18 December, 2025
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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Il Consiglio regionale ha iniziato stamane l’esame degli articoli e degli emendamenti del D.L. 176/A sul riordino degli Enti locali.

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha lamentato che «la prova muscolare su problemi così importanti è una grave responsabilità della maggioranza; nessuna censura sull’operato del presidente ma deve essere chiaro che ci sono troppo deroghe simili a stampelle per la maggioranza, bisogna invece riportare tutto nell’ambito della normalità senza costringere l’opposizione a rendere inagibile l’Aula del Consiglio».

Il vice-capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda ha osservato che il Consiglio «non è stato messo in grado di poter lavorare perché gli emendamenti agli emendamenti sono arrivati adesso ed intervengono in profondità su un testo cambiato più volte». E’diritto dei consiglieri, ha aggiunto, «conoscere l’oggetto del dibattito, soprattutto su un provvedimento così importante».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha messo in luce le condizioni di quanti non fanno parte della commissione autonomia che hanno ancor meno elementi di conoscenza della legge. Stanno saltando, ha dichiarato, «i rapporti fra Giunta e Consiglio e fra maggioranza ed opposizione, sarebbe quindi il caso di utilizzare bene il regolamento e riaprire i termini per la presentazione degli emendamenti».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha detto che, a suo avviso, «la maggioranza sbaglia ad andare avanti a testa bassa su una legge che non si può definire ordinaria perché segna il percorso della comunità sarda per i prossimi trent’anni, anche per questo è inaccettabile che solo adesso abbiamo potuto leggere gli emendamenti collegati ad una serie di articoli della legge».

Il presidente ha ribadito che il Consiglio, su quel punto, ha già deciso. 

Il presidente del Consiglio ha dichiarato aperta la discussione sull’articolo 1 (“Oggetto e finalità”) ed ha elencato gli emendamenti presentati all’articolo 1 e agli emendamenti agli emendamenti, ed ha quindi invitato il relatore della maggioranza ad esprimere il necessario parere. Il consigliere Roberto Deriu (Pd) ha proceduto con l’elencazione del parere contrario, di quello favorevole e dell’invito al ritiro con la trasformazione in ordine del giorno.

L’assessore degli Enti locali, Cristiano Erriu, ha dichiarato il “parere della Giunta conforme a quello della commissione”.

Il consigliere del Psd’Az, Christian Solinas, ha quindi domandato polemicamente al presidente del Consiglio quando si sarebbe riunita la Prima commissione per esprimere il parere agli emendamenti degli emendamenti, così come formulati dal relatore Deriu ed ha affermato che nel corso della riunione della Prima commissione non si è mai formulato, come invece è stato fatto dal relatore in Aula, l’invito alla trasformazione degli emendamenti in ordini del giorno.

Il presidente del Consiglio ha confermato che non si è tenuta alcuna riunione della Prima commissione per esprimere il parere agli emendamenti degli emendamenti  e che i lavori procedono secondo norma e prassi.

Il consigliere Mario Floris (Misto-Uds) ha rimarcato che il testo presentato in Aula è diverso da quello che è stato approvato nella Prima commissione: «Così non si può procedere e stiamo per arrivare alle denunce penali». Il presidente del Consiglio ha dunque invitato i consiglieri a proporre eventuali modifiche al regolamento alla preposta Giunta se si vogliono modificare le regole della discussione dei disegni di legge in Aula e in commissione.

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha preso la parola per domandare chiarimenti sull’eventuale incontro tra i capigruppo e gli operai dell’Alcoa ed il presidente Ganau ha affermato che l’incontro potrebbe svolgersi tra le 14 e le 16, salvo disponibilità della Giunta.

Il consigliere di Forza Italia, Stefano Tunis è invece intervenuto per invitare il relatore d’Aula, Roberto Deriu, «a non confondere il parere della commissione con quello personale del relatore».

Il consigliere, Mario Flrois (Misto-Uds), ha aperto gli interventi nel merito ed ha citato in premessa le parole del presidente della Regione pronunciate nel suo discorso di insediamento con riferimento alla necessità di far cessare contrapposizioni e contrasti tra maggioranza e minoranze e tra le forze politiche nel Consiglio regionale. A giudizio del già presidente della Regione “le demagogiche contrapposizioni” si stanno però accentuando proprio sul tema delle riforme ma anche su quelli che attengono sanità e trasporti. «La proposta che si discute sugli Enti locali – ha dichiarato Floris – è tutto fuorché un’ipotesi di riforma e si procede con una mortificazione dell’Assemblea regionale facendo emergere un metodo discutibile che evidenzia una certa superficialità istituzionale».

Il consigliere del Psd’Az, Marcello Orrù, ha rivolto pesanti critiche all’assessore degli Enti locali anche in riferimento alle dichiarazioni rese alla stampa nel corso degli ultimi mesi, segnati dalle polemiche proprio sul tema del riordino degli Enti locali. L’esponente della minoranza ha quindi definito “fallimentare” l’esperienza del governo regionale e si è detto rammaricato per l’assenza del presidente Pigliaru («l’unico eletto in una giunta di nominati»). «Ciò che manca – ha insistito Orrù – è la politica e le dinamiche e lo scontro che hanno caratterizzato il percorso del Dl 176 lo dimostra». Orrù ha quindi affermato che l’assessore Erriu ha «una visione cagliaricentrica e discriminatoria verso gli altri territori dell’Isola» ed ha ribadito la necessità di riconoscere a Sassari e al Nord Ovest lo status di città metropolitana che il centrosinistra vuole riconoscere solo per la città di Cagliari.

Il consigliere Stefano Tunis (Fi) ha invitato il presidente del Consiglio a far cessare «il capannello sul banco del relatore Deriu» ed ha preannunciato “tempi lunghi” per l’esame del Dl 176 («abbiamo fatto bene a non partecipare ai lavori della Prima commissione perché sapevamo che il testo sarebbe stato modificato in aula dagli stessi proponenti»). L’esponente della minoranza ha quindi affermato che la riforma in discussione «si calerà come una mannaia sugli Enti Locali della Sardegna perché è rivolta ad un sistema profondamente diverso da quello sardo». Tunis ha quindi criticato l’atteggiamento “supino” della Giunta verso il Governo di Roma: «Di fatto si rinuncia ad esercitare le prerogative autonomistiche su un tema centrale come è quello degli Enti Locali». 

Il consigliere Luca Pizzuto (Sel), rivolgendosi ai colleghi dell’opposizione, ha ricordato le responsabilità passate sul fronte degli enti locali: «Non dimentichiamoci che nella precedente legislatura c’è stato un referendum-truffa che ha annullato enti democraticamente eletti e messo a rischio migliaia di posti di lavoro senza indicare soluzioni».

Riguardo alla legge in discussione, Pizzuto ha detto di non condividere l’impostazione nazionale. «Si prosegue nell’idea di annientare le forme di democrazia diretta e mettere in difficoltà gli enti intermedi che sono invece strumenti di sviluppo per le comunità locali – ha rimarcato il consigliere di Sel – spero che avremmo la capacità di costruire il riscatto non solo della Città metropolitana di Cagliari ma anche delle periferie. Mi auguro che la notizia di un declassamento di Carbonia e Iglesias non sia vera».

L’esponente della maggioranza ha infine auspicato una semplificazione amministrativa: «Il comma 5 dell’art. 1 è significativo – ha affermato Pizzuto – non ci nascondiamo che uno dei problemi maggiori quando si deve fare un’opera pubblica è l’enormità dei pareri e dei permessi da richiedere. Siccome si parla di aree vaste e intermedie è necessario che dentro la riforma ci siano gli strumenti per ottenere una vera semplificazione evitando il rischio di un’ulteriore frammentazione. Ho fiducia nella maggioranza perché si possa lavorare per la migliore riforma possibile».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha espresso un giudizio negativo sul contenuto della riforma e dell’art.1. «La norma crea i presupposti per aumentare la conflittualità tra i territori escludendo i piccoli comuni, le zone montane e le periferie della Sardegna a grave rischio di spopolamento – ha detto Locci – un recente studio del prof. Bottazzi dice che nei prossimi vent’anni 160 comuni della Sardegna rischiano di sparire. Dentro la riforma non c’è nulla per salvaguardare questi centri che rappresentano l’ossatura dell’Isola».

Secondo l’esponente della minoranza, il disegno di legge in discussione accetta la logica della riforma nazionale Delrio. «Non si tutelano le mostre comunità e le nostre tradizioni. Si svuotano i comuni di competenze lasciando loro solo l’organizzazione dello Stato civile e dell’anagrafe – ha affermato Locci – abbiamo la necessità di scrivere adesso che cosa vogliamo fare. Bisogna affermare che vogliamo salvare le nostre tradizioni e le nostre comunità senza lasciarle in balia di una logica tecnocratica. Così facendo si condannano i piccoli paesi all’oblio».

Il consigliere Cesare Moriconi (Pd) ha ammonito il Consiglio sui rischi di un confronto aspro su un tema delicato come  quello del riassetto degli Enti locali: «E’ un dibattito che va avanti da troppo tempo – ha detto Moriconi – dopo le riforme degli anni 60, 80 e dei primi anni 2000 si è arrivati all’abolizione delle Province senza mettere in piedi uno strumento alternativo. Ora si respira un clima popolare di sfiducia, non ci accorgiamo di questo. Ho la vaga sensazione che nelle sacche del malcontento popolare ci sia rimasto poco da grattare. Fuori dal Palazzo non si distinguerà più tra maggioranza e opposizione».

Moriconi ha quindi auspicato una discussione più serena: «La drammatica situazione finanziaria non dipende da questa legislatura – ha rimarcato Moriconi – è giusto confrontarsi ma senza giocare allo scaricabarile. A chi giova far saltare il banco? Anche nel 2001 in occasione della legge regionale n.9 le tensioni locali e territoriali erano al limite della sopportazione. Allora le forze politiche riuscirono a compiere uno sforzo di dialogo e a costruire una coscienza unitaria all’interno dell’Aula. Allora governava il centrodestra, anche quel progetto non piaceva a tutti ma nessuno si sognò di andare allo scontro. Si lavorò per unire le popolazioni e non per dividerle». Il consigliere del Partito Democratico ha concluso il suo intervento con un appello a tutte le forze politiche: «Questo Consiglio ha fatto tanti errori nei decenni, ai sardi appassiona poco scoprire a chi debbano essere attribuite le responsabilità,  proviamo insieme a lasciare un segno positivo».

Marco Tedde (Forza Italia) ha riconosciuto l’importanza del provvedimento in discussione: «Questa è la legge più significativa della legislatura, ha un peso che si avvicina al rango costituzionale – ha sottolineato Tedde – non ci saremmo aspettati che potesse avere questo iter legislativo. Le quattro stesure hanno creato sconcerto non solo tra noi ma anche tra gli amministratori locali. E’ stato un incedere bizzarro che ha mortificato il legislatore isolano ma, soprattutto, i territori e chi li rappresenta. Siamo stati depauperati della forza di fare una norma che andasse incontro alla necessità dei territori».

Il consigliere azzurro ha quindi puntato l’indice contro la Giunta: «L’esecutivo non si è accontentato del gioco delle quattro carte – ha detto Tedde – è spuntata anche la quinta con la presentazione di emendamenti dell’ultimo minuto che non consentano all’opposizione di svolgere il proprio ruolo. La minoranza ha necessità di studiare e di confrontarsi con i territori: non ci è stato concesso. Parte tutto da un’impuntatura del presidente Pigliaru che ha rifiutato l’ipotesi di due città metropolitane, ha favorito il Sud e pensato a compensazioni per il Nord senza però metterle per iscritto».

Inaccettabile, infine, per Tedde, la minaccia di dimissioni del presidente della Giunta e dell’assessore Erriu: «Non è pensabile che ci sia questa spada di Damocle sul Consiglio – ha concluso il consigliere di Forza Italia – le dimissioni minacciate sono servite per mettere la maggioranza all’angolo».

Il consigliere Franco Sabatini (Pd) ha sottolineato in apertura il grande lavoro svolto da assessore, maggioranza e commissione, per poi rivolgere un appello all’opposizione «per ritrovare in Consiglio regionale il clima adatto ad un confronto sui problemi concreti perché la riforma riguarderà la politica nel suo complesso, una riforma necessaria purché non animata solo da numeri, calcoli, considerazioni ragionieristiche». «La politica – ha sostenuto – deve rivolgersi ad orizzonti più alti e più vicini alle comunità e sotto questo profilo, riflettendo sul passato, bisogna riconoscere che le quattro province regionali hanno lasciato un segno in aree marginali della Sardegna dando speranza di riscatto a molte popolazioni; di questo va tenuto conto in una visione complessiva perché il quadro è difficilissimo e forse sarebbe stato meglio riscrivere lo Statuto e, in quella sede, riformare la funzione degli enti intermedi».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az), ripercorrendo alcune linee dell’intervento di Sabatini, ha detto che «le critiche alla tecnocrazia sono sovrapponibili alla Giunta regionale, perché si sta procedendo per l’ennesima volta con una riforma a metà, dall’urbanistica a sanità ed ora agli Enti locali, tutte linee parallele che non si incontrano». Per questo, secondo il consigliere sardista, «serviva una riflessione in più fondata su una idea complessiva di Sardegna attorno alla quale costruire alcune grandi riforme strutturali, tenendo presente che gli interventi profondi sull’architettura istituzionale della Regione, come affermato anche da autorevoli intellettuali sardi, richiede un confronto alto non fondato esclusivamente sull’esigenza di contenere i costi». «A fronte di questi dati – ha concluso – il Consiglio sta facendo una specie di dibattito usa e getta, mentre la Corte dei conti dice che l’esperienza delle Unioni dei Comuni ha prodotto maggiori costi».

Il consigliere Michele Cossa (Riformatori) si è detto convinto che il Consiglio stia perdendo «l’occasione preziosa di rinnovare il suo tessuto istituzionale, economico e sociale, con la maggioranza che si muove in un percorso privo di respiro e senza coordinamento con la riforma del sistema Regione, la sua semplificazione, la sua capacità di aumentare la qualità dei servizi, di ridurre la burocrazia, di migliorare l’efficacia della spesa». «La logica – secondo Cossa – è quella di alcuni che pensano che i posti di lavoro possano venire dalle Province, che oltretutto senza la spallata referendaria sarebbero rimaste tali e quali; per la maggioranza parlano gli atti che compie, aumento della spesa pubblica con l’Irpef, sprechi nella sanità, moltiplicazione delle consulenze». La riforma, ha concluso l’esponente dei Riformatori, «poteva e doveva essere diversa dalla legge Delrio invece l’ha accettata supinamente e, in aggiunta, il testo della commissione è molto peggiore di quello dell’assessore Erriu, che era più semplice e chiaro».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori) ha parlato di «una legge nata fra scaramucce e parapiglia, facendo dimenticare la scelta sciagurata della maggioranza di aumentare l’Irpef mostrando ancora una volta il volto di una politica ostile alle famiglie ed alle imprese della Sardegna». La legge scontenta tutti, ad avviso di Crisponi, «perché divide i cittadini dal parlamento dei sardi e dagli amministratori locali, che l’hanno respinta al mittente mentre doveva essere una grande riforma capace di segnare la svolta per la Sardegna». «Una legge – ha aggiunto ancora Crisponi – che esclude molti ed esclude, fra l’altro, proprio i territori più poveri dell’Isola come l’ex Provincia di Nuoro, l’unica dove non passa il treno veloce, che era povera e diventerà sempre più povera».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha messo in evidenza che «molti interventi hanno mostrato l’obiettivo comune di provare a sviluppare un ragionamento che riesca ad uscire dall’insoddisfazione per le scelte contenute nella legge, per responsabilità della Giunta che ha dato origine ad un caos da cui sarà difficile uscire, al di là di alcune tattiche consiliari con l’obiettivo di tagliare i tempi della discussione e l’esame degli emendamenti». «Queste tattiche però – ha avvertito Cherchi – non basteranno a ricucire il rapporto fra Giunta e maggioranza e soprattutto con  l’opinione pubblica e le amministrazioni locali; il problema è che non c’è una linea comune o meglio ci sono molte linee che configgono fra loro, mentre per noi la Sardegna è un territorio unito che dialoga con tutto il sistema istituzionale».

Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) ha definito «apprezzabile il richiamo di alcuni colleghi della maggioranza a superare le visioni di parte, in particolare quello di Sabatini che rovesciava il problema istituzionale proponendo di partire dallo Statuto». I suoi riferimenti all’invadenza della tecnica, ha affermato, «ricorda la deriva burocratica che oggi pesa sulla Sardegna ed è una questione di sostanza, perché questa è la prima (presunta) riforma dopo che in due anni non si è fatto nulla». Superare le divisioni, quindi, va sempre bene secondo Truzzu «ma forse arriva fuori tempo massimo, anche perché la legge dimostra una accettazione supina alla logica nazionale che sta devastando il mondo delle autonomie locali».

Il consigliere Gianni Lampis, anch’egli del Misto-Fdi, ha riassunto sinteticamente gli interventi precedenti parlando di «una sorta di codice rosso che ha colpito la maggioranza, che parla di riforma per cercare, a parole, soluzioni più efficaci ed efficienti, ma nella realtà fa il contrario». La legge, a parere di Lampis, «peggiora innanzitutto le condizioni dei cittadini che dovrebbero essere i primi destinatari della legge appiattendosi sulle indicazioni del governo centrale e rinunciando all’esercizio della sua competenza primaria; di qui la sconfitta della Giunta che non ha ascoltato i Sindaci, e dello stesso assessore Erriu che doveva essere solidale con gli Enti locali essendo stato presidente dell’Anci, oggi invece i Sindaci vengono delegittimati, i Consigli comunali sono l’ultima ruota del carro e nelle Unioni ci saranno maggioranze senza contrappesi».

Il consigliere di Forza Italia, Edoardo Tocco, ha citato i principi del comma 2 dell’articolo 1 (sussidiarietà e adeguatezza) per affermare che gli stessi sono disattesi e mortificati dal modo in cui si procede in Aula. L’esponente della minoranza ha quindi ricordato «il passato da amministratore di un piccolo Comune» dell’attuale assessore degli Enti Locali per sottolineare come lo stesso assessore Erriu «avrebbe molti dubbi sul disegno di legge di riordino degli Enti locali».

«Mi sembra di rivivere il periodo delle circoscrizioni comunali», ha proseguito Tocco (ex consigliere comunale di Cagliari), «ma soprattutto avverto il pericolo concreto che con questo riordino i piccoli centri siano privati delle loro competenze e della loro autonomia». «E’ una legge da rivedere completamente – ha concluso il consigliere di Fi – il Consiglio deve essere la voce di tutti i sard, anche dei piccoli sindaci che reclamano la possibilità di operare per il loro territorio».

La consigliere di Forza Italia, Alessandra Zedda (Fi), si è detta “offesa nel ruolo di legislatore” dal modo con il quale si procedere in Aula: «L’andazzo è registrato come il vostro modo di operare ma che ha molto poco a che fare con i procedimenti legislativi».

«Registriamo le aperture al confronto emerse nel corso del dibattito da parte dei consiglieri Moriconi e Sabatini – ha proseguito Zedda – ma noi ci limitiamo a evidenziare che certi comportamenti non fanno bene al Consiglio né alla Sardegna». A giudizio di Alessandra Zedda, l’assessore degli Enti locali, è stato sfiduciato insieme con la Giunta, dalla maggioranza e dai sindaci «così come è confermato dal fatto che si discute un testo profondamente diverso da quello approvato dall’esecutivo guidato da Pigliaru». «Come se non bastasse – ha aggiunto Zedda – l’azione della Giunta è stata ulteriormente sconfessata dalla presentazione degli emendamenti agli emendamenti a firma del presidente della Prima commissione e dal relatore della maggioranza».

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, ha sottolineato come il riordino degli Enti locali riguarda sia «l’attuale momento politico ma soprattutto la prospettiva politica». «Non si posso disegnare nuove amministrazioni – ha dichiarato l’esponente della minoranza – se non si ha ben chiaro quale idea di Sardegna si abbia». Attilio Dedoni ha ribadito la necessità di garantire ruolo e centralità ai Comuni ed ha criticato la condotta politica tenuta dalla maggioranza in Aula: «Guardatevi bene perché non rappresentate innovazione né tantomeno il futuro di quest’Isola». «Il Consiglio regionale – ha proseguito Dedoni – è stato ferito dalla decisione del centrosinistra di non consentire un dibattito aperto e chiaro sugli obiettivi e i punti di arrivo del disegno di legge di riordino degli Enti locali». «La Sardegna retrocede su tutto – ha concluso il capogruppo Riformatori – e non c’è la difesa degli interessi dei sardi né a Roma e né in Europa».

Il capogruppo di Soberania&Indipendentzia, Emilio Usula (Rossomori), ha ricordato la stagione di riforme che è in atto al “livello nazionale e a quello regionale” ed in particolare per ciò che attiene il governo degli Enti locali. L’esponente della maggioranza ha evidenziato come dal 1990 con la legge n. 142 si è aperta la sfida per la riforma degli Enti Locali ed ha denunciato dunque il tempo perduto in tutti questi anni. «Dal 1993 – ha aggiunto Usula – è stato modificato l’articolo 3 dello Statuto sardo ma non è mai incominciato un processo di riforma autonoma». «I Rossomori – ha dichiarato il capogruppo – approvano il Dl. 176 ma esprimiamo preoccupazione però per la sopravvivenza delle piccole comunità, soprattutto di quelle delle zone interne, autentico contenitore di saperi e cultura».

A giudizio di Usula, i comuni più piccoli sono quelli maggiormente esposti al ridimensionamento e molti dei piccoli Comuni sardi sono in crisi e non possono fare investimenti né liquidare i costi per garantire i servizi essenziali. Il consigliere dei Rossomori ha quindi evidenziato la necessità di “analisi e proposte diversificate” per la proposta avanzata nel Dl 176 in ordine alla cosiddetta gestione associata e alla nascita di una unica città metropolitana. «La Regione deve assolvere al ruolo di programmazione e salvaguardia di tutte le comunità locali dell’Isola – ha concluso Usula – e questo indirizzo politico deve essere esplicitato in legge perché i sindaci devono essere decisori dello sviluppo locale ed è in questo quadro che i Rossomori opereranno per la salvaguardia delle nostre comunità e la tutela delle specificità diffuse».

Il capogruppo del Psd’Az, Angelo Carta, alla luce delle dichiarazioni rese dal capogruppo di Soberania&Indipendentzia ha quindi invitato il collega Usula a prendere posto tra i banchi riservati alla minoranza ed ha proseguito dando lettura di interi brani delle dichiarazioni di programmatiche del presidente Pigliaru. «Scrive e dice una cosa ma ne fa un’altra», ha dichiarato Carta, «ed in questa norma mancano i riferimenti agli articoli 10 e 12 dello Statuto sardo che trattano il tema delle agevolazioni fiscali e della zona franca». Nel merito delle proposte avanzate nel Dl 176, il capogruppo dei Quattro Mori ha espresso critiche alla  eventuale istituzione della città di “rete metropolitana” («avvantaggia solo Sassari») ed ha dichiarato che «Nuoro città media non ha nessuna funzione». Angelo Carta ha quindi definito la rete urbana  come “una bufala” ed ha concluso: «Questa riforma non può essere accolta né può essere condivisa perché divide i sardi in cittadini di serie A e serie B».

Ha quindi preso la parola il presidente della Commissione “Autonomia” Francesco Agus che, in premessa, ha ringraziato l’assessore Erriu per non essersi mai sottratto al dibattito. Un grazie è stato rivolto inoltre a tutti i componenti della Prima Commissione, anche a quelli della minoranza che «se si esclude l’ultimo periodo – ha detto Agus – non hanno mai fatto mancare il contributo alla discussione».

Il presidente della Commissione “Autonomia” è poi entrato nel vivo del provvedimento sottolineando l’urgenza di intervenire sul sistema degli enti intermedi. «Si opera su un corpo vivo, in mutamento e sofferente – ha rimarcato Agus – vivo perché ancora le ex province svolgono funzioni e assicurano servizi fondamentali per i cittadini, vi operano 2000 dipendenti diretti, oltre ai  550 dipendenti delle società in house e a una moltitudine di precari. In mutamento, perché il combinato disposto delle leggi statali non dà la possibilità di intervenire in pianta stabile. Questa in discussione è una legge-ponte, la riforma “Delrio” e la legge sull’accentramento di funzioni rendono il quadro in divenire, ancora di più rende questo quadro precario la discussione della riforma del Titolo V della Costituzione. Corpo in sofferenza, infine, perché le norme statali ci obbligano a fare i conti con un dato finanziario che rischia di mettere in serio pericolo servizi e posti di lavoro».

Agus ha elencato i dati sulla drammatica situazione delle ex province determinata dall’applicazione della legge 190: «86 milioni di entrate ancora garantiti dalle tasse dovranno essere, nel 2015, interamente versati allo Stato – ha sottolineato Agus – nel 2016 non sarà sufficiente restituire l’intero ammontare delle imposte ma occorrerà trasferire anche la quasi totalità del Fondo Unico. Se entro il 2017 non saranno sostituite le province dovranno essere versati allo Stato altri 90 milioni di euro oltre all’intero ammontare del Fondo Unico».

Forti critiche alla norma sono arrivate anche da Gianluigi Rubiu. Secondo il capogruppo dell’UDC, i buoni propositi riportati nella finalità della legge sono in contrasto con gli articoli successivi che mortificano i comuni.

«E’ una riforma sbagliata, inefficace e inconcludente – ha attaccato Rubiu – si individua una Città metropolitana per accedere a consistenti finanziamenti ma si depauperano i territori delle loro funzioni. Non bisogna essere veggenti, è chiaro che si creeranno degli scompensi, le accuse di cagliaricentrismo sono fondate».

Secondo il capogruppo di Aps, la richieste di due città metropolitane sono legittime: «In questo modo si potrebbero riequilibrare vantaggi e risorse coinvolgendo tutti i comuni della Sardegna – ha proseguito l’esponente della minoranza – si pensa invece di scrivere una norma in modo testardo e non si risponde alle esigenze dei sardi». Rubiu, infine, ha invitato la maggioranza ad accogliere alcuni emendamenti presentati dalla minoranza: «Questa è una legge figlia della confusione, siete riusciti a scontentare tutti. I nostri emendamenti puntano a dare più libertà di decisione ai comuni. L’adesione alle Unioni deve essere facoltativa così come chiesto dai sindaci. Tutti i 377 comuni hanno una propria identità, questo è il punto più delicato della norma».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha respinto al mittente le accuse del centrodestra. «Non è vero che tutto va male come dice l’opposizione – ha detto Cocco – la riforma tiene conto del tempo che cambia e delle novità della normativa nazionale».

Il rappresentante del Partito Democratico ha poi puntato l’indice contro i Riformatori sardi colpevoli di aver proposto il referendum abrogativo delle province senza pensare a soluzioni alternative. «Noi abbiamo promesso le riforme in campagna elettorale contro chi vuole la conservazione, contro chi vuole mantenere rendite e privilegi, chi ha proposto il referendum era convinto di non raggiungere il quorum».

Pietro Cocco ha quindi difeso con decisione la proposta di riordino degli Enti Locali: «Noi diciamo che le province vanno abolite. Come? Con un rapporto diretto tra Comuni e Regione. Abbiamo la possibilità di istituire una Città Metropolitana che consente di accedere ad importanti risorse. Non vogliamo però cittadini di serie A e Serie B. Come sindaco di un piccolo comune, voglio che il mio paese abbia pari rappresentanza ma questo non significa pretendere che in Sardegna si facciano più città metropolitane quando in tutta Europa ne esistono 10».

Il capogruppo del Pd ha concluso il suo intervento invitando la minoranza a un confronto franco: «La legge verrà approvata, siamo sempre disposti ad ascoltare suggerimenti, anche quelli dell’opposizione che anziché chiudersi a riccio potrebbe fare proposte».

Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia ha esordito giocando sui cognomi dei rappresenti di Giunta, Governo e Consiglio: «Erriu, Delrio, Deriu: non è solo un’assonanza fonetica – ha detto Pittalis – la Giunta e la maggioranza sono chini e proni».

Secondo Pittalis la riforma non tiene conto della situazione sarda e dei fabbisogni di aree marginalizzate. «Questo – ha sottolineato l’esponente azzurro – è il primo neo evidente che non può essere sottaciuto».

Rivolto alle forze autonomiste e sovraniste presenti in Consiglio, Pittalis ha invitato i loro rappresentanti a «far valere il peso del loro essere e della loro appartenenza».  «Serve un sussulto di sardità – ha detto il capogruppo di Forza Italia – ragioniamo su schemi nostri e lasciamo da parte quelli romani. Discutere in questi termini consente di scongiurare una riforma dell’odio, questa è una legge che non genera sana competizione ma fa riesplodere antiche rivalità tra il Nord e il Sud dell’Isola».

Pietro Pittalis, infine, si è detto d’accordo con il collega Sabatini sulla necessità di arrivare a una legge di riforma non basata su calcoli ragionieristici. «Non siamo contrari a Cagliari Città metropolitana, ma vorremmo la Sardegna Area Metropolitana – ha concluso Pittalis – perché scimmiottare quello che fanno gli altri e non pensare invece a qualcosa di diverso? Una cosa è la città metropolitana altra cosa sono le reti metropolitane. Sindaci di Sassari e Olbia svegliatevi».

A nome della Giunta, l’assessore degli Enti locali Cristiano Erriu ha respinto l’interpretazione di Pittalis di una riforma che genera «odio» ed aggiunto che, piuttosto, si tratta di una riforma «ispirata alla ricerca di equilibri, convergenze, semplificazione, efficienza della pubblica amministrazione locale, a vantaggio dei cittadini, rispondendo ad una domanda che emerge in modo chiaro dalla società sarda». Ci sono anche esigenze di risparmio ma non sono prevalenti, ha proseguito Erriu, «ma soprattutto c’è l’urgenza di operare in un sistema con risorse sempre minori, evitando il rischio di non riuscire a garantire nemmeno l’ordinaria amministrazione». Ho fatto il sindaco, ha poi ricordato l’assessore, «e so che i Comuni sono il segno della nostra identità ma la riforma è necessaria per porre tutti nelle medesime condizioni, con servizi standard che ora non vengono assicurati in modo omogeneo, incentivando strumenti che fanno salvo principio dell’autodeterminazione ma sviluppano forme associative ispirate ad un alto livello di adeguatezza; sono anche contrario al dimensionamento coatto ed alle fusioni forzate, ma questo deve portare tutti ad individuare ambiti territoriali strategici per l’esercizio delle funzioni fondamentali; non è peccato, in questo contesto, dire che ci vogliono parametri oggettivi, servono però politiche efficaci su cui innestare meccanismi di autonomia, cooperazione e gradualità».

Conclusa la discussione generale, sull’art.1 il Consiglio ha iniziato l’esame degli emendamenti, partendo dal soppressivo totale n .72.

Per dichiarazione di voto il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) si è detto favorevole, «perché dal dibattito e dalle dichiarazioni dell’assessore viene fuori che la ricetta è sbagliata e il riordino va nella direzione opposta agli obiettivi dichiarati, soprattutto in riferimento alle piccole comunità». Bisogna invece tenere conto, ha suggerito, «di quanto avviene lontano dal palazzo dove i cittadini chiedono di spazzare via le politiche centraliste; se questa è l’alba la strada è sbagliata».

Per i Riformatori il consigliere Michele Cossa, anch’egli favorevole, ha rimproverato al capogruppo del Pd Pietro Cocco di riscrivere la storia pro domo sua, dato che «la sua parte politica ha cercato di far fallire in ogni modo il referendum ed allora ha parlato solo Deriu da presidente della Provincia di Nuoro, mentre molti hanno parlato solo dopo il risultato; ma da qui a voler giustificare questa legge il passo è enorme».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia), favorevole, ha parlato di una «riforma presunta che all’art.1 dimentica perfino che alcune province, quelle nazionali, continueranno ad esistere ed a sovrapporsi con i nuovi enti alimentando il massimo della confusione». Quanto alla legge Delrio, secondo Tedde «dice che le aree metropolitane devono avere lo stesso ambito delle province mentre la Regione spezzetta il territorio, aprendo la strada all’impugnativa del Governo; su scala più ampia, la Ue ha detto che le aree metropolitane della Sardegna devono essere una a nord e una a sud, decisione confermata in ogni sede tranne che dal Consiglio regionale».

Sempre per Forza Italia il consigliere Stefano Tunis, favorevole, ha rimarcato che «in realtà la riforma è coerente con quanto sostiene la maggioranza esprimendo il suo fastidio nei confronti della rappresentanza democratica, dimostrato dal trasferimento delle decisioni vere dall’Aula verso altri luoghi ed altri interlocutori». La riforma, a suo avviso, «si avvita su se stessa e si appiattisce su una pessima norma nazionale, creando le condizioni per arrivare al dissesto degli Enti locali e ad una Sardegna a due velocità».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia), ha affermato che è necessario sopprimere l’art. 1 «proprio perché è l’architrave dello scempio che si sta consumando con questa legge». La risposta dell’assessore Erriu, a suo giudizio, «ha eluso il problema del perché la legge sia stata cambiata una infinità di volte, perché se il nodo erano le risorse allora era giusto immaginare la Sardegna come una unica area metropolitana, assicurando efficienza e qualità del sistema pubblico senza, in ogni caso, escludere i territori».

Il consigliere Giuseppe Fasolino (Forza Italia), favorevole, ha osservato che «nel suo disegno sbagliato la maggioranza è coerente e lo ha dimostrato anche ignorando del tutto le indicazioni provenienti dai Sindaci». Il problema della pari dignità dei territori, ha insistito, «è la grande questione irrisolta, stiamo mutilando un organismo pretendendo di conservarlo in salute, col sostegno incomprensibile dei consiglieri sassaresi del centro sinistra che stanno andando verso il suicidio collettivo, spero che ci ripensino».

Non essendoci altri iscritti a parlare il presidente ha sospeso i lavori del Consiglio che riprenderanno alle 16.00. Subito dopo è stata convocata la conferenza dei capigruppo per un incontro con una delegazione dei lavoratori dell’Alcoa.

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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

E’ iniziato in Consiglio regionale, l’esame del disegno di legge di riforma degli Enti locali. Il consigliere Mario Floris (Misto), prendendo la parola sull’ordine dei lavori, ha invitato il presidente dell’Assemblea ad una riflessione sul ritmo imposto all’opposizione per il dibattito sul provvedimento, «perché riguarda il patto fondativo fra generazioni di sardi e la geografia politica della Sardegna; non è colpa nostra se la maggioranza è arrivata fuori tempo massimo, è accaduto anche per la riforma sanitaria e la legge urbanistica». Però questo non è un modo serio di procedere, ha protestato, «perché bisogna sapere di cosa di discute e la relazione di maggioranza è su un altro testo così come quella di minoranza; di fatto l’Aula non può discutere di argomento non all’ordine del giorno, mentre la stessa Anci chiede di conoscere testo definitivo della legge». «E’necessaria perciò – ha concluso – la sospensione dei lavori ed il rinvio in commissione».

«Il testo – ha ricordato il presidente Ganau – è quello depositato ed esitato dalla commissione, se ci sono altri testi non li conosco ed il Consiglio procede secondo le regole e le relazioni sono attinenti a quel testo; entro martedì prossimo si potranno presentare gli emendamenti e mercoledì inizierà la discussione generale». «Sulla proposta di rinvio – ha concluso Ganau – il Consiglio è sovrano e deve potersi esprimere.»

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha detto che «la proposta dell’onorevole Floris è chiarissima ed appare singolare il fatto che il presidente non abbia voluto coglierla; lo sanno tutti e c’è scritto dappertutto che il testo della legge non è quello esitato dalla commissione e le autonomie hanno chiesto profonde modifiche oggetto di numerose riunioni, anche recentissime, politiche e tecniche». Se dunque il testo si può cambiare in modo sostanziale, ha proseguito Dedoni, «non si può discutere in Consiglio un testo del tutto diverso anche tenendo conto che l’Anci ha chiesto di conoscere cosa ci sarà scritto nella legge». Procedendo in questo modo, ha aggiunto il consigliere, «stiamo allontanando ancora le istituzioni dal paese reale solo per soddisfare gli interessi della maggioranza; prendiamoci invece qualche giorno per la stesura del testo definitivo e discutiamo di quello, altrimenti è una presa in giro dei Sindaci e della popolazione».

Il consigliere Francesco Agus (Sel) ha ribadito che il testo in esame «è uno e su questo il Consiglio può e deve pronunciarsi, concludendo una fase di confronto molto ampia che si è protratta nel tempo con diversi momenti di dibattito anche pubblico con diverse articolazione della società sarda a cominciare dai Sindaci; l’Aula ha tutti gli strumenti per migliorare il testo ed arrivare ad una buona legge che sia in grado di fare fronte ai gravi problemi della Sardegna sui quali interviene». Agus si è quindi espresso in senso contrario alla proposta di rinvio.

Il consigliere Chirstian Solinas (Psd’Az) ha invece obiettato che la proposta del consigliere Floris «merita la massima attenzione perchè tutti sanno che sono in corso interlocuzioni interne ed esterne della maggioranza in corso e tutti sanno che si arriverà ad un testo molto diverso». Floris, ha ricordato l’esponente sardista, «ha fatto riferimento alla dignità dell’Aula ed il ritorno in commissione è il percorso più giusto e corretto sotto questo profilo; nel merito, inoltre, il testo su cui a suo tempo ha espresso il suo parere il Cal forse non è lo stesso approvato dalla commissione e trasmesso al Consiglio quanto meno nel caso delle abrogazioni, emergerebbe quindi un problema di procedibilità».

Il presidente del Consiglio ha chiarito, sul punto, che i passaggi della legge relativi alle abrogazioni sono stati semplicemente accorpati, senza alcuna modifica.

Il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu ha sostenuto che il Consiglio «sta scrivendo brutta pagina della storia autonomistica perché non si vuole ammettere l’evidenza di appena qualche ora fa quando l’assessore Erriu stava discutendo modifiche tecniche con i rappresentanti delle autonomie». E’ chiaro, a questo punto, «che i testi sono e saranno diversi, a tal punto che l’Anci ha dato una grande lezione politica alla Giunta riscrivendo quasi daccapo una legge sbagliata che contesteremo aspramente, innanzitutto perché i Comuni vengono relegati in un ruolo marginale subendo scelte calate dall’alto, a cominciare dalle unione dei Comuni che non solo non hanno funzionato ma hanno prodotto solo costi senza alcun risultato». Se noi rifiutiamo quanto chiede la stessa l’Anci, ha concluso Rubiu, «cioè di vedere nero su bianco le modifiche scritte, stiamo solo perdendo tempo».

Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) in apertura ha dato ragione al consigliere Agus quando ha indicato al Consiglio di dare la preminenza all’interesse dei sardi, perché «con questa legge tocchiamo punti vitali della vita della nostre comunità e per questo sarebbe utile una valutazione con più giudizio e sangue freddo; è vero che c’è un testo, ma è un segreto di Pulcinella che circola qualcosa di molto diverso, frutto delle interlocuzioni della maggioranza con le autonomie locali alla ricerca di nuove soluzioni, ed è vero anche che su alcuni punti stati raggiunti accordi di massima». Ma la caratura della legge è tale, secondo Truzzu, «da non poter ridurre tutto ad un fatto di forma; fra le nuove ipotesi in campo si parla per esempio dello smantellamento del centralismo regionale ed è ovvio che questo passaggio nel testo che abbiamo davanti non c’è e proprio a questi passaggi, oltretutto, che l’Anci subordina il suo giudizio». «Non si capisce alla fine perché – ha concluso Truzzu – di fronte a fatti così importanti il Consiglio dovrebbe parlare di altro, così perdiamo credibilità davanti ai sardi».

Il capogruppo di Sdl Roberto Desini ha condiviso i chiarimenti procedurali forniti dal presidente Ganau, affermando che «l’iter del provvedimento è corretto ed i gruppi avranno tutto il tempo di presentare emendamenti e proposte, cosa che non ha fatto l’opposizione disertando i lavori della commissione». Neanche l’assessore Erriu, ha ricordato Desini, «si è mai sottratto al confronto tantomeno con l’Anci con cui il dialogo è stato proficuo e costante, magari si doveva fare prima ma non si può arrivare a sostenere la necessità del rinvio; ognuno si deve assumere le proprie responsabilità ed è sbagliato riportare indietro la discussione della legge».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha dichiarato in modo netto che «sulle procedure non c’è niente di strano nel presentare in Aula un testo approvato dalla commissione, cui peraltro la minoranza non ha partecipato con scelta legittima ma questo è il dato, anzi sarebbe anomalo procedere in senso contrario visto che il Consiglio è sovrano nel dibattito e nel voto sulle leggi». Va ricordato inoltre, ha aggiunto Cocco, che «è possibile presentare emendamenti che introducano anche modifiche di sostanza, come prevedono regole e prassi di ogni assemblea elettiva; peraltro poche leggi come questa hanno avuto un iter così partecipato come questa, non c’è dunque necessità di rinvio».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha messo in evidenza che «le questioni procedurali avrebbero un senso se ci trovassimo di fronte ad un provvedimento ordinario mentre invece si tratta di una riforma costituente e forse questo vi sfugge o siete distratti; il problema che poniamo è di grande sostanza, se vi rendere conto che qualcosa è successo in queste settimane con la reazione indignata delle autonomie e dei Sindaci e con l’Anci che ha chiesto garanzie su modifiche significative». Questo vuol dire, ad avviso di Pittalis, «che la forma in questo caso è secondaria, poi se volete votarvela fatelo ignorando forze politiche che, come noi, rappresentano la maggioranza dei sardi, ed ignorando soprattutto che un confronto serio è non solo utile ma doveroso a cominciare dal ruolo dei Comuni, delle aree metropolitane e del centro nord della Sardegna». Non sono certo questioni di poco conto, ha concluso l’esponente dell’opposizione, «per questo la legge deve tornare in commissione ed assumere anche in questo passaggio la dignità di una riforma costituente».

Il capogruppo di Cps Piefranco Zanchetta, si è detto convinto invece che si debba procedere. Lo stesso Pittalis, ha osservato, «nel suo intervento è entrato nel merito della legge e, quanto alla posizione delle Autonomie locali, ha espresso una forte domande di partecipazione ma non certo indignazione; i Sindaci non hanno casacche ma rappresentano i territori e lo hanno fatto anche bene, come dimostrato dalla riunione di stamattina».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente ha messo in votazione la proposta di rinvio della legge in commissione, che il Consiglio ha respinto con voto palese per alzata di mano.

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni, intervenendo sull’ordine dei lavori, ha detto che di aver sperato «fino all’ultimo» in una maggiore saggezza del Consiglio e, per formulare una nuova proposta «improntata alla serenità», ha suggerito una riunione della conferenza dei capigruppo.

Il presidente Ganau ha ricordato che la riunione dei capigruppo, sugli stessi argomenti, si è tenuta prima dei lavori dell’Aula.

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, rappresentando la protesta di tutta l’opposizione, ha affermato che «la minoranza non vuole essere corresponsabile, presenteremo una valanga di emendamenti e non vi daremo tregua, ora abbandoniamo l’Aula perché rifiutiamo un dibattito fondato su bizantinismi e formalismi».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha quindi annunciato l’abbandono dell’Aula da parte dei gruppi della minoranza: «L’oggetto della discussione è serio e non vogliamo essere corresponsabili di come si procede: è una vergogna!». Pittalis ha concluso preannunciando la presentazione di «una valanga di emendamenti al disegno di legge».

Il presidente del Consiglio ha invitato il relatore della maggioranza, Roberto Deriu (Pd) a procedere con l’intervento programmato ed il consigliere dei democratici ha citato, in apertura, l’argomento all’ordine del giorno in una riunione del parlamento dei sardi nel 1421(prerogative della città di Iglesias) per far comprendere quanto il tema inerente i compiti e le funzioni delle istituzioni locali arrivi da lontano e sia d’attualità

Deriu ha inoltre ricordato il dettato dell’articolo 5 della Costituzione repubblicana («La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento») evidenziando come “autonomia e decentramento” rappresentino i comandi che la Carta formula al legislatore statale e a quello regionale.

«La nostra autonomia speciale – ha affermato il relatore del Dl 176 – ci consente un’importante modifica a beneficio della nostra specialità per il riconoscimento delle autonomie locali».

«Nessuno – ha proseguito Deriu – all’interno del Consiglio regionale o del sistema politico, o nel dibattito culturale sardo potrebbe essere stato tanto ingenuo da ritenere che un riordino dell’assetto dei poteri locali in Sardegna potesse realizzarsi e prima ancora concepirsi a passo di carica e al suon delle fanfare. Una trasformazione radicale, profonda, del sistema amministrativo; una ridefinizione dell’apparato simbolico costituito dalla tradizionale ripartizione in ambiti territoriali politici della Sardegna; la riscrittura del patto istituzionale sostanziale tra i sardi consacrato da quasi settant’anni nello Statuto: in nessun caso e da nessuno potevano essere considerati eventi da realizzarsi frettolosamente e senza discussioni e verifiche, anche molto impegnative, in tempi congrui».

L’esponente della maggioranza ha quindi ricordato il lavoro svolto nella Prima commissione e ne ha lodato l’operato ad incominciare da quello del presidente Agus:  «Un testo che è stato offerto, appena disponibile, al dibattito pubblico e ad un intenso negoziato coi rappresentanti del Consiglio delle autonomie locali e del coordinamento delle associazioni».

«Per questo – ha proseguito – le proteste della opposizione non sono giustificabili mentre la maggioranza ha aperto non solo al confronto ma anche ad intense modifiche dell’originaria proposta».

Il consigliere Pd ha quindi sintetizzato i tre temi in discussione: l’introduzione della città metropolitana, la permanenza delle Province e il ruolo dei Comuni intesi come ente protagonista dell’autonomia locale.

A giudizio di Roberto Deriu « la pagina degli ambiti strategici sarà da riscrivere nella seconda fase dell’azione riformatrice»  mentre oggi si è dinanzi «alla riorganizzazione degli Enti locali per consentire la transizione da un sistema con province “alleggerite” a sistema che ha i Comuni come protagonisti».

Il vicepresidente di turno, Eugenio Lai, ha quindi constatato l’assenza dall’Aula del relatore della minoranza (Michele Cossa, Riformatori) e ha dichiarato decaduto il suo intervento. Successivamente alla rinuncia all’intervento formulata dalla consigliera Daniela Forma (Pd), ha invitato l’assessore degli Enti Locali, Cristiano Erriu, a svolgere il proprio intervento, in rappresentanza della Giunta, in sede di discussione generale del Dl 176. L’assessore ha però rinunciato: «Rimandiamo la discussione ad un altro contesto».

Non essendoci iscritti a parlare, il presidente di turno Eugenio Lai ha sospeso la seduta per cinque minuti. Alla ripresa dei lavori, il presidente del Consiglio Ganau ha dichiarato conclusa la discussione generale ed ha messo in votazione il passaggio agli articoli che è stato approvato.

Il presidente Ganau ha ricordato dunque la scadenza dei termini per la presentazione degli emendamenti (martedì 15 gennaio, alle 10.00) ed ha annunciato la convocazione del Consiglio per martedì 15 gennaio alle 16. I lavori dell’Aula saranno preceduti dalla riunione della Prima commissione per il parere di merito sulle proposte di modifiche al Dl 176.

 

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Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

Si è svolto oggi, in Consiglio regionale, un incontro fra i capigruppo ed i rappresentanti dell’Anci, del Cal e dei Comuni sulla riforma degli Enti Locali.

«Sono molto soddisfatto per l’avvio di un percorso che ritengo validi e che vede nel tavolo tecnico, con la partecipazione dell’opposizione, un’occasione unica», ha detto il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau.

«Non ci può essere – ha sostenuto Ganau – una Regione che va con un unico motore; faremo un primo bilancio del nuovo percorso il 7 ma, se sarà necessario, proseguiremo anche il 9 e nei giorni di discussione generale del disegno di legge».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha definito l’incontro «utilissimo, per arrivare ad un nuovo testo seguendo un nuovo metodo». «Ed anche l’Anci – ha annunciato il presidente Piersandro Scano – non si sottrarrà alla sfida; stiamo scrivendo una pagina alta delle istituzioni sarde ed il 7, per quanto ci riguarda, prenderemo le nostre decisioni».

Il Sindaco di Nuoro Andrea Soddu ha esortato la Regione ad esercitare fino in fondo l’autonomia che la legge le assegna, intervenendo fra l’altro su una parte della riforma, le Unioni dei Comuni, «che non ha funzionato».

Per il Pd il capogruppo Pietro Cocco ha ricordato che «le riforme sono sempre molto complicate ma vanno fatte, rivedendo certamente alcune parti della legge come la ridefinizione degli ambiti territoriali ed il trasferimento di alcune funzioni della Regione».

«Dobbiamo chiarire – ha insistito il Sindaco di Olbia Gianni Giovannelli – i rapporti fra Città metropolitana ed Aree metropolitane perché, anche nel dopo-alluvione, i fondi spendibili subito erano solo per le prime».

«Finalmente c’è un confronto vero – ha osservato il Sindaco di Sassari Nicola Sanna – che ci permette di dimostrare che le nostre ragioni sono le stesse che portano avanti i Comuni a livello nazionale dove si registra un vuoto nelle politiche per le città.»

Secondo il sardista Angelo Carta «il testo approvato dalla commissione è di gran lunga peggiore di quello iniziale ed occorre fermarsi selezionando le cose più urgenti da fare».

A nome dell’Udc il capogruppo Gianluigi Rubiu «ha fatto bene l’Anci a lavorare oltre le appartenenze, serve tempo anche perché riforma degli Enti locali e della sanità devono andare di pari passo».

Daniele Cocco, capogruppo di Sel ha dichiarato che «sono emerse criticità che vanno superate e faremo di tutto per recepire le indicazioni arrivate dall’Anci, in particolare sulle perequazioni fra territori e le zone interne».

«I ritardi ci sono – ha convenuto il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni – ma è anche vero che la commissione ha cambiato testo per tre volte; una grande riforma come questa deve essere per tutta la Sardegna«.

Roberto Desini, capogruppo di Sdl, ha sottolineato che “il dibattito si è allargato in breve tempo all’opinione pubblica ed alla società sarda, usiamo il tempo che abbiamo per fare una legge semplice e di buon senso”.

«Dobbiamo provarci tutti insieme – ha detto fra l’altro Giuseppe Casti,, sindaco di Carbonia e presidente del Cal, il Consiglio delle Autonomie locali – con un accordo serio che metta al primo posto l’autonomia finanziaria dei Comuni.»

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Il Consiglio regionale si riunirà il 24 novembre prossimo alle 16.00 presso la sede della Regione a Roma sulla vertenza Alcoa, un’ora prima di un vertice sullo stesso argomento fra le organizzazioni sindacali ed il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi (ovviamente sarà una riunione informale).

Lo ha annunciato il presidente del Consiglio Gianfranco Ganau, raccogliendo una proposta del capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, al termine dell’incontro fra i capigruppo, i sindacati di categoria del settore energetico, una delegazione di lavoratori e di amministratori locali del Sulcis Iglesiente.

Nell’incontro, il sindacalista della Cgil Roberto Puddu ha insistito molto sulla tempistica della difficile vertenza. «Sappiamo che l’incontro del 24 al ministero dello Sviluppo economico non sarà risolutivo – ha detto Puddu – ma sappiamo anche che, se entro il 31 dicembre Governo ed Unione europea non definiscono uno strumento per abbattere i costi energetici non si chiude la vendita di Alcoa alla multinazionale Glencore e nel nostro territorio va a picco un tessuto industriale con 3.000 occupati diretti e circa 9.000 nell’indotto: ecco perché serve urgentemente un segnale forte delle Istituzioni».

Per la Cisl Fabio Enne ha espresso viva preoccupazione «per tanti segnali che ci inducono al pessimismo. Il tempo a disposizione è pochissimo, il 25 novembre il ministro Guidi dovrà essere a Bruxelles per trattare la questione dei costi energetici e quella potrebbe essere l’ultima spiaggia non solo per Alcoa ma per tutta la Sardegna».

A nome della Uil Daniela Piras ha auspicato un intervento immediato del presidente del Consiglio Matteo Renzi, «un intervento che non ha alternative per portare al successo un negoziato con l’Unione europea».

Il presidente dell’Assemblea Gianfranco Ganau, dopo aver annunciato che il Consiglio sarà a Roma il 24 novembre prossimo al fianco dei lavoratori ha messo l’accento sulla centralità del problema energetico in ogni ipotesi di ripresa economica della Sardegna. «Siamo l’unica Regione senza metano – ha ricordato – ed i costi energetici pesano su imprese e famiglie sarde come in nessun’altra realtà del territorio nazionale, per questo è non solo essenziale confermare il regime di essenzialità degli impianti sardi e inquadrarlo come passaggio fondamentale della vertenza-Sardegna».

Secondo il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis la Regione «deve uscire dal palazzo ed esercitare il massimo della pressione sul presidente del Consiglio Renzi, che si è speso molto per il Mater Olbia ed ora deve fare altrettanto; noi ci saremo».

La profonda crisi del Sulcis, ha osservato il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu, «non si guarisce con le aspirine, il mantenimento del regime di essenzialità per le centrali sarde è irrinunciabile e non possiamo perdere altro tempo».

Per il Pd, il presidente del gruppo Pietro Cocco ha detto che «la solidarietà verso i lavoratori ha un significato se espressa attraverso l’unità delle Istituzioni e l’efficacia della loro azione. Lavoreremo su obiettivi concreti il mantenimento del regime di non interrompibilità dei 3 poli energetici sardi, l’accordo fra Alcoa e Glencore, una prospettiva di medio termine (almeno decennale) per rilanciare un settore industriale strategico per la Sardegna».

«Basta con le dietrologie – ha esortato il capogruppo di Sel Daniele Cocco – lo Stato deve ancora molto alla Sardegna e, in situazioni analoghe che riguardavano altre parti d’Italia, hanno messo nelle vertenze tutto il suo peso, ha il dovere di farlo anche per la Sardegna.»

Gli atti delle Istituzioni non hanno un effetto dirompente, ha detto il capogruppo Piefranco Zanchetta di Cps, «ma servono perché fanno parte di un progetto che punta ad ottenere risultati concreti per una Sardegna che da troppo tempo aspetta risposte concrete e l’Alcoa è una vertenza che ha molto bisogno di concretezza».

Il capogruppo dei Riformatori Sardi Attilio Dedoni, infine, ha invitato a tutti con realismo «a mettere Terna di fronte alle sue responsabilità, perché il regime di essenzialità delle centrali sarde è il cuore del sistema economico regionale e perché non esiste nessuna autonomia se non è anche autonomia energetica».

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Il presidente del Consiglio regionale in apertura della seduta odierna ha comunicato all’Assemblea la notifica della sentenza del Tar con cui è stato accolto il ricorso di Giovanni Satta, candidato nella lista Uds, contro Gianni Lampis, candidato con la lista Fdi e proclamato eletto in sostituzione del decaduto Modesto Fenu. Dopo la lettura del dispositivo della sentenza il presidente ha sospeso la seduta per consentire la riunione immediata della Giunta per le elezioni.

Alla ripresa dei lavori, il presidente ha letto all’Assemblea la delibera della Giunta per le elezioni con cui si prende atto della sentenza del tribunale amministrativo.

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, sull’ordine dei lavori, ha informato il Consiglio della presenza di una delegazione di dipendenti della ”flex-security” e di “garanzia giovani”, eventualmente in coda ai lavori della giornata.

Il presidente Ganau ha assicurato che del problema saranno investiti i capigruppo e, subito dopo, ha avviato la discussione generale sul primo punto all’ordine del giorno, il Dl n. 172 (“Interventi urgenti a favore di privati e attività produttive danneggiati a seguito di eventi calamitosi in Sardegna”) dando la parole alla relatrice Daniela Forma (Pd).

Nel suo intervento, Forma ha ricordato che il provvedimento è stato approvato in commissione all’unanimità sottolineando che «è stato concepito per sostenere le attività produttive e le persone colpite da calamità naturali». Il testo tuttavia, ha spiegato, «presentava alcune criticità ed è stato in parte rivisto introducendo nuovi elementi di semplificazione e di armonizzazione con la normativa di riferimento nazionale ed europea». Ora la Sardegna, ha aggiunto Forma, «ha una legge organica dopo la gravissima alluvione del 2013 e la nuova disciplina dell’intervento pubblico renderà più tempestive le azioni della prima fase post-calamità ma anche di far ripartire l’economia dei territori». La legge, ha concluso, «assegna una particolare attenzione all’eliminazione di alcuni passaggi burocratici, anche attraverso la creazione di un fondo unico in cui confluiranno risorse pubbliche di diversa provenienza e donazioni di privati».

Il consigliere Edoardo Tocco (Forza Italia) ha espresso parziale soddisfazione per il provvedimento scaturito, ha ricordato, «da una mia interrogazione del 4 settembre cui non è stata data ancora risposta; la legge, è vero, dà un po’ di respiro ma occorre ricordare che sono tante le infrastrutture pubbliche danneggiate che non sono state ripristinate, serve quindi la sollecita individuazione di nuove risorse per riportare funzionalità nei Comuni interessati».

Il consigliere Gianmario Tendas (Pd) ha manifestato invece la sua soddisfazione «perché la legge colma un grave vuoto legislativo con una norma ben strutturata, superando la logica degli interventi ad hoc, fermo restando che il Consiglio dovrà comunque tornare su questi problemi forte delle esperienze fin qui maturate (anche se in circostanze negative) non ultime quelle legate alla gestione degli aiuti privati e di associazioni, rimasti bloccati per quasi due anni a causa di questioni burocratiche». Ora la Regione, secondo Tendas, «potrà intervenire in modo molto più tempestivo e, in quest’ottica, abbiamo presentato un emendamento finalizzato a consentire ai Comuni di superare i vincoli del patto di stabilità perché, se manca questo passaggio, rischiamo di rendere la norma poco efficace».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha messo in luce alcune criticità «che esistono oggettivamente anche se abbiamo votato a favore ritenendo prevalente l’esigenza di stringere quanto più possibile i tempi di intervento». In particolare, ha sottolineato Locci, «manca ancora il regolamento per questa tipologia di interventi annunciato già in occasione della finanziaria ed è necessario perché se non eroghiamo le risorse disponibili (1 milione) entro il 31 dicembre saltiamo un intero anno e non è tollerabile». A questo punto, ha suggerito il consigliere, «dobbiamo affrontare con decisione il problema di un Consiglio che approva le leggi per tempo, in questo caso, senza che però alle stesse non viene data attuazione dalla burocrazia regionale; il vizio di origine è il pareggio di bilancio e gli altri effetti negativi a cascata si vedranno molto presto».

Il consigliere Eugenio Lai (Sel) ha affermato che «il gioco delle parti regge fino ad un certo punto ma in questo caso occorre superarlo e lavorare con senso di responsabilità, colmando un vuoto normativo che è di anni e non solo di sette mesi». «La legge è importante – ha detto ancora Lai – non incide sono su questo anno solare ma durerà nel tempo come strumento normativo di grande innovazione rispetto al passato mentre, nel frattempo, va ricordato che l’assessore dell’Ambente e la Protezione civile hanno operato bene, i Sindaci sono stati costantemente informati, le istituzioni si sono mostrate concretamente vicine alle popolazioni, i tempi di intervento si sono drasticamente ridotti; c’è ancora molto da fare la Regione è partita col piede giusto».

Il consigliere Giuseppe Meloni (Pd) ha salutato con favore l’approdo in Aula del disegno di legge che norma gli aiuti ai privati colpiti dagli eventi calamitosi ed ha ricordato la scarsa preparazione dell’intera macchina regionale ad affrontare, in particolare nel 2013, i drammatici eventi alluvionali che hanno interessato numerosi territori della Sardegna, ad incominciare da Olbia e la Gallura. «Da allora – ha aggiunto il consigliere dei democratici – sono stati fatti passi in avanti, sia nell’organizzazione della protezione civile, che è stata messa alla prova anche di recente con l’ultima alluvione che ha interessato ancora la città Olbia, ed è per queste ragioni che esprimo, fin da subito, apprezzamento per la Protezione civile regionale e per l’assessore dell’Ambiente, Donatella Spano».

Meloni ha quindi rimarcato con tono critico l’assenza di una norma che regoli gli interventi a favore di cittadini e imprese ed ha ricordato che persino gli aiuti volontari arrivati alle amministrazioni locali hanno registrato difficoltà nell’erogazione per gli effetti dei vincoli del patto di stabilità («e ciò che è accaduto, ad esempio, nel comune di Olbia»).

L’esponente della maggioranza ha quindi definito “meno apprezzabile” lo stanziamento previsto per il 2015 che è pari a un milione di euro. «Solo nella città di Olbia – ha spiegato Meloni – i danni dei privati quantificati nel 2013 superano i cento milioni di euro ed è evidente quanto si piccolo lo stanziamento indicato nel Dl 172».

In conclusione del suo intervento, il consigliere del Pd, ha quindi ricordato l’approvazione unanime dell’ordine del giorno n. 3 del 28 aprile 2014 (sulla necessità di intervenire presso il Governo nazionale per concordare gli aiuti economici ancora non erogati e necessari per la ripresa economica delle famiglie, delle attività produttive e degli enti locali colpiti dall’alluvione del 18 novembre 2013, per la mitigazione dei rischi idrogeologici, e per la messa in sicurezza degli edifici scolastici nelle aree a rischio idrogeologico) per affermare che rispetto ad allora la situazione non è mutata per ciò che attiene le «risposte attese dai privati siano esse famiglie o imprese«. «Molti di questi – ha aggiunto – hanno dovuto ricorrere all’indebitamento per rientrare nella disponibilità delle proprie abitazioni o per l’acquisto di una auto ed alcuni, sono stati interessati dalla recente alluvioni che ha interessato Olbia». Meloni ha concluso con un generale ringraziamento per l’operato del presidente Pigliaru e degli assessori Donatella Spano e Paolo Maninchedda ma – ha detto – serve garantire maggiore consistenza finanziaria al provvedimento.

Il consigliere Marco Tedde (Fi) ha riconosciuto «l’esigenza di un provvedimento normativo che regoli gli aiuti ai privati ma la norma deve essere congrua e proporzionata alle esigenze». «Oggi la montagna rischia di partorire un topolino», ha affermato l’esponente della minoranza, riferendosi alla dotazione finanziaria indicata nel testo del Dl 172 che è pari ad un milione di euro per l’annualità 2015. «Un milione di euro è un obolo», ha insistito Marco Tedde, «ed evidenzio l’ulteriore lacuna normativa rappresentata dall’assenza di interventi sul sociale, perché è noto che le calamità provocano danni materiali ma anche disagio sociale e psicologico».

«Una legge è dunque necessaria – ha concluso il consigliere Fi – ma lo strumento che andiamo da approvare è del tutto insufficiente e le lacune prima evidenziate meritano di essere colmate».

Il capogruppo del Psd’Az, Angelo Carta, ha definito una buona notizia l’imminente varo di una legge per regolare gli aiuti ai privati colpiti da calamità naturali che però- a suo giudizio – fa il paio con la cattiva notizia rappresentata dall’esiguità negli stanziamenti. (un milioni di euro per il 2015). L’esponete della minoranza ha quindi auspicato modificazioni anche per ciò che attiene la possibilità per i Comuni di poter erogare gli aiuti volontari ricevuti, escludendo tali somme dal tetto di spesa stabilito dal patto di stabilità.

Il capogruppo sardista ha inoltre proposto il riconoscimento di stanziamenti a favore anche delle amministrazioni comunali ed ha ribadito, ricordando l’approvazione della risoluzione in Quinta commissione, favore per l’istituzione del regime di zona franca nei Comun i colpiti da eventi calamitosi. Carta ha concluso preannunciando il voto favorevole al provvedimento.

Dopo l’on. Carta, ha preso la parola l’assessore Spano (Ambiente) che ha ricordato l’importanza del fondo istituito nella norma finanziaria ultima. L’esponente della Giunta ha detto: «La Regione non può che applicare le norme anche in caso di distribuzione di risorse a seguito di eventi calamitosi. Abbiamo bisogno di colmare il vuoto normativo che attualmente colpisce le aziende e i privati danneggiati. Con l’approvazione che auspico di questo disegno di legge ci mettiamo al passo con l’Emilia Romagna, unica regione italiana che ha superato questo vuoto normativo».

L’assessore ha anche aggiunto che «a sostegno delle persone e delle imprese ci sarà un contributo finanziario e non un risarcimento. Questo deve essere chiaro: nessuno Stato potrebbe far fronte a tutti i danni subiti in occasione di questi eventi. E’ la migliore risposta che possiamo dare alle associazioni di cittadini colpiti da alluvione negli ultimi tre anni, che ci hanno chiesto prima di tutto di approvare una norma a loro favore. Una norma non ad hoc ma a carattere generale e astratto, sempre attivabile in queste tristi occasioni. I cittadini sardi non saranno più lasciati soli dalla Regione. E lo stesso vale per le imprese, che stiamo incentivando verso la copertura assicurativa come raccomanda anche la Commissione europea».

Dichiarata chiusa la discussione, il presidente del Consiglio regionale ha messo in discussione l’emendamento 4, aggiuntivo rispetto all’articolo 1 (Pittalis e più), che è stato approvato e prevede che «in via prioritaria la legge sia applicata a favore dei sardi danneggiati nelle alluvioni del novembre 2013 e giugno 2014».

Approvato anche l’emendamento orale Manca e più che prevede la priorità del sostegno a favore dei soggetti privati che abbiano subito danni alle prime case.

L’on. Giorgio Oppi (Udc) ha ricostruito la materia, così come è stata gestita negli anni passati e ha detto che «è elevato il rischio che questa legge generi ricorsi e controricorsi. I tempi potrebbero allungarsi notevolmente». L’articolo 1 quater è stato approvato.

Sull’articolo 2 l’Aula ha discusso l’emendamento 1 (a firma dell’on. Giuseppe Meloni, poi integrato da un emendamento orale), che prevede la possibilità per i Comuni, eventualmente bloccati dal patto di stabilità, di spendere in un momento successivo le risorse assegnate. Anche l’on. Forma si è espressa a favore e così, sempre dai banchi del Pd, l’on. Roberto Deriu. Che ha detto. «Questo è il cuore della legge e bisogna dare un segnale molto forte ai Comuni, al di là di ogni dubbio».

Approvati anche gli articoli 3, 3 bis e 3 ter, 4.

L’on. Pittalis (Forza Italia) ha illustrato un emendamento sostitutivo all’articolo 4, «perché dal primo gennaio 2016 ci siano risorse immediatamente spendibili». Con il suo capogruppo il Pd ha espresso parere contrario all’emendamento Pittalis. «La demagogia è la sua, onorevole Pittalis, quando prevede dall’oggi al domani uno stanziamento da 20 milioni di euro».

Favorevoli all’emendamento Pittalis anche i capigruppo Attilio Dedoni e Gianluigi Rubiu. Quest’ultimo ha detto: «E’ chiaro che dobbiamo aiutare famiglie e imprese ma senza soldi questa sarà la legge dell’ovvio. Con quali risorse pagheremo i danni? Con un milione di euro?».

Il sardista Angelo Carta ha detto: «Fra tredici giorni è il secondo anniversario del ciclone Cleopatra: cosa porteremo di concreto alle popolazioni della Gallura? Non mi sembra che quei 20 milioni non possano essere uun impegno impossibile, non assumibile. Non stiamo ipotecando la prossima finanziaria ma tracciando la destinazione di un pezzo piccolo del prossimo bilancio».

L’on. Mario Floris ha segnalato la necessità che «il Consiglio regionale possa verificare sempre in diretta l’andamento della spesa della Giunta. Questo invece non è possibile oggi e dunque 20 milioni in questa circostanza possono essere moltissimi oppure pochissimi».

Secondo l’on. Alberto Randazzo “La legge ha un senso solo se ha le gambe per camminare”.

L’on. Oppi (Udc) ha detto che “i danni sono 650 milioni e dunque voterò contro perché un milione non serve a nulla.

L’emendamento Pittalis è stato respinto. Approvati invece l’articolo 4, l’articolo 5.

L’Aula ha poi approvato col voto finale (48 votanti, 32 favorevoli, 16 contrari) l’impianto di legge.

Il presidente Ganau ha quindi messo in discussione il secondo punto all’ordine del giorno: DL n.267/A «Riconoscimento delle passività pregresse della Regione nei confronti di ARST Spa».

Il provvedimento varato dalla Giunta regionale riconosce oltre 31 milioni di euro di passività pregresse nei confronti dell’Azienda regionale dei Trasporti e ne autorizza il pagamento in tre diversi esercizi finanziari: 9,148 milioni di euro per il 2015, 11 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017.

«Si tratta di crediti maturati dall’Arst nel 2014 – ha spiegato il presidente della Quarta Commissione Antonio Solinas – questa situazione ha creato gravi disagi nella gestione dell’Azienda. Serve un intervento immediato, per questo il provvedimento è stato approvato all’unanimità dalla Commissione da me presieduta.»

Ha quindi preso la parola il consigliere dei Riformatori Michele Cossa: «Si tratta di un atto dovuto e atteso da molto tempo – ha detto Cossa – sarebbe però doveroso soffermarsi sul tema più ampio del trasporto pubblico locale che in Sardegna è in evidente sofferenza».

Il sistema dei trasporti, secondo il consigliere di minoranza, ha bisogno di investimenti importanti. «L’ultimo si è fatto nel 2006-2007 nella legislatura Soru con l’acquisto di 350 autobus. Il parco mezzi è obsolescente – ha ricordato Cossa – ciò si riflette sull’efficienza del servizio. La difficoltà nei trasporti hanno inoltre una forte incidenza sul fenomeno della dispersione scolastica».

Cossa ha quindi invitato la Giunta a riflettere sull’opportunità di riaprire il discorso sulla realizzazione della linea metropolitana di Cagliari e dell’Area Vasta: «Mi auguro che si possano reperire le risorse anche per il tronco verso Sestu. La Giunta ragiona invece su un depotenziamento, si parla di tagli per 8 milioni di euro».

Alessandra Zedda (Forza Italia) ha espresso preoccupazione per l’esclusione della Sardegna dal piano di investimenti di RFI. «E’ inaccettabile – ha detto Zedda – soprattutto per una regione che vantava uno stabilimento come la Keller. E’ una battaglia da portare avanti ma la Sardegna non può farlo da sola. A Villacidro ci sono tutte le condizioni per creare un polo della meccanica».

La consigliera azzurra si è poi detta d’accordo sulla necessità di ripianare i debiti di Arst. «La legge deve essere applicata fino in fondo. Anche noi non siamo riusciti a sanare la situazione per il patto di stabilità. Speriamo che questo intervento non venga bloccato, chiediamo però che l’intera partita dei trasporti possa essere affrontata anche alla luce degli ultimi avvenimenti».

Il presidente Ganau ha quindi dato la parola all’assessore ai Trasporti Massimo Deiana che ha ringraziato Consiglio e Commissioni per la celerità con la quale hanno consentito alla Giunta di intervenire. «Abbiamo trovato una situazione difficile – ha ricordato Deiana – l’Arst vantava un credito di 90 milioni di euro nei confronti della Regione. Ne abbiamo già dato 60 e gli altri 31 si possono erogare solo con una legge perché si tratta di passività pregresse».

Sul parco mezzi, Deiana ha riconosciuto la necessità di un intervento: «E’ vero che gli ultimi autobus sono stati acquistati durante il Governo Soru. Noi abbiamo lavorato insieme alle altre regioni sul nuovo DPR per l’acquisto di materiale rotabile che oggi è all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni. Per la Sardegna prevede circa 24 milioni di euro, non tantissimi soldi ma sufficienti per iniziare il rinnovamento delle macchine».

Riguardo ai tagli, Deiana li ha definiti necessari per far fronte alla pesantissima situazione debitoria dell’Arst, mentre sulla partita RFI, segnalata da Alessandra Zedda, l’assessore si è detto d’accordo sulla necessità di combattere tutti insieme la battaglia. «C’è un deficit strutturale spaventoso – ha detto Deiana -, mancano in Sardegna l’alta velocità, l’elettrificazione delle linee, il doppio binario. Servono investimenti importanti, chiediamo di portarci almeno a un livello medio di infrastrutturazione. I costi superano il mezzo miliardo di euro. Per far tutto ne servirebbero 1,4».

Chiusa la discussione, il presidente Ganau ha messo in votazione il passaggio agli articoli che è stato approvato dall’Aula. Si è quindi passati all’esame dei tre articoli del provvedimento che sono stati votati in rapida successione.

Ha quindi preso la parola il presidente della Commissione “Attività Produttive” Luigi Lotto che ha invitato la Giunta a mostrare la stessa attenzione nei confronti delle aziende di trasporto pubblico cittadino: «Nel momento in cui si fa un provvedimento così importante – ha detto Lotto – non bisogna dimenticare le altre aziende di Cagliari, Sassari e Nuoro che meritano la stessa considerazione»

Il presidente Ganau ha quindi messo in votazione il testo finale della legge che è stato approvato all’unanimità (48 voti su 48 votanti).

I lavori del Consiglio riprenderanno nel pomeriggio alle ore 16.00.

Alla ripresa dei lavori, il presidente del Consiglio ha esaminato la proposta di legge  256/A presentata dai consiglieri regionali Antonio Solinas, Demontis e più in materia di procedure di approvazione del piano di bacino e norme di prima applicazione (modifiche alla legge regionale n. 19 del 2006)

La proposta è stata illustrata dall’on. Demontis, secondo cui «la legge 19 del 2006 va modificata nel senso di conferire i poteri all’Autorità di bacino e non al Consiglio regionale, fatto salvo l’obbligo del parere della commissione consiliare competente».

Il presidente Ganau ha dichiarato chiusa la discussione generale e dopo che la Giunta si è espressa favorevolmente, l’Aula ha approvato gli articoli e poi, in ultimo, la legge con 27 favorevoli e 17 astenuti.

 A seguire, il presidente della commissione Bilancio, on. Franco Sabatini, ha preso la parola sulla presa d’atto della decisione di approvazione da parte della Commissione europea e composizione del Comitato di sorveglianza nell’ambito del POR FESR 2014-2020.

Anche la Giunta, con l’assessore Raffaele Paci, si è espressa favorevolmente sulla concentrazione degli interventi. Sul tema ha preso la parola l’on. Roberto Deriu (Pd), che si è chiesto «vista l’importanza del tema se non sia il caso di far pronunciare sul punto l’Aula e non solo la commissione competente»  l’on. Locci si è detto perplesso sul metodo della programmazione, “un grande libro di sogni”. L’on. Manca (Pds) ha chiesto spiegazioni sul provvedimento al voto mentre l’on. Dedoni (Riformatori) ha contestato il metodo.

L’on. Sabatini ha riferito che la Giunta ha recepito tutte le indicazioni della Commissione Bilancio, da lui presieduta.

Al termine degli interventi, l’Aula ha approvato l’ordine del giorno di presa d’atto definitiva del documento. Il presidente ha poi dichiarato conclusa la seduta: il Consiglio sarà riconvocato a domicilio.

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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Il Consiglio  regionale oggi ha approvato un ordine del giorno unitario contro la chiusura della Prefettura di Oristano ed ha gettato le basi per un documento unitario anche per la situazione della Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con le mozione n.176 e 177 e interpellanza 95/A, tutte riguardanti la chiusura della Prefettura di Oristano. Il Presidente ha quindi dato la parola al consigliere del Pd Antonio Solinas, primo firmatario della mozione n.176 e dell’interpellanza 95/A.

Nel suo intervento, Antonio Solinas ha ricordato innanzitutto la sua interpellanza del dicembre scorso, immediatamente successiva al trasferimento del prefetto di Oristano, non nominato per un anno e mezzo mentre, «nel frattempo – ha aggiunto Solinas – il decreto del governo ha indicato Oristano fra le 23 Prefetture da sopprimere sul territorio nazionale, decreto che sta alla radice di una azione forte della Giunta, poi condivisa anche dalle opposizioni». Il tema di fondo, ha detto ancora il consigliere del Pd, «è quello della presenza dello Stato in Sardegna e non è un fatto localistico perché l’esperienza di questi anni alimenta le nostre preoccupazioni perché, in realtà, la razionalizzazione dei servizi pubblici ha coinvolto tutta la Sardegna e razionalizzazione ha significato spesso chiusura, dagli uffici della Banca d’Italia Bankitalia, alle caserme dei Carabinieri, dagli uffici postali ad altri presidi dello Stato». «Nell’Oristanese – ha affermato inoltre Solinas – tutto il territorio ha espresso una posizione molto ferma contro l’ulteriore ridimensionamento degli uffici statali in un contesto come quello della Sardegna mentre lo Stato mantiene le Prefetture in territori molto meno estesi e a piccola distanza dai capoluoghi; l’accorpamento con Nuoro è fatto sulla carta dove tutto è possibile però non si conosce la realtà, dato che Oristano dista da Nuoro 90 chilometri ed altri comuni fino a 140 chilometri, distanze enormi che significano costi e disagi per i cittadini». «Per questo – ha concluso – non chiediamo un ufficio distaccato ma il mantenimento della Prefettura, chiediamo che Giunta chieda a Renzi e ad Alfano di revocare il provvedimento ed aprire un negoziato di merito, a combattere una battaglia di civiltà che va fatta da tutto il Consiglio perché è una battaglia di tutta la Sardegna».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha ricordato che il 2 luglio del ’74 la Camera approvò l’istituzione della provincia di Oristano ed uno dei proponenti, l’on. Pietro Riccio, sostenne fra l’altro che l’accoglimento delle istanze della popolazione «dovevano rappresentare sono solo una tappa di un autentico sviluppo del territorio provinciale che merita l’amministrazione periferica dei suoi interessi». «Oggi nel 2015 – ha lamentato Cherchi – siamo tornati indietro, siamo all’ultima mannaia che cade su Oristano ma deve essere respinta da tutta la Sardegna perché delle due l’una: o le Prefetture si cancellano tutte e ragioniamo in modo differente o quella Prefettura non può essere chiusa perché svolge funzioni pubbliche fondamentali, dall’immigrazione alla protezione civile, dall’ordine pubblico alla sicurezza, per cui la preoccupazione è fortissima innanzitutto per l’immigrazione e non meno per la protezione civile e per essa parlano i fatti della settimana scorsa; sono funzioni non possono essere cancellate o decentrate e anche per questo l’accorpamento con Nuoro deve essere respinto e quanto all’ordine pubblico va sottolineato che nell’Oristanese c’è una struttura penitenziaria come Massama con una altissima presenza di boss della malavita organizzata, e non va tralasciata nemmeno la questione delle scorie nucleari con Oristano che potrebbe essere una delle destinazioni possibili». «Non basta dire – ha protestato il consigliere – che l’importante è il mantenimento dei servizi, devono essere gli stessi servizi senza se e senza ma e ciò vale per tutti gli uffici statali; si è commesso un errore firmare la delega al Governo Renzi e un parlamentare sardo non avrebbe dovuto votarla, resta il fatto che se cancelliamo Prefettura e Questura i servizi non potranno mai rimanere identici così come il personale». «Ora il Consiglio – ha concluso – deve mostrare il massimo dell’unità con l’obiettivo chiaro di dire no all’accorpamento della Prefettura di Oristano con quella di Nuoro, recuperando anche i ritardi della Giunta nei confronti del territorio, dall’aeroporto  a all’ospedale S. Maria Bambina, ora tutti siamo chiamati a cambiare passo».

Il consigliere Franco Sabatini (Pd) ha condiviso le argomentazioni del collega Cherchi, sottolineando che «in questione non c’è solo Oristano ma tutta la Sardegna, come dimostra la presenza dei sindaci a difesa delle aree marginali della Regione; l’arretramento dello Stato va fermato col messaggio che sottende, con cui cioè si invitano i cittadini a trasferirsi nelle grandi città dove ci sono salute servizi ed opportunità, andando in controtendenza rispetto alla proclamata attenzione verso le zone interne ed alle pari opportunità per tutti». «Lo stesso Governo – ha affermato poi Sabatini – parla di questione meridionale e sembra consapevole del fatto che se non si recupera in Mezzogiorno l’Italia non riparte ma ciò vale anche per la Sardegna ed i suoi territori ed questa è la questione vera, senza dimenticare che in Sardegna non è che sia mancato il tentativo di decentrare i servizi; anzi si voleva trasferire, ad esempio, la formazione professionale ma non si è riusciti a farlo e in fondo anche le quattro province regionali erano il tentativo di decentrare la presenza pubblica verso le aree marginali». «Cosa ci fanno – si è chiesto Sabatini – l’Ente foreste, il Corpo forestale e la Protezione civile a Cagliari; la verità è che c’è una resistenza fortissima, che ho denunciato già dal dibattito sul programma della Giunta Pigliaru, portata avanti da poteri politici, burocratici ed economici; il Consiglio deve dare una risposta forte e sostenere l’impegno straordinario della Giunta nei confronti del Governo centrale».

Il consigliere Gianni Tatti (Aps) ha detto in apertura che «il provvedimento del Governo ha una portata devastante e forse non c’è più tempo per tornare indietro, ma ci sono responsabilità politiche a monte e comportamenti che hanno favorito certe decisioni». «Quella della Prefettura di Oristano, ha continuato, «è una struttura di eccellenza che va mantenuta come baluardo di legalità che svolge un ruolo essenziale per la comunità e per le amministrazioni locali del territorio, dalla sicurezza al raffreddamento dei conflitti sociali; sono dati che non possono essere disconosciuti e dimostrano che la Prefettura di Oristano deve continuare ad esistere, soprattutto nel momento di grande difficoltà che la Sardegna attraversa, un momento  che rende la decisione del Governo ancora più sbagliata e intempestiva, contro gli interessi dei lavoratori e dei cittadini». «Non si capisce che senso abbia – ha concluso – la strategia nazionale per le zone interne condivisa dalla Giunta se poi concretamente si traduce in decisioni come questa».

Il consigliere Roberto Deriu (Pd) ha messo l’accento sul fatto che sull’argomento in discussione «ci sono valutazioni comuni e lo dico da consigliere eletto da Nuoro; qui nessuno guadagna ma tutti perdono e soprattutto perde la Sardegna che ha un grande territorio». Lo stesso governo Monti, ha ricordato, «sosteneva che la province sarde dovevano essere 9 o 5 ed anche in un’ottica di razionalizzazione questo dato emerge nella sua oggettività perché la nostra Regione resta dunque un territorio da presidiare». «Ecco perché non possiamo accettare – ha dichiarato Deriu – la diminuzione della presenza dello Stato, in un momento in cui della Sardegna si parla di meno e non si percepisce la specialità secondo una certa tesi che spesso si accetta anche in Sardegna per una sorta di complesso di inferiorità; dobbiamo invece difendere la nostra autonomia e in questo contesto lo Stato deve fare la sua parte, anche perché la storia non si cancella, Arborea è stata in epoca storica uno Stato sovrano che ha dato molto al diritto europeo, mentre l’Oristano di oggi simboleggia il degrado di una cultura amministrativa e giuridica cui ci si deve opporre, per questo il presidente della Regione deve essere fortissimo nei confronto del Governo dicendo tutta la verità».

Il consigliere Marco Tedde (FI) ha riaffermato che il problema contingente è rappresentato dalla soppressione della prefettura di Oristano ma che il vero tema è però “la desertificazione istituzionale della Sardegna”. «Siamo la vera e unica isola isolata – ha dichiarato il consigliere della minoranza – e viviamo un momento e una situazione terribile per quanto attiene i trasporti mentre lo Stato arretra con la cancellazione di motorizzazione, camere di commercio, prefetture etc.».

Tedde ha criticato inoltre i rappresentanti in Parlamento del territorio di Oristano che «hanno votato la delega al Governo per sopprimere le prefetture». L’esponente di Forza Italia ha parlato di un “atteggiamento remissivo nei confronti di Renzi” da parte dei parlamentari del territorio e della Regione. A giudizio di Tedde, i servizi ai cittadini garantiti dagli uffici della prefettura di Oristano non potranno essere conservati ed ha sottolineato le caratteristica peculiari della Sardegna ad incominciare dal basso indice di densità demografica a fronte di un territorio assai vasto.

«Lo Stato – ha insistito il consigliere di Fi – lo vediamo da lontano mentre come sardi ci paghiamo la Sanità e la Continuità territoriale ed è anche per questa ragione affermo che Oristano non può tollerare cancellazione di ulteriori servizi essenziali e vedere a rischio la sicurezza». Tedde ha concluso con l’auspicio di una forte presa di posizione unitaria del Consiglio regionale per contrastare l’avanzata di un “impoverimento istituzionale che non riguarda solo Oristano ma l’intera comunità sarda».

Il consigliere Gianmario Tendas (Pd), ha ringraziato in apertura del suo intervento il presidente del Consiglio e la conferenza capigruppo per la tempestività con la quale è stato portato all’attenzione dell’Aula il tema della soppressione della prefettura di Oristano. Il consigliere della maggioranza ha sottolineato come la “vertenza” sia particolarmente  avvertita nel territorio dell’oristanese che unitariamente e con forza “esprime forte contrarietà per l’arretramento dello Stato nel territorio”. Tendas ha ricordato quindi i tagli programmati con la spending review ed ha affermato che tra i criteri utilizzati per individuare le prefetture da sopprimere deve essere tenuta in considerazione anche l’estensione territoriale dell’oristanese. «Un conto – ha dichiarato Tendas – è accorpare la prefettura di Chieti con Pescara che dista 20 chilometri, così come Prato da Pistoia, ma Oristano dista da Nuoro oltre novanta chilometri ed è carente la viabilità e il servizio offerto dal trasporto pubblico è disastroso». Tendas ha quindi auspicato “l’apertura di un tavolo per scongiurare la soppressione della prefettura di Oristano”.

Il consigliere, Augusto Cherchi (Sovranità, democrazia e lavoro) ha affermato che è in corso ormai da tempo, un piano di dimagrimento della pubblica amministrazione, da parte dello Stato italiano ed ha citato, a titolo d’esempio, la cancellazione delle province. «Un intento nobile quello della razionalizzazione dei costi – ha detto il consigliere di maggioranza – ma che si sta traducendo in un nuovo tentativo accentratore da parte dello Stato, come dimostra l’intervento inopportuno fatto con la soppressione della prefettura di Oristano». Cherchi ha quindi ribadito la distanza tra Oristano e Nuoro per evidenziare il livello dei disagi cui andranno incontro i cittadini e i lavoratori ed ha insistito: «Se si vuole abolire la prefettura, allora si aboliscano tutte». Augusto Cherchi ha quindi citato il modello della regione Valle d’Aosta («non ha né prefetture e né province») ed ha auspicato «un ridisegno di funzioni e servizi per governare da noi il nostro territorio come dobbiamo fare su trasporti, sanità e scuola e riscossione tributi».

Il consigliere, Gianni Lampis (Misto-Fd’I) ha espresso solidarietà ai sindaci del’oristanese perché – così ha detto – vedranno i loro uffici pieni di cittadini che lamentano ulteriori disagi e nuove penalizzazioni. «E’ facile – ha aggiunto – abolire la prefettura di Monza ma in Sardegna il ragionamento che vale in Lombardia non si può fare per via dei trasporti e della viabilità». Il consigliere della minoranza ha quindi citato il caso di San Nicolò d’Arcidano: un cittadino che vi risiede per arrivare a Nuoro con i mezzi pubblici dovrebbe partire il giorno precedente». Lampis ha definito i cittadini e i lavoratori della prefettura “vittime di tagli fatti senza raziocinio”. L’esponente di Fratelli d’Italia ha inoltre sottolineato le difficoltà del Medio Campidano: «E’ una sorta di terra di mezzo che vede aumentare i reati e la fuga dello Stato allarga i confini della terra di mezzo aggregando oggi Oristano».

«Non è questo il futuro che vogliamo per la Sardegna – ha concluso Lampis – e oggi dobbiamo dare prova di unità per difendere la prefettura perché presidio dello Stato nell’Isola».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az), ha ricordato la storica contrarietà dei sardisti alla presenza delle prefetture nell’Isola ed ha precisato: «Non siamo per la desertificazione della presenza pubblica nell’Isola ma vogliamo essere noi lo Stato in Sardegna». «C’è un rigurgito centralista che taglia le periferie e porta verso Roma servizi e funzioni», ha proseguito il consigliere della minoranza, «ed è questa una precisa idea di paese che questo governo sta portando avanti». Christian Solinas ha quindi invitato la Regione a “dare il buon esempio” per non allontanare i servizi dai cittadini e censurando i tagli dello Stato. Il rappresentante del Psd’Az ha sottolineato l’esigenza di una rivisitazione della Regione («perché non portare gli enti agricoli a Oristano?») e dimostrare che «quest’Aula davanti allo Stato ha un’idea di presenza delle istituzioni e dei servizi che non penalizza e marginalizza nessuno».

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni ha rivolto apprezzamento per gli interventi dei consiglieri delle altre province, diverse da quelle di Oristano, «perché dimostrano di aver colto il senso “vero” della discussione». Il consigliere della minoranza ha quindi domandato “Qual è la logica che ha spinto lo Stato a sopprimere la prefettura di Oristano?”. Dedoni ha ricordato quindi l’esigenza di garantire i servizi ai cittadini  e le necessarie tutele per i lavoratori della prefettura. Il consigliere dei Riformatori ha insistito sulle difficoltà nei collegamenti e sulla distanza che corre tra Oristano e Nuoro: «L’Italia non è il Lombardo-Veneto e non può essere quella la misura con cui si decidono i taglia in Sardegna».  Dedoni ha concluso con una critica: «I rappresentanti del popolo sardo non sono stati all’altezza per reggere un confronto alto e aspro con il governo e rivendicare tutto ciò che il governo toglie alla Sardegna, ad incominciare dai presidi di cultura e civiltà».  

Ha quindi preso la parola il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, che ha ricordato la visita del ministro dell’Interno Alfano in Sardegna in occasione della mobilitazione contro gli attentati agli amministratori locali. «Alfano, allora, prese l’impegno di un rafforzamento dei presidi dello Stato nell’Isola – ha detto Cocco – il risultato è stato la chiusura di caserme, la scomparsa della scuola di polizia di Foresta Burgos, la soppressione di alcune Camere di Commercio e uffici postali. Ancora una volta le zone interne vengono penalizzate. In nome della spending review si fanno tagli lineari. Questo Governo non è padre né patrigno ma solo carnefice».

Cocco si è detto molto pessimista sulla possibilità di ottenere qualcosa da Roma. «Noi 60 consiglieri abbiamo il dovere di riaffermare i valori dell’autonomia e della specificità sarda. I sindaci non se ne fanno niente della nostra solidarietà. Servono atti che si traducono in fatti concreti».

Dello stesso tenore l’intervento del capogruppo del Psd’Az Angelo Carta, secondo il quale “lo Stato farà quello che ha deciso di fare disconoscendo i diritti dei sardi”.

Carta ha ricordato le visite in Sardegna dei ministri dell’Interno Maroni e Alfano e il mancato rispetto degli impegni assunti: «E’ il segno che la politica sarda ha fallito – ha affermato Carta – ciò che farà oggi il Consiglio non porterà a nessun risultato. Dobbiamo rivendicare responsabilità per noi stessi occupando gli spazi vuoti». Il capogruppo sardista ha invocato un processo di decentramento della Regione: «Alla chiusura della Prefettura di Oristano la Regione risponda spostando l’assessorato dell’agricoltura in quella provincia o l’assessorato dell’Ambente a Nuoro. Il Cagliari-centrismo spinto toglie velleità alle zone interne. Lo Stato abbandona le aree marginali, la Regione vada ad occuparle».

Carta, infine, ha sottolineato la necessità di portare avanti una trattativa complessiva con lo Stato e non più su singoli argomenti. «Occorre definire un rapporto diverso con lo Stato – ha concluso l’esponente dei Quattro Mori – apriamo una battaglia per ottenere maggiori spazi e responsabilità».

Gianluigi Rubiu, capogruppo di Aps, ha annunciato l’uscita del suo gruppo dal partito nazionale “Area Popolare Sarda”: «Vogliamo dare un segnale forte – ha detto Rubiu – Alfano ha tradito la Sardegna e noi non vogliamo fare più parte del suo partito. Da domani verrà ricostituito il gruppo “UDC Sardegna”, forza autonoma dai partiti romani. Non possiamo essere succubi di nessuno. L’abbandono di Aps è un segno di protesta verso il ministro che non ha mantenuto le promesse. Il partito non ci rappresenta più. Invito ai colleghi di maggioranza e opposizione a fare lo stesso con i loro partiti di riferimento».

Rubiu ha poi contestato la decisione di tagliare la prefettura di Oristano: «E’ il segnale della decadenza economica e sociale di un intero territorio. Occorre salvaguardare la storia. La Regione utilizzi tutto il suo peso politico per scongiurare la chiusura».

Il capogruppo del PD Pietro Cocco (Pd) ha convenuto sulla necessita di maggiore prudenza nel processo riformatore avviato dal Governo. «Si tratta di riforme necessarie – ha detto Cocco – ma quando si interviene in aree che soffrono lo spopolamento e si chiudono i servizi le battaglie vanno fatte».

Il capogruppo del Pd ha poi ricordato gli sforzi fatti dalla Regione per mandare avanti la riforma degli Enti locali: «Una riforma – ha sottolineato – che dovrà prevedere la città metropolitana di Cagliari ma allo stesso tempo dovrà tutelare le zone marginali.

Le prefetture sono presidi che devono essere mantenuti. Quella di Oristano è storica, non può essere messa nello stesso calderone delle altre province. Significherebbe dire che in un territorio lo Stato sta smantellando. Per questa ragione abbiamo presentato la mozione che spero si traduca in un ordine del giorno unitario».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha esordito citando la vertenza Saremar «L’accoglienza riservata all’assessore ai trasporti Massimo Deiana a Carloforte è un fatto emblematico che dimostra come reagisce la gente quando non si sente tutelata – ha detto l’esponente azzurro – che credibilità abbiamo nel confronto con lo Stato quando non siamo capaci di tutelare al nostro interno gli interessi dei sardi? La pongo come riflessione, non per farne motivo di polemica, ma per evidenziare quel silenzio assordante che caratterizza l’azione della Giunta rispetto all’arbitrio del Governo nazionale che fa tutto ciò che vuole».

Pittalis ha poi ricordato la chiusura di importanti presidi istituzionali, il rischio della realizzazione del deposito delle scorie radioattive in Sardegna, il pericolo che si consumino ulteriori pasticci sulla scuola. «Una situazione che dà l’idea di uno Stato lontano dagli interessi della Sardegna. Questo Governo ha un’idea egoista, centralista che è tarda a morire. Doveva rappresentare la modernizzazione ma usa invece solo la scure».

Secondo Pittalis, il Consiglio deve fare sentire la sua voce e dare un mandato forte alla Giunta. Il capogruppo di Forza Italia, dopo aver auspicato un ordine del giorno unitario contro la chiusura della prefettura di Oristano, ha infine criticato l’atteggiamento di alcuni parlamentari sardi «che in Sardegna dicono una cosa e a Roma si comportano diversamente. Se non si è d’accordo – ha concluso Pittalis – si deve avere il coraggio di dire no. Non basta qualche incontro estemporaneo».

A nome della Giunta, il presidente Pigliaru ha detto in apertura, polemizzando con il capogruppo di Forza Italia Pittalis, che «il riferimento alla vicenda della Saremar è del tutto gratuito e bisogna essere sereni e leali». Sul piano politico, il presi9dente ha affermato che l’Esecutivo è impegnato «in un dialogo costante col Governo e guardamo con fiducia alla possibilità di avere risultati e risposte su alcuni nodi centrali del più ampio problema dell’insularità: istruzione, infrastrutture, viabilità, mobilità interna ed esterna, energia; siamo certi di essere ascoltati e confidiamo che il Governo saprà cogliere l’occasione storica di cambiare la condizione della Sardegna».

Ho sostenuto in molte occasioni, ha ricordato Pigliaru, che «senza il Mezzogiorno l’Italia non riparte e non esce dalla grave situazione di squilibrio con la parte più ricca del Paese come è riuscita a fare la Germania includendo il suo territorio ad est, ed ho anche contribuito al dibattito, all’interno ed all’esterno del partito per cui voto, sul come arrivare a questa inversione di tendenza». Istruzione, legalità e infrastrutture, ha proseguito, «sono fondamentali per generare attività economiche ed investimenti, ma fondamentali anche per convincere le popolazione che il clima è cambiato, che le Istituzioni difendono i cittadini per bene e che i cittadini possono tornare a fidarsi delle Istituzioni; senza questo non c’è crescita non c’è speranza per il Mezzogiorno». Così come, ha concluso il presidente, «in Italia (e parlo al Governo nazionale) non si può usare nessuno schema lineare ed intervenire sul sistema usando gli stessi parametri in Emilia e in Calabria, allo stesso modo sarebbe un errore grave ridurre i presidi di legalità nella nostra Regione».

Successivamente il Consiglio è passato alla fase delle dichiarazioni di voto « per impedire la chiusura della Prefettura di Oristano» e l’attivazione «di un tavolo di confronto con il Governo al fine di ridiscutere l’assetto organizzativo dell’amministrazione periferica pubblica, mantenendo e potenziando il miglioramento dei servizi ai cittadini, tenuto conto delle condizioni d’insularità della Regione».

Il consigliere Mario Floris (Misto), ha annunciato il suo voto a favore precisando però che «queste cose non servono a nulla, serve piuttosto una grande vertenza fra Regione e Stato, applicando lo Statuto che prevede presenza del Presidente della Regione in Consiglio dei Ministri ogni qualvolta sia in discussione un tema che riguarda la Sardegna». La realtà, ha proseguito Floris, è che «abbiamo svenduto per quattro lire continuità territoriale, trasporto pubblico locale e sanità, mentre della copertura di queste risorse deve farsi carico lo Stato che poi deve sostenerci in Europa; non turberò il clima unitario del Consiglio ma va ricordato che con gli ordini del giorno non abbiamo prodotto niente».

Il consigliere Pierfranco Zanchetta (Cps) ha voluto affermare in primo luogo di non aver mai sentito la mancanza delle Prefetture «ma sindaci hanno ragione nel chiedere il mantenimento della presenza delle Istituzioni sul territorio, anche se in realtà chi garantisce la presenza dello Stato è la Regione autonoma; se dimentichiamo questo concetto stiamo dimenticando il nostro ruolo e perfino la nostra Costituzione». Zanchetta ha comunque annunciato il voto favorevole del suo gruppo, lamentato però che nessuno abbia parlato della Sardegna dopo il referendum della Catalogna: «è sbagliato perché qui si sta riaprendo una stagione di un autonomismo vero che sa farsi valere garantendo in primis i cittadini».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco si è espresso in modo critico sugli interventi di alcuni colleghi «distanti dall’oggetto dell’ordine del giorno come Pittalis e Floris, che hanno dimenticato come sulla continuità si stia cercando di superare difficoltà ereditate». Soru non ha svenduto nulla, ha risposto ancora Cocco, «ma ha ottenuto 1600 milioni di euro per la Sardegna, mentre Floris non ha mai fatto vertenze con lo Stato e nemmeno Pittalis è intervenuto su problemi concreti della nostra Isola». La situazione complicata, ha concluso, «ma è opportuno che ognuno operi nel suo ambito con senso di responsabilità senza strumentalizzare un problema serio come quello della Prefettura di Oristano».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha affermato che voterà SI all’ordine del giorno con grandissima convinzione «nonostante il capogruppo Cocco abbia in effetti depotenziato l’intervento del presidente Pigliaru; l’obiettivo comune è quello dell’unità del Consiglio, ci interessa che il Presidente difenda la Sardegna con il massimo della forza e della convinzione senza casacche politiche, e senza rivolgersi continuamente al passato, forse altre battaglie le abbiamo perdute perché non eravamo uniti».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha preannunciato il voto favorevole sull’ordine del giorno «di cui però è difficile prevedere la concretezza, nonostante il mandato al Presidente per far valere tutta la forza della Regione». Ho apprezzato il riferimento del presidente al per Mezzogiorno e la sua opposizione alla logica dei tagli lineari: «su questo la sosterremo liberandoci dalle appartenenze politiche». Al capogruppo del Pd Pietro Cocco, Pittalis ha però ricordato «i 29 ricorsi alla Corte costituzionale, strumenti della democrazia che voi avete ritirato; avevamo ed abbiamo idee diverse e su questo il confronto resta aperto».

Il capogruppo di Sel Daniele Cocco si è rammaricato del fatto che il Consiglio abbia perso una occasione per mostrarsi unito; «siamo preoccupati per l’arretramento dello Stato, è la stessa preoccupazione della Giunta, cosa che non avevo visto nella legislatura precedente».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az) ha dichiarato che il suo gruppo non romperà l’unità del Consiglio ma ha precisato che «è necessario riaprire una vertenza con lo Stato chiedendo una delega piena per la Regione, non ho sentito dal presidente una posizione specifica sul punto specifico della Prefettura di Oristano». Quanto alla continuità territoriale, ha concluso, «ricordo che primi biglietti dei sardi sono stati emessi con Giunta Floris, esprimo solidarietà all’assessore Deiana ma senza dimenticare che la privatizzazione era un obbligo di legge e non la causa della crisi della compagnia».

Il presidente Francesco Pigliaru ha poi preso nuovamente la parole per un chiarimento sulle sue precedenti dichiarazioni. Ribadisco, ha detto, «che istruzione, legalità, infrastrutture sono il cardine della nostra azione di governo: ho detto NO ai tagli lineari in una Italia che lineare non è perché il Mezzogiorno ed anche Sardegna sono parti di un Paese che ha bisogno di fiducia e fiducia vuol dire nessun passo indietro sulla legalità; Oristano è parte di questo ragionamento».

Il consigliere Paolo Truzzu (Fdi) ha affermato che voterà a favore in modo convinto «ma con qualche dubbio dopo intervento del Presidente che forse non coglie il nocciolo della questione perchè Oristano è il simbolo dell’arretramento dello Stato dalla Sardegna, il rapporto con lo Stato va ricostruito e ripensato ed allora bisogna cercare di aver un rapporto diverso». Su istruzione, infrastrutture e legalità siamo d’accordo, ha osservato Truzzu, «però è sbagliato continuare sulla logica della leale collaborazione che finora non ha prodotto nulla; per leale collaborazione bisogna essere in due, mentre la Sardegna mette soldi propri per le infrastrutture cui invece deve pensare lo Stato».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha annunciato voto favorevole convinto, sottolineando tuttavia che «non siamo uniti, siamo un’unica cosa, concentrati su un obiettivo comune, un clima interrotto da un intervento stizzito che rischia di compromettere tutto; speriamo che non accada perchè non si può scherzare col fuoco». L’unità va ricercata, secondo Tedde, «ma anche difesa e tutelata; ricordiamo che il campanello d’allarme è suonato a dicembre e non è stato ascoltato da chi doveva farlo, la leale collaborazione non può essere a senso unico e non c’è da parte del governo Renzi e dello Stato come dimostrano molte vicende, dalle trivelle alla buona scuola».

Il consigliere Augusto Cherchi (Sdl) si è detto a favore «purchè l’unità non sia solo di facciata per tutelare servizi essenziali per la comunità».

Il consigliere Gianni Tatti (Aps), anch’egli a favore, ha ringraziato il suo gruppo «per il segnale forte inviato al Ministro dell’Interno di rompere con il partito».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha ricordato che «Pigliaru ha in mano uno strumento, è stata approvata recentemente dalla Camera una mozione sulla vertenza Sardegna dove c’è anche la Prefettura di Oristano; il Governo centrale dunque deve essere richiamato a comportamenti coerenti, senza dimenticare che ad Oristano e a Nuoro chiuderanno le Camere di commercio ed altri presidi dello Stato, facendo emergere la mancanza di un corrispettivo in termini di servizi ed è su questo che bisogna puntare».

Il consigliere Alessandro Collu (Soberania-Indipendentzia) ha parlato di un voto favorevole «che segna un cambio di mentalità rispetto al passato; ben venga, anche se nel 2012, quando si chiusero molti tribunali (e non si tratta di un servizio privo di incidenza) non si mosse niente».

Il consigliere Antonio Solinas (Pd), a favore, ha ringraziato tutto il Consiglio perché «si è riusciti ad andare al di là del proprio territorio, fatto senza precedenti anche se con fatica; bene Pigliaru che ha evitato il ricorso alla polemica politica, la posizione della Giunta è chiara e non si possono mischiare temi diversi tornando ad un passato in cui molti hanno peraltro scheletri nell’armadio». La cosa essenziale, ha concluso, «è che il presidente abbia un mandato forte per rappresentare tutta la Sardegna».

Il consigliere Paolo Zedda (Rossomori) voterà a favore ma senza entusiasmo «perché riteniamo che le Prefetture siano importanti solo come servizi per il cittadino ma le carenze dello Stato sono enormi e non possono essere dimenticate; noi preferiamo che la Sardegna segua il modello della Val d’Aosta e del Trentino Alto Adige».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente Ganau ha messo in votazione l’ordine del giorno che il Consiglio ha approvato all’unanimità, con 53 voti.

Il presidente del Consiglio ha quindi comunicato l’inversione nell’ordine del giorno dei lavori dell’Aula ed ha annunciato la discussione della mozione e delle interpellanze (n.112, 125 e 126) inerenti le problematiche e la gestione della fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe.

Il primo firmatario della mozione n. 107, il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde, ha ricordato sinteticamente le caratteristiche della struttura socio sanitaria di Ploaghe che offre servizi di sostegno alla persona e conta 165 dipendenti. Il consigliere della minoranza ha evidenziato che la fondazione è in regime commissariale dal 2007 e che nell’arco di otto anni si sono succeduti cinque commissari che avrebbero dovuto risanare l’azienda e ridurre l’indebitamento. Tedde ha quindi ricordato lo stanziamento della Regione del 2012, pari a 25 milioni di euro, con lo scopo di  ripianare debiti e risanare la gestione. «E’ ora indispensabile – ha proseguito Marco Tedde – trasformare la fondazione in “Azienda per servizi alla persona” tenendo conto del debole equilibrio finanziario, del costo del personale (incide per l’80% sui costi complessivi) e della necessità di incrementare la produzione dei servizi e dunque i ricavi».

Tedde ha poi spiegato che le perdite, quantificate in circa centomila euro\mese, derivano anche dal ridotto utilizzo dei posti letto e dalla mancata introduzione di nuovi servizi. L’esponete di Fi ha quindi auspicato la riorganizzazione della Fondazione ed ha affermato che servirebbe renderla “il primo fornitore delle Asl sarde”. Il consigliere del centrodestra non ha quindi nascosto la preoccupazione per l’incremento del debito ed ha paventato un possibile rischio di insolvenza. «Chiediamo l’impegno della giunta per chiudere la lunga riflessione sul futuro della fondazione», ha spiegato Tedde, «e ci auguriamo che si decida in tempi rapidi quale debba essere il futuro per la struttura di Ploaghe e i suoi lavoratori».

Il consigliere, Gaetano Ledda  (Misto – la Base), presentatore dell’interpellanza n. 125 ha rivolto un saluto alla delegazione dei lavoratori della fondazione presenti nelle tribune riservate al pubblico ed ha sommariamente esposto i contenuti del documento a suo tempo presentato dal gruppo “Sardegna Vera”. L’esponente della maggioranza ha ricordato il dettato della legge 23 del 2015 per quanto attiene la trasformazione della fondazione in azienda per i servizi alla persona ed il vincolo del pareggio di bilancio. Ledda ha concluso con l’auspicio di una rapida soluzione del problema ed ha invitato la commissione Sanità a prendere in esame il progetto che era stato predisposto dall’ex commissario Foddai.

Il consigliere Roberto Desini (Sovranità, democrazia e lavoro) presentatore dell’interpellanza n. 126, datata luglio 2014, ha evidenziato in apertura del suo intervento il lungo periodo di commissariamento della fondazione di Ploaghe. «Se c’è il commissario dal 2007 – ha affermato Desini – è evidente la situazione di precarietà che caratterizza la gestione e soprattutto il rapporto con i lavoratori». L’esponete della maggioranza ha quindi affermato che un tempo così lungo di commissariamento «fa comodo solo alla politica, a tutta la politica». «Pretendiamo chiarezza e correttezza – ha proseguito il capogruppo di Sdl – perché con la precarietà si tengono al guinzaglio le persone e non possiamo più accettare una situazione incerta e poco chiara che continua a produrre debiti».

La consigliere del Pd, Rossella Pinna, ha ricordato la vicenda che nella scorsa legislatura ha portato alla cessazione dei servizi della “fondazione Guspini per la vita” («un centro di riabilitazione che dava risposte dare risposte ai cittadini sardi che cercavano cure e speranza al di fuori della Sardegna»). «Nel 2012 – ha affermato l’esponente della maggioranza – ero tra il pubblico quando in finanziaria il centrodestra propose il salvataggio della fondazione di Ploaghe e stanziò 25 milioni di euro». Rossella Pinna ha definito la decisione assunta allora “irresponsabile” perché – a suo giudizio – “non si potevano mettere risorse pubbliche in un pozzo senza fondo”.  La consigliere del Pd, pur riconoscendo la necessità di tutelare i posti di lavoro della fondazione di Ploaghe,  ha sottolineato i ritardi accumulati nella precedente legislatura per un’efficace azione di ristrutturazione della struttura e della gestione. Rossella Pinna ha quindi proposto la commissione Sanità come sede idonea per compiere le opportune valutazioni sul caso.

Il vice presidente del Consiglio, Antonello Peru (Fi), ha evidenziato la drammatica situazione in cui versa la fondazione d ha posto l’accento sul mancato pagamento delle ultime quattro mensilità ai 160 lavoratori. «Serve una soluzione chiara e coraggiosa – ha dichiarato l’esponente della minoranza – e la fondazione può crescere e svilupparsi se si superano i problemi logistico strutturali, lo scarso utilizzo di posti letto e si garantisce maggiore autonomia alla struttura di Ploaghe».

Peru ha ricordato il favore che assessore, amministrazione comunale e sindacati hanno mostrato per la trasformazione della fondazione in “Asp” ed ha sottolineato che tale ipotesi non può concretizzarsi in un semplice cambio della ragione sociale ma deve tradursi in una profonda riorganizzazione che abbia al centro l’incremento della produzione dei servizi.

A giudizio di Antonello Peru la trasformazione in “Asp” è un obiettivo di difficile realizzazione e richiederebbe l’impiego di ulteriori risorse quantificabili in circa 10 milioni di euro. «E’ difficile ad esempio – ha insistito il consigliere di Fi – garantire  le commesse di tutte le Asl, i finanziamenti diretti della regione in luogo delle fatture ed un pareggio di bilancio a 14 milioni di euro».

Peru ha quindi concluso con l’invito all’assessore a rendere i noti i percorsi amministrativi e politici posti in essere per dare un futuro alla struttura di Ploaghe.

Il consigliere del Pd, Gianni Ruggeri si è detto “spaventato” dalla situazione creatasi alla fondazione San Giovanni Battista e l’ha definita “paradigmatica” «per come si muovono le questioni intono alla sanità in Sardegna». «Si produce la spesa – ha spiegato il consigliere della maggioranza – si genera un servizio senza attenzione tra costi e ricavi e poi si propone alla mano pubblica il compito di riparare le storture insite nel meccanismo di produzione del servizio».

«Parliamo di cifre pazzesche – ha incalzato l’ex sindaco di Quartu – parliamo di 25 milioni buttati in un pozzo senza fondo e se ne ipotizzano altri 7 o 8 milioni per far quadrare i conti». Ruggeri ha proposto la discussione dell’annoso tema in commissione Sanità ed ha così concluso: «Serve mettere la parola fine ai carrozzoni».

E’ quindi intervenuto il consigliere di Area Popolare Sarda, Giorgio Oppi, che ha fornito alcuni dati sulla struttura sanitaria di Ploaghe. «Il personale incide per il 90% sui costi di gestione della SGB – ha detto Oppi – i posti letto coperti sono il 70% di quelli disponibili, il fatto che gli altri non vengano occupati spiega il deficit».

Il consigliere di minoranza ha poi ricordato i ritardi nel pagamento delle prestazioni da parte della Asl e le voci principali che incidono sul debito della Fondazione San Giovanni Battista: le sanzioni amministrative, gli interessi da pagare all’INPS e un  mutuo contratto 20 anni fa.

Oppi ha poi ricordato che la struttura non è a norma e per questo non si sono potuti portare a termine alcune interventi. L’ex assessore alla Sanità ha poi invitato ad evitare scambi di accuse e a pensare a una soluzione per i lavoratori.

Secondo Salvatore Demontis (Pd), la strada da seguire è quella indicata dall’assessore:  la trasformazione da Ipab ( Istituti pubblico di assistenza e beneficenza)   in Asp (Azienda di servizi alla persona). «C’è da chiedersi perché non si è riusciti a farlo fino ad ora pur avendo stanziato 25 milioni di euro – ha sottolineato Demontis – è un problema di governance, è evidente che tutti i commissari hanno fallito l’obiettivo».  Demontis ha infine difeso l’operato dell’assessore Arru e indicato la strada per il futuro: «Prima di pensare a nuovi servizi, l’azienda va risanata».

Anche Luigi Lotto (Pd) ha auspicato una soluzione definitiva: «E’ impensabile chiamare il Consiglio a ripianare i buchi a distanza di 5-6 anni – ha detto Lotto – il problema va risolto guardando all’interesse dei lavoratori ma cercando di individuare un percorso che dia alla struttura una prospettiva futura».

Lotto ha poi invitato l’assessore Arru ad andare avanti nella strada individuata che prevede il ricorso a risorse nazionali per il rilancio della SGB.

Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda) ha concordato sul fatto che vadano prioritariamente difesi i diritti dei lavoratori ma ha anche espresso qualche perplessità sulla situazione della struttura sanitaria del Nord Sardegna: «Ho l’impressione che si parli di un contenitore vuoto che non crea utili e non dà servizi ai cittadini».

Attilio Dedoni (Riformatori) ha sottolineato la necessità di avere a disposizione i bilanci degli ultimi anni per capire come sono stati utilizzati i soldi: «Si tratta di trovare soluzioni adeguate per tranquillizzare i lavoratori e fare in modo che le istituzioni regionali siano maggiormente coinvolte. In passato il Santa Maria Bambina di Oristano ha avuto problemi che la Regione non ha sanato, lo stesso è avvenuto per il Santa Maria Assunta di Guspini che è stato costretto a chiudere o per il centro di Villamar che non è mai decollato. Non si possono sanare tutte le situazioni, occorre pensare di inserire le strutture in una rete che faccia parte del servizio sanitario regionale».

Annamaria Busia (Sovranità, Democrazia e Lavoro) ha puntato l’indice contro la precedente Giunta regionale che aveva deciso di trasformare la SGB in una residenza dei dismessi dagli Opg. «Il fatto che non sia stata realizzata la Rems non è stato un capriccio – ha detto Busia – non poteva essere realizzata perché la struttura era fatiscente e il personale non adeguato. Il San Giovanni Battista non era idoneo eppure è stato individuato come potenziale Rems. Quel progetto è fallito».

Busia ha poi ricordato il percorso individuato dal precedente commissario della SGB  Costantino Foddai.  «Era una soluzione che imponeva scelte coraggiose – ha rimarcato Busia – metteva in evidenza una struttura superiore agli standard attuali con 32 unità in eccesso, un surplus di personale che causava un buco di un milione di euro in bilancio».

Secondo Daniele Cocco (Sel) i 25 milioni erogati nel 2010 alla Sgb di Ploaghe hanno impedito di trovare una soluzione definitiva. «Oggi c’è la necessità di dare una risposta ai 200 lavoratori – ha detto Cocco – la proposta fatta da Ganau è quella in questo momento più praticabile. Occorre trovare le risorse per pagare subito gli stipendi ai lavoratori, poi la Giunta cercherà di risolvere definitivamente il problema».

Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, ha espresso preoccupazione per le posizioni di alcuni esponenti del PD che in aula hanno parlato di “carrozzoni” e di “scelte irresponsabili”.

«La questione non può essere liquidata in questo modo – ha detto Pittalis – la Sgb è una struttura unica in Sardegna, per questo ha la sua ragion d’essere. Noi riteniamo che quando si è deciso di dare 25 milioni per la Fondazione è stata una scelta responsabile».

Pittalis ha poi manifestato apprezzamento per la decisione del presidente del Consiglio di convocare una conferenza dei capigruppo ad hoc con gli amministratori locali e i sindacati.  «Siamo pronti a risolvere subito la questione anche con un provvedimento urgente, preoccupiamoci di mettere a disposizione le risorse da qui a un paio di mesi per i lavoratori. Se si è sbagliato prima non possiamo continuare a sbagliare – ha concluso Pittalis – si  pensi a un programma serio ma intanto si dia la certezza degli stipendi arretrati ai dipendenti».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha invitato i colleghi alla calma. «Le posizioni assunte in conferenza dei capigruppo non sono cambiate – ha detto Cocco –  nessuno vuole speculare sulla vicenda,  non ci sono buoni e cattivi, nel 2010 ho presentato una mozione per la trasformazione della SGB da Ipab a Asp. Io ero firmatario del documento,  non ricordo che Pittalis abbia sostenuto un’idea di questo tipo».

Sui 25 milioni erogati alla Sgb, il capogruppo del Partito Democratico ha ricordato  la convergenza di tutte le forze politiche. «Credo però che i lavoratori abbiano bisogno adesso di certezze e prospettive  –  ha concluso Cocco – si pensi a pagare gli arretrati e si dia alla Giunta e al Consiglio il tempo di ragionare sulle questioni che riguardano la struttura di Ploaghe».

Intervenendo a nome della Giunta, l’assessore della sanità Luigi Arru ha voluto rassicurare in primo luogo i lavoratori sull’impegno per una soluzione positiva della situazione del San Giovanni Battista che, ha precisato, «deve rientrare nella riorganizzazione della rete sanitaria regionale, mentre la soluzione di ospitare in quel sito pazienti ex Opg non era percorribile». I margini ci sono, ha proseguito Arru, «anche perché nella stessa Asl di Sassari ci sono cinquanta persone nelle barelle che hanno superato la fase acuta e devono poter essere collocate altrove per poter seguire un percorso di riabilitazione presso le strutture pubbliche; non solo quindi c’è la massima attenzione dell’assessorato ma c’è anche l’impegno a verificare tutte le ipotesi possibili per accedere, in tempi brevi, a 16 milioni di fondi nazionali, a partire dalla trasformazione del San Giovanni in Asp, senza riduzioni di personale ma anzi potenziando le risorse umane e restando all’interno degli standard previsti dalla legge». Nessuno vuole chiudere il San Giovanni Battista, ha ribadito l’assessore della Sanità, «ma inquadrare quella struttura in una visione complessiva mentre, nell’immediato, occorre che i Comuni sistemino le loro esposizioni nei confronti del San Giovanni come ha fatto la Regione accelerando le procedure per il pagamento delle prestazioni». Ribadisco inoltre, ha concluso l’assessore, «l’impegno per la soluzione del problema degli arretrati maturati dai lavoratori lavorando, nello stesso tempo, per una assetto stabile della struttura in un quadro di razionalizzazione della nostra rete sanitaria che rappresenti un beneficio concreto anche per alcune tipologie di pazienti come gli autistici ed i malati di Alzheimer e le loro famiglie; stiamo lavorando a questo obiettivo per il quale abbiamo necessità di un certo periodo di tempo per definire compiutamente il percorso giuridico della trasformazione dell’ex Ipab in Azienda di servizi alla persona».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha chiesto una breve sospensione della seduta in modo da concordare le modalità di prosecuzione dei lavori.

Il presidente Ganau ha accolto la richiesta.

Alla ripresa dei lavori, il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha affermato che «la vertenza in discussione non può vedere la politica divisa e per questo abbiamo cercato di fare un discorso di sintesi, senza nascondere le criticità esistenti e quelle in prospettiva; ragioni che portano il Consiglio ad esaminare, già nella prossima riunione, un provvedimento per mettere in sicurezza le retribuzioni dei lavoratori e dare alla Giunta il tempo necessario, due-tre mesi, per individuare una soluzione strutturale».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha ribadito che «è necessario mettere in sicurezza gli stipendi dei lavoratori con l’impegno, nei prossimi mesi, di valutare la situazione con attenzione la situazione del San Giovanni Battista e di altre strutture presenti in Sardegna».

Il presidente Ganau ha preso atto della volontà comune di predisporre un ordine del giorno unitario ed ha sospeso la seduta, riconvocando il Consiglio per domattina alle 10.00.

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Consiglio regionale 16

ll Consiglio regionale nella seduta di questa mattina ha approvato le mozioni 178 e 179 sulla richiesta di referendum per l’abrogazione dell’art. 38 dello “Sblocca Italia” e dell’art.35 del decreto “Sviluppo” ed ha respintola mozione presentata dal centrodestra sulla Sanità.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con l’esame della proposta di adesione della Regione Sarda al referendum abrogativo in materia di idrocarburi, ai sensi dell’art.75 della Costituzione. Il presidente, dopo aver illustrato le norme di legge collegate ai quesiti referendari, ha dato la parola all’on. Pietro Cocco (Pd) per illustrare il provvedimento.

Nel suo intervento, Cocco ha spiegato che «si tratta di due atti di delibera articolati in sei quesiti riguardanti la norma Sblocca Italia, che dichiarata la strategicità e l’indifferibilità di alcune attività industriali». Ciò che si vuole ottenere, ha aggiunto il capogruppo del Pd, «è di porre un freno al depotenziamento della competenza regionale su queste materie per evitare una mnovra di accentramento da parte dello Stato su materie di grande delicatezza; in Sardegna, ad esempio, le trivellazioni in mare potrebbero essere autorizzate solo dallo Stato, senza alcun ruolo per la Regione». «L’iniziativa referendaria sottoscritta in Sardegna da tutti i capigruppo consiliari – ha concluso Cocco – è comune ad altre Regioni d’Italia, dato che per arrivare al referendum la proposta deve sottoscritta da almeno cinque Consiglio regionali».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, ha comunicato di voler aggiungere la firma del suo gruppo alla proposta.

Il consigliere di Forza Italia Stefano Tunis, ha messo l’accento sul fatto che è sbagliato sottrarsi da questa discussione, «che va oltre la definizione di autonomia, ed incrocia in qualche modo il famoso principio not in my garden che in molti casi ha fatto male all’economia italiana mentre sarebbe stato necessario fermarsi a valutare bene alcune grandi scelte in materia di gestione del territorio». «In questi anni – ha continuato Tunis – le autonomie regionali e locali hanno mostrato l’incapacità di dare risposte certe al di là di situazioni emotive ed questo è il contesto che sta alla base dello Sblocca Italia; abbiamo avuto esempi recenti anche in Sardegna dove, di fronte a richieste di ispezioni del sottosuolo, la risposta è stata affidata ad un ufficio di burocrati che ha respinto la domanda per una presunta incompatibilità con il piano paesaggistico regionale». «Se l’autonomia è un valore – ha osservato infine Tunis – questo significa anche una assunzione precisa di responsabilità; non sono appassionato di referendum ma forse in questo caso è l’unico strumento possibile non nel merito ma nel metodo, fermo restando che la politica debba recuperare la capacità di dare risposte concrete soprattutto quando sono difficili».

Il consigliere Salvatore Demontis (Pd) ha riconosciuto che il principio evocato da Tunis ha effettivamente provocato l’incertezza delle Regioni nel dare risposte ad istanze concrete di sviluppo. «Qui però – ha precisato – si tratta di concessioni entro le 12 miglia, non nuovi interventi ma quelli bloccati dal decreto Monti, ad una distanza molto ridotta dalla fascia costiera e dalle aree marine protette, contesto di fronte al quale non c’è valutazione di impatto ambientale che tenga rispetto a possibili errori umani che comporterebbero un rischio elevatissimo». E’importante, a giudizio di Demontis, «anche l’aspetto della competenza regionale per dare vita ad un confronto autentico con lo Stato; sotto questo profilo il referendum consente una dialettica reale evitando di percorrere la strada dei ricorsi». «In conclusione – ha detto Demontis – è auspicabile che al voto referendario non si arrivi ma che la legge nazionale sia modificata prima in alcuni punti con il concorso delle Regioni».

Il consigliere Francesco Agus (Sel) ha dichiarato che, a differenza di Tunis e Demontis, va ricordato che «in Sardegna non c’entra il principio anglosassone perché la Sardegna ha sempre dovuto subire iniziative discutibili contro la sua volontà». «E’vero – ha riconosciuto Agus – che la nostra Regione può comunque chiedere al Governo la sospensione di una norma dannosa per la Sardegna secondo lo Statuto ma questo strumento potrebbe non essere sufficiente; altro è, invece, un referendum che nasce sotto la spinta di una larga iniziativa popolare, perché ogni scelta strategica non può essere presa sopra la testa dei Sardi e dello stesso Consiglio, che deve tornare ad essere protagonista del nostro futuro».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha messo in evidenza la delicatezza del tema come dimostrano episodi passati e recenti della storia sarda, frutto di scelte unilaterali dello Stato su energia e non solo. Ora, ha ricordato, «il Governo decide con lo Sblocca Italia di essere l’unico soggetto che può decidere su una materia di importanza strategica per lo sviluppo del Paese». «Non ho mai amato i referendum, ha proseguito – perché credo il popolo decida con le elezioni ad ogni livello, piuttosto è il Consiglio che deve incidere sui grandi problemi con la sua azione; una azione forte che non c’è stata e questo è il vero elemento di difficoltà su cui dobbiamo confrontarci superando le appartenenze politiche». Tuttavia, ha concluso il consigliere di Forza Italia, «in questo momento è una leva che va utilizzata anche come strumento di pressione politica, fermo restando che la chiarezza sull’azione politico amministrativa non può avere alternative».

Il consigliere Augusto Cherchi (Sdl) ha sottolineato che l’iniziativa di molte Regioni contro lo Sblocca Italia che permette iniziative di ricerca energetica senza intesa con le stessi Regioni violando la Costituzione vigente «rappresenta il tentativo di aggirare norme autonomistiche già in atto con una sorta di corsia preferenziale che, fra l’altro, contrasta con la normativa comunitaria». E’opportuno quindi, ha proposto, «che la Giunta affidi ad un ente terzo da individuare il compito di predisporre uno studio per accertare l’effettiva presenza di risorse energetiche nel sottosuolo della Sardegna e, nel frattempo, disponga una moratoria fino al risultato delle indagini scientifiche; questa è l’unica strada per consentire alla Sardegna di decidere del suo futuro con l’esercizio di una vera sovranità».

Ha quindi preso la parola il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde, che ha parlato di «confusione e poca chiarezza» tra i banchi della maggioranza. «C’è chi ha ritenuto che non fosse necessario impugnare lo Sblocca Italia e altri che invece ha invocato un atteggiamento più deciso della Regione nei confronti del Governo – ha detto Tedde – l’assemblea plenaria delle Regioni ha approvato i quesiti referendari su queste norme ritenendole illegittime perché ledono le prerogative degli enti locali. Qui invece regna la confusione». Tedde ha ricordato la posizione assunta dall’assessore all’ambiente Donatella Spano quando la Puglia decise di impugnare lo “Sblocca Italia”: «Secondo l’assessore la Sardegna in quanto Regione autonoma non aveva motivo di fare ricorso alla Corte Costituzionale, in quanto godeva di una protezione diversa, come stabilito dall’art. 43 bis dello Sblocca Italia. Se quelle norme non si applicano alle regioni speciali – ha chiesto Tedde – perché ci accodiamo a questa iniziativa referendaria?».

Il consigliere azzurro ha poi chiarito di non essere contrario a priori all’attività di ricerca di idrocarburi o alle trivellazioni: «Il problema è che dobbiamo essere noi a decidere le politiche di sviluppo – ha concluso Tedde – in questo caso invece decide Renzi. Va bene il referendum come estrema ratio ma se qualcuno riteneva che le norme non fossero in linea con le prerogative della Sardegna doveva impugnare prima il provvedimento».

Anche Antonio Solinas (Pd) ha manifestato qualche perplessità sulla decisione di ricorrere al referendum. «La situazione creatasi con lo Sblocca Italia non lascia però molti margini di scelta – ha detto Solinas – un settore importante come quello dell’energia non può essere lasciato nelle mani di pochi».

Antonio Solinas ha poi sottolineato la necessità di dare più spazio agli amministratori locali nelle scelte delle politiche di sviluppo del territorio: «Abbiamo assistito in questi anni all’arrivo di avventurieri che presentano richieste alla Regione. Ai sindaci arriva una semplice comunicazione dell’assessorato all’Industria. I comuni devono essere messi nelle condizioni di decidere sulla programmazione».

Il presidente della Commissione “Governo del Territorio” si è chiesto poi quale sia il vantaggio economico per la Sardegna per gli interventi proposti da società costituite con capitali sociali irrisori. «Nell’Oristanese si sono fatte richieste di trivellazione in aree Sic, in territori a forte vocazione agricola, che potrebbero mettere a rischio le stesse aree».

Solinas, contrariamente a quanto sostenuto dal consigliere Tedde, ha voluto sottolineare il ruolo determinante svolto dalle associazioni ambientaliste: «E’ grazie a loro che si è riusciti a fermare alcuni investimenti. Ora serve un piano energetico regionale per tracciare le linee guida, altrimenti le multinazionali dell’eolico e delle trivellazioni off shore ritorneranno in Sardegna a fare i propri affari».

Gianni Lampis (FdI) ha ricordato l’esperienza vissuta da vice sindaco di Arbus: «Una società inviò al Comune una comunicazione che venne affissa all’Albo pretorio. Il Consiglio avviò una riflessione per capire se quel tipo di intervento richiesto poteva essere compatibile con le aspettative del territorio e della Sardegna. In Consiglio dissi che buona prassi voleva che un imprenditore si presentasse agli amministratori anziché limitarsi a formulare una richiesta alla Regione Anche in questo caso – ha affermato Lampis – siamo di fronte a imprenditori che non degnano la Regione di attenzione».

Il consigliere di minoranza ha poi ricordato che una delle società coinvolte nelle trivellazioni, la Tosco Geo Srl con sede a Barberino d’Elsa, è presieduta da Stefano Bocco,  ex parlamentare della Federazione dei Verdi. «Questa persona dichiarava in passato che si doveva puntare con decisione sulle fonti rinnovabili. Non ha letto cosa dicono in Toscana però della sua centrale che ha prodotto 3000 tonnellate al giorno di ammoniaca. E’ l’inquinamento più grave a livello regionale».

Lampis ha quindi concluso il suo intervento lanciando un monito al Consiglio: «L’onorevole Solinas parla di avventurieri, io invece parlerei di speculatori. Questi cinque permessi di cui è titolare la Tosco Geo potrebbe farci pensare questo. Se questo tipo di società hanno trovato il semaforo verde a Roma non è detto che lo debbano trovare in Sardegna. Abbiamo il dovere di difendere la nostra terra dalle speculazioni».

Alessandra Zedda (Forza Italia) ha espresso  preoccupazione per l’atteggiamento dello Stato nei confronti delle Regioni. «Meno di un anno fa siamo andati a Roma a una riunione voluta dai consigli regionali per parlare di questo. Si sta sostanzialmente tentando di  minare la nostra autonomia e la nostra specificità – ha sottolineato Alessandra Zedda – fanno bene le Regioni a richiedere un referendum».

L’esponente azzurro ha poi rimarcato l’esigenza di affermare le prerogative riconosciute alla Regione dallo Statuto speciale nelle materie di propria competenza e criticato, per questo, la scelta della Giunta di non impugnare la legge sulla “Buona Scuola”. «Veniamo additati come spendaccioni, ci impongono sottrazioni di risorse e cercano di limitare la nostra azione politica – ha affermato Zedda – l’Italia non ha una politica industriale e oggi vuole imporre le scelte sui territori. Le decisioni devono essere prese dalla politica in base a norme certe. Ben venga il nuovo piano energetico regionale, sarà l’occasione per inserire alcuni paletti per lo sviluppo del nostro territorio».

Zedda, infine, si è detta favorevole alle trivellazioni: «Non dobbiamo dire no a priori – ha concluso il consigliere di Forza Italia – è necessario pensare allo sviluppo e valutare attentamente lo sfruttamento delle fonti energetiche. Il problema è che le decisioni devono essere prese in Sardegna. Per questo voteremo a favore delle due mozioni. Convinti che nessuno, nemmeno il Governo, può privarci della nostra autonomia e specificità».

Emilio Usula (Rossomori) ha denunciato la presenza in Sardegna di speculatori ed avventurieri: «Da troppo tempo si muovono personaggi e gruppi di potere che non hanno nulla a che vedere con una politica di sviluppo rispettosa della realtà sarda.

«Lo “Sblocca Italia” va in una direzione che da sardi non possiamo non contrastare – ha detto Usula – non possiamo permettere che l’Isola venga considerata come una piattaforma energetica».

Il capogruppo dei Rossomori ha poi rimarcato che «la Sardegna è tra le regioni più inquinate d’Italia, i picchi di incidenza delle malattie sono molto più alti che nel resto della penisola. C’è poi la questione delle servitù militari e la possibilità che in Sardegna si faccia il deposito di scorie nucleari. E’ ora di dire basta ad situazione che potrebbe comportare gravi conseguenze sulla salute dei nostri figli» 

Il capogruppo del Psd’Az, Angelo Carta, ha dichiarato il voto a favore delle due mozioni pro referendum ed ha affermato che il tutto rappresenta anche una risposta e un segno di vicinanza del Consiglio regionale verso i Comuni e a difesa delle nostre comunità. L’esponete della minoranza ha quindi citato a titolo d’esempio il diniego di Dorgali e dei Comuni limitrofi ad un permesso di ricerca di acque termali, per dimostrare che con le disposizioni del decreto “Sblocca Italia” le volontà di quei territori resterebbero lettera morta.

Il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, ha ribadito l’adesione convinta alle due mozioni per referendum: ma auspico che i referendum non debbano svolgersi perché spero che il legislatore nazionale modifichi quelle parti dello “Sblocca Italia” che mortificano le competenze regionali. «La richiesta referendaria arriva dal basso – ha concluso l’esponente della maggioranza – e riguarda tutto il Paese ed essendo Regione a Statuto speciale dobbiamo tenere ancora più alta la voce del dissenso».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha ricordato la convinta sottoscrizione dei consiglieri del suo gruppo alle due mozioni ed ha dichiarato di «respingere l’idea centralistica che affiora nelle azioni del  governo nazionale». «Dopo il Senato ridotto a museo – ha proseguito l’esponente della minoranza – Renzi non può entrare a gamba tesa sulle prerogative delle Regioni Speciali come la Sardegna».

Pietro Pittalis ha quindi dichiarato apprezzamento e sostegno all’iniziativa promossa dal presidente Ganau in sede di conferenza dei presidenti dei consigli regionali per impegnare anche il Consiglio regionale della Sardegna su un tema vitale. «Ma il tutto – ha proseguito il capogruppo – denota ancora una volta l’assenza della giunta regionale che non ha impugnato il provvedimento che oggi ci si propone di modificare con il referendum abrogativo». Il consigliere Pittalis ha parlato di “atteggiamenti dannosi” per l’Isola ed ha invitato l’esecutivo a non avere «atteggiamenti rinunciatari verso il governo nazionale» sul tema dell’energia come su quello delle scorie: «Su questo argomento auspichiamo un’informativa della Giunta».

L’assessore della Difesa dell’Ambiente, Donatella Spano, ha ricordato gli interventi promossi dalla Giunta «nelle sedi istituzionali proprie di chi governa». «Abbiamo incominciato in conferenza delle Regioni – ha spiegato l’assessore – quando si è esaminata la prima bozza dello “Sblocca Italia” (24 settembre 2014) e si è discusso il punto centrale: il trasferimento della competenza regionale al livello nazionale in materia di valutazione di impatto ambientale». La professoressa Spano ha quindi ricordato la richiesta di abrogazione formulata dalla Regione sarda il 2 ottobre 2014 per l’articolo 35 dello “Sblocca Italia” e l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 38 «perché limitanti l’autonomia regionale in materia ambientale».

«Nella commissione ambiente della conferenza Stato-Regioni – ha proseguito Donatella Spano – è stata poi chiesta l’abrogazione dell’intero articolo 38 ed il 16 ottobre la conferenza ha recepito le richieste avanzate sugli articoli 35 e 38». «Il risultato di tali azioni e delle successive interlocuzioni al livello parlamentare ha portato – così ha affermato l’assessore dell’Ambiente – all’introduzione, in sede di conversione in legge del Dl 133, dell’articolo “43 bis”». «Quest’articolo – ha precisato la Spano – stabilisce che le norme si applicano alle Regioni speciali compatibilmente con i propri statuti e la Sardegna ha competenza primaria in materia di attività estrattiva ed è per queste ragioni che consideriamo l’articolo 43 bis come la norma di salvaguardia per l’Autonomia sarda».

La professoressa ha quindi auspicato la rivisitazione delle legge 20 del 1959 in materia di disciplina indagine e ricerca degli idrocarburi ed ha sottolineato l’impegno della giunta regionale per il piano energetico, sul tema del deposito delle scorie e sulle servitù militari.

L’assessore Spano ha inoltre ribadito la positiva collaborazione con il Governo  ed ha dichiarato «di rimettersi alla volontà dell’Aula» nella votazione delle due mozioni tendenti ad attivare la richiesta di referendum contro parti dello “Sblocca Italia” e del “decreto Sviluppo”.

Il consigliere di Fratelli d’Italia, Paolo Truzzu, ha dichiarato il voto a favore ed ha ricordato la presentazione di una proposta di legge a sua firma per la modifica della legge 20/59.

Il consigliere di Forza Italia, Stefano Tunis, ha definito “sofferta” la sua dichiarazione di voto a favore delle due mozioni: «Dico sì a Lussu, al Psd’Az, a chi ha portato l’Autonomia in questa Regione e per superare le giunte insipienti e incapaci». A giudizio di Tuinis con l’approvazione delle due mozioni il Consiglio regionale surroga la Giunta.

Luigi Crisponi (Riformatori) ha dichiarato voto a favore ed ha parlato di risposta convinta «contro l’arroganza governativa” e di “assenza del governo regionale».

Marco Tedde (Fi), ha dichiarato voto a favore ma ha sottolineato come non sia stato ancora chiarito «perché alcuni presidenti di Regione hanno impugnato i decreti del governo Renzi e non lo ha fatto il presidente della Sardegna che però oggi dice sì al referendum abrogativo».

Il capogruppo di Soberania e Indipendentzia, Emilio Usula, ha ribadito piena e convita adesione alla mozione e al referendum “anti-trivelle”: «Per i Rossomori oggi si fa un passo avanti verso la sardizzazione della politica che è poi il programma politico di Emilio Lussu».

Il capogruppo del Psd’Az, Angelo Carta, ha ribadito voto a favore ed ha affermato che «deve essere utilizzate tutta l’energia prodotta in superficie e per l’utilizzo del sottosuolo servono analisi ed esami approfonditi».

Il capogruppo di “Sovranità, Democrazia e lavoro, Roberto Desini, ha dichiarato voto favorevole ed ha espresso apprezzamento per il coinvolgimento delle comunità e delle popolazioni “su temi di così grande importanza”.

Il consigliere del Partito dei sardi, Piermario Manca, ha dichiarato voto a favore «per dire no alle trivellazioni e no allo “Sblocca Italia”». «Vogliamo un’ economia sostenibile e diciamo sì all’energia che già c’è: eolico, fotovoltaico e geotermica».

Il consigliere di Forza Italia, Ignazio Locci, ha dichiarato voto a favore ed ha però auspicato il varo di un “Sblocca Sardegna”.

Il consigliere dei Pd, Gavino Manca, in dissenso dal suo gruppo e dall’intera maggioranza, ha invece annuncia il voto contrario alle due mozioni pro referendum. «Siamo stati eletti – ha dichiarato il presidente della Seconda commissione – per assumerci le responsabilità che ci competono e giudico dunque del tutto inopportuno chiamare alle urne i cittadini su un tema sul quale la politica deve assumersi la responsabilità delle scelte e delle decisioni». A giudizio di Gavino Manca il governo avrebbe inoltre introdotto una salvaguardia per le competenze della Sardegna attraverso l’approvazione dell’articolo 43 bis del decreto “Sblocca Italia”. Manca ha quindi evidenziato l’attenzione che il governo nazionale mostra all’Isola ed ha sottolineato l’elevato livello di collaborazione con la Giunta regionale.

Il capogruppo di “Cristiano popolari socialisti”, Pierfranco Zanchetta, ha dichiarato voto a favore («ma il referendum è un salvarsi in corner» ed ha lamentato il permanere dei “proconsoli” romani nei parchi nazionali ad incominciare da quello dell’Arcipelago della Maddalena.

Il consigliere, Antonio Gaia (Cps) ha dichiarato voto favorevole ed ha auspicato una legge chiara in materia energica che dica no alle trivellazioni e all’energia inquinante e sì alla ricerca sulla rinnovabili.

Il presidente del Consiglio ha quindi posto in votazione la mozione n. 178 (Cocco Pietro e più) per il referendum contro parti del “Decreto Sviluppo” che è stata approvata con 53 voti favorevoli e uno contrario, così come è stato approvato l’ordine del giorno collegato che indica il presidente del Consiglio Ganau e il capogruppo Pittalis come delegati effettivi e supplenti.

Si è dunque proceduto con la votazione della mozione n. 179 (Cocco Pietro e più) per il referendum contro parti dello “Sblocca Italia” che è stata approvata con 53 voti favorevoli, così come l’ordine del giorno collegato che designa il presidente Ganau e il capogruppo Pittalis delegati effettivi e supplenti ai sensi delle norme nazionali che regolano le consultazioni referendarie.

Dopo lo scrutinio il Consiglio ha affrontato il punto successivo all’ordine del giorno, la mozione n.165 (Oppi e più) «sulla procedura di incorporazione nell’Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari del presidio ospedaliero SS. Annunziata e dei presidi ospedalieri Microcitemico e Oncologico Businco nell’azienda ospedaliera Brotzu», con richiesta di convocazione del Consiglio ai sensi dell’art. 54 del Regolamento.

Il presidente ha dato quindi la parola al primo firmatario della mozione, il consigliere Giorgio Oppi (Area popolare Sardegna) per illustrarne il contenuto.

Nel suo intervento, il consigliere Oppi ha affermato che, in realtà, «non c’era bisogno di una illustrazione accurata della mozione perché la Giunta il 30 giugno scorso ha fatto una delibera priva del necessario supporto normativo e forse in contrasto con la legge, esponendo la Regione a pagare il prezzo di certe decisioni scaricandone peraltro i costi sulla comunità regionale». «Il deficit normativo – ha detto ancora Oppi – nasce dal fatto che la stessa riforma sanitaria varata dalla maggioranza dispone l’avvio di processo adeguamento organizzativo delle Asl della Sardegna anche attraverso processi di incorporazione; quindi si parla chiaramente di avvio e non di realizzazione degli accorpamenti». «Anche perché – ha aggiunto il consigliere di Aps – la norma prevede in via preliminare l’approvazione di un piano di indirizzi globale e soprattutto del piano regionale sanitario che ha valore strategico e respiro triennale,  fissando priorità e obiettivi, compresa la definizione rete ospedaliera ed il numero dei posti letto». «Ma la Giunta – ha affermato criticamente l’esponente dell’Aps – ha proceduto in modo arbitrario; nel caso di Sassari, peraltro, va ricordato che i rapporti debbano Regione-Università debbano essere disciplinati da appositi protocolli di intesa, un protocollo che però manca». Il consigliere Oppi poi ha esaminato in dettaglio la situazione di molte realtà della sanità sarda, ribadendo però la sua convinzione che tutti gli atti fin qui compiuti della Giunta potrebbero essere annullati per illegittimità. Nel frattempo, «la situazione della sanità sarda non è affatto migliorata, anzi, per molti aspetti è di gran lunga peggiorata».

La consigliera Alessandra Zedda (Forza Italia) ha affermato che quello della sanità «è un problema con complessi aspetti giuridici ma di grande significato politico e sociale, un problema che la Giunta ha creduto di risolvere annunciando di aver fatto una riforma sanitaria in pochi mesi ma, al netto delle difficoltà, ancora non ci sono risultati fatta eccezione per commissari prorogati». «Non si capisce in particolare – ha aggiunto Zedda-  quale idea di eccellenza abbia il governo regionale perché nel sistema sanitario esistono differenze profonde; condividiamo i processi di incorporazione ma non vediamo né prospettive di eccellenza né riduzione dei costi, anzi la spesa sanitaria è aumentata». «In realtà – ha sostenuto – a parte questi grandi progetti poi ci si perde nelle piccole, con ordinari disservizi ai quali giustamente i cittadini non vogliono e non devono abituarsi».

Il consigliere Gianni Tatti (Aps) ha definito «opportuno» che l’argomento sia arrivato in Consiglio, rimarcando però che «i temi della sanità dovevano essere discussi in sede di nuovo piano sanitario regionale anziché procedere con eccessiva fretta, quasi usando i cittadini sardi come cavie». «Prima di ogni accorpamento – ha precisato Tatti – sarebbe stato meglio pensare alla tutela della salute invece si stanno distruggendo alcune cose buone della sanità sarda, come ad esempio la desertificazione della piana di Arborea priva del servizio di emergenza 118». «Razionalizzare insomma va bene – ha aggiunto Tatti, «ma tagliando gli sprechi e non bloccando ad esempio l’attività di alcuni laboratori dell’Oristanese senza nemmeno sostituire, e parlo di me stesso ricordando che è la prima volta nella storia del Consiglio regionale, un tecnico di laboratorio in mandato amministrativo». Il sistema in definitiva, ha concluso il consigliere, «non riesce a dare risposte ai cittadini e penso che i sindaci forse non hanno nemmeno visto né tantomeno ad approvato la delibera di riordino».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha parlato di accorpamento a due velocità a Cagliari e Sassari «dove si è applicata in maniera diversa la stessa norma, forse per opera dei manager sassaresi che hanno voluto vederci più chiaro; non condividiamo poi quella sorta percorso parallelo che si è voluto impostare fra accorpamento e riordino rete, perché il sistema doveva essere governato e cambiato come qualcosa di unico se si voleva porre attenzione all’offerta sanitaria». «La conseguenza pratica di queste scelte – ha proseguito Locci – è un continuo corto-circuito fra strutture della periferia e delle aree urbane, mentre cittadini ed operatori sanitari percepiscono la scomparsa di riferimenti da un giorno all’altro in un contesto in cui cresce ogni giorno di più un grave vuoto di governance; è invece necessario chiarire una volta per tutte il futuro del sistema sanitario regionale che per adesso è cambiato addirittura in peggio».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha osservato che «è giusto che il Consiglio si occupi di quanto sta accadendo nella sanità sarda perché la riforma è oggettivamente complessa e tocca un diritto essenziale dei cittadini ed in realtà c’è l’impegno personale dell’assessore ma i risultati sono insufficienti». Tutto parte, secondo Tedde, «dalle direttive che impedivano ai direttori generali di compiere atti di alta amministrazione, poi è arrivata la legge 23 che ha parlato di riforma senza farla mettendo al posto dei direttori i commissari, prorogati più volte persino con legge fino a dicembre, i quali a loro volta hanno nominato direttori amministrativi e sanitari». «Sarà anche per questo – ha ironizzato il consigliere – che alcuni esponenti della maggioranza chiedono le dimissioni dell’assessore un giorno sì e l’altro pure; la riorganizzazione, peraltro, non è una scelta obbligata per le Regioni che si pagano la sanità (lo dice la legge) ed il vero problema della sanità sarda è che si sta cercando di fare la riforma senza ascoltare e rappresentare i territori, a dimostrazione del fatto che una vera riforma doveva essere fatta dopo quella degli enti locali».

Al termine dell’ultimo intervento dei consiglieri, il presidente Ganau ha dato la parola alla Giunta.

L’assessore alla Sanità Luigi Arru ha chiarito che «è la legge 23 a dettare le disposizioni in merito all’adeguamento organizzativo delle Asl e all’avvio del processo di riforma dell’assetto istituzionale».

Luigi Arru ha spiegato che la norma impone di adeguare il riordino delle ASL alla riforma del sistema degli enti locali, mentre l’accorpamento dei presidi ospedalieri non è invece condizionato da altre norme. «La legge regionale 23 dà mandato alla Giunta di approvare con delibera le linee di indirizzo per il trasferimento dei presidi ospedalieri dalle ASL alle Aziende ospedaliere interessate – ha affermato l’assessore – la Giunta riceve una delega, non serve una norma successiva per la conclusione del processo di incorporazione». Arru ha quindi chiarito che la Giunta ha dato mandato ai Commissari delle Asl di predisporre il piano di incorporazione dei presidi ospedalieri Businco e Microcitemico dalla Asl 8 al Brotzu. «Per l’incorporazione del SS. Annunziata di Sassari alla AOU sarà invece necessario un aggiornamento del protocollo d’intesa attualmente in vigore tra Regione ed Università».

In riferimento alla contestazione avanzata dai firmatari sulla necessità di un provvedimento ministeriale che preceda il processo di incorporazione, l’assessore Arru ha spiegato che i criteri per il riconoscimento degli ospedali di interesse nazionale sono contenuti nel Decreto legislativo n.502 del 1992: «In base a questa norma il riconoscimento si è già perfezionato per l’ospedale “San Michele”. La legge regionale 23 dispone che solo a seguito dell’incorporazione del Microcitemico e del Businco, la Regione potrà avviare un piano di valorizzazione e sviluppo delle attività assistenziali e di ricerca, in modo da favorire il riconoscimento quale Istituto di ricovero e cura di carattere scientifico (IRCCS). Solo dopo la verifica dei requisiti saranno formulate le proposte al Ministero competente».

Chiariti gli aspetti tecnici, l’assessore ha voluto rispondere agli altri rilievi avanzati dai presentatori della mozione. «Quando sento parlare di eccellenza ho difficoltà a capire – ha detto Arru – siamo l’ultima regione in Italia per l’uso degli ospedali, non abbiano saputo creare una legge territoriale».

L’esponente della Giunta Pigliaru ha poi sottolineato la necessità di dotare il sistema sanitario di alte specializzazioni: «Noi vogliamo fare tutto, ma le basse casistiche comportano un forte rischio per il paziente. L’eccellenza si dichiara attraverso un riconoscimento scientifico e non con un atto amministrativo».

Arru ha poi parlato dell’Areus («è il tentativo di dare risposte all’emergenza-urgenza») e dell’elisoccorso («vogliamo dare una risposta appropriata per le patologie che lo richiedono»).

Sui trapianti ha assicurato che la Giunta lavora a un potenziamento dei presidi mentre sui Rems ha difeso con determinazione l’operato del suo assessorato: «Siamo arrivati in ritardo ma abbiamo elaborato un modello da seguire. Emilia e Toscana sono venute in Sardegna a vedere ciò che abbiamo realizzato».

Sulla spesa farmaceutica, infine, l’assessore ha garantito l’impegno per un sistema di controlli della spesa ospedaliera.

«Ascoltiamo tutti i suggerimenti e mostriamo attenzione per le osservazioni ma vogliamo dare un messaggio chiaro ai sardi – ha concluso Arru – non si può avere tutto e tutto sotto casa.»

Il presidente Ganau ha quindi dato la parola al consigliere Oppi per la replica.

«Abbiamo una visione diversa ma apprezzo le sue osservazioni – ha detto il primo firmatario della mozione – prendo atto che il protocollo di Sassari non è stato ancora rinnovato».

Sui trapianti, Oppi ha ricordato lo sforzo fatto da Sassari e Nuoro per le donazioni: «I trapianti però sono diminuiti: mettiamo a rischio 300 persone per risparmiare due lire». Il consigliere di Aps ha poi segnalato alcuni sprechi nella spesa farmaceutica («In Gallura la Asl comprava direttamente in farmacia, a un costo raddoppiato, i farmaci per un paziente emofiliaco») e contestato i risultati del processo di razionalizzazione che «non ha portato nessun beneficio».

Sull’elisoccorso, Oppi ha ricordato le difficoltà affrontate da assessore per l’istituzione del servizio. «E’ un campo delicato e pericoloso – ha sottolineato – c’è il rischio di incorrere in procedimenti penali, per questo in passato ci siamo affidati ai Vigili del Fuoco. Impegniamoci a trovare una soluzione».

Salvatore Demontis (Pd), dopo aver annunciato il suo voto contrario alla mozione, ha espresso apprezzamento per il lavoro portato avanti dal’assessore Arru. «Il clima che si sta creando è quello che si crea quando l’interesse collettivo lede un interesse di parte – ha detto Demontis – il riordino della rete ospedaliera è lo stralcio del piano sanitario che il centrodestra non ha fatto. Sarà calato nella riforma degli enti locali, poi saranno definite le ASL. Non si può chiedere a questa maggioranza di dare le risposte che non sono state date nei cinque anni precedenti».

Per Alessandra Zedda (Forza Italia) se si vuole arrivare alle eccellenze non si può prescindere da alcuni concetti. «La salute pubblica deve essere tutelata. Il sistema sanitario deve dare servizi anche a chi è più lontano».

Luigi Crisponi (Riformatori) ha esaltato il ruolo svolto quest’estate dal servizio di Elisoccorso ad Alghero. «Sono state salvate molte vite umane. Il rischio adesso è che con il bando per l’apertura di due sedi si facciano avanti i soliti signori che vogliono approfittare delle risorse pubbliche. Meglio chiedere la collaborazione ai Vigili del fuoco».

Secondo Michele Cossa (Riformatori) «la spesa sanitaria è aumentata con i Commissari. L’accorpamento dei presidi ospedalieri sta avvenendo in modo singolare, stiamo sommando tre entità che continuano ad agire in modo separato. Bene ha fatto Oppi a presentare la mozione».

Rossella Pinna (Pd) ha invece annunciato il suo voto contrario definendo la mozione n.165 “un cavallo di Troia”. Secondo il consigliere del Pd «si pone una questione giuridica per aprire un dibattito politico. Nel giudizio si è andati fuori tema».

Stesso giudizio da parte di Luigi Lotto (Pd) che ha invitato l’assessore e la Giunta ad andare avanti con le riforme. «Quello che si sta facendo a Sassari è di grande rilevanza, è una scelta di fondo enorme, l’assessore va incoraggiato perché concluda il suo lavoro».

Voto contrario anche da parte del gruppo “Sovranità, Democrazia e Lavoro”. Il capogruppo Roberto Desini ha elogiato l’opera della Giunta: «Non si può non dare atto alla maggioranza che con la legge 23 si sia avviato un processo di riforma del sistema sanitario. Non si può tornare indietro, serve un atto di maturità della classe politica, degli operatori sanitari e dei sindacati. Inammissibili le battaglie per conservare lo status quo».

Attilio Dedoni (Riformatori) ha invece segnalato la decisione del Governo di cancellare 180 prestazioni diagnostiche. «Noi che ci paghiamo la sanità, cosa vogliamo fare? – ha chiesto Dedoni – non possiamo permetterci il lusso, in un momento di crisi, di dire ai sardi che dovranno rinunciare agli accertamenti in nome delle razionalizzazione. Se non facciamo questo non riusciremo mai a costruire qualcosa di positivo per la Sardegna».

Chiusa la discussione, il presidente Ganau ha messo in votazione la mozione n.165 che è stata respinta con 33 voti contrari e 20 a favore.

L’Aula è quindi passata al terzo punto all’ordine del giorno: l’integrazione dell’Ufficio di Presidenza, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento, con la nomina di tre nuovi segretari appartenenti ai gruppi politici non rappresentati al suo interno.

Il presidente Ganau ha aperto le procedure per la votazione a scrutinio segreto. Al termine delle operazioni di voto sono risultati eletti Gianni Lampis (Gruppo Misto) Antonio Gaia (Cristiano Popolari-Socialisti) e Marcello Orrù (Psd’Az).

Il presidente ha quindi dichiarato chiusa la seduta.

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Palazzo del Consiglio regionale 2014 2 copia

Si è svolto oggi, in Consiglio regionale, il dibattito sulla situazione della scuola in Sardegna, previsto dall’articolo 120 del Regolamento.
La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con le dichiarazioni della Giunta regionale sulla situazione della scuola in Sardegna, ai sensi dell’art. 120 del Regolamento. Il presidente ha quindi dato la parola all’assessore della Pubblica istruzione Claudia Firino.
Nel suo intervento, l’assessore ha definito molto positivo il dibattito in Aula «su un tema che caratterizza l’azione della Giunta e la sua idea di scuola sarda, con approccio organico e strutturale ed azioni concrete, non ultima quella a favore dei docenti dopo la recente riforma nazionale; la situazione è stata esaminata col ministro Giannini, cui è stato posto con fermezza sia il problema dell’insularità che quello legato ad un contesto più ampio riguardante gli organici attuali e nella prospettiva dell’anno scolastico 2016-2017». «Per quanto riguarda gli effetti reali della riforma nazionale sulla Sardegna – ha proseguito la Firino – le cifre sulla mobilità dei docenti sardi si sono molto ridimensionate, in parte per effetto degli accorgimenti adottati dal ministero e in parte per la pressione della Regione; le domande presentate sono state 1741 con 285 proposta di nomina di cui 89 fuori provincia e soltanto 10 fuori dalla Regione». «Resta il fatto – ha sostenuto poi la Firino – che la proporzione fra il numero dei docenti e del personale tecnico amministrativo ed il numero degli studenti è un metodo non adatto per la Sardegna, dove c’è una dispersione passata dal 23% del 2008 al 28% del 2015, oltre alla difficoltà di apprendimento per alcune materie; sono dati importanti per definire un fabbisogno formativo che non sia frutto di un ragionamento in termini quantitativi».

L’assessore si è quindi soffermata sul significato dei provvedimenti della Giunta adottati in questi mesi: dall’aumento dei fondi per diritto allo studio per le medie e superiori alle risorse per le borse di studio, dai fondi per il trasporto e l’assistenza ai disabili, all’attenzione per le scuole dell’infanzia, al contributo per le autonomie didattiche, nel quadro di una programmazione unitaria di risorse regionali e statali nel ciclo 2014-2020 fortemente orientata al potenziamento dell’istruzione.

«Questa programmazione – ha spiegato la Firino – si articola in 3 fasi principali: interventi sulle infrastrutture e su edifici che per la maggior parte risalgono agli anni ’70, di cui 13 milioni nel 2014 solo per le urgenze, oltre alla sistemazione dei fabbricati vecchi ed alla realizzazione di nuove scuole per 130 ml nel 2015; a queste misure si sommano quelle per il trasporto scolastico ed il rinnovo (dopo 30 anni) del parco scuolabus con l’acquisto di 70 nuovi mezzi, se per la didattica attraverso il programma Iscola (miglioramento competenze di base degli studenti con docenti in più, scuole aperte con più offerta formativa e laboratori tematici, percorsi di inclusione individuali e collettivi dei bambini e dei ragazzi in difficoltà)». «Sono tutte azioni strutturali – ha concluso l’assessore – sorrette da un forte impianto di analisi frutto di dialogo col mondo della scuola, per la realizzazione di progetto organico che offrirà ai Sardi una scuola migliore».
Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha ricolto ironicamente i complimenti all’assessore «che ha trasformato con buoni propositi e fondi inesistenti o già esistenti una pessima legge in una buona legge, mentre la posizione del presidente Pigliaru sulla scuola è al limite dell’imbarazzante perché non ha difeso specialità della Regione, come ha detto anche un deputato di Sel come Michele Piras, dello stesso partito dell’assessore Firino». «Il problema della scuola – ha detto ancora Tedde – rilancia la centralità dei rapporti fra Stato e Regione che il presidente ha sempre gestito in modo insufficiente, come dimostrato dalla mancata impugnazione con la motivazione che nella stessa ci sarebbero parti buone; può anche darsi, ma allora bisognava impugnare le cattive, visto che sulla materia ci sono competenza concorrente e competenze da rivendicare, come hanno fatto la Puglia guidata dal Pd ed il Veneto». «Credo proprio – ha immaginato Tedde – che della materia si occuperà a fondo la Corte costituzionale perché la norma è da un lato troppo vaga e poi contraria al principio costituzionale che richiede confini chiari sugli ambiti dello Stato e della Regione; in realtà siamo di fronte ad una legge che mette in pericolo la libertà di insegnamento ed introduce grandi differenze di trattamento fra docenti, ottime ragioni per impegnare la legge; altre Regioni, infatti, ne hanno discusso, mentre la Sardegna lo fa a babbo morto». In definitiva, ha concluso il vice capogruppo di Forza Italia, «se c’è da difendere le prerogative della Regione il presidente si deve muovere se davvero vuole rappresentare un popolo; forse non si vuole disturbare il manovratore ma è un atteggiamento sbagliato e dannoso per la scuola e per la Sardegna».
Il consigliere Marcello Orrù (Psd’Az), nell’auspicare un dibattito ampiamente partecipato, ha ricordato il momento in cui Papa Francesco ha salutato gli insegnanti sardi auspicando che le leggi tengano conto delle esigenze delle famiglie e dei docenti e riconoscendo le buone ragioni degli insegnanti sardi. «Altre Regioni – ha affermato – hanno impugnato la legge a cominciare dalla Puglia governata dal Pd e, mentre accadeva tutto questo, la Sardegna faceva scadere i termini per il ricorso alla corte costituzionale». La legge Renzi-Giannini, a giudizio di Orrù, «è una legge pessima che ha causato pesanti disagi a molti docenti sardi innescando fra l’altro un meccanismo perverso per la scelta della destinazione ed ignora i disagi l’insularità; non averla impugnata è perciò un segno di debolezza politica della Giunta succube al Governo Renzi, senza dimenticare la gravità dell’introduzione dell’insegnamento gender che cancella ogni differenza con progetti deviati senza alcuna autorizzazione delle famiglie su argomenti di grande delicatezza, i dirigenti scolastici con le mani legati per intervenire sul fabbisogno di personale, dato che la legge di stabilità taglia i fondi sia per le supplenze che per i bidelli, non aver fatto niente significa che la Giunta si è calata le braghe davanti ad un governo arrogante che calpesta i diritti dei sardi».
Ha quindi preso la parola il consigliere di Sinistra Sarda Alessandro Unali che ha sottolineato l’esigenza di restituire centralità al sistema scolastico pubblico. «E’ necessario potenziare la formazione professionale e i programmi di alta formazione – ha detto Unali – serve una proposta di legge organica sulla pubblica istruzione che metta ordine all’attuale confusione legislativa».
Unali ha poi parlato dei dati sulla dispersione scolastica: «E’ un fenomeno  drammatico che colpisce in particolar modo le aree più emarginate dell’Isola – ha affermato l’esponente della maggioranza – per contrastarlo è necessario portare a sistema le azioni progettuali che la Giunta ha messo in campo». Al termine del suo intervento, Unali ha invitato l’esecutivo a difendere la specificità sarda «della quale la riforma Renzi non ha tenuto conto».
Paolo Zedda (Rossomori) ha esordito ricordando il clima di tensione che si respira in questi giorni in Sardegna intorno alla scuola. «Ci troviamo ad affrontare la questione mentre sotto il palazzo un comitato di precari manifesta la sua contrarietà alla legge 107, un altro comitato delle scuole paritarie dell’infanzia ha iniziato lo sciopero della fame per contestare il ritardo nel trasferimento dei fondi regionali che mette a rischio le lezioni».
Paolo Zedda si è detto orgoglioso di essere rappresentato da un Presidente e da una Giunta che hanno individuato nella scuola la priorità del loro programma. «L’investimento sull’istruzione è la miglior cosa che si può fare per il futuro dei nostri figli – ha rimarcato Zedda – la situazione della scuola sarda è degenerata negli ultimi 20 anni. Siamo la Regione italiana con la percentuale più bassa di laureati, appena  il 13%, contro il 29% della media europea. La Sardegna è al 265° posto su 269 delle regioni europee con il tasso più basso di scolarizzazione, da noi uno studente su 4 non conclude le scuole superiori».
Il consigliere sovranista ha quindi definito “catastrofica” la situazione della Sardegna auspicando un’inversione di rotta che faccia perno sulla specificità dell’Isola. «La legge 107 presenta diverse criticità per la nostra Regione. Ancora non si conoscono numeri e progetti della riforma nazionale, il 57% dei docenti sardi ha per ora rinunciato al passaggio di ruolo preferendo una supplenza pur di stare in Sardegna.
Non sono previsti interventi a favore delle minoranze linguistiche. E’ una prerogativa sfruttata da Valle d’Aosta e dalle province di Trento e Bolzano. Questo si poteva fare e non lo si è fatto. La carta della lingua poteva essere sfruttata per impedire il trasferimento dei docenti sardi. Chiediamo che la Giunta tenga conto delle esigenze dei lavoratori – ha concluso Zedda – si lavori ad una legge di sistema per il diritto allo studio».
Di clima  surreale ha invece parlato Christian Solinas (Psd’Az). «Mentre lei tratteggiava la situazione della scuola sarda – ha detto rivolgendosi all’assessore alla Pubblica Istruzione – mi ritornavano in mente i flash mob dei precari in aeroporto, le manifestazioni sotto il Consiglio regionale, le proteste dei sindaci, il ritardo nell’erogazione dei fondi per la mobilità degli studenti».
Secondo Solinas, la scuola non è un problema di maggioranza e opposizione ma della politica intera. «La gente non riconoscerà più la politica come quel soggetto che difende gli interessi del popolo – ha detto l’esponente sardista – la Giunta doveva presentare un ricorso contro la Riforma Renzi. I ricorsi non sono contro il governo amico ma un atto di difesa del popolo. La Puglia ha fatto ricorso e non è una Regione a statuto speciale.
Christian Solinas ha poi ricordato di aver proposto iniziative in difesa delle minoranze linguistiche. «Questo argomento sembra però non interessare la Giunta, viene considerata una questione non culturalmente adatta. E’ invece una battaglia fondamentale».
Rivolgendosi poi ai consiglieri sovranisti e indipendentisti, Solinas ha invitato i colleghi a marcare la loro presenza all’interno della maggioranza riaffermando le ragioni dell’identità e della specificità sarda. «La Giunta decanta gli effetti benefici della riforma sulla “Buona Scuola”, siamo difensori non richiesti di un provvedimento che non va bene. Se il 57% dei docenti non ha fatto domanda per il passaggio in ruolo significa qualcosa. Mi auguro  – ha concluso Solinas – che l’Aula capisca che non si può liquidare l’argomento con questo dibattito. Occorre che la Giunta riprenda in mano la questione. Si trovi una soluzione altrimenti sarà una sconfitta per tutti».
Antonio Solinas (Pd) si è detto d’accordo con la decisione della Giunta di privilegiare l’interlocuzione con il Governo anziché procedere all’impugnazione della Riforma Renzi.
«Il sistema scolastico regionale non è oggi in grado di formare i ragazzi per la sfida alla globalizzazione e non dà risposte alle famiglie – ha detto Solinas – i dati sulla dispersione scolastica sono drammatici. Il progetto “Iscola” è importante sotto questo punto di vista: la filosofia non è dare fondi per riparare una scuola, ma pensare a progetti territoriali, introdurre la banda larga, favorire l’insegnamento dell’inglese, aprire le scuole nel pomeriggio, promuovere l’innovazione tecnologica e  l’aggiornamento degli insegnanti. Un progetto che dà pari opportunità ai meno abbienti con contributi per l’acquisto di libri di testo».
Il consigliere del Pd ha quindi invocato una norma che faccia valere le prerogative della Sardegna: «L’idea è quella di una scuola accogliente ed inclusiva, tagliata sulla specificità sarda. Occorre rafforzare identità e senso di appartenenza, esaltare l’interculturalità. La scuola deve diventare patrimonio di tutti».
Solinas ha poi auspicato un rafforzamento della concertazione sul piano di dimensionamento scolastico. «La riduzione delle pluriclassi è importante, ma le scelte fatte sulle autonomie non rispecchiano la realtà sarda. Alcune decisioni vanno riviste ascoltando amministrazioni e dirigenti scolastici. L’obiettivo di tutti è ridurre la dispersione scolastica e costruire una scuola migliore».
Alessandra Zedda (Forza Italia) ha contestato la decisione della Giunta di non impugnare la legge sulla “Buona Scuola”. «L’art. 5 dello Statuto permetteva di far valere le ragioni della specificità sarda, voi non lo avete utilizzato – ha attaccato Zedda – altrimenti non saremmo qui a discuterne e non ci sarebbero state le manifestazioni di protesta. Se vi abbiamo chiesto di impugnare la legge è perché la scuola sarda è quella più in difficoltà in Italia».
La consigliera azzurra ha poi ricordato il dramma dei docenti sardi costretti a trasferirsi in altre regioni d’Italia: «In molti hanno rinunciato ad entrare in ruolo, quest’anno avranno delle supplenze ma il problema si riproporrà nel 2016 . In Sardegna intanto le scuole attendono ancora i pullmini per il trasporto degli studenti».
Alessandra Zedda, al termine del suo intervento, ha invitato l’esecutivo ad un’azione più decisa nei confronti del Governo: «Dobbiamo pretendere ciò che spetta alla Sardegna. Ciò che stiamo facendo con i fondi comunitari è una nostra capacità, Non c’entra nulla con quello che il Governo ci deve. Nemmeno un nostro docente deve andare fuori se ci sono i posti sufficienti in Sardegna. La Giunta continua a fare proclami e annunci. Abbiamo aperto la legislatura parlando di Iscola ed edilizia scolastica. Finora non è stato fatto nulla».
Il consigliere di Sel, Francesco Agus, ha dichiarato in apertura del suo intervento «di non considerarsi un sostenitore dell’attuale figura del preside» spiegando inoltre di «non ritenere che i presidi possano svolgere con efficacia il ruolo assegnato dalla nuova legge». Agus ha però sottolineato che la riforma del governo «avvia il percorso di stabilizzazione dando seguito alle diverse sentenze della Corte di giustizia europea». Il presidente della commissione Autonomia ha ricordato l’elevato livello di precariato in Sardegna definendolo una situazione “fuori controllo” su cui è bene – così ha affermato l’esponente della maggioranza – tirare una linea e risolvere il problema». «Superare il precariato a scuola – ha dichiarato Agus – deve essere una volontà improcrastinabile sia per i diritti degli insegnanti che per quelli degli studenti». Il consigliere di Sel ha quindi spiegato che il tema della discussione resta l’applicazione delle legge 107 alla realtà sarda ed ha ricordato che per l’anno in corso solo grazie all’interlocuzione della giunta il problema è stato limitato: «Ma dobbiamo fare in modo che in futuro si evitino i disagi per i docenti sardi e siano ricosciute le nostre specificità».
«Con l’applicazione della legge di riforma – ha aggiunto Agus – saranno dieci i docenti a lasciare l’isola per trovare un lavoro stabile e dobbiamo agire su più fronti per scongiurare il ripetersi dei problemi». L’esponente di Sel ha invitato alla “responsabilità” ed ha auspicato la messa al bando della politica degli annunci. «Serve, invece, pressione politica anche per via parlamentare – ha proseguito il consigliere del centrosinistra – perché siano riconosciuti i disagi patiti dai docenti sardi e riconosciute le pecularietà della realtà sarda». Agus ha concluso rimarcando la necessità di una nuova legge regionale sull’istruzione che “ragioni sull’organico” e introduca nei programmi lingua, storia e cultura.
Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa, ha riconosciuto l’opportunità di una riflessione approfondita sul tema dell’istruzione ed ha definito la scuola “il tema strategico”. «Affrontiamo oggi solo un pezzo del problema – ha proseguito l’esponente della minoranza – che sembra mostrarci un mondo alla rovescia: la sinistra che ha sempre considerato la scuola come parte della soluzione della disoccupazione oggi, infatti, adotta meccanismi di reclutamento brutali, tipici “da padrone delle ferriere”. Cossa ha quindi criticato la decisione della Giunta regionale di non impugnare la riforma “nonostante molte altre regioni governate dal centrosinistra abbiano proceduto in tal senso».
In merito alle discusse graduatorie della “Buona scuola” il consigliere dei Riformatori ha evidenziato che «sarebbe bastato attivare le graduatorie nazionali solo in ultima istanza, partendo invece dalle graduatorie su base provinciale». Michele Cossa ha inoltre evidenziato il dato che il «57.5% dei docenti sardi non ha fatto richiesta di assunzione e che appare grave dunque l’atteggiamento di sufficienza mostrato in proposito dal governo e anche da alcuni colleghi del Consiglio». Il consigliere della minoranza ha parlato di «eccessiva accondiscendenza da parte della Giunta» e di un “atteggiamento bifronte” da parte del partito di Sel. Michele Cossa ha rimarcato l’urgenza di una nuova legge regionale sull’istruzione ma ha precisato: «Bene storia e lingua sarda ma ciò che è più importante garantire ai sardi l’ingresso nei circuiti che oggi gli sono negati e che fa sì che oggi tanti sardi cerchino altrove e al di fuori dell’isola le occasioni di lavoro». Nella parte conclusiva del suo intervento, l’esponente dei Riformatori ha definito “un’inezia” le cifre stanziate per la sicurezza nelle scuole sarde («tante sono inagibili» ed ha affermato che si è dinanzi ad “un’autentica emergenza”. Cossa ha concluso con un riferimento alla situazione di difficoltà che attraversano le scuole dell’infanzia paritarie: «Sono in attesa dei che la Regione versi i contributi dovuti per il 2013 e il 2014 e nel frattempo danno lavoro a circa 2.000 persone e offrono servizi importanti a tanti sardi coprendo, in alcuni casi e in molti centri, le tante carenze delle scuola pubblica».
Il consigliere del Partito dei sardi, Gianfranco Congiu ha rivolto pesanti critiche verso l’operato dell’ufficio scolastico regionale «per non aver tenuto conto, nell’applicazione della riforma “Buona scuola”, delle difficoltà della Sardegna nonostante le indicazioni fornite in proposito dalla Regione». «L’ufficio scolastico regionale – ha proseguito l’esponente della maggioranza – non ha proceduto con la richiesta delle consentite deroghe delle legge 107». «Tutte le altre Regioni – ha proseguito Congiu – hanno chiesto le deroghe, tranne l’ufficio scolastico regionale della Sardegna». Il consigliere Pds ha quindi parlato di “scuole smantellate” per effetto delle “scelte al risparmio” adottate dall’ufficio scolastico regionale: a Sindia come a  Fonni e a Macomer come a Laconi. «Chiediamo che il Consiglio regionale censuri l’operato dell’ ufficio scolastico regionale ed auspichiamo un confronto tra Giunta e governo per la formalizzazione delle deroghe a favore della Sardegna o rivolgere l’invito per compensare le criticità segnalate, nelle diverse fasi di applicazione della riforma della scuola».
«Riappropriamoci delle nostre competenze legislative – ha concluso Congiu – e ripudiamo suggestioni proconsolari di romana derivazione».
Il consigliere Oscar Cherchi (Fi) ha criticato duramente la decisione del presidente e della Giunta di non ricorrere contro la riforma “Buona scuola” del governo Renzi. «Troppo spesso – ha ammonito il consigliere della minoranza – la Giunta ha dimenticato il significato della specificità della nostra isola». Oscar Cherchi ha quindi ricordato alcuni criticità del sistema sardo ad incominciare da quelli che riguardano «gli elementi di debolezza dei sistemi locali, dei livelli di infrastrutturazione e dei trasporti».
Il consigliere di Fi ha quindi affermato che il consigliere di Sel, Francesco Agus, avrebbe mostrato sulla riforma, nel corso del suo intervento, un’idea diversa rispetto a quella che il suo partito avrebbe nel Parlamento a Roma. «Agus – ha detto Cherchi – giustifica e difende la legge 107 ipotizzandone vantaggi nel futuro mentre invece la norma non tutela la scuola sarda ed è questo un problema prettamente politico». Cherchi ha concluso dichiarando di attendere dal presidente della Giunta e dall’assessore della Pubblica istruzione sulla base di quali motivazioni la Regione sarda non abbia presentato ricorso alla Corte costituzionale contro la riforma Buona scuola.
La consigliera Rossella Pinna (Pd) ha contestato in apertura le affermazioni dell’on. Orrù secondo il quale i governi Pigliaru e Renzi hanno ucciso la scuola. In realtà, ha sostenuto, «sono stati i diversi governi Berlusconi a fare a fettine il mondo della scuola, tagliando 8 miliardi e 100.000 posti e dando vita alle classi pollaio; al contrario, il governo Renzi ha invertito la tendenza perché ha finalmente scelto di investire sulla scuola con una scelta coraggiosa e di cambiamento, aggredendo il vero e proprio deficit di conoscenza dell’Italia rispetto all’Europa, con la Sardegna che registra dati ulteriormente negative». Prima di tutto, secondo l’esponente del Pd, «dobbiamo rivendicare il diritto al sapere dei ragazzi, ad una scuola con nuovi strumenti in grado di aprire nuovi scenari, intervenendo in un mondo dove il personale è spesso stanco, demotivato e mal pagato nonostante molti buoni esempi; nella riforma ci sono fondi per premiare il merito ed incentivare l’arricchimento culturale dei docenti, ci sono anche risorse importanti per l’edilizia ma, soprattutto, ci sono 100.00 docenti immessi in ruolo mettendo fine alla reiterazione del precariato e creando le condizioni per prevenire e contrastare dispersione ed abbandono scolastico». Quanto al nuovo ruolo dei dirigenti che qualcuno ha definito sceriffi, la consigliera Pinna ha osservato che «saranno valutati come gli altri dirigenti della pubblica amministrazione ed affiancati dal collegio docenti nella predisposizione del  piano dell’offerta formativa e, rispetto al ruolo della Regione, sarà importante una presenza incisiva nella conferenza unificata e nella stessa commissione cultura del Consiglio per la definizione degli ambiti territoriali e degli accordi di rete fra scuole, puntando sulla semplificazione degli adempimenti amministrativi e sul piano dell’edilizia scolastica».
Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) è partito dal dato comune sul ruolo strategico della scuola nella società dove devono esserci opportunità per tutti, per affermare che «la Giunta non ha mostrato un’idea di scuola vincente per la Sardegna, perché alle parole (a parte i soliti spot) non sono seguiti i fatti ed oggi tutti vediamo cosa accade nelle nostre scuole dove manca spesso la carta ed il sapone». Dopo aver lamentato la scarsa attenzione dell’Esecutivo per le scuole paritarie, «che non sono le scuole dei bambini ricchi ma strutture che coprono le lacune del settore pubblico», Truzzu ha messo in luce che «si sta ripetendo la logica delle occasioni perse facendo discussioni a babbo morto mentre la Sardegna avrebbe bisogno di altro, perché non è in discussione la buona scuola ma cosa fare per realizzare l’autonomia della scuola sarda». Un consigliere di maggioranza come Paolo Zedda, ha ricordato ancora Paolo Truzzu, «ha parlato di quanto si poteva fare e non si è fatto; è la certificazione del fallimento, un fallimento politico frutto di una leale collaborazione con lo Stato che, finora, ha solo danneggiato la Sardegna».
Il consigliere Luca Pizzuto (Sel) ha auspicato che si metta ordine nella discussione dove a suo avviso si sta assistendo al solito gioco delle parti. Non condivido la legge e non amo Renzi, ha dichiarato, «con buona pace del consigliere Manca, pur ammettendo che le stabilizzazioni sono un risultato importante anche se bisogna fare di più perché la legge in Sardegna va applicata e sotto questo aspetto l’impugnazione ha un percorso lungo che avrebbe dato garanzie immediate ai docenti sardi mentre è vero che, in questa prima fase, i lavoratori sardi rimangono in Sardegna». Riferendosi alle posizioni critiche verso la maggioranza espresse dal deputato Michele Piras, Pizzuto ha risposto confermando la sua vicinanza al presidente Pigliaru ed il suo dissenso dalle idee di Piras ricordando inoltre che «la legge è stata approvata a livello nazionale anche da alcuni che ora la contestano; come Consiglio regionale, piuttosto, dobbiamo esprimere con un ordine del giorno sia la volontà di recuperare i rapporti con modo sindacale che quella di stabilizzare la posizione dei docenti sardi in Sardegna». Riferendosi alla situazione dei lavoratori della scuola privata, Luca Pizzuto ha ammesso che si tratta di un errore cui occorre rimediare purchè, ha avvertito, «ci si ricordi che in passato ci sono state le riforme Moratti e Gelmini che hanno prodotto dispersione di cui oggi ci lamentiamo, mentre l’attuale maggioranza ha finanziato il trasporto pubblico scolastico, ripristinato i contributi e aumentato gli importi delle borse di studio; dobbiamo ora concentrare tutti i nostri sforzi per governare le fasi successive della riforma, perché insularità pesa come svantaggio ma pensando ad un siciliano che va in val d’Aosta, dobbiamo renderci conto della necessità di un nuovo sistema che va reso accettabile e ragionevole».
Il consigliere Gavino Manca (Pd) ha parlato della scuola come argomento di grande spessore che da sempre suscita con grandi contrapposizioni, ricordando poi che la riforma della buona scuola non è la prima che cerca di cambiare le cose ma ha contenuti importanti e guarda alla competitività del sistema Paese, a differenza di riforme precedenti che non hanno funzionato lasciando l’Italia nelle ultime posizioni in Europa. C’era quindi bisogno di una riforma nuova e coraggiosa, ha aggiunto Manca, «per superare la lunga fase del precariato introducendo valutazione e meritocrazia e superando la vecchia paura del nuovo ed i fatti concreti: 1 miliardo di investimenti nel 2015, 6 miliardi a regime, nuove materie come musica e scuola dell’arte, obbligo dell’alternanza scuola lavoro, scuola digitale, spese correnti raddoppiate, risorse per l’aggiornamento e la formazione dei docenti, semplificazione burocratica». A novembre, ha detto poi Manca, «in Sardegna ci saranno più di 2000 assunti ed in futuro saranno sempre di più i sardi che insegneranno nella Regione; questo è un anno di passaggio ma dal prossimo le assunzioni saranno fatte su ambiti regionali e proprio su questo la Regione potrà e dovrà intervenire per far valere la sua specificità». Manca, infine, ha respinto l’identificazione del dirigente scolastico con uno sceriffo, ricordando che la maggiore responsabilità dei dirigenti risale al 2011, e sottolineando l’aspetto della gestione collegiale degli istituti, la responsabilità delle scelte e la trasparenza nella pubblicazione dei risultati; rispetto a queste innovazioni la Sardegna non è rimasta indietro, perché c’è un grande piano di interventi che dà una risposta all’emergenza e indica una prospettiva nuova per la scuola sarda».
La consigliera Anna Maria Busia (Sdl) ha preso le distanze, in apertura, dalla piega che ha preso la discussione, perché a suo giudizio «non si presta la giusta attenzione alle situazioni concrete, a cominciare dalle decisioni del provveditore scolastico regionale che avrebbe dovuto agire in modo diverso con un sistema di deroghe che avrebbe garantito i docenti sardi». Ma ora, ha proposto, «bisogna pensare al futuro sia per le ragioni che ha espresso il consigliere Congiu, sia perché la stessa legge sulla buona scuola dice che la sua applicazione avverrà nelle Regioni a Statuto speciale compatibilmente con gli statuti e le norme di attuazione». Proprio questo, secondo la Busia, «è lo strumento su cui bisogna agire ed anche la ragione per cui la legge non è stata impugnata; le norme di attuazione consentono già ora, infatti, di adattare una legge nazionale a realtà territoriali specifiche come la nostra, lavorando in modo paritario con lo Stato ed attivando il confronto previsto dall’art. 56 dello Statuto, è la strada giusta già tracciata, peraltro, da altre Regioni speciali».
Una bocciatura senza appello della riforma sulla “Buona Scuola” è arrivata da Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda). «Il provvedimento del Governo Renzi mette a rischio il diritto all’istruzione, faticosamente raggiunto dalle generazioni precedenti – ha detto Anedda – una riforma che, inoltre, non tiene conto della specificità sarda». Anedda ha citato come caso emblematico la situazione del Liceo Classico di Laconi ancora chiuso nonostante le richieste del territorio. «Gli studenti sardi non possono scegliere dove istruirsi ha sottolineato il consigliere comunista – alcuni territori non sono in grado di sostenere gli alti costi per la mobilità».
Negativo anche il giudizio sul piano delle assunzioni («che penalizza i docenti sardi») e sui super poteri dei dirigenti scolastici («si introduce il concetto del preside-padrone»), sul finanziamento alle scuole private a scapito delle scuole pubbliche e sulla marginalizzazione dei sindacati. «Meglio avrebbe fatto Pigliaru ad impugnare la riforma – ha affermato Anedda – noi abbiamo in testa una altro modello di autonomia scolastica.  Il Ministero affida il compito di definire l’offerta formativa agli Uffici scolastici regionali espropriando la Regione sarda delle sue competenze. La Giunta deve assumersi le sue responsabilità ed occuparsi di offerta formativa».
Secondo il capogruppo del Psd’Az Angelo Carta, l’interlocuzione avviata dalla Giunta con il Governo arriva fuori tempo massimo. «La discussione doveva avvenire prima della riforma e non dopo la sua approvazione – ha detto Carta – il risultato è il trasferimento dei docenti sardi, una sconfitta per la Giunta che non ha fatto valere il principio dell’insularità».
Angelo Carta ha poi parlato del piano di dimensionamento scolastico: «Il raccordo tra enti locali e Regione è basilare. Il confronto con i  comuni è mancato. Non è questo il modo di declinare il concetto di scuola sarda. I comuni si trovano a combattere contro i mulini a vento. Chi lo spiega al Governo come è fatta la realtà sarda?»
Il capogruppo di Sel Daniele Cocco ha detto di apprezzare il Progetto Iscola, molto meno la riforma Renzi.
L’esponente della maggioranza ha contestato l’atteggiamento dell’opposizione: «Quando vennero spostati i fondi per la scuola digitale al governo della Sardegna non c’era il centrosinistra – ha detto Cocco – parlavate di lavagne interattive, di computer per gli studenti, di formazione del personale docente per l’uso degli strumenti elettronici. Gran parte del programma è rimasto sulla carta».
Sul Progetto Iscola, Cocco ha espresso apprezzamento per il lavoro della Giunta, impegnata a superare le criticità. «Il Progetto Iscola parte dalla base. Pigliaru e Firino sono andati nei comuni ad ascoltare amministratori, operatori scolastici e famiglie – ha rimarcato Cocco – su questo progetto si sono espressi tutti a favore».
E’ quindi intervenuto il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni che ha invitato l’Aula ad affrontare la discussione su un tema come la scuola lasciando da parte le logiche di schieramento. «Abbiamo il dovere di pensare al bene comune. Gli insegnanti devono essere all’altezza ma devono essere garantiti, non possono sopportare spostamenti che lacerano le famiglie – ha detto Attilio Dedoni – la “Buona scuola” deve tenere conto di questo, il sistema dei trasporti sardi è vergognoso, come faranno i docenti a raggiungere la Sardegna».
Attilio Dedoni ha poi contestato la decisione della Giunta di non impugnare la riforma sulla scuola davanti alla Corte Costituzionale. «E’ la Regione che detta le linee guida sulla razionalizzazione scolastica, il ministero viene in subordine. Non si possono subire le loro decisioni calibrate su regioni come il Veneto, la Toscana e L’Emilia dove non ci sono difficoltà di collegamento tra un centro e l’altro. Non si possono applicare alla Sardegna che ha una condizione geografica e di viabilità profondamente diversa».
Il capogruppo dei Riformatori ha quindi invocato un ordine del giorno unitario del Consiglio «una convergenza che dia speranza ai giovani e agli insegnanti – ha concluso Dedoni – dobbiamo dare un’immagine diversa dell’Istituzione regionale».
Per Gianluigi Rubiu (Aps) la discussione «è una beffa per i docenti che si sono battuti contro la riforma del Governo».
Il capogruppo di Area Popolare Sarda ha espresso un giudizio negativo sui contenuti della riforma (super poteri ai presidi, cancellazione delle graduatorie per la chiamata in ruolo, penalizzazione dell’autonomia scolastica).
«Il dato più allarmante è però l’esproprio delle competenze della Regione da parte del Governo – ha affermato Rubiu – ripetutamente abbiamo sollecitato un riscorso: non c’è stata risposta. La specificità sarda sarà danneggiata dagli standard imposti dal Governo che cancellano la diversità. Assurdo non difendere le prerogative dell’autonomia e non far valere il principio di insularità».
Gianluigi Rubiu ha poi ricordato il dramma dei docenti sardi costretti a spostarsi in altre Regioni ed espresso preoccupazione per il futuro del sistema scolastico regionale. «L’esecutivo regionale è sempre più succube nei confronti del Governo – ha sottolineato Rubiu – difende a spada tratta una riforma che penalizza la Sardegna. Auspichiamo una  scuola tutta sarda con norme che scongiurino i trasferimenti dei docenti. Serve una battaglia unitaria. La Giunta batta i pugni sul tavolo del Governo. La mancata impugnazione della riforma è di fatto una rinuncia a difendere le prerogative costituzionali e statutarie in materia di istruzione». Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, ha definito “un’occasione persa” il dibattito sulla riforma della scuola, per la condotta tenuta dagli esponenti della minoranza. A giudizio dell’esponente della maggioranza la riforma della “Buona scuola”, è invece “la risposta attesa” che merita di essere difesa perché «può offrire nuove opportunità a tutti, ad incominciare dai precari della scuola e dagli studenti».
Il consigliere dei democratici ha quindi evidenziato “l’enorme problema del precariato” con cui ha dovuto confrontarsi l’azione riformatrice del governo: «Un enorme pasticcio, frutto di pasticci e piccole furberie praticate da anni nel comparto della scuola». Il capogruppo, ha definito “non giustificabili” le reazioni “feroci” alla riforma della scuola ed ha affermato che è “sbagliato” parlare in Sardegna di “deportazioni”. «Voglio stare sul tema dei diritti degli studenti – ha proseguito Cocco – che vogliono avere un’istruzione migliore». Il rappresentante del Pd ha precisato inoltre che il tema della scuola è al centro dell’azione del governo regionale e che le risorse stanziate in questo primo anno e mezzo di legislatura sono di una entità non paragonabile rispetto a quanto fatto nelle precedenti legislature. «E’ vero che qualcosa ritarda – ha aggiunto il capogruppo – ma stiamo mettendo in piedi azioni strategiche e un piano di riforma».
In riferimento alle proteste degli insegnanti il consigliere del Pd ha dichiarato: «Le proteste meritano rispetto però protestare sul niente non si può». «Far credere che con la Buona scuola si stanno violando le specificità della Sardegna è un’affermazione non vera – ha incalzato Pietro Cocco – e la riforma della scuola non infrange alcuna prerogativa statutaria della Regione sarda».
Quanto alla polemica sui docenti costretti al lavoro al di fuori dell’Isola, a giudizio di Cocco, «sono sufficienti i numeri (10 insegnanti) per capirne la reale portata».
Il capogruppo del Pd ha quindi concluso auspicando una nuova legge regionale sull’istruzione.
Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha affermato che si attendevano le dimissioni dell’assessore della Pubblica Istruzione, Claudia Firino: «Come gesto coerente con tutte le dichiarazioni  rese dai leader nazionali e regionale del suo partito sugli effetti della riforma della “Buona scuola”». Pittalis ha quindi proseguito con la lettura delle note di agenzia riportanti le dichiarazioni, tra gli altri, di Vendola e Piras. «Chi ha la responsabilità politica dell’Istruzione in Sardegna – ha tuonato il leader di Fi in Consiglio – non può far finta che nulla sia accaduto e che le dichiarazioni appartengono ad un altra realtà». «La verità – ha aggiunto – e che volete fare la lotta e fare la parte del governo perché volete i benefici dell’uno e dell’altro ruolo».
«Le dimissioni – ha proseguito Pittalis – sono dovute per una questione di etica politica e di buonsenso: perché è  la stessa parte politica dell’assessore Firino che mette in discussione l’operato della giunta di cui fa parte, proprio sul tema della scuola e sulla “Buona scuola”».
Il capogruppo di Forza Italia ha quindi elencato una serie di altre ragioni per le quali l’assessore – a suo giudizio – dovrebbe dimettersi dall’incarico, tra queste: il Piano di dimensionamento scolastico («avete chiuso 29 scuole in un anno»); il ritardo nell’acquisto degli scuolabus promessi ai Comuni interessati dal taglio delle pluriclassi («l’anno scolastico è iniziato senza autobus e i sindaci devono trovare il modo di arrangiarsi»); l’edilizia scolastica («il piano c’era già e state accumulando ritardi negli interventi»). «La verità – ha attaccato l’esponente di Forza Italia – è che avete scaricato sui sindaci l’onere di rispettare i vostri annunci».
Pietro Pittalis ha quindi fatto riferimento agli “inammissibili ritardi” nel pagamento dei contributi alle scuole paritarie ed ha concluso ribadendo profondo dissenso per la scelta del presidente della Giunta di non ricorrere contro la legge 107 (riforma “Buona scuola”): «Quella legge che offre ai precari sardi l’alternativa tra una rinuncia e una valigia e che offende l’autonomia dei sardi, affidando al ministero l’offerta formativa, una competenza esclusiva che sta invece in capo alla Regione».
Intervenendo a chiusura della discussione generale per la replica a nome della Giunta il presidente Pigliaru ha subito replicato al capogruppo di Forza Italia Pittalis sostenendo che «a fronte del probabile ritardo di qualche settimane, si è nascosto il nulla dei precedenti cinque anni durante i quali non si è fatto niente per combattere la discussione scolastica che si sconfigge anche sopprimendo con coraggio le pluriclassi mentre sui trasporti si stanno pagando i costi aggiuntivi e sull’edilizia si sta intervenendo con un piano di 130 milioni che cambierà gran parte delle scuole sarde, chiudendo la pagina delle piccole scuole dove non si fa buona istruzione, per aprirne un’altra dove i territori devono diventare più forti anche nell’istruzione».
«Mi sarei aspettato un po’ più di umiltà – ha aggiunto il presidente – nel riconoscere l’assenza di risultati della precedente legislatura, soprattutto perché i dati dicono che dal 2010 la Sardegna è indietro persino rispetto al Mezzogiorno su dispersione scolastica, apprendimento e lettura». «Il problema – ha detto ancora Pigliaru – non è quello di piantare bandierine politiche ma quello di migliorare la scuola, non mi scandalizzo per i risultati mancati ma per la incapacità di capire dove e come si è sbagliato; noi vogliamo evitare di fare errori e costruire un futuro migliore per i nostri ragazzi attraverso proposte operative, è quello che stiamo cercando di fare». «Spero ancora in una opportunità in questa direzione – ha auspicato il presidente della Regione – perché i ragazzi sardi hanno perso due anni rispetto ai coetanei del centro nord, non è che tutto va bene adesso con Renzi e Pigliaru ma ci stiamo rimboccando le maniche, ed è significativo che nella riforma siano stati introdotti per i dirigenti scolastici responsabilità e valutabilità e per gli studenti l’alternanza scuola-lavoro, materie aggiuntive, docenti più formati, reti a banda larga, scuole moderne ed aperte alla realtà sociale in cui operano e connesse con il mondo».

«In tempi di bilanci sempre più ridotti – ha aggiunto il presidente riferendosi al programma per l’istruzione varato dalla Giunta – stiamo investendo 200 milioni pensiamo siamo ben spesi; però, come ho detto recentemente alla direzione nazionale del Pd, di fronte ad una dispersione alta e a livello di apprendimento bassi, non ha senso calcolare organici con parametri lineari uguali in tutta Italia, ci sono specificità che vanno aggredite perché a 15 anni i ragazzi del Sud hanno perso terreno e bisogna tener conto sia degli studenti che dei problemi delle diverse realtà». «Di questo – ha concluso – deve farsi carico il governo centrale, noi con Iscola facciamo la nostra parte ma questa deve diventare una questione nazionale seguendo l’esempio degli Usa, dove nelle situazioni più difficili, si mandano più docenti e si mandano i migliori; questo dobbiamo allo Stato, altro che ricorsi, questa è la proposta che abbiamo portato al tavolo nazionale anche in termini finanziari, perché è la prima condizione per dare pari opportunità ai ragazzi italiani».

Al termine dell’intervento del presidente Pigliaru, il presidente Ganau ha chiesto al Consiglio notizie sulla predisposizione di un ordine del giorno.
Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha chiesto una breve sospensione della seduta, per verificare la possibilità di predisporre il documento.
Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha sottolineato la necessità di disporre di un testo, precisando l’impossibilità di aderire ad un documento della sola maggioranza ma dichiarandosi disponibile ad un ordine del giorno unitario da votare, se necessario, anche nella giornata di domani.
Il presidente Ganau ha condiviso l’opportunità di una sospensione e di una verifica delle posizioni dei gruppi
Il capogruppo del Pd Pietro Cocco si è detto d’accordo per una sospensione della seduta allo scopo di avviare un confronto con minoranza, condividendo inoltre l’ipotesi di un rinvio dei lavori a domattina.
Il presidente Ganau ha quindi sospeso brevemente la seduta.
Alla ripresa dei lavori, il capogruppo del Pd Pietro Cocco, a nome della maggioranza, ha comunicato la posizione contraria della stessa all’ordine del giorno, precisando che la coalizione si riconosce totalmente nella relazione conclusiva del presidente Pigliaru,
Il presidente Ganau ha quindi dichiarato chiusa la seduta aggiornando i lavori a domattina e ricordando che, sempre per domani alle 9.30, è convocato l’ufficio di presidenza del Consiglio.

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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Dopo l’ingresso in Consiglio regionale di quattro nuovi componenti, è stato costituito il nuovo gruppo dei “Cristiano Popolari Socialisti” al quale, oltre ai consiglieri Pierfranco Zanchetta e Antonio Gaia dell’Upc, hanno aderito anche Raimondo Perra del Psi e, per scelta “tecnica”, Walter Piscedda proveniente dal Pd. Il nuovo gruppo sarà presieduto dall’on. Pierfranco Zanchetta.

Questa la composizione aggiornata dei gruppi consiliari:

Area Popolare Sarda: Giorgio Oppi, Giuseppino Pinna, Ignazio Tatti, Gianluigi Rubiu (Presidente)

Cristiano Popolari Socialisti: Antonio Gaia, Raimondo Perra, Walter Piscedda, Pierfranco Zanchetta (Presidente)

Forza Italia Sardegna: Ugo Cappellacci, Oscar Cherchi, Giuseppe Fasolino, Ignazio Locci, Antonello Peru, Alberto Randazzo, Marco Tedde, Edoardo Tocco, Stefano Tunis, Alessandra Zedda, Pietro Pittalis (Presidente)

Misto: Mario Floris, Gianni Lampis, Paolo Truzzu, Gaetano Ledda, Fabrizio Anedda (Presidente)

Partito Democratico: Piero Comandini, Lorenzo Cozzolino, Salvatore Demontis, Roberto Deriu, Daniela Forma, Gianfranco Ganau, Luigi Lotto, Gavino Manca, Giuseppe Meloni, Cesare Moriconi, Francesco Pigliaru, Rosella Pinna, Luigi Ruggeri, Franco Sabatini, Antonio Solinas, Gian Mario Tendas, Pietro Cocco (Presidente)

Partito Sardo d’Azione: Marcello Orrù, Christian Solinas, Angelo Carta (Presidente)

Riformatori Sardi-Liberaldemocratici: Michele Cossa, Luigi Crisponi, Attilio Dedoni (Presidente)

SEL Sardegna: Francesco Agus, Luca Pizzuto, Daniele Cocco (Presidente)

Soberania-Indipendentzia: Alessandro Collu, Eugenio Lai, Paolo Zedda, Emilio Usula (Presidente)

Sovranità, Democrazia e Lavoro: Anna Maria Busia, Augusto Cherchi, Gianfranco Congiu, Piermario Manca, Alessandro Unali, Roberto Desini (Presidente).

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Hanno prestato giuramento questo pomeriggio i quattro nuovi consiglieri regionali Pier Franco Zanchetta, Antonio Gaia, Gianfranco Congiu e Gianni Lampis.

Il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con il provvedimento relativo alla sostituzione dei quattro consiglieri regionali dichiarati decaduti dal Consiglio di Ststo. Il presidente Gianfranco Ganau ha letto l’ordinanza cautelare della quinta sezione del Consiglio di Stato, con cui sono state respinte le istanze dei consiglieri esclusi Efisio Arbau, Michele Azara, Gavino Sale e Modesto Fenu ed ha invitato i subentranti Gianfranco Congiu, Antonio Gaia e Pier Franco Zanchetta ad entrare in Aula e prestare giuramento ai sensi della legge. Dopo aver comunicato l’elezione del consigliere Paolo Truzzu alla carica di vice presidente della Giunta per le elezioni ha informato l’Aula di una nota della stessa Giunta che, prendendo atto della citata sentenza Consiglio di Stato, si propone la sostituzione del consigliere escluso Modesto Fenu con il signor Gianni Lampis.
Successivamente, il presidente Ganau ha informato il Consiglio che, in base alla decisione della conferenza dei capigruppo, i consiglieri potranno intervenire per un tempo massimo di 5 minuti e, subito dopo, ha dato la parola al relatore del provvedimento Anna Maria Busia (Sdl).
Il consigliere Mario Floris, intervenendo sull’ordine dei lavori, ha affermato che si sta affrontando «un problema con impatto mediatico straordinario che continuerà ancora; non era perciò opportuno contingentare i tempi dato che sono in gioco composizione e prerogative del Consiglio regionale, per questo è sbagliato chiudere tutto con una “sveltina”, mentre occorre chiarezza sui riflessi voto per i singoli consiglieri».
Il presidente ha risposto che quella dei capigruppo è una proposta rivolta all’Aula e l’ha sottoposta al voto del Consiglio, da cui è stata approvata.
La consigliera Busia, aprendo la sua relazione, ha dichiarato che «le sentenze vanno rispettate anche quando non sono gradite le motivazioni e la vicenda imponeva un percorso molto dettagliato senza margini di discrezionalità, altrimenti si sarebbe posta in dubbio la facoltà del giudice di intervenire sulla procedura elettorale; serviva in altri termini una attuazione concreta della decisione perché questo era il mandato della Giunta delle elezione nel rispetto di tutte le persone coinvolte a vario titolo, compresi gli elettori». «Sul punto – ha proseguito – c’è peraltro una decisione delle sezioni unite civili della Cassazione del 2004 che esclude la possibilità di porre un problema di esecutività della pronuncia giudiziale, che come tale non richiede alcuna forma di ottemperanza ma solo la presa d’atto; inoltre non ha rilevanza l’omissione relativa al quarto consigliere subentrante perché si affermavano comunque la decadenza degli altri esclusi ed il criterio per la loro sostituzione». «ll Consiglio – ha detto ancora la Busia – doveva prendere atto delle determinazioni della sentenza, anche per ciò che concerne la composizione dell’Assemblea nella sus articoloazione di maggioranza ed opposizione; su questo la Giunta per le elezioni ha indicato Vanni Lampis come da verbale della Corte d’Appello e tale decisione viene ora proposta all’Aula».
Il consigliere Mario Floris (Misto), ha ribadito che a suo avviso «la vicenda mette in gioco non solo diritti ed interessi di persone ma la stessa credibilità dell’istituzione regionale; si è verificato un fenomeno che ha trasformato i consiglieri regionali in operatori del diritto incartando di fatto il Consiglio e delineando ipotesi di grande incertezza anche per il futuro». «D’altra parte – ha aggiunto – la giurisprudenza della Corte dei conti indica precise responsabilità per gli atti compiuti dagli organi politici». Floris ha concluso annunciando il suo voto contrario, «perché l’argomento non compete all’Aula e gli errori dei giudici devono essere corretti dai giudici».
Il capogruppo del Psd’Az Angelo Carta, ha espresso alcuni dubbi sulla relazione della consigliera Busia e pur non volendo entrare entro nel merito, ha sostenuto che «il Consiglio non può decidere chi ne fa parte», annunciando che non parteciperà allo scrutinio.
Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha osservato che «per fugare ogni dubbio, è importante ribadire che il Consiglio non è un’aula di tribunale e non decide le sorti di nessuno ma deve essere rispettoso delle decisioni degli organi giurisdizionali, come ha chiaramente spiegato la collega Busia». «Non stiamo interpretando nulla – ha detto ancora il consigliere – ma solo prendendo atto di quando deciso a suo tempo dalla Corte d’Appello di Cagliari in relazione alla situazione del signor Gianni Lampis; non ci sono quindi situazioni di illegittimità».
Il consigliere Emilio Usula (Soberania-Indipendentzia) ha premesso che non si vuole mettere in discussione la decisioni dell’autorità giudiziaria, ma a suo giudizio si è creata una situazione strana, in cui «da una parte il Consiglio ha piena autonomia legislativa in materia elettorale al punto che può escludere oltre 100.000 elettori dalla rappresentanza mentre, dall’altra, deve subire decisioni dello Stato che stravolgono la legge elettorale; allora non si capisce in cosa consista l’esercizio della competenza legislativa esclusiva». «Stiamo per prendere una decisione – ha proseguito – che sicuramente darà spazio ad altri momenti di confusione istituzionale; la sentenza va rispettata ma essa stessa non appare rispettosa della volontà degli elettori».
Il capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, ha assicurato la partecipazione del suo gruppo al voto, il cui significato è quello di «affermare la correttezza dell’operato della Giunta per le elezioni; noi, a suo tempo, non abbiamo votato la legge elettorale e ne abbiamo denunciato le carenze, ma ora bisogna affermare la dignità delle istituzioni e su questo non sono ammesse speculazioni».
Il consigliere Mario Floris (Misto) ha manifestato critiche sul provvedimento in discussione: «Non siamo giudici né giuristi e mi chiedo perché la Giunta abbia deciso da sola a luglio senza un passaggio in Assemblea mentre ora vuole trasferire il problema al Consiglio». «Da allora ad oggi – ha concluso – non è successo nulla, anzi tutti i giuristi consultati hanno detto che la Giunta non ha nessun potere».
Il capogruppo di Sel Daniele Cocco, ha affermato la necessità di rispettare la sentenza come ha dimostrato la collega Busia, osservando che «prima non si è arrivati in Aula a causa della sospensiva del Consiglio di Stato; poi tutti possono tutelare i loro diritti nelle sedi opportune come potrebbe fare anche il mio partito ma il voto cui siamo chiamati non riguarda queste situazioni».
Il consigliere Paolo Truzzu (Fdi) ha annunciato il voto favorevole, definendo la relazione della consigliera Busia «chiara ed esaustiva; nessuno si può sostituire agli organi giurisdizionali e del resto il verbale della Corte d’Appello con cui veniva indicato Lampis come 24esimo consigliere dell’opposizione, non lasciava spazio ad interpretazioni diverse».
Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, ha precisato che il Consiglio è chiamato a prendere atto sentenza del Consiglio di Stato ma, ha specificato, «la questione riguarda le istituzioni ed il Consiglio non può fare una cosa diversa da quella che si accinge a fare; non si può mettere in discussione la presa d’atto una sentenza, poi la vicenda proseguirà in altre sedi ma ciò non riguarda il Consiglio regionale che, a questo punto, deve riprendere a lavorare al servizio della Sardegna».
Non essendoci altri iscritti a parlare il presidente Ganau ha messo in votazione il provvedimento, che il Consiglio ha approvato con 40 voti favorevoli ed uno contrario.
Al termine dello scrutinio ha prestato giuramento il nuovo consigliere regionale Gianni Lampis.
L’Aula è passata poi all’esame del secondo punto all’ordine del giorno: il disegno di legge presentato dalla Giunta regionale per l’approvazione del Rendiconto generale della Regione per l’esercizio finanziario 2014.
Il presidente Ganau ha dato la parola al relatore del documento, il presidente della Terza commissione “Bilancio” Franco Sabatini.
Il relatore  ha ricordato che il rendiconto «è stato elaborato per l’ultimo anno ai sensi della legge regionale di contabilità n. 11 del 2006. A decorrere dal 2015, infatti, il consuntivo sarà redatto secondo le disposizioni del decreto legislativo n. 118 del 2011, provvedimento che  consente di rinviare all’esercizio 2016 l’adozione da parte della Regione dei principi applicati riguardanti la contabilità economico-patrimoniale e l’attuazione del bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate».
Il presidente della Terza Commissione ha poi elencato nei dettagli i risultati di bilancio del 2014: «Si evidenzia un disavanzo al 31 dicembre 2014 di quasi 505 milioni di euro determinato dall’accantonamento di una quota del risultato di amministrazione di euro 530 milioni per la copertura della reiscrizione dei residui perenti in conto capitale in applicazione del decreto legislativo n. 118 del 2011. Disavanzo che, dopo l’accertamento straordinario dei residui attivi e passivi, è stato rideterminato al 1°gennaio 2015 in oltre un miliardo di euro (1.005.625.656,65), al netto del debito autorizzato e non contratto di 504.971.572,63».
Sabatini ha concluso il suo intervento sollecitando una rapida approvazione del provvedimento.
Il presidente Ganau ha quindi dato la parola alla Giunta. L’assessore al Bilancio Raffaele Paci, dopo aver annunciato il parere favorevole dell’esecutivo, ha sottolineato che «il fondo di accantonamento consentirà nel corso degli anni un graduale riassorbimento del disavanzo con chiaro sollievo degli enti locali che hanno il problema delle somme perenti».
Non essendoci dichiarazioni di voto, l’Aula ha approvato il passaggio agli articoli che sono stati approvati in rapida successione. Prima del voto finale, il presidente Ganau ha annunciato la presentazione di un ordine del giorno della minoranza contro la legge n. 107 sulla riforma della scuola e del sistema dell’istruzione.
Alessandra Zedda (Forza Italia) ha illustrato il documento chiarendo la ratio dell’iniziativa: «La scuola attraversa un momento di grave difficoltà – ha detto Zedda – insegnanti, alunni e genitori sono davanti a uno dei periodi più difficili. La riforma è lesiva delle leggi e della Costituzione. Ciò che appare ancora più grave è che viene disatteso l’articolo 5 dello Statuto che afferma l’autonomia e la specificità della scuola sarda».
Alessandra Zedda ha quindi sollecitato l’impugnazione da parte della Regione della legge 107 davanti alla Corte Costituzionale offrendo la disponibilità della minoranza a un accordo per una battaglia unitaria nei confronti del Governo.
Sull’argomento è intervenuta Anna Maria Busia (Cd) che ha chiesto una sospensione di cinque minuti accordata dal presidente Ganau.
Alla ripresa dei lavori, ha preso la parola il presidente della Giunta Francesco Pigliaru. «La scuola è uno degli argomenti fondamentali attorno a cui ruotano le speranze della Sardegna – ha detto il presidente – il Progetto “Iscola” è stato finanziato con 190 milioni di euro. E’ un argomento che va affrontato con serietà. Questo ordine del giorno crea qualche difficoltà perché non consente una riflessione approfondita». Francesco Pigliaru ha poi affermato di condividere alcuni punti del documento, in particolare il riferimento al dramma dei docenti sardi costretti a migrare in altre regioni: «Il tema è serio – ha sottolineato Pigliaru – così come è urgente rivedere i parametri con i quali lo Stato calcola gli organici della scuola sarda. Un ragazzo del Sud perde due anni di competenze rispetto a uno del Nord. Noi abbiamo il dovere di fare proposte allo Stato italiano. Siamo disposti a un confronto e ad accogliere suggerimenti che possano migliorare la situazione. Serve però una riflessione più ampia». Il presidente ha quindi chiesto il ritiro dell’odg e proposto una giornata di dibattito sul tema della scuola e dell’istruzione in generale.
A Frqncesco Pigliaru ha risposto il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis: «Prendiamo atto delle dichiarazioni del presidente e delle interlocuzioni che ci sono in atto con il Governo. Avremmo voluto però una presa di posizione netta e decisa per quelle parti della legge che sacrificano diritti e interessi dei docenti sardi. Su questo aspetto insistiamo e vorremmo che ci fosse una maggiore attenzione da parte della Giunta». Pietro Pittalis ha quindi chiesto una breve sospensione per verificare la disponibilità al ritiro del documento da parte degli altri gruppi di minoranza.
La richiesta è stata accolta dal presidente Ganau che ha sospeso la seduta per alcuni minuti.
Alla ripresa dei lavori è intervenuto il capogruppo dei riformatori Attilio Dedoni. «Cogliamo con favore la disponibilità del presidente Pigliaru a discutere di scuola, il problema è serio e va dibattuto attentamente – ha detto Dedoni – la questione è complessa e non riguarda solo la “buona scuola”, non è corretto però che si discuta fuori da quest’aula». Attilio Dedoni ha quindi proposto di convocare una seduta straordinaria del Consiglio per la prossima settimana.
Sulla proposta di Dedoni è intervenuto il capogruppo del Pd Pietro Cocco che ha invitato l’opposizione al ritiro dell’ordine del giorno e offerto la disponibilità della maggioranza a dedicare  un’intera giornata all’argomento, proponendo la data del 22 settembre.
Ha quindi preso la parola il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis: «L’ordine del giorno chiedeva alla Giunta di impugnare la legge. Abbiamo capito che non c’è la volontà politica ad accogliere la nostra proposta. La subordinata è parlare di scuola – ha affermato l’esponente della minoranza – è una magra consolazione, mi fido della capacità del presidente Pigliaru di stupirci con soluzioni alternative rispetto a quelle proposte da noi. Se questo dibattito servirà a fare chiarezza ben venga. Si vada pure a martedì 22».
Gianfranco Ganau ha quindi preso atto del ritiro dell’ordine del giorno da parte dell’opposizione e annunciato la convocazione del consiglio per martedì 22 settembre che dovrà essere ratificata dalla conferenza dei Capigruppo.
L’aula è quindi passata alla votazione finale del Rendiconto della Regione per l’esercizio finanziario 2014 che è stato approvato con 30 voti favorevoli.
Il presidente del Consiglio Ganau ha quindi aperto la discussione sulla Pl 239 ed ha concesso la parola al primo firmatario e relatore del provvedimento, Gianmario Tendas (Pd). L’esponente della maggioranza ha, in apertura del suo intervento rivolto un ringraziamento ai componenti la Quinta commissione consiliare ed in particolare ai rappresentanti le forze dell’opposizione per la “collaborazione e la disponibilità” mostrata nel confronto sulla proposta di legge (approvata in commissione all’unanimità) che in sostanza aggiorna le disposizioni contenute nella legge regionale n. 39 del 1956, in particolare per quanto attiene le acque interne e lagunari con «l’obiettivo di definire un quadro normativo più chiaro ed efficace che riafferma la legittima titolarità sui beni oggetto di concessione e l’esclusività delle attività di pesca ma che definisca e uniformi su tutto il territorio regionale le misure di tutela dei compendi e la repressione delle pratiche illecite».
Per quanto attiene quest’ultimo aspetto, il consigliere Tendas ha più volte ribadito l’opportunità di una normativa più stringente, tale da scongiurare le diverse situazioni di tensione che si registrano tra gli addetti alla vigilanza e i trasgressori delle norme che regolano le attività di pesca in laguna e nelle acque interne.
Il consigliere del Pd, Antonio Solinas ha denunciato il perdurare di situazioni “illegalità” nei compendi ittici di proprietà della Regione che sono stati dati in concessione alle cooperative o ai consorzi di cooperative e che «oggi non possono contare su efficaci strumenti legislativi per far cessare il fenomeno delle ruberie».
Antonio Solinas ha quindi auspicato una rivisitazione delle gestioni e una rivalutazione dei compendi ittici dal punto di vista ambientale. «Il settore pesca – ha dichiarato l’esponente della maggioranza – può dare molto di più alla Sardegna, sia in in termini di occupazione che di reddito». Antonio Solinas ha concluso con l’invito a scongiurare il rischio che «in pochi siano chiamati a gestire un bene pubblico mentre è opportuno che chi rispetta le regole per l’utilizzo degli stagni deve poterci lavorare».
L’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi, nell’esprimere il parere favorevole della Giunta alla Pl 239 ha sottolineato i numerosi problemi che derivano dal perdurare delle attività illegali. L’assessore Falchi ha inoltre ribadito che i «compendi ittici sono un bene dei territori e che come tali devono essere utilizzati per generare maggiori posti di lavoro». «Con questa norma mettiamo ordine nel settore – ha concluso Elisabetta Falchi – e lavoreremo per garantire un migliore sfruttamento della risorsa pesca e garantire la tutela degli equilibri delle lagune».
L’Aula ha quindi approvato il passaggio agli articoli e il presidente del Consiglio Ganau ha annunciato la presentazione di un emendamento (Tendas e più) che sostituisce l’intero articolo 1 (Vigilanza e sanzioni) e sul quale hanno espresso parere favorevole sia la Giunta che il relatore.
Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa, ha fatto osservare che al comma 3 dell’emendamento si prevede di reimmettere in acqua all’interno dello specchio acqueo dal quale è stato prelevato, il pescato prelevato senza il consenso del concessionario. «Tale disposizione – ha dichiarato Michele Cossa – rischia di essere di difficile applicazione e c’è il rischio di far morire il pescato». Michele Cossa ha quindi proposto con un emendamento orale, di abrogare le parti del comma 3 evidenziate.
Dopo il parere favorevole del relatore Tendas, all’osservazione formulata dal consigliere Cossa, il presidente del Consiglio ha posto in votazione l’emendamento che stabilisce, in sintesi, le sanzioni per chiunque peschi nelle cosiddette acque concesse senza il consenso del concessionario e rapporta le sanzioni amministrative alla quantità di pescato prelevato illegalmente.
L’emendamento che sostituisce l’articolo 1 è stato quindi approvato dall’Aula con 45 voti a favore e con il medesimo scrutinio è stato approvato l’articolo 2 che stabilisce l’entrata in vigore della legge nel giorno della sua pubblicazione sul Buras.
Il testo finale della legge è stato approvato, invece, con 44 voti.
A conclusione della votazione il presidente del Consiglio ha quindi annunciato la discussione del disegno di legge n. 253 presentato dalla Giunta regionale “Modifiche all’articolo 16 della legge regionale 14 novembre 2000, n. 21 (Adeguamento delle provvidenze regionali a favore dell’agricoltura agli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo e interventi a favore delle infrastrutture rurali e della silvicoltura)”.
Il relatore Luigi Lotto (Pd) ha spiegato che la Giunta ha presentato il disegno di legge  per modificare la scadenza (dicembre 2015) della legge 40, approvata nel 2013, per consentire la notifica del regime di aiuti alla commissione europea in tempi utili per disporre delle risorse a partire dal 2016 ed ha fissato la nuova scadenza nel 2021, così da assicurare l’operatività dell’agenzia regionale allevatori.
L’esponente della maggioranza ha quindi annunciato la presentazione di un emendamento (Lotto e più) che sopprime il comma 1 dell’articolo 1 «per rendere la legge più “asciutta” ed evitare possibili disguidi politico-burocratici in sede comunitaria».
Aperta la discussione generale, la giunta ha espresso il parere favorevole con l’intervento dell’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi che ha ringraziato la commissione consiliare per il lavoro svolto e l’intero consiglio per la rapida discussione in Aula. «La notifica del regime di aiuti alla commissione europea – ha concluso Falchi – avverrà nei tempi utili per dare continuità alle attività ed evitare così gli inconvenienti sorti nel 2014».
Approvato il passaggio agli articoli, il capogruppo del Misto, Fabrizio Anedda, ha lamentato il protrarsi di interventi a favore dell’associazione regionale allevatori che – a suo giudizio – svolge compiti e funzioni che potrebbero essere garantite dall’agenzia regionale Laore. Quindi, l’assemblea ha dato il via libera all’emendamento che sopprime il comma 1 dell’articolo articolo 1 (39 sì e 3 no) ed ha approvato l’articolo 1 (modifiche all’articolo 16 della legge n. 21/2000 “Aiuti alle associazioni degli allevatori e proroga applicazione”) con 40 sì e 4 no.
Aperta la discussione sull’articolo 2 (norma finanziaria) non essendoci iscritti a parlare, l’Aula ha proceduto con la sua approvazione (39 si e 4 no) e sempre con 39 voti a favore e 4 contrari è stato approvato il testo finale.
Il presidente del Consiglio ha quindi dichiarato “tolta” la seduta ed ha annunciato che il Consiglio sarà convocato al domicilio.