29 March, 2024
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“How big is the galaxy?”, della regista russa Ksenia Elyan, ha vinto la terza edizione del Fiorenzo Serra Film Festival. Il concorso, organizzato dal Laboratorio di Antropologia visuale “Fiorenzo Serra” della Società Umanitaria di Sassari, si è concluso ieri sera con la cerimonia di premiazione alla Camera di commercio del nord Sardegna. Il tema di quest’anno è stato “Aspetti materiali e simbolici del pastoralismo”. Alla vincitrice, presente in sala, è stata consegnata una targa ricordo insieme al premio di tremila euro.
Il film è la ricerca di una chiave di comprensione della libertà, della conoscenza e della civiltà nei vasti spazi artici della Siberia, a centinaia di miglia da abitazioni umane, attraverso gli occhi di Zakhar, un bambino indigeno di 7 anni.

«Grazie alla regista Ksenia Elyan per aver narrato, attraverso l’originalità del suo sguardo ed una visione poetica di questa realtà, una storia di terre lontane ma prepotentemente vicine nei sentimenti che accomunano e rendono uguali tutti gli esseri umani», si legge nelle motivazioni del premio.
Al secondo posto si è piazzato “Sheep hero”, dell’olandese Ton Van Zantvoort: la storia di un pastore olandese di pecore che, accanto a una concezione idealista e a tratti romantica del suo lavoro, svela le contraddizioni di un’attività tradizionale in un mondo globale, in uno scontro fra le esigenze di un pastore e del suo gregge e quelle di una realtà fondata sulla massimizzazione dei profitti. Chiude la terna dei vincitori In questo mondo, dell’italiana Anna Kauber, che narra con grande delicatezza il lavoro sfiancante di oltre cento donne pastore in Italia, tra i 20 e i 102 anni, simbolo di come si possa sconfiggere qualsiasi cosa, compresi i pregiudizi di occhi annebbiati da secoli di maschilismo, machismo o “meschinismo”. Al secondo e terzo classificato sono stati assegnati, rispettivamente, 2000 e 1000 euro.
Menzione speciale, infine, per “Climbing the universe”, della regista nuorese Monica Dovarch.
La sezione dedicata ad Antonio Simon Mossa, che raccoglie i film incentrati su tematiche sociali, è stata invece vinta dal regista Stalin Kalidas con A tale of bad morning in India, sulla miserrima vita degli spazzini manuali e sulla discriminazione sociale tuttora imperante in quel Paese; al vincitore è andato un premio di 1500 euro. Menzione speciale per l’italiano “Pescamare”, di Andrea Lodovichetti, «per aver saputo trasmettere l’importanza della vita e del duro ed appassionante lavoro del pescatore di professione ricostruendo le memorie, la continuazione e la ripresa attuale di un saper fare che fa parte dell’eredità culturale immateriale del nostro Paese».
Il Fiorenzo Serra Film Festival ha raccolto oltre 860 film provenienti da tutto il mondo. Di questi sono stati selezionati circa trenta lavori per le due sezioni, con un lungo lavoro di scelta e valutazione. Ad assegnare i premi è stata la giuria composta da Fabio Olmi (direttore della fotografia e figlio del regista Ermanno), Alessia Glielmi (antropologa dell’Università di Torino), Sebastiano Mannia (antropologo dell’Università di Palermo), Giannetta Murru Corriga (antropologa esperta di pastoralismo in Sardegna), Antonio Bisaccia (direttore dell’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari), Rosanna Castangia (titolare della casa di produzione cinematografica Bencast), Giuliano Marongiu (artista sardo ed esperto di etnografia), Simonetta Columbu (attrice e figlia del regista sardo Giovanni Columbu), Lorenzo Hendel (regista televisivo e documentarista, responsabile editoriale della trasmissione DOC3) e Pietro Simon, figlio di Antonio Simon Mossa. La serata è stata presentata da Silvia Busia.
La rassegna è stata realizzata in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna, il comune di Sassari, l’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari, la Camera di Commercio di Sassari, il Dipartimento di Storia e scienze dell’uomo dell’Università di Sassari e la Filmoteca Regionale Siciliana.

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Continua il riconoscimento internazionale per il doc-film “La Tela” dell’artista sardo Salvatore Garau, interamente girato all’interno del Casa di reclusione “Salvatore Soro” di Massana in Provincia di Oristano, Sardegna.

Dopo essere stato premiato in aprile al Dada Saheb Phalke Film Festival di Nuova Dehli con la menzione d’onore da parte della giuria (premio assegnato anche all’altro corto di Salvatore Garau Futuri Affreschi Italiani), e aver partecipato al Portugal International Film Festival di Porto, e nuovamente in India al Buddha International Film Festival di Pune e al Bangalore Shorts Film Festival,  il doc-film LA TELA è stato invitato al “Dumbo Film Festival” (New York, 8-9 luglio 2019) ed al “Brazil International Film Festival” (Teresópolis, Rio de Janeiro, 23-25 agosto 2019).

Nel ruolo inedito di regista, con al fianco Fabio Olmi come direttore della fotografia, Salvatore Garau ha realizzato e interamente autofinanziato, in collaborazione con la Blue Film di Roma, un doc-film poetico della durata di 60 minuti, che racconta la realizzazione di un dipinto su una grande tela (cm. 200×500) insieme ad alcuni detenuti.

Un’esperienza che ha visto confrontarsi due esistenze, quella dell’artista e uomo libero per la società con quella di uomini non artisti e non liberi detenuti dalla società, ma che insieme sono riuscite a comunicare e a mettere su una tela bianca un forte scambio di energie, partendo da un’idea artistica condivisa.

Il risultato è stata una doppia opera, pittorica e filmica, di grande impatto visivo ed emotivo, espressione della contaminazione tra l’esperienza dell’artista e la capacità artistica grezza e inespressa, ma ugualmente potente dei detenuti, che con i loro vissuti personali di esistenze interrotte hanno influenzato la stessa libertà creativa.

Salvatore Garau: «La creatività è apertura spirituale, richiede concentrazione, il più delle volte solitudine. Questa condizione è essenziale non solo per gli artisti, ma per tutti. Le riprese di un film sulla creazione di una grande quadro, insieme a persone che non avevamo mai dipinto nella loro vita e detenute, non hanno potuto, inizialmente, avere uno schema preciso. Tutto è stato inevitabilmente filtrato dalle sensazioni e dalle emozioni di chi vive in un contesto in cui si è privati della propria libertà mentale e spirituale ancor prima che fisica. Il documentario segue, esattamente, lo sviluppo di un progetto che ha mostrato il potere dell’arte, la presa di coscienza lenta ma costante da parte dei detenuti di riscoprirsi uomini liberi dentro, grazie a un gesto di pura libertà come quello di dipingere. Questo è stato possibile perché “La Tela”, ancor prima che un progetto creativo pittorico e cinematografico, è stato un equo dare e avere fra chi per la società è libero, e chi non lo è».

Nelle intenzioni di Salvatore Garau non c’è mi stata la volontà di creare un documentario sulla “situazione delle carceri”, né tanto meno la volontà di giudicare o rendere eroi i detenuti.

Per l’artista l’obiettivo era uno solo: creare un’opera al di fuori della retorica e con una tensione artistica a sé stante e capace di far comprendere che, per chi tutti i giorni convive con una pena materiale e una psicologica invisibile ma altrettanto drammatica, dipingere e raccontare – come qualsiasi altra forma artistica – è un modo prezioso per alimentare la mente e stimolare il pensiero.

Fabio Olmi: «L’arte è una valvola di sfogo fondamentale a quel cumulo di speranze e solitudini che regolano e riempiono il tempo dei detenuti. Un modo per riscoprire una parte di sé che non si riconosceva più e per prendere consapevolezza della propria unicità, nonostante una condizione carceraria che porta a annullare le individualità, rendendo uomini e donne tutti uguali».

La realizzazione del docufilm “La Tela” è stata possibile grazie alla disponibilità di Pier Luigi Farci, Direttore della Casa di Reclusione, della Polizia Penitenziaria, e Davide Pia, Mauro Porcu, Simone Niola, Giovanni Corodda, Carlo Usai e Marco Palumbo, i detenuti, che hanno partecipato alla realizzazione del dipinto e del film.

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Dopo il film sulla vita e il pensiero negli anni del carcere di Antonio Gramsci, “Nel mondo grande e terribile”, scritto e diretto da Daniele Maggioni, Laura Perini e Maria Grazia Perria, ancora una serata all’insegna della settima arte ad Oristano per il diciannovesimo festival Dromos. Questa sera, nella cornice di piazza Corrias, è in programma la proiezione del film “La tela”,  primo lungometraggio del pittore Salvatore Garau, che lo stesso artista di Santa Giusta ha realizzato nell’Istituto Penitenziario di Alta Sicurezza “Salvatore Soro” di Massama, Oristano. Si comincia alle 21.30 con ingresso libero. Presenti in sala, con Salvatore Garau, il direttore della fotografia Fabio Olmi (figlio del regista Ermanno) e Lila Place, che ha curato il montaggio. Probabile la presenza anche di alcuni dei detenuti che hanno partecipato al docufilm, oggi uomini liberi.

In sintonia con il tema portante di questa edizione di Dromos, che si riconosce sotto il titolo “Prigioni”,  “La tela” documenta la genesi di un grande dipinto realizzato da tre detenuti del carcere oristanese insieme a Salvatore Garau. L’arte richiede concentrazione, quasi sempre solitudine: una condizione indispensabile per il pittore sardo che decide di mettere in discussione portando una grande tela bianca (due metri per cinque) all’interno dell’istituto penitenziario. L’idea non è quella di insegnare ai detenuti a dipingere, ma di condividere la propria energia creativa con chi non è abituato alla libertà creativa, con chi non è libero. Davanti alla tela è dato modo ai detenuti di sprigionarsi, generare meraviglia. Il film documentario ripercorre la sfida, lo stupore, la nascita e la crescita di un progetto che dimostra la potenza dell’arte e della parola 

Con la serata odierna a Oristano, il festival Dromos suggella la sua prima parte e si appresta ad affrontare il gran finale di rito con Mamma Blues, tre serate fino a Ferragosto consacrate alla musica del diavolo. Inaugura il trittico, domenica 13, la cantante anglo-americana Lucy Woodward, tornata in scena da solista con il suo stile fra jazz, soul, pop e blues l’anno scorso con il suo quarto album: “Til They Bang On The Door”. Lunedì (14 agosto) è protagonista il cantante e chitarrista newyorkese Erik Bibb in duo con il chitarrista svedese Staffan Astner per presentare il suo ultimo disco, “Migration Blues”, pubblicato lo scorso marzo. La sera di Ferragosto, infine, si celebra con i brasilian Bixiga 70 con la loro trascinante miscela di ritmi africani e carioca, jazz e funk, afro-beat, malinké, candomblé, samba e cumbia.

L’apertura delle tre serate di Mamma Blues – con inizio alle 22.00 –  è affidata ad altrettante proposte della scena isolana: di scena domenica 13 il chitarrista Vittorio Pitzalis; lunedì 14 il quintetto Blues Tales; martedì 15 i Country’s Cousins. Dopofestival dalla mezzanotte in poi con altri tre gruppi: i Dancefloor Stompers (domenica 13), The Ticks (lunedì 14) e i Groove Elation (martedì 15 agosto).

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Torna nella sua casa base Oristano il diciannovesimo festival Dromos per una serata in ricordo di Antonio Gramsci ad ottant’anni dalla scomparsa dell’illustre politico e pensatore sardo. Domani (venerdì 11 agosto), alle 21.30 in piazza Corrias, si proietta “Nel mondo grande e terribile”, film scritto e diretto da Daniele Maggioni, Laura Perini e Maria Grazia Perria sulla vita e il pensiero negli anni del carcere dell’eminente intellettuale di Ales. Un appuntamento, questo, organizzato in collaborazione con la biblioteca comunale di Oristano, che evoca anche il tema di questa edizione del festival: “Prigioni”. Presentano il lungometraggio uscito quest’anno (78 minuti), Enrica Vidali e il produttore Tore Cubeddu, con letture di Alessandro Melis.

Il film racconta alcuni momenti della vita e parti del complesso pensiero di Antonio Gramsci, interpretato dall’attore Corrado Giannetti, attraverso una rappresentazione che restituisce la complessità delle sue riflessioni, la sua umanità e le difficoltà della sua esistenza. Nel lungometraggio vengono mostrati gli ultimi dieci anni della sua vita in carcere. Un carcere duplice: materiale, concreto ma anche intangibile, immaginario. Un periodo duro e faticoso. Ciononostante, le sue riflessioni durante il carcere, hanno lasciato una traccia indelebile nel pensiero filosofico contemporaneo. Lo spazio scenico del presente carcerario è mostrato anche come uno spazio mentale, quasi astratto che si allarga e si restringe a seconda del suo stato d’animo. Il prigioniero Gramsci lotta, dibatte, rievoca. Nella sua cella si materializzano i suoi ricordi e i suoi fantasmi. Il film si articola in una struttura a più livelli che si intersecano, e si ritrovano in rimandi e assonanze reciproche.

L’ingresso alla proiezione è libero.

Sabato 12 agosto si resta ad Oristano (nella stessa cornice di piazza Corrias), sintonizzati sul tema portante del diciannovesimo festival Dromos con la visione, alle 21.30, di un secondo film: “La tela”, il primo lungometraggio del pittore Salvatore Garau, che vede come direttore della fotografia Fabio Olmi (figlio del regista Ermanno), su un progetto dell’artista di Santa Giusta nell’Istituto Penitenziario di Alta Sicurezza di Massama-Oristano. Presenti in sala Salvatore Garau, Fabio Olmi e Lila Place.

 

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Novità nel cartellone del diciannovesimo festival Dromos, in programma dal primo al 15 agosto tra Oristano e altri undici centri della sua provincia: Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Morgongiori, Neoneli, Nughedu Santa Vittoria, Nureci, San Vero Milis, Ula Tirso e Villa Verde, con anteprima a Mogoro il 30 luglio.

A tre settimane dal via, il fitto palinsesto della manifestazione organizzata dall’omonima associazione culturale si arricchisce di un importante appuntamento collaterale: l’incontro, il 6 agosto a Oristano, con il filosofo statunitense John Searle, uno tra i più influenti pensatori contemporanei, che interverrà all’Auditorium San Domenico (alle 19.00) sul tema “La costruzione sociale dei confini”.

Nato a Denver nel 1932, John R. Searle occupa un ruolo di primo piano nella comunità filosofica internazionale. Formatosi a Oxford, alla scuola della “filosofia del linguaggio ordinario” con John Austin, Gilbert Ryle e Peter Strawson, dalla fine degli anni cinquanta è professore di filosofia all’Università di Berkeley in California. Le sue indagini spaziano dalla filosofia del linguaggio e della mente all’indagine critica dell’intelligenza artificiale e della realtà sociale. Nella conferenza che terrà per il Dromos Festival, mostrerà come le barriere giuridiche ed economiche che spesso ci separano, pur avendo una propria oggettività, sono il frutto di una creazione umana. 

Un altro nuovo tassello nel palinsesto di questa edizione di Dromos che si riconosce sotto il titolo “Prigioni”, è la visione, il 12 agosto a Oristano, con inizio alle 21.30 in piazza Corrias, di “La tela”, il primo lungometraggio firmato dal pittore Salvatore Garau. Il documentario, che vede come direttore della fotografia Fabio Olmi (figlio del regista Ermanno) ripercorre la sfida, lo stupore, la nascita e la crescita di un progetto, realizzato dall’artista di Santa Giusta all’interno dell’Istituto Penitenziario di Alta Sicurezza di Massama-Oristano, che dimostra la potenza dell’arte e della parola, il colore che fa vibrare anche luoghi spogli e spenti. 

È invece fissata per la sera prima, venerdì 11 agosto (sempre alle 21.30), nella stessa cornice di piazza Corrias, la proiezione del film “Nel mondo grande e terribile” inizialmente prevista al chiostro dell’Hospitalis Sancti Antoni. Scritto e diretto da Daniele Maggioni, Laura Perini e Maria Grazia Perria, il lungometraggio racconta la vita e il pensiero negli anni del carcere di Antonio Gramsci (di cui ricorre l’ottantesimo anniversario della morte), interpretato dall’attore Corrado Giannetti.

Infine, si aggiunge un’altra suggestiva offerta alla serie di pacchetti turistici associati al festival. Si tratta degli itinerari mototuristici dei Pastori in moto, dieci motogiri abbinati ad altrettanti concerti, alla scoperta di località e paesaggi poco conosciuti attraverso appassionanti percorsi di curve, coste e montagne.