7 May, 2024
HomeCulturaSi è conclusa il 3 gennaio, al Palanuraghe, un’insolita edizione del festival internazionale “Ai confini tra Sardegna e Jazz”.

Si è conclusa il 3 gennaio, al Palanuraghe, un’insolita edizione del festival internazionale “Ai confini tra Sardegna e Jazz”.

Per 28 anni i grandi del jazz mondiale hanno riempito le calde serate della seconda parte dell’estate sulcitana nel “catino” della Piazza del Nuraghe di Sant’Anna Arresi (con due sole eccezioni che hanno visto la “carovana” allestita dall’associazione Punta Giara emigrare verso altri lidi del Sulcis e del Cagliaritano). Quest’anno, per la prima volta, le incertezze nell’erogazione dei finanziamenti regionali, hanno “costretto” gli organizzatori del festival “Ai confini tra Sardegna e Jazz” a cambiare stagione, spegnendo le luci del palco “outdoor” e riaccendendole in inverno, dal 18 dicembre al 3 gennaio, nell’insolito scenario “indoor” del Palanuraghe sistemato sul piazzale adiacente al Municipio e all’Istituto Comprensivo “San Domenico Savio”. La novità è stata investita delle caratteristiche della scommessa, con tutti i suoi rischi e la dichiarata ambizione di voler contribuire ad allungare la stagione turistica sulcitana al di là dei confini tradizionali dell’estate. L’associazione culturale Punta Giara ha allestito un programma molto ricco, con artisti di valore assoluto e proposte musicali originali di indubbio fascino, affiancate da un’intensa attività collaterale senza precedenti per l’ormai quasi trentennale storia del festival arresino, che si avvale del patrocinio degli assessorati regionali del Turismo e della Pubblica Istruzione, del ministero dei Beni culturali, della Gestione commissariale dell’ex provincia di Carbonia Iglesias, della Fondazione del Banco di Sardegna, delle amministrazioni comunali di Sant’Anna Arresi e San Giovanni Suergiu e della sponsorizzazione della Cantina Mesa di Sant’Anna Arresi e della Cooperativa Pescatori di Arborea.

Il programma del XXIX festival è stato suddiviso in due parti: una dal 18 al 21 dicembre, l’altra dal 27 dicembre al 3 gennaio del nuovo anno, e in diverse sezioni. La prima ha interessato il rapporto tra la Sardegna e il canto, con il coinvolgimento di una delle istituzioni vocali sarde per eccellenza, chiamata ad aprire il festival, il Coro di Bitti “Remunnu ‘e Locu”, composto esclusivamente da voci maschili, e un secondo coro,“Le Mystere des Voix Bulgares”, nel quale la fortissima presenza femminile ha affascinato il pubblico. Il coro “Le Mystere des Voix Bulgares” è stato protagonista di un secondo evento, il progetto “Suliru”, realizzato con la partecipazione straordinaria di Elena Ledda, che ha lanciato un messaggio di pace contro la crudeltà delle guerre e degli inutili giochi che da troppo tempo devastano la nostra sarda patria. La cantante ha innalzato la sua voce che ha voluto unire alle voci della musica del festival «per far tacere per sempre i boati e gli spari di morte qui e altrove». Hanno regalato emozioni il percussionista iraniano Mohammad Mortazavi, virtuoso delle percussioni dell’antica tradizione persiana, il Tombak ed il Daf ed il progetto realizzato dai Quintorigo e dal batterista Roberto Gatto, che hanno unito la loro passione per il compositore Frank Zappa, attraverso una straordinaria elaborazione delle sue musiche e composizioni, mettendo in evidenza il carattere di sperimentazione senza confini di Zappa, ancora oggi mistero difficilmente classificabile della musica contemporanea. è stato un gradito ritorno quello di Riccardo Lay che ha partecipato a questa edizione con un solo contrabbasso dalla rara intensità. Molto apprezzato il ritorno del chitarrista statunitense Jean Paul Bourelly che, insieme a Sadiq Bey e Hamid Drake, ha dato vita al progetto Citizen X, sospeso fra musica e parole fra afro-jazz ed improvvisazione free rock, arricchito dalla partecipazione del musicista sardo Riccardo Pittau. Hamid Drake ha partecipato anche al progetto originale con John De Leo e la Grande Abarasse Orchestra. Un altro segmento è identificabile nei due progetti (Rattle Rattle e Down, the dirty roof) proposti da un astro nascente della musica contemporanea, Dorian Wood, un’autentica rivelazione per quanti non lo conoscevano. La seconda parte del suo progetto è stata proposta in una prima assoluta assieme al gruppo vocale Echos Vocal Ensemble. I giovani musicisti sardi sono stati tra i protagonisti di questa XXIX edizione. L’orchestra diretta da Daniele Ledda, con il progetto Snake Platform ha guidato il pubblico attraverso una composizione istantanea ed interamente estemporanea; i Musica Ex Machina hanno proposto un progetto basato sullo scrittore russo Bulgakov; i Kandirù, da parte loro, l’ultima notte dell’anno, hanno offerto un interessante esempio di eclettismo capace di muoversi su differenti linguaggi musicali del ‘900; il progetto Hard Up capitanato dal sassofonista Andrea Morelli ha portato in scena un quartetto inedito composto da sax tenore, trombone, batteria e contrabbasso.

L’ultima sezione del festival è stata incentrata sull’evoluzione del free jazz verso una composizione istantanea. Il sassofonista Evan Parker ed il trombettista Peter Evans sono stati il punto in comune nei diversi progetti. Evan Parker è forse il punto più alto dell’espressività free europea, col suo sassofono ha contribuito a ridisegnare limiti e contorni della musica jazz. Insieme al trombettista americano Peter Evans, attualmente uno dei più grandi interpreti dell’avanguardia jazzistica, ha offerto al pubblico del festival quanto di meglio ed innovativo si possa oggi osservare nel mondo. L’Electroacoustic Ensemble Septet composto oltre che da Evans e Parker anche da Paul Oberayer, Walter Prati, Marco Vecchi e Richard Barret, nella serata conclusiva ha esplorato la composizione istantanea anche attraverso l’utilizzo dell’elettronica. Evan Parker e Peter Evans hanno dato vita anche all’Evan Parker Quartet con il geniale e virtuoso John Edwards al contrabbasso ed il batterista africano Louis Moholo, vera istituzione nel mondo delle percussioni afro-americane ed europee. Alexander Hawkins, giovanissimo compositore e strumentista inglese, ha suonato in tre progetti sospesi tra rock, jazz ed improvvisazione. Il primo, è il suo progetto personale chiamato Decoy, con Edwards al basso e Steve Noble alla batteria. Il secondo lo ha visto protagonista in un inedito quintetto di rilevanza mondiale, con Evan Parker, Peter Evans, Hamid Drake alle percussioni, il basso John Edwards ed il sax Michael Portal. Il terzo progetto è stato proposto da un duo incredibile che ha fatto incontrare l’improvvisazione vigorosa di Hawkins con la geniale ed ancora innovativa tecnica percussiva di Louis Moholo.

Un ritorno interessante è stato quello dei Talibam!, il 31 dicembre, accompagnati dal sassofonista Alan Wilkinson e dal trombettista Peter Evans (esibitosi anche da solo), in un concerto esplosivo ed unico. La Marching Band della Bandakadabra, ospite ormai abituale delle serate del festival, è approdata sul palco del Palanuraghe per un’esibizione spumeggiante e trascinante, ripetuta per una settimana intera per le vie del paese e in alcuni locali. Due formazioni tutte italiane, infine, si sono esibite durante la rassegna, il quartetto del sassofonista Pasquale Innarella e la Flut3ibe, quintetto guidato dal flautista Stefano Benini. La testimonianza del lavoro che impegnò per tre anni Butch Morris a Sant’Anna Arresi è stata pubblicata in un cd che racchiude la Conduction n° 192 che il geniale direttore d’orchestra tenne a Sant’Anna Arresi e in occasione dell’arrivo del nuovo anno l’associazione culturale Punta Giara ha presentato il calendario 2015, dedicato allo stesso Butch Morris. Non un semplice calendario ma un insieme di scatti unici ad opera del grandissimo fotografo Luciano Rossetti, impegnato da lungo tempo nell’arte di immortalare la musica ed i musicisti. Il festival va in archivio e l’associazione culturale Punta Giara lavora già alla XXX edizione, il cui calendario è stato fissato dal 26 agosto al 6 settembre 2015. Si tornerà alla versione estiva, dunque, nel “catino” della Piazza del Nuraghe, con un’anteprima straordinaria il 3 luglio nella Grande Miniera di Serbariu, a Carbonia. L’esperimento invernale porta con sé i suoi lati positivi ma anche contro-indicazioni che incideranno nel bilancio che verrà fatto a freddo nei prossimi giorni. La prima è legata alle condizioni meteo che hanno rappresentato un freno alla partecipazione di molti amanti del jazz alle dodici serate del festival. è assai probabile una soluzione intermedia, con la parte centrale del festival confermata stabilmente a cavallo tra i mesi di agosto e settembre ed un segmento suppletivo di quattro serate a fine anno (dal 30 dicembre 2015 al 2 gennaio 2016), in una location più raccolta e confortevole rispetto al Palanuraghe che ha ospitato la XXIX edizione appena conclusa.

Giampaolo Cirronis

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