16 December, 2025
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In Sardegna, come nella penisola italiana, le aree protette nelle diverse forme (parchi nazionali, regionali, aree marine protette) compresi i siti di interesse comunitario inseriti nella rete Natura 2000, oltreché luoghi di inestimabile valore paesaggistico e ambientale, rappresentano punti di riferimento per attività educative, escursionistiche e turistiche sostenibili. I parchi, nella loro accezione europea, sono luoghi importanti da tutelare e salvaguardare e nel contempo luoghi vivi e produttivi, sistemi ambientali in cui attivare le buone pratiche per la coabitazione sostenibile tra uomo e natura, quali la mobilità alternativa e l’efficientamento energetico. Aree pilota nelle quali affrontare l’urgente questione dei cambiamenti climatici, delle aree costiere a rischio, delle isole minori e delle aree interne.

La nostra associazione ritiene che queste aree protette non rappresentino un vincolo che limita le funzioni e la corretta fruizione dei territori, ma esse possono rappresentare un valore aggiunto, in grado di attivare significativi ritorni economici per gli operatori e per l’intera economia turistica delle comunità residenti e alle attività presenti nel territorio, se sapranno attivare iniziative illuminate nella tutela dell’ambiente e mettere a valore queste aree sensibili.

Nei giorni scorsi Graziano Bullegas, Lucia Spanu ed Antonello Cugia, in rappresentanza del Consiglio regionale di Italia Nostra Sardegna e delle sezioni di La Maddalena e Sassari, hanno inviato una lettera al ministro per l’Ambiente, al presidente della Giunta regionale e all’assessore regionale dell’Ambiente per sollecitare le nomine nei parchi nazionali dell’isola. Purtroppo, dobbiamo lamentare che, a 15 mesi dall’insediamento del nuovo governo e ad oltre tre mesi dalle elezioni regionali, per i due parchi nazionali presenti in Sardegna non è stato ancora completato l’assetto degli organi dirigenti. Nel parco nazionale di La Maddalena si attende ancora la nomina di ben quattro consiglieri e del Direttore, quello attuale facente funzioni è a scavalco con l’Area Marina Protetta di Tavolara. Mentre il Parco Nazionale dell’Asinara è ancora privo del Presidente.

Lasciare un’area protetta senza organi dirigenti significa condannare un grande ente territoriale della pubblica amministrazione alla sola ordinaria amministrazione, senza possibilità di effettuare programmazione e sviluppo. Per questo, anche in occasione della Giornata Europea dei Parchi che si è celebrata i giorni scorsi, facciamo nostro e ribadiamo l’appello delle Associazioni Ambientaliste nazionali affinché si completino le nomine degli amministratori e dei dirigenti dei parchi nazionali della Sardegna, inserendo questo impegno tra le urgenze improrogabili dell’azione politica.

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Un nuovo forte “NO” al progetto del nuovo ponte inserito nelle opere del Piano Sulcis, per il quale sono stati previsti 57,5 milioni di euro di investimenti e un ancora più forte “SI'” al progetto di un porto turistico polifunzionale, ritenuto base imprescindibile per il rilancio socio-economico dell’Isola e dell’intero Sulcis, sono stati gridati questa mattina nel corso di un sit-in con conferenza stampa tenuto dal Comitato Porto Solky e da Italia Nostra Sardegna, due delle associazioni che si battono da tempo per la rimodulazione delle risorse del Piano Sulcis.

Rolando Marroccu, uno dei tre portavoce del Comitato Porto Solky, e Graziano Bullegas, presidente di Italia Nostra Sardegna, hanno posto in evidenza «tutte le anomalie ed incongruenze comprese nelle opere progettate che affossano, anziché rilanciare le opportunità di sviluppo del territorio». Sono stati mostrati a tutti i presenti, il tracciato originale del nuovo viadotto di 2 km che«taglierà in due le aree portuali e sposterà l’uscita del paese nella zona artigianale ed il tracciato della sproporzionata circonvallazione che devasterà il territorio e frantumerà le proprietà a causa dei numerevoli espropri, e la reale impostazione che il Piano Sulcis vuole dare al porto di Sant’Antioco, ovvero abbandonare l’idea del porto turistico polifunzionale, per limitare l’attracco alle sole navi commerciali e militari».

I promotori dell’iniziativa hanno rimarcato, inoltre, «le vicissitudini delle aree ex Sardamag, oggi confluite in IGEA, per le quali, a fronte dei notevoli costi per il disinquinamento, non esiste nessun progetto per la loro valorizzazione», e proposto che quelle aree vengano trasferite al comune di Sant’Antioco, per la loro valorizzazione unitamente a quelle che si trovano oltre il tracciato del ponte, già di proprietà comunale.

Durante lo svolgimento del sit-in, abbiamo intervistato Rolando Marroccu, uno dei tre portavoce del Comitato Porto Solky, che ha esposto nei minimi dettagli la loro posizione e quello delle altre associazioni (Italia Nostra Sardegna, WWF e Gruppo di Intervento Giuridico) che si oppongono alla realizzazione del nuovo viadotto e della circonvallazione.

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10218643943317689/

                              

  

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Alcune associazioni hanno presentato nuove osservazioni al progetto di ammodernamento dello stabilimento Eurallumina di Portovesme, alla vigilia della Conferenza dei servizi in programma il 21 e 22 gennaio.

Secondo Legambiente Sardegna, «per l’area di Portoscuso tutte le analisi evidenziano la situazione di grave inquinamento diffuso su aria, suolo e falde conseguentemente ai ritardi nelle attività di bonifica ed ai necessari adeguamenti tecnologici e ambientali. La priorità assoluta è il radicale disinquinamento del territorio con la bonifica delle falde e dei suoli. Pertanto, sono inaccettabili i progetti aziendali di ampliamento del bacino fanghi rossi, incompatibili anche con le rigorose normative di tutela paesaggistica. Il DM 430/2018 – aggiunge Legambiente Sardegna – prevede la dismissione della centrale a carbone ENEL, per cui il vapordotto non appare realizzabile. La centrale a carbone dovrebbe essere convertita in una alimentata con GNL di cui però non esiste neppure il terminale. In sintesi, il progetto della Eurallumina appare fortemente contraddittorio con il complesso delle recenti normative e con la strategia espressa nella proposta di Piano nazionale integrato per l’energia ed il clima varata dal Governo».

Legambiente Sardegna sostiene che «la bonifica dei siti inquinati costituisce la priorità, da cui non si può prescindere e da attuare in tempi stretti: non sono più accettabili i tempi del piano di risanamento di Portoscuso ancora non concluso dopo oltre vent’anni; non appare corretto che il territorio di Portoscuso venga considerato un’area condannata alla compromissione irreversibile e nella quale alla situazione di inquinamento diffuso si proponga di aggiungere altri impianti inquinanti. E’ necessario che vengano affrontati con urgenza i problemi connessi con l’inquinamento diffuso del suolo, al fine di giungere rapidamente al superamento dell’ordinanza di limitazione al consumo per i prodotti alimentari. Qualsiasi nuovo intervento deve essere subordinato alla realizzazione del disinquinamento assolutamente indifferibile della falda e dei suoli (già previsti 20 anni fa dal piano di disinquinamento), adottando opzioni tecnologiche efficaci, specie in relazione a quelle che, in altri SIN, hanno dimostrato diverse criticità. Risulta contraddittoria ed inaccettabile dal punto di vista paesaggistico ed ambientale – aggiunge Legambiente Sardegna – la proposta di ampliare il bacino fanghi rossi che comporterebbe di lasciare in eredità alle generazioni future una collina artificiale, in riva al mare, da circa 60 milioni di tonnellate. L’attuazione del DM 430/2018 prescrive la chiusura della centrale a carbone di Portoscuso entro il 2025, rendendo di fatto improponibile la fornitura di vapore all’Eurallumina. Infatti, l’impianto deputato alla fornitura di vapore ed energia elettrica all’Eurallumina dovrebbe prevedere l’alimentazione a gas naturale (con necessaria riconversione della centrale esistente) la cui fornitura potrebbe però avvenire tra molti anni, dal momento che allo stato attuale non esiste né in Sardegna né a Portoscuso un terminale idoneo. In estrema sintesi, i contenuti del progetto Eurallumina risultano totalmente contraddittori con il complesso di recenti normative improntate ad una strategia basata sul disinquinamento dei territori, sviluppo delle fonti di energia da fonti rinnovabili e di chiusura delle centrali a carbone entro il 2025. Il progetto – conclude Legambiente Sardegna – appare non compatibile con la prospettiva ultimamente ribadita in maniera autorevole dalla proposta di piano nazionale integrato per l’energie edil clima, approvata dal ministero dello Sviluppo economico congiuntamente al ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti».

Altre osservazioni sono state avanzate da Giacomo Meloni, segretario della Confederazione Sindacale Sarda; Domenico Scanu, presidente di ISDE, Medici per l’Ambiente – Sardegna; Graziano Bullegas, presidente di Italia Nostra Sardegna; e Marco Mameli, presidente di Assotziu Consumadoris Sardigna Onlus, secondo i quali «le principali criticità rilevate riguardano la mancata attribuzione di un codice univoco ai fanghi destinati al Bacino dei Fanghi Rossi (BFR), criticità che si ripresenta anche nel nuovo progetto; le tecniche di coltivazione dei bacini C e D, che non appaiono conformi alla normativa sulle discariche, come già evidenziato in precedenti osservazioni il massiccio impiego di carbone per la fornitura di vapore all’Eurallumina da parte dell’ENEL; la generale assenza di benefici emissivi legati alla cogenerazione e, anzi, un peggioramento rispetto agli anni precedenti. Si fa anche notare che l’intervento dell’assetto cogenerativo ricade nella fattispecie per la quale è necessaria una nuova Valutazione di Impatto Sanitario (la precedente era stata realizzata sulla base del precedente progetto). Desta, infatti, preoccupazione l’impatto sulla salute pubblica dell’intero progetto, localizzato all’interno di un Sito d’interesse nazionale per bonifica (S.i.n.) dove diversi studi epidemiologici hanno evidenziato l’esistenza di una situazione sanitaria problematica».

Giacomo Meloni, Domenico Scanu, Graziano Bullegas e Marco Mameli manifestano la loro contrarietà al rilancio della produzione di allumina da bauxite ed evidenziano una serie di carenze che – a loro parere – «rendono improcedibile la Valutazione d’impatto ambientale» e sostengono che «una delle principali novità del nuovo progetto dell’Eurallumina consiste nella rinuncia all”impianto CHP di proprietà, a favore del vapordotto ENEL-Eurallumina. L’impiego della centrale ENEL “Grazia Deledda” (già inserita dall’Agenzia Europea per l’Ambiente tra i 190 impianti più inquinanti d’Europa) in assetto cogenerativo comporterà la combustione di oltre 730.000 tonnellate di carbone/anno all’interno di un S.i.n, la cui caratteristica fondamentale è la necessità che i carichi inquinanti diminuiscano anziché aumentare. L’effetto di questo intervento – concludono Giacomo Meloni, Domenico Scanu, Graziano Bullegas e Marco Mameli – consiste nel rilanciare il ruolo del termoelettrico alimentato a carbone come erogatore di un servizio di base, proprio quando il nuovo corso della politica energetica comunitaria e italiana (vedi il recente Decreto 430/2018) prevede l’abbandono dei combustibili fossili.»

 

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Con una nota inviata ai sindaci di Sant’Antioco, Carloforte e Calasetta, al Servizio Tutela della Natura della Regione Sarda ed alla provincia del Sud Sardegna, dal segretario regionale e dal segretario di Sant’Antioco, Graziano Bullegas ed Antonello Meli, l’associazione Italia Nostra ha manifestato la propria disponibilità a collaborare con le Amministrazioni contribuendo, sulla base della propria esperienza e delle collaborazioni di importanti esperti in materia, alla istituzione di un’Area protetta nell’Arcipelago del Sulcis.

«Il dibattito a mezzo stampa dell’ultimo periodo sulla istituzione di un’Area Marina Protetta nell’isola di San Pietro auspicata dal sindaco di Carloforte ha rivitalizzato l‘interesse verso questo importante Organismo – scrivono Graziano Bullegas ed Antonello Meli -. D’altra parte anche i sindaci di Sant’Antioco e di Calasetta hanno manifestato interesse alla realizzazione di un’Area Protetta estesa all’intero Arcipelago del Sulcis. Vogliamo ricordare che l’area marina di reperimento, pur essendo denominata “Isola di San Pietro”, interessa l’intero arcipelago e che sarebbe pertanto auspicabile che l’istituenda AArea marina protetta comprendesse almeno i tre comuni, le due isole maggiori e le isole minori. Le aree di tutela per definizione non possono essere circoscritte all’interno dei confini amministrativi dei comuni, ma esse devono includere territori omogenei che, pur con le diverse peculiarità, possano contribuire ad arricchire l’ambiente e l’economia delle aree interessate.»

«Merita comunque interesse la collaborazione richiesta dal sindaco di Carloforte all’esperienza relativa ad un’altra area marina protetta, come quella di Capo Carbonara, per verificare la ricaduta e le eventuali criticità affrontate in una diversa realtà della Sardegna – aggiungono Graziano Bullegas ed Antonello Meli -. L’istituzione di diverse tipologie di Aree protette è in sintonia con la politica ambientale di Italia Nostra che da anni insiste perché sia istituita l’Area marina protetta dell’Arcipelago del Sulcis al fine di garantire una corretta tutela ambientale dell’arcipelago e della sua biodiversità e di attivare significativi ritorni economici per gli operatori del mare e per l’intera economia turistica delle comunità residenti.»

«Inutile ricordare che le criticità che interessano il mare e le aree costiere delle due isole sono comuni, in particolare quelle derivanti dall’inquinamento ambientale e dal lento e progressivo degrado dovuto all’eccessivo e non sostenibile prelievo di pescato – sottolineano ancora Graziano Bullegas ed Antonello Meli -. Gli stessi operatori del mare lamentano un eccessivo carico di pescatori e una conseguente diminuzione della pesca. L’area marina protetta consentirebbe di regolamentare meglio l’attività, di ridurre il numero dei pescatori riservando zone ai soli operatori residenti, e di creare aree di rispetto utili e indispensabili per il ripopolamento della fauna ittica.»

«Il potenziamento delle Aree marine protette – concludono Graziano Bullegas ed Antonello Meli – rappresenta, tra l’altro, uno degli obiettivi presenti nelle linee programmatiche del ministro per l’Ambiente, Sergio Costa, presentate lo scorso luglio al Senato della Repubblica.»

 

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Il prossimo 3 novembre arriverà a scadenza la prima fase della procedura autorizzativa per il più importante fra gli ampliamenti (si contano 12 diverse pratiche in 2 anni) richiesti  da RWM Italia Spa, relativamente al sito produttivo di bombe per aereo, nella Regione “San Marco” del comune di Iglesias.

Come si evince dalla relazione tecnica pubblicata sul sito del Servizio Valutazioni Ambientali della Regione Sardegna, si tratta della realizzazione di nuove linee produttive che consentiranno di raddoppiare o addirittura triplicare la produzione.

Si tratta di quantità che fanno paura, infatti, la RWM produce già una quantità enorme di ordigni, stimata in 4/5.000 all’anno, lavorando 7 giorni su 7, 24/24h; la produzione passerebbe quindi all’impressionante numero di 10/15.000 bombe all’anno che continuerebbero ad attraversare la regione per essere portate fino in Arabia Saudita, la quale continua ad utilizzarle per distruggere ogni residua forma di vita e di civiltà in Yemen.

E’ dello scorso 4 ottobre l’ultima risoluzione del Parlamento Europeo che chiede ancora una volta agli stati UE di fermare la carneficina bloccando le esportazioni di armi verso tutti i paesi che partecipano al confitto e in particolare verso la coalizione a guida saudita.

In questi ultimi giorni, inoltre, il governo tedesco, a seguito dell’omicidio Kashoggi nel consolato saudita, propone a tutti gli stati europei un embargo totale verso l’Arabia.

Italia Nostra e Comitato Riconversione RWM si sono costituiti, già a luglio 2018, nella Conferenza dei Servizi relativa al procedimento autorizzativo, in quanto soggetti portatori di interesse diffuso, ed hanno presentato una nota congiunta (allegata) nella quale si rimarca la necessità che un’opera delle dimensioni citate, che l’azienda richiede di realizzare in un’area priva di classificazione urbanistica e ad un chilometro dal Sito di Interesse Comunitario “Marganai-Monte Linas”, non possa essere autorizzata senza essere prima sottoposta ad una attenta Valutazione di Impatto Ambientale.

Rimarcano inoltre che sono ben 12 le pratiche di ampliamento avviate dalla RWM presso il comune di Iglesias negli ultimi 2 anni e che tale novero di iniziative, in presenza di un piano di investimenti annunciato per 40 milioni di euro e di un piano organico teso a moltiplicare la capacità produttiva della fabbrica, non può non essere valutato nel suo insieme, considerando in particolare i rilevanti aspetti ambientali e sociali.

Per questi motivi chiedono con forza che tutti gli Enti coinvolti nel rilascio dell’autorizzazione e, in particolare il SUAP di Iglesias, con l’interessamento del Servizio valutazioni ambientali dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente, facciano quanto in loro potere affinché, prima di un’eventuale autorizzazione, possano essere approfondite le conseguenze ambientali di questo nuovo ampliamento, in connessione con l’assetto attuale dello stabilimento e con le altre pratiche autorizzative in essere.

Le organizzazioni scriventi sono pienamente consapevoli della gravità del problema occupazionale nel Sulcis Iglesiente, sottolineano però che eventuali nuove assunzioni di personale servirebbero per incrementare una produzione eticamente inaccettabile e totalmente incompatibile con la legislazione italiana (la quale prevede che si possano produrre armi esclusivamente per la difesa), e andrebbero ad aumentare ulteriormente l’esercito prima del precariato e poi dei disoccupati, essendo soggette ad immediata risoluzione nel caso della crisi aziendale che seguirebbe sicuramente il blocco dell’export richiesto dall’Unione europea.

Il Comitato Riconversione RWM e Italia Nostra Sardegna credono invece nella possibilità che possano essere trovate e messe in atto soluzioni alternative per tutti i lavoratori della fabbrica, non assistenziali, pacifiche, sostenibili per l’ambiente e foriere di ulteriore e duraturo sviluppo per il territorio.

Sollecitano perciò la politica nazionale e regionale affinché si faccia carico fino in fondo del problema ed agisca immediatamente fermando l’esportazione ed attivando le procedure per la salvaguardia di tutti i lavoratori coinvolti.

Graziano Bullegas 

Presidente Italia Nostra Sardegna

Arnaldo Scarpa – Cinzia Guaita

Portavoce Comitato Riconversione RWM

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Graziano Bullegas.

I giorni scorsi le nostre caselle di posta elettronica sono state raggiunte da un messaggio inviato da serviziocommissioni@pec.crsardegna.it. L’allegato in esso contenuto, a firma di Antonio Solinas, presidente della IV Commissione del Consiglio Regionale della Sardegna, afferma che è possibile consultare il nuovo testo in discussione del disegno di legge sull’urbanistica in discussione al link: http://www.consregsardegna.it/XVLegislatura/Sessione_governo_territorio.asp

Nel messaggio il presidente della Commissione ci invita inoltre a predisporre una memoria scritta da illustrare nel corso dell’audizione sulla base del testo unificato raggiungibile attraverso il suddetto link.

Seguendo il link si scopre, incredibilmente, che il testo non è più consultabile, ci siamo preoccupati e allarmati ipotizzando si trattasse di hakeraggio di un account a sito istituzionale. Ma non è così perché il messaggio è autografo, è vero.

Infatti, nei giornali di ieri, l’on. Antonio Solinas smentisce se stesso giustificando il pasticcio con un errore materiale e invitando a non tener conto del testo di legge unificato elaborato dalla Commissione.

Tutto questo ha il sapore della beffa, in quanto non c’è stato alcun errore. Il testo apparso per poche ore, e frettolosamente ritirato, era quello già preconfezionato da portare in Consiglio regionale con alcune modifiche e il cambio della numerazione degli articoli che di certo non migliorano la legge in discussione.

Resta intatto l’effetto nefasto che questa legge avrà su tutti i beni culturali tutelati dal Piano Paesaggistico Regionale, sull’intera fascia costiera e, grazie alla definitiva stabilizzazione del piano casa, sui centri urbani consolidati.

Questi fatti confermano la poca attendibilità delle dichiarazioni del presidente Francesco Pigliaru di voler stralciare gli articoli e le parti più criticate della legge e la scarsa credibilità di questa fase di “ascolto”, inventata all’ultimo momento per compattare una maggioranza in Consiglio regionale sempre più sgretolata.

È l’ennesima prova della mancanza di attenzione della Giunta regionale ai pareri espressi dai portatori di interessi diffusi (in particolare quelli delle associazioni ambientaliste), più attenta invece a quelli di costruttori e speculatori interessati ad occupare spazi ancora integri delle coste sarde e delle aree agricole e ad ampliare le costruzioni esistenti lungo la fascia costiera e sulla battigia.

Carmelo Spada – delegato WWF Sardegna

Graziano Bullegas – presidente Italia Nostra Sardegna

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Resta la ferma l’opposizione di WWF Sardegna e Italia Nostra Sardegna al progetto di rilancio produttivo dello stabilimento Eurallumina di Portovesme anche dopo la rinuncia da parte della Rusal alla realizzazione di una nuova centrale a carbone a Portovesme.

«La notizia è apparentemente positiva per i cittadini, per l’ambiente e per l’intero territorio del Sulcis – scrivono in una nota il delegato del WWF Sardegna Carmelo Spada ed il presidente di Italia Nostra Sardegna Graziano Bullegas -. Italia Nostra, WWF e le altre associazioni ambientaliste hanno da sempre mosso forti critiche in merito alla sostenibilità di realizzare un nuovo impianto termoelettrico a combustibile fossile per le negative ricadute ambientali che avrebbe comportato e perché in contrasto con le convenzioni internazionali – in perfetta antitesi con i contenuti della Road Map 2050, per quanto attiene decarbonizzazione, riduzione delle emissioni di CO2, inquinamento ambientale – e con la normativa paesaggistica.

La scelta di utilizzare l’energia prodotta da un’altra centrale a carbone non risolve comunque le tante criticità di natura sanitaria, ambientale e paesaggistica che la riapertura della raffineria di bauxite di Portovesme comporterebbe. Infatti, si tratta di un impianto fortemente energivoro che utilizzerà l’energia prodotta da combustibili fossili e non rinnovabili.»

Italia Nostra e WWF ricordano inoltre che resta irrisolta la questione del bacino dei fanghi rossi.

«Per poter riprendere l’attività la Rusal deve allargare il bacino di 19 ettari e sollevarlo di ulteriori 10 mt (fino a 46 metri di altezza) per accogliere 1,5 milioni di tonnellate annue di “fanghi rossi” per circa venti anni – aggiungono Carmelo Spada e Graziano Bullegas -. Questo bacino è attualmente interessato da una vicenda giudiziaria perché ha determinato un grave inquinamento della falda acquifera sottostante, con valori oltre la norma di alluminio, arsenico, cloruri, solfati, solfiti, ferro, cadmio, manganese, rame, mercurio, piombo, cromo, idrocarburi e composti organici tensioattivi.»

«La riapertura della raffineria di bauxite – che contribuirà a stravolgere il già compromesso ambiente del Sulcis: il SIN tra i più inquinati d’Italia – rappresenta il classico accanimento terapeutico di cui parlava nel non lontano agosto del 2012 l’economista prof. Pigliaru, oggi governatore della Sardegna: Il fatto è che di fronte a emergenze di occupazione e di reddito, l’istinto italiano, sbagliato, è di esercitare un vero e proprio accanimento terapeutico a favore dell’impresa in crisi, anche quando le prospettive di mercato sono improbabili o nulle. Sono interventi che bruciano risorse pubbliche preziose e, creando false aspettative, consumano futuro. Quasi sempre sarebbe più saggio lasciare le imprese al loro destino e occuparsi invece dei lavoratori, sostenendo il loro reddito e accompagnandoli con servizi di qualità (orientamento e formazione, in primo luogo) verso una nuova occupazione”. Parole tutt’ora attuali – concludono Carmelo Spada e Graziano Bullegas – da noi pienamente condivise.»

Graziano Bullegas (Presidente Italia Nostra Sardegna).

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Italia Nostra è intervenuta nel procedimento di Valutazione di impatto ambientale in corso presso il ministero dell’Ambiente in relazione al Parco eolico denominato “Gomoretta” nei comuni di Bitti, Orune e Buddusò (province di Nuoro e Sassari), proposto dalla società Siemens Gamesa Renewable Energy Italy S.p.A., inviando in data 22 marzo 2018 un Atto di Osservazioni.

Il Parco, costituito da 13 aerogeneratori ciascuno di potenza pari a 3,465 MW, sarà in grado di sviluppare una Potenza elettrica pari a di 45,045 MW e produrre una quantità di energia elettrica pari a 137.257 Mwh/anno.

Si tratta di aerogeneratori di dimensioni gigantesche, ove si pensi che le torri di sostegno hanno un’altezza di mt. 84 e il rotore un diametro di mt 132, per un’altezza complessiva quindi di mt. 150. L’impianto verrà articolato in due settori ubicati sulle alture di Sa Gomoretta e Fruncu sa Capra, che ricadono nel territorio di Bitti e Orune, ma anche il comune di Buddusò risulta coinvolto perché dovrebbe ospitare la cabina di trasformazione MT/AT della corrente che in cavidotto interrato proviene dall’impianto.

Le Osservazioni contestano in 10 punti la sostenibilità del progetto.

Per quanto concerne gli Impatti ambientali vengono rilevate le irreversibili alterazioni delle componentibiotiche ed abiotiche determinate da opere invasive quali le fondazioni delle torri, il raddoppiamento delle sedi stradali esistenti, la demolizione dei caratteristici muretti a secco, la creazioni di percorsi ed aree di servizio che coinvolgerebbero circa 75 ettari di terreni agricoli. Anche gli impatti paesaggistici appaiono rilevanti sia per il gigantismo del parco tecnologico, sia per la profonda alterazione di quei valori identitari che legano indissolubilmente le comunità al proprio territorio. Il pianoro che abbraccia le alture è infatti da tempo immemorabile adibito all’allevamento degli ovini, coltivato a seminativi ed erbai ed ospita oltre dieci aziende agricole.

L’area è prossima a due santuari della cultura nuragica, quali sono i siti di Su Romanzesu e Su Tempiesu, ma è un vero giacimento culturale a cielo aperto per la presenza di numerosi nuraghi, domus de Janas, dolmen.

Sono stati censiti inoltre 110 siti e quindi il rischio archeologico risulta estremamente elevato. La Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, su indicazione delle due Soprintendenze dello Stato ha già fatto pervenire un Atto di Osservazione con una richiesta articolata in ben 34 punti di integrazioni progettuali.

Altre Osservazioni riguardano l’assenza di Dibattito pubblico e la non disponibilità delle aree da parte della Società. Il progetto è stato pubblicato sul sito del Ministero il 25 gennaio di quest’anno e quindi all’Albo pretorio del Comune. Da tale data sono decorsi i 60 giorni per la presentazione delle Osservazioni. La popolazione non ne è stata informata nonostante una legislazione nazionale ed una Convenzione internazionale (Århus) statuisca l’obbligo di un’informazione consapevole e il diritto dei cittadini alla partecipazione attiva nei processi decisionali che riguardano l’ambiente. Solo l’impegno del Comitato civico Santu Matzeu, costituitosi per l’occorrenza, ha consentito ai cittadini di Bitti di prendere conoscenza di quanto stava avvenendo nel corso di una partecipata Assemblea pubblica che si è tenuta il 17 marzo a soli 9 giorni dalla scadenza per la presentazione delle Osservazioni.

Nell’ambito del documento redatto da Italia Nostra sono stati esaminati anche gli aspetti di incongruenza con il PPR della Sardegna che pur nella irrisolta assenza della pianificazione degli ambiti interni, fornisce nelle Norme tecniche di attuazioni indirizzi per le aree agro forestali del tutto diversi da quelli di una possibile trasformazione in aree con destinazione d’uso industriale. Simili incongruenze sono state rilevate con il PEARS che pur non avendo ancor completato il suo iter procedurale, preclude ogni possibilità agli impianti energetici speculativi, indicando nella produzione diffusa e nell’autoconsumo gli obiettivi principali della pianificazione energetica regionale.

L’analisi dei dati economici forniti dalla Società ha permesso di evidenziare in tutta la sua drammatica realtà la vera e propria rapina nell’utilizzo delle risorse dei “giacimenti energetici rinnovabili” che le multinazionali stanno operando ai danni delle collettività sarde con la complicità della classe politica isolana e nazionale.

Pur essendo com’è ovvio schierata per la produzione di energia elettrica dalle FER, Italia Nostra si vede costretta a combattere una impari battaglia con Multinazionali, che pur di lucrare gli incentivi resi disponibili dallo Stato, aggrediscono paesaggio e territorio sardo sottraendo ancora una volta Beni Comuni e risorse economiche a quelle comunità che ne sono i legittimi detentori.

Graziano Bullegas

Presidente Italia Nostra Sardegna

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Italia Nostra ritiene che sul tema del sovrannumero dei daini nel parco di Porto Conte, oggetto di dibattito in questi giorni, sia necessario soffermarsi e ragionare per trovare la soluzione migliore per la salvaguardia dell’intero ecosistema, in particolare in un’area sensibile sotto l’aspetto ambientale come il Parco di Porto Conte. Qualsiasi intervento deve tendere a preservare tutte le specie e garantire la conservazione della biodiversità oggi messa a rischio da  una presenza soprannumeraria dei daini, sviluppando nel contempo soluzioni condivise con gli operatori delle campagne e avviando una campagna di prelievo selettivo ed evitando comunque soluzioni estreme come quella dell’eliminazioni fisica con metodi cruenti degli esemplari in sovrannumero.

Riteniamo altresì che sia necessario attivare una preliminare  gestione della fauna in maniera oculata nel medio e lungo periodo al fine di non arrivare a situazioni come quella prospettata dal Piano di contenimento della popolazione del daino all’interno del Parco di Porto Conte.

Italia Nostra ritiene che prima di dare attuazione al Piano, sia necessario approfondire tutte le possibili opzioni che possano evitare il ricorso a soluzioni cruente, che consentano di tenere in vita gli animali e di utilizzarli per popolare i numerosi habitat presenti in Sardegna idonei a questa specie. In Sardegna sono presenti numerosi habitat idonei in grado di ospitare decine di migliaia di daini. Si potrebbe partire da questa criticità per avviare un serio programma di ripopolamento del daino in tutte le foreste dell’isola.

La nostra Associazione si unisce alle numerose prese di posizione contro l’abbattimento dei daini di questi giorni e ritiene che debbano essere accolte con favore le altrettanto numerose proposte di ospitare i daini in sovrannumero di Alghero nei parchi e foreste della Sardegna. Citiamo la disponibilità del sindaco di Iglesias che mette a disposizione la foresta di Marganai e quella del presidente del consorzio di gestione del Parco naturale regionale di Monte Arci.

Italia Nostra Sardegna chiede, pertanto, all’assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente, l’immediata revoca degli abbattimenti dei daini nel parco di Porto Conte e la contestuale adozione di un piano alternativo coerente con la salvaguardia degli ecosistemi isolani e con una corretta gestione del patrimonio faunistico.

Graziano Bullegas

Presidente Regionale Italia Nostra

 

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Graziano Bullegas (Italia Nostra Sardegna) e Carmelo Spada (Wwf Sardegna) hanno preso posizione contro la realizzazione dell’impianto termodinamico solare di San Quirico a Oristano.

«Come abbiamo avuto modo di chiarire in questi anni, le nostre associazioni ritengono che l’impegno primario di tutti, in Sardegna, ma anche in Europa e nel mondo, debba essere concentrato sulla effettiva riduzione di tutte le emissioni nocive a livello globale – scrivono in una nota Graziano Bullegas e Carmelo Spada -. Con questo spirito abbiamo presentato osservazioni critiche al Piano Energetico e Ambientale Regionale Sardo (2015-2030) e su questi temi abbiamo basato la nostra politica ambientalista in Sardegna. Riteniamo quindi che il nostro sostegno debba rivolgersi ad una corretta politica incentivante delle energie rinnovabili (quella, per intenderci, che supporta la produzione diffusa e l’autoconsumo), mentre una forte e determinata azione di contrasto debba essere esercitata nei confronti della proliferazione di impianti industriali per la produzione di energia elettrica, che,oltre al rilevante impatto ambientale, determinano una indiscriminata distruzione di aree a vocazione agricola, conseguendo nello stesso tempo non significativi risultati in termini di riduzione di gas serra, inefficienze produttive e insostenibili costi economici e ambientali per le collettività a beneficio di interessi speculativi.»

«L’impianto di San Quirico, la cui VIA è stata recentemente approvata dalla Giunta regionale sarda in palese contrasto con le finalità espresse nel PEARS e con motivazioni contraddittorie rispetto a pronunciamenti per analoghi impianti – aggiungono Graziano Bullegas e Carmelo Spada -, appartiene a quest’ultima categoria per una serie di motivazioni:

• si tratta di un impianto industriale ubicato in aree agricole, oggetto di uno storico riordino fondiario da parte dell’ETFAS e ospitanti aziende modello e fattorie didattiche. L’ENEA, che ha dedicato studi alle Centrali termodinamiche proprio al tempo della Presidenza Rubbia, ha espressamente raccomandato nelle numerose pubblicazioni che per quanto concerne la loro ubicazione tali centrali dovessero mirare a “valorizzare terreni non altrimenti utilizzabili, come le aree desertiche, le aree industriali dismesse o le discariche esaurite” proprio a causa dei devastanti impatti ambientali indotti da tale tipologia di impianti. Per tali motivi le CSP in Spagna sono ubicate all’interno di vecchie cave dismesse o in zone improduttive, in California, Africa e Paesi Arabi sono collocate in pieno deserto. Non a caso il termodinamico solare è stato definito la “tecnologia del deserto”;

• il DPR 387/2003, spesso citato per giustificare l’ubicazione degli impianti FER nelle aree agricole, precisa che una tale opzione localizzativa “dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”. E’ del tutto evidente invece che questo impianto risulta del tutto incompatibile con le attività agricole e di allevamento, come peraltro confermato dallo stesso prof. Rubbia in un recente articolo su un quotidiano regionale;

• gli impianti CSP in quanto idroesigenti sono causa di un eccessivo consumo di risorse idriche, quindi il conseguente notevole prelievo delle acque dal sottosuolo determina impoverimento delle falde, prosciugamento dei pozzi circostanti e messa in crisi delle attività agricole e zootecniche esistenti nel territorio circostante;

• considerata l’assenza di boschi e foreste in prossimità dell’impianto, non risulta credibile l’opzione “km zero” per l’approvvigionamento della biomassa. E’dunque presumibile che essa dovrà essere importata con trasporti su gomma da distanze notevoli, come avviene in impianti simili ubicati in altre località europee, con l’ovvia conseguenza di annullare i vantaggi in termini di economia di CO2;

• la Sardegna esporta circa il 33 % dell’energia elettrica prodotta, la produzione derivata da FER incide per il 36% rispetto al consumo energetico elettrico totale. Risulta del tutto evidente che la scarsa produzione dalla Centrale della San Quirico Solare Power oltre a non avere peso per il conseguimento degli obiettivi imposti dal burden sharing perché già ampiamente soddisfatti, risulta irrilevante ai fini della riduzione di CO2 in Sardegna, mentre alto è il prezzo pagato in termini di non sostenibilità ambientale.»

«Sono questi solo alcuni dei motivi che ci portano a sostenere le giuste rivendicazioni della comunità che lotta per impedire la realizzazione dell’impianto a San Quirico e a contrastare l’ubicazione nelle aree agricole della Sardegna di questi impianti, peraltro privi di futuro, destinati ad una rapida obsolescenza tecnologica, con irrisolti problemi di smaltimento dei rottami e impossibilità di ripristino dei luoghi. Alla luce di tali considerazioni, appare del tutto incomprensibile la decisione della Giunta regionale di approvare l‘impianto in sede di VIA, una decisione in aperto contrasto con i contenuti generali e le finalità stesse del Piano Energetico e Ambientale Sardo – che prevede la realizzazione di impianti CSP di piccola taglia – approvato solo qualche mese fa dalla stessa Giunta regionale.

In conclusione, le associazioni ambientaliste Italia Nostra e Wwf della Sardegna ribadiscono con rinnovata convinzione tutte le argomentazioni poste a fondamento delle Osservazioni, redatte in opposizione alla realizzazione delle CSP proposte per il Medio Campidano, e che sono state condivise dalla stessa Regione in sede di VIA Statale e fatte proprie dal Governo Gentiloni. Quest’ultimo, con delibera del 22 dicembre 2017, ha ritenuto inammissibile la realizzazione dell’impianto di Gonnosfanadiga – concludono Graziano Bullegas e Carmelo Spada -, sulla base dell’incontestabile principio che “la centrale solare termodinamica produrrebbe un elevato impatto sull’assetto paesaggistico e sulle modalità di utilizzo, anche economiche, dell’area che sarebbe in contrasto con le norme previste dal codice dei beni culturali, con la pianificazione territoriale regionale e locale, oltre che con le finalità della Strategia nazionale della biodiversità e con le politiche agricole dell’unione Europea”.»