23 April, 2024
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È iniziata la prevendita dei biglietti per l’ultimo appuntamento nel cartellone di JazzAlguer, la rassegna organizzata ad Alghero dall’associazione culturale Bayou Club-Events con la direzione artistica di Paolo Fresu; partita lo scorso dicembre, e proseguita poi con cadenza mensile, la manifestazione arriva al suo gran finale sabato 21 luglio: protagonista Jan Garbarek, in concerto con il suo gruppo (unica data in Italia) a Casa Gioiosa, sede del Parco di Porto Conte, in località Tramariglio (ad una ventina di chilometri da Alghero), con inizio alle 21.30.

Una vastissima produzione discografica, concerti sui palchi più prestigiosi in tutto il mondo, la lunga collaborazione con Keith Jarrett o il suo lavoro senza precedenti con l’Hilliard Ensemble hanno reso famoso Jan Garbarek al di là di generi musicali e confini. Il suono del sassofonista norvegese (classe 1947) è diventato un marchio inconfondibile, e questo suono ha acquisito una dimensione altra da ciò che normalmente viene definito jazz. Tra i rappresentanti di maggior successo fin dai primi giorni dell’etichetta di culto tedesca ECM, Jan Garbarek è un maestro nel creare musica dalla forte presa melodica, che arriva dritta al cuore; ampi paesaggi sonori che si dilatano da una tranquillità assoluta a un rapimento espressivo, musica che respira e offre spazio per respirare, che suona semplice e complessa al tempo stesso, solenne e sobria, seria e gioiosa, introversa e aperta in maniera eccezionale. Nel suo concerto in terra sarda Jan Garbarek sarà accompagnato al pianoforte da Rainer Brüninghaus, dal bassista brasiliano Yuri Daniel e dal percussionista Trilok Gurtu. Il concerto ideale per chiudere in bellezza la prima edizione di JazzAlguer. 

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Romaeuropa festival è lieta di annunciare che Christophe Chassol, geniale pianista e compositore francese inventore dell’ultra-scores, arriverà per la prima volta a Roma venerdì 4 novembre al Monk Club (Via Giuseppe Mirri 35, ore 22) dove concluderà il suo fortunato tour italiano che lo ha portato a suonare nelle principali città della penisola. Sul palco del Monk l’artista parigino di nascita ma originario della Martinica presenterà Big Sun, l’ultimo capitolo della sua meravigliosa trilogia audiovisiva. Il concerto è realizzato grazie alla collaborazione con La Francia in scena, la stagione artistica dell’Institut français Italia, realizzata su iniziativa dell’Ambasciata di Francia in Italia. Dopo il concerto di Chassol la stessa sera, sarà la volta della New Arabic Music del duo Jerusalem in my heart.

Esploratore sonoro che non conosce limiti geografici né temporali, Chassol negli ultimi 5 anni si è imposto come una delle più importanti novità del panorama musicale francese ed europeo in generale diventando uno degli artisti più corteggiati tanto dalle grandi manifestazioni dedicate al jazz contemporaneo, quanto dai più innovativi festival di musica elettronica. Già direttore musicale per icone electro-pop come Sebastian Tellier e Phoenix e consulente per il producer Frank Ocean, di lui si sono innamorati artisticamente personaggi del calibro di Laurie Anderson, Terry Riley e Gilles Peterson che, nel 2014, ha programmato un suo live al Meltdown Festival di Londra. Sempre a Londra, è stato appena nominato nella categoria “Digital Initiative of the Year” ai Jazz Fm Awards.

Christophe Chassol è l’inventore dell’ultra-scores, un metodo di composizione grazie al quale le registrazioni dei suoni della natura e della realtà vengono rielaborate ed armonizzate in una rappresentazione musicale del mondo, svelando così una sensibilità davvero fuori dal comune. Un clacson, il canto degli uccelli, un discorso di Obama, il traffico incessante di una città indiana diventano materiale prezioso che dialoga con una musica senza frontiere che spazia fra jazz, elettronica, minimalismo, pop, musica concreta, field recordings. Ogni suono diventa dunque nota e, grazie a una tecnica brillante e istintiva, la complessità del reale si traduce in sontuosa armonia ed estrema eleganza musicale.

Il risultato dell’ultra-scores è una meravigliosa trilogia audiovisiva in cui ogni capitolo è frutto di un viaggio in un luogo di cui vengono captati non solo i suoni, ma anche le immagini grazie a un team di filmmaker e operatori. Iniziata nel 2011 con “Nola Cherie” (lavoro ispirato alla lingua creola di New Orleans, il cui museo d’Arte Contemporanea ospita l’evocativo documentario realizzato dal team di Chassol), la trilogia è proseguita 2 anni dopo con “Indiamore” e si è chiusa nel 2015 con “Big Sun”, frutto di una ricerca sull’universo di suoni delle ex Indie Occidentali Francesi, sua terra d’origine.

I primi 40 anni di Chassol sono stati interamente dedicati alla musica: entrato al conservatorio all’età di  4 anni ne è uscito a 20 anni, dopo aver pure vinto una borsa di studio per il Berklee College of Music, da cui sono venuti fuori artisti come Keith Jarrett e Quincy Jones. Sarà per questo che Chassol è un artista il cui corpo e la mente sembrano funzionare come una sorta di catalizzatore terrestre di suoni e rumori della realtà tutta. Le date italiane realizzate in collaborazione con La Francia in scena e Afrodisia, sono parte di un lungo tour europeo che si concluderà il 13 novembre alla Philharmonie di Parigi per lo Steve Reich’s Anniversary. 

Sarà l’occasione per scoprire il mondo che ci circonda come se fosse la prima volta. Da una prospettiva diversa: attraverso la musica di Christophe Chassol.

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Uno dei sassofonisti più importanti della scena jazzistica internazionale tiene banco a Berchidda nella sesta giornata di Time in Jazz. Charles Lloyd è l’atteso protagonista della serata di domani (sabato 13) in piazza del Popolo, “palco centrale” del festival ideato e diretto da Paolo Fresu nel suo paese natale (ma con appuntamenti sparsi anche in altri centri del nord Sardegna). Classe 1938, direttore musicale nel gruppo di Chico Hamilton e poi compagno di band di Cannonball Adderley nei primi anni Sessanta, Charles Lloyd ha guidato nella seconda metà di quel decennio una formazione storica (con un giovanissimo Keith Jarrett, tra gli altri membri) che ha registrato uno dei primi album jazz a vendere oltre un milione di copie (“Forest Flower”, 1967). Praticamente assente dalla scena jazz negli anni Settanta, il sassofonista compare invece in dischi dei Doors, dei Canned Heat e dei Beach Boys. Avvicinato dal pianista Michel Petrucciani nel 1981 riprende a suonare per due anni, per poi ritirarsi di nuovo. Torna a esibirsi occasionalmente nel 1987 e 1988, poi nel 1989 ricomincia a girare. Inizia anche a registrare per l’ECM, inaugurando una lunga serie di dischi in cui figurano musicisti come Bobo Stenson, Billy Hart, Billy Higgins, John Abercrombie, Brad Mehldau, Geri Allen, Zakir Hussain. Uscito lo scorso gennaio per la Blue Note, “I Long To See You”, la sua più recente fatica discografica, lo vede in compagnia, tra gli altri, del chitarrista Bill Frisell. Jason Moran al pianoforte, Harish Raghavan al contrabbasso e Eric Harland alla batteria sono invece i membri del suo quartetto di scena nel secondo set di domani (sabato 13) a Berchidda.

A precedere il concerto Charles Lloyd, la prima parte della serata, con inizio alle 21.30, propone una produzione originale del festival con l’inedito incontro tra due musicisti dalle diverse esperienze e provenienze artistiche: la pianista romana Rita Marcotulli, nome di primo piano della scena jazzistica italiana, e l’eclettico polistrumentista francese, con radici in Martinica, Mino Cinelu. Un duo che promette sorprese, sull’onda della vocazione alla sperimentazione e all’interplay che caratterizza entrambi. Partita da studi classici per approdare al jazz, Rita Marcotulli raggiunge presto il successo grazie al suo stile intimo e allo stesso tempo capace di amplificare le emozioni, che la porta a calcare le scene internazionali accanto a jazzisti come Jon Christensen, Palle Danielsson, Peter Erskine, Joe Lovano, Michel Portal, Enrico Rava, Pat Metheny, Billy Cobham. Originario della Martinica, Mino Cinelu è un artista dai molti talenti, come testimonia anche il lungo e prestigioso elenco delle sue collaborazioni, in studio di registrazione e sul palco, con artisti di ambiti diversi (jazz, funk, rap, electro, flamenco e pop) e del calibro di Miles Davis, Weather Report, Herbie Hancock, Sting, Lou Reed, Antonio Carlos Jobim, Brandford Marsalis, Cassandra Wilson, Dizzy Gillespie, Elton John, Gato Barbieri, Gil Evans, Kenny Barron, Laurie Anderson, Pat Metheny, Pino Daniele, Richard Galliano, Stevie Wonder, Wayne Shorter, Zucchero, per fare qualche nome. 

Rita Marcotulli arriverà all’appuntamento serale in piazza del Popolo reduce dall’altro impegno che la attende invece in mattinata, a mezzogiorno, nei pressi di Loiri San Paolo, sulla spiaggia di Porto Taverna, con il progetto BAM, acronimo ricavato dalle iniziali dei tre componenti dell’organico: l’eclettico contrabbassista pugliese Marco Bardoscia, il versatile quartetto d’archi Alborada (Anton Berovski e Sonia Peana ai violini, Nico Ciricugno alla viola e Piero Salvatori al violoncello) e appunto, Rita Marcotulli. Un progetto nato da un’idea di Bardoscia e della violinista Sonia Peana, e che si muove, originariamente, intorno a brani dello stesso contrabbassista e adattamenti studiati per questa formazione, per arrivare a composizioni della Marcotulli e del quartetto Alborada, lasciando spazio anche all’improvvisazione. Le diverse fonti musicali si fondono per dare spazio a qualcosa di nuovo, fresco e originale, tra sonorità macedoni, isolane e mediterranee, che emergono naturalmente e senza forzature, sottolineando l’essenza stessa di ogni componente: il quartetto d’archi svolge un ruolo di sostegno ai solisti e, al tempo stesso, è anche una terza entità musicale autonoma.

Nel pomeriggio il festival fa tappa a Telti, dove, alle 18.00, nella chiesa di Santa Vittoria, è di scena un altro nome di spicco della scena jazzistica italiana, Stefano Battaglia, con un programma di improvvisazioni al piano che, sotto il titolo “Questo ricordo lo vorrei raccontare”, ripercorre in musica l’opera del fotografo Mario Giacomelli (1925-2000), ispirata dai versi di poeti come Emily Dickinson, Franco Costabile, Cesare Pavese, Edgar Lee Master. Classe 1965, Stefano Battaglia è un pianista attento al suono e alla melodia: forte di una solida preparazione musicale che l’ha portato dapprima a mettersi in luce in ambito “classico”, conta un vasto curriculum di collaborazioni importanti e progetti propri, qualcosa come tremila concerti all’attivo e una discografia di oltre cento titoli che gli ha fruttato premi e riconoscimenti in patria e all’estero. Nel 2004 ha inaugurato la collaborazione con la prestigiosa etichetta tedesca ECM, che ha pubblicato cinque suoi album; i tre più recenti lo vedono alla testa del suo collaudatissimo trio, con Salvatore Maiore al contrabbasso e Roberto Dani alla batteria, che anche il pubblico di Time in Jazz potrà apprezzare in concerto domenica pomeriggio a Tula, nella chiesa di Santa Maria di Coros (ore 18.00).

BAM (ph © Roberto Cifarelli) m Mino Cinelu 1 Rita Marcotulli (foto di Paolo Soriani) (2m) Stefano Battaglia (foto@Caterina Di Perri)01 (m)Charles Lloyd (2m)