19 April, 2024
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Il vaccino anti Covid funziona e protegge anche le persone con malattie autoimmuni e non si rileva alcuna differenza di efficacia tra soggetti sani e persone con malattie infiammatorie immunomediate in terapia per quanto riguarda la risposta al vaccino a mRNA anti-Covid-19. La conferma arriva da un importante studio di Azienda ospedaliero-universitaria e Università di Cagliari. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Clinical and Experimental Medicine, è frutto del lavoro di diversi medici e ricercatori, in particolare Luchino Chessa, Davide Firinu, Stefano Del Giacco e Marcello Campagna (Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica), Andrea Perra (Scienze Biomediche), Roberto Littera, medico immunogenetista afferente alla SC di Genetica Medica del Binaghi e Ferdinando Coghe, direttore sanitario e direttore del Laboratorio Analisi Chimico Cliniche e Microbiologia dell’AOU di Cagliari.

«I soggetti immunodepressispiega Luchino Chessa sono considerati fragili per il maggior rischio di infezione e per le possibili gravi complicanze. Per questo sono stati inseriti come categoria prioritaria nel calendario vaccinale nazionale anti-Covid 19.»

L’obiettivo degli scienziati cagliaritani era di capire se effettivamente il vaccino fosse efficace anche in questa fascia di popolazione.

La ricerca si è sviluppata nell’ambito dello studio Corimun, un ampio progetto condotto dai ricercatori dell’Università degli Studi di Cagliari che prende in considerazione la suscettibilità all’infezione da SARS-CoV-2 e la gravità del relativo quadro clinico nella popolazione sarda. L’obiettivo è stato di confrontare la risposta anticorpale alla vaccinazione per SARS-CoV-2 in soggetti con malattie infiammatorie immunomediate rispetto a persone sane. Un aspetto di grande attualità legato al fatto che anche adesso, a quasi due anni dall’inizio della pandemia, molti pazienti con malattie infiammatorie immunomediate sono esitanti a sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid 19.

Lo studio ha dunque preso in considerazione persone con malattie infiammatorie immunomediate e operatori sanitari dell’Aou di Cagliari, sottoposti a partire da dicembre 2020 a vaccinazione con mRNA della Pfizer Comirnaty, con successiva determinazione del livello sierico degli anticorpi IgG anti-S-RBD del SARS-CoV2, eseguiti nel giorno del richiamo e poi successivamente uno e cinque mesi dopo. Sono stati inclusi nello studio 551 soggetti sani naïve ad infezione da SARS-CoV-2 e 102 soggetti tra quelli affetti da malattie infiammatorie immunomediate, con un’analisi separata per quelli trattati con farmaci anti-CD20 come rituximab o ocrelizumab, usati in alcune malattie autoimmuni sistemiche e nella Sclerosi Multipla.

Un mese dopo il completamento del ciclo vaccinale con due dosi, il 100% dei soggetti sani ed il 94% dei soggetti con malattie infiammatorie immunomediate mostrava una risposta anticorpale e questi ultimi avevano un titolo anticorpale significativamente ridotto rispetto ai controlli, sia nel giorno del richiamo che un mese dopo, mentre non vi erano differenze cinque mesi dopo.

Non sono state trovate differenze tra sottogruppi di patologie o in relazione al trattamento con immunosoppressori, corticosteroidi e farmaci biotecnologici diversi da quelli anti-CD20, un tipo di farmaci che agiscono interferendo con la risposta B-linfocitaria. Andando poi ad analizzare i pazienti in trattati con anti-CD20, la proporzione dei responders e l’ampiezza della risposta anticorpale era significativamente ridotta.

«La conclusione di questo studio di “real-life” – conclude Luchino Chessa – evidenzia che non ci sono differenze sostanziali di efficacia tra soggetti sani e persone con malattie infiammatorie immunomediate in terapia per quanto riguarda la risposta al vaccino a mRNA anti-COVID-19, mentre rimane il problema dei pazienti che sono in terapia con farmaci che deprimono la risposta B-cellulare, ma la cui vaccinazione è in ogni caso consigliata.»

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Il gene N del Coronavirus è stato sequenziato all’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari dall’equipe di Biologia Molecolare del professor Germano Orrù. Si tratta di una scoperta fondamentale per la ricerca dei farmaci antivirali e per i vaccini e che ha permesso anche di individuare il paziente zero sardo. Il professor Germano Orrù guida un’equipe tutta al femminile: le ricercatrici Alessandra Scano, Sara Fais, Miriam Loddo, Giuseppina Palmieri, Carmen del Rio e Rosetta Scioscia e lavora a stretto contatto con il laboratorio analisi dell’Aou di Cagliari, diretto dal dottor Ferdinando Coghe. Al gruppo di scienziati sardi arrivano le congratulazioni del presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas: «È un segnale forte e importante per chi oggi è in trincea contro il Coronavirus. La Sardegna è unita in questa battaglia e la vinceremo». Grande soddisfazione anche del direttore generale dell’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari, Giorgio Sorrentino: «La nostra azienda è orgogliosa di questa scoperta: è una grande speranza per tutti».

«Il Covid 19 – spiega Germano Orrù – contiene circa 30mila basi nucleotidiche, cioè il codice genetico del Coronavirus. Nei laboratori dell’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari abbiamo sperimentato, primi in Italia, un kit diagnostico che è stato anche in grado di rilevare il paziente zero.»

Le ricerche sono state effettuate su un sistema diagnostico che è stato battezzato “Caterina” dai biologi molecolari dell’Aou. Ed è proprio grazie a “Caterina”, sulle base anche delle indicazioni del CDC (Centers for Disease Control and Prevention) di Atlanta è stato realizzato un kit speciale che ha permesso non solo di scovare il Coronavirus ma anche di studiarlo.

«Ogni virus – spiega Germano Orrù – ha una sorta di codice a barre, il codice genetico appunto. Abbiamo costruito questo sistema che ci ha consentito di individuare subito i primi pazienti. Siamo riusciti a realizzare un miniradar che riesce a riconoscere un gene particolare, il gene N, che è il nostro gene bersaglio.»

Il codice genetico è stato depositato in GenBank, la banca dati per eccellenza dove vengono depositate tutte le sequenze di tutti gli organismi viventi. «La nostra forza – spiega Germano Orrù – è la strettissima collaborazione tra biologici e medici, tra chi fa ricerca e i clinici».

Una scoperta, quella fatta dai ricercatori dell’Aou di Cagliari fondamentale. «Il sequenziamento – dice ancora Germano Orrù – serve a livello diagnostico per individuare le particolarità del nostro coronavirus, evitando errori diagnostici. Il sequenziamento porta a valutazioni dei bersagli che sono ottimi punti di partenza per trovare vaccini e farmaci antivirali».

Germano Orrù non ha dubbi: «La battaglia contro il Coronavirus può essere vinta e per farlo la trasmissione delle informazioni è fondamentale. Noi mettiamo la nostra scoperta a disposizione della comunità scientifica mondiale».

 

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Il direttore generale dell’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari, Giorgio Sorrentino, ha nominato i cinque nuovi capi dipartimento sanitari dell’Aou di Cagliari. I responsabili dei Dipartimenti ad attività integrata (Dai) sono: la professoressa Anna Maria Paoletti (Materno-Infantile), la dottoressa Rosanna Laconi (Emergenze), il professor Roberto Puxeddu (Chirurgia), il professor Francesco Marongiu (Medicina), il dottor Ferdinando Coghe (Servizi). Dei cinque dipartimenti, tre sono a direzione universitaria (Chirurgia, Medicina e Materno-Infantile) e due a direzione ospedaliera (Emergenze e Servizi). Come prevede la legge, le nomine dei capi dipartimento a direzione universitaria sono state fatte di concerto con la Rettrice dell’Università di Cagliari, Maria Del Zompo.

«Con la nomina dei capi dipartimento – dice il direttore generale dell’Aou di Cagliari, Giorgio Sorrentino – si porta a compimento un pezzo importante dell’organizzazione interna della nostra azienda. I Dipartimenti sono delle strutture fondamentali nel governo clinico e hanno il fine di assicurare l’esercizio integrato delle attività di assistenza, di formazione e di ricerca. Aggregano una pluralità di strutture e di funzioni omogenee e complementari, con lo scopo di garantire una gestione unitaria delle risorse, nel rispetto dei principi di efficienza, di efficacia, nonché l’ottimale coordinamento delle attività di assistenza, di formazione e di ricerca.»

Chi sono i capi dipartimento. 

Anna Maria Paoletti. È professore ordinario dell’Università di Cagliari. Medico e studiosa molto nota, da pochi mesi ha assunto la direzione della Struttura complessa di Ostetricia e Ginecologia del Policlinico Duilio Casula.

Rosanna Laconi. Direttrice del Pronto Soccorso del Policlinico, è stata consulente dell’assessorato della Sanità dal 1996 al 2000, responsabile delle attività formative del 118 di Cagliari e della fase sperimentale dell’elisoccorso. 

Roberto Puxeddu. Professore ordinario dell’Università di Cagliari, chirurgo di fama internazionale, è primario del reparto di Otorino del Policlinico Duilio Casula. Di recente è stato nominato consigliere dell’Associazione italiana di Oncologia testa e collo.

Francesco Marongiu. Prorettore e professore ordinario dell’Università di Cagliari, dirige la struttura complessa di Medicina Interna del Policlinico Duilio Casula. Insegna Medicina Interna in diversi Corsi di laurea della Facoltà di Medicina.

Ferdinando Coghe. Direttore del Laboratorio centrale dell’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari, dirige il laboratorio di riferimento regionale per la diagnostica del West Nile Virus. Ha diretto il dipartimento di Patologia clinica della Asl di Carbonia. 

Giorgio Sorrentino.

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Vax o no vax, vaccinarsi oppure no.  Il dubbio, la domanda che si fanno in molti. In medicina, la comunicazione gioca un ruolo chiave proprio per dissipare dubbi e rispondere agli interrogativi. Medici, giornalisti ed esperti di comunicazione si ritroveranno per discuterne venerdì 12 gennaio 2018 nell’Aula Boscolo della Cittadella universitaria (alle 14.30 strada statale 554, bivio per Sestu).

Al convegno (dal titolo “Comunicare con cura: il controverso caso dei vaccini, storia, filosofia, etica e cronaca di un dibattito aperto”) interverranno il Presidente dell’Ordine dei giornalisti Francesco Birocchi, Andrea Grignolo dell’Università di Roma “La Sapienza”, Elisabetta Lalumera dell’Università di Milano-Bicocca, Ferdinando Coghe dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari, Marcello Montibeller dell’Università di Sassari e Francesca Ervas dell’Università di Cagliari.

Uno dei relatori, Andrea Grignolio, sabato mattina sarà intervistato dalla professoressa Francesca Ervas in Aula Motzo (Facoltà di Studi Umanistici, via Is Mirrionis 1 Cagliari) alle 10.30. Andrea Grignolio parlerà del suo libro “Chi ha paura dei vaccini?”.

L’evento di venerdì 12 è organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna con l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari, i corsi di laurea in Scienza della Comunicazione e Filosofia e Teorie della Comunicazione dell’Università di Cagliari, l’Osservatorio socioterritoriale per la comunicazione pubblica e Fondazione di Sardegna.

L’immunizzazione della popolazione dalle malattie infettive è un obiettivo primario per la salute pubblica. Tuttavia, nonostante l’ampio successo dei vaccini, testimoniato dalla scomparsa di alcune malattie infettive, in Italia si assiste ad un pericoloso calo della copertura vaccinale. Il seminario ha l’obiettivo di comprendere le ragioni di questo calo, indagando il modo in cui comunicano tanto i sostenitori quanto i detrattori delle vaccinazioni. Secondo studi recenti, infatti, alla base del fenomeno di resistenza ai vaccini ci sono sia la persuasione retorica di testi disponibili nella rete, la cui efficacia sembra andare molto oltre l’informatività scientifica, sia la mancanza di fiducia negli esperti (immunologi, comunicatori scientifici, operatori sanitari), nelle loro competenze e conoscenze sul tema di sicurezza dei vaccini.

Per medici, giornalisti e studenti di Scienze della comunicazione e Medicina, il seminario sarà valido per l’acquisizione dei crediti formativi.

Il primo trapianto all’occhio di epitelio pigmentato, effettuato questa mattina nella sala operatoria della clinica oculistica del San Giovanni di Dio, è perfettamente riuscito. E adesso la paziente di 78 anni che sembrava destinata a perdere la vista può tornare a vedere. L’eccezionale intervento porta l’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari all’avanguardia nelle tecniche chirurgiche. Un balzo in avanti internazionale: questo tipo di operazioni sono effettuate soltanto in pochissimi centri in Europa: a Londra, Amsterdam, Rotterdam, Verona e ora Cagliari.

L’intervento, durato circa due ore, è stato eseguito dall’equipe del professor Marco Mura (40 anni, sardo, laureato a Cagliari e ora docente all’Università di Amsterdam) e del dottor Enrico Peiretti, responsabile del Centro Retina Medica del San Giovanni di Dio.

A celebrare l’evento c’era l’Azienda ospedaliero universitaria al completo: il commissario Giorgio Sorrentino, il direttore sanitario Oliviero Rinaldi e i direttori dei dipartimenti dell’Aou, Gian Benedetto Melis, Francesco Marrosu, Paolo Emilio Manconi e Ferdinando Coghe.

L’intervento di trapianto di epitelio retinico pigmentato è destinato a pazienti con maculopatia retinica atrofica. La maculopatia retinica atrofica è una malattia della retina che colpisce l’adulto in età avanzata ed è la causa la più comune di cecità acquisita (non congenita) nel mondo occidentale. L’intervento chirurgico è molto delicato, e associa all’intervento di vitrectomia, il trapianto autologo di epitelio pigmentato della retina. È l’unica alternativa possibile quando questa malattia non è più responsiva alla terapia farmacologica.

«L’Azienda Ospedaliero Universitaria che oggi rappresento assieme ai Direttori dei Dipartimenti Assistenziali Integrati e ai Direttori dei Dipartimenti Universitari – ha detto il direttore sanitario dell’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari Oliviero Rinaldi – conferma la propria vocazione di Centro di elevata  specializzazione, punto di riferimento per la sanità sarda e per la comunità scientifica nazionale e internazionale. L’Aou di Cagliari, proprio in quanto Azienda Ospedaliero Universitaria, ha la propria vocazione non solo nella clinica e nell’assistenza ma anche nella didattica e nella ricerca. Assistenza, Clinica, Formazione e Ricerca sono il  motore che spinge l’Azienda all’avanguardia per la cura delle malattie e per promuovere la salute dei cittadini.»

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Le analisi di laboratorio, le modernissime tecniche di diagnosi e cura: sono queste le principali tematiche che saranno trattate domani, sabato 31 gennaio, nel terzo meeting regionale di Medicina di Laboratorio che si terrà a Cagliari al T Hotel. Si tratta di un evento importantissimo che riunirà per un confronto medici e scienziati sardi.

L’evento è promosso dall’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari ed è stato organizzato dal Ferdinando Coghe, direttore del Dipartimento Servizi Diagnosi e Cura. Parteciperà il commissario straordinario dell’Aou di Cagliari, Giorgio Sorrentino.

Domani, venerdì 31 gennaio, dalle 16.30, nella sala Auditorium – via Roma, 253, Cagliari – si terrà l’incontro formativo sul tema “Morbo di Wilson e deficit alfa-1-antitripsina: verso lo screening della popolazione sarda?”. La patologia ha una forte incidenza in Sardegna. I dati sulla frequenza nei residenti, pongono l’isola in vetta alle regioni italiane e tra le prime in ambito europeo.

Il seminario. L’appuntamento – curato dall’assessorato regionale dell’Igiene e sanità e dell’assistenza sociale, in collaborazione con gli specialisti dell’ateneo di Cagliari – è rivolto oltre che all’intera classe medica, alle associazioni, gli studenti e gli specializzandi in Medicina. Al centro dei lavori sulle due patologie genetiche definite “malattie rare”, incidenza, terapie e assistenza. Ma anche aspetti clinici, di laboratorio e molecolari indispensabili per predisporre lo screening della popolazione sarda.

Relatori. Ai lavori – aperti dall’assessore regionale alla Sanità, Simona De Francisci – intervengono, tra gli altri, i professori Luigi Demelia (presidente corso di laurea in Medicina, direttore Gastroenterologia Azienda ospedaliera-universitaria, Cagliari), Gavino Faa (ordinario di anatomia patologica, direttore Istituto anatomia patologica, Cagliari), Ferdinando Coghe (direttore laboratorio analisi Azienda ospedaliera-universitaria, Cagliari), Pierpaolo Coni (responsabile Patologia molecolare, Istituto anatomia patologica).