25 April, 2024
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Le manifestazioni in omaggio alle gesta della Brigata “Sassari” – nei luoghi in cui essa, nella Prima guerra mondiale, combatté valorosamente (e con grande sacrificio dei suoi componenti: fanti ma anche ufficiali) -, che si sono tenute nei giorni 22 e 23 giugno 2018 a Musile di Piave, a Fossalta di Piave e a Meolo (tutte località in provincia di Venezia), rientrano nel Progetto della Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (F.A.S.I.) denominato “Centenario della Grande Guerra nei Luoghi della Memoria esistenti nei comuni della Battaglia del Piave” (detta anche “Battaglia del  Solstizio” secondo l’espressione coniata da Gabriele D’Annunzio).
Questa più recente tappa del percorso commemorativo del Centenario si è collegata anche alla ricorrenza di un particolare decennale: nei giorni 20-22 giugno del 2008, infatti, la F.A.S.I. e i tre Comuni interessati, con la collaborazione fattiva dei 131 Comuni di cui erano originari, avevano voluto ricordare, a distanza di 90 anni e con appositi monumenti, i 138 ragazzi del ’99 della Brigata “Sassari” caduti nella “Battaglia del Solstizio”.
Questa Battaglia, ufficialmente nota come Seconda Battaglia del Piave, fu l’ultimo tentativo di sfondamento della linea italiana operato da parte delle truppe austro-tedesche. Fu combattuta tra il 15 e il 22 giugno 1918. Il successo italiano determinò un rivolgimento del fronte che in quattro mesi portò alla vittoria finale dell’esercito italiano sul nemico austro-ungarico.
La delegazione della F.A.S.I  (la presidente Serafina Mascia, il presidente onorario Tonino Mulas, i componenti del Comitato Esecutivo Renzo Caddeo e Rita Danila Murgia, Saverio Vidili per il Circolo culturale sardo “Ichnusa” di  Mestre-Venezia), insieme con numerosi altri partecipanti non solo della zona (Associazioni Combattentistiche e Protezione Civile, soci dei Circoli sardi del territorio) ma provenienti anche da altre località (Coldiretti Sardegna – Fondazione Campagna Amica tra gli altri) ha rivisitato i diversi monumenti celebrativi, compresi ovviamente quelli  eretti nel 2008, davanti ai quali sono stati pronunciati i discorsi ufficiali.
Prima tappa nella piazzetta di Croce, frazione di Musile di Piave, dove al capitano “sassarino” Tito Acerbo (Loreto Aprutino, in provincia di Pescara, 4 marzo 1890 – Croce, 16 giugno 2018), medaglia d’oro al valor militare, sono dedicati un cippo ed una colonna spezzata. Nello stesso giorno, nella stessa località, morì il sottotenente Attilio Deffenu (nato a Nuoro il 28 dicembre 1890), medaglia d’argento, e forse sarebbe giusto ricordarlo – come ha sottolineato qualcuno – almeno con un cippo (se non con una colonna) al fianco del coetaneo Acerbo.
Dopo i saluti della sindaca di Musile, Silvia Susanna, è stata illustrata la figura eroica del capitano Acerbo; è quindi seguita la deposizione di due corone di fiori davanti ai due monumenti.
Dopo che il generale di C.A. (aus) Enrico Pino (autore di un prezioso volumetto su “La Brigata ‘Sassari’ sul Piave nella Battaglia del Solstizio”, opportunamente ristampato per la circostanza) ha dato un sintetico quadro degli schieramenti che furono in campo nella zona, c’è stata la prima performance del tenore “Funtava Vona” di Orgosolo, che si è esibito in tutte le successive tappe del percorso.
Ci si è quindi trasferiti nel luogo, a poca distanza, in cui sono il cippo e la lapide che in «affratellante gemellaggio» i comuni di Armungia (paese natale di Emilio Lussu) e di Musile di Piave il 21 giugno 2008 vollero porre alla memoria del valoroso capitano della 8ª Compagnia (medaglia d’argento), che ruppe l’accerchiamento in cui era stata rinserrata e che «aprendosi la via nelle file nemiche con le baionette» ebbe la possibilità di rientrare nel reggimento.
In questa circostanza sono intervenuti Serafina Mascia e Battista Cualbu, presidente di Coldiretti Sardegna.
All’aperto si è quindi tenuta a Musile la seduta straordinaria dei Consigli comunali di Musile, Meolo e Fossalta per celebrare il Decennale del conferimento della Cittadinanza Onoraria alla Brigata “Sassari”: la sindaca del comune di Musile ha letto e distribuito copia della delibera assunta unitariamente dai tre Comuni in  merito a questo riconoscimento. Erano presenti anche due alti ufficiali dell’attuale Brigata “Sassari”. Ha partecipato, guidata dal sindaco, Mario Bianchi, anche una delegazione del comune di Longone Sabino (Rieti), paese natale di Attilio Verdirosi, medaglia d’oro al valor militare a Fosson della Battaglia (frazione di Meolo).
Ci si è trasferiti quindi in località Osteria Fossalta di Piave, dove una lapide datata 20 giugno 2008 ricorda l’eroismo della Brigata “Sassari”: «Il sacrificio estremo dei reparti di protezione consentì agli esausti Battaglioni della Brigata  di ripiegare sulla linea di resistenza Palumbo – Losson – Meolo  da dove gli intrepidi Sardi, balzati al contrattacco il 23 giugno ricacciarono oltre il Piave l’invasore». Sono intervenuti Saverio Vidili ed il sindaco di Fossalta, Massimo Sensini, che ha illustrato nel dettaglio lo svolgimento delle azioni belliche in quel caposaldo e ha poi guidato la comitiva alla riva del vicino Piave, dove è stato eretto il «Battistero della Pace in memoria dei Ragazzi del ’99 eroici difensori in queste sponde del Piave». Il sindaco ha altresì illustrato il percorso “La Guerra di Hemingway”, che consente di scoprire i luoghi della Grande Guerra sul fiume Piave sulle orme del grande scrittore americano. Fossalta di Piave, durante la Grande Guerra, era al centro dei fuochi dei due eserciti nemici attestati sulle opposte sponde del fiume. «Tra questi due fuochi c’erano anche i volontari della Croce Rossa tra cui Hemingway, che si arruolò per andare a combattere in Europa come conducente delle ambulanze della Croce Rossa americana. Hemingway si trovò coinvolto nella ritirata dell’esercito italiano dopo la disfatta di Caporetto e passò del tempo a Fossalta di Piave, luogo dove venne ferito e che narrò nel suo romanzo “Di là dal fiume e tra gli alberi”, menzionando la famosa Casa Gialla, la casa che vide appena ferito al Buso Burato, nella sera dell’8 luglio 1918». Al tramonto, nella Piazza del Municipio di Fossalta di Piave, la Coldiretti Sardegna ha aperto gli stand allestiti per far conoscere cultura, tradizioni e produzioni dell’isola e ha proposto una cena tipica sarda.
La giornata si è chiusa con l’applaudita Rappresentazione teatrale sulla Prima guerra mondiale raccontata dal punto di vista dei soldati e della popolazione che ha per titolo “La Guerra di Giovanni”: testi di Edoardo Pittalis (tratti dal suo libro omonimo); canzoni e  musiche eseguite da Gualtiero Bertelli e dalla Compagnia delle Acque. Sul palco: Pittalis, voce narrante; Bertelli, voce fisarmonica e chitarra; Paolo Favorido, pianoforte; Giuseppina Casarin, voce; Rachele Colombo, voce, percussioni e mandola.
La mattina di sabato 23 giugno, il ritrovo generale è stato a Losson della Battaglia, frazione di  Meolo, nella piazzetta Brigata Sassari.
Presso la chiesa di San Girolamo il parroco don Roberto Mistrorigo ha celebrato la messa, che è stata accompagnata dalla Corale “San Girolamo” e conclusa dall’esibizione del Tenore “Funtana Vona” di Orgosolo.
Sono seguiti quindi i discorsi di  commemorazione ufficiale presso il Monumento alla Brigata “Sassari” proprio nel decennale della collocazione di questo Monumento dedicato nel 2008 dalla F.A.S.I. e da 131 Comuni della Sardegna ai caduti della Battaglia del Solstizio. L’opera si deve all’architetto Franco Niffoi e all’artista Albino De Martis: «Il monumento, voluto dalla F.A.S.I., ha la forma di una sorta di nuraghe stilizzato in forme geometriche ed è stato realizzato con pietre della Sardegna: graniti, trachiti, basalti, porfidi e arenarie. Tutt’attorno le lapidi ricordano il nome e il paese d’origine dei caduti, 138 “Sassarini”  ragazzi del ’99, la cui identità è stata ricostruita dal luogotenente Antonio Pinna, consulente storico della Sassari».
Numerosi i discorsi ufficiali. Hanno preso la parola: la sindaca di Meolo Loretta Aliprandi; Serafina Mascia, presidente della F.A.S.I.; il vicepresidente della Regione Veneto, Gianluca Forcolin; i sindaci di Musile di Piave e di Fossalta; il sindaco di Longone Sabino; un consigliere  per ciascuna delle due associazioni nazionali degli artiglieri e del marinai; il figlio, venuto da Tucuman, in Argentina, di Gustavo Fossati, che figura anche lui tra i combattenti insigniti di medaglia d’argento al valor militare.
Alle ore 11,30 a Meolo presso la sede del Consiglio Comunale in Palazzo Cappello si è tenuta una conferenza su “Attilio Deffenu (Nuoro 1890 – Croce di Musile di Piave, 16 giugno 1918) intellettuale, giornalista, esponente del sindacalismo e dell’autonomismo sardo”. Ma di questa iniziativa riferirò a parte.
Tutte le manifestazioni di sono svolte con il patrocinio di: Regione del Veneto, Regione Autonoma della Sardegna, Città Metropolitana di Venezia.

Paolo Pulina

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Sono in programma sabato 28 aprile i festeggiamenti di “Sa Die de Sa Sardigna”, istituita per ricordare la sommossa dei vespri sardi del 28 aprile 1794 che costrinse alla fuga da Cagliari il viceré Vincenzo Balbiano ed i funzionari del regno sabaudo, in seguito al rifiuto di soddisfare le richieste per riservare ai sardi le cariche pubbliche, un Consiglio di Stato a Cagliari, vicino alla sede del viceré e l’istituzione, nel capoluogo piemontese, di un ministero per gli Affari della Sardegna. Conclusa la rivolta, alcune richieste vennero accolte due anni dopo, nel 1796.

Il Comitato per “Sa Die de Sa Sardigna”, formato da Fondazione Sardinia, Istituto Gramsci della Sardegna, Società Umanitaria, Cineteca Sarda, Fondazione Giuseppe Siotto, Imprentas,Tramas de Amistade, AladinPensiero, Confederazione Sindacale Sarda, Fondazione Alziator, Unesco Club Cagliari, Riprendiamoci la Sardegna, Osservatorio sui Beni Comuni della Sardegna, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Assotziu Scida, Unione Autonoma Partigiani Sardi, Iscandula e singole personalità, ha diffuso stamane il calendario completo delle iniziative dell’edizione 2018.

Ore 9.30, nella Cattedrale, avrà inizio la celebrazione della Santa Messa, “Sa Missa Cantada”, officiata da mons. Angelo Becciu e da mons. Arrigo Miglio insieme ad altri vescovi e sacerdoti. È previsto l’utilizzo di testi liturgici in lingua sarda (tradotti da un team di esperti coordinato da don Antonio Pinna). Il rito verrà accompagnato dalle musiche composte dal maestro Vittorio Montis e cantate dal “Coro Santa Maria degli Angeli” di Quartu Sant’Elena.

Altri canti verranno proposti dal “Chorus Opera” insieme ad alcune voci del “Liceo Motzo” dirette dalla prof. Laura Porceddu. Canteranno la mezzo soprano Massimiliana Tocco e il baritono Gabriele Barria. All’organo il maestro Fabrizio Marchionni. Il rito religioso si concluderà col “Deus ti salvet Maria”, accompagnato anche dal gruppo “Cuncordia a launeddas”.

La celebrazione della Santa Messa verrà ripresa da “Rai 3” e trasmessa in diretta per tutta l’isola.

Ore 11.00 i partecipanti, al suono delle “launeddas” e guidati dai bambini con le bandiere sarde, si sposteranno nell’attiguo Palazzo Viceregio dove avranno inizio le celebrazioni civili. La cerimonia verrà introdotta col canto “Su patriota sardu a sos feudatarios” composto dal Mannu (comunemente conosciuto come “Procurade ’e moderare”), intonato dalle voci bianche del “Chorus Opera” e da alcuni allievi del “Liceo Motzo” accompagnati dal gruppo “Cuncordia a launeddas”.

Il canto verrà interrotto, dopo alcune strofe, per consentire al prof. Luciano Carta di illustrare le proprie considerazioni su “Sa Die” partendo dal significato dell’inno della Sarda Rivoluzione. Concluso l’intervento dello storico, una bambina rivolgerà un breve messaggio ai parlamentari eletti in Sardegna e consegnerà loro la bandiera sarda. Il coro conclude quindi il “Procurade ’e moderare”.

Ore 11.30, sempre nel Palazzo Viceregio, avrà inizio la parte istituzionale dell’incontro coordinata da Salvatore Cubeddu del Comitato per “Sa Die de sa Sardigna”. Sono previsti i saluti del sindaco di Cagliari Massimo Zedda, dell’arcivescovo mons. Arrigo Miglio e del presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau. Quindi l’avv. Antonello Angioni svolgerà la relazione sul tema “Radici storiche e prospettive dell’autonomismo sardo”.

Ore 12.15/13.00 i lavori proseguiranno con diversi interventi. Sono previsti quelli di mons. Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato del Vaticano, dell’assessore regionale alla pubblica istruzione Giuseppe Dessena, del presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, di alcuni parlamentari, consiglieri regionali e rappresentanti delle forze politiche.

0re 13.00: chiusura dei lavori con brevi considerazioni conclusive ed il canto “Procurade ’e moderare” accompagnato dal suono delle launeddas.

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Come ogni anno, in questi giorni la Fondazione Sardinia annuncia la celebrazione della novena di Natale come ‘novena de Pasch’e Nadale’, in sardo.

Iniziata ormai otto anni fa nella chiesa del Sepolcro  di Cagliari, proseguita a San Saturno, San Giovanni di Quartu, San Lorenzo e Santa Croce, è contenuta in un prezioso libretto frutto dell’impegno del biblista don Antonio Pinna, e dei contributi di testo e di traduzione di Mario Puddu e di Gianni Loy, nonché delle musiche di Piero Marras e Graziano Orro.

Come negli altri anni, la parrocchia di S. Evangelista di Pitz’e Serra (con don Gianfranco Falchi) e quella di Serdiana (con don Mario Cugusi)  continuano nell’iniziativa.

A Cagliari, quest’anno, 2017, ci siamo riavvicinati laddove abbiamo iniziato, a Marina, nella chiesa di Sant’Agostino (via Baylle e Largo Carlo Felice), ogni giorno a partire dal 16 dicembre e fino al 24, con inizio alle ore 18,00.

Guiderà la novena mons. Gianfranco Zuncheddu. Aiuteranno i nostri canti, come nelle scorse occasioni,  una serie di artisti: i Sonus ‘e canna,  Cuncordu a launeddas, Maria Giovanna Cherchi, Sabrina Sanna di Animas, il coro delle voci bianche “Corus Opera” di Quartu, diretta dalla maestra Laura Porceddu.

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La commissione straordinaria di inchiesta sulla Sanità sarda, presieduta da Attilio Dedoni, questa mattina ha effettuato un sopralluogo a Oristano per incontrare i vertici della Asl 5 ed il direttore amministrativo della Asl unica, Fulvio Moirano.

Assenti i rappresentanti della maggioranza, il presidente ed i commissari Pietro Pittalis (Forza Italia), Angelo Carta (Psd’Az) ed Emilio Usula (Rossomori) sono stati ricevuti all’ospedale San Martino dal direttore Mariano Meloni accompagnato dal suo vice Antonio Pinna e dal direttore del servizio infermieristico Gianni Piras. Impegnato a Cagliari col presidente della Regione, invece, l’assessore Luigi Arru.

Per la Asl unica, invece, era assente il direttore generale Fulvio Moirano, sostituito però dal direttore amministrativo Stefano Lorusso. Proprio quest’ultimo, rispondendo alle domande del presidente Attilio Dedoni, ha detto che «l‘azienda unica ha iniziato a fare le gare unificate, come quella dell’elisoccorso e anche altre. Abbiamo sinora riscontrato che spesso le gare si sono arenate per difetti sui capitolati tecnici. Ma per contenere la spesa stiamo valutando anche iniziative drastiche nei confronti dei 70 medici iperprescrittori (i professionisti che farebbero eccessivo ricorso alla prescrizione di medicine ndr.), che sono già stati individuati».

Sulle difficoltà di attuazione della riforma ha preso la parola anche il direttore della Asl di Oristano, Mariano Meloni: «E’ una fase complessa, anche perché non sono sempre chiari i poteri e le funzioni attribuite a noi direttori. Però ogni giorno affrontiamo un problema nuovo e lo risolviamo: è un fatto che di dà soddisfazione. Soprattutto dal punto di vista amministrativo, perché stiamo collaborando davvero con la direzione generale, a Sassari».

Il commissario Pittalis ha sollevato alcune perplessità sullo stato dei locali («non sembra di arrivare in una struttura ospedaliera») ma soprattutto sui problemi del personale assunto a termine: «Non capisco perché in alcune Asl si attinga alle graduatorie in modo differente, tanto che c’è chi viene chiamato per due anni e chi solo per un anno, nonostante abbiano superato lo stesso concorso. Il rischio di ricorsi e disfunzioni è molto alto». Il direttore Meloni ha toccato il tema affermando che «a breve a Oristano saranno assunte 78 persone a tempo determinato».

Ha preso poi la parola il commissario Angelo Carta, che ha denunciato i ritardi nell’invio di documenti richiesti: «Ho presentato a maggio 2016 una richiesta di accesso agli atti e il dottor Fulvio Moirano mi ha risposto oggi, dopo un anno e due mesi. Vorremo capire, sulla scorta di questa riforma, cos’è cambiato rispetto al passato e qual è la nuova via che si sta percorrendo per risparmiare». Della stessa opinione il commissario Usula: «Sono temi di assoluto valore che affrontiamo qui ma che dovranno essere rivisti anche nella commissione Sanità». 

Secondo il direttore Mariano Meloni «con la riforma si possono e si devono evitare sprechi, si deve garantire la qualità e stanare gli imboscati. Ma ho dubbi che il costo sanitario pro capite della Sardegna, che già è al livello se non più basso di quelli di tante regioni italiane, possa essere diminuito continuando a garantire una sanità all’altezza dei Paesi civili».

Il presidente Attilio Dedoni ha annunciato che, dopo le visite di Nuoro e Oristano, prossimamente la Commissione andrà nel Sulcis Iglesiente e a Sassari: «Intendiamo così completare i sopralluoghi nell’Isola per dare piena attuazione al mandato ricevuto dal Consiglio regionale al momento della istituzione di questa commissione straordinaria».

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 orchestra-e-coro-del-conservatorio

Ancora una tappa nel capoluogo sardo per il Coro e l’Orchestra del Conservatorio di Cagliari, che ieri sera si sono esibiti nell’Auditorium dell’istituzione musicale per l’inaugurazione del nuovo anno accademico. Domani, giovedì 10 novembre, alle 18.00, l’appuntamento è nella chiesa di Sant’Anna, in via Azuni.  Il concerto sarà replicato ancora sabato 12 novembre, sempre alle 18.00, nella chiesa della Beata Vergine di Nives, a Cuglieri.  

Fiore all’occhiello del concerto, diretto da Alberto Pollesel, è la “Misa a Buenos Aires”, per coro, pianoforte, bandoneon e archi di Martin Palmeri, compositore, direttore d’orchestra e di coro e pianista argentino. Conosciuta anche come “Misatango, la “Misa a Buenos Aires” sarà preceduta dall’esecuzione di “Su Magnificat”, del compositore e musicologo Vittorio Montis, su testo di Antonio Pinna per coro e orchestra, e dell’esecuzione della composizione di Astor Piazzolla “Requiem ad patrem meum” per bandoneon, pianoforte e orchestra nell’arrangiamento di Matteo Casula.

Maestro del coro è Giuseppe Erdas. Mezzo soprano è Martina Serra. Al pianoforte ci sono Lorenzo Erdas e Matteo Casula. Al bandoneon c’è Fabio Furìa.

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Con un concerto del suo Coro e della sua Orchestra, oggi il Conservatorio di Cagliari “Giovanni Pierluigi da Palestrina” inaugura il nuovo anno accademico. Alle 18.30, nell’Auditorium dell’istituzione musicale, in piazza Porrino, sarà una grande festa della musica, con la presentazione dell’offerta formativa per il 2016/2017 e l’esibizione di musicisti di alto livello, tra docenti  e studenti del Conservatorio.

Novità di quest’anno è l’inaugurazione diffusa, con appuntamenti che  toccheranno oltre Cagliari (con il clou nella serata di martedì) anche Flumini di Quartu, Cuglieri e Iglesias. Un’iniziativa in linea con la politica, già da qualche tempo avviata dal Conservatorio, di portare avanti il dialogo e le collaborazioni con il territorio.

Fiore all’occhiello del concerto di martedì, diretto da Alberto Pollesel, sarà la “Misa a Buenos Aires”, per coro, pianoforte, bandoneon e archi di Martin Palmeri, compositore, direttore d’orchestra e di coro e pianista argentino. Conosciuta anche come “Misatango” questa composizione nata nel 1996 è un’opera che, pur mantenendo la forma della messa classica, introduce elementi del tango argentino. In questo modo il testo in latino si arricchisce di nuove forme espressive, senza però mai tradire la solennità richiesta a questo genere di composizioni. La “Misa a Buenos Aires” sarà preceduta dall’esecuzione di “Su Magnificat”, del compositore e musicologo Vittorio Montis, su testo di Antonio Pinna per coro e orchestra, e dell’esecuzione della composizione di Astor Piazzolla “Requiem ad patrem meum” per bandoneon, pianoforte e orchestra nell’arrangiamento di Matteo Casula.

Maestro del coro è Giuseppe Erdas. Mezzo soprano è Martina Serra. Al pianoforte ci sono Lorenzo Erdas e Matteo Casula. Al bandoneon c’è Fabio Furìa.

Domani, 9 novembre, alle 18.00, il concerto sarà eseguito nella Cattedrale di Iglesias, mentre giovedì 10 novembre, alle 18.00, arriverà nella chiesa di Sant’Anna di Cagliari. L’ultima replica è prevista sabato 12 novembre, alle 18.00, nella chiesa della Beata Vergine ad Nives di Cuglieri.

Conservatorio

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Ci accodiamo alla lunga fila di macchine che, partita dal centro di Asiago, imbocca l’antica strada per Trento e, superato il Passo di Vezzena, piega a destra costeggiando le rovine del Forte di Busa Verle, per addentrarsi nelle strette stradine snodantesi tra le fitte abetaie del Bosco Varagna e dei Marcai, fino a raggiungere il dosso prativo della malga dove, sotto il cielo terso del mattino, spicca solitario un cippo commemorativo.

Ci troviamo in Regione dei Marcai di Sopra, nel territorio del Comune di Levico, in Provincia di Trento, nel punto dove cento anni fa passava la 1ª linea del fronte italo-austriaco della Grande Guerra, per partecipare all’annuale appuntamento dei Marcai, una vera e propria Giornata Commemorativa curata dal Comitato Organizzatore composto dalla Famiglia di Marco e Stefano Ambrosini e Amici di Asiago, quest’anno inserita nel contesto celebrativo del Centenario della Prima Guerra Mondiale.

Sotto l’abile regia del Luog. (ris) Antonio Pinna, Storico della Brigata “Sassari” e profondo conoscitore delle vicende belliche della Grande Guerra svoltesi nel Fronte degli Altipiani, alla presenza delle locali Associazioni d’Ama, la giornata è iniziata con la cerimonia dell’Alzabandiera, issando sui pennoni, insieme, i vessilli dell’Italia e della Repubblica Federale d’Austria e rendendo, con la deposizione di un cuscino di fiori, il doveroso omaggio ai Caduti che riposano nel grembo di queste montagne.

Quest’anno, soprattutto, a favore delle giovani generazioni e per coloro che di Asiago non sono, il luog. Pinna ha voluto spiegare il vero significato di questo evento rievocativo che trova origine nella giornata di San Giovanni del 24 giugno di 100 anni fa, inserito nel contesto più ampio della Prima Guerra Mondiale.

Per meglio capire quanto qui accadde, è necessario fare un salto nella storia, tornando indietro ad un secolo fa.

All’epoca – ha spiegato il luog. Pinna – la frontiera meridionale tra il millenario Impero A.U. e il giovane Regno d’Italia, ricalcava l’attuale confine amministrativo tra le Regioni Veneto e Trentino e, nel settore di nostro interesse, correva lungo la linea di cresta dei monti settentrionali dell’Altopiano strapiombanti in Val Sugana, toccava i Castelloni di San Marco, Cima Isidoro, Cima della Caldiera, l’Ortigara, le Cime Dieci, Undici e Dodici, Cima Portule, Cima Larici, Porta Manazzo e, giunta a Cima Manderiolo, piegava decisamente verso sud ovest, scendeva lungo la Valle Sparavieri, attraversava la strada della Val d’Assa all’altezza dell’Osteria del Termine, presso la quale era ubicato il posto di frontiera tra i due Stati, con le rispettive dogane. Proseguiva quindi per Malga Camporosà e Malga Posellaro, fino a Cima Norre, per congiungersi alla testata della Val d’Astico con la linea di confine che correva lungo i contigui Altipiani di Lavarone e Folgaria.

Ed è in prossimità di questa linea di confine che nel periodo compreso tra il 1907 e il 1914, l’Austria, al tempo alleata dell’Italia nella Triplice Alleanza, realizzava una cintura fortificata con opere corazzate, dall’aspetto non proprio amichevole verso un paese alleato, aventi il duplice scopo: nell’ipotesi difensiva, quello di sbarrare le vie d’accesso della pianura veneta verso Trento; nell’opzione offensiva, quello di poter radunare alle sue spalle una consistente massa d’urto che, sfruttando il fuoco di preparazione e di accompagnamento delle opere permanenti, sarebbe discesa attraverso le valli prealpine nella pianura veneta.

Dalla valle dell’Adige alla valle del Brenta sorgeva così una linea di opere corazzate, che sugli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Vezzena, faceva capo ai forti: del Doss del Sommo, del Sommo Alto, di Malga Cherle, di Belvedere, di Campo di Luserna, di Busa Verle, di Spitz Verle o Cima  Vezzena, a seconda della denominazione austriaca o italiana.

 I forti erano stati realizzati in calcestruzzo e armati con artiglierie allocate in opere corazzate, ad eccezione dello Spitz Verle, armato di sole mitragliatrici in casamatta per la difesa vicina ma che, in virtù dei suoi 1.908 m di altezza, era l’occhio austriaco sull’Altopiano dei Sette Comuni, ovvero l’osservatorio dei sottostanti Forti di Luserna e di Busa Verle che avevano il compito di interdire l’avanzata delle fanterie italiane verso il Passo di Vezzena.

Per fronteggiare tale minaccia, il governo italiano provvide a realizzare, a difesa della valli prealpine, una serie di opere di difesa permanenti che, per il settore di nostro interesse, facevano capo allo Sbarramento Agno-Assa, suddiviso in tre settori: il I di Schio, il II di Arsiero e il III di Asiago. Quest’ultimo aveva il compito di interdire al nemico la discesa attraverso la via della Val d’Assa, dalla sua testata alla confluenza nella Valle dell’Astico. Esso si appoggiava ai preesistenti forti di Punta Corbin e del sottostante Forte di Casa Ratti, e alle nuove opere corazzate di Campolongo e del Verena. L’azione di interdizione di queste 4 fortezze sarebbe stata integrata dal fuoco delle artiglierie mobili pesanti campali postate a Porta Manazzo e Casare Manderiolo a nord, e delle artiglierie mobili da campagna postate sui Monti Meatta, Mosciagh, Interrotto e Rasta, a potenziamento dell’interruzione stradale della Tagliata della Val d’Assa, presso Camporovere.

Un colpo di cannone partito alle 3,55 del mattino del 24 maggio 1915 dal Forte Verena, dava avvio anche sul fronte degli Altipiani alle operazioni della Prima Guerra Mondiale, passate alla storia come la Guerra dei Forti.

Nel giro di poche ore una valanga di ferro e di fuoco si abbatteva sui forti di Luserna e di Busa Verle, i quali non potevano attuare un efficace tiro di controbatteria a causa della maggior gittata dei cannoni da 149 A di cui disponevano i forti italiani, e soprattutto per il dominio di quota che aveva su di essi il Forte Verena.

Precedute dal fuoco di preparazione, in direzione delle posizioni nemiche del Passo di Vezzena scattano le fanterie della 34ª Divisione Italiana, Brigate “Treviso” (115°-116° F.) e “Ivrea” (161°-162° F.). Il loro obiettivo non è tanto quello di raggiungere Trento (l’azione risolutiva si sarebbe svolta sul fronte principale dell’Isonzo) quanto quello di impadronirsi della cintura fortificata nemica ed eliminare così la minaccia che essa costituiva quale base di partenza per lo sbalzo offensivo avversario verso la pianura veneta.

L’azione sulla destra è affidata agli Alpini dei Battaglioni “Val Brenta” e “Bassano”. Sono i battaglioni di casa: il Battaglione “Bassano”, composto dai giovani di leva reclutati sull’Altopiano; il Battaglione “Val Brenta”, costituito dai “Veci” alpini dell’Altopiano, richiamati alle armi con la Mobilitazione Italiana.

Gli Alpini dei due Battaglioni, buoni conoscitori dei posti, partendo dalle loro posizioni del Ghertele, Cima Larici e Porta Manazzo, risalgono le pendici boscose del Costesin e dei Marcai, con obiettivo il Forte più alto, lo Spitz Verle e il suo osservatorio in quota, che indirizza il tiro delle batterie nemiche sulle fanterie italiane. Ma giunti a distanza d’assalto sono respinti dalla reazione delle 7 mitragliatrici nemiche postate in opera corazzata.

Un’azione diversiva (il 30 maggio) punta sul Busa Verle. Ma, superato il primo dei tre ordini di reticolati, i Fanti della Brigata “Ivrea” e gli Alpini del “Bassano” trovano l’amara sorpresa di un ostacolo attivo pressoché sconosciuto: i campi minati disposti attorno al forte. Battuti dal fuoco delle artiglierie nemiche e dalle mitragliatrici della difesa vicina, gli Alpini ripiegano sulle posizioni dei Marcai, dove realizzano una serie di avamposti, le cui tracce sono ancora visibili ai margini del bosco.

Riprende martellante il tiro del Verena e degli obici pesanti campali di Porta Manazzo sul Busa Verle, sbriciolando le difese in casamatta. Il presidio austriaco, blindato all’interno, vive nel più totale isolamento il profilarsi, da un momento all’altro, dell’incubo dell’assalto delle fanterie nemiche. Pertanto fa sortire le sue pattuglie esploranti per individuare le posizioni sulle quali si è attestato il nemico.

Nella terza decade del mese di giugno, di presidio alle posizioni avanzate italiane dei Marcai, sono gli Alpini della 62ª Compagnia del “Bassano”. La notte sul 24 giugno è di vedetta l’Alpino Marco Ambrosini, da Asiago, terzogenito di sei figli maschi di Marco e Barbara Slaviero. Un boccetto appena ventenne, della classe 1895, al suo battesimo del fuoco.

La notte è stellata. Al caldo diurno delle giornate del solstizio, segue il freddo gelido della sera. L’alpino Ambrosini scruta nell’oscurità: ogni rumore nella notte potrebbe essere indizio della presenza del nemico.  Da giorni il rancio non arriva in linea, le corvée non riescono ad avanzare sulle mulattiere battute dall’artiglieria avversaria. Si va avanti con le razioni dei viveri di riserva: carne in scatola e gallette a colazione, a pranzo e a cena. L’Alpino pensa che a un tiro di schioppo, dietro i monti alle sue spalle, c’è Asiago e la sua casa. A quest’ora, pensa, i vecchi genitori staranno consumando la cena, al tepore della stufa ancora accesa. Chissà, forse, proprio quel piatto di zuppa, minestra o minestrone caldo, tante volte snobbato, ma che ora avrebbe scaldato lo stomaco e le sue membra intirizzite.

È la notte di San Giovanni, la notte in cui in tutta l’Italia brillano i falò delle stoppie accese nelle aie, per celebrare l’antica festa del raccolto. Il S. Ten. Congiu, l’Ufficiale Medico della Compagnia – (riportato sul monumento come “Congiù” e mai identificato come sardo prima che il luog. Pinna lo facesse notare, sottolineando anche l’errato accento sull’ultima vocale del cognome) –  raccontava che, in questa notte, nella sua Sardegna, le coppie che saltano il falò mano nella mano, annunciano alla comunità il loro fidanzamento e che la stretta di mano fra due Amici, fatta davanti al fuoco acceso, lega questi con un vincolo sacro più di un giuramento e saldo più di un legame di sangue. Da quel momento, per tutta la vita, essi saranno Compari. Compari di San Giovanni.

Ma quelli che l’Alpino Ambrosini e i suoi compagni vedono brillare ai margini del bosco, non sono i fuochi di San Giovanni. Sono focolai accesi dalle pattuglie nemiche sortite dal Busa Verle con l’intento di incendiare il bosco per stanare le fanterie italiane.

Al grido d’allarme segue immediato il tiro delle vedette nel tentativo di mettere in fuga le pattuglie nemiche che proseguono la loro opera nefanda protette dal fuoco di due mitragliatrici postate su una piccola altura prospiciente le linee italiane. Le raffiche rabbiose della schwarzlose si abbattono sul margine del bosco, investono il posto di vedetta dell’Alpino Ambrosini, sistemato dietro un grosso abete.  Spazzati dalla furia dell’arma, i pezzi di corteccia e dei rami volano tutt’intorno. L’Alpino si stringe all’improvvisato riparo, quasi a volersi fondere con il tronco scosso dai proiettili che vi si conficcano in successione. È uno di quegli attimi in cui uno crede sia giunta la sua ora. Gocce di sudore freddo imperlano la fronte mentre davanti agli occhi passa ogni istante della breve vita vissuta. Ed è allora che, muta e silenziosa, si leva al cielo la preghiera, nella notte di San Giovanni.

L’alpino risponde al fuoco e prega. Prega che l’albero regga alla violenza del tiro nemico e che la batteria da montagna postata poco più indietro metta a tacere la mitragliatrice nemica e il suo canto di morte. Prega che il fuoco non divampi nel bosco, facendo fare a lui e ai suoi compagni una fine orrenda. Finalmente, respinte dalla reazione italiana, le pattuglie nemiche rientrano al Forte Verle.

L’Alpino Ambrosini Marco è salvo!

La notte umida non permette al fuoco di propagarsi e i focolai sono facilmente spenti dagli Alpini.

Ma, se a tutto ciò vi è una spiegazione scientifica e razionale, per l’uomo di montagna radicato ai valori di Fede incrollabili, è la Provvidenza Divina che interviene a mutare il corso delle cose.

Stabilizzatasi la situazione nel settore degli Altopiani, nel settembre del 1915 il Battaglione Alpini “Bassano” venne inviato nel fronte dell’Isonzo. È lontano dai monti natii quando a maggio del 1916 la violenza della Strafexpedition si abbatterà sull’Altopiano dei “Sette Comuni”, cacciando via gli abitanti dai paesi distrutti. A difendere i monti di casa accorreranno i Battaglioni Piemontesi e Lombardi del 2° e 5° Reggimento Alpini e i Fanti Sardi della Brigata “Sassari”, «la Brigata dei miei nonni – sottolinea con orgoglio il Luog. Pinna – e in tempi più recenti la mia Brigata, che bagnando di sangue le contese cime del Monte Fior, Monte Castelgomberto e di Monte Zebio, scriverà su questi monti gloriose pagine di storia».

Il Battaglione “Bassano” tornerà sui monti di casa in occasione della controffensiva italiana, coprendosi di gloria sull’Ortigara, sulle Melette e infine sul Grappa.

Terminata la guerra, ricostruite le case distrutte, ricomposti i nuclei familiari rientrati dal profugato, pianti i Caduti sul fronte russo nella Guerra Mondiale successiva, l’Alpino in congedo Marco Ambrosini e i suoi compagni d’arme vollero tornare quassù, nei luoghi che videro il loro battesimo del fuoco e il sacrificio dei loro vent’anni, ritrovando il vecchio abete con ancora i segni delle ferite della guerra. E, da allora, tutti gli anni, il giorno di San Giovanni, quasi a voler sciogliere un antico voto formulato in quella tragica notte, si ripete la gita tra questi monti, caratterizzata da tre momenti principali: il ringraziamento a Dio con la celebrazione della Santa Messa al campo; il rancio con il minestrone caldo, tanto desiderato nelle fredde notte di veglia, offerto ai  presenti dalla Famiglia Ambrosini; e, infine, in questi prati dove 100 anni fa aleggiava la morte, oggi sono i canti e i balli della gioia e della vita, nel ritrovato segno di Amicizia tra due popolazioni, quella Veneta e quella Trentina, non più divise dalla sbarra del Termine, ma  ora riunite sotto un’unica Bandiera.

Con il passare del tempo anche il vecchio abete cessò di vivere. Ma a perpetuarne il ricordo, il “Vecio” Alpino fece erigere nel 1969 il primo corpo del monumento e, successivamente, in occasione del 60° anniversario del fatto d’Armi, la seconda parte, quasi a voler eternare, con i nomi dei comandanti incisi sul marmo, il ricordo della sua Compagnia e del suo Battaglione.

In cima fece scrivere la lapidaria frase “Che iniziarono la guerra”. Frase, questa, osservava il luog. Pinna, che lo colpì, sin dalla prima volta che ebbe occasione di leggerla. Si chiedeva, infatti: «Perché iniziarono e non, più correttamente, fecero o parteciparono?»

«Il segreto – ha proseguito il Luog. Pinna – è nascosto nelle prime due parole: che iniziarono, infatti, sottintende la frase ma non ebbero la sorte di concludere!»

– S.Ten. Giovanni Cecchin, da Marostica, M.O. al V.M., ferito a morte il 19 giugno 1917 a quota 2.105 di Monte Ortigara, alla testa della sua 94ª Compagnia, ceduta nell’aprile 1916 al neo costituito Battaglione Alpini “Sette Comuni”, anch’esso reclutato sull’Altopiano;

– Ten. Santino Calvi, da Bergamo, tre M.A. al V.M., caduto il 10 giugno 1917 sulla conquistata quota 2.103 di Monte Ortigara, dove il battaglione Alpini “Bassano”, nappina verde del 6° Reggimento Alpini, scriveva una delle più belle pagine della sua storia;

– S.Ten. Medico Antonio Congiu, da San Vito, in Provincia di Cagliari. Un Alpino decorato con la M.A. al V.M., venuto dalla lontana Sardegna a morire il 10 giugno 1917 a quota 2.103 dell’Ortigara, dove aveva sistemato il posto di medicazione per prestare soccorso alle centinaia di Alpini agonizzanti nel Passo dell’Agnella.

Ecco il senso dei monumenti. Ognuno di loro reca sottintesa la scritta “per non dimenticare”.

Perché la storia del nostro Paese, quella non scritta sui libri di scuola, è fatta di uomini sconosciuti e semplici, che in un momento difficile per le sorti dell’Italia, seppero mettere da parte l’interesse personale per il bene comune e diedero grande prova di compattezza, lealtà e senso del dovere, sacrificando la loro giovinezza per coronare il sogno di Unità Nazionale a lungo perseguito dagli Eroi del Risorgimento.

Mi fermo cercando di “intervistare” un po’ tutti gli artefici della emozionante giornata: la famiglia Ambrosini (Marco – che porta il nome del nonno – e il fratello Stefano, le loro mogli, Cleofe e Sonia, e i loro figli), poi Don Giovanni, il “Beta”, il “Patao”, il “Pomo”, “il Taja”, il “Toni”, “l’Alfeo”, solo per citarne alcuni, e i tanti ragazzi: le nuove generazioni che a loro volta tramanderanno ai posteri i valori appresi nella giornata odierna.

Stefano Ambrosini,  parco di parole, è visibilmente soddisfatto: le trecento razioni di minestrone da lui preparato, sono andate a ruba. Anche io ho voluto fare il bis. Era proprio buonissimo! Qua e là sul prato è un fiorire di tovaglie e plaid colorati. Ognuno, delle centinaia di presenti, offre ciò che ha portato: pane, soppressa, funghi sott’olio, dolci, del buon vino, perfino la birra alla spina e il caffè preparato su un’antica stufa da trincea. E, sicuramente, non poteva mancare, da parte nostra, nel segno dell’antica Amicizia Sardo-Veneta, il mirto e il filu’e ferru.

Chiedo a Marco Ambrosini e ai presenti di conoscere un po’ di più la storia del monumento eretto da suo nonno omonimo. Tutti mi rimandano però ad Antonio Pinna, a cui quassù tutti vogliono molto bene, tanto da chiedersi se, anziché in Sardegna, non sia, in realtà, cresciuto sui monti dell’Altopiano. «Ha visto – mi fa notare un anziano signore – come ha citato, senza mai leggere, nel loro esatto ordine i nostri monti, le nostre valli, i forti austriaci e italiani? Perché Antonio, “il Pinna”, è uno di noi!».

Da Presidente dell’Associazione Un Ponte fra Sardegna e Veneto non posso che gioire per tali manifestazioni di grande stima e sincero affetto.

All’imbrunire, ammainate le Bandiere e ripuliti i prati, ci incolonniamo sulla strada del ritorno. La fermata obbligatoria è all’Osteria del Vecchio Termine, là dove un tempo passava l’antico confine tra l’Austria e l’Italia. Nella locanda, che fu alloggio della Guardia di Finanza di servizio alla frontiera, l’ultimo brindisi e l’augurio di ritrovarci ancora, fra un anno, tutti insieme davanti al Monumento dei Marcai.

Un modo semplice, ma veramente sentito, per ricordare le semplici e allo stesso tempo nobili figure del passato e quanto su questi monti essi fecero, come diceva Emilio Lussu, per inseguire un antico sogno di Libertà e di Giustizia.

Per questo, Essi hanno sacrificato la loro giovinezza.  Per questo, Noi abbiamo il dovere di non dimenticare.          

Elisa Sodde                                            

Bosco dei Marcai (TN), 24 giugno 2015.

Adri e Antonio

Domenica 16 novembre 2014, alle ore 19.00, all’Arco Studio di via Portoscalas 17, Cagliari, per la stagione di Musica da camera de Il Crogiuolo, si terrà il concerto Experiment 2, con Adriano Orrù al contrabbasso e Antonio Pinna alle percussioni.

Adriano Orrù e Antonio Pinna collaborano dal 2011 quando insieme a Mario Faticoni e Clara Murtas diedero vita a “Isola di Pietra” sonorizzando le poesie di alcuni dei più significativi poeti sardi. In seguito hanno collaborato al progetto “Geometrie Variabili” insieme a Silvia Corda ed Elia Casu. Questo quartetto ha prodotto nel 2013 il CD “The Breath”. Experiment 2, che viene presentato per la prima volta all’Arco Studio, è un duo atipico (contrabbasso e percussioni) in cui l’essenza del progetto è il dialogo tra due strumenti emancipati finalmente dal ruolo subalterno di “accompagnatori” per assumere, a turno o insieme, quello di solisti.

Adriano Orrù è un contrabbassista che si occupa di jazz, di improvvisazione radicale, di musica da camera e progetti multimediali. Ha collaborato in varie formazioni con Giancarlo Schiaffini, Paolo Fresu, Tony Oxley, Lenka Zupkova, AN MOKU, Ettore Fioravanti, Roberto Cipelli, Marco Tamburini, Tino Tracanna, Andy Gravish, Tim Hodkinson, Paulo Chagas, Joao Pedro Viegas, Mauro Sambo, Marcello Magliocchi, Victor Nubla, White Noise Generator, Moex, Simon Balestrazzi, Silvia Corda, Takatsuna Mukai, Henning Frimann, Renato Ciunfrini, Guro Skumsnes Moe, Håvard Skaset, Angelo Contini, G.P. Campus, Corrado Altieri, Monica Serra, Mauro Cossu, Clara Murtas, Stella Veloce, Sebastiano Meloni, Alessandro Garau, Alessandro Olla, Paolo Angeli, Manuel Attanasio, Elia Casu, Mauro Usai, Paolo Sanna, Roberto Pellegrini, Carla Onni, Giacomo Calabrese, Enrica Spada, Sara Marasso, Mario Faticoni, Rita Atzeri.

Antonio Pinna dal 2002 inizia ad avvicinarsi al mondo del Teatro collaborando come percussionista a diversi reading musicali e spettacoli teatrali. Nel 2006 frequenta i seminari estivi di Nuoro jazz con Ettore Fioravanti, e nel 2007 frequenta i seminari di Sant’Anna Arresi con Roberto Dani, Butch Morris, Umberto Petrin. Partecipa ai seminari di canto difonico dei maestro vietnamita Tran Quang Hai, e alle masterclass di tecnica per Zarb di Francois Bedel e Mohsen Kasirossafar. Attualmente prosegue il lavoro di ricerca del suono, sonorizzazione di reading e di improvvisazione radicale.

Dal 5 ottobre al 30 novembre 2014, all’Arco Studio di via Portoscalas 17, a Cagliari, Il Crogiuolo propone una stagione interamente dedicata alla musica da camera.

Il primo appuntamento, domenica 5 ottobre 2014, alle ore 19.00, è previsto con il KAREL QUARTET PLAYS GERSHWIN, Francesco Pilia – I violino, Alessio De Vita – II violino, Marco Fois – viola e Federico Sanna – violoncello.

Il Karel Quartet prende il nome dal termine con cui i Fenici chiamarono la città di Cagliari nel VII secolo a.c. Nasce nel 1996 e unisce l’esperienza di quattro musicisti che dal Conservatorio di musica di Cagliari hanno proseguito il loro percorso formativo presso prestigiose accademie internazionali di musica tra cui la Franz Listz Academy of Music di Budapest, l’Ecole Normale de Musique di Parigi, la Royal School of Music di Londra e che successivamente hanno maturato la loro esperienza professionale presso importanti istituzioni concertistiche italiane ed estere quali l’Orchestra Giovanile Europea, l’Orchestra Giovanile Italiana, la Jeune Orchestre Atlantique e l’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari.

L’Ensemble compone le prime parti dei solisti dell’Orchestra Filarmonica del Mediterraneo e si è esibito insieme ai solisti delle più importanti orchestre d’Europa tra cui Berliner e Wiener Philarmoniker, London Symphony Orchestra , Teatro alla Scala di Milano.

Il quartetto d’archi ha caratterizzato la propria attività nello studio di un repertorio che spazia dal barocco ai contemporanei con particolare attenzione per i compositori della Sardegna e nella partecipazione a progetti speciali e collaborazioni con artisti della world music e del jazz.

In diciotto anni di attività musicale si è esibito in Italia e all’estero per conto di festival, istituzioni e associazioni concertistiche, attivando numerose collaborazioni con artisti del mondo della musica etnica e jazz, e raccogliendo numerosi consensi dal pubblico e dalla critica.

Il Karel Quartet è residente presso la Chiesa Monumentale di Santa Chiara a Cagliari.

Gli appuntamenti successivi sono: il 12 ottobre 2014, ore 19.00, CONCERTO CHITARRA CLASSICA, con Davide Mocci; il 13 ottobre 2014, ore 2.001, PAULO CHAGAS – SAX & CLARINET SOLO, produzione Tresspassing; il 19 ottobre 2014, ore 19.00, CONCERTO BAROCCO, Ensemble L’Invenzione, Alice Serra, soprano, Enrica Sirigu, flauto traversiere, Francesco Bianco, clavicembalo; il 28 ottobre 2014, ore 19.00, IL FASCINO DEL LONTANO, pianoforte e voce Alessandro Muroni, Cherme de Caroline; il 9 novembre 2014, ore 19.00, HARPSCAPES, concerto d’arpa di Raoul Moretti; 16 novembre 2014, ore 19.00, EXPERIMENT 2, Adriano Orrù – contrabbasso Antonio Pinna – percussioni, produzione TRESSPASSING; il 23 novembre 2014, ore 19.00, CONCERTO, Davide Mocci, chitarra, Karen Hernandez, violoncello; il 30 novembre 2014, ore 19.00, CONCERTO, Marco Floris, clarinetto e Francesca Piroddi, pianoforte.