28 April, 2024
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Quale sarà il destino del nuraghe Sirai di Carbonia? È questa la domanda più scottante del momento, almeno per quanto riguarda le aree archeologiche del Sulcis Iglesiente, interessate dalla chiusura dei cantieri di scavo e manutenzione. La convenzione con la Fondazione Cammino di Santa Barbara giunge al termine e i lavoratori, formati da anni di lavoro e corsi di formazione sullo scavo archeologico, saranno occupati in altre sedi. Il dialogo con la Regione sembra essersi interrotto e all’orizzonte non paiono prospettarsi nuove soluzioni.
«Il nostro confronto con la regione è iniziato a settembrespiega la sindaca di Carbonia, Paola Massidda -, con un incontro con l’assessore del Lavoro Alessandra Zedda, che ci aveva dato forti rassicurazioni. Evidentemente, però, per l’assessore queste rassicurazioni riguardavano solo il fatto che i lavoratori del nuraghe Sirai avrebbero mantenuto la sicurezza di un posto di lavoro. Ma il fatto è che le competenze, le qualifiche e le esperienze maturate in vent’anni di scavi archeologici vengono di fatto buttate.»
Competenze maturate sul campo ma anche attraverso appositi corsi di formazione istituiti dalla Regione stessa. Il nuraghe, che nel corso degli anni ha restituito una realtà unica nell’ambito dell’archeologia sarda, resterà quindi senza un cantiere di scavo e non sarà più possibile renderlo fruibile al pubblico.
«Due anni fa siamo riusciti ad aprire al pubblico questa perla del nostro territorio, che ora dovrà essere chiusa perché il comune non ha le risorse per tenere il cantiere apertoprosegue Paola Massidda -. L’ultimo atto sono le lettere inviate all’assessore dei Beni Culturali, Andrea Biancareddu, e al ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, perché questa rappresenta una grave perdita per tutto il nostro patrimonio culturale.»
Il nuraghe Sirai era stato inserito all’interno del progetto Cammino di Santa Barbara, come luogo di passaggio dei pellegrini. Come spiega ancora la sindaca di Carbonia: «Era una delle tappe che offrivamo, nel nostro territorio, alla visita dei pellegrini. Forse riusciremo a trovare i fondi grazie all’assessore dei Beni Culturali, ma non si sa. Con le sue risorse, il comune di Carbonia non riesce assolutamente a salvaguardare e a tutelare questo bene, che rischia l’abbandono».

L’assessore della Cultura, Sabrina Sabiu, conferma le difficoltà attraversate in questo momento così delicato: «Al momento non abbiamo altre soluzioni da proporre. Questi lavoratori sono vitali per poter mantenere aperto il cantiere e gli scavi. Solo attraverso il loro utilizzo è possibile mandare avanti la filiera della ricerca. Il nostro sconcerto deriva anche dal fatto che le loro competenze vengono disconosciute dalla stessa Regione che, a suo tempo, aveva speso dei denari nei corsi di formazione».
La conseguenza è che, tra tutti e quattro i siti che resteranno senza la manutenzione di un cantiere, il nuraghe Sirai non avrà nemmeno la possibilità di essere gestito da personale che lo renderà fruibile al pubblico.
«Gli altri siti sono già oggetto di un percorso museale consolidatospiega ancora l’assessore Sabrina Sabiu che ormai è nel circuito del finanziamento regionale, legato alla legge 14 del 1996, mentre il nuraghe Sirai, in questo circuito, non è mai entrato. Quindi non è solo un discorso di apertura al pubblico, perché ovviamente avendo le guide potremmo fare anche questo. Il problema è che il sito va manutenuto e le risorse umane che abbiamo non sarebbero sufficienti per mantenere aperto un sito di questa portata. Noi non abbiamo la possibilità di poter investire ulteriormente.»
Il danno che ne consegue è enorme, vista la rilevanza scientifica dell’area, che in questa bagarre passa totalmente in secondo piano. L’archeologo Matteo Tatti fa il punto sul perché il nuraghe Sirai rappresenti un valore aggiunto per la storia della Sardegna.
«In questo contesto si è creata una commistione molto interessante, perché le popolazioni che arrivano dall’Oriente si insediano qua e condividono l’area con le popolazioni nuragiche che già c’erano, dando luogo a un qualcosa di nuovo. Per cui vediamo forme di età nuragica realizzate con tecniche di lavorazione del tutto nuove. O, al contrario, forme ceramiche che noi riconosciamo come fenicie ma prodotte con un tipo di manifattura di età nuragica. Si tratta di un sito in cui è presente una fortissima attività artigianale, che ha dato risultati eccezionali, e che ha pochissimi altri esempi nel Mediterraneo. Un unicum in Sardegna. Manufatti di pregio che prendevano anche il largo sulle navi e che quindi si inserivano su percorsi commerciali di più ampio raggio.»
Una realtà importantissima e peculiare che deve assolutamente restare disponibile alla fruizione pubblica e che non può permettersi di cadere nell’oblio.
«La ricerca ed i suoi risultati devono essere messi a disposizione della collettivitàprosegue Matteo Tatti -. La risposta del pubblico, durante le aperture periodiche del nuraghe, è sempre stata notevole. Questo significa che la collettività ha necessità di riappropriarsi della sua storia. Questo è un elemento che non deve mai essere trascurato e che deve essere messo tra gli obiettivi principali a cui rispondere quando si interviene. Noi archeologi abbiamo una responsabilità notevole e di tutto questo dobbiamo rendere conto alla collettività che ne fruisce.»
Federica Selis

          

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Incendio nel primo pomeriggio nelle campagne di Tratalias. Le fiamme sono divampate in località Gisella e hanno interessato alcuni terreni caratterizzati da erba sfalciata e impianti di irrigazione. Per domare l’incendio sono intervenuti tre mezzi dei Vigili del Fuoco di Carbonia, coadiuvati dalla Protezione Civile di Carbonia, Terraseo e Sant’Anna Arresi. Di supporto ai mezzi a terra è intervenuto l’elicottero della base del Marganai.
Federica Selis

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«Se mi abbandoni crollo»: è questo lo slogan che campeggia su quattro siti cardine dell’archeologia del Sulcis Iglesiente. Il 30 giugno chiuderanno i cantieri di manutenzione e scavo di quattro aree archeologiche del Sud Sardegna: il nuraghe Sirai di Carbonia, Pani Loriga di Santadi, il nuraghe Seruci di Gonnesa e la zona archeologica di Sant’Antioco. Gli operai addetti ai lavori saranno dirottati verso altre tipologie lavorative ma i siti di Seruci e Pani Loriga, già gestiti da cooperative, resteranno comunque aperti alla fruizione pubblica.
«Esprimiamo profonda amarezza perchè si chiude, in parte, una cosa che funziona spiega Hansel Cabiddu, sindaco di Gonnesa -. Abbiamo predisposto per poter riaprire il sito al pubblico la settimana prossima e in concomitanza con la riapertura perdiamo personale qualificato che ha curato il sito. Quindi una cosa che funziona viene messa nelle condizioni di perdere un pezzo importante.»
Come sottolinea anche Marco Valdes, responsabile del sito archeologico di Seruci per conto del Cammino di Santa Barbara: «Attualmente stiamo facendo diserbo, pulizia e manutenzione generale. Questo sito ci mancherà. Entreremo con la nuova ditta e vedremo il da farsi».
A Santadi, al sito di Pani Loriga, l’atmosfera è la stessa. Il cantiere archeologico chiude e gli 8 operai che curano la manutenzione dell’area saranno impiegati in altre mansioni.
«La chiusura del cantiere archeologicointerviene Simona Garau, assessore dei Beni culturali del comune di Santadi vuol dire lasciare un sito senza l’ordinaria manutenzione. Santadi vive anche dalle bellezze archeologiche che offre il territorio. La chiusura del cantiere vorrebbe dire un danno d’immagine che né il comune di Santadi né gli altri comuni che hanno in gestione questi siti si possono permettere. Siti che restano comunque aperti al pubblico e che, proprio per questo, necessitano di manutenzione. Il comune di Santadi non può farsene carico. Questo la Regione lo sa benissimo e ciononostante non ha avuto intenzione, fino ad oggi, di porre rimedio a questa incresciosa situazione. Faremo di tutto per rinvenire finanziamenti che consentano la prosecuzione del cantiere archeologico.»
Quella di Pani Loriga è un’area molto estesa, che comprende testimonianze di diverse epoche storiche, dal Neolitico fino al periodo bizantino. Rappresenta, a tutt’oggi, uno dei punti di riferimento culturale per l’intero Basso Sulcis, come spiega l’archeologa Simona Ledda, responsabile del sito: «Parliamo di un sito plurimillenario, che rappresenta una parte importante della storia della Sardegna. Dal 30 giugno chiude il cantiere di manutenzione perché all’interno di un bando internazionale, promosso dalla regione Sardegna, non sono stati inseriti i siti archeologici. Chiedo direttamente al presidente Solinas di trovare una soluzione».
Diverso il destino del Nuraghe Sirai di Carbonia, che, a differenza delle aree di Seruci e Pani Loriga, non è mai stato sottoposto a gestione e non è quindi fruibile al pubblico. I lavoratori, che ininterrottamente dal 2018, si occupano della manutenzione del sito, dal 30 giugno saranno spostati e l’area archeologica chiuderà i battenti. Le strutture capannicole e gli scavi verranno ricoperti con dei teli bianchi, in modo da preservarli da intemperie e atti di vandalismo.
«Qui stiamo andando a porre fine ad un’attività di scavo e di valorizzazione ma anche di manutenzione costantespiega l’archeologo Matteo Tatti -, che ha portato questi monumenti archeologici a poter essere resi alla collettività. Questi lavoratori si sono formati in questo sito, assumendo professionalità specifiche nella cura dello scavo archeologico. Adesso verranno spostati chissà dove.»
Anche Carla Perra, responsabile scientifico e direttore dello scavo, si interroga sul destino dei lavoratori. «Questi operai sono stati formati attraverso corsi di formazione e hanno acquisito professionalità elevate nel restauro, nello scavo e nella documentazione. Ora chissà dove verranno mandati. Forse in qualche cantiere di bonifica o di archeologia industriale. Inoltre, gli scavi hanno bisogno di una manutenzione continua. Sarà un problema, perché i comuni non hanno le risorse per potersi occupare della manutenzione.»
Mafalda Maxia, capo cantiere nel sito del nuraghe Sirai, esprime il dispiacere, da parte di tutti i colleghi, per il trasferimento.
«Dal 30 giugno ci ritroveremo a fare chissà quale lavoro e vorremmo cercare di mantenere la stessa tipologia di occupazione, in modo tale da continuare la professionalità che abbiamo acquisito in tutti questi anni. Non chiediamo altro.»
Rammarico viene espresso anche dall’assessore della Cultura del comune di Carbonia, Sabrina Sabiu. «Questo è stato un processo virtuoso, che è riuscito a dare nuova formazione a dei lavoratori che prima si occupavano di tutt’altro ma che si sono dedicati a questo settore con passione. Con la loro formazione ci hanno consentito di rendere il sito fruibile e visitabile. Interrompendo questo percorso si sta facendo un danno enorme.»
Attraverso le pagine social istituzionali, il sindaco di Sant’Antioco, Ignazio Locci, ringrazia la Fondazione Cammino di Santa Barbara per l’impegno profuso in questi due anni nella cura e nella manutenzione delle aree archeologiche dell’isola.
Federica Selis

 

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Un nuovo traguardo per Sant’Antioco, dopo la Bandiera Blu conquistata per il secondo anno consecutivo dalla spiaggia di Maladroxia. La cittadina lagunare è stata inserita, infatti, tra le 150 località italiane che ospitano delle iniziative di pubblica sicurezza.

“Sant’Antioco sana, serena, sicura”: è questo lo slogan pensato dal paese sulcitano per affrontare quest’estate 2020, e che suggerisce il modus operandi adottato dall’amministrazione comunale per garantire piena tranquillità a cittadini e turisti.

Si parte dalla pagina web “Spiagge Sant’Antioco”, attraverso la quale l’utente potrà ricevere informazioni sui sistemi di sicurezza e comportamento in spiaggia ma, soprattutto, sarà in grado di monitorare in tempo reale il numero di posti disponibili in ogni arenile del territorio comunale.

Questo non significa dover prenotare un posto in spiaggia ma rappresenta, anzi, un’ulteriore e comoda opportunità, per il fruitore, di poter scegliere il luogo in cui andare, in base alla presenza cospicua o meno di altri bagnanti.

«La WebApp “Spiagge Sant’Antioco” consentirà di informare, due volte al giorno, i cittadini su quella che è la pressione antropica sugli arenilidice il sindaco di Sant’Antioco Ignazio Locci -. Le spiagge restano libere ma attraverso la collaborazione dei barracelli e dell’Associazione Nazionale Carabinieri, saremo in grado di dire, due volte al giorno, quante persone sono in spiaggia. Sulla base di questi numeri, i cittadini e gli ospiti potranno valutare quale arenile scegliere.»

Un grande lavoro di comunicazione e di informazione, quello su cui punta il comune di Sant’Antioco, al fine di garantire una stagione comoda e, allo stesso tempo, sicura per tutti. In ogni spiaggia è stato impiantato un sistema di cartellonistica con le regole di comportamento da seguire.

Luciano Agus, della Polizia Rurale di Sant’Antioco, conferma che la situazione risulta perfettamente sotto controllo: «Per adesso è tutto tranquillo. La gente ha capito i regolamenti e li rispetta. Noi stiamo solo svolgendo un’azione di controllo per garantire che tutto vada bene ma vediamo che le persone sono abbastanza educate e rispettano i decreti ministeriali».

Non solo cartellonistica informativa e segnaletica adeguata: in ogni spiaggia del territorio comunale sono stati installati dispositivi di sanificazione personale. Prosegue il sindaco Ignazio Locci: «Sia il centro urbano che le spiagge sono state dotate di colonnine a pedale con i dispenser per le soluzioni idroalcoliche».

Un’idea innovativa, che rende la cittadina lagunare precursore dell’iniziativa e che ha contribuito a farle guadagnare l’ingresso tra le 150 località più sicure d’Italia. Una soluzione d’impatto positivo anche per i turisti, come osserva Giampaolo, della provincia di Rovigo, in vacanza a Sant’Antioco con la compagna: «Abbiamo visto i sanificatori e li abbiamo usati. Siamo rimasti colpiti. Anche in spiaggia le persone sono tutte distanziate e in ordine. Dal punto di vista del Covid abbiamo notato che c’è un’ottima organizzazione».

Organizzazione che non prevede alcuna prenotazione per la fruizione delle spiagge ma permette ad ognuno di informarsi sulla pressione antropica degli arenili, attraverso l’utilizzo di una semplice applicazione. Spiagge libere, in cui le uniche regole da seguire restano quelle indicate dalle ordinanze ministeriali e, soprattutto, dal buon senso.

«Sant’Antioco sana, serena, sicura è il nostro marchiocontinua Ignazio Locci -. Poche regole, semplici: un metro di distanza interpersonale, tre metri tra gli ombrelloni, un unico ombrellone e, ovviamente, vietato banchettare nella spiaggia.»

Una stagione che si avvia, attraverso la cooperazione con la prefettura di Cagliari ed il ministero degli Interni, e che richiede la collaborazione di tutti. Conclude il primo cittadino: «Ci auguriamo che operatori, turisti e chiunque frequenti le nostre coste possa collaborare attraverso il buon senso a tenere sicure e, soprattutto, fruibili al meglio le nostre coste e le nostre spiagge».

Per entrare nella WebApp “Spiagge Sant’Antioco”:

– accedere da tablet o da cellulare alla pagina Facebook del comune di Sant’Antioco;

– scorrere fino al box “Sant’Antioco serena sana sicura”;

– all’interno del box cliccare sul link https://www.spiaggesantantioco.it/

Federica Selis

 Sant’Antioco

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Riapre al pubblico uno dei gioielli del Sulcis Iglesiente: le grotte di Is Zuddas, nel territorio di Santadi. Dopo la lunga chiusura di questi mesi, la Cooperativa Monte Meana, che gestisce il sito naturalistico e la trattoria adiacente, decide di riaprire i cancelli di quello che è uno dei simboli del Sulcis.
Il percorso, molto agevole, che si districa all’interno di diverse sale, tra cui si distinguono quella detta “dell’Organo” e quella “delle Eccentriche”, ha una lunghezza di 500 metri. Importantissime non solo per la bellezza delle loro concrezioni uniche, come i cosiddetti “fiori di grotta”, le grotte di Is Zuddas conservano i resti del Prolagus Sardus, piccolo roditore vissuto solo in Sardegna e Corsica.
«Riapriamo il nostro tour turistico secondo quelle che sono le disposizioni di leggeinforma Rodolfa Atzeni, presidente della Cooperativa Monte Meana -. I gruppi saranno ridotti, massimo 15/18 persone per gruppo anziché i 30 degli anni precedenti. Naturalmente invitiamo i nostri clienti ad indossare guanti e mascherina e all’ingresso delle grotte abbiamo già pronti i prodotti per sanificarsi.»
Le grotte non perdono il loro fascino ed attirano sempre un numero cospicuo di visitatori. Quest’anno le previsioni appaiono diverse ma le prenotazioni ci sono già, anche se, per il momento, arrivano solo dal turismo sardo. C’è comunque grande fiducia nel fatto che la stagione riporterà anche i turisti da fuori Sardegna. Le prospettive ci sono e i gestori del sito sono pronti ad accogliere tutti nella massima sicurezza. «Pensiamo che tenendoci a distanza non avremo nessun problema per quanto riguarda la visita alle grotte», prosegue Rodolfa Atzeni.
Sistemi di sicurezza che la cooperativa ha adottato anche per quanto riguarda la trattoria, dotandosi di termoscanner per il controllo della temperatura dei clienti in entrata e di sanificatori per le mani, oltre alle barriere di plexiglass in cassa e in biglietteria. «La nostra trattoria cambia immagine ma non la qualità del nostro prodotto», conclude il presidente della cooperativa Monte Meana.
A Is Zuddas, tutto è pronto per accogliere i visitatori in pieno comfort e sicurezza.
Federica Selis

 

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Si è svolta all’interno della “Portovesme s.r.l.” una grande iniziativa di solidarietà che ha visto protagoniste l’azienda di Portoscuso e le Associazioni di volontariato del 118 e delle medicalizzate del Sulcis Iglesiente. Durante la manifestazione è stato consegnato, ad ogni associazione, un generatore d’ozono per la sterilizzazione delle autoambulanze. Presenti alla manifestazione 23 ambulanze in rappresentanza di altrettanti paesi del territorio, da Narcao fino a Fluminimaggiore e San Gavino Monreale. Un forte segnale di sensibilità, oltre che di solidarietà, quello giunto dalla Portovesme s.r.l., che vede l’azienda di Portoscuso fortemente attiva nel sostegno al volontariato, in questa fase di crisi dovuta al Covid – 19.
Davide Garofalo, Amministratore Delegato della Portovesme s.r.l. parla della bella iniziativa: «Siamo partiti con l’idea di aiutare il territorio iniziando dagli ospedali, in particolare da quelli che operano nell’area in cui siamo presenti noi: Carbonia, Iglesias e San Gavino Monreale. Quando sono scoppiati i casi nelle case di cura per anziani abbiamo deciso di allargarci anche a loro. In seguito, abbiamo voluto aiutare chi è sul fronte immediato della crisi, ovvero i 118. Abbiamo preso contatto col dottor Fois che coordina il settore per il Sud Sardegna e insieme abbiamo concordato un progetto comune che riguardasse tutte le strutture».
Da sempre molto sensibile alle problematiche del territorio, la Portovesme s.r.l. questa volta ha deciso di partecipare in prima linea sul fronte della crisi.
«Abbiamo dato in donazione alle strutture sanitarie del territorio e di volontariato tutti i dispositivi di sicurezza per poter andare avanti, visto il momento di crisiafferma Salvatore Zuddas, Rsu della Cgil e dipendente della Portovesme s.r.l. -, Abbiamo distribuito guanti, mascherine, sanificatori e quant’altro.»

Un momento di solidarietà, di coesione sociale, tra il territorio e l’industria, che si manifesta non soltanto come esempio di virtù lavorativa, con i suoi 1.500 dipendenti, ma anche come grande esempio di sensibilità. Prosegue Salvatore Zuddas: «Sì, unione sociale tra noi e queste grandi realtà che ogni giorno sono con noi».
In questo momento, in cui la pressione della crisi si fa particolarmente pesante, il volontariato e la solidarietà diventano un punto di riferimento fondamentale. Vincenzo Lai, segretario Femca (Cisl) Sulcis Iglesiente, ribadisce questo concetto.
«Il mondo del lavoro si sposa con tutto il resto. Siamo tutti cittadini di questo territorio ed è un atto doveroso cercare di dare una mano per combattere questo disastro. Nel nostro piccolo siamo forse riusciti a fare qualcosa. La Portovesme s.r.l. ha partecipato a braccia aperte e ci ha aiutato moltissimo ma il ringraziamento va a tutti, in primo luogo ai lavoratori, che sono stati partecipi dell’iniziativa ed alla Portovesme s.r.l. che non si è mai tirata indietro.»
Anche dalla sede distaccata di San Gavino Monreale arriva il sostegno al gesto di solidarietà. Durante la pandemia, l’azienda del Medio Campidano ha subito la perdita di un proprio dipendente.
«Abbiamo partecipato a questa bellissima iniziativa per poter aiutare le associazioni di volontariato che sono state molto attive durante quest’emergenza sanitariaspiega Cristiano Lixi, Rsu della sede di San Gavino -. Siamo contenti dei risultati ottenuti. Nel nostro stabilimento siamo stati colpiti dal Covid, col decesso di un nostro caro collega. Quindi, per noi, questo rappresenta anche un momento di ricordo in onore del collega venuto a mancare.»

Al termine della cerimonia, i volontari del 118 e delle medicalizzate hanno ringraziato per il gesto di solidarietà azionando tutti insieme le sirene delle ambulanze.

Federica Selis

 

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I primi di gennaio, la copertura lignea che proteggeva il pozzo sacro di Tattinu, nel comune di Nuxis, è crollata in seguito a condizioni meteorologiche avverse. La tettoia, che era stata eretta diversi anni fa per impedire che le acque piovane rovinassero la struttura del monumento – tra i più noti ed importanti della Sardegna – non ha retto al forte vento di levante ed è implosa su se stessa, andando a coprire completamente il pozzo sacro.

Il sindaco di Nuxis, Pier Andrea Deias, non ha perso tempo e, dopo un primo sopralluogo, ha immediatamente allertato la soprintendenza per i Beni Archeologici di Cagliari. «Ci siamo attivati immediatamente, il giorno dopo stesso, per informare la Soprintendenza dell’accaduto. Hanno organizzato un sopralluogo nel sito a metà febbraio, dopodiché sarebbero dovuti tornare per un secondo sopralluogo, al fine di valutare il tipo di intervento da eseguire e indicarci le modalità per mettere in sicurezza e consolidare il monumento.»

Nel frattempo, però, il blocco relativo al Covid ha impedito di procedere con questa seconda visita da parte della Soprintendenza, ritardando quindi i lavori di ritiro delle macerie e ripristino dei luoghi, causando di fatto quella che è l’attuale situazione, ovvero un sito che appare ancora non fruibile e, apparentemente, abbandonato a se stesso.

La realtà, tuttavia, è ben diversa, come spiega Pier Andrea Deias: «La settimana scorsa ho preso nuovamente contatto con la dottoressa Sabrina Cixi, archeologa della soprintendenza di Cagliari, che mi ha assicurato che entro una quindicina di giorni effettueranno il secondo sopralluogo. Questo dovrebbe essere quello risolutivo, che ci fornirà le indicazioni in merito all’intervento da porre in essere. Dopodiché siamo pronti a muoverci con una progettazione, mettendo in campo un intervento finanziario con i nostri mezzi, direttamente dal nostro bilancio. Non solo. Abbiamo anche contattato l’assessorato regionale alla Pubblica istruzione per vedere se è possibile ottenere un aiuto. Faremo di tutto per rendere il sito di nuovo fruibile al pubblico. È nostro interesse e ci teniamo assolutamente».

Si smorzano così le polemiche nate nei giorni scorsi sui social, riguardanti la triste situazione del pozzo sacro, un unicum a livello regionale, nonché tra i più antichi templi a pozzo della Sardegna. Il monumento, immerso nelle campagne a ridosso del paese, fa parte di un circuito culturale che comprende anche la piccola chiesa campestre di Sant’Elia e la miniera di Sa Marchesa.

«Nuxis gode di un discreto patrimonio archeologico, paesaggistico e ambientaleafferma il sindaco -. A partire dal pozzo sacro per arrivare alla chiesa di Sant’Elia, fino alla miniera di Sa Marchesa, con la sua grotta archeologica. Sono tutte risorse che siamo assolutamente intenzionati a sfruttare e mettere in rete per far sì che diventino anche fonte di sviluppo turistico ed economico per la nostra comunità e per il territorio in genere conclude Pier Andrea Deias -. Perché le risorse e le bellezze che sono presenti a Nuxis sono del territorio e tutti assieme dobbiamo remare in quella direzione.»
Federica Selis

 

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È stato presentato, durante una conferenza stampa tenutasi all’interno della lampisteria della Grande Miniera di Serbariu, l’evento “Carbonia Wine Festival”, manifestazione sostenuta dalla Fondazione Banco di Sardegna, partner principale, e dal comune di Carbonia. Si tratta di una due giorni enogastronomica che si svolgerà il 19 e 20 settembre, organizzata dall’Associazione Live@t Sulcis Iglesiente, che racchiude le imprese legate al drink & food del Sulcis. A fare da portavoce alla presentazione Maxwell Frongia e Sergio Cera, rispettivamente presidente e vicepresidente del Live@t.

«Il Live@t Sulcis Iglesiente organizza il primo evento in Fase 2 del Covid, nella Regione Sardegna: il Carbonia Wine Festival annuncia Maxwell Frongia -. Una manifestazione che vedrà coinvolti operatori vitivinicoli, caseari, della pesca e del tonno. Un insieme di produzioni di eccellenza del nostro territorio che verranno messe a disposizione di tutti coloro che vorranno venire a trovarci.»
Partita inizialmente come Live@t Carbonia, l’associazione è riuscita in breve tempo ad attirare sempre più soci, divenendo una delle realtà territoriali più importanti per quanto riguarda la promozione enogastronomica del territorio, tanto da poter modificare la propria denominazione in Live@t Sulcis Iglesiente. Scopo dei soci e della manifestazione è la valorizzazione delle eccellenze territoriali non solo a livello di drink&food ma anche di cultura e ambiente. Perché la cultura, in una regione come la Sardegna, passa anche dal cibo, come sottolinea l’assessore alla cultura, spettacolo e turismo del comune di Carbonia, Sabrina Sabiu: «L’agroalimentare è un’espressione di grande portata culturale, data dal fatto che noi siamo gli eredi di saperi, sapori, profumi e colori che i nostri antenati sono riusciti sapientemente a trasmetterci in modo autentico e genuino. Quindi dobbiamo essere i custodi di questo grande patrimonio, perchéè una parte importantissima e fondamentale della nostra identità».
Nonostante le incognite di quest’anno, che hanno portato alle cancellazione di tutti gli eventi, finalmente si torna a parlare di iniziative importanti per un territorio già estremamente devastato dalla disoccupazione. Un’iniziativa, il Carbonia Wine Festival, che si spera possa fare da rompighiaccio per l’intera regione Sardegna.
«In un primo tempo ci siamo ritrovati a riflettere sul fatto se fosse opportuno o meno rischiare di fare questo eventoprosegue l’assessore Sabrina Sabiuma abbiamo deciso di sì per dare un segnale importante.»
Si parla, infatti, di uno dei primi eventi presentati in questo periodo post Covid. La speranza è che a settembre la situazione della pandemia sia migliorata e che questo possa portare ad un ulteriore allentamento delle restrizioni. In ogni caso, l’organizzazione ha già previsto il rispetto di tutti i protocolli sanitari, a partire dall’acquisto di termoscanner, che permetteranno di rilevare la temperatura all’ingresso ad ogni visitatore.
«Stiamo lavorando attraverso quelle che sono le indicazioni previste nel DPCM del 25 maggio 2020 assicura Maxwell Frongia -, che ci consente di svolgere eventi e sagre nella più totale sicurezza. Quindi attuando tutti i principi di distanziamento personali e interpersonali.»
A far da suggestiva cornice alla due giorni enogastronomica sarà la Grande Miniera di Serbariu, scenario storico importante del Sulcis Iglesiente, custode del patrimonio mineral-metallurgico della città di fondazione di Carbonia.
«Questo luogo fa parte del consorzio dell’industria del carbone sin dalla costituzionespiega Mauro Villani, direttore del Museo del Carbone -, proprio per creare sinergia tra strutture culturali e strutture ricettive del territorio. Per questo accogliamo con gran piacere il fatto che questa manifestazione si svolga negli spazi della Grande Miniera, che sono già stati utilizzati in passato e sono sicuramente adatti a manifestazioni di ampio respiro.»
L’intento dell’associazione Live@t è, infatti, proprio la promozione turistica del segmento culturale enogastronomico di tutta la Regione Sardegna. Al “Carbonia Wine Festival” saranno presenti espositori importanti come la “Sarda Ligure Tonnare” di Carloforte, le Cantine di Santadi, Calasetta e Sant’Antioco oltre a diverse eccellenze provenienti da tutta la Regione, che stanno già facendo richiesta di partecipazione all’evento.
Federica Selis

 

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A decorrere dal 3 giugno sono ripresi i collegamenti aerei in continuità territoriale da e verso Roma Fiumicino e Milano Malpensa. Dal 13 giugno riprenderanno i collegamenti con i restanti aeroporti del territorio nazionale e dal 25 giugno ci si sposterà lungo tutte le rotte internazionali, fatta salva la verifica della curva epidemiologica. La Sardegna ormai Covid-free da oltre dieci giorni si prepara a ricevere i primi turisti. Dopo la bocciatura, da parte del Governo, delle precedenti richieste effettuate dalla Regione, riguardo il passaporto sanitario e la certificazione obbligatoria che dichiarasse lo stato di salute del viaggiatore, dal 3 giugno, a chi raggiunge l’isola, è richiesta una semplice registrazione, da effettuare prima della partenza o, in alternativa, la compilazione di un modulo scaricabile online dal sito della Regione o dall’applicazione “Sardegna Sicura”. La ricevuta della registrazione è da mostrare contestualmente alla carta d’imbarco e a un documento d’identità. In mancanza, è richiedibile direttamente in aeroporto il modulo dell’autocertificazione da consegnare al presidio medico sanitario una volta sbarcati all’aeroporto. Nell’autocertificazione, al passeggero viene richiesto di rispondere ad un semplice questionario in cui barrare con un sì o con un no le caselle riguardanti eventuali sintomi influenzali pregressi o contatti avuti con persone affette, in modo conclamato, da Coronavirus. Ma solo se «se ne è a conoscenza».

Niente di più di una semplice autocertificazione, quindi, in cui si lascia al passeggero la possibilità di scegliere se poter essere o meno fatto oggetto, durante la permanenza sull’isola, di controlli sanitari random. Tutto a discrezione del singolo.

All’aeroporto di Elmas atterrano i primi voli dopo la riapertura. L’affluenza dei passeggeri è ancora molto scarsa. In meno di una cinquantina scendono dall’aereo delle 13:25 proveniente da Milano Malpensa. Cerchiamo qualche passeggero da cui avere informazioni sul grado di difficoltà superato per arrivare in Sardegna. Notiamo subito la reticenza dei turisti lombardi nel rispondere alle nostre domande. Riusciamo ad intercettare una coppia che si dichiara proveniente da Novara ma che presenta un inconfondibile accento straniero. «Fino al 2 pomeriggio abbiamo ascoltato il telegiornale per avere notizie. Abbiamo capito che bisognava compilare un’autocertificazione, l’abbiamo stampata e compilata ed abbiamo consegnato tutto. Per noi è la prima volta che veniamo in Sardegna.»

Un giovane, proveniente da Milano ma che all’arrivo viene accolto da due anziani, parla invece dei controlli a cui è stato sottoposto prima e dopo la partenza: «Ci hanno controllato la temperatura in aeroporto sia alla partenza che all’arrivo». Quindi, adesso, arrivare in Sardegna non è più complicato come si diceva all’inizio. «No, è molto più semplice rispetto a come l’avevano prospettato».

La maggioranza degli arrivi consta però di passeggeri di rientro alle proprie famiglie, che durante il lockdown erano rimasti bloccati nella penisola. Per molti di loro, i voli di questi giorni rappresentano la prima opportunità di rientrare nella loro terra. L’emozione che traspare dai loro racconti è palpabile. Come per il signor C., a cui chiediamo come è stato arrivare in Sardegna: «Semplice. Giusto una certificazione all’aeroporto di Malpensa, che ci hanno poi preso in aereo». Quindi, i timori paventati riguardo il libretto sanitario, o l’iter sanitario da seguire per arrivare, sono stati del tutto ridimensionati… «No no, non è servito a niente. Non mi hanno chiesto nulla».

Tullio, un giovane padre di 39 anni, ha scelto di tutelare se stesso e la sua famiglia sottoponendosi, qualche tempo prima della partenza, al test sierologico. «Sono sei settimane che sono fuori casa per lavoro. Come hanno riaperto ho preso il primo volo per rientrare. L’unica cosa che ci hanno chiesto, all’imbarco, è stato se avessimo compilato il modulo A. Io ho dei figli, quindi ho fatto, di mia volontà, il test sierologico per vedere se andava tutto bene. Ho fatto una cosa in più,  ma solo per mia scelta personale.» La paura dei Sardi è che il virus venga portato da fuori. Cosa ne pensa, però, un sardo costretto a vivere lontano dalla sua terra e dalla sua famiglia? «Io son fuori per lavoro – dice ancora Tullio -. Teoricamente son trasfertista e torno tutte le settimane. Stavolta si è trattato di un caso eccezionale, dovuto a questi problemi. Però penso che dobbiamo ripartire.»

Sulla stessa lunghezza d’onda, i Sardi residenti in Sardegna, che nonostante la paura che il virus possa arrivare insieme a chi viene da fuori, non se la prendono con i turisti, purché compiano, prima di partire, tutti gli atti di tutela e di autotutela della salute pubblica. La speranza è racchiusa in un’unica parola: responsabilità, da parte di chi si sposta dalla penisola verso la Sardegna. D’altronde, la Sardegna vuole ripartire e cerca di farlo riaprendo le porte al turismo.

La cautela deve essere comunque massima, come sa bene Maurizio, uno dei tassisti che ogni giorno attendono, nella lunga fila di auto bianche contrassegnate, fuori dalle porte dell’aeroporto di Elmas. Seduto nel suo taxi attende l’arrivo di un cliente. Gli chiediamo come viva questa situazione e se ci sia del timore nei confronti dei turisti. «Sì, è chiaroconfida Maurizio -. Ad oggi turismo ancora non se ne è visto. Anche i voli nazionali son molto ristretti, non son pieni. Il flusso delle persone che stanno scendendo dai voli è scarsissimo. Forse un cambiamento si vedrà alla fine del mese, quando verranno riaperti i voli internazionali. Sempre se si sbloccherà qualcosa. Questa è la nostra speranza.» Dal punto di vista sanitario vi sentite tranquilli? chiediamo ancora a Maurizio. «Utilizziamo tutte le disposizioni, le mascherine. Se i clienti non le hanno gliele diamo noi, perché c’è sempre qualcuno che dice di averla dimenticata o che non la ha. Proviamo così. Arieggiamo il veicolo tenendo i finestrini aperti. Questa è la situazione.»

Condivide lo stesso pensiero Gianluca, anche lui tassista. «Io personalmente mi sento abbastanza tranquillo. Cerco di rispettare le norme più comuni, quindi l’utilizzo della mascherina e dei guanti. Alcuni di noi hanno attrezzato le vetture con un pannello in plexiglass. Diciamo che ognuno prende le proprie precauzioni, soprattutto per rispetto del cliente. Magari un po’ meno per la propria salute, dato che siamo a contatto con chiunque. Non possiamo sapere se una persona sia infetta o meno.» Il taxi di Gianluca è un van da 8 posti. Gli chiediamo se la quantità di persone che può trasportare sia diminuita in modo consistente. «Le nuove regole ci impongono di portare un numero massimo di persone in base al numero di posti disponibili nel veicolo. Ma tutto sommato in base al numero di clienti che arriva giornalmente non pesa più di tanto. C’è poca gente. Col mio pullmino potrei portare al massimo quattro persone.»

La politica regionale sostiene il turismo nell’Isola e rassicura sulle ripartenze per questa stagione 2020. Per parlare delle prospettive in termini di arrivi e di salute pubblica abbiamo incontrato l’assessore regionale del Turismo, Artigianato e Commercio, Giovanni Chessa.

«La stagione, come in tutto il mondo, non sarà come prima. I 3 milioni e mezzo di arrivi degli anni scorsi quest’anno non ci saranno. Ma noi contiamo di averne comunque circa 2 milioni. Le richieste stanno aumentando. Oggi siamo a circa il 12/13 per cento di prenotazioni. Si sta vincendo questa paura nel mondo. Le persone hanno voglia di viaggiare e devono riprendere fiducia. Quello che è successo in questi due mesi ha impaurito la gente. L’Italia ha pagato con 33mila decessi. Non son pochi. La Sardegna ne ha avuti 131. Pochi rispetto ad altre Regioni ma, comunque, tantissimi. Ora però c’è tanta voglia di estate, di sole, di mare e la Sardegna offre tutte queste cose. Oltre al mare noi offriamo anche l’interno ma, soprattutto, offriamo un’isola sicura. Garantiamo una vacanza sana per tutti i turisti. Lo dimostrano i dati. Vieni sano e parti più sano: questo è il nostro slogan. Noi garantiamo e vorremmo garantire la Sardegna sicura a tutti, quindi il suggerimento che dò è: fate prevenzione e mantenete alta la responsabilità. Per il bene di tutti.»

Solo un modulo da compilare ed il controllo della temperatura alla partenza e all’arrivo. Niente più passaporto sanitario. Si spera nel gradi di responsabilità del singolo di sottoporsi ai test preventivi. «Il suggerimento che mi permetto di dare – prosegue l’assessore del Turismo – è di sottoporsi al test, sia a garanzia della salute del visitatore sia perché la Sardegna possa mantenersi sana. Si tratta di una forma di prevenzione personale, prima di tutto. La pandemia è ancora dichiarata a livello globale, non bisogna dimenticarlo. Quindi è necessaria l’autotutela. Anche se qui in Sardegna si può arrivare liberamente, in modo semplice. Sul sito della Regione Sardegna si trova il documento da scaricare e presentare. Si tratta di un semplice modulo da compilare, che a giorni verrà pubblicato in otto lingue diverse, quindi alla portata di tutti. L’accessibilità nella nostra Isola è garantita. Ora serve garantire la parte sanitaria.»

Intanto, si potenziano le terapie intensive negli ospedali sardi, con i posti letto che salgono da 135 a 236. È delle ultime ore la notizia che la Sardegna metterà in campo 42 milioni di euro per potenziare la rete ospedaliera, in previsione di una nuova variazione della curva epidemiologica.

«Siamo pronti a gestire la possibilità di un nuovo aumento dei contagiconclude Gianni Chessa -. Se si dovessero riscontrare nuovi positivi a causa degli arrivi provenienti da fuori, gestiremmo tutto direttamente. E questa garanzia la offriamo anche ai vacanzieri. Abbiamo delle stanze separate, delle strutture in grado di far vivere al meglio la vacanza. Siamo pronti ad affrontare la possibilità che un visitatore possa essere inconsapevolmente portatore del virus e lo scopra quando è già in Sardegna. Siamo pronti a garantire una vacanza sicura.»

Federica Selis

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Durante i sopralluoghi per l’incendio scoppiato ieri nelle campagne di Is Gannaus, il Corpo Forestale dello Stato ha rinvenuto, nel primo pomeriggio di oggi, il cadavere di un uomo di 59 anni, nei pressi della sua casupola di campagna, a circa 150 metri dalla sua abitazione. Alcuni testimoni affermano di averlo visto passare, intorno alle 13.00 di ieri pomeriggio, in direzione del proprio terreno, quando già divampava l’incendio. L’uomo possedeva un terreno che è stato in parte interessato dall’incendio di ieri. Sono ancora incerte le cause della morte. Il corpo è stato trasportato nella camera mortuaria del cimitero di Carbonia.

Federica Selis