20 December, 2025
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Scattano le nuove regole della Regione sulla gestione dei rifiuti urbani su tutto il territorio regionale relativamente alle persone positive al virus o in quarantena obbligatoria.

«Le prevede l’ordinanza emessa ieri dal presidente Christian Solinas, sulla base – chiarisce il Presidentedel Rapporto ISS Covid-19 n. 3/2020, recante “Indicazioni ad interim per la gestione dei rifiuti urbani in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2”, con il quale l’Istituto Superiore di Sanità ha individuato specifiche modalità gestionali per la raccolta dei rifiuti urbani prodotti dalle persone positive al tampone o in quarantena obbligatoria.»

«L’ordinanza – aggiunge il presidente della Regione -, prevede una serie di norme a tutela della cittadinanza e degli operatori addetti al trattamento e allo smaltimento.»

«I rifiutichiarisce l’assessore dell’Ambiente Gianni Lampis -, devono essere prioritariamente conferiti a termovalorizzazione e in subordine, agli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) se garantiscono l’igienizzazione del rifiuto nel corso del trattamento biologico (ad esempio tramite biostabilizzazione) e la protezione degli addetti dal rischio biologico, nonché agli impianti di sterilizzazione o direttamente in discarica senza alcun trattamento preliminare.»

Pertanto nelle abitazioni in cui sono presenti soggetti positivi al tampone, in isolamento o in quarantena obbligatoria deve essere interrotta la raccolta differenziata e tutti i rifiuti urbani, indipendentemente dalla loro natura e includendo fazzoletti, rotoli di carta, teli monouso, mascherine e guanti, devono essere considerati indifferenziati e pertanto raccolti e conferiti insieme.

Per la raccolta dovranno essere utilizzati almeno due sacchetti uno dentro l’altro o in numero maggiore in dipendenza della loro resistenza meccanica, possibilmente utilizzando un contenitore a pedale.

I sacchetti dovranno essere chiusi adeguatamente utilizzando guanti monouso, senza comprimerli e attraverso legacci o nastro adesivo, avendo cura di evitare l’accesso di animali da compagnia ai locali dove sono presenti i rifiuti. I sacchetti dovranno essere conferiti quotidianamente come da procedure già in vigore (esporli fuori dalla propria porta negli appositi contenitori o gettarli negli appositi cassonetti condominiali o di strada). I Comuni interessati dovranno conseguentemente adeguare i calendari di raccolta dei rifiuti urbani alle esigenze di ritiro quotidiano dei soggetti positivi al tampone, in isolamento o in quarantena obbligatoria.

La competente autorità sanitaria comunica tempestivamente ai Comuni competenti i nomi e gli indirizzi dei soggetti positivi al tampone, in isolamento o in quarantena obbligatoria al fine di consentire l’organizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti indifferenziati confezionati come riportato nel provvedimento.

Per le abitazioni in cui non sono presenti soggetti positivi al tampone, in isolamento o in quarantena obbligatoria, non dovranno essere interrotte le procedure in vigore nel territorio di appartenenza, non interrompendo la raccolta differenziata.

Tuttavia, a scopo cautelativo, fazzoletti o rotoli di carta, mascherine e guanti eventualmente utilizzati, dovranno essere smaltiti nei rifiuti indifferenziati.

L’ordinanza emessa ieri dal presidente Christian Solinas ha validità sino al 31 luglio 2020, salvo proroga esplicita.

La Banca d’Italia ha donato 2 milioni di euro alla Regione Sarda per sostenere le attività in corso per l’emergenza Covid-19. Lo ha comunicato stasera il governatore Ignazio Visco al presidente Christian Solinas, con una lettera.
«Ringrazio il governatore Ignazio Visco per la sensibilità dimostrata nei confronti della Sardegna. Si trattaha detto il presidente Christian Solinas -, di un gesto significativo di solidarietà e vicinanza al popolo sardo. Un ringraziamento doveroso va anche al Cavaliere del Lavoro Franco Argiolas, componente il Consiglio Superiore di Banca d’Italia da 9 anni, prestigioso imprenditore nel settore vitivinicolo, che si è fatto promotore dell’iniziativa presso l’Istituto bancario di Via Nazionale.»
Rimarca il valore dell’iniziativa anche l’assessore dell’Ambiente Gianni Lampis, che coordina su delega del Presidente le attività di Protezione civile. «E’ un aiuto importantesottolinea l’assessore dell’Ambiente -, che ci consente di potenziare tutte le attività che in questa emergenza i nostri uomini e i volontari stanno mettendo in campo per garantire aiuto e sicurezza ai cittadini.»

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«In questi giorni difficili, sono stati tanti gli attestati di solidarietà da parte di semplici cittadini e di aziende, ma anche le comunità straniere presenti nell’Isola hanno dimostrato la loro vicinanza al popolo sardo ed alle Istituzioni.»

Con queste parole, l’assessore della Difesa dell’Ambiente, Gianni Lampis, ha commentato il gesto della comunità cinese che ha donato oltre 50.000 mascherine.

«Le indirizzeremo soprattutto verso il settore sanitario, che da settimane si trova in prima linea ad affrontare questa emergenza con impegno e dedizione – ha concluso l’assessore Gianni Lampis -. Ho espresso i sinceri sentimenti di gratitudine, anche a nome anche del presidente Solinas e dell’intera comunità sarda.»

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Il consigliere regionale e capogruppo del PSd’Az, on. Franco Mula ed i consiglieri regionali del gruppo PSd’AZ Piero Maieli, Nanni Lancioni, Giovanni Satta, Stefano Schirru e Fabio Usai, a seguito della possibilità che si è paventata in queste ultime ore di vietare la conduzione hobbistica di orti, vigneti ed ortofrutticole in genere, hanno diffuso una nota nella quale ringraziano il presidente della Regione, Christian Solinas, il comandante del Corpo forestale e di vigilanza ambientale, Antonio Casula, il direttore generale della Protezione civile, Antonio Belloi e l’assessore della Difesa dell’Ambiente, Gianni Lampis, per la sensibilità dimostrata al fine di risolvere la situazione suesposta. L’attività che viene svolta nelle campagne, infatti, non è assolutamente in contrasto con il recente D.P.C.M. adottato il 22 ultimo scorso che consente le coltivazioni agricole; non solo, i terreni non possono essere abbandonati in quanto si determinerebbe una grave perdita per chi con costanza e passione svolge il proprio lavoro curando la terra ed impedendo che si creino situazioni di degrado. In più non verrebbero violate le disposizioni riguardanti l’obbligo della distanza sociale in quanto i lavoratori si recano singolarmente presso i propri terreni non determinando alcuna situazione di assembramento.

«Restiamo in attesa della nota ufficiale che a breve verrà comunicata dal Presidente della Regione al fine di fugare qualsiasi dubbio sull’argomento», concludono i consiglieri regionali del gruppo sardista.

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«In conseguenza del rischio sanitario, dovuto alla grave emergenza epidemiologica in corso, abbiamo dichiarato lo stato di emergenza regionale sino al 31 luglio 2020 per consentire una tempestiva attuazione delle disposizioni nazionali secondo le specificità del contesto isolano. Inoltre, con l’approvazione delle Misure operative di Protezione civile abbiamo definito la catena di comando e di controllo, il flusso delle comunicazioni e delle procedure da attivare per fronteggiare l’emergenza Covid-19 in Sardegna.»

Lo ha detto il presidente della Regione, Christian Solinas, illustrando le scelte odierne della Giunta regionale per fronteggiare l’emergenza sanitaria.

Le misure operative prevedono un sistema di coordinamento con un Comitato operativo regionale (Cor), istituito presso la Protezione civile regionale, composto dal presidente della Regione, dagli assessori della Sanità, della Difesa dell’ambiente, dei Trasporti, dai direttori generali della Presidenza e degli Assessorati coinvolti, della Protezione civile, di Areus e dal Commissario straordinario di Ats, che opera in collegamento coi Dipartimenti di prevenzione/sanità pubblica delle aziende sanitarie locali e con un rappresentante della Prefettura di Cagliari, che ha lo scopo di garantire il raccordo con le altre prefetture del territorio regionale. Istituita l’Unità di crisi regionale (Ucr), presso l’assessorato regionale della Sanità, che garantisce e monitora l’applicazione uniforme nel territorio delle procedure sanitarie previste dalla Regione e dal Governo e coordina le diverse componenti istituzionali deputate all’attuazione e gestione dell’emergenza infettiva. Opereranno anche due Unità di crisi locale, istituite presso le Assl di Cagliari e Sassari, che assicurano il coordinamento e l’esecuzione delle procedure previste dai protocolli sanitari e dalle raccomandazioni ministeriali e riferiscono all’Ucr sulle misure adottate e da adottare.

«A causa della rapida evoluzione della situazione epidemiologica e dell’incremento dei casiha aggiunto il presidente Solinasoltre quelli della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Giunta ha emanato una serie di decreti restrittivi validi per la comunità sarda, con effetti immediati anche in altri settori oltre a quello sanitario, come nella gestione dei trasporti da e per la Sardegna, con controllo e supporto per assicurare spostamenti motivati anche all’interno del territorio regionale, l’approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale e l’assistenza alle persone che, rimanendo isolate, non possono accedere ai servizi essenziali attraverso gli strumenti informatici. Uno degli effetti, che ha riguardato in particolare la Sardegna, è stato il flusso in ingresso di persone domiciliate nelle secondo case e il rientro di sardi che si trovano fuori dall’Isola per motivi di lavoro o di studio. Se ciò dovesse comportare un incremento rilevante dei casi, si rischia uno scenario difficile per il Sistema sanitario regionale che potrebbe avere difficoltà a fronteggiare l’emergenza e la nostra condizione di insularità renderebbe ancora più complessa la realizzazione di interventi di soccorso sanitario da parte di altre Regioni.»

«Per assicurare l’attuazione degli interventi urgenti e dei servizi di soccorso, il Direttore generale della protezione civile, sentito il presidente Solinas, convocherà a breve il Comitato operativo regionale, con la partecipazione degli assessori regionali competenti, per assicurare il coordinamento degli interventi urgenti e delle strutture operative regionali con quelle nazionali e degli enti locali», ha evidenziato l’assessore della Difesa dell’Ambiente, con delega alla Protezione civile, Gianni Lampis. 

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Milletrecento agenti forestali della Regione sorvegliano giorno e notte le campagne e le località costiere, per vigilare sul rispetto delle ordinanze del presidente della Regione e in particolare sull’obbligo di quarantena per i non residenti che si sono riversati nelle case al mare.

«L’intera macchina regionale è sul campo in uno sforzo senza precedenti – dice il presidente Christian Solinas -, per limitare la diffusione del virus e tutelare la salute dei Sardi. Non molleremo neanche un istante e saremo inflessibili.»

«Quasi 500 controlli solo oggi – dice l’assessore dell’Ambiente Gianni Lampis -, e 15 sanzioni erogate per coloro che non hanno rispettato le regole. Chi non rispetta le ordinanze del Presidente incorre nelle sanzioni previste dall’art. 650 del cp, che prevede anche l’arresto.»

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Il sindaco di Carloforte, Salvatore Puggioni, evidenzia i rischi legati all’arrivo nell’Isola di proprietari di seconde case proventi dalle zone rosse. Lo fa in una lettera inviata ieri all’assessore regionale della Difesa dell’Ambiente, Gianni Lampis, e al direttore generale della Protezione Civile della Regione Sardegna, Pasquale Belloi.

«In relazione al DPCM emanato in data 8 marzo 2020 – scrive Salvatore Puggioni -, nelle ultime settimane e, soprattutto, nelle ultime 72 ore, l’Isola di San Pietro è stata – ed è tuttora – oggetto di numerosi arrivi da parte di cittadini italiani provenienti dai Comuni inclusi nel territorio dell’attuale Zona Rossa. Si tratta di un fenomeno che, per quanto comprensibile, desta non poca preoccupazione sia trai mei concittadini sia tra gli operatori sanitari presenti in loco e chiamati eventualmente ad intervenire in un contesto sanitario in cui il primo presidio ospedaliero dista circa 90 minuti. Più precisamente – aggiunge il sindaco di Carloforte -, in base ai dati in possesso ai nostri uffici, circa 2.500 cittadini che abitano le zone interessate dalle misure maggiormente restrittive sono possessori o proprietari di immobili sul territorio del comune di Carloforte. Questa circostanza rappresenta evidentemente un potenziale pericolo per la nostra comunità, che potrebbe correre il serio rischio di subire una capillare diffusione del virus,. Diffusione che, per le ragioni su esposte, sarebbe difficilmente contenibile.»

«Le chiedo pertanto, quali provvedimenti intendiate adottare al fine di consentirci di poter procedere alla identificazione, e alla messa in atto di eventuali misure limitative, nei confronti di coloro che sbarcano sull’isola, anche in considerazione del fatto che il virus si sta rapidamente diffondendo in tutta la Sardegna – conclude Salvatore Puggioni –. A titolo esemplificativo mi permetto di suggerirLe alcune misure che potrebbero nel nostro territorio arginare il fenomeno di diffusione:

  1. Sottoporre ai passeggeri in ingresso un questionario comprendente i propri dati anagrafici, luogo di provenienza e il periodo di permanenza sull’isola.
  2. Valutare l’opportunità di limitare e/o chiudere gli accessi a tutti coloro che provenendo dall’attuale zona rossa potrebbero trasformare un territorio isolato, privo di significativi presidi sanitari, in un nuovo focolaio difficilmente controllabile.»

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Il presidente Tarcisio Agus ha inviato una nota all’assessore regionale dell’Ambiente, Gianni Lampis, e al presidente della Regione, Christian Solinas, nella quale conferma la ricandidatura del Parco Geominerario al Geopark Unesco.

«Gent.mo assessore Gianni Lampis – scrive Tarcisio Agus – il Consiglio direttivo del Parco, nella seduta dell’8 novembre 2019, con la deliberazione n. 40, ripropone la ricandidatura nella rete dei Geoparks Unesco, oltre che avviare il percorso per le candidature nelle liste mondiali del patrimonio materiale ed immateriale UNESCO, delle aree minerarie della Sardegna. Nello specifico della ricandidatura nella Rete mondiale dei Geopark Unesco, l’iter prevede che entro il primo luglio di quest’anno venga inviata una nota di comunicazione e, a seguire, la domanda di ricandidatura. Il documento che ci permette di capire le ragioni dell’esclusione e, di una possibile ricandidatura, è senza dubbio la relazione delle ispettrici, che si allega in copia, dalla quale possiamo trarre un percorso possibile.»

«In particolare – aggiunge Tarcisio Agus – vorrei ricordare la constatazione sulla gestione, che mi pare piuttosto esplicita:

Per il funzionamento di un così grande geoparco con 1,6 milioni di persone e 86 comuni questa costellazione non è accettabile in quanto organizzazione attrezzata adeguata. I comuni e la regione sono convinti del valore di UGGp Sardegna. Dovrebbero assumersi maggiori responsabilità e esaminare le possibilità di aumentare il sostegno strutturale, finanziario e delle risorse umane per la gestione di UGGp Sardegna.

Così pure mi pare significativa tutta la parte F. Discussione, ed in particolare i capoversi 1 e 2 delle Principali raccomandazioni:

1. “Creare una forte rete attiva alla quale partecipano tutti i comuni, il governo regionale della Sardegna, le università, le organizzazioni turistiche ed altre organizzazioni importanti per lo sviluppo del Geoparco”.

2. “Sviluppare un’organizzazione funzionante per il Geoparco che disponga di risorse e capacità finanziarie e umane sufficienti per implementare e realizzare le misure necessarie. Tenendo conto delle dimensioni del Geoparco e dei compiti di un geoparco come descritto nelle linee guida dell’UGGP”.

Per far sì che la Sardegna possa essere accolta e riconosciuta come l’area “Unesco” più vasta d’Europa e tra le più significative al mondo, non è sufficiente, come più volte sottolineato anche nella relazione delle ispettrici, che a farsene carico sia solo ed esclusivamente il Parco Geominerario. La “Sardinia UNESCO Global Geopark” potrebbe essere, senza ombra di dubbio il brand del futuro, in termini di visibilità nazionale ed internazionale, nonché di promozione turistica ed economica, se ci crediamo, prima di tutto, noi sardi.

Ritengo che, questa iniziativa, con la Presidenza della Regione e la partecipazione degli assessorati più coinvolti, come l’Industria, il Turismo e la Pubblica Istruzione, nonché delle Università isolane, con il coordinamento del suo Assessorato apre una nuova e straordinaria prospettiva. Allora mi chiedo, perché non riuniamo tutti i Parchi nazionali e regionali dell’isola in un progetto condiviso ed unitario? Già la dislocazione territoriale dei parchi nell’isola, compreso il Geominerario, coprono l’intero territorio isolano e tutti attuano azioni e compiti che rientrano pienamente nelle linee guida dell’Unesco Global Geopark.

Potremmo costituire un robusto coordinamento di gestione, anche in risposta alla sottolineatura rimarcata nella relazione, ove si ribadisce che:

“Il programma UNESCO Geoscience and Geoparcos richiede membri forti e di alta qualità nel seguire la filosofia e i criteri definiti negli statuti e nelle linee guida”.

Nonché ribaltare la proposta di non dare una carta verde:

“Data la situazione in cui sono stati compiuti progressi insufficienti sulle raccomandazioni dell’ultima valutazione e sul fatto che non esiste un territorio unificato con un’identità comune, nessun approccio strategico sull’unificazione o la creazione di un’identità comune e un’organizzazione assolutamente non adeguatamente equipaggiata per quanto riguarda le risorse umane, entrambi i rivalidatori non vedono alcuna possibilità di consigliare al Consiglio UGGp l’assegnazione di una carta verde”.

Sono certo che questa sfida può esser vinta, se riusciamo a coordinare tutte le azioni che normalmente i parchi isolani attuano con i propri programmi, credo che basterebbe solo questo per ribaltare la proposta che ci ha privato del cartellino verde.

Un primo approccio è quello di un incontro da Lei promosso – entro la fine del mese di marzo – del Consorzio del Parco Geominerario con i Parchi regionali, i Parchi nazionali e le Aree Marine Protette della Sardegna sulla quale lavorare assieme.

Certo che voglia valutare la suddetta riflessione – conclude Tarcisio Agus –, nell’attesa porgo cordiali saluti.»

                                                                                                    

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Il presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, Tarcisio Agus, ha scritto una lettera al ministro dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare, Sergio Costa, nella quale espone le problematiche e le esigenze dell’Ente.

Di seguito il testo della lettera, inviata, per conoscenza, anche al sottosegretario di Stato dello stesso ministero dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare, Roberto Morassut; al presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas; all’assessore regionale della Difesa dell’Ambiente, Gianni Lampis; all’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili.

«Ill.mo Sig. Ministro,

ho chiesto tempo fa la possibilità di un incontro con la SV per presentarLe il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna e le sue problematicità che, a mio avviso, si trascinano sin dalla sua origine.

Immagino che il suo dicastero lo tenga impegnato su fronti molto più importanti ed attuali e, nelle more di uno spazio di audizione del nostro Ente, cerco di esporLe gli elementi più rilevanti che ritengo meritino attenzione.

Il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna è assimilato agli Enti di cui alla legge 9 maggio 1989 n.168 e la sua gestione è affidata ad un Consorzio ai sensi dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349, ma viene accostato ad un’Area Protetta, ai sensi della legge 6 dicembre 1991 n. 394, tanto che nel decreto istitutivo si fa riferimento, per le sanzioni, all’art.30 della stessa legge, nonostante, mi pare, non rientriamo nella sua classificazione ai sensi dell’art. 2.

Peraltro i comuni compresi nel Parco Geominerario non beneficiano delle Misure di incentivazione previste dall’art.7.

Tutto questo ha da sempre creato disorientamento e forti perplessità nell’agire e nella programmazione per il territorio del Parco, bisognoso più di altri di risorse per la sua caratteristica fisica e storia industriale che ne costituisce un unicum in Sardegna, ma non solo.

Il decreto Istitutivo, come modificato dal decreto dell’8 settembre 2016, assegna al Parco, ai sensi dell’art. 2, l’impegno a perseguire la finalità di assicurare la conservazione e la valorizzazione del patrimonio tecnico-scientifico, storico-culturale ed ambientale dei siti e dei beni ricompresi nel territorio, nonché quella di garantire uno sviluppo economico e sociale dei territori interessati in un’ottica di sviluppo sostenibile. Seguono nove commi di attività da porre in essere.

Il Parco si estende su un territorio di 3.500 kmq, con al suo interno 86 comuni, con ambiti di grande pregio naturalistico ed ambientale, ma anche, 6.739 ettari di aree inquinate, dovute alle pregresse attività minerarie, con 1.947 fabbricati, suddivisi in 743 civili, di cui numerosi di alto pregio architettonico, come le direzioni delle miniere, gli ospedali e le foresterie; 425 industriali, con diversi complessi di pregio architettonico e storico culturale, 412 ruderi e 367 aree di fabbricati demoliti che con l’andar del tempo andranno sempre più aumentando.

Se per un verso gli interventi relativi al programma delle bonifiche ambientali, finanziate dal suo Ministero, muovono i primi passi, dopo venti anni dalla legge istitutiva del Parco, restano ancora al palo il recupero del vasto patrimonio immobiliare, costituito da diversi borghi minerari, con rilevante valore storico, culturale ed ambientale che potrebbero esser recuperati e destinati a finalità sociali, culturali e produttive.

Su tale patrimonio il Parco negli anni ha investito alcune risorse dei trasferimenti annuali, peraltro dimezzati nel corso di questi anni e relativi a degli avanzi di amministrazione.

Una goccia d’acqua nel mare del bisogno finanziario necessario per il suo pieno recupero prima del suo definitivo disfacimento.

Il Parco intende, in questo nuovo anno, attivarsi per la predisposizione di un Piano di sviluppo socioeconomico, con il pieno coinvolgimento degli stakeolder territoriali, ma questo necessita di un organico adeguato di cui oggi non disponiamo, sia in termini numerici (7 dipendenti di cui 3 a tempo pieno e 4 part-time) che in termini di professionalità.

Attualmente al Parco è riconosciuta una pianta organica di 13 unità, ma per il blocco delle assunzioni non ci è possibile disporre pienamente neanche di quanto la pianta organica ci riconosce.

La gestione di un piano di sviluppo su un territorio vasto 3.500 kmq, con le finalità assegnateci meriterebbe una maggior attenzione sia di risorse finanziarie che di personale.

Per quest’ultimo aspetto potremmo rifarci in termini comparativi all’organico del più piccolo e del più grande dei Parchi Nazionali:

Parco 5 Terre – sup. 38,6 kmq. 12 Unità

Parco del Cilento – sup. 1.781 kmq. 40 unità

Parco Geominerario sup. 3.500 kmq. 7 unità (3 tempo pieno 4 Part-time).

Da questa breve analisi si evince che il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, in primo luogo, per i compiti assegnati dal Decreto Istitutivo, non è mai stato equiparato di fatto alle Aree Protette, nonostante al suo interno, oltre alle aree inquinate, siano presenti vasti territori (SIC e ZPS) caratterizzati da paesaggi eterogenei, abitati da varie specie animali e vegetali ed in particolare nell’area del Guspinese Arburese, permane il più vasto areale del cervo sardo, autoctono. Ma ancora, sono presenti vaste zone umide protette dalla convenzione Ramsar.

La situazione ibrida potrebbe essere risolta, riconoscendone la tipologia, quale Consorzio assimilato agli Enti di cui alla legge 9 mMaggio 1989, n. 168, ed inserendolo con le Università nei programmi di ricerca previsti dalla legge 168.

Il Parco, dall’insediamento degli organi, Presidente e Consiglio direttivo (giugno 2018), collabora strettamente con le due Università isolane, peraltro facenti parte a pieno titolo del Parco, con i Comuni e gli Enti regionali.

Esperienza questa della ricerca, messa in atto, in questo nuovo corso del Parco, con l’accordo quadro dell’Università di Cagliari e Sassari e in concorso con alcuni dipartimenti.

In particolare credo interessante e proficua l’opera avviata con il Comitato Tecnico Scientifico del Parco, nell’ambito delle bonifiche ambientali, ove siedono, il soprintendente regionale, docenti universitari ed esperti di sperimentata competenza nelle seguenti aree disciplinari: materie geologico-minerarie; materie ambientali; materie economico-sociali; pianificazione territoriale; materie storico-archeologiche e museali.

Il Parco grazie agli esperti del comitato, ora, oltre al rilascio del nulla osta di carattere edilizio, si sta pienamente occupando del recupero ambientale delle aree minerarie dismesse, portando importanti contributi di natura tecnica e scientifica, perché le discariche minerarie e gli ambienti minerari non siano più un grave danno all’ambiente ed alle popolazioni residenti, ma possano diventare risorsa. L’ultima proposta in ordine di tempo predisposta dal Parco in concorso con l’Università di Cagliari è il progetto di sviluppo Tour Remine.

Il progetto TouRemine vuole essere un progetto pilota che si propone il ricupero, la bonifica e l’infrastrutturazione di numerose realtà entro l’ambito del Parco, per un decisivo risanamento e fruizione ambientale, nonché per un nuovo processo sviluppo socio economico. Questo progetto integrato è oggi all’attenzione di Invitalia che cura i fondi per lo sviluppo destinati al sud Italia, con l’intento di estendere la sua portata a tutti i comuni appartenenti alla comunità del Geoparco, con tre obiettivi:

Infrastrutturazione: costruire e/o adeguare le infrastrutture che garantiscono la mobilità (dati/persone), l’accoglienza e la ricettività per rendere sfruttabili a fini commerciali e fruibili a scopi turistici i borghi e gli ambienti minerari.

Industrializzazione: creare le condizioni per sfruttare gli scarti delle miniere per attivare potenziali nuove opportunità di business e lo sfruttamento sostenibile delle risorse.

Imprenditorialità: sviluppare percorsi di creazione d’impresa e offrire nuovi servizi alle imprese esistenti. In particolare vorrei evidenziare il secondo obiettivo, che prevede nel progetto il recupero di importanti immobili minerari da destinare a musealizzazione ed a nuove destinazioni socio – culturali, nonché la bonifica ed il recupero di minerali di valore, come per esempio nel progetto in TouRemine, la fonderia di antimonio a Villasalto diventata nel tempo discarica di antimonio, ci consentirà, se finanziato, di recuperare il minerale, oggi di nuovo richiesto dal mercato, e la fonderia, unica rimasta forse in Italia per questa tipologia di minerari.

Questa esperienza di recupero degli scarti minerari entro l’area del Parco Geominerario, è già in atto tra l’università e gli enti regionali, in particolare con la Carbosulcis, ove la bonifica delle discariche minerarie di carbone hanno contribuito, con la ricerca, a darci importanti risultati come il progetto “Aria” impianto sperimentale produzione isotopi, ma anche il recupero delle “Terre rare” o la sperimentazione su fertilizzanti e disinquinanti ecologici.

Sono convinto dell’importante apporto che può dare il Parco Geominerario se è posto in condizioni di operare, con un ruolo più lineare ed una dotazione organica adeguata.

Ill.mo sig. Ministro, la invito nei limiti delle sue disponibilità, a verificare con i suoi uffici questi due principali aspetti, dell’inquadramento normativo o nell’impossibilità che ciò avvenga, almeno il riconoscimento, anche ai comuni del Parco Geominerario, dei benefici previsti dalla  legge 349/1986, e la valutazione di una pianta organica adeguata alle funzioni assegnate ed ai complessi problemi di natura ambientale presenti entro l’area Parco, non certo assimilabili ai territori delle Aree Protette. Questo ultimo aspetto credo meriti una particolare attenzione perché devono assolutamente esser risolti, pena il perdurate dei rischi di natura sanitaria, già a suo tempo riscontrati dal rapporto del ministero della Salute del 2016, che pone il Sulcis-Iglesiente-Guspinese, la parte più consistente delle aree del Parco Geominerario, fra quelle “invivibili”, ove si sono riscontate le più alte percentuali di patologie oncologiche e mortalità, fra le 44 aree ad alto rischio in Italia.

Certo di una sua attenzione, nel pormi a sua disposizione per ogni ulteriore approfondimento e in attesa di un possibile incontro, porgo cordiali saluti.»

Tarcisio Agus

Presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna

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«Quello di oggi non è stato un semplice incontro operativo, ma un vero e proprio richiamo all’unità e alla coesione per rispondere con forza e determinazione all’emergenza e assicurare massimo impegno per la sicurezza dei cittadini. Stiamo mettendo in campo ogni mezzo possibile con l’obiettivo comune di tutelare la salute dei sardi.»

Lo ha detto il presidente della Regione, Christian Solinas, in merito al vertice con i sindaci della Sardegna che si è tenuto oggi a Cagliari per fare il punto sui protocolli operativi per l’emergenza Coronavirus e a cui hanno preso parte gli assessori della Sanità, Mario Nieddu, della Difesa dell’ambiente, Gianni Lampis, e degli Enti locali, Quirico Sanna.

«Abbiamo risposto alle esigenze del territorio. Un’opportunità per fare chiarezza – spiega Mario Nieddu – e rafforzare la comunicazione tra le istituzioni sul tema dell’emergenza e dei protocolli operativi.»

Nel corso dell’incontro, oltre alle modalità d’intervento sono state ribadite le procedure da seguire nei casi sospetti: «È fondamentale non recarsi in ospedale o al pronto soccorso – precisa l’assessore della Sanità – ma, al contrario, è necessario contattare il medico di famiglia, il pediatra di libera scelta o la guardia medica. In seguito al triage telefonico i medici di primo contatto provvederanno a informare i dipartimenti di prevenzione e solo se ritenuto opportuno si attiverà, a cascata, il protocollo operativo».

«Un incontro importante per informare i sindaci sulla situazione generale – spiega l’assessore Gianni Lampis – e, soprattutto, per chiedere la loro collaborazione sul coinvolgimento per promuovere le buone pratiche di comportamento. In Sardegna sono 6.600 i volontari di protezione civile in campo e sono state 49 le video conferenze a cui l’Unità di crisi, che coinvolge sia la direzione generale della Sanità, sia la direzione generale della Protezione civile, ha partecipato con il dipartimento nazionale.»

«Fondamentale la collaborazione e la partecipazione delle comunità – conclude l’assessore Quirico Sanna -. La riunione con i sindaci ha proprio questo scopo. Insieme con l’Anci e il Consiglio delle autonomie locali abbiamo fatto squadra, perché in questo momento è importante l’unità dei territori e l’omogeneità dell’informazione.»