I Direttori dei Pronto Soccorso: «I tempi di attesa, i ritardi nei ricoveri e le difficoltà di gestione dei pazienti sono l’effetto diretto di una rete ospedaliera in sofferenza»
La vicenda del decesso di una donna avvenuto presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Sirai di Carbonia ha portato ancora una volta all’attenzione dell’opinione pubblica le criticità del sistema sanitario pubblico, determinato soprattutto dalla gravissima carenza di personale che manda sistematicamente in affanno i reparti, talvolta ne provoca la chiusura, e crea enormi problemi al sistema dell’emergenza-urgenza.
I Direttori dei Pronto Soccorso della Regione Sardegna hanno inviato una nota all’assessore regionale della Sanità, Armando Bartolazzi, ai commissari straordinari delle Aziende sanitarie locali e ospedaliere della Sardegna, ai presidenti degli Ordini provinciali dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Sardegna e alle principali sigle sindacali della dirigenza medica e del Comparto sanità, contenente «precisazioni in merito alle recenti accuse e rappresentazioni mediatiche sul funzionamento dei Pronto Soccorso regionali».
«Con ferma indignazione ma altrettanta compostezza istituzionale, i Direttori dei Pronto Soccorso della Regione Sardegna intendono esprimere piena solidarietà e vicinanza alla collega coinvolta nella recente vicenda mediatica di Carbonia, relativa alla gestione di un caso di frattura di femore, impropriamente utilizzato per muovere accuse contro il sistema dell’emergenza-urgenza regionale – scrivono o Direttori dei Pronto Soccorso della Regione Sardegna -. Fin da subito vogliamo ribadire che la difesa della collega è la difesa di tutti noi. Ogni Direttore di Pronto Soccorso, ogni medico, ogni infermiere che opera quotidianamente nei reparti dell’emergenza, riconosce in questa vicenda se stesso, le proprie difficoltà e il proprio senso di responsabilità. Difendere una collega significa difendere l’intera categoria di professionisti che, giorno e notte, sorreggono un sistema che si regge sul loro sacrificio, sulla loro dedizione e sulla loro tenacia. Esprimiamo, inoltre, cordoglio per la morte della paziente. Ogni perdita rappresenta una ferita per la comunità sanitaria e un dolore condiviso: indipendentemente dall’età, dalle condizioni o dalle patologie, la morte di una paziente è sempre una sconfitta – professionale, umana e di sistema. La solidarietà manifestata a una professionista colpita dall’esposizione mediatica non è un gesto di categoria, ma un atto di giustizia verso chi ha agito nel rispetto della propria missione, in un contesto organizzativo che ogni giorno mette alla prova l’intero sistema sanitario.»
«Ancora una volta, si assiste allo sdegno improvviso e tardivo di chi, pur conoscendo perfettamente le criticità strutturali del sistema, sceglie di puntare il dito contro l’unico presidio che non chiude mai: il Pronto Soccorso – aggiungono i Direttori dei Pronto Soccorso -. E’ doveroso ricordare che il Pronto Soccorso rappresenta la porta d’ingresso dell’intero sistema sanitario, ma non ne è il punto di arrivo. I tempi di attesa, i ritardi nei ricoveri e le difficoltà di gestione dei pazienti non sono il frutto dell’inefficienza dei professionisti che vi operano, bensì l’effetto diretto di una rete ospedaliera in sofferenza, dove i presidi periferici – spesso collocati in aree disagiate – sono costretti quotidianamente a confrontarsi con:
- l’assenza o la ridotta disponibilità di reparti specialistici;
- la cronica carenza di posti letto nei presidi Hub;
- la mancata applicazione delle delibere e delle normative regionali che impongono ai centri di riferimento di accogliere i pazienti provenienti dagli Spoke periferici.
In questo contesto, ogni trasferimento diventa una battaglia quotidiana, ogni ricovero un negoziato, ogni decisione clinica un atto di responsabilità che si compie spesso in solitudine, tra urgenze simultanee e risorse ridotte all’essenziale.
A tutto questo si aggiunge una piaga che da anni affligge il sistema sanitario: il boarding, ovvero la permanenza prolungata in Pronto Soccorso di pazienti già valutati e in attesa di ricovero. Un fenomeno tanto frequente quanto inaccettabile, che trasforma i Pronto Soccorso in reparti di degenza forzata. Ci troviamo spesso a gestire pazienti per giornate o addirittura settimane, in condizioni di sovraffollamento che mettono a rischio la sicurezza, la dignità e la qualità delle cure. Il boarding non è una responsabilità dei medici o degli infermieri dell’emergenza: è il sintomo di un sistema che non riesce più a garantire il proprio flusso di presa in carico, e che scarica sul Pronto Soccorso l’intera disfunzione organizzativa dell’assistenza ospedaliera.»
«Chi opera nei Pronto Soccorso conosce bene cosa significhi prendersi carico di pazienti in barella, in attesa di un posto letto che non si libera mai – sottolineano i Direttori dei Pronto Soccorso -. Eppure, nonostante tutto, il personale continua a garantire assistenza, dignità e sicurezza, spesso oltre ogni limite umano e professionale. Siamo stanchi di assistere a campagne mediatiche superficiali e offensive, che trasformano in colpevoli coloro che ogni giorno sorreggono, con abnegazione e competenza, un sistema che altrimenti collasserebbe. Se davvero si vuole cambiare qualcosa, si inizi ad applicare con rigore le regole esistenti, a far rispettare le reti Hub & Spoke, e a riconoscere il valore e il sacrificio di chi lavora nei Pronto Soccorso.»
«Il caso di Carbonia non è un’eccezione: è la fotografia quotidiana di una realtà che tutti conoscono, ma pochi hanno il coraggio di denunciare – concludono i Direttori dei Pronto Soccorso della Regione Sardegna -. Con dignità e fermezza, respingiamo ogni accusa infondata e riaffermiamo il nostro impegno a tutelare i pazienti, ma anche i professionisti che ogni giorno difendono, nel silenzio e nel sacrificio, il diritto alla salute di tutti.»
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