sardo, ha la finalità di promuovere e valorizzare l’identità della Sardegna attraverso un itinerario storico-culturale che racconta le dominazioni nel Medioevo, per porre in evidenza come i rapporti con le famiglie Aragonesi, Pisane e Genovesi hanno condizionato il contesto politico e l’identità della nostra Isola.

Attraverso la rievocazione di personaggi femminili del periodo Medievale, saranno presentate le Regine-Giudicesse che hanno avuto un ruolo significativo nel quadro storico-politico tra il IX e il XV secolo: Elena di Gallura del Giudicato di Gallura, Adelasia di Torres ultima regina del Giudicato di Torres, Eleonora d’Arborea del Giudicato d’Arborea, Benedetta di Cagliari del Giudicato di Cagliari e personaggi minori.
La Rassegna, patrocinata dal Consiglio Regionale della Sardegna, dalla CRPO Commissione Regionale per le Pari Opportunità, dai Comuni di Sanluri, Iglesias e Oristano, dall’Università degli studi di Cagliari Unica, da Giulia Giornaliste Sardegna, realizzata grazie al contributo dell’Assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio della Regione Sardegna, vanta tra i propri partners: La Fondazione Isola del Romanico, l’APS Itinera Romanica, Carlo Delfino Editore, le Pro Loco dei territori coinvolti, la Fidapa BPW Italy con le Sezioni del Distretto Sardegna di Sestu, Iglesias e Oristano e Giulia Giornaliste.


La Rassegna si distingue per i contenuti storico culturali, artistici e musicali volti ad un intrattenimento dell’ampio pubblico, che prevedono recitazioni, esibizioni corali e interviste sul tema trattato.
Tra gli ospiti del salotto storico culturale moderati da Simona Scioni e Alessandra Menesini di Giulia Giornaliste, Antonello Figus Presidente della APS Itinera Romanica Amici del Romanico, Michela Floris Prof. Associata Unica, Roberto Ibba Storico, Daniela Aretino e Celestina Sanna dell’Archivio Storico di Iglesias, Le socie delle Sezioni Fidapa BPW Italy di Iglesias, Sestu e Oristano, l’Associazione Argonautilus di Iglesias, Piergiorgio Spanu Prof. Ordinario di Archeologia Cristiana e Medievale dell’Università degli studi di Sassari Uniss, l’avv. Maria Rosaria Manconi Presidente della Camera penale di Oristano e Pupa Tarantini Presidente della Fidapa BPW Italy della Sezione di Oristano.
Durante gli eventi introdurrà la serata Maristella Casula, interverranno per i saluti istituzionali a Sanluri il Sindaco Alberto Urpi e l’Assessora alla Cultura Antonella Pilloni, a Iglesias l’Assessora alle Politiche Sociali e Giovanili Angela Scarpa, a Oristano il Sindaco Massimiliano Sanna e il Vicesindaco con delega alla Cultura, Istituzioni, Turismo e Pubblica Istruzione Luca Faedda, a tutti gli eventi parteciperà l’Assessorato Regionale al Turismo, Artigianato e Commercio.

Durante gli spettacoli si potrà assistere anche al concerto vocale della LUX Vocal Ensamble con la partecipazione del Soprano Chiara Loi che si esibiranno con brani dal X al XV secolo, con loro la voce recitante di Marta Proietti Orzella che leggerà brani tratti dai libri: Donne protagoniste del Medioevo curato dalla Prof.ssa Rossana Martorelli, Eleonora D’Arborea di Camillo Bellieni, Carta de logu, e Vita di Eleonora D’Arborea di Bianca Pitzorno.
Alle 20.30 è prevista oltre all’esposizione delle eccellenze dell’artigianato artistico e agroalimentare locale, una degustazione delle tipicità del territorio riservata al pubblico presente agli eventi.

La Rassegna è finanziata dall’Assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio della Regione Autonoma della Sardegna: Legge Regionale 21 aprile 1955 n. 7 “Provvedimenti per manifestazioni, propaganda e opere turistiche”, Art. 1, comma 1 lett. c). D.G.R.: n. 20/53 del 30/06/2022 – Annualità: 2022 / 2023 / 2024. organizzazione di manifestazioni pubbliche di grande interesse. “CARTELLONE REGIONALE DELLE MANIFESTAZIONI DELLO SPETTACOLO E DELLA CULTURA”.

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Il progetto Sardware realizzato da quattro giovani volontari che si occupano di tradurre applicazioni e programmi informatici in sardo, si è aggiudicato il premio “Si moves sa limba, sa limba ti movet”, destinato dall’Istituto Camillo Bellieni di Sassari a personalità che si siano distinte in maniera significativa nella diffusione e nella promozione della lingua sarda.

Il riconoscimento è stato consegnato nel weekend durante l’evento itinerante “Si moves sa limba salimba ti movet”, l’appuntamento conclusivo delle attività svolte ogni anno dall’istituto sassarese di studi e ricerche, che per la prima volta si è tenuto in Barbagia, accolto da un pubblico numeroso nel Centro polivalente di Orotelli.

A ricevere la pergamena dalla mani del direttore scientifico Is.Be, Michele Pinna e dalla presidente Maria Doloretta Lai, sono stati Lisandro Beccu di Silanus, Gianfranco Fronteddu di Oliena, Luca Meloni di Mamoiada e Adrià Martin di Barcellona. Quest’ultimo è un giovane catalano che dopo aver frequentato l’università di Cagliari si è appassionato di lingua sarda, divenendo un perfetto parlante della variante campidanese.

Il progetto è ancora in fase embrionale, finora sono stati tradotti telegram, facebook, un navigatore jps e sono in programma altre applicazioni. «L’idea è nata dalla volontà di avvicinare la lingua sarda agli strumenti della modernità e portarla sempre più alla portata dei giovani – hanno sostenuto i vincitori -. Con il sostegno anche da parte delle istituzioni si potrebbe fare meglio. Questo premio ci dà un po’ più di carica per proseguire nella giusta direzione».

All’incontro di Orotelli, coordinato dalla responsabile della formazione Is.Be, Daniela Masia Urgu, lo stesso primo cittadino Giovannino Marteddu si è espresso in lingua sarda, manifestando soddisfazione per le attività realizzate in collaborazione con l’Istituto. A dare avvio alle attività è stata l’esibizione a tenore de “Su Cuncordu de Oroteddi Terra ‘e oro”.

Nel corso della mattinata sono consegnati gli attestati di partecipazione ai corsisti di Arzana, Bonorva, Gavoi, Girasole, Bolotana, Martis, Nuoro, Fonni, Pozzomaggiore, Sassari e Tula. Sono intervenuti i docenti Daniela Masia Urgu, Lucia Sechi, Francesca Sini, Adriana Cocco, Immacolata Salis e Ivan Marongiu.

Tra le curiosità, per la prima volta in trent’anni di attività (traguardo festeggiato proprio nei giorni scorsi) il Camillo Bellieni ha consegnato per la prima volta i diplomi di competenza linguistica C1, ai corsisti Daria Baroni, Angelo Cocco, Maria Elena Cocco, Franceschina  Falchi, Marco  Satta, Fabio Tuseddu, tutti di Martis.

L’evento è stato occasione per presentare il libro postumo del compianto Enzo Espa, “La risata dei muri vecchi. Su risu de sos muros betzos”, pubblicato dalla Edes, a cura di Michele Pinna.

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L’Istituto Camillo Bellieni di Sassari presenta a Orotelli uno degli appuntamenti più attesi dell’anno da corsisti, docenti e operatori di lingua e cultura sarda. Il 15 dicembre a partire dalle 10, i locali dell’ex Mattatoio accoglieranno “L’ischis ma no l’ischis”, l’evento che ogni anno chiude in bellezza le attività realizzate dallo storico istituto sassarese di studi e ricerche, che ha da poco festeggiato il trentennale dalla nascita.

L’iniziativa promette di essere molto partecipata, forte del successo delle precedenti edizioni svolte a Pozzomaggiore, Ploaghe, Martis e Macomer. Sarà un incontro all’insegna della promozione e dell’identità del territorio, che oltre a dare spazio a relazioni, interventi di esperti e appassionati, sarà occasione per conoscersi, incontrarsi e confrontarsi nell’ambito dei valori che l’istituto ha da sempre rappresentato. Tra i momenti più attesi, la consegna degli attestati di partecipazione ai corsisti di Arzana, Bonorva, Gavoi, Girasole, Bolotana, Martis, Nuoro, Fonni, Pozzomaggiore, Sassari e Tula.

La manifestazione prenderà il via con l’introduzione della responsabile di formazione Is.Be, Daniela Masia, che coordinerà i lavori. A porgere i saluti istituzionali sarà il sindaco Giovannino Marteddu con le altre autorità presenti, mentre il direttore scientifico Is.Be Michele Pinna e la presidente Maria Doloretta Lai, attraverso documenti, slide e video, presenteranno una relazione multimediale dal titolo “Trint’annos de atividades inter sa Limba e sa Cultura Sarda”.

I corsisti riceveranno le pergamene dalle mani dei docenti Daniela Masia Urgu, Lucia Sechi, Francesca Sini, Adriana Cocco, Immacolata Salis e Ivan Marongiu. Sarà quindi presentata l’ultima pubblicazione promossa a marchio Is.Be, il libro postumo del compianto Enzo Espa, “La risata dei muri vecchi. Su risu de sos muros betzos”, a cura  di Michele Pinna, che assieme a Maria Doloretta Lai illustrerà i contenuti di questa originale e completa raccolta di insulti, imprecazioni, ingiurie dei parlanti in lingua sarda logudorese.

C’è grande attesa anche per l’assegnazione del premio “Si moves sa limba, sa limba ti movet”, destinato ogni anno a personalità che si siano distinte in maniera significativa, con il proprio impegno, attraverso un progetto interessante e meritevole, alla diffusione ed alla promozione della lingua sarda.

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Straordinaria partecipazione, commozione ed applausi. Ma soprattutto, la voglia di rievocare insieme, attraverso le testimonianze dei tanti protagonisti, i tratti salienti di una piccola grande storia iniziata quasi in solitudine a Sassari all’indomani della caduta del Muro di Berlino, per porre al centro del mondo i territori periferici e marginali, i piccoli paesi, le piccole comunità dell’isola e le parlate minoritarie che dinanzi ai potenti strumenti della globalizzazione rischiavano di soccombere.

La ricorrenza dei trent’anni di vita dell’Istituto Camillo Bellieni è stata celebrata sabato all’Hotel Grazia Deledda in una sala convegni gremita di pubblico, nella cornice dei rollup storici delle manifestazioni più importanti realizzate in questi anni.

Dal palchetto appositamente allestito, il giornalista Salvatore Taras ha introdotto e moderato la serata raccogliendo le testimonianze di numerosi rappresentanti del territorio. Sono intervenuti tanti sindaci e amministratori in carica o ex, tra i quali Piero Molotzu di Bono, Giancarlo Carta di Putifigari, Tiziano Lasia di Martis, Carlo Sotgiu di Ploaghe, Franco Spada di Cargeghe e Sabrina Sassu di Cossoine. Presenti in sala anche i primi cittadini Mariano Soro di Pozzomaggiore ed Alessandro Mura di Padria.

Impossibilitato a presenziare, l’ex sindaco di Sassari Fausto Fadda, che negli anni della fondazione dell’Is.Be ricopriva la carica di assessore regionale, ha inviato un messaggio di affettuoso augurio. Gli interventi sono stati intervallati da proiezioni video di iniziative svolte nei diversi territori, e dalle recitazioni poetiche di Antonello Iodo Unida, Clara Farina, Roberto Demontis e Pietro Peigottu. Molto apprezzate anche le melodie di intermezzo del coro “Su Cuncordu de Cheremule”.

L’ex assessore regionale della Cultura, Sergio Milia, ha ricordato il rapporto di collaborazione con il Camillo Bellieni definendolo «una “squadra che ottiene risultati”, non solo attraverso convegni ed eventi, ma anche grazie al coinvolgimento di esperti, studiosi, sportellisti per far sì che il sardo sia una lingua viva e riesca a penetrare a tutti i livelli».

A rievocare gli anni di intense battaglie per la lingua sarda in RAI è stata un’altra ex assessore regionale della Cultura, Claudia Firino, che ha rimarcato l’importanza di non trascurare i più recenti strumenti di comunicazione. E quindi l’ex senatore Silvio Lai, il quale ha suggerito di pensare già all’origine ai contenuti multimediali in sardo, affinché possano ottenere fruizione persino su media alternativi alla tv.

Per il comune di Sassari, che ha attivato da poco un nuovo sportello linguistico, sono intervenuti il capogruppo di maggioranza Manuel Alivesi ed il presidente del Consiglio comunale, Maurilio Murru.

Sul tema della lingua sarda in Rai è poi tornato Antonio Moro, giornalista e presidente del PSd’Az: «Se tra cinque anni non ci sarà, la colpa sarà tutta di Roma – ha affermato Antonio Moro -. È giunto il momento di chiedere anche altri finanziamenti per un canale Rai interamente in sardo, e pretendere che i giornalisti assunti nell’isola siano sardoparlanti».

Quirico Sanna, attuale assessore regionale all’Urbanistica e agli Enti Locali, ha parlato interamente il lingua sarda: «Pro a mie su Bellieni est comente una falange macedone chi defendet sa cultura e s’identidade sarda. Esempru pro sos sardo a èssere totu unidos».

Molto atteso l’intervento di Maria Doloretta Lai, presidente Is.Be, che nel presentare le principali professionalità che collaborano con l’istituto (operatori linguistici, archivisti, giuristi e filosofi), lo ha definito come «una seconda casa e una famiglia che negli anni è diventata sempre più numerosa».

Con le lacrime agli occhi e la voce rotta dall’emozione, il direttore scientifico Michele Pinna ha ricordato come tutto iniziò nel 1989, a partire da un’intuizione di Nino Pirretta: «Volevamo mettere su un’istituzione che creasse la cultura del sardismo. In quella prima fase c’erano grandi nomi come Massimo Pittau, Nicola Tanda, Ignazio Delogu, Gigi Nieddu ed Enzo Espa. Ma occorreva cercare di avvicinare i giovani creando interesse ed entusiasmo. I giovani vanno gratificati e incoraggiati. Se non siamo capaci di generare futuro non saremo mai maestri. Io ho dato tanto, ma ho anche ricevuto tanto».

Del compianto Enzo Espa è stato presentato il libro postumo “La risata dei muri vecchi”, ultima pubblicazione dell’Is.Be, a cura di Michele Pinna ed Anna Laura Espa. Un volume che rappresenta il coronamento di un premio alla carriera ricevuto dallo studioso in occasione dell’evento “Si moves sa limba-Sa limba ti movet” 2018.

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Dai pastafariani ai maradoniani, sono circa trecento le nuove forme di fede in Italia, che tra il pullulare di sette e santoni, mitizzano le realtà più diverse senza trovare la via alla comprensione del sacro. Il dato è emerso durante il convegno “Il sacro, la memoria, il tempo”, organizzato nei giorni scorsi al Villino Ricci dall’Istituto Camillo Bellieni per analizzare, attraverso un confronto tra studiosi, teologi, scienziati e artisti, lo smarrimento dei valori dell’uomo contemporaneo.

Un’iniziativa molto partecipata il cui senso è stato suggellato dalla presenza di una copia della sacra sindone a grandezza naturale, realizzata dalle Acli di Oristano per stimolare la riflessione e l’interesse intorno ai segni della fede.

Profondo e articolato l’intervento di Gaspare Mura della Pontificia Università Urbaniana, sull’ambiguo ritorno del sacro nella cultura post moderna. Una cultura caratterizzata a suo dire dal relativismo esistenziale, che trova riscontro anche nelle scienze umane, come sociologia o psicanalisi. Sarebbe questa una delle cause del dilagare di tante nuove forme di fede. Tra le citazioni di Gadamer, Levinas e altri filosofi, altro chiaro riferimento è stato quello a Ratzinger, per cui, al fine di orientarsi e salvaguardare la fede autentica dal sacro che apparteneva già ai miti del paganesimo, la Chiesa si è avvalsa fin dalle origini del logos della filosofia.

Un collegamento tra la sacralità e i valori umani è stato fatto da monsignor Corrado Melis, vescovo di Ozieri.

C’è un ritorno verso la spiritualità necessario non solo al fine di recuperare la dimensione divina – ha spiegato l’alto prelato – ma anche quella umana, che trasversalmente abbraccia le nostre relazioni ed i valori.

La sacralità dell’arte è stata invece indagata da Roberto Puzzu. Prendendo le mosse da “Lo spirituale nell’arte” di Kandinsky, Roberto Puzzu ha illustrato il virtuoso esperimento d’arte realizzato negli spazi di Molineddu a pochi chilometri da Sassari.

Il tema del tempo è stato approfondito dal punto di vista delle neuroscienze dalla docente dell’Uniss Franca Deriu, che ha spiegato il rapporto tra tempo e memoria, e come le emozioni e lo stato mentale riescano ad alterarne la percezione.

Daniela Masia, dirigente delle Acli di Oristano, ha proposto un’analisi sul tempo della collettività e quello dell’individualità, dalla quale è emerso un fenomeno di smarrimento della socialità contemporanea. A concludere gli interventi è stato Michele Pinna, direttore scientifico Is.Be, che ha illustrato  la sacralità del vivere e morire in Salvatore Satta, autore de “Il giorno del giudizio” e grande giurista, introducendo il concetto di una dimensione sacrale anche all’interno della sfera del diritto. Una dimensione che nella lezione del grande scrittore travalica i confini della scienza giuridica per proiettarsi in una dimensione trascendente.

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Sono diversi i fenomeni della contemporaneità che disorientano l’uomo, a partire dai consumi indiscriminati, all’individualismo e le tendenze al “nuovismo”, inducendolo a cercare appagamenti in nuovi spazi di felicità illusori. “Il sacro, la memoria e il tempo” non sono soltanto le coordinate e i valori da contrapporre a questo smarrimento, ma anche il titolo del convegno che sabato 7 settembre alle 9.30, nella Sala Convegni del Villino Ricci di Sassari, metterà a confronto studiosi, teologi, antropologi e operatori culturali. L’iniziativa rientra nell’ambito delle attività promosse dall’Istituto Camillo Bellieni in occasione del trentennale dalla nascita.

Saranno presenti figure di primo piano della ricerca scientifica e filosofica di diversa provenienza e orientamento culturale, quindi operatori impegnati a vario titolo nel territorio, uomini di scuola e di Chiesa, nel tentativo di mettere sul tavolo della discussione elementi utili non solo al pubblico specialistico, ma all’uomo della strada, anche a quello più distratto o disorientato.

Tra i relatori interverranno Franca Deriu (Miur – Università di Sassari) con la relazione “Il tempo e la memoria in neuroscienze”, Daniela Masia Urgu (Acli Oristano) con “Il tempo liberato: la relazione tra tempo individuale e tempo collettivo nella contemporaneità”. Quindi monsignor Corrado Melis, vescovo di Ozieri, che presenterà la relazione dal titolo “Il sacro è l’inutile che ci rende più umani”.

Subito dopo Michele Pinna (MIUR Liceo scientifico Spano di Sassari) che parlerà della “Sacralità del vivere e del morire. La memoria e il tempo ne ‘Il giorno del giudizio’ di Salvatore Satta”, quindi Gaspare Mura (Pontificia Università Urbaniana) con “L’ambiguo ritorno del sacro. Le radici nella cultura postmoderna” e, infine, Roberto Puzzu (ex dirigente scolastico Liceo artistico statale di Sassari) con “Arte, evento, creazione 2019. Il sacro, la memoria, il tempo nel parco di Molineddu”.

«I temi presi in esame sono quelli entro i quali l’uomo storicamente ha strutturato la propria esistenza – ha spiegato Michele Pinna – ma che oggi, in un momento in cui prevalgono rumori, voci e suoni anche sconosciuti che si accavallano disordinatamente e fuori dalle regole conosciute, oltre a creare frastuono e a disturbare la sensibilità dell’uomo producono paura e disorientamento. Confrontarci su queste tematiche – ha concluso il direttore scientifico del Bellieni – serve anche a mettere il dito sui nervi scoperti di una società e di una umanità indifese e oltremodo preoccupate per il proprio futuro.»

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Tre primi classificati ex aequo al concorso gastronomico di “Martis in poesia”, organizzato e dall’Istituto Camillo Bellieni in collaborazione con l’Amministrazione comunale. Sono “Coccoi cun bagna” proposto dal personale della Comunità alloggio del paese, “Pirichitos de entu” di Gianluca Spezzigu e Giovanna Maria Pala, e quindi la “Picciriella”, uno squisito sformato di zucchine preparato con cura dagli ospiti della stessa casa di riposo, in primis dalla simpaticissima zia Domenica, novantadue anni di esuberanza e allegria.

Le targhe e i riconoscimenti in denaro sono stati consegnati sabato sera sul palco del Centro polivalente dalle mani del giornalista e scrittore Giovanni Fancello, presidente della giuria, accompagnato dalla presidente del Bellieni, Maria Doloretta Lai e dagli altri membri della commissione tecnica formata da Michele Pinna, Tiziano Lasia, Daniela Masia Urgu e Lucia Sechi.

«Attraverso la preparazione dei loro piatti, i concorrenti hanno ricostruito la cucina di un territorio che non ha molte tracce scritte – ha spiegato Giovanni Fancello -. E il risultato è stato sorprendente, considerato che non si tratta di professionisti, ma sono stati raffinatissimi nell’esecuzione. Una manifestazione di questo tipo è importantissima perché iniziamo a scriverne le ricette in italiano e in sardo superando la situazione di una cucina orale che non si trasmette più.»

Anche questa terza edizione ha goduto di un’importante risposta e partecipazione da parte della comunità, delle zone limitrofe e dei paesi vicini. Vincente la caratterizzazione  di un format innovativo ispirato al connubio tra gastronomia, poesia e filosofia, perché se il cibo è l’alimento del corpo, poesia e filosofia sono gli alimenti dell’anima.

«Nel cibo c’è la storia di un popolo esattamente come nella lingua, è parte integrante della storia dei poveri – ha affermato Michele Pinna -. Riscoprire le tradizioni alimentari vuol dire riscoprire i territori e le attività produttive, le abitudini delle famiglie e i modi di vivere. La filosofia deve fare i conti con la realtà delle persone.»

Nel corso della serata Nino Pericu, Roberto Demontis e Michele Pinna hanno eseguito letture e performance coinvolgenti di versi poetici a tema, e sono stati presentati i libri “Durches” di Giovanni Fancello (Arkadia) e “In coghina” di Lucia Sechi (Edes). È stato inoltre proiettato un video-reportage di Salvatore Taras sulle preparazioni realizzate il giorno precedente, passo dopo passo, sotto lo sguardo vigile dei giurati. Il coinvolgimento della casa di riposo è stato oltretutto di fondamentale importanza per dare la possibilità agli anziani, che rappresentano la memoria storica, di affermare ancora una volta il loro ruolo utile all’interno della società.

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C’è un pizzico di poesia anche nell’arte gastronomica. Per questo il 30 e 31 agosto, la terza edizione di “Martis in Poesia” si prepara ad accogliere il primo concorso dedicato ai “Màndigos connotos pagu e irmentigados”. Un’iniziativa che permetterà di riscoprire e apprezzare piatti tipici della tradizione culinaria.

A sfidarsi nella simpatica competizione sono gli stessi abitanti di Martis, individualmente o in team, attraverso la preparazione di pietanze da sottoporre al giudizio insindacabile della giuria. A presiedere eccezionalmente la commissione tecnica sarà il noto giornalista e scrittore gastronomico Giovanni Fancello.

L’iniziativa, organizzata dell’Istituto Camillo Bellieni in collaborazione con l’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Tiziano Lasia, propone nel piccolo centro dell’Anglona un format innovativo, caratterizzato dall’incontro tra cibo, poesia e filosofia.

Venerdì 30 agosto, alle 18.30, la giuria si dà appuntamento in piazza del Comune per pianificare le valutazioni, e quindi, a partire dalle 19, recarsi per il sopralluogo nelle case dei partecipanti.

I piatti dovranno essere rigorosamente preparati con utensili tradizionali e con prodotti locali nella misura del possibile.

Sabato 31 agosto il raduno è previsto per le 19.00, in Piazza Santa Croce, dove alle 19.30, saranno presentati due libri di ricette gastronomiche sarde, alla presenza degli autori. Il primo è “Durches” di Giovanni Fancello, una recente pubblicazione di Arkadia che sta riscontrando un notevole successo. Il secondo è “In coghina” di Lucia Sechi, un altro volume molto richiesto edito dalla Edes.

Alla cerimonia di premiazione, programmata in piazza per le 20.30, seguiranno letture di testi poetici sul tema del cibo, con gli interventi dell’attore Nino Pericu e dei poeti Roberto Demontis e Michele Pinna.