20 April, 2024
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Otto campioni, prelevati dal gruppo dei maiali allo stato brado illegale abbattuti lo scorso 15 novembre nell’agro di Orgosolo in località Pradu, sono risultati sieropositivi per Peste suina africana. Il dato, comunicato oggi all’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della PSA, deriva dalle analisi di laboratorio effettuate dall’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) della Sardegna che, negli anni passati, a ogni controllo effettuato sui maiali bradi abbattuti registrava una presenza di capi infetti cinque o sei volte superiore.

«Il riscontro odierno di otto maiali bradi sieropositivi per Peste suina africana, tra quelli abbattuti ad Orgosolo venerdì scorso, conferma che il pascolo brado è pratica ad altissimo rischio per la trasmissione del virus. Tuttavia, con le attività di depopolamento portate avanti, soprattutto dalla fine del 2017 – ha spiegato il direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada -, e quindi con meno suini bradi in circolazione che fanno da vero contenitore del virus, abbiamo avuto una forte riduzione della trasmissione della malattia e di fatto un radicale miglioramento della situazione epidemiologica. Con il diradamento dei maiali bradi si ha un quadro sempre più incoraggiante nel processo di eradicazione. Ora, come convenuto con il Commissario europeo della Salute e sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis, in visita in Sardegna proprio la settimana scorsa, dobbiamo continuare nelle azioni di depopolamento degli ultimi branchi presenti illegalmente nei territori a cavallo tra Barbagia e Ogliastra. Solo raggiungendo questo importante obiettivo – ha concluso Alberto Laddomada – la Commissione europea, nel giro di breve tempo, potrà rivedere la normativa che impedisce alla Sardegna di vendere oltre mare le proprie carni suine e i suoi derivati, così da ridare slancio a un comparto messo all’angolo e mortificato da oltre 41 anni di restrizioni dovute alla presenza della Peste suina africana.»

Raccolta di informazioni di diversa origine, rielaborazione e incrocio dei dati (i cosiddetti “Big data”), condivisione delle conoscenze e identificazione delle azioni prioritarie per meglio contrastare tempestivamente le malattie animali in tutto il pianeta. Su queste parole d’ordine si sono articolati i lavori nella due giorni di convegno organizzato, tra ieri e oggi a Cagliari, dall’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) della Sardegna, dall’OIE (Office International des Epizooties, oggi denominata OIE-World: Organization for Animal Health) e dal ministero della Salute. Circa 150 esperti provenienti da 25 Paesi dell’area mediterranea (Europa, Africa e Medioriente), i rappresentanti del ministero della Salute e di organizzazioni internazionali come l’OIE, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e la FAO, i direttori generali dei 10 Istituti zooprofilattici italiani, si sono riuniti per la prima volta in Sardegna per fare il punto sulle nuove sfide che attendono le autorità veterinarie mondiali. Il messaggio ribadito con forza dal Summit di Cagliari punta sulla “One health”, una sola salute, che consiste in un approccio interdisciplinare che affronti i problemi di sanità umana, animale e ambientale in modo coerente e sinergico. Una strada nuova per meglio orientare la ricerca scientifica visto che oggi circa il 75% delle malattie trasmissibili che colpiscono l’uomo sono di origine animale. A causa dei cambiamenti climatici e ambientali gli agenti di queste patologie si stanno moltiplicando nella loro diversità, dimostrandosi sempre più difficili da controllare con i soli approcci tradizionali comunemente utilizzati dai servizi sanitari. L’aumento degli scambi, dei movimenti di merci e di animali in tutto il mondo, compreso il bacino del Mediterraneo, sta ulteriormente contribuendo ad aumentare la diffusione delle malattie. Epidemie come la Blue tongue e la Peste suina africana sono un esempio di tali “malattie emergenti” che stanno preoccupando, oltre che la Sardegna, l’Europa e il mondo intero. La PSA è attualmente l’emergenza veterinaria numero uno a livello internazionale, a seguito della epidemia che da alcuni anni sta imperversando in Europa Orientale e in Asia, con danni sanitari ed economici enormi. Nella sola Cina, primo produttore e consumatore al mondo di carne di maiale, sono state stimate perdite per circa 140 miliardi di dollari, con un calo delle produzioni rispetto al 2018 che per la fine dell’anno rischia di raggiungere un meno 50%.Il convegno si è aperto ieri con i saluti istituzionali dell’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, e del direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada, a cui sono seguite le introduzioni della direttrice generale dell’OIE, Monique Eloit, e del direttore generale e responsabile dei servizi veterinari del ministero della Salute, Silvio Borrello, che ha letto inoltre una lettera inviata dal ministro Roberto Speranza. “Le moderne tecnologie consentono di raccogliere, analizzare e correlare tra loro enormi quantità di informazioni di diversa origine. Questi ‘Big Data’ ci possono permettere di prevedere, prevenire e controllare in modo sempre più preciso le malattie animali. Alla Conferenza di Cagliari sono intervenuti studiosi con conoscenze ed esperienze tra loro molto differenti, ma tutti convinti che mettere insieme le informazioni provenienti da diversi settori e condividerle quindi fra i centri di ricerca internazionali, può portare a sinergie importantissime da un punto di vista sanitario”. Lo ha detto ieri la direttrice generale dell’OIE, Monique Eloit, che ha poi aggiunto: “La Peste suina africana è diventata una emergenza della sanità animale a livello mondiale, in particolare in numerosi Stati dell’Europa dell’est e in Asia. Il lavoro fatto qui in Sardegna sta portando a risultati molto favorevoli che possono rappresentare un modello per numerosi altri Paesi”. Da ultima della classe, la Sardegna è salita oggi in cattedra con due relazioni importanti e notevolmente innovative sul piano dell’approccio scientifico e dei risultati raggiunti in questi anni sul campo. Prima è stato il turno del direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada, sul tema della Peste suina africana, e poi di Sandro Rolesu, dell’Osservatorio epidemiologico veterinario regionale, che ha illustrato un report sulla Blue tongue (lingua blu). Nel 2013 c’erano stati 109 focolai di PSA in tutta l’Isola, scesi a 6 nel 2018 e a zero nel 2019. Trend in forte decrescita anche nel selvatico. Lo dicono i risultati delle analisi di laboratorio dell’IZS che controllano i campioni raccolti dai cacciatori nei cinghiali abbattuti. Proprio la preziosa collaborazione del mondo venatorio e delle loro associazioni ha permesso di delineare la presenza e i possibili spostamenti della malattia. Lo scorso anno sono stati controllati, non solo per la PSA ma anche per la Trichinella, 13mila cinghiali di cui oltre 5mila provenienti dalla zona infetta della Sardegna. “La PSA è uno dei problemi più sentiti a livello planetario e l’esperienza che abbiamo maturato in questi ultimi anni in Sardegna, dove la situazione è nettamente migliorata rispetto al passato portandoci molto vicini alla eradicazione del virus, può essere anche di aiuto per altri Paesi nel capire come venire a capo della malattia”. Così Alberto Laddomada che ha spiegato come “i traguardi tagliati dall’Unità di Progetto regionale per l’eradicazione della PSA sono il frutto di una pianificazione di attività pensate sul piano sanitario, economico, culturale e della comunicazione. Oggi in Sardegna – ha proseguito – disponiamo di un patrimonio di dati e conoscenze derivanti dalla rielaborazione di tali informazioni che in pochi al mondo possono vantare. Possiamo dimostrare scientificamente che al calo del pascolo brado illegale dei suini, e quindi della circolazione del virus, corrisponde una fortissima riduzione dei focolai nel domestico e anche della malattia nei cinghiali. La strada che abbiamo intrapreso, con sacrifici da parte di tutti i soggetti coinvolti nel comparto, ci ha permesso di arrivare a 13 mesi senza focolai negli allevamenti sardi e a un radicale declino nel selvatico: l’ultimo cinghiale con malattia in corso è stato individuato ad aprile. In questa fase, forse la più difficile, non bisogna abbassare la guardia. Dobbiamo chiudere la partita e portare a casa l’eradicazione finale, che possiamo raggiungere tra il 2020 e il 2021”, ha concluso il direttore generale dell’IZS. Anche sul versante della lingua blu il quadro è notevolmente migliorato rispetto al recente passato. In poco più di dieci anni, centinaia di migliaia di capi sono stati colpiti dalla febbre catarrale degli ovini causando enormi perdite per il comparto. Fra i primi anni 2000 e il 2013 ben 10mila delle 13mila aziende presenti in Sardegna sono state vittime dell’epidemia. Oggi, grazie ai dati raccolti e all’elaborazione di sistemi matematici specifici, si possono definire le mappe di rischio per area, se non addirittura per azienda, così da poter prevenire in anticipo l’insorgenza della Blue tongue e agire di conseguenza. “Sono ben 29 i diversi sierotipi in cui si articola la febbre catarrale degli ovini. In Sardegna abbiamo avuto a che fare con queste varianti: 2, 4 e 1 sul versante delle grandi epidemie; la 8, la 3 e la 16 con problemi contenuti. Grazie a milioni di informazioni raccolte in 19 anni, abbiamo predisposto modelli di analisi che ci permettono di costruire le cosiddette mappe di rischio epidemiologico nei diversi territori dell’Isola”. Lo ha detto Sandro Rolesu dell’Osservatorio epidemiologico veterinario regionale. “La base del nostro ragionamento – ha proseguito lo studioso – parte dal presupposto che gli animali siano stati sottoposti a vaccinazione quando serve e soprattutto nei tempi giusti. La patologia infatti è molto condizionata da tante altre variabili che interessano aspetti ambientali, dinamici nel tempo e nello spazio, condizioni metereologiche (umidità dell’aria, temperatura, vento e quantità di pioggia caduta a terra) e altitudine dove si trovano le greggi. A questi fattori si può inoltre integrare la realtà socioeconomica del territorio in cui opera una determinata azienda. Messe assieme queste informazioni + ha concluso Sandro Rolesu – e tenuto conto dei riscontri provenienti dagli animali sentinella posizionati nelle zone più sensibili, possiamo definire e aggiornare le nostre mappe di rischio che gli allevatori possono consultare ogni 10 giorni”. L’evento ha rappresentato un’opportunità per promuovere e aggiornare programmi e roadmap di ricerca transnazionali e globali. Sono stati inoltre diffusi i risultati di diverse ricerche scientifiche e promosse soluzioni per migliorare il controllo dei patogeni attraverso programmi sostenibili di controllo delle malattie. E poi la promozione di nuove tecnologie disponibili, il rafforzamento di reti e attività regionali, la creazione di sinergie e la costruzione di azioni e programmi comuni per garantire la sostenibilità degli interventi sanitari supportati dalle capacità di analisi dei big data. Da qui la sfida che il mondo veterinario riunito a Cagliari mette in campo per capire e rispondere alle minacce sanitarie del prossimo futuro, con particolare attenzione all’area mediterranea.

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Per due giorni, dall’1 al 2 ottobre, Cagliari sarà la capitale mediterranea dove i più accreditati studiosi di malattie animali si riuniranno per fare il punto sulle evoluzioni e il diffondersi delle epidemie che in questi ultimi anni, anche in seguito ai cambiamenti climatici e ambientali e al sempre più crescente scambio di merci fra paesi lontani, ha portato la sanità animale a scontrarsi con fenomeni nuovi e più aggressivi. La risposta innovativa che il mondo scientifico sta costruendo, alla luce di numerosi studi e ricerche, punta sulla raccolta e la condivisione dei dati: su quei Big data che grazie alle nuove tecnologie informatiche possono essere incrociati e messi a confronto così da individuare le situazioni di criticità ancor prima che diventino ingovernabili. L’intreccio dei dati più prettamente sanitari con quelli ambientali, metereologici e socioeconomici può assicurare, secondo gli organizzatori della due giorni di studi, il miglioramento delle produzioni animali e alti standard sul benessere degli animali.

I lavori sono organizzati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) della Sardegna in collaborazione con il ministero della Salute e con l’organizzazione intergovernativa responsabile del miglioramento della Sanità Animale nel mondo, l’OIE (Office International des Epizooties), oggi denominata OIE-World Organisation for Animal Health. Ad affollare le sale del T-Hotel di Cagliari saranno, oltre alla direttrice generale dell’OIE, Monique Eloit, e al direttore generale dei servizi veterinari del ministero della Salute, Silvio Borrello, circa 150 studiosi provenienti da 25 Paesi soprattutto dell’area mediterranea: dal nord Africa al Medio Oriente passando per l’Europa. La Sardegna, da parte sua, interverrà con il direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada, sul tema della Peste suina africana, mentre Sandro Rolesu, dell’Osservatorio epidemiologico veterinario regionale, farà il punto sulla Blue tongue (lingua blu), la febbre catarrale che colpisce gli ovini. Porterà inoltre i saluti della Giunta regionale l’assessore della Sanità, Mario Nieddu. L’appuntamento della prossima settimana si inserisce nell’ambito della collaborazione e degli accordi sottoscritti, nel 2017, tra il ministero della Salute, gli istituti zooprofilattici italiani e l’OIE.

L’OIEè composto da 182 Paesi e ha sede a Parigi. A differenza dell’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) non fa parte del sistema delle Nazioni Unite. L’OIE è tuttavia riconosciuta dalla Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) quale riferimento per gli standard che si applicano ai commerci internazionali di animali e loro prodotti (carne, latte, formaggi, etc.). In questo contesto, l’OIE ha acquisito nel corso degli ultimi decenni un peso politico e un’autorevolezza sempre più crescente.

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L’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della Peste suina africana in Sardegna ha diffuso una nota con la quale comunica che ieri nelle campagne di Baunei, in località Golgo, sono stati abbattuti 3 maiali a seguito del riscontro della sieropositività alla PSA su uno di questi. Le attività, coordinate dall’UdP e condotte dai veterinari dell’ATS e del Giv (Gruppo di intervento veterinario regionale) in collaborazione con il personale del Corpo forestale e di Vigilanza ambientale, si sono svolte in un nuovo allevamento che stava regolarizzando i suini detenuti in precedenza al pascolo brado illegale e quindi mai sottoposti ai dovuti controlli sanitari. Proprio la provenienza degli animali, in un territorio a forte rischio di contagio per la presenza di pochi altri branchi al pascolo irregolare e del virus nel selvatico, ha allarmato i veterinari visti soprattutto i risultati positivi dei test effettuati sul sangue di uno dei maiali. Dai capi abbattuti sono stati quindi prelevati i campioni di milza, reni e linfonodi che ieri sera sono stati analizzati nei laboratori dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) di Nuoro con esito negativo alla ricerca del virus. Le operazioni di abbattimento e di messa in sicurezza del sito sono state condotte con la preziosa collaborazione dell’amministrazione comunale di Baunei guidata dal sindaco, Salvatore Corrias.

«La decisione di abbattere tutti e tre i suini di un allevatore che intendeva regolarizzarsi, a fronte della positività di uno solo di essi, è una misura molto spiacevole da adottare anche perché in passato, in altre circostanze, si è stati a volte più flessibili. Ma a questo stadio così avanzato dell’eradicazione e in una situazione come quella di Baunei che desta ancora molta preoccupazione, è necessario essere, nostro malgrado, rigorosi. Ci potevamo trovare di fronte a soggetti portatori del virus, i più pericolosi dal punto di vista epidemiologico. Anche se la presenza del virus non è stata confermata, e pertanto non si è trattato di focolaio, era indispensabile agire con determinazione – ha detto il direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada -. Gli straordinari risultati ottenuti fino a oggi parlano a favore della strategia centripeta e progressivamente più rigorosa che abbiamo adottato. Cambiare questo approccio proprio adesso metterebbe a rischio tali risultati. Queste misure forti e non certo facili da prendere, sono il prezzo da pagare per liberarci finalmente e definitivamente dalla PSA, dopo oltre 41 anni di perdite economiche inenarrabili per i nostri allevatori e la nostra terra. Siamo molto vicini all’obiettivo – ha concluso Alberto Laddomada – teniamo duro ancora un po’.»

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Per il decimo anno l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna ha presentato alcune delle ricerche più rilevanti svolte dai suoi laboratori negli ultimi due anni. Presso la sala convegni della Promocamera di Sassari si sono dati appuntamento i ricercatori che operano nel campo della salute animale e della sicurezza alimentare dell’Isola, per fare il punto sullo stato dell’arte della ricerca negli ultimi due anni e sulle prospettive normative e finanziarie.

Dal convegno è emerso come sia prioritario mantenere alti standard di qualità e di quantità della ricerca, per poter accedere ai fondi messi a disposizione annualmente dal ministero della Salute (la cosiddetta ricerca corrente). I requisiti dei diversi enti di ricerca vengono valutati annualmente dal Ministero, tramite una serie di indicatori che monitorano il carattere innovativo della ricerca e la sua  ricaduta nei diversi ambiti sanitari (numero delle pubblicazioni, produzione di protocolli e metodi sperimentali, numero di report tecnici prodotti, personale coinvolto nella ricerca ecc.).

«Questi parametri – evidenzia il direttore dell’Istituto Zooprofilattico Alberto Laddomada – negli ultimi anni sono in costante miglioramento. Nel 2018 i progetti che fanno capo alla ricerca corrente ammontano a 607.000 euro, il finanziamento per l’Istituto è dunque cresciuto di 50.000 euro rispetto al 2017. Così come sono aumentate considerevolmente le collaborazioni, cooperazioni comunitarie o internazionali.»

Nel triennio passato, la mole complessiva di attività e di finanziamenti per la ricerca dell’Istituto è cresciuta anche in base alla capacità di attrarre ulteriori finanziamenti che si aggiungono a quelli sulla ricerca corrente. Solo nel corso del 2018 ai finanziamenti per progetti di ricerca corrente si sono aggiunti circa 480.000 di risorse esterne. Fra questi, un programma di ricerca per l’utilizzo degli scarti di macellazione (progetto PRISMA), che vede un importo di più di € 68.000, un progetto relativo ad uno studio sulla Peste Suina Africana, finanziato con 100.000 euro, e un progetto strategico del Ministero dell’Università e Ricerca finanziato per circa 150.000 euro.

La previsione per il 2019 è di incrementare ulteriormente sia la ricerca corrente che, soprattutto, la ricerca derivante da progetti specifici. In cantiere l’Istituto ha già due importanti attività.

Uno è il progetto Helix, progetto per il recupero della sostanza mucosa dalle chiocciole a fini cosmetici e farmaceutici, finanziato dal ministero della Ricerca e dal Fondo Europeo di Coesione  per un totale di € 3.283.999 (di cui € 1.281.000 all’Istituto Zooprofilattico come capofila di un partenariato nazionale).

L’altro importante progetto, finanziato recentemente, riguarda la ricerca sul vaccino per la PSA, nella sua variante differente da quella sarda che sta aggredendo est Europa e Oriente del mondo, presentato sui finanziamenti Horizon 2020. E’ il progetto VACDIVA – A safe DIVA sus scrofa vaccine for African Swine Fever control – vedrà un finanziamento per l’Istituto di circa € 400.000 per quattro anni.

Pierfrancesco Catarci, della Direzione Generale della Sanità animale e farmaci veterinari, ha illustrato poi confortanti prospettive per la stabilizzazione dei precari della ricerca dell’Istituto attraverso la prossima finalizzazione della cosiddetta “Piramide della ricerca”, che prevede una loro stabilizzazione all’interno del comparto del Servizio Sanitario Nazionale.

La giornata è proseguita con la presentazione di alcune delle ricerche condotte dall’Istituto negli ultimi due anni: uno studio sulla Leptospirosi (a cura di Maria Nicoletta Ponti), su lentivirus di ovini e suini (responsabile Ciriaco Ligios), peste Suina africana (Annalisa Oggiano) su microrganismi patogeni emergenti (Sebastiano Virgilio), su vibrioni ittici in molluschi bivalvi (Fulvio Salati), sugli allergeni ittici negli alimenti (Bruna Vodret) e infine sugli stafilococchi coagulasi-negativi (Sebastiana Tola)

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Per il decimo anno l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna propone alcune delle ricerche più rilevanti svolte dai suoi laboratori negli ultimi due anni. Oltre al continuo servizio sul campo – l’assistenza ad allevatori nella sanità animale, ai cittadini con la sorveglianza e prevenzione delle malattie ad origine animale e i continui controlli sulla sicurezza alimentare – l’Istituto è impegnato quotidianamente nello sviluppo di nuove soluzioni e metodi sempre più efficaci nel campo della ricerca.

Nel triennio passato, la mole complessiva di attività e di finanziamenti per la ricerca dell’Istituto è cresciuta considerevolmente, anche in base alla capacità di attrarre finanziamenti che esulano dalla ricerca corrente, come il progetto Helix, progetto per il recupero della sostanza mucosa dalle chiocciole a fini cosmetici e farmaceutici, finanziato dal ministero della Ricerca, un programma di ricerca per l’utilizzo degli scarti di macellazione (progetto PRISMA)e un nuovo progetto relativo alla ricerca sul vaccino per la PSA presentato sui finanziamenti Horizon 2020 e recentemente approvato.

Le ricerche presentate quest’anno sono sette, e vanno da uno studio sulla Leptospirosi, malattia infettiva con ancora alte incidenze soprattutto in Paesi in via di sviluppo e nelle regioni tropicali – ma le cui tracce sono state rinvenute in cinghiali e mammiferi marini anche nella nostra Isola – ai virus su ovini e suini. Numericamente rilevanti le presentazioni delle ricerche sulla sicurezza alimentare, con indagini su molluschi, prodotti caseari e sugli allergeni nei prodotti ittici.

Il convegno è riservato ad operatori sanitari del territorio e aperto alla stampa.

Il programma della giornata:

8,30-09,00: Registrazione dei partecipanti

9,00- 09,15: Presentazione della giornata

Dir. Generale, Alberto Laddomada; Dir. Sanitario, Simonetta Cherchi; Dir. Amministrativo, Giovanni Deriu

9,15- 09,45: La ricerca corrente negli Istituti Zooprofilattici Sperimentali. Il ruolo del Ministero della Salute

Dir. Gen. Sanità animale e farmaci veterinari, Silvio Borrello; Marco Ianniello; Pierfrancesco Catarci

9,45-10,20: Isolamento e caratterizzazione di Leptospira spp. da matrici ambientali ed animali in Sardegna

Responsabile scientifico Maria Nicoletta Ponti

Relatrici: Maria Nicoletta Ponti – Ivana Piredda

10,20-11,00: Studio delle varianti genetiche che regolano l’infezione da lentivirus negli ovini di razza sarda

Responsabile scientifico: Ciriaco Ligios

Relatori: Elisabetta Coradduzza – Rosario Scivoli

11,00-11,30 Pausa caffè

11,30-12,10: Modulazione del fenotipo e della funzionalità di sottotipi di macrofagi con ceppi di peste Suina africana a diversa virulenza

Responsabile scientifico: Annalisa Oggiano

Relatrice: Giulia Franzoni

12,10-12,50: Ricerca e caratterizzazione molecolare di Vibrio parahaemolyticus e vibrioni ittici (V. vulnificus, V. splendidus, V. aestuarianus, ecc.) in molluschi bivalvi allevati e commercializzati nella Regione Sardegna

Responsabile scientifico: Fulvio Salati

Relatrici: Daniela Mandas – Pina Lorenzoni

12,50-13,30: Ricerca e caratterizzazione biomolecolare di microrganismi patogeni emergenti del genere Arcobacter in prodotti alimentari

Responsabile scientifico: Sebastiano Virgilio

Relatore: Sebastiano Virgilio

13,30-14,30 Pausa pranzo

14,30-15,10: Allergeni ittici negli alimenti: sviluppo di metodi innovativi per l’individuazione e la quantificazione

Responsabile scientificoBruna Vodret

Relatrice: Simona Cau

15,10-15,50: Gli stafilococchi coagulasi-negativi rappresentano un serio rischio per la salute umana ed animale?

Responsabile scientificoSebastiana Tola

Relatrice: Sebastiana Tola

15,50-16,10: discussione e conclusioni.

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«Abbiamo constatato con piacere che le misure adottate nel corso degli ultimi quattro anni, e intensificate dal 2017, hanno portato a un forte miglioramento della situazione PSA nei suini domestici e nei cinghiali. Quanto ottenuto fino ad oggi rappresenta il coronamento di quanto messo in campo dal Sistema Regione, con impegno e determinazione, in questi ultimi anni.»

Lo ha scritto, in una lettera inviata al presidente Francesco Pigliaru, il presidente nazionale dell’Associazione industriali delle carni e dei salumi (ASSICA), Nicola Levoni, che nel documento ha espresso «pieno apprezzamento, e un ringraziamento di cuore, per gli enormi sforzi profusi nel tentativo di eradicare la Peste suina africana». Il componente di Confindustria ha quindi aggiunto: «Ricordo ancora quando nel 2014 il ministero della Salute voleva commissariare la Sardegna in conseguenza della disastrosa situazione venutasi a determinare a seguito dell’esplosione di focolai nel biennio 2012-2013. Ma poi abbiamo costatato, con estrema soddisfazione, che proprio da lì è partita la scelta della Sua Giunta di fare della battaglia contro la PSA un impegno di legislatura». Nicola Levoni, nel ricordare come in passato ASSICA fu molto critica con la Sardegna sulla gestione della malattia che invece oggi «pare manchi davvero poco per essere eradicata», auspica che la «prossima Giunta regionale non dilapidi gli enormi risultati ottenuti, proprio adesso che siamo in vista del traguardo, ma che possa continuare ad andare avanti, con la stessa risolutezza e professionalità, sulla strada intrapresa».

Nell’ambito delle attività di contrasto agli ultimi branchi di maiali al pascolo brado illegale ancora presenti in alcuni territori del centro Sardegna, gli uomini dell’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della PSA sono intervenuti oggi in agro di Desulo per abbattere 74 suini bradi, non registrati all’anagrafe animale, di proprietà ignota e mai sottoposti ai dovuti controlli sanitari. All’intervento, coordinato dall’UdP in stretta collaborazione con la Prefettura e la Questura di Nuoro, hanno partecipato i veterinari dell’Azienda Tutela della Salute (ATS) e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS), gli uomini del Corpo forestale e di Vigilanza ambientale, il personale dell’Agenzia Forestas. Le attività si sono svolte fra le montagne innevate e in condizioni metereologiche particolarmente avverse che non hanno tuttavia impedito alle squadre di individuare, catturare e abbattere i suini irregolari.

Dalle analisi di laboratori effettuate dall’IZS sui campioni prelevati dai maiali allo stato brado illegale depopolati lo scorso 15 gennaio, in sette distinte località nei territori di Talana (50 capi) e Villagrande Strisaili (96 capi), sono risultati sieropositivi solo il 13% degli animali analizzati nel primo caso e il 9% nel secondo.

«La percentuale dei sieropositivi – ha spiegato il direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada – è più bassa rispetto ai precedenti abbattimenti, da poco effettuati negli stessi comuni, poiché probabilmente si tratta di gruppi che vivevano isolati l’uno dall’altro, poco numerosi e rinvenuti in zone molto impervie. In tali condizioni – ha aggiunto Alberto Laddomada – il virus ha minore possibilità di diffusione e persistenza. È bene tuttavia ricordare che proprio in questo momento, quando siamo molto vicini al risultato finale dell’eradicazione, bisogna essere molto rigorosi nelle attività di contrasto senza abbassare, neanche per un momento, la guardia.»

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L’eradicazione della Peste suina africana (PSA) in Sardegna è vicina, un obiettivo atteso da 40 anni, da quando la malattia arrivò dalla penisola iberica. Dagli ultimi dati presentati oggi, durante una conferenza stampa a Villa Devoto a Cagliari, le misure adottate nel corso degli ultimi 4 anni e intensificate dal 2017 hanno portato a un forte miglioramento della situazione PSA nei suini domestici e nei cinghiali. Secondo il report, illustrato dal presidente Francesco Pigliaru e dai vertici dell’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della malattia, «la PSA è attualmente riscontrata, pressoché esclusivamente in alcune aree della Sardegna centrale, prevalentemente nei maiali bradi ancora presenti e in minor misura in alcune popolazioni di cinghiali. Molto probabilmente, il virus della PSA non è in grado di persistere nei soli cinghiali, in cui appare in via di graduale auto-estinzione. Le azioni di depopolamento dei maiali bradi ancora presenti continueranno quindi nelle prossime settimane e mesi, mentre la definitiva eradicazione della PSA è prevista nel 2019/2020».

Nella presentazione del rapporto, sul piano più prettamente tecnico-scientifico, sono intervenuti il responsabile dell’UdP e direttore generale della Presidenza della Regione, Alessandro De Martini, il direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS), Alberto Laddomada, e il Coordinatore unico per la lotta alla PSA dell’ATS, Franco Sgarangella. Proprio Sgarangella ha rappresentato l’UdP, ieri a Bruxelles, alla riunione tecnica con una delegazione della Sanità animale della Commissione europea, a cui ha partecipato anche il ministero della Salute, in cui sono stati illustrati i notevoli progressi raggiunti dalla Regione Sardegna nell’eradicazione della PSA.

«L’eradicazione della Peste suina, che ha tenuto i nostri territori in ostaggio per quarant’anni, era un obiettivo di legislatura – ha detto il presidente Pigliaru -. Aver affrontato questa battaglia complicata in modo così articolato, con capacità, determinazione, coraggio, arrivando a un risultato tanto positivo, è uno dei grandi successi della nostra azione di governo. Ci sono ancora passaggi da fare, naturalmente, ma vuol dire che abbiamo consolidato la lotta, coinvolto i territori, cambiato il clima e la prospettiva non solo in Sardegna ma anche a Bruxelles, da dove oggi finalmente arriva una apertura importantissima. Vuol dire che abbiamo fatto quello che nessuno aveva fatto prima, che siamo a un passo dalla vittoria definitiva, storica. È un caso di successo basato su punti chiari: abbiamo modificato i livelli di responsabilità – ha spiegato – sollevando i Sindaci dalla difficoltà della gestione diretta del problema e nello stesso tempo abbiamo individuato e seguito un modello scientifico che ha già funzionato in Estremadura cambiando l’economia di un’intera regione. Ancora, abbiamo facilitato in tutti i modi possibili l’uscita dall’illegalità. Siamo riusciti a fare tutto questo attraverso la formula di governance dell’Unità di Progetto, che si è rivelata vincente anche per il programma Iscol@. La storia di questa battaglia è la storia di un lavoro di squadra che ha coinvolto e messo insieme moltissime persone, cittadini, professionisti, amministratori, istituzioni di ogni livello – ha concluso Francesco Pigliaru -, che ha ringraziato quanti hanno lavorato per raggiungere il risultato. Nella considerazione dell’Europa stiamo passando dall’essere gli ultimi della classe a diventare un modello per gli altri, è un successo che appartiene a tutta la Sardegna e di cui andiamo orgogliosi».

«Il risultato di oggi è il coronamento di quanto messo in campo dal Sistema Regione, con impegno e determinazione, in questi ultimi 5 anni. Nel 2014 il ministero della Salute voleva commissariare la Sardegna in conseguenza della disastrosa situazione venutasi a determinare a seguito dell’esplosione di focolai nel biennio 2012-2013. Da lì è partita la scelta della Giunta di fare delle battaglia contro la PSA un impegno di legislatura». Così Alessandro De Martini che ha aggiunto: «Il 2014 non era l’anno zero, ma eravamo al 36esimo anno di presenza della malattia in Sardegna. Siamo quindi partiti dall’analisi degli errori del passato per costruire un piano d’intervento che avesse un approccio innovativo. Per fare questo abbiamo, con umiltà, cercato l’aiuto dei maggiori esperti sul campo; li abbiamo trovati in Sardegna e all’estero e con loro abbiamo elaborato la strategia d’intervento e pianificato le attività di questi anni. La questione della PSA in Sardegna – ha proseguito il responsabile dell’Unità di Progetto – coinvolge diversi temi e, tra questi, l’uso delle terre civiche e la gestione dei controlli che spettano alle amministrazioni locali in tema sanitario. E proprio avendo cura delle inevitabili difficoltà degli amministratori locali, abbiamo lavorato affinché il Consiglio regionale votasse la legge 34 del 2014 che ha permesso, tra l’altro, di sollevare i sindaci da responsabilità legate al tema degli abbattimenti, allontanando il più possibile dai Comuni la gestione di questi momenti di crisi. In ogni abbattimento, di animali non registrati e di cui fosse ignota la proprietà, i sindaci sono stati sempre informati a operazione in corso e mai prima». A questo si aggiunga che è stato avviato un confronto aperto con tutti gli attori coinvolti nella problematica: amministratori locali, allevatori e loro rappresentanze, cacciatori e loro associazioni e con tutti è stata intrapresa una forte collaborazione che ha contribuito grandemente al raggiungimento del risultato di oggi. 

Nel fare un bilancio dell’incontro di ieri a Bruxelles, Alessandro De Martini ha spiegato che ormai ci sono tutte le condizioni per la regionalizzazione del tema PSA in Sardegna, ovvero suddividere l’Isola in zone infette e indenni, così da permettere a queste ultime di riprendere la commercializzazione delle carni e dei suoi derivati fuori regione. I tempi attesi per la riapertura dell’export sono di circa 6 mesi.

Il responsabile dell’Unità di Progetto ha inoltre ricordato che, proprio per le limitazioni dovute alla PSA che impediscono il trasporto fuori dall’Isola degli scarti di macellazione e lavorazione delle carni suine, il presidente della Regione ha dovuto adottare delle ordinanze contingibili e urgenti per consentire la prosecuzione delle macellazioni e delle lavorazioni. Però ha sottolineato anche che il prossimo 2 marzo scade, improrogabilmente l’ultima ordinanza (la quarta dal 2016) che il Presidente della Regione può emettere. A questo punto, considerato che le strutture in grado di trattare questa tipologia di scarti presenti in Sardegna non sono assolutamente sufficienti, è necessario che il ministero della Salute autorizzi il trattamento degli scarti di macellazione negli impianti del territorio nazionale. Sino ad oggi il Ministero della Salute, a fronte di specifiche richieste della Regione, ha sempre negato questa autorizzazione ma, in considerazione dei risultati ottenuti, diventerebbe difficilmente comprensibile un ulteriore diniego. 

«Oggi – ha osservato Alberto Laddomada – siamo riusciti ad eliminare buona parte dei suini bradi presenti in Sardegna. E l’impatto di questa misura è stato una forte riduzione della presenza del virus nei cinghiali selvatici, che stiamo osservando in particolare sui campioni raccolti durante la stagione venatoria ancora in corso. Inoltre, si è molto ridotta anche la proporzione di cinghiali con anticorpi, che negli animali giovani – sotto i 18 mesi di età – è al di sotto dell’1%, ulteriore dato che suggerisce che la malattia è in via di estinzione tra i selvatici. Infine, è da più di quattro mesi che non si verifica nessun focolaio di malattia nei suini domestici. Se nei prossimi mesi – ha concluso il direttore generale dell’IZS – riusciremo a eliminare gli ultimi animali bradi, potremmo pervenire alla eradicazione della malattia già nel corso di quest’anno, o al più tardi nei primi mesi del 2020.»

«In questi anni – ha detto Franco Sgarangella – noi veterinari abbiamo chiesto molti sacrifici agli allevatori con cui abbiamo lavorato costantemente e fattivamente per accompagnare le aziende su percorsi rispettosi delle norme igienico sanitarie e di biosicurezza. Lo stesso abbiamo fatto con i cacciatori nella raccolta dei campioni dai cinghiali abbattuti. Dall’incontro di ieri a Bruxelles è emersa una importante apertura della Commissione UE relativamente all’export dei prodotti suini sardi.»

Le misure di controllo della PSA si focalizzano sulle tre popolazioni di suini della Sardegna: circa 178mila capi domestici allevati in 14034 aziende; circa 90mila cinghiali presenti nell’Isola; qualche centinaio di maiali bradi illegali ancora presenti nei territori, spesso più inaccessibili, di 7/8 Comuni tra Barbagia ed Ogliastra.

Le novità più incoraggianti, e che fanno ben sperare in una prossima eradicazione della PSA, giungono dai dati elaborati sulle analisi di laboratorio effettuate nei campioni prelevati dai cinghiali selvatici dove è stata riscontrata una notevole regressione del virus (che indica infezione recente) di oltre il 95% rispetto al passato. Si è passati infatti da una presenza del virus nell’1,69% dei cinghiali analizzati nel triennio 2012-15 allo 0,67% nel 2015-2018 e allo 0,08 registrato tra il 2018-2019. In parallelo, è diminuita anche la presenza di cinghiali trovati positivi agli anticorpi contro la PSA: dal 2012 ad oggi, si è scesi dall’8,5%, poi al 4,9% e, infine, all’1,87% della stagione venatoria in corso. Grazie alla collaborazione dei cacciatori, il numero dei campioni analizzati è cresciuto di anno in anno, attestandosi ultimamente sui 12mila campioni, e questo consente di avere un quadro sempre più preciso della situazione.

Sono sostanzialmente tre le azioni che hanno alimentato il trend positivo: l’avvio, nella primavera del 2015, del nuovo programma di eradicazione da parte dell’UdP, l’intensificazione dei controlli veterinari (secondo semestre 2017) da parte dell’ATS anche grazie alla creazione dei GIV (Gruppo di intervento veterinario) e dal dicembre 2017 il depopolamento massivo dei maiali bradi e irregolari.

Dal 2015 a oggi sono stati abbattuti 3.892 maiali bradi: 478 nel 2015-2016, 616 nel 2017, 2652 nel 2018 e 146 nel 2019. Il pascolo brado, vietato da quarant’anni, non è mai stato contrastato adeguatamente come in quest’ultimo triennio. Quasi 500 maiali bradi sono stati abbattuti nel 2016, dopo una prima finestra di regolarizzazione/emersione degli allevamenti illegali. L’attività di depopolamento è stata rivista e rafforzata nel 2017 dopo una seconda finestra. Quasi 3.500 capi bradi abbattuti tra il dicembre 2017 e metà gennaio 2019 (oltre il 90% in Barbagia e Ogliastra). I test di laboratorio hanno confermato in modo inequivocabile che i maiali bradi sono la prima fonte e serbatoio di virus, con positività del 70% in alcuni territori. Oltre 200 suini, inoltre, sono stati abbattuti in aziende registrate, ma con gravi irregolarità. Le “finestre” di regolarizzazione hanno comunque consentito la emersione di circa 500 allevamenti, ora registrati e regolarmente sottoposti ai controlli veterinari previsti dalle norme.

Se nel triennio 2012-2014 i focolai registrati nelle aziende erano stati 223, con un picco di 109 nel 2013, nel triennio 2015-2017 si è scesi a 56, mentre nel 2018 ci si è fermati a 5.

Tra il 2015 e il 2018, con il dato ancora in aggiornamento sull’ultima annualità, sono stati effettuati un totale di circa 200mila controlli nelle aziende e lungo la filiera suinicola, con un costante aumento delle attività nel corso degli anni.

La riunione del Comitato Veterinario Permanente, tenuta ieri a Bruxelles, aveva all’ordine del giorno la situazione epidemiologica della Sardegna sulla presenza della PSA. Il quadro è stato presentato dal rappresentante della Regione Sardegna e dell’Unità di Progetto, Franco Sgarangella, e dal direttore generale del ministero della Salute, Silvio Borrello. Il direttore ha illustrato i dati elaborati dalla Regione che evidenziano un marcato miglioramento, in questi ultimi anni, della situazione epidemiologica sia negli allevamenti domestici sia nei cinghiali, con il contrasto al pascolo brado illegale ormai limitato ad alcune zone della Sardegna Centrale dove, nel 2018, si sono verificati 5 focolai nel domestico.

Tutti i rappresentanti della Commissione europea hanno sottolineato e apprezzato il grande lavoro fatto dalla Regione Sardegna e da tutte le amministrazioni coinvolte in collaborazione con il Ministero. I responsabili della Commissione Europea hanno incoraggiato il Ministero e la Regione ad andare avanti sulla strada intrapresa aprendo alla prossima “regionalizzazione” della Sardegna e quindi alla possibilità di riavviare l’export. Le buone pratiche utilizzate in Sardegna sono state sottolineate dai Commissari europei e da diversi Paesi membri che si sono complimentati per il lavoro svolto.

Dalle esperienze maturate tra il 1978 e il 2014 la Giunta Pigliaru ha valutato punti di forza e di debolezza nei diversi piani di eradicazione messi in campo dalla Regione in questi decenni. Il passaggio principale che ha determinato un cambio di rotta rispetto al passato è la nascita dell’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della PSA in Sardegna. L’UdP, vera novità sul piano organizzativo, per la prima volta ha messo in stretto collegamento tutti i soggetti istituzionali, e non solo, coinvolti nella lotta al virus. Un coordinamento che ha permesso di attivare un lavoro di squadra mai visto sul piano legislativo e quindi operativo nelle diverse azioni intraprese per debellare la malattia. L’UdP ha una organizzazione piramidale dove sono chiari: responsabilità, compiti e obiettivi. E dove l’informazione e il dialogo non impediscono un processo decisionale rapido ed efficace. Proprio l’approvazione della legge 34 del 2014, licenziata dal Consiglio Regionale, ha permesso per la prima volta di sollevare i sindaci, troppo esposti, dalle attività di abbattimento degli animali irregolari.

L’UdP ha coordinato le azioni degli Assessorati di Sanità, Agricoltura e difesa dell’Ambiente, dell’Azienda Tutela della Salute (ATS), dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS), del Corpo forestale e di Vigilanza ambientale, delle Agenzie regionali Forestas e Laore Sardegna. Ha poi collaborato con le istituzioni governative e dell’Unione europea, con le Prefetture e le forze di polizia nazionale, con le comunità locali e con i sindaci, con Università e Centri di ricerca nazionali ed esteri, con allevatori e trasformatori e le loro rappresentanze di categoria, con i cacciatori e le associazioni venatorie. Proprio attraverso la straordinaria collaborazione delle compagnie di caccia si è riusciti a monitorare costantemente la presenza della PSA nei cinghiali selvatici. L’Unità di Progetto ha inoltre promosso campagne informative e corsi di formazione per i cittadini e i diversi portatori di interesse.

Novità importanti, che hanno contribuito a migliorare notevolmente le attività di contrasto alla PSA, sono arrivate attraverso la riorganizzazione dei servizi veterinari che ha permesso un particolare rafforzamento dei controlli lungo tutta la filiera suina: allevamenti, macelli, punti di trasformazione e vendita, ristoranti, agriturismo, porti e aeroporti. I servizi veterinari sono stati infatti inseriti nell’ATS, mentre l’eradicazione della PSA è stato uno degli obiettivi fondamentali assegnato al direttore generale ATS, Fulvio Moirano, da parte della Giunta. Altro impulso positivo è arrivato con la nomina del Coordinatore unico per la lotta alla PSA all’interno dell’ATS, Franco Sgarangella. Ha inoltre contribuito alla buona riuscita delle attività la rotazione dei veterinari ufficiali, la creazione di 12 team addizionali (veterinario + agente tecnico), in forza all’UdP e seguiti dal Coordinatore unico, il piano interno dell’ATS per verificare l’efficacia dei controlli e la riorganizzazione dell’ufficio sanzioni.

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Lo spettro del pericoloso parassita della Trichinella è riapparso minacciosamente nelle campagne di Orgosolo fra i maiali al pascolo brado illegale abbattuti lo scorso 7 dicembre dal personale dell’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della Peste suina africana (PSA) in Sardegna. La settimana scorsa, in diversi punti dell’agro del paese del Supramonte, sono stati depopolati 108 capi ed è nel branco di 9 suini abbattuti in località “Hohosi” che è stata riscontrata la presenza della Trichinella, dopo i controlli di laboratorio effettuati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) sui campioni raccolti. La trasmissione del parassita rischia di aumentare nel caso in cui, come più volte documentato dall’UdP, nelle campagne si abbia contaminazione ambientale determinata dall’abbandono sui campi di carcasse animali, non smaltite come previsto dalla legge, che favoriscono il cannibalismo fra cinghiali o maiali domestici a pascolo brado illegale. Una situazione di degrado che, oltre all’aspetto più meramente zootecnico, riguarda anche la presenza di manufatti abusivi realizzati con materiali ferrosi, amianto o di recupero da vecchie automobili che potrebbero determinare una contaminazione con metalli pesanti e diossine anche a causa di roghi in cui sono stati dati alle fiamme rifiuti di origine sconosciuta.

«In Sardegna, i controlli sulla Trichinella – ha spiegato Franco Sgarangella, responsabile dei veterinari ATS per la PSA -, sono obbligatori su tutti i maiali macellati e su tutti i cinghiali cacciati. Tali procedure sono dettate dall’estrema pericolosità del parassita che potrebbe causare gravi problemi di salute a chi inavvertitamente si dovesse cibare di carni infette.»

L’appello ai consumatori arriva dal direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada, che invita tutti i cittadini ad acquistare carni sicure, certificate, provenienti da allevamenti regolari (come quelli già presenti oggi anche a Orgosolo) e quindi sottoposte ai dovuti controlli igienico-sanitari. «Ricordo a tutti i cittadini – ha osservato Alberto Laddomada – di non mettere in tavola carni e salumi acquistati dal mercato illegale, di provenienza ignota o addirittura macellate clandestinamente senza gli indispensabili controlli dei veterinari che attestino la salubrità dei prodotti. Con la Trichinella infatti non si scherza: è pericolosissima per la salute dell’uomo e in casi estremi può portare al decesso». 

Il periodo invernale rappresenta il momento di maggior rischio di infezione per l’uomo, poiché in questa stagione, tradizionalmente, molte famiglie macellano il maiale per preparare prosciutti, salsicce, guanciali, pancetta e altri derivati. Questi prodotti “fatti in casa” rappresentano la principale sorgente di infezione perché non cotti ed è quindi assolutamente necessario che tutti gli animali macellati o cacciati siano sottoposti all’esame specifico per la ricerca della Trichinella, prima del loro consumo.

Il parassita si localizza inizialmente a livello intestinale per dare poi origine a una nuova generazione di larve che migrano nei muscoli dove si incistano. La trasmissione all’uomo avviene esclusivamente per via alimentare con il consumo di carne cruda o poco cotta contenente la larva del parassita. Il periodo di incubazione è di circa 8-15 giorni, con variazioni da 5 a 45 giorni a seconda del numero dei parassiti ingeriti. La trasmissione può avvenire attraverso il consumo di carni suine (maiale e cinghiale) o equine. La sintomatologia classica è caratterizzata da diarrea, dolori muscolari, debolezza, sudorazione, edemi alle palpebre superiori, fotofobia e febbre.

La Trichinellosi è una zoonosi parassitaria del genere Trichinella. Presente in tutti i continenti, tranne che nell’Antartico, è stata segnalata in più di 100 specie di mammiferi, 13 specie di uccelli, 3 specie di rettili e colpisce oltre 2.500 persone all’anno. Il parassita è presente in Sardegna dal 2005 quando, in due distinti focolai (aprile e dicembre), 19 persone finirono in ospedale con sintomi clinici causati da grave infestazione di Trichinella. In entrambi i casi, verificatisi a Orgosolo, venne accertata che l’origine dell’infestazione era dovuta al consumo di insaccati freschi provenienti da suini macellati senza controllo sanitario.

Nel 2007 un altro episodio coinvolse un essere umano, poi nessuna segnalazione fino al gennaio 2011 quando è ricomparsa la malattia con 6 casi che hanno richiesto il ricovero in ospedale. Il numero sarebbe potuto essere molto più elevato se non si fosse adottata l’ordinanza comunale, concordata con l’Assessorato  regionale della Sanità, che consentiva il controllo degli animali irregolari macellati per consumo familiare nel comune di Orgosolo. Infatti, dopo aver confermato che la fonte dell’infestazione nelle persone ricoverate erano stati, anche in questo caso, gli insaccati provenienti da una scrofa macellata per uso famiglia, nel periodo gennaio-marzo l’IZS di Nuoro esaminava 351 maiali, abbandonati allo stato brado nel territorio comunale di Orgosolo senza alcun controllo sanitario, riscontrando positività per Trichinella in altri 8 capi, prontamente esclusi dal consumo alimentare.

La Trichinella, tranne un’unica positività riscontrata nel 2008 in un cavallo importato dai Paesi dell’Est e macellato regolarmente in un mattatoio della provincia di Cagliari, è stata rilevata fino a oggi quasi esclusivamente nei territori dell’agro di Orgosolo. L’infezione, dai primi focolai del 2005, si è diffusa in quasi tutto il territorio del comune, avvicinandosi pericolosamente ai paesi limitrofi, in particolare di Nuoro e Oliena.

La fauna selvatica e in particolare le volpi, che costituiscono il vero serbatoio della Trichinella, e i cinghiali interagiscono con le diverse specie selvatiche e con suini bradi presenti nello stesso territorio.

La presenza della Trichinella nella fauna selvatica e la promiscuità tra questa e i suini allo stato brado illegale è un motivo in più (si veda la PSA) per regolamentare definitivamente l’allevamento estensivo del suino, da portare avanti al pascolo confinato, in regime di semibrado e con il rispetto delle norme sanitarie e di biosicurezza.

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Sono stati ufficializzati oggi i risultati delle analisi di laboratorio effettuate dall’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) sui 181 maiali allo stato brado illegale, di ignota proprietà, non registrati all’anagrafe animale e quindi mai sottoposti ai dovuti controlli sanitari, che sono stati abbattuti lo scorso 16 novembre, nei territori dell’Ogliastra, dall’Unità di Progetto per l’eradicazione della Peste suina africana in Sardegna. L’85% delle campionature analizzate sui 112 capi abbattuti in agro di Talana sono risultate sieropositive ai test sulla PSA, mentre si attesta al 42% la sieropositività di quelle effettuate sui 69 suini depopolati nelle campagne di Villagrande Strisaili. Sono inoltre risultati positivi al virus della PSA 3 maiali a Talana e 2 a Villagrande, circa il 2,7% sul totale degli abbattuti.

“Le attività di monitoraggio del territorio nell’ambito del contrasto alla pratica illegale del pascolo brado dei maiali continueranno in tutta la Sardegna e in particolare nelle aree più a rischio, così da ridurre e contenere al massimo il continuo scambio della malattia tra soggetti infetti e sani”. Lo ha detto il responsabile dell’Unità di Progetto e direttore generale della presidenza della Regione, Alessandro De Martini, cha ha aggiunto: “Registrare i propri animali, sottoporli ai dovuti controlli sanitari e allevarli in legalità secondo le norme di biosicurezza è l’unico modo con cui possiamo sconfiggere la Peste suina africana. Si tratta di regole sul cui rispetto non possono esserci alibi per nessuno: coloro che le violano e coloro che cercano di giustificare l’illegalità si pongono contro l’interesse dell’intera comunità della Sardegna, impedendo che si realizzi l’eradicazione della PSA e quindi la riapertura alla commercializzazione delle nostre carni suine fuori regione”.

“Questi dati – ha spiegato il direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada – confermano che purtroppo il virus della PSA circola nei suini bradi ancora presenti in Barbagia e Ogliastra, che rappresentano l’ultimo ostacolo alla definitiva eradicazione del virus. Grazie alle intense attività di controllo della malattia, infatti, la situazione epidemiologica complessiva è molto positiva in tutta l’Isola, sia nei suini domestici e sia nei cinghiali. L’obiettivo finale, atteso da quarant’anni, è ormai a portata di mano. Si tratta – ha concluso Alberto Laddomada – solo di completare le attività di contrasto al pascolo brado, così come si sta facendo con continuità da un anno a questa parte”.