19 April, 2024
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Un diciannovenne Roberto Mancini ha appena concluso una minitournée azzurra di due partite, il rientro è previsto per il pomeriggio del giorno dopo. I “grandi” della squadra, i campioni del mondo di due anni prima, gli propongono un giro nella Manhattan “by night”. Per i più giovani ci sarebbe il divieto, ma Enzo Bearzot si è già ritirato, e la tentazione è irresistibile. Mancini fa le cinque di mattina con Tardelli allo Studio 54. Quando rientra in hotel, ormai alle sei, trova il ct ad aspettarlo in sala colazione. «Subisco in silenzio il peggior cazziatone della mia vita. Me ne dice di tutti i colori, che non ha dormito per la preoccupazione, che mi sono comportato come un somaro, che non mi chiamerà mai più in Nazionale, nemmeno se segnerò 40 gol a campionato».

Oggi che nei panni che furono del grande Bearzot c’è lui, è Roberto Mancini a raccontare l’aneddoto a Paolo Condò, nell’intervista di copertina del numero di luglio-agosto di GQ, in edicola dal 12 giugno. Epilogo compreso: «Anni dopo, quando s’era ormai ritirato, incontrai Bearzot. Non feci in tempo a chiedergli nulla, fu lui ad assalirmi. “Perché non mi hai chiamato per scusarti?”. Rimasi di sale. Non l’avevo fatto perché mi vergognavo troppo del mio comportamento, ed ero certo che lui fosse ancora furioso con me. Bearzot si mise le mani nei pochi capelli che gli restavano. “Io aspettavo soltanto la tua telefonata per richiamarti in Nazionale. Ma senza le scuse non potevo fare niente, e così ti sei perso il Mondiale del 1986”. Volevo morire».

Fu sempre l’orgoglio, spiega nell’intervista a GQ, a costargli il Mondiale del 1990. «In un ambiente come quello della Nazionale occorre parlarsi molto, perché le rabbie e le amarezze latenti ci sono sempre. Io non sono riuscito a emergere in azzurro, e sì che il talento non mi mancava, perché non ho mai avuto l’opportunità di giocare le cinque partite di fila che mi servivano per “entrare” nel motore della squadra. Una gara modesta, e Vicini la volta dopo mi lasciava in panchina. Io mi arrabbiavo, e sbagliavo, perché in Nazionale devi alzare il tuo livello di gioco. I compagni sono tutti forti, ragazzi selezionati, visti e rivisti, sicuri. Non puoi pretendere strada libera per sei mesi – cinque partite implicano più o meno questo tempo – a prescindere da quanto mostri in campo. All’epoca lo sognavo, ed ero un ingenuo».

Persino più amaro – anche perché era la sua ultima occasione al Mondiale – il ricordo del 1994. Arrigo Sacchi era stato chiaro con lui: «Per me tu sei la riserva di Baggio». Mancini, masticando amaro, aveva detto sì. Ma in un’amichevole primaverile di preparazione con la Germania, con Baggio appunto assente, Sacchi gli lasciò giocare solo il primo tempo e poi, vista la giornata così così, lo rimise in panchina. Facendolo sentire tradito. All’arrivo notturno a Malpensa, lo sfogo: «Mister, lei non è stato ai patti. Non mi chiami più, ho chiuso con la Nazionale». Reazione che il nuovo ct della Nazionale oggi descrive come «una cretinata enorme. Tra l’altro in quel Mondiale, tra gli infortuni, le squalifiche e il grande caldo, avrei sicuramente giocato moltissimo. Bearzot non mi chiamò nel 1986 perché non chiesi scusa, Sacchi mi lasciò fuori nel 1994 perché non tornai sulla decisione di autoescludermi, nel 1990 Vicini mi convocò ma senza mai schierarmi. Risultato: non ho giocato un minuto di un Mondiale, e la trovo un’assurdità anche se in buona parte la colpa è mia. Ora penso a qualificarmi per l’Europeo e poi a disputarlo alla grande, io gioco sempre per vincere. Ma confesso che l’idea del Mondiale, visti i precedenti, già mi frulla in testa».

Tra i giocatori su cui pensa di costruire la riscossa c’è Federico Chiesa, figlio di quell’Enrico che all’epoca, facendo alzare il sopracciglio a colleghi come Vialli e Montella, definì il migliore dei suoi partner: «Ogni tanto mi fermo a osservarlo, perché con lui viaggio nel tempo. Federico è identico a Enrico, le stesse finte, la stessa accelerazione, un tiro molto simile. Quest’anno ha segnato poco in relazione alle potenzialità, ma è il classico talento che può esplodere in qualsiasi momento anche dal punto di vista realizzativo. Io me lo aspetto».

E poi c’è, ovviamente, il tanto discusso Mario Balotelli. «Provo affetto per lui, è ovvio, ma il suo ritorno in azzurro ha motivazioni esclusivamente calcistiche», spiega Roberto Mancini a GQ. «Mario ha soltanto 28 anni, e quindi fa ancora in tempo a prendersi tutte le soddisfazioni che desidera perché al suo background fisico e tecnico ha aggiunto l’esperienza. Insomma, è cresciuto in tutti i sensi. Considerato che la Nazionale è destinata a perdere – subito o nel giro di un paio d’anni – lo zoccolo duro che ci ha tenuto a galla fino al flop con la Svezia, ho bisogno di nuovi leader. Mario ha l’età e la credibilità tecnica per farlo, e per fortuna non è l’unico».

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All’asta cimeli straordinari di ieri e di oggi firmati da Dybala, Zanetti, Mancini, Icardi, Jovetic, Suso, Quagliarella, Baggio, Muriel e Rigoni, Gasperini e Ranocchia.
E ancora Luca Vettori, Andrea Fondelli, la Pro Recco Pallanuoto, tennis, nuoto sincronizzato, atletica leggera e due “Experience” per Genoa-Inter.

Settimana speciale per l’Asta benefica di Stelle nello Sport. Giornate intense, di grande attenzione per il pubblico di CharityStars che avrà la possibilità di aggiudicarsi maglie ufficiali autografate di valore straordinario assieme a cimeli storici, davvero unici. Tutto questo, sostenendo l’azione e le iniziative portate avanti con grande impegno dalla Gigi Ghirotti onlus del prof Franco Henriquet a favore dei malati di SLA.

La Juventus scende in questa settimana con Paulo Dybala, il suo bomber momentaneamente ai box ma capace di realizzare già 14 reti, decisive per l’incredibile rimonta della squadra allenata da Massimiliano Allegri. L’Inter risponde con la sua maglia con gli autografi del vicepresidente Javier Zanetti, dell’allenatore Roberto Mancini, degli attaccanti Icardi e Jovetic.

Il derby Genoa-Sampdoria vede protagonisti da una parte Suso e Rigoni e dall’altra Quagliarella-Muriel. La fantastica tripletta dell’esterno spagnolo, in prestito dal Milan, contro il Frosinone, la ciliegina sulla torta di Rigoni. Due felici intuizioni della dirigenza genoana nel mercato invernale di riparazione. La zampata di Muriel nel vantaggio contro l’Udinese, le importanti reti di Quagliarella in ottica salvezza: in casa Samp, in attesa della sfida di domenica sera contro il Milan, l’Asta si gioca in attacco.

Due cimeli storici per chi ama il Genoa. La cravatta ufficiale del Centenario, autografata dall’indimenticato Franco Scoglio, e la sciarpa della stagione 1990/1991, quella del quarto posto, con le firme di Aguilera, Skuhravy e Branco, costituiscono un prezioso arricchimento per i tifosi genoani. Così come la felpa ufficiale di Italia ’90 l’autografo di Roberto Baggio.

Anche il capitolo pallanuoto è particolarmente interessante con il pallone dell’ultima Coppa Italia vinta dalla Pro Recco, autografato da tutti i giocatori, e la maglia #ForzaGenova di Andrea Fondelli. Per gli amanti della pallavolo, invece, c’è la casacca dell’azzurro Luca Vettori. All’asta anche la speciale Polo Stelle nello Sport che nel corso della cena benefica delle Cisterne del Ducale dello scorso 15 marzo è stata firmata dal tecnico del Genoa Gian Piero Gasperini, dal difensore della Sampdoria Andrea Ranocchia, dallo spezzino Situm, da Caputo (Virtus Entella) e tanti campioni dello sport ligure.

A disposizione due “experience” per vivere il prossimo Genoa-Inter del 20 aprile in modo unico (giro negli spogliatoi, cocktail e poi posti riservati in tribuna) e ancora cimeli storici di pallavolo e tennis, atletica e basket. Una settimana davvero importante per alzare la quota fondi raccolta a favore del “progetto SLA” della Gigi Ghirotti. Ad oggi sono già stati raccolti più di 7.300 euro. Ma ora, con questi Campioni in campo, potrà essere superata la soglia di 10.000 euro.

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Oggi a Expo Milano 2015 si è celebrata la “Giornata Mondiale dell’Alimentazione”, alla presenza del Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon e del Direttore Generale della FAO, José Graziano Da Silva. Una giornata importante, che ha visto la consegna proprio a Ban Ki Moon, da parte del Ministro delle Politiche Agricole, Forestali e Alimentari, Maurizio Martina, della Carta di Milano, la più importante eredità immateriale dell’Esposizione Universale. Nel corso dell’evento, il primo cittadino di Milano, Giuliano Pisapia, ha invece consegnato, sempre a Ban Ki Moon, il Patto tra i sindaci di centinaia di grandi città del mondo per l’attuazione di politiche alimentari urbane sostenibili.

La giornata, che ha visto la partecipazione di numerose personalità, come Sua Maestà la Regina Letizia di Spagna, il Presidente della Slovenia, Borut Pahor, il Ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni, si è aperta con la visita a Padiglione Zero del Segretario Generale delle Nazioni Unite, accompagnato dal Commissario Unico delegato del Governo per Expo Milano 2015, Giuseppe Sala. Nel pomeriggio ecco la sessione di lavoro “Finance for food”, alla quale ha partecipato anche il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan. Ban Ki Moon, in compagnia della moglie Yoo, ha poi visitato altri padiglioni, come Palazzo Italia, gli Emirati Arabi e l’area Kinder+Sport, dove ha incontrato il campione di calcio Roberto Baggio, ambasciatore della Fao, e il presidente di Ferrero, Francesco Paolo Fulci.

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il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al World Food Day Giornata Mondiale dell'Alimentazione a Expo Milano 2015. MILANO, 16 OTTOBRE 2015.  ANSA/STEFANO PORTA

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