28 March, 2024
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E’ stato il presidente della Corsica, Gilles Simeoni, ad inviare lo scorso venerdì alle massime cariche europee la lettera sull’insularità firmata insieme a Francesco Pigliaru e alla presidente delle Baleari Francina Armengol, lettera presentata al Comitato delle Regioni di Bruxelles lo scorso 5 febbraio. Il documento comune, già consegnato in quell’occasione alla Commissaria europea per le politiche regionali, Corinna Cretu, e contestualmente inviato da ognuno dei Presidenti regionali al proprio governo nazionale, è stato ora indirizzato ai presidenti della Commissione europea Jean-Claude Juncker, del Parlamento UE Antonio Tajani, del Consiglio europeo Donald Tusk. Al centro, la richiesta di attenzione sul fronte dell’insularità, perché le isole d’Europa non comprese in quelle ultraperiferiche vedano riconosciuta la loro situazione di svantaggio strutturale con l’applicazione dell’art. 174 del TFUE (Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea).

«Come presidenti delle Regioni Corsica, Sardegna e Isole Baleari – scrivono Simeoni, Pigliaru e Armengol nel testo che accompagna il documento condiviso -, abbiamo inviato ai primi ministri dei nostri rispettivi Stati di appartenenza una lettera per segnalare l’esigenza di adottare, nella produzione legislativa europea da cui deriva gran parte della normazione interna, dispositivi normativi specifici, calibrati sulle sfide dei territori insulari. In considerazione della necessità di un’effettiva integrazione delle regioni insulari periferiche con lo spazio e il mercato europei, auspichiamo il sostegno da parte della Commissione europea, del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione Europea perché ne agevolino l’adozione, nell’ottica della maggiore partecipazione ai vantaggi concorrenziali del mercato interno e ai processi di convergenza economica dell’Unione Europea.»

I tre presidenti sottolineano come l’Unione Europea si trovi in una fase di passaggio delicato: “Gli scenari programmatici e normativi futuri sono in fase di definizione – scrivono -, e ciò avviene in un momento storico in cui in tutta Europa il clima culturale e politico è attraversato da correnti di scetticismo, quando non di disaffezione, rispetto alla causa europea. Questo sentimento è alimentato dalle crescenti diseguaglianze sociali e disparità nei livelli di sviluppo tra i territori, così come dalle differenze di accesso ai vantaggi del mercato interno per imprese e cittadini”.

I rappresentanti di Sardegna, Corsica e Baleari evidenziano come in questo contesto diventi ancora più urgente «la necessità di rinnovare il patto sociale tra cittadini e istituzioni, in primis quelle dell’Unione europea. La risposta a questi sintomi di malessere deve essere più Europa, non meno Europa, capace di promuovere un modello di sviluppo inclusivo e partecipativo in cui tutte le componenti del tessuto sociale possano sentirsi beneficiarie e protagoniste». Seppur riconoscendo come molta altra strada resti da fare, Pigliaru, Simeoni e Armengol ricordano che «il processo di integrazione europea rappresenta una conquista che non può essere messa in discussione. È fondamentale che le disposizioni dei Trattati non rimangano delle mere dichiarazioni di principio ma, al contrario, trovino attuazione concreta nelle condizioni di vita dei cittadini europei. In particolare, l’art. 174 del TFUE rappresenta la summa dello spirito solidaristico e delle aspirazioni alla costruzione di una Europa unita che sono alla base e la ragion d’essere dell’Unione. La sua piena applicazione è tuttavia, per noi presidenti di regioni insulari, una questione tuttora aperta».

«Le regioni insulari soffrono di svantaggi strutturali, naturali e permanenti che si traducono in fallimenti di mercato e diseconomie di scala che configurano un vero e proprio “costo di cittadinanza” – prosegue la lettera -. L’insularità è resa ancora più critica dalla condizione di perifericità, definita in termini di isolamento dalla piattaforma continentale e maggiore distanza dai centri economici e amministrativi. La stessa Commissione europea ha fotografato questa condizione di svantaggio competitivo attraverso l’Indice di Competitività Regionale pubblicato nel 2017. I tentativi di superare gli svantaggi strutturali e permanenti insiti nell’insularità periferica producono un continuo contenzioso con la Commissione europea, in materia di aiuti di Stato, come dimostra l’annosa questione della continuità territoriale.»

«Lo scenario normativo e programmatico post-2020 non deve lasciare indietro i territori insulari – concludono Francesco Pigliaru, Francina Armengol e Gilles Simeoni -. Percorsi di convergenza che riducano i divari di sviluppo tra le regioni, a beneficio dei cittadini e delle imprese che vivono nelle aree meno sviluppate d’Europa, non sono più differibili.»

 

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I leader dei gruppi politici del Parlamento hanno reagito oggi al Consiglio europeo della settimana scorsa, delineando le loro priorità in vista della Dichiarazione di Roma del 25 marzo sul futuro dell’UE. La maggioranza dei deputati ha sottolineato la necessità che gli Stati membri diano la possibilità all’UE di affrontare i bisogni immediati dei cittadini.

 Aprendo il dibattito, il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha detto: «Non possiamo limitarci a una cerimonia formale per ricordare quelli che sono stati i migliori 60 anni nella storia dell’Europa libera. L’anniversario della firma dei Trattati di Roma deve essere, prima di tutto, l’occasione per riavvicinare l’Europa ai cittadini. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno dell’unità europea. L’Ue va cambiata, non indebolita». 

Sul futuro dell’Europa, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha dichiarato che «se si vuole andare veloci si va da soli, mentre se si vuole andare lontano si va insieme». Ha quindi promesso di impegnarsi nei colloqui Brexit per l’unità politica tra i 27, assicurando nel contempo che Regno Unito e Unione europea rimangono “amici intimi”«Le porte saranno sempre aperte per i nostri amici britannici», ha aggiunto. Rifiuterà però «affermazioni, presentate come minacce, che nessun accordo rappresenterebbe un male per l’Unione europea: sarebbe un male per entrambi». Parlando in olandese, Tusk ha espresso solidarietà ai Paesi Bassi, un «luogo di libertà e democrazia».

Il presidente della commissione Jean-Claude Juncker ha messo in guardia contro il ridurre il dibattito sul futuro dell’Europa a uno scenario «a due velocità»: «Io non voglio una nuova ‘cortina di ferro’ in Europa». Juncker ha quindi ricordato gli attacchi turchi all’Olanda, dicendo che sono “totalmente inaccettabili” e che i responsabili di tali attacchi stanno allontanando la Turchia dall’UE. Ha anche osservato che la nuova politica commerciale degli Stati Uniti ha aumentato le aspettative dell’UE di diventare il nuovo leader mondiale del libero commercio multilaterale, ma ha sottolineato che tutti i negoziati di libero scambio devono includere le parti sociali e la società civile.

Se non riduciamo la disoccupazione e lasciamo soli i paesi UE che sono in prima linea con la crisi migratoria, se cederemo ai nazionalismi e lasceremo indietro i più deboli, «non avremo la fiducia dei cittadini verso l’Unione europea», ha detto il primo ministro italiano Paolo Gentiloni. Sul dibattito su un’Europa a due velocità, ha detto: «Dico no a due Europe, piccola e grande, est e ovest, ma sì a una dove ognuno può avere il proprio livello di ambizione e tutti possono scegliere se partecipare a forme di cooperazione rafforzata, ora o dopo, e tutti sono coinvolti nel progetto comune». 

«Oggi la parola magica è: la velocità. Ma l’Europa a più velocità è un metodo, non è strategia. Il problema dell’Europa non è la velocità, ma la direzione di marcia, l’approdo. Abbiamo bisogno di una nuova direzione», ha detto il leader del gruppo S&D Gianni Pittella (IT). Vogliamo «un’Europa con un forte pilastro sociale e una strategia di investimenti» per creare lavoro, da finanziare con una lotta più dura all’evasione fiscale, ha proposto il capogruppo.

«La nave sta affondando e noi dovremmo chiederci come mai», ha dichiarato Raffaele Fitto (ECR, IT), chiedendo un cambiamento delle politiche. A suo parere, l’UE è diventata troppo centralizzata e distante dai cittadini. L’ECR vuole una rinegoziazione dei trattati e rifiuta ogni ulteriore cessione di sovranità nazionale, ha concluso. 

«Esiste già un’Europa a due velocità» ha dichiarato Rosa D’Amato (EFDD, IT), aggiungendo che «esiste l’Europa delle banche, delle grandi multinazionali e delle lobby, e poi l’Europa dei cittadini che hanno perso il loro lavoro e non hanno diritti».

Matteo Salvini (ENF, IT) ha chiesto di porre fine ai finanziamenti UE verso la Turchia nonché alla procedura d’adesione all’Unione: «Non sarebbero mai dovuti iniziare». Ha inoltre incolpato i leader europei di «aver rovinato il sogno europeo”.