29 April, 2024
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I Rossomori chiedono un intervento urgente del presidente della Giunta “per il ripristino dei livelli di essenzialità delle centrali elettriche di Ottana, Sulcis e Porto Torres”, nonché una serie di azioni mirate alla salvaguardia dei livelli occupazionali: è questa, in sintesi, la richiesta avanzata in un’interrogazione indirizzata al presidente della Regione, Francesco Pigliaru, dai consiglieri del gruppo della maggioranza “Soberania e Indipentzia”, Emilio Usula e Paolo Zedda.

I due consiglieri regionali dei “Rossomori”, nel documento presentato oggi in Consiglio regionale, evidenziano come «l’inserimento delle centrali sarde nell’elenco dei cosiddetti impianti essenziali abbia a suo tempo contribuito alla sicurezza del sistema elettrico regionale ed ha consentito il mantenimento degli attuali livelli occupativi» permettendo, tra l’altro, al comparto produttivo sardo di poter disporre di siti di produzione elettrica nelle diverse aree industriali di riferimento.

Emilio Usula e Paolo Zedda denunciano che – con la delibera del 22 ottobre 2015 dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, che ha accolto le richieste avanzate in tal senso da Terna ed ha revocato la qualifica di “impianto essenziale” a “Ottana Energia spa”, “Enel Sulcis” e “Porto Torres” – si determina, invece, insieme con la chiusura delle centrali sarde e con il conseguente abbassamento dei livelli di sicurezza elettrica nell’isola, anche la dismissione produttiva nelle aree industriali, soprattutto in quella di Ottana, dove sarebbe vanificato il programma per il rilancio della filiera chimica del Pet, il tutto, concludono i due rappresentanti del centrosinistra in Regione, con gravi ripercussioni sul piano del lavoro e dello sviluppo in Sardegna.

Centrale Grazia Deledda Enel 83 copia

 

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Manifestazione pacifista 4

Quattro consiglieri regionali, Paolo Zedda, Emilio Usula, Luca Pizzuto ed Eugenio Lai, hanno presentato un’interpellanza sulla condotta della Questura nella manifestazione di protesta dei pacifisti contro le basi militari svoltasi nei pressi del poligono militare di Teulada martedì 3 novembre e sugli scontri avvenuti durante la manifestazione medesima.

I quattro consiglieri regionali chiedono di interpellare il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, per sapere:

  • se sia a conoscenza o meno dei “comprovati” motivi di sicurezza e di incolumità pubblica che hanno indotto la Questura di Cagliari ad una condotta apertamente ostile verso la manifestazione No Trident del 3/11/2015;
  • se sia a conoscenza o meno dei motivi che hanno portato all’inusitato dispiegamento di forze dell’ordine nella zona presso il suddetto poligono e i motivi che hanno portato allo scontro tra manifestanti e forze dell’ordine;
  • se intenda o meno promuovere in tutte le sedi competenti le opportune iniziative al fine di verificare la leggittimità dell’operato della Questura di Cagliari inerente la manifestazione contro le esercitazioni e le basi militari svoltasi a Teulada in data 3/11/2015;
  • quali azioni istituzionali intenda attivare la Giunta al fine di garantire ai cittadini sardi la libera espressione del dissenso in tema di servitù militari in condizioni di sicurezza e per ripristinare un adeguato clima al riguardo privo di tensioni.

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Palazzo del Consiglio regionale A

I consiglieri regionali di Sinistra Ecologia e Libertà, Luca Pizzuto, Daniele Cocco, Francesco Agus e Eugenio Lai, unitamente ai consiglieri regionali Emilio Usula, Paolo Zedda, Valter Piscedda, Annamaria Busia e Roberto Desini, hanno presentato nei giorni scorsi un’interrogazione e una mozione in Consiglio regionale per chiedere al presidente Pigliaru e alla Giunta un intervento presso il Governo nazionale e il ministero della Difesa in relazione alla fase operativa dell’operazione “Trident Juncture 2015” che prenderà il via domani 22 ottobre principalmente presso il poligono militare di Capo Teulada, la più massiccia esercitazione militare dopo la guerra fredda, che coinvolgerà 30 Paesi, 36.000 uomini, 60 tra navi e sottomarini e circa 140 aeromobili: una vera e propria guerra simulata che si svolgerà in terra, mare e cielo tra Italia, Spagna e Portogallo.

Stamane presso il Consiglio regionale si è tenuta la conferenza stampa per precisare i punti e le richieste al presidente Pigliaru e la sua Giunta: «Riteniamo che, benché si tratti di temi di carattere internazionale e in capo al ministero della Difesa, sia necessario ribadire che la Sardegna è una Regione di pace e che, pur dovendo contribuire alle direttive militari nazionali e internazionali, si debba tenere conto della volontà di tutti quei cittadini e associazioni sarde che non vogliono più essere soggetti passivi rispetto alle decisioni sull’uso del proprio territorio. Chiediamo che la Regione Sardegna, tramite atti e interlocuzioni formali, blocchi o attenui l’impatto di queste operazioni e richieda formalmente al Governo che tipo di implicazioni sociali, economiche e ambientali avrà la Trident Juncture sui territori interessati. Con questa mozione – dichiarano ancora i firmatari – vogliamo portare all’attenzione della Giunta e del Presidente anche l’annosa questione delle servitù militari e chiedere conto dell’attuazione dell’ordine del giorno n. 9 approvato dal Consiglio il 17 giugno 2014».

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I consiglieri dei Rossomori, Paolo Zedda e Emilio Usula, hanno illustrato questa mattina alla stampa la mozione n. 169 (sottoscritta anche da altri otto consiglieri della maggioranza) in materia di TTIP (Transatlantic Trade and Investiment Partnership), il trattato di libero scambio e sul commercio, in fase di negoziazione tra Stati Uniti e Unione Europea,  che dal 19 al 23 ottobre, vedrà a Miami lo svolgersi dell’undicesimo round di negoziati tra i rappresentanti del Vecchio Continente e degli Usa.

«Vogliamo che la Sardegna sia parte attiva di questi processi che rischiano di penalizzare l’Isola nei settori chiave dello sviluppo, ad incominciare da quello dell’agroalimentare,  e che minacciano la sicurezza ambientale e sanitaria della nostra comunità»,  hanno dichiarato Usula e Zedda che hanno ricordato come il tema sia particolarmente sentito in Europa («dove ormai da tempo si tengono imponenti manifestazioni di protesta come quella che ha portato in piazza circa 250mila persone a Berlino») ma che «è praticamente sconosciuto in Italia e in Sardegna».

Paolo Zedda ha quindi illustrato in sintesi gli obiettivi dichiarati del TTIP (aumentare gli scambi e gli investimenti con la creazione di un mercato transatlantico con la semplificazione e l’omogeneizzazione delle normative e l’abbattimento dei dazi doganali) ed ha però evidenziato i rischi cui andrebbe incontro la Sardegna e che riguardano principalmente la perdita di sovranità, anche alimentare, a favore delle multinazionali e le ripercussioni negative in termini di diritto alla salute e dei diritti dei lavoratori, nonché il pericolo di una progressiva riduzione degli standard di sicurezza alimentari fino alla «possibilità di una nuova ondata di privatizzazioni in settori chiave come quelli della Sanità e dell’Istruzione».

A questo proposito, il capogruppo di “Soberania e Indipendentzia”, Emilio Usula, ha puntato il dito contro il TISA (Trade in Services Agreement) il trattato che attiene la liberalizzazione dei servizi e che offre, in sostanza, «la possibilità di esportare i servizi sanitari e turistico-sanitari, trasformando così anche la salute dei cittadini in un grande mercato globale».

«Serve contrastare con forza le pratiche poco trasparenti e i contenuti fino ad ora emersi del TTIP e del TISA – hanno incalzato i due esponenti dei Rossomori – ed è per queste ragioni che  auspichiamo una mobilitazione del Consiglio regionale, di tutte le forze politiche e sociali con l’obiettivo di fermare un trattato che svantaggia i piccoli territori e le comunità e minaccia la democrazia insieme con la nostra identità di sardi.»

Alla conferenza stampa è intervenuto anche il consigliere del comune di Cagliari, Enrico Lobina, che ha ricordato l’approvazione nell’assemblea civica del capoluogo di una mozione dai contenuti simili a quelli indicati nel documento sottoscritto da Emilio Usula e Paolo Zedda.

Questi ultimi, congiuntamente ai consiglieri regionali del centrosinistra Augusto Cherchi e Piermario Manca (Sdl), Cesare Moriconi, Gianmario Tendas e Rossella Pinna (Pd), Francesco Agus (Sel) e Fabrizio Anedda (Misto) propongono che il Consiglio regionale impegni la Giunta guidata dal presidente Francesco Pigliaru a promuovere, ai sensi dell’articolo 52 dello Statuto sardo, ogni possibile intervento al fine di consentire alla Regione di rappresentare la propria posizione sul TTIP; a promuovere ogni azione possibile, a livello nazionale e comunitario, per scongiurare le conseguenze negative che deriverebbero ai cittadini, agli agricoltori e all’economia sarda, dalla sottoscrizione del TTIP da parte dell’Italia e a promuovere, infine, azioni di sensibilizzazione e informazione sul TTIP.

Palazzo del Consiglio regionale A

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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Il Consiglio  regionale oggi ha approvato un ordine del giorno unitario contro la chiusura della Prefettura di Oristano ed ha gettato le basi per un documento unitario anche per la situazione della Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con le mozione n.176 e 177 e interpellanza 95/A, tutte riguardanti la chiusura della Prefettura di Oristano. Il Presidente ha quindi dato la parola al consigliere del Pd Antonio Solinas, primo firmatario della mozione n.176 e dell’interpellanza 95/A.

Nel suo intervento, Antonio Solinas ha ricordato innanzitutto la sua interpellanza del dicembre scorso, immediatamente successiva al trasferimento del prefetto di Oristano, non nominato per un anno e mezzo mentre, «nel frattempo – ha aggiunto Solinas – il decreto del governo ha indicato Oristano fra le 23 Prefetture da sopprimere sul territorio nazionale, decreto che sta alla radice di una azione forte della Giunta, poi condivisa anche dalle opposizioni». Il tema di fondo, ha detto ancora il consigliere del Pd, «è quello della presenza dello Stato in Sardegna e non è un fatto localistico perché l’esperienza di questi anni alimenta le nostre preoccupazioni perché, in realtà, la razionalizzazione dei servizi pubblici ha coinvolto tutta la Sardegna e razionalizzazione ha significato spesso chiusura, dagli uffici della Banca d’Italia Bankitalia, alle caserme dei Carabinieri, dagli uffici postali ad altri presidi dello Stato». «Nell’Oristanese – ha affermato inoltre Solinas – tutto il territorio ha espresso una posizione molto ferma contro l’ulteriore ridimensionamento degli uffici statali in un contesto come quello della Sardegna mentre lo Stato mantiene le Prefetture in territori molto meno estesi e a piccola distanza dai capoluoghi; l’accorpamento con Nuoro è fatto sulla carta dove tutto è possibile però non si conosce la realtà, dato che Oristano dista da Nuoro 90 chilometri ed altri comuni fino a 140 chilometri, distanze enormi che significano costi e disagi per i cittadini». «Per questo – ha concluso – non chiediamo un ufficio distaccato ma il mantenimento della Prefettura, chiediamo che Giunta chieda a Renzi e ad Alfano di revocare il provvedimento ed aprire un negoziato di merito, a combattere una battaglia di civiltà che va fatta da tutto il Consiglio perché è una battaglia di tutta la Sardegna».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha ricordato che il 2 luglio del ’74 la Camera approvò l’istituzione della provincia di Oristano ed uno dei proponenti, l’on. Pietro Riccio, sostenne fra l’altro che l’accoglimento delle istanze della popolazione «dovevano rappresentare sono solo una tappa di un autentico sviluppo del territorio provinciale che merita l’amministrazione periferica dei suoi interessi». «Oggi nel 2015 – ha lamentato Cherchi – siamo tornati indietro, siamo all’ultima mannaia che cade su Oristano ma deve essere respinta da tutta la Sardegna perché delle due l’una: o le Prefetture si cancellano tutte e ragioniamo in modo differente o quella Prefettura non può essere chiusa perché svolge funzioni pubbliche fondamentali, dall’immigrazione alla protezione civile, dall’ordine pubblico alla sicurezza, per cui la preoccupazione è fortissima innanzitutto per l’immigrazione e non meno per la protezione civile e per essa parlano i fatti della settimana scorsa; sono funzioni non possono essere cancellate o decentrate e anche per questo l’accorpamento con Nuoro deve essere respinto e quanto all’ordine pubblico va sottolineato che nell’Oristanese c’è una struttura penitenziaria come Massama con una altissima presenza di boss della malavita organizzata, e non va tralasciata nemmeno la questione delle scorie nucleari con Oristano che potrebbe essere una delle destinazioni possibili». «Non basta dire – ha protestato il consigliere – che l’importante è il mantenimento dei servizi, devono essere gli stessi servizi senza se e senza ma e ciò vale per tutti gli uffici statali; si è commesso un errore firmare la delega al Governo Renzi e un parlamentare sardo non avrebbe dovuto votarla, resta il fatto che se cancelliamo Prefettura e Questura i servizi non potranno mai rimanere identici così come il personale». «Ora il Consiglio – ha concluso – deve mostrare il massimo dell’unità con l’obiettivo chiaro di dire no all’accorpamento della Prefettura di Oristano con quella di Nuoro, recuperando anche i ritardi della Giunta nei confronti del territorio, dall’aeroporto  a all’ospedale S. Maria Bambina, ora tutti siamo chiamati a cambiare passo».

Il consigliere Franco Sabatini (Pd) ha condiviso le argomentazioni del collega Cherchi, sottolineando che «in questione non c’è solo Oristano ma tutta la Sardegna, come dimostra la presenza dei sindaci a difesa delle aree marginali della Regione; l’arretramento dello Stato va fermato col messaggio che sottende, con cui cioè si invitano i cittadini a trasferirsi nelle grandi città dove ci sono salute servizi ed opportunità, andando in controtendenza rispetto alla proclamata attenzione verso le zone interne ed alle pari opportunità per tutti». «Lo stesso Governo – ha affermato poi Sabatini – parla di questione meridionale e sembra consapevole del fatto che se non si recupera in Mezzogiorno l’Italia non riparte ma ciò vale anche per la Sardegna ed i suoi territori ed questa è la questione vera, senza dimenticare che in Sardegna non è che sia mancato il tentativo di decentrare i servizi; anzi si voleva trasferire, ad esempio, la formazione professionale ma non si è riusciti a farlo e in fondo anche le quattro province regionali erano il tentativo di decentrare la presenza pubblica verso le aree marginali». «Cosa ci fanno – si è chiesto Sabatini – l’Ente foreste, il Corpo forestale e la Protezione civile a Cagliari; la verità è che c’è una resistenza fortissima, che ho denunciato già dal dibattito sul programma della Giunta Pigliaru, portata avanti da poteri politici, burocratici ed economici; il Consiglio deve dare una risposta forte e sostenere l’impegno straordinario della Giunta nei confronti del Governo centrale».

Il consigliere Gianni Tatti (Aps) ha detto in apertura che «il provvedimento del Governo ha una portata devastante e forse non c’è più tempo per tornare indietro, ma ci sono responsabilità politiche a monte e comportamenti che hanno favorito certe decisioni». «Quella della Prefettura di Oristano, ha continuato, «è una struttura di eccellenza che va mantenuta come baluardo di legalità che svolge un ruolo essenziale per la comunità e per le amministrazioni locali del territorio, dalla sicurezza al raffreddamento dei conflitti sociali; sono dati che non possono essere disconosciuti e dimostrano che la Prefettura di Oristano deve continuare ad esistere, soprattutto nel momento di grande difficoltà che la Sardegna attraversa, un momento  che rende la decisione del Governo ancora più sbagliata e intempestiva, contro gli interessi dei lavoratori e dei cittadini». «Non si capisce che senso abbia – ha concluso – la strategia nazionale per le zone interne condivisa dalla Giunta se poi concretamente si traduce in decisioni come questa».

Il consigliere Roberto Deriu (Pd) ha messo l’accento sul fatto che sull’argomento in discussione «ci sono valutazioni comuni e lo dico da consigliere eletto da Nuoro; qui nessuno guadagna ma tutti perdono e soprattutto perde la Sardegna che ha un grande territorio». Lo stesso governo Monti, ha ricordato, «sosteneva che la province sarde dovevano essere 9 o 5 ed anche in un’ottica di razionalizzazione questo dato emerge nella sua oggettività perché la nostra Regione resta dunque un territorio da presidiare». «Ecco perché non possiamo accettare – ha dichiarato Deriu – la diminuzione della presenza dello Stato, in un momento in cui della Sardegna si parla di meno e non si percepisce la specialità secondo una certa tesi che spesso si accetta anche in Sardegna per una sorta di complesso di inferiorità; dobbiamo invece difendere la nostra autonomia e in questo contesto lo Stato deve fare la sua parte, anche perché la storia non si cancella, Arborea è stata in epoca storica uno Stato sovrano che ha dato molto al diritto europeo, mentre l’Oristano di oggi simboleggia il degrado di una cultura amministrativa e giuridica cui ci si deve opporre, per questo il presidente della Regione deve essere fortissimo nei confronto del Governo dicendo tutta la verità».

Il consigliere Marco Tedde (FI) ha riaffermato che il problema contingente è rappresentato dalla soppressione della prefettura di Oristano ma che il vero tema è però “la desertificazione istituzionale della Sardegna”. «Siamo la vera e unica isola isolata – ha dichiarato il consigliere della minoranza – e viviamo un momento e una situazione terribile per quanto attiene i trasporti mentre lo Stato arretra con la cancellazione di motorizzazione, camere di commercio, prefetture etc.».

Tedde ha criticato inoltre i rappresentanti in Parlamento del territorio di Oristano che «hanno votato la delega al Governo per sopprimere le prefetture». L’esponente di Forza Italia ha parlato di un “atteggiamento remissivo nei confronti di Renzi” da parte dei parlamentari del territorio e della Regione. A giudizio di Tedde, i servizi ai cittadini garantiti dagli uffici della prefettura di Oristano non potranno essere conservati ed ha sottolineato le caratteristica peculiari della Sardegna ad incominciare dal basso indice di densità demografica a fronte di un territorio assai vasto.

«Lo Stato – ha insistito il consigliere di Fi – lo vediamo da lontano mentre come sardi ci paghiamo la Sanità e la Continuità territoriale ed è anche per questa ragione affermo che Oristano non può tollerare cancellazione di ulteriori servizi essenziali e vedere a rischio la sicurezza». Tedde ha concluso con l’auspicio di una forte presa di posizione unitaria del Consiglio regionale per contrastare l’avanzata di un “impoverimento istituzionale che non riguarda solo Oristano ma l’intera comunità sarda».

Il consigliere Gianmario Tendas (Pd), ha ringraziato in apertura del suo intervento il presidente del Consiglio e la conferenza capigruppo per la tempestività con la quale è stato portato all’attenzione dell’Aula il tema della soppressione della prefettura di Oristano. Il consigliere della maggioranza ha sottolineato come la “vertenza” sia particolarmente  avvertita nel territorio dell’oristanese che unitariamente e con forza “esprime forte contrarietà per l’arretramento dello Stato nel territorio”. Tendas ha ricordato quindi i tagli programmati con la spending review ed ha affermato che tra i criteri utilizzati per individuare le prefetture da sopprimere deve essere tenuta in considerazione anche l’estensione territoriale dell’oristanese. «Un conto – ha dichiarato Tendas – è accorpare la prefettura di Chieti con Pescara che dista 20 chilometri, così come Prato da Pistoia, ma Oristano dista da Nuoro oltre novanta chilometri ed è carente la viabilità e il servizio offerto dal trasporto pubblico è disastroso». Tendas ha quindi auspicato “l’apertura di un tavolo per scongiurare la soppressione della prefettura di Oristano”.

Il consigliere, Augusto Cherchi (Sovranità, democrazia e lavoro) ha affermato che è in corso ormai da tempo, un piano di dimagrimento della pubblica amministrazione, da parte dello Stato italiano ed ha citato, a titolo d’esempio, la cancellazione delle province. «Un intento nobile quello della razionalizzazione dei costi – ha detto il consigliere di maggioranza – ma che si sta traducendo in un nuovo tentativo accentratore da parte dello Stato, come dimostra l’intervento inopportuno fatto con la soppressione della prefettura di Oristano». Cherchi ha quindi ribadito la distanza tra Oristano e Nuoro per evidenziare il livello dei disagi cui andranno incontro i cittadini e i lavoratori ed ha insistito: «Se si vuole abolire la prefettura, allora si aboliscano tutte». Augusto Cherchi ha quindi citato il modello della regione Valle d’Aosta («non ha né prefetture e né province») ed ha auspicato «un ridisegno di funzioni e servizi per governare da noi il nostro territorio come dobbiamo fare su trasporti, sanità e scuola e riscossione tributi».

Il consigliere, Gianni Lampis (Misto-Fd’I) ha espresso solidarietà ai sindaci del’oristanese perché – così ha detto – vedranno i loro uffici pieni di cittadini che lamentano ulteriori disagi e nuove penalizzazioni. «E’ facile – ha aggiunto – abolire la prefettura di Monza ma in Sardegna il ragionamento che vale in Lombardia non si può fare per via dei trasporti e della viabilità». Il consigliere della minoranza ha quindi citato il caso di San Nicolò d’Arcidano: un cittadino che vi risiede per arrivare a Nuoro con i mezzi pubblici dovrebbe partire il giorno precedente». Lampis ha definito i cittadini e i lavoratori della prefettura “vittime di tagli fatti senza raziocinio”. L’esponente di Fratelli d’Italia ha inoltre sottolineato le difficoltà del Medio Campidano: «E’ una sorta di terra di mezzo che vede aumentare i reati e la fuga dello Stato allarga i confini della terra di mezzo aggregando oggi Oristano».

«Non è questo il futuro che vogliamo per la Sardegna – ha concluso Lampis – e oggi dobbiamo dare prova di unità per difendere la prefettura perché presidio dello Stato nell’Isola».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az), ha ricordato la storica contrarietà dei sardisti alla presenza delle prefetture nell’Isola ed ha precisato: «Non siamo per la desertificazione della presenza pubblica nell’Isola ma vogliamo essere noi lo Stato in Sardegna». «C’è un rigurgito centralista che taglia le periferie e porta verso Roma servizi e funzioni», ha proseguito il consigliere della minoranza, «ed è questa una precisa idea di paese che questo governo sta portando avanti». Christian Solinas ha quindi invitato la Regione a “dare il buon esempio” per non allontanare i servizi dai cittadini e censurando i tagli dello Stato. Il rappresentante del Psd’Az ha sottolineato l’esigenza di una rivisitazione della Regione («perché non portare gli enti agricoli a Oristano?») e dimostrare che «quest’Aula davanti allo Stato ha un’idea di presenza delle istituzioni e dei servizi che non penalizza e marginalizza nessuno».

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni ha rivolto apprezzamento per gli interventi dei consiglieri delle altre province, diverse da quelle di Oristano, «perché dimostrano di aver colto il senso “vero” della discussione». Il consigliere della minoranza ha quindi domandato “Qual è la logica che ha spinto lo Stato a sopprimere la prefettura di Oristano?”. Dedoni ha ricordato quindi l’esigenza di garantire i servizi ai cittadini  e le necessarie tutele per i lavoratori della prefettura. Il consigliere dei Riformatori ha insistito sulle difficoltà nei collegamenti e sulla distanza che corre tra Oristano e Nuoro: «L’Italia non è il Lombardo-Veneto e non può essere quella la misura con cui si decidono i taglia in Sardegna».  Dedoni ha concluso con una critica: «I rappresentanti del popolo sardo non sono stati all’altezza per reggere un confronto alto e aspro con il governo e rivendicare tutto ciò che il governo toglie alla Sardegna, ad incominciare dai presidi di cultura e civiltà».  

Ha quindi preso la parola il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, che ha ricordato la visita del ministro dell’Interno Alfano in Sardegna in occasione della mobilitazione contro gli attentati agli amministratori locali. «Alfano, allora, prese l’impegno di un rafforzamento dei presidi dello Stato nell’Isola – ha detto Cocco – il risultato è stato la chiusura di caserme, la scomparsa della scuola di polizia di Foresta Burgos, la soppressione di alcune Camere di Commercio e uffici postali. Ancora una volta le zone interne vengono penalizzate. In nome della spending review si fanno tagli lineari. Questo Governo non è padre né patrigno ma solo carnefice».

Cocco si è detto molto pessimista sulla possibilità di ottenere qualcosa da Roma. «Noi 60 consiglieri abbiamo il dovere di riaffermare i valori dell’autonomia e della specificità sarda. I sindaci non se ne fanno niente della nostra solidarietà. Servono atti che si traducono in fatti concreti».

Dello stesso tenore l’intervento del capogruppo del Psd’Az Angelo Carta, secondo il quale “lo Stato farà quello che ha deciso di fare disconoscendo i diritti dei sardi”.

Carta ha ricordato le visite in Sardegna dei ministri dell’Interno Maroni e Alfano e il mancato rispetto degli impegni assunti: «E’ il segno che la politica sarda ha fallito – ha affermato Carta – ciò che farà oggi il Consiglio non porterà a nessun risultato. Dobbiamo rivendicare responsabilità per noi stessi occupando gli spazi vuoti». Il capogruppo sardista ha invocato un processo di decentramento della Regione: «Alla chiusura della Prefettura di Oristano la Regione risponda spostando l’assessorato dell’agricoltura in quella provincia o l’assessorato dell’Ambente a Nuoro. Il Cagliari-centrismo spinto toglie velleità alle zone interne. Lo Stato abbandona le aree marginali, la Regione vada ad occuparle».

Carta, infine, ha sottolineato la necessità di portare avanti una trattativa complessiva con lo Stato e non più su singoli argomenti. «Occorre definire un rapporto diverso con lo Stato – ha concluso l’esponente dei Quattro Mori – apriamo una battaglia per ottenere maggiori spazi e responsabilità».

Gianluigi Rubiu, capogruppo di Aps, ha annunciato l’uscita del suo gruppo dal partito nazionale “Area Popolare Sarda”: «Vogliamo dare un segnale forte – ha detto Rubiu – Alfano ha tradito la Sardegna e noi non vogliamo fare più parte del suo partito. Da domani verrà ricostituito il gruppo “UDC Sardegna”, forza autonoma dai partiti romani. Non possiamo essere succubi di nessuno. L’abbandono di Aps è un segno di protesta verso il ministro che non ha mantenuto le promesse. Il partito non ci rappresenta più. Invito ai colleghi di maggioranza e opposizione a fare lo stesso con i loro partiti di riferimento».

Rubiu ha poi contestato la decisione di tagliare la prefettura di Oristano: «E’ il segnale della decadenza economica e sociale di un intero territorio. Occorre salvaguardare la storia. La Regione utilizzi tutto il suo peso politico per scongiurare la chiusura».

Il capogruppo del PD Pietro Cocco (Pd) ha convenuto sulla necessita di maggiore prudenza nel processo riformatore avviato dal Governo. «Si tratta di riforme necessarie – ha detto Cocco – ma quando si interviene in aree che soffrono lo spopolamento e si chiudono i servizi le battaglie vanno fatte».

Il capogruppo del Pd ha poi ricordato gli sforzi fatti dalla Regione per mandare avanti la riforma degli Enti locali: «Una riforma – ha sottolineato – che dovrà prevedere la città metropolitana di Cagliari ma allo stesso tempo dovrà tutelare le zone marginali.

Le prefetture sono presidi che devono essere mantenuti. Quella di Oristano è storica, non può essere messa nello stesso calderone delle altre province. Significherebbe dire che in un territorio lo Stato sta smantellando. Per questa ragione abbiamo presentato la mozione che spero si traduca in un ordine del giorno unitario».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha esordito citando la vertenza Saremar «L’accoglienza riservata all’assessore ai trasporti Massimo Deiana a Carloforte è un fatto emblematico che dimostra come reagisce la gente quando non si sente tutelata – ha detto l’esponente azzurro – che credibilità abbiamo nel confronto con lo Stato quando non siamo capaci di tutelare al nostro interno gli interessi dei sardi? La pongo come riflessione, non per farne motivo di polemica, ma per evidenziare quel silenzio assordante che caratterizza l’azione della Giunta rispetto all’arbitrio del Governo nazionale che fa tutto ciò che vuole».

Pittalis ha poi ricordato la chiusura di importanti presidi istituzionali, il rischio della realizzazione del deposito delle scorie radioattive in Sardegna, il pericolo che si consumino ulteriori pasticci sulla scuola. «Una situazione che dà l’idea di uno Stato lontano dagli interessi della Sardegna. Questo Governo ha un’idea egoista, centralista che è tarda a morire. Doveva rappresentare la modernizzazione ma usa invece solo la scure».

Secondo Pittalis, il Consiglio deve fare sentire la sua voce e dare un mandato forte alla Giunta. Il capogruppo di Forza Italia, dopo aver auspicato un ordine del giorno unitario contro la chiusura della prefettura di Oristano, ha infine criticato l’atteggiamento di alcuni parlamentari sardi «che in Sardegna dicono una cosa e a Roma si comportano diversamente. Se non si è d’accordo – ha concluso Pittalis – si deve avere il coraggio di dire no. Non basta qualche incontro estemporaneo».

A nome della Giunta, il presidente Pigliaru ha detto in apertura, polemizzando con il capogruppo di Forza Italia Pittalis, che «il riferimento alla vicenda della Saremar è del tutto gratuito e bisogna essere sereni e leali». Sul piano politico, il presi9dente ha affermato che l’Esecutivo è impegnato «in un dialogo costante col Governo e guardamo con fiducia alla possibilità di avere risultati e risposte su alcuni nodi centrali del più ampio problema dell’insularità: istruzione, infrastrutture, viabilità, mobilità interna ed esterna, energia; siamo certi di essere ascoltati e confidiamo che il Governo saprà cogliere l’occasione storica di cambiare la condizione della Sardegna».

Ho sostenuto in molte occasioni, ha ricordato Pigliaru, che «senza il Mezzogiorno l’Italia non riparte e non esce dalla grave situazione di squilibrio con la parte più ricca del Paese come è riuscita a fare la Germania includendo il suo territorio ad est, ed ho anche contribuito al dibattito, all’interno ed all’esterno del partito per cui voto, sul come arrivare a questa inversione di tendenza». Istruzione, legalità e infrastrutture, ha proseguito, «sono fondamentali per generare attività economiche ed investimenti, ma fondamentali anche per convincere le popolazione che il clima è cambiato, che le Istituzioni difendono i cittadini per bene e che i cittadini possono tornare a fidarsi delle Istituzioni; senza questo non c’è crescita non c’è speranza per il Mezzogiorno». Così come, ha concluso il presidente, «in Italia (e parlo al Governo nazionale) non si può usare nessuno schema lineare ed intervenire sul sistema usando gli stessi parametri in Emilia e in Calabria, allo stesso modo sarebbe un errore grave ridurre i presidi di legalità nella nostra Regione».

Successivamente il Consiglio è passato alla fase delle dichiarazioni di voto « per impedire la chiusura della Prefettura di Oristano» e l’attivazione «di un tavolo di confronto con il Governo al fine di ridiscutere l’assetto organizzativo dell’amministrazione periferica pubblica, mantenendo e potenziando il miglioramento dei servizi ai cittadini, tenuto conto delle condizioni d’insularità della Regione».

Il consigliere Mario Floris (Misto), ha annunciato il suo voto a favore precisando però che «queste cose non servono a nulla, serve piuttosto una grande vertenza fra Regione e Stato, applicando lo Statuto che prevede presenza del Presidente della Regione in Consiglio dei Ministri ogni qualvolta sia in discussione un tema che riguarda la Sardegna». La realtà, ha proseguito Floris, è che «abbiamo svenduto per quattro lire continuità territoriale, trasporto pubblico locale e sanità, mentre della copertura di queste risorse deve farsi carico lo Stato che poi deve sostenerci in Europa; non turberò il clima unitario del Consiglio ma va ricordato che con gli ordini del giorno non abbiamo prodotto niente».

Il consigliere Pierfranco Zanchetta (Cps) ha voluto affermare in primo luogo di non aver mai sentito la mancanza delle Prefetture «ma sindaci hanno ragione nel chiedere il mantenimento della presenza delle Istituzioni sul territorio, anche se in realtà chi garantisce la presenza dello Stato è la Regione autonoma; se dimentichiamo questo concetto stiamo dimenticando il nostro ruolo e perfino la nostra Costituzione». Zanchetta ha comunque annunciato il voto favorevole del suo gruppo, lamentato però che nessuno abbia parlato della Sardegna dopo il referendum della Catalogna: «è sbagliato perché qui si sta riaprendo una stagione di un autonomismo vero che sa farsi valere garantendo in primis i cittadini».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco si è espresso in modo critico sugli interventi di alcuni colleghi «distanti dall’oggetto dell’ordine del giorno come Pittalis e Floris, che hanno dimenticato come sulla continuità si stia cercando di superare difficoltà ereditate». Soru non ha svenduto nulla, ha risposto ancora Cocco, «ma ha ottenuto 1600 milioni di euro per la Sardegna, mentre Floris non ha mai fatto vertenze con lo Stato e nemmeno Pittalis è intervenuto su problemi concreti della nostra Isola». La situazione complicata, ha concluso, «ma è opportuno che ognuno operi nel suo ambito con senso di responsabilità senza strumentalizzare un problema serio come quello della Prefettura di Oristano».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha affermato che voterà SI all’ordine del giorno con grandissima convinzione «nonostante il capogruppo Cocco abbia in effetti depotenziato l’intervento del presidente Pigliaru; l’obiettivo comune è quello dell’unità del Consiglio, ci interessa che il Presidente difenda la Sardegna con il massimo della forza e della convinzione senza casacche politiche, e senza rivolgersi continuamente al passato, forse altre battaglie le abbiamo perdute perché non eravamo uniti».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha preannunciato il voto favorevole sull’ordine del giorno «di cui però è difficile prevedere la concretezza, nonostante il mandato al Presidente per far valere tutta la forza della Regione». Ho apprezzato il riferimento del presidente al per Mezzogiorno e la sua opposizione alla logica dei tagli lineari: «su questo la sosterremo liberandoci dalle appartenenze politiche». Al capogruppo del Pd Pietro Cocco, Pittalis ha però ricordato «i 29 ricorsi alla Corte costituzionale, strumenti della democrazia che voi avete ritirato; avevamo ed abbiamo idee diverse e su questo il confronto resta aperto».

Il capogruppo di Sel Daniele Cocco si è rammaricato del fatto che il Consiglio abbia perso una occasione per mostrarsi unito; «siamo preoccupati per l’arretramento dello Stato, è la stessa preoccupazione della Giunta, cosa che non avevo visto nella legislatura precedente».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az) ha dichiarato che il suo gruppo non romperà l’unità del Consiglio ma ha precisato che «è necessario riaprire una vertenza con lo Stato chiedendo una delega piena per la Regione, non ho sentito dal presidente una posizione specifica sul punto specifico della Prefettura di Oristano». Quanto alla continuità territoriale, ha concluso, «ricordo che primi biglietti dei sardi sono stati emessi con Giunta Floris, esprimo solidarietà all’assessore Deiana ma senza dimenticare che la privatizzazione era un obbligo di legge e non la causa della crisi della compagnia».

Il presidente Francesco Pigliaru ha poi preso nuovamente la parole per un chiarimento sulle sue precedenti dichiarazioni. Ribadisco, ha detto, «che istruzione, legalità, infrastrutture sono il cardine della nostra azione di governo: ho detto NO ai tagli lineari in una Italia che lineare non è perché il Mezzogiorno ed anche Sardegna sono parti di un Paese che ha bisogno di fiducia e fiducia vuol dire nessun passo indietro sulla legalità; Oristano è parte di questo ragionamento».

Il consigliere Paolo Truzzu (Fdi) ha affermato che voterà a favore in modo convinto «ma con qualche dubbio dopo intervento del Presidente che forse non coglie il nocciolo della questione perchè Oristano è il simbolo dell’arretramento dello Stato dalla Sardegna, il rapporto con lo Stato va ricostruito e ripensato ed allora bisogna cercare di aver un rapporto diverso». Su istruzione, infrastrutture e legalità siamo d’accordo, ha osservato Truzzu, «però è sbagliato continuare sulla logica della leale collaborazione che finora non ha prodotto nulla; per leale collaborazione bisogna essere in due, mentre la Sardegna mette soldi propri per le infrastrutture cui invece deve pensare lo Stato».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha annunciato voto favorevole convinto, sottolineando tuttavia che «non siamo uniti, siamo un’unica cosa, concentrati su un obiettivo comune, un clima interrotto da un intervento stizzito che rischia di compromettere tutto; speriamo che non accada perchè non si può scherzare col fuoco». L’unità va ricercata, secondo Tedde, «ma anche difesa e tutelata; ricordiamo che il campanello d’allarme è suonato a dicembre e non è stato ascoltato da chi doveva farlo, la leale collaborazione non può essere a senso unico e non c’è da parte del governo Renzi e dello Stato come dimostrano molte vicende, dalle trivelle alla buona scuola».

Il consigliere Augusto Cherchi (Sdl) si è detto a favore «purchè l’unità non sia solo di facciata per tutelare servizi essenziali per la comunità».

Il consigliere Gianni Tatti (Aps), anch’egli a favore, ha ringraziato il suo gruppo «per il segnale forte inviato al Ministro dell’Interno di rompere con il partito».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha ricordato che «Pigliaru ha in mano uno strumento, è stata approvata recentemente dalla Camera una mozione sulla vertenza Sardegna dove c’è anche la Prefettura di Oristano; il Governo centrale dunque deve essere richiamato a comportamenti coerenti, senza dimenticare che ad Oristano e a Nuoro chiuderanno le Camere di commercio ed altri presidi dello Stato, facendo emergere la mancanza di un corrispettivo in termini di servizi ed è su questo che bisogna puntare».

Il consigliere Alessandro Collu (Soberania-Indipendentzia) ha parlato di un voto favorevole «che segna un cambio di mentalità rispetto al passato; ben venga, anche se nel 2012, quando si chiusero molti tribunali (e non si tratta di un servizio privo di incidenza) non si mosse niente».

Il consigliere Antonio Solinas (Pd), a favore, ha ringraziato tutto il Consiglio perché «si è riusciti ad andare al di là del proprio territorio, fatto senza precedenti anche se con fatica; bene Pigliaru che ha evitato il ricorso alla polemica politica, la posizione della Giunta è chiara e non si possono mischiare temi diversi tornando ad un passato in cui molti hanno peraltro scheletri nell’armadio». La cosa essenziale, ha concluso, «è che il presidente abbia un mandato forte per rappresentare tutta la Sardegna».

Il consigliere Paolo Zedda (Rossomori) voterà a favore ma senza entusiasmo «perché riteniamo che le Prefetture siano importanti solo come servizi per il cittadino ma le carenze dello Stato sono enormi e non possono essere dimenticate; noi preferiamo che la Sardegna segua il modello della Val d’Aosta e del Trentino Alto Adige».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente Ganau ha messo in votazione l’ordine del giorno che il Consiglio ha approvato all’unanimità, con 53 voti.

Il presidente del Consiglio ha quindi comunicato l’inversione nell’ordine del giorno dei lavori dell’Aula ed ha annunciato la discussione della mozione e delle interpellanze (n.112, 125 e 126) inerenti le problematiche e la gestione della fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe.

Il primo firmatario della mozione n. 107, il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde, ha ricordato sinteticamente le caratteristiche della struttura socio sanitaria di Ploaghe che offre servizi di sostegno alla persona e conta 165 dipendenti. Il consigliere della minoranza ha evidenziato che la fondazione è in regime commissariale dal 2007 e che nell’arco di otto anni si sono succeduti cinque commissari che avrebbero dovuto risanare l’azienda e ridurre l’indebitamento. Tedde ha quindi ricordato lo stanziamento della Regione del 2012, pari a 25 milioni di euro, con lo scopo di  ripianare debiti e risanare la gestione. «E’ ora indispensabile – ha proseguito Marco Tedde – trasformare la fondazione in “Azienda per servizi alla persona” tenendo conto del debole equilibrio finanziario, del costo del personale (incide per l’80% sui costi complessivi) e della necessità di incrementare la produzione dei servizi e dunque i ricavi».

Tedde ha poi spiegato che le perdite, quantificate in circa centomila euro\mese, derivano anche dal ridotto utilizzo dei posti letto e dalla mancata introduzione di nuovi servizi. L’esponete di Fi ha quindi auspicato la riorganizzazione della Fondazione ed ha affermato che servirebbe renderla “il primo fornitore delle Asl sarde”. Il consigliere del centrodestra non ha quindi nascosto la preoccupazione per l’incremento del debito ed ha paventato un possibile rischio di insolvenza. «Chiediamo l’impegno della giunta per chiudere la lunga riflessione sul futuro della fondazione», ha spiegato Tedde, «e ci auguriamo che si decida in tempi rapidi quale debba essere il futuro per la struttura di Ploaghe e i suoi lavoratori».

Il consigliere, Gaetano Ledda  (Misto – la Base), presentatore dell’interpellanza n. 125 ha rivolto un saluto alla delegazione dei lavoratori della fondazione presenti nelle tribune riservate al pubblico ed ha sommariamente esposto i contenuti del documento a suo tempo presentato dal gruppo “Sardegna Vera”. L’esponente della maggioranza ha ricordato il dettato della legge 23 del 2015 per quanto attiene la trasformazione della fondazione in azienda per i servizi alla persona ed il vincolo del pareggio di bilancio. Ledda ha concluso con l’auspicio di una rapida soluzione del problema ed ha invitato la commissione Sanità a prendere in esame il progetto che era stato predisposto dall’ex commissario Foddai.

Il consigliere Roberto Desini (Sovranità, democrazia e lavoro) presentatore dell’interpellanza n. 126, datata luglio 2014, ha evidenziato in apertura del suo intervento il lungo periodo di commissariamento della fondazione di Ploaghe. «Se c’è il commissario dal 2007 – ha affermato Desini – è evidente la situazione di precarietà che caratterizza la gestione e soprattutto il rapporto con i lavoratori». L’esponete della maggioranza ha quindi affermato che un tempo così lungo di commissariamento «fa comodo solo alla politica, a tutta la politica». «Pretendiamo chiarezza e correttezza – ha proseguito il capogruppo di Sdl – perché con la precarietà si tengono al guinzaglio le persone e non possiamo più accettare una situazione incerta e poco chiara che continua a produrre debiti».

La consigliere del Pd, Rossella Pinna, ha ricordato la vicenda che nella scorsa legislatura ha portato alla cessazione dei servizi della “fondazione Guspini per la vita” («un centro di riabilitazione che dava risposte dare risposte ai cittadini sardi che cercavano cure e speranza al di fuori della Sardegna»). «Nel 2012 – ha affermato l’esponente della maggioranza – ero tra il pubblico quando in finanziaria il centrodestra propose il salvataggio della fondazione di Ploaghe e stanziò 25 milioni di euro». Rossella Pinna ha definito la decisione assunta allora “irresponsabile” perché – a suo giudizio – “non si potevano mettere risorse pubbliche in un pozzo senza fondo”.  La consigliere del Pd, pur riconoscendo la necessità di tutelare i posti di lavoro della fondazione di Ploaghe,  ha sottolineato i ritardi accumulati nella precedente legislatura per un’efficace azione di ristrutturazione della struttura e della gestione. Rossella Pinna ha quindi proposto la commissione Sanità come sede idonea per compiere le opportune valutazioni sul caso.

Il vice presidente del Consiglio, Antonello Peru (Fi), ha evidenziato la drammatica situazione in cui versa la fondazione d ha posto l’accento sul mancato pagamento delle ultime quattro mensilità ai 160 lavoratori. «Serve una soluzione chiara e coraggiosa – ha dichiarato l’esponente della minoranza – e la fondazione può crescere e svilupparsi se si superano i problemi logistico strutturali, lo scarso utilizzo di posti letto e si garantisce maggiore autonomia alla struttura di Ploaghe».

Peru ha ricordato il favore che assessore, amministrazione comunale e sindacati hanno mostrato per la trasformazione della fondazione in “Asp” ed ha sottolineato che tale ipotesi non può concretizzarsi in un semplice cambio della ragione sociale ma deve tradursi in una profonda riorganizzazione che abbia al centro l’incremento della produzione dei servizi.

A giudizio di Antonello Peru la trasformazione in “Asp” è un obiettivo di difficile realizzazione e richiederebbe l’impiego di ulteriori risorse quantificabili in circa 10 milioni di euro. «E’ difficile ad esempio – ha insistito il consigliere di Fi – garantire  le commesse di tutte le Asl, i finanziamenti diretti della regione in luogo delle fatture ed un pareggio di bilancio a 14 milioni di euro».

Peru ha quindi concluso con l’invito all’assessore a rendere i noti i percorsi amministrativi e politici posti in essere per dare un futuro alla struttura di Ploaghe.

Il consigliere del Pd, Gianni Ruggeri si è detto “spaventato” dalla situazione creatasi alla fondazione San Giovanni Battista e l’ha definita “paradigmatica” «per come si muovono le questioni intono alla sanità in Sardegna». «Si produce la spesa – ha spiegato il consigliere della maggioranza – si genera un servizio senza attenzione tra costi e ricavi e poi si propone alla mano pubblica il compito di riparare le storture insite nel meccanismo di produzione del servizio».

«Parliamo di cifre pazzesche – ha incalzato l’ex sindaco di Quartu – parliamo di 25 milioni buttati in un pozzo senza fondo e se ne ipotizzano altri 7 o 8 milioni per far quadrare i conti». Ruggeri ha proposto la discussione dell’annoso tema in commissione Sanità ed ha così concluso: «Serve mettere la parola fine ai carrozzoni».

E’ quindi intervenuto il consigliere di Area Popolare Sarda, Giorgio Oppi, che ha fornito alcuni dati sulla struttura sanitaria di Ploaghe. «Il personale incide per il 90% sui costi di gestione della SGB – ha detto Oppi – i posti letto coperti sono il 70% di quelli disponibili, il fatto che gli altri non vengano occupati spiega il deficit».

Il consigliere di minoranza ha poi ricordato i ritardi nel pagamento delle prestazioni da parte della Asl e le voci principali che incidono sul debito della Fondazione San Giovanni Battista: le sanzioni amministrative, gli interessi da pagare all’INPS e un  mutuo contratto 20 anni fa.

Oppi ha poi ricordato che la struttura non è a norma e per questo non si sono potuti portare a termine alcune interventi. L’ex assessore alla Sanità ha poi invitato ad evitare scambi di accuse e a pensare a una soluzione per i lavoratori.

Secondo Salvatore Demontis (Pd), la strada da seguire è quella indicata dall’assessore:  la trasformazione da Ipab ( Istituti pubblico di assistenza e beneficenza)   in Asp (Azienda di servizi alla persona). «C’è da chiedersi perché non si è riusciti a farlo fino ad ora pur avendo stanziato 25 milioni di euro – ha sottolineato Demontis – è un problema di governance, è evidente che tutti i commissari hanno fallito l’obiettivo».  Demontis ha infine difeso l’operato dell’assessore Arru e indicato la strada per il futuro: «Prima di pensare a nuovi servizi, l’azienda va risanata».

Anche Luigi Lotto (Pd) ha auspicato una soluzione definitiva: «E’ impensabile chiamare il Consiglio a ripianare i buchi a distanza di 5-6 anni – ha detto Lotto – il problema va risolto guardando all’interesse dei lavoratori ma cercando di individuare un percorso che dia alla struttura una prospettiva futura».

Lotto ha poi invitato l’assessore Arru ad andare avanti nella strada individuata che prevede il ricorso a risorse nazionali per il rilancio della SGB.

Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda) ha concordato sul fatto che vadano prioritariamente difesi i diritti dei lavoratori ma ha anche espresso qualche perplessità sulla situazione della struttura sanitaria del Nord Sardegna: «Ho l’impressione che si parli di un contenitore vuoto che non crea utili e non dà servizi ai cittadini».

Attilio Dedoni (Riformatori) ha sottolineato la necessità di avere a disposizione i bilanci degli ultimi anni per capire come sono stati utilizzati i soldi: «Si tratta di trovare soluzioni adeguate per tranquillizzare i lavoratori e fare in modo che le istituzioni regionali siano maggiormente coinvolte. In passato il Santa Maria Bambina di Oristano ha avuto problemi che la Regione non ha sanato, lo stesso è avvenuto per il Santa Maria Assunta di Guspini che è stato costretto a chiudere o per il centro di Villamar che non è mai decollato. Non si possono sanare tutte le situazioni, occorre pensare di inserire le strutture in una rete che faccia parte del servizio sanitario regionale».

Annamaria Busia (Sovranità, Democrazia e Lavoro) ha puntato l’indice contro la precedente Giunta regionale che aveva deciso di trasformare la SGB in una residenza dei dismessi dagli Opg. «Il fatto che non sia stata realizzata la Rems non è stato un capriccio – ha detto Busia – non poteva essere realizzata perché la struttura era fatiscente e il personale non adeguato. Il San Giovanni Battista non era idoneo eppure è stato individuato come potenziale Rems. Quel progetto è fallito».

Busia ha poi ricordato il percorso individuato dal precedente commissario della SGB  Costantino Foddai.  «Era una soluzione che imponeva scelte coraggiose – ha rimarcato Busia – metteva in evidenza una struttura superiore agli standard attuali con 32 unità in eccesso, un surplus di personale che causava un buco di un milione di euro in bilancio».

Secondo Daniele Cocco (Sel) i 25 milioni erogati nel 2010 alla Sgb di Ploaghe hanno impedito di trovare una soluzione definitiva. «Oggi c’è la necessità di dare una risposta ai 200 lavoratori – ha detto Cocco – la proposta fatta da Ganau è quella in questo momento più praticabile. Occorre trovare le risorse per pagare subito gli stipendi ai lavoratori, poi la Giunta cercherà di risolvere definitivamente il problema».

Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, ha espresso preoccupazione per le posizioni di alcuni esponenti del PD che in aula hanno parlato di “carrozzoni” e di “scelte irresponsabili”.

«La questione non può essere liquidata in questo modo – ha detto Pittalis – la Sgb è una struttura unica in Sardegna, per questo ha la sua ragion d’essere. Noi riteniamo che quando si è deciso di dare 25 milioni per la Fondazione è stata una scelta responsabile».

Pittalis ha poi manifestato apprezzamento per la decisione del presidente del Consiglio di convocare una conferenza dei capigruppo ad hoc con gli amministratori locali e i sindacati.  «Siamo pronti a risolvere subito la questione anche con un provvedimento urgente, preoccupiamoci di mettere a disposizione le risorse da qui a un paio di mesi per i lavoratori. Se si è sbagliato prima non possiamo continuare a sbagliare – ha concluso Pittalis – si  pensi a un programma serio ma intanto si dia la certezza degli stipendi arretrati ai dipendenti».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha invitato i colleghi alla calma. «Le posizioni assunte in conferenza dei capigruppo non sono cambiate – ha detto Cocco –  nessuno vuole speculare sulla vicenda,  non ci sono buoni e cattivi, nel 2010 ho presentato una mozione per la trasformazione della SGB da Ipab a Asp. Io ero firmatario del documento,  non ricordo che Pittalis abbia sostenuto un’idea di questo tipo».

Sui 25 milioni erogati alla Sgb, il capogruppo del Partito Democratico ha ricordato  la convergenza di tutte le forze politiche. «Credo però che i lavoratori abbiano bisogno adesso di certezze e prospettive  –  ha concluso Cocco – si pensi a pagare gli arretrati e si dia alla Giunta e al Consiglio il tempo di ragionare sulle questioni che riguardano la struttura di Ploaghe».

Intervenendo a nome della Giunta, l’assessore della sanità Luigi Arru ha voluto rassicurare in primo luogo i lavoratori sull’impegno per una soluzione positiva della situazione del San Giovanni Battista che, ha precisato, «deve rientrare nella riorganizzazione della rete sanitaria regionale, mentre la soluzione di ospitare in quel sito pazienti ex Opg non era percorribile». I margini ci sono, ha proseguito Arru, «anche perché nella stessa Asl di Sassari ci sono cinquanta persone nelle barelle che hanno superato la fase acuta e devono poter essere collocate altrove per poter seguire un percorso di riabilitazione presso le strutture pubbliche; non solo quindi c’è la massima attenzione dell’assessorato ma c’è anche l’impegno a verificare tutte le ipotesi possibili per accedere, in tempi brevi, a 16 milioni di fondi nazionali, a partire dalla trasformazione del San Giovanni in Asp, senza riduzioni di personale ma anzi potenziando le risorse umane e restando all’interno degli standard previsti dalla legge». Nessuno vuole chiudere il San Giovanni Battista, ha ribadito l’assessore della Sanità, «ma inquadrare quella struttura in una visione complessiva mentre, nell’immediato, occorre che i Comuni sistemino le loro esposizioni nei confronti del San Giovanni come ha fatto la Regione accelerando le procedure per il pagamento delle prestazioni». Ribadisco inoltre, ha concluso l’assessore, «l’impegno per la soluzione del problema degli arretrati maturati dai lavoratori lavorando, nello stesso tempo, per una assetto stabile della struttura in un quadro di razionalizzazione della nostra rete sanitaria che rappresenti un beneficio concreto anche per alcune tipologie di pazienti come gli autistici ed i malati di Alzheimer e le loro famiglie; stiamo lavorando a questo obiettivo per il quale abbiamo necessità di un certo periodo di tempo per definire compiutamente il percorso giuridico della trasformazione dell’ex Ipab in Azienda di servizi alla persona».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha chiesto una breve sospensione della seduta in modo da concordare le modalità di prosecuzione dei lavori.

Il presidente Ganau ha accolto la richiesta.

Alla ripresa dei lavori, il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha affermato che «la vertenza in discussione non può vedere la politica divisa e per questo abbiamo cercato di fare un discorso di sintesi, senza nascondere le criticità esistenti e quelle in prospettiva; ragioni che portano il Consiglio ad esaminare, già nella prossima riunione, un provvedimento per mettere in sicurezza le retribuzioni dei lavoratori e dare alla Giunta il tempo necessario, due-tre mesi, per individuare una soluzione strutturale».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha ribadito che «è necessario mettere in sicurezza gli stipendi dei lavoratori con l’impegno, nei prossimi mesi, di valutare la situazione con attenzione la situazione del San Giovanni Battista e di altre strutture presenti in Sardegna».

Il presidente Ganau ha preso atto della volontà comune di predisporre un ordine del giorno unitario ed ha sospeso la seduta, riconvocando il Consiglio per domattina alle 10.00.

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Palazzo del Consiglio regionale 2014 2 copia

Si è svolto oggi, in Consiglio regionale, il dibattito sulla situazione della scuola in Sardegna, previsto dall’articolo 120 del Regolamento.
La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con le dichiarazioni della Giunta regionale sulla situazione della scuola in Sardegna, ai sensi dell’art. 120 del Regolamento. Il presidente ha quindi dato la parola all’assessore della Pubblica istruzione Claudia Firino.
Nel suo intervento, l’assessore ha definito molto positivo il dibattito in Aula «su un tema che caratterizza l’azione della Giunta e la sua idea di scuola sarda, con approccio organico e strutturale ed azioni concrete, non ultima quella a favore dei docenti dopo la recente riforma nazionale; la situazione è stata esaminata col ministro Giannini, cui è stato posto con fermezza sia il problema dell’insularità che quello legato ad un contesto più ampio riguardante gli organici attuali e nella prospettiva dell’anno scolastico 2016-2017». «Per quanto riguarda gli effetti reali della riforma nazionale sulla Sardegna – ha proseguito la Firino – le cifre sulla mobilità dei docenti sardi si sono molto ridimensionate, in parte per effetto degli accorgimenti adottati dal ministero e in parte per la pressione della Regione; le domande presentate sono state 1741 con 285 proposta di nomina di cui 89 fuori provincia e soltanto 10 fuori dalla Regione». «Resta il fatto – ha sostenuto poi la Firino – che la proporzione fra il numero dei docenti e del personale tecnico amministrativo ed il numero degli studenti è un metodo non adatto per la Sardegna, dove c’è una dispersione passata dal 23% del 2008 al 28% del 2015, oltre alla difficoltà di apprendimento per alcune materie; sono dati importanti per definire un fabbisogno formativo che non sia frutto di un ragionamento in termini quantitativi».

L’assessore si è quindi soffermata sul significato dei provvedimenti della Giunta adottati in questi mesi: dall’aumento dei fondi per diritto allo studio per le medie e superiori alle risorse per le borse di studio, dai fondi per il trasporto e l’assistenza ai disabili, all’attenzione per le scuole dell’infanzia, al contributo per le autonomie didattiche, nel quadro di una programmazione unitaria di risorse regionali e statali nel ciclo 2014-2020 fortemente orientata al potenziamento dell’istruzione.

«Questa programmazione – ha spiegato la Firino – si articola in 3 fasi principali: interventi sulle infrastrutture e su edifici che per la maggior parte risalgono agli anni ’70, di cui 13 milioni nel 2014 solo per le urgenze, oltre alla sistemazione dei fabbricati vecchi ed alla realizzazione di nuove scuole per 130 ml nel 2015; a queste misure si sommano quelle per il trasporto scolastico ed il rinnovo (dopo 30 anni) del parco scuolabus con l’acquisto di 70 nuovi mezzi, se per la didattica attraverso il programma Iscola (miglioramento competenze di base degli studenti con docenti in più, scuole aperte con più offerta formativa e laboratori tematici, percorsi di inclusione individuali e collettivi dei bambini e dei ragazzi in difficoltà)». «Sono tutte azioni strutturali – ha concluso l’assessore – sorrette da un forte impianto di analisi frutto di dialogo col mondo della scuola, per la realizzazione di progetto organico che offrirà ai Sardi una scuola migliore».
Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha ricolto ironicamente i complimenti all’assessore «che ha trasformato con buoni propositi e fondi inesistenti o già esistenti una pessima legge in una buona legge, mentre la posizione del presidente Pigliaru sulla scuola è al limite dell’imbarazzante perché non ha difeso specialità della Regione, come ha detto anche un deputato di Sel come Michele Piras, dello stesso partito dell’assessore Firino». «Il problema della scuola – ha detto ancora Tedde – rilancia la centralità dei rapporti fra Stato e Regione che il presidente ha sempre gestito in modo insufficiente, come dimostrato dalla mancata impugnazione con la motivazione che nella stessa ci sarebbero parti buone; può anche darsi, ma allora bisognava impugnare le cattive, visto che sulla materia ci sono competenza concorrente e competenze da rivendicare, come hanno fatto la Puglia guidata dal Pd ed il Veneto». «Credo proprio – ha immaginato Tedde – che della materia si occuperà a fondo la Corte costituzionale perché la norma è da un lato troppo vaga e poi contraria al principio costituzionale che richiede confini chiari sugli ambiti dello Stato e della Regione; in realtà siamo di fronte ad una legge che mette in pericolo la libertà di insegnamento ed introduce grandi differenze di trattamento fra docenti, ottime ragioni per impegnare la legge; altre Regioni, infatti, ne hanno discusso, mentre la Sardegna lo fa a babbo morto». In definitiva, ha concluso il vice capogruppo di Forza Italia, «se c’è da difendere le prerogative della Regione il presidente si deve muovere se davvero vuole rappresentare un popolo; forse non si vuole disturbare il manovratore ma è un atteggiamento sbagliato e dannoso per la scuola e per la Sardegna».
Il consigliere Marcello Orrù (Psd’Az), nell’auspicare un dibattito ampiamente partecipato, ha ricordato il momento in cui Papa Francesco ha salutato gli insegnanti sardi auspicando che le leggi tengano conto delle esigenze delle famiglie e dei docenti e riconoscendo le buone ragioni degli insegnanti sardi. «Altre Regioni – ha affermato – hanno impugnato la legge a cominciare dalla Puglia governata dal Pd e, mentre accadeva tutto questo, la Sardegna faceva scadere i termini per il ricorso alla corte costituzionale». La legge Renzi-Giannini, a giudizio di Orrù, «è una legge pessima che ha causato pesanti disagi a molti docenti sardi innescando fra l’altro un meccanismo perverso per la scelta della destinazione ed ignora i disagi l’insularità; non averla impugnata è perciò un segno di debolezza politica della Giunta succube al Governo Renzi, senza dimenticare la gravità dell’introduzione dell’insegnamento gender che cancella ogni differenza con progetti deviati senza alcuna autorizzazione delle famiglie su argomenti di grande delicatezza, i dirigenti scolastici con le mani legati per intervenire sul fabbisogno di personale, dato che la legge di stabilità taglia i fondi sia per le supplenze che per i bidelli, non aver fatto niente significa che la Giunta si è calata le braghe davanti ad un governo arrogante che calpesta i diritti dei sardi».
Ha quindi preso la parola il consigliere di Sinistra Sarda Alessandro Unali che ha sottolineato l’esigenza di restituire centralità al sistema scolastico pubblico. «E’ necessario potenziare la formazione professionale e i programmi di alta formazione – ha detto Unali – serve una proposta di legge organica sulla pubblica istruzione che metta ordine all’attuale confusione legislativa».
Unali ha poi parlato dei dati sulla dispersione scolastica: «E’ un fenomeno  drammatico che colpisce in particolar modo le aree più emarginate dell’Isola – ha affermato l’esponente della maggioranza – per contrastarlo è necessario portare a sistema le azioni progettuali che la Giunta ha messo in campo». Al termine del suo intervento, Unali ha invitato l’esecutivo a difendere la specificità sarda «della quale la riforma Renzi non ha tenuto conto».
Paolo Zedda (Rossomori) ha esordito ricordando il clima di tensione che si respira in questi giorni in Sardegna intorno alla scuola. «Ci troviamo ad affrontare la questione mentre sotto il palazzo un comitato di precari manifesta la sua contrarietà alla legge 107, un altro comitato delle scuole paritarie dell’infanzia ha iniziato lo sciopero della fame per contestare il ritardo nel trasferimento dei fondi regionali che mette a rischio le lezioni».
Paolo Zedda si è detto orgoglioso di essere rappresentato da un Presidente e da una Giunta che hanno individuato nella scuola la priorità del loro programma. «L’investimento sull’istruzione è la miglior cosa che si può fare per il futuro dei nostri figli – ha rimarcato Zedda – la situazione della scuola sarda è degenerata negli ultimi 20 anni. Siamo la Regione italiana con la percentuale più bassa di laureati, appena  il 13%, contro il 29% della media europea. La Sardegna è al 265° posto su 269 delle regioni europee con il tasso più basso di scolarizzazione, da noi uno studente su 4 non conclude le scuole superiori».
Il consigliere sovranista ha quindi definito “catastrofica” la situazione della Sardegna auspicando un’inversione di rotta che faccia perno sulla specificità dell’Isola. «La legge 107 presenta diverse criticità per la nostra Regione. Ancora non si conoscono numeri e progetti della riforma nazionale, il 57% dei docenti sardi ha per ora rinunciato al passaggio di ruolo preferendo una supplenza pur di stare in Sardegna.
Non sono previsti interventi a favore delle minoranze linguistiche. E’ una prerogativa sfruttata da Valle d’Aosta e dalle province di Trento e Bolzano. Questo si poteva fare e non lo si è fatto. La carta della lingua poteva essere sfruttata per impedire il trasferimento dei docenti sardi. Chiediamo che la Giunta tenga conto delle esigenze dei lavoratori – ha concluso Zedda – si lavori ad una legge di sistema per il diritto allo studio».
Di clima  surreale ha invece parlato Christian Solinas (Psd’Az). «Mentre lei tratteggiava la situazione della scuola sarda – ha detto rivolgendosi all’assessore alla Pubblica Istruzione – mi ritornavano in mente i flash mob dei precari in aeroporto, le manifestazioni sotto il Consiglio regionale, le proteste dei sindaci, il ritardo nell’erogazione dei fondi per la mobilità degli studenti».
Secondo Solinas, la scuola non è un problema di maggioranza e opposizione ma della politica intera. «La gente non riconoscerà più la politica come quel soggetto che difende gli interessi del popolo – ha detto l’esponente sardista – la Giunta doveva presentare un ricorso contro la Riforma Renzi. I ricorsi non sono contro il governo amico ma un atto di difesa del popolo. La Puglia ha fatto ricorso e non è una Regione a statuto speciale.
Christian Solinas ha poi ricordato di aver proposto iniziative in difesa delle minoranze linguistiche. «Questo argomento sembra però non interessare la Giunta, viene considerata una questione non culturalmente adatta. E’ invece una battaglia fondamentale».
Rivolgendosi poi ai consiglieri sovranisti e indipendentisti, Solinas ha invitato i colleghi a marcare la loro presenza all’interno della maggioranza riaffermando le ragioni dell’identità e della specificità sarda. «La Giunta decanta gli effetti benefici della riforma sulla “Buona Scuola”, siamo difensori non richiesti di un provvedimento che non va bene. Se il 57% dei docenti non ha fatto domanda per il passaggio in ruolo significa qualcosa. Mi auguro  – ha concluso Solinas – che l’Aula capisca che non si può liquidare l’argomento con questo dibattito. Occorre che la Giunta riprenda in mano la questione. Si trovi una soluzione altrimenti sarà una sconfitta per tutti».
Antonio Solinas (Pd) si è detto d’accordo con la decisione della Giunta di privilegiare l’interlocuzione con il Governo anziché procedere all’impugnazione della Riforma Renzi.
«Il sistema scolastico regionale non è oggi in grado di formare i ragazzi per la sfida alla globalizzazione e non dà risposte alle famiglie – ha detto Solinas – i dati sulla dispersione scolastica sono drammatici. Il progetto “Iscola” è importante sotto questo punto di vista: la filosofia non è dare fondi per riparare una scuola, ma pensare a progetti territoriali, introdurre la banda larga, favorire l’insegnamento dell’inglese, aprire le scuole nel pomeriggio, promuovere l’innovazione tecnologica e  l’aggiornamento degli insegnanti. Un progetto che dà pari opportunità ai meno abbienti con contributi per l’acquisto di libri di testo».
Il consigliere del Pd ha quindi invocato una norma che faccia valere le prerogative della Sardegna: «L’idea è quella di una scuola accogliente ed inclusiva, tagliata sulla specificità sarda. Occorre rafforzare identità e senso di appartenenza, esaltare l’interculturalità. La scuola deve diventare patrimonio di tutti».
Solinas ha poi auspicato un rafforzamento della concertazione sul piano di dimensionamento scolastico. «La riduzione delle pluriclassi è importante, ma le scelte fatte sulle autonomie non rispecchiano la realtà sarda. Alcune decisioni vanno riviste ascoltando amministrazioni e dirigenti scolastici. L’obiettivo di tutti è ridurre la dispersione scolastica e costruire una scuola migliore».
Alessandra Zedda (Forza Italia) ha contestato la decisione della Giunta di non impugnare la legge sulla “Buona Scuola”. «L’art. 5 dello Statuto permetteva di far valere le ragioni della specificità sarda, voi non lo avete utilizzato – ha attaccato Zedda – altrimenti non saremmo qui a discuterne e non ci sarebbero state le manifestazioni di protesta. Se vi abbiamo chiesto di impugnare la legge è perché la scuola sarda è quella più in difficoltà in Italia».
La consigliera azzurra ha poi ricordato il dramma dei docenti sardi costretti a trasferirsi in altre regioni d’Italia: «In molti hanno rinunciato ad entrare in ruolo, quest’anno avranno delle supplenze ma il problema si riproporrà nel 2016 . In Sardegna intanto le scuole attendono ancora i pullmini per il trasporto degli studenti».
Alessandra Zedda, al termine del suo intervento, ha invitato l’esecutivo ad un’azione più decisa nei confronti del Governo: «Dobbiamo pretendere ciò che spetta alla Sardegna. Ciò che stiamo facendo con i fondi comunitari è una nostra capacità, Non c’entra nulla con quello che il Governo ci deve. Nemmeno un nostro docente deve andare fuori se ci sono i posti sufficienti in Sardegna. La Giunta continua a fare proclami e annunci. Abbiamo aperto la legislatura parlando di Iscola ed edilizia scolastica. Finora non è stato fatto nulla».
Il consigliere di Sel, Francesco Agus, ha dichiarato in apertura del suo intervento «di non considerarsi un sostenitore dell’attuale figura del preside» spiegando inoltre di «non ritenere che i presidi possano svolgere con efficacia il ruolo assegnato dalla nuova legge». Agus ha però sottolineato che la riforma del governo «avvia il percorso di stabilizzazione dando seguito alle diverse sentenze della Corte di giustizia europea». Il presidente della commissione Autonomia ha ricordato l’elevato livello di precariato in Sardegna definendolo una situazione “fuori controllo” su cui è bene – così ha affermato l’esponente della maggioranza – tirare una linea e risolvere il problema». «Superare il precariato a scuola – ha dichiarato Agus – deve essere una volontà improcrastinabile sia per i diritti degli insegnanti che per quelli degli studenti». Il consigliere di Sel ha quindi spiegato che il tema della discussione resta l’applicazione delle legge 107 alla realtà sarda ed ha ricordato che per l’anno in corso solo grazie all’interlocuzione della giunta il problema è stato limitato: «Ma dobbiamo fare in modo che in futuro si evitino i disagi per i docenti sardi e siano ricosciute le nostre specificità».
«Con l’applicazione della legge di riforma – ha aggiunto Agus – saranno dieci i docenti a lasciare l’isola per trovare un lavoro stabile e dobbiamo agire su più fronti per scongiurare il ripetersi dei problemi». L’esponente di Sel ha invitato alla “responsabilità” ed ha auspicato la messa al bando della politica degli annunci. «Serve, invece, pressione politica anche per via parlamentare – ha proseguito il consigliere del centrosinistra – perché siano riconosciuti i disagi patiti dai docenti sardi e riconosciute le pecularietà della realtà sarda». Agus ha concluso rimarcando la necessità di una nuova legge regionale sull’istruzione che “ragioni sull’organico” e introduca nei programmi lingua, storia e cultura.
Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa, ha riconosciuto l’opportunità di una riflessione approfondita sul tema dell’istruzione ed ha definito la scuola “il tema strategico”. «Affrontiamo oggi solo un pezzo del problema – ha proseguito l’esponente della minoranza – che sembra mostrarci un mondo alla rovescia: la sinistra che ha sempre considerato la scuola come parte della soluzione della disoccupazione oggi, infatti, adotta meccanismi di reclutamento brutali, tipici “da padrone delle ferriere”. Cossa ha quindi criticato la decisione della Giunta regionale di non impugnare la riforma “nonostante molte altre regioni governate dal centrosinistra abbiano proceduto in tal senso».
In merito alle discusse graduatorie della “Buona scuola” il consigliere dei Riformatori ha evidenziato che «sarebbe bastato attivare le graduatorie nazionali solo in ultima istanza, partendo invece dalle graduatorie su base provinciale». Michele Cossa ha inoltre evidenziato il dato che il «57.5% dei docenti sardi non ha fatto richiesta di assunzione e che appare grave dunque l’atteggiamento di sufficienza mostrato in proposito dal governo e anche da alcuni colleghi del Consiglio». Il consigliere della minoranza ha parlato di «eccessiva accondiscendenza da parte della Giunta» e di un “atteggiamento bifronte” da parte del partito di Sel. Michele Cossa ha rimarcato l’urgenza di una nuova legge regionale sull’istruzione ma ha precisato: «Bene storia e lingua sarda ma ciò che è più importante garantire ai sardi l’ingresso nei circuiti che oggi gli sono negati e che fa sì che oggi tanti sardi cerchino altrove e al di fuori dell’isola le occasioni di lavoro». Nella parte conclusiva del suo intervento, l’esponente dei Riformatori ha definito “un’inezia” le cifre stanziate per la sicurezza nelle scuole sarde («tante sono inagibili» ed ha affermato che si è dinanzi ad “un’autentica emergenza”. Cossa ha concluso con un riferimento alla situazione di difficoltà che attraversano le scuole dell’infanzia paritarie: «Sono in attesa dei che la Regione versi i contributi dovuti per il 2013 e il 2014 e nel frattempo danno lavoro a circa 2.000 persone e offrono servizi importanti a tanti sardi coprendo, in alcuni casi e in molti centri, le tante carenze delle scuola pubblica».
Il consigliere del Partito dei sardi, Gianfranco Congiu ha rivolto pesanti critiche verso l’operato dell’ufficio scolastico regionale «per non aver tenuto conto, nell’applicazione della riforma “Buona scuola”, delle difficoltà della Sardegna nonostante le indicazioni fornite in proposito dalla Regione». «L’ufficio scolastico regionale – ha proseguito l’esponente della maggioranza – non ha proceduto con la richiesta delle consentite deroghe delle legge 107». «Tutte le altre Regioni – ha proseguito Congiu – hanno chiesto le deroghe, tranne l’ufficio scolastico regionale della Sardegna». Il consigliere Pds ha quindi parlato di “scuole smantellate” per effetto delle “scelte al risparmio” adottate dall’ufficio scolastico regionale: a Sindia come a  Fonni e a Macomer come a Laconi. «Chiediamo che il Consiglio regionale censuri l’operato dell’ ufficio scolastico regionale ed auspichiamo un confronto tra Giunta e governo per la formalizzazione delle deroghe a favore della Sardegna o rivolgere l’invito per compensare le criticità segnalate, nelle diverse fasi di applicazione della riforma della scuola».
«Riappropriamoci delle nostre competenze legislative – ha concluso Congiu – e ripudiamo suggestioni proconsolari di romana derivazione».
Il consigliere Oscar Cherchi (Fi) ha criticato duramente la decisione del presidente e della Giunta di non ricorrere contro la riforma “Buona scuola” del governo Renzi. «Troppo spesso – ha ammonito il consigliere della minoranza – la Giunta ha dimenticato il significato della specificità della nostra isola». Oscar Cherchi ha quindi ricordato alcuni criticità del sistema sardo ad incominciare da quelli che riguardano «gli elementi di debolezza dei sistemi locali, dei livelli di infrastrutturazione e dei trasporti».
Il consigliere di Fi ha quindi affermato che il consigliere di Sel, Francesco Agus, avrebbe mostrato sulla riforma, nel corso del suo intervento, un’idea diversa rispetto a quella che il suo partito avrebbe nel Parlamento a Roma. «Agus – ha detto Cherchi – giustifica e difende la legge 107 ipotizzandone vantaggi nel futuro mentre invece la norma non tutela la scuola sarda ed è questo un problema prettamente politico». Cherchi ha concluso dichiarando di attendere dal presidente della Giunta e dall’assessore della Pubblica istruzione sulla base di quali motivazioni la Regione sarda non abbia presentato ricorso alla Corte costituzionale contro la riforma Buona scuola.
La consigliera Rossella Pinna (Pd) ha contestato in apertura le affermazioni dell’on. Orrù secondo il quale i governi Pigliaru e Renzi hanno ucciso la scuola. In realtà, ha sostenuto, «sono stati i diversi governi Berlusconi a fare a fettine il mondo della scuola, tagliando 8 miliardi e 100.000 posti e dando vita alle classi pollaio; al contrario, il governo Renzi ha invertito la tendenza perché ha finalmente scelto di investire sulla scuola con una scelta coraggiosa e di cambiamento, aggredendo il vero e proprio deficit di conoscenza dell’Italia rispetto all’Europa, con la Sardegna che registra dati ulteriormente negative». Prima di tutto, secondo l’esponente del Pd, «dobbiamo rivendicare il diritto al sapere dei ragazzi, ad una scuola con nuovi strumenti in grado di aprire nuovi scenari, intervenendo in un mondo dove il personale è spesso stanco, demotivato e mal pagato nonostante molti buoni esempi; nella riforma ci sono fondi per premiare il merito ed incentivare l’arricchimento culturale dei docenti, ci sono anche risorse importanti per l’edilizia ma, soprattutto, ci sono 100.00 docenti immessi in ruolo mettendo fine alla reiterazione del precariato e creando le condizioni per prevenire e contrastare dispersione ed abbandono scolastico». Quanto al nuovo ruolo dei dirigenti che qualcuno ha definito sceriffi, la consigliera Pinna ha osservato che «saranno valutati come gli altri dirigenti della pubblica amministrazione ed affiancati dal collegio docenti nella predisposizione del  piano dell’offerta formativa e, rispetto al ruolo della Regione, sarà importante una presenza incisiva nella conferenza unificata e nella stessa commissione cultura del Consiglio per la definizione degli ambiti territoriali e degli accordi di rete fra scuole, puntando sulla semplificazione degli adempimenti amministrativi e sul piano dell’edilizia scolastica».
Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) è partito dal dato comune sul ruolo strategico della scuola nella società dove devono esserci opportunità per tutti, per affermare che «la Giunta non ha mostrato un’idea di scuola vincente per la Sardegna, perché alle parole (a parte i soliti spot) non sono seguiti i fatti ed oggi tutti vediamo cosa accade nelle nostre scuole dove manca spesso la carta ed il sapone». Dopo aver lamentato la scarsa attenzione dell’Esecutivo per le scuole paritarie, «che non sono le scuole dei bambini ricchi ma strutture che coprono le lacune del settore pubblico», Truzzu ha messo in luce che «si sta ripetendo la logica delle occasioni perse facendo discussioni a babbo morto mentre la Sardegna avrebbe bisogno di altro, perché non è in discussione la buona scuola ma cosa fare per realizzare l’autonomia della scuola sarda». Un consigliere di maggioranza come Paolo Zedda, ha ricordato ancora Paolo Truzzu, «ha parlato di quanto si poteva fare e non si è fatto; è la certificazione del fallimento, un fallimento politico frutto di una leale collaborazione con lo Stato che, finora, ha solo danneggiato la Sardegna».
Il consigliere Luca Pizzuto (Sel) ha auspicato che si metta ordine nella discussione dove a suo avviso si sta assistendo al solito gioco delle parti. Non condivido la legge e non amo Renzi, ha dichiarato, «con buona pace del consigliere Manca, pur ammettendo che le stabilizzazioni sono un risultato importante anche se bisogna fare di più perché la legge in Sardegna va applicata e sotto questo aspetto l’impugnazione ha un percorso lungo che avrebbe dato garanzie immediate ai docenti sardi mentre è vero che, in questa prima fase, i lavoratori sardi rimangono in Sardegna». Riferendosi alle posizioni critiche verso la maggioranza espresse dal deputato Michele Piras, Pizzuto ha risposto confermando la sua vicinanza al presidente Pigliaru ed il suo dissenso dalle idee di Piras ricordando inoltre che «la legge è stata approvata a livello nazionale anche da alcuni che ora la contestano; come Consiglio regionale, piuttosto, dobbiamo esprimere con un ordine del giorno sia la volontà di recuperare i rapporti con modo sindacale che quella di stabilizzare la posizione dei docenti sardi in Sardegna». Riferendosi alla situazione dei lavoratori della scuola privata, Luca Pizzuto ha ammesso che si tratta di un errore cui occorre rimediare purchè, ha avvertito, «ci si ricordi che in passato ci sono state le riforme Moratti e Gelmini che hanno prodotto dispersione di cui oggi ci lamentiamo, mentre l’attuale maggioranza ha finanziato il trasporto pubblico scolastico, ripristinato i contributi e aumentato gli importi delle borse di studio; dobbiamo ora concentrare tutti i nostri sforzi per governare le fasi successive della riforma, perché insularità pesa come svantaggio ma pensando ad un siciliano che va in val d’Aosta, dobbiamo renderci conto della necessità di un nuovo sistema che va reso accettabile e ragionevole».
Il consigliere Gavino Manca (Pd) ha parlato della scuola come argomento di grande spessore che da sempre suscita con grandi contrapposizioni, ricordando poi che la riforma della buona scuola non è la prima che cerca di cambiare le cose ma ha contenuti importanti e guarda alla competitività del sistema Paese, a differenza di riforme precedenti che non hanno funzionato lasciando l’Italia nelle ultime posizioni in Europa. C’era quindi bisogno di una riforma nuova e coraggiosa, ha aggiunto Manca, «per superare la lunga fase del precariato introducendo valutazione e meritocrazia e superando la vecchia paura del nuovo ed i fatti concreti: 1 miliardo di investimenti nel 2015, 6 miliardi a regime, nuove materie come musica e scuola dell’arte, obbligo dell’alternanza scuola lavoro, scuola digitale, spese correnti raddoppiate, risorse per l’aggiornamento e la formazione dei docenti, semplificazione burocratica». A novembre, ha detto poi Manca, «in Sardegna ci saranno più di 2000 assunti ed in futuro saranno sempre di più i sardi che insegneranno nella Regione; questo è un anno di passaggio ma dal prossimo le assunzioni saranno fatte su ambiti regionali e proprio su questo la Regione potrà e dovrà intervenire per far valere la sua specificità». Manca, infine, ha respinto l’identificazione del dirigente scolastico con uno sceriffo, ricordando che la maggiore responsabilità dei dirigenti risale al 2011, e sottolineando l’aspetto della gestione collegiale degli istituti, la responsabilità delle scelte e la trasparenza nella pubblicazione dei risultati; rispetto a queste innovazioni la Sardegna non è rimasta indietro, perché c’è un grande piano di interventi che dà una risposta all’emergenza e indica una prospettiva nuova per la scuola sarda».
La consigliera Anna Maria Busia (Sdl) ha preso le distanze, in apertura, dalla piega che ha preso la discussione, perché a suo giudizio «non si presta la giusta attenzione alle situazioni concrete, a cominciare dalle decisioni del provveditore scolastico regionale che avrebbe dovuto agire in modo diverso con un sistema di deroghe che avrebbe garantito i docenti sardi». Ma ora, ha proposto, «bisogna pensare al futuro sia per le ragioni che ha espresso il consigliere Congiu, sia perché la stessa legge sulla buona scuola dice che la sua applicazione avverrà nelle Regioni a Statuto speciale compatibilmente con gli statuti e le norme di attuazione». Proprio questo, secondo la Busia, «è lo strumento su cui bisogna agire ed anche la ragione per cui la legge non è stata impugnata; le norme di attuazione consentono già ora, infatti, di adattare una legge nazionale a realtà territoriali specifiche come la nostra, lavorando in modo paritario con lo Stato ed attivando il confronto previsto dall’art. 56 dello Statuto, è la strada giusta già tracciata, peraltro, da altre Regioni speciali».
Una bocciatura senza appello della riforma sulla “Buona Scuola” è arrivata da Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda). «Il provvedimento del Governo Renzi mette a rischio il diritto all’istruzione, faticosamente raggiunto dalle generazioni precedenti – ha detto Anedda – una riforma che, inoltre, non tiene conto della specificità sarda». Anedda ha citato come caso emblematico la situazione del Liceo Classico di Laconi ancora chiuso nonostante le richieste del territorio. «Gli studenti sardi non possono scegliere dove istruirsi ha sottolineato il consigliere comunista – alcuni territori non sono in grado di sostenere gli alti costi per la mobilità».
Negativo anche il giudizio sul piano delle assunzioni («che penalizza i docenti sardi») e sui super poteri dei dirigenti scolastici («si introduce il concetto del preside-padrone»), sul finanziamento alle scuole private a scapito delle scuole pubbliche e sulla marginalizzazione dei sindacati. «Meglio avrebbe fatto Pigliaru ad impugnare la riforma – ha affermato Anedda – noi abbiamo in testa una altro modello di autonomia scolastica.  Il Ministero affida il compito di definire l’offerta formativa agli Uffici scolastici regionali espropriando la Regione sarda delle sue competenze. La Giunta deve assumersi le sue responsabilità ed occuparsi di offerta formativa».
Secondo il capogruppo del Psd’Az Angelo Carta, l’interlocuzione avviata dalla Giunta con il Governo arriva fuori tempo massimo. «La discussione doveva avvenire prima della riforma e non dopo la sua approvazione – ha detto Carta – il risultato è il trasferimento dei docenti sardi, una sconfitta per la Giunta che non ha fatto valere il principio dell’insularità».
Angelo Carta ha poi parlato del piano di dimensionamento scolastico: «Il raccordo tra enti locali e Regione è basilare. Il confronto con i  comuni è mancato. Non è questo il modo di declinare il concetto di scuola sarda. I comuni si trovano a combattere contro i mulini a vento. Chi lo spiega al Governo come è fatta la realtà sarda?»
Il capogruppo di Sel Daniele Cocco ha detto di apprezzare il Progetto Iscola, molto meno la riforma Renzi.
L’esponente della maggioranza ha contestato l’atteggiamento dell’opposizione: «Quando vennero spostati i fondi per la scuola digitale al governo della Sardegna non c’era il centrosinistra – ha detto Cocco – parlavate di lavagne interattive, di computer per gli studenti, di formazione del personale docente per l’uso degli strumenti elettronici. Gran parte del programma è rimasto sulla carta».
Sul Progetto Iscola, Cocco ha espresso apprezzamento per il lavoro della Giunta, impegnata a superare le criticità. «Il Progetto Iscola parte dalla base. Pigliaru e Firino sono andati nei comuni ad ascoltare amministratori, operatori scolastici e famiglie – ha rimarcato Cocco – su questo progetto si sono espressi tutti a favore».
E’ quindi intervenuto il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni che ha invitato l’Aula ad affrontare la discussione su un tema come la scuola lasciando da parte le logiche di schieramento. «Abbiamo il dovere di pensare al bene comune. Gli insegnanti devono essere all’altezza ma devono essere garantiti, non possono sopportare spostamenti che lacerano le famiglie – ha detto Attilio Dedoni – la “Buona scuola” deve tenere conto di questo, il sistema dei trasporti sardi è vergognoso, come faranno i docenti a raggiungere la Sardegna».
Attilio Dedoni ha poi contestato la decisione della Giunta di non impugnare la riforma sulla scuola davanti alla Corte Costituzionale. «E’ la Regione che detta le linee guida sulla razionalizzazione scolastica, il ministero viene in subordine. Non si possono subire le loro decisioni calibrate su regioni come il Veneto, la Toscana e L’Emilia dove non ci sono difficoltà di collegamento tra un centro e l’altro. Non si possono applicare alla Sardegna che ha una condizione geografica e di viabilità profondamente diversa».
Il capogruppo dei Riformatori ha quindi invocato un ordine del giorno unitario del Consiglio «una convergenza che dia speranza ai giovani e agli insegnanti – ha concluso Dedoni – dobbiamo dare un’immagine diversa dell’Istituzione regionale».
Per Gianluigi Rubiu (Aps) la discussione «è una beffa per i docenti che si sono battuti contro la riforma del Governo».
Il capogruppo di Area Popolare Sarda ha espresso un giudizio negativo sui contenuti della riforma (super poteri ai presidi, cancellazione delle graduatorie per la chiamata in ruolo, penalizzazione dell’autonomia scolastica).
«Il dato più allarmante è però l’esproprio delle competenze della Regione da parte del Governo – ha affermato Rubiu – ripetutamente abbiamo sollecitato un riscorso: non c’è stata risposta. La specificità sarda sarà danneggiata dagli standard imposti dal Governo che cancellano la diversità. Assurdo non difendere le prerogative dell’autonomia e non far valere il principio di insularità».
Gianluigi Rubiu ha poi ricordato il dramma dei docenti sardi costretti a spostarsi in altre Regioni ed espresso preoccupazione per il futuro del sistema scolastico regionale. «L’esecutivo regionale è sempre più succube nei confronti del Governo – ha sottolineato Rubiu – difende a spada tratta una riforma che penalizza la Sardegna. Auspichiamo una  scuola tutta sarda con norme che scongiurino i trasferimenti dei docenti. Serve una battaglia unitaria. La Giunta batta i pugni sul tavolo del Governo. La mancata impugnazione della riforma è di fatto una rinuncia a difendere le prerogative costituzionali e statutarie in materia di istruzione». Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, ha definito “un’occasione persa” il dibattito sulla riforma della scuola, per la condotta tenuta dagli esponenti della minoranza. A giudizio dell’esponente della maggioranza la riforma della “Buona scuola”, è invece “la risposta attesa” che merita di essere difesa perché «può offrire nuove opportunità a tutti, ad incominciare dai precari della scuola e dagli studenti».
Il consigliere dei democratici ha quindi evidenziato “l’enorme problema del precariato” con cui ha dovuto confrontarsi l’azione riformatrice del governo: «Un enorme pasticcio, frutto di pasticci e piccole furberie praticate da anni nel comparto della scuola». Il capogruppo, ha definito “non giustificabili” le reazioni “feroci” alla riforma della scuola ed ha affermato che è “sbagliato” parlare in Sardegna di “deportazioni”. «Voglio stare sul tema dei diritti degli studenti – ha proseguito Cocco – che vogliono avere un’istruzione migliore». Il rappresentante del Pd ha precisato inoltre che il tema della scuola è al centro dell’azione del governo regionale e che le risorse stanziate in questo primo anno e mezzo di legislatura sono di una entità non paragonabile rispetto a quanto fatto nelle precedenti legislature. «E’ vero che qualcosa ritarda – ha aggiunto il capogruppo – ma stiamo mettendo in piedi azioni strategiche e un piano di riforma».
In riferimento alle proteste degli insegnanti il consigliere del Pd ha dichiarato: «Le proteste meritano rispetto però protestare sul niente non si può». «Far credere che con la Buona scuola si stanno violando le specificità della Sardegna è un’affermazione non vera – ha incalzato Pietro Cocco – e la riforma della scuola non infrange alcuna prerogativa statutaria della Regione sarda».
Quanto alla polemica sui docenti costretti al lavoro al di fuori dell’Isola, a giudizio di Cocco, «sono sufficienti i numeri (10 insegnanti) per capirne la reale portata».
Il capogruppo del Pd ha quindi concluso auspicando una nuova legge regionale sull’istruzione.
Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha affermato che si attendevano le dimissioni dell’assessore della Pubblica Istruzione, Claudia Firino: «Come gesto coerente con tutte le dichiarazioni  rese dai leader nazionali e regionale del suo partito sugli effetti della riforma della “Buona scuola”». Pittalis ha quindi proseguito con la lettura delle note di agenzia riportanti le dichiarazioni, tra gli altri, di Vendola e Piras. «Chi ha la responsabilità politica dell’Istruzione in Sardegna – ha tuonato il leader di Fi in Consiglio – non può far finta che nulla sia accaduto e che le dichiarazioni appartengono ad un altra realtà». «La verità – ha aggiunto – e che volete fare la lotta e fare la parte del governo perché volete i benefici dell’uno e dell’altro ruolo».
«Le dimissioni – ha proseguito Pittalis – sono dovute per una questione di etica politica e di buonsenso: perché è  la stessa parte politica dell’assessore Firino che mette in discussione l’operato della giunta di cui fa parte, proprio sul tema della scuola e sulla “Buona scuola”».
Il capogruppo di Forza Italia ha quindi elencato una serie di altre ragioni per le quali l’assessore – a suo giudizio – dovrebbe dimettersi dall’incarico, tra queste: il Piano di dimensionamento scolastico («avete chiuso 29 scuole in un anno»); il ritardo nell’acquisto degli scuolabus promessi ai Comuni interessati dal taglio delle pluriclassi («l’anno scolastico è iniziato senza autobus e i sindaci devono trovare il modo di arrangiarsi»); l’edilizia scolastica («il piano c’era già e state accumulando ritardi negli interventi»). «La verità – ha attaccato l’esponente di Forza Italia – è che avete scaricato sui sindaci l’onere di rispettare i vostri annunci».
Pietro Pittalis ha quindi fatto riferimento agli “inammissibili ritardi” nel pagamento dei contributi alle scuole paritarie ed ha concluso ribadendo profondo dissenso per la scelta del presidente della Giunta di non ricorrere contro la legge 107 (riforma “Buona scuola”): «Quella legge che offre ai precari sardi l’alternativa tra una rinuncia e una valigia e che offende l’autonomia dei sardi, affidando al ministero l’offerta formativa, una competenza esclusiva che sta invece in capo alla Regione».
Intervenendo a chiusura della discussione generale per la replica a nome della Giunta il presidente Pigliaru ha subito replicato al capogruppo di Forza Italia Pittalis sostenendo che «a fronte del probabile ritardo di qualche settimane, si è nascosto il nulla dei precedenti cinque anni durante i quali non si è fatto niente per combattere la discussione scolastica che si sconfigge anche sopprimendo con coraggio le pluriclassi mentre sui trasporti si stanno pagando i costi aggiuntivi e sull’edilizia si sta intervenendo con un piano di 130 milioni che cambierà gran parte delle scuole sarde, chiudendo la pagina delle piccole scuole dove non si fa buona istruzione, per aprirne un’altra dove i territori devono diventare più forti anche nell’istruzione».
«Mi sarei aspettato un po’ più di umiltà – ha aggiunto il presidente – nel riconoscere l’assenza di risultati della precedente legislatura, soprattutto perché i dati dicono che dal 2010 la Sardegna è indietro persino rispetto al Mezzogiorno su dispersione scolastica, apprendimento e lettura». «Il problema – ha detto ancora Pigliaru – non è quello di piantare bandierine politiche ma quello di migliorare la scuola, non mi scandalizzo per i risultati mancati ma per la incapacità di capire dove e come si è sbagliato; noi vogliamo evitare di fare errori e costruire un futuro migliore per i nostri ragazzi attraverso proposte operative, è quello che stiamo cercando di fare». «Spero ancora in una opportunità in questa direzione – ha auspicato il presidente della Regione – perché i ragazzi sardi hanno perso due anni rispetto ai coetanei del centro nord, non è che tutto va bene adesso con Renzi e Pigliaru ma ci stiamo rimboccando le maniche, ed è significativo che nella riforma siano stati introdotti per i dirigenti scolastici responsabilità e valutabilità e per gli studenti l’alternanza scuola-lavoro, materie aggiuntive, docenti più formati, reti a banda larga, scuole moderne ed aperte alla realtà sociale in cui operano e connesse con il mondo».

«In tempi di bilanci sempre più ridotti – ha aggiunto il presidente riferendosi al programma per l’istruzione varato dalla Giunta – stiamo investendo 200 milioni pensiamo siamo ben spesi; però, come ho detto recentemente alla direzione nazionale del Pd, di fronte ad una dispersione alta e a livello di apprendimento bassi, non ha senso calcolare organici con parametri lineari uguali in tutta Italia, ci sono specificità che vanno aggredite perché a 15 anni i ragazzi del Sud hanno perso terreno e bisogna tener conto sia degli studenti che dei problemi delle diverse realtà». «Di questo – ha concluso – deve farsi carico il governo centrale, noi con Iscola facciamo la nostra parte ma questa deve diventare una questione nazionale seguendo l’esempio degli Usa, dove nelle situazioni più difficili, si mandano più docenti e si mandano i migliori; questo dobbiamo allo Stato, altro che ricorsi, questa è la proposta che abbiamo portato al tavolo nazionale anche in termini finanziari, perché è la prima condizione per dare pari opportunità ai ragazzi italiani».

Al termine dell’intervento del presidente Pigliaru, il presidente Ganau ha chiesto al Consiglio notizie sulla predisposizione di un ordine del giorno.
Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha chiesto una breve sospensione della seduta, per verificare la possibilità di predisporre il documento.
Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha sottolineato la necessità di disporre di un testo, precisando l’impossibilità di aderire ad un documento della sola maggioranza ma dichiarandosi disponibile ad un ordine del giorno unitario da votare, se necessario, anche nella giornata di domani.
Il presidente Ganau ha condiviso l’opportunità di una sospensione e di una verifica delle posizioni dei gruppi
Il capogruppo del Pd Pietro Cocco si è detto d’accordo per una sospensione della seduta allo scopo di avviare un confronto con minoranza, condividendo inoltre l’ipotesi di un rinvio dei lavori a domattina.
Il presidente Ganau ha quindi sospeso brevemente la seduta.
Alla ripresa dei lavori, il capogruppo del Pd Pietro Cocco, a nome della maggioranza, ha comunicato la posizione contraria della stessa all’ordine del giorno, precisando che la coalizione si riconosce totalmente nella relazione conclusiva del presidente Pigliaru,
Il presidente Ganau ha quindi dichiarato chiusa la seduta aggiornando i lavori a domattina e ricordando che, sempre per domani alle 9.30, è convocato l’ufficio di presidenza del Consiglio.

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Tenores di Bitti 2 copia

Il canto a tenore, forma espressiva arcaica della polifonia sarda, è stato inserito nel 2005 nella lista del patrimonio immateriale dell’Unesco. A dieci anni di distanza da quell’importante riconoscimento, l’antico canto dei pastori non ha ancora ricevuto una tutela adeguata dalla Regione sarda. Manca, infatti, una legge di settore, niente è stato fatto negli anni per la sua promozione e valorizzazione. E’ quanto lamentano gli operatori del settore, artisti e semplici appassionati.

L’associazione “Boches a Tenore”, sentita in audizione dalla commissione “Cultura” del Consiglio regionale, ha sollecitato un intervento normativo in difesa di «uno dei più straordinari esempi di polifonia del Mediterraneo».

«Il canto è ancora molto diffuso in alcune aree della Sardegna – hanno sottolineato il presidente e il segretario dell’associazione Angelo Cossu e Giovanni Pirisi – si tratta di un unicum da salvaguardare e tramandare alle nuove generazioni.»

Del sodalizio “Boches a Tenore” fanno parte circa trenta gruppi, provenienti dalle zone storiche di diffusione del canto (Barbagia, Goceano e Baronia). Artisti che chiedono oggi di essere coinvolti dalla Regione nella promozione del patrimonio culturale della Sardegna e nell’organizzazione di manifestazioni ed eventi rivolti agli emigrati sardi. «Vanno tutelate le dinamiche di trasmissione e di divulgazione del canto che trovano nelle aree storiche le loro forme più tipiche e originali – ha spiegato Giovanni Pirisi – se non si fa questo si rischia di perdere quell’immenso bagaglio culturale rappresentato dalla tradizione orale».

Nel corso dell’audizione sono state avanzate alcune proposte operative. Secondo il consigliere dei Rossomori Paolo Zedda un aiuto concreto potrebbe arrivare dai fondi europei FESR. «Ci sono due misure specifiche che si occupano di patrimonio immateriale – ha detto Zedda – un progetto per la diffusione del canto a tenore potrebbe essere inserito nel programma». Secondo Zedda, un’altra via da seguire potrebbe essere quella di una collaborazione tra le associazioni e l’ISRE sul fronte della ricerca, mentre, per la divulgazione, un supporto importante potrebbe arrivare dalla scuole civiche di musica.

Rossella Pinna (Pd) ha invece auspicato la firma di  una convenzione tra le associazioni dei tenores della Sardegna e la Regione. «In attesa di una legge di settore – ha detto Pinna – il coinvolgimento diretto dei gruppi di canto faciliterebbe la creazione di una rete di sistema con i Comuni per l’organizzazione di eventi e manifestazioni culturali finalizzate alla promozione e valorizzazione di una delle espressioni musicali più antiche dell’Isola».  

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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Dopo l’ingresso in Consiglio regionale di quattro nuovi componenti, è stato costituito il nuovo gruppo dei “Cristiano Popolari Socialisti” al quale, oltre ai consiglieri Pierfranco Zanchetta e Antonio Gaia dell’Upc, hanno aderito anche Raimondo Perra del Psi e, per scelta “tecnica”, Walter Piscedda proveniente dal Pd. Il nuovo gruppo sarà presieduto dall’on. Pierfranco Zanchetta.

Questa la composizione aggiornata dei gruppi consiliari:

Area Popolare Sarda: Giorgio Oppi, Giuseppino Pinna, Ignazio Tatti, Gianluigi Rubiu (Presidente)

Cristiano Popolari Socialisti: Antonio Gaia, Raimondo Perra, Walter Piscedda, Pierfranco Zanchetta (Presidente)

Forza Italia Sardegna: Ugo Cappellacci, Oscar Cherchi, Giuseppe Fasolino, Ignazio Locci, Antonello Peru, Alberto Randazzo, Marco Tedde, Edoardo Tocco, Stefano Tunis, Alessandra Zedda, Pietro Pittalis (Presidente)

Misto: Mario Floris, Gianni Lampis, Paolo Truzzu, Gaetano Ledda, Fabrizio Anedda (Presidente)

Partito Democratico: Piero Comandini, Lorenzo Cozzolino, Salvatore Demontis, Roberto Deriu, Daniela Forma, Gianfranco Ganau, Luigi Lotto, Gavino Manca, Giuseppe Meloni, Cesare Moriconi, Francesco Pigliaru, Rosella Pinna, Luigi Ruggeri, Franco Sabatini, Antonio Solinas, Gian Mario Tendas, Pietro Cocco (Presidente)

Partito Sardo d’Azione: Marcello Orrù, Christian Solinas, Angelo Carta (Presidente)

Riformatori Sardi-Liberaldemocratici: Michele Cossa, Luigi Crisponi, Attilio Dedoni (Presidente)

SEL Sardegna: Francesco Agus, Luca Pizzuto, Daniele Cocco (Presidente)

Soberania-Indipendentzia: Alessandro Collu, Eugenio Lai, Paolo Zedda, Emilio Usula (Presidente)

Sovranità, Democrazia e Lavoro: Anna Maria Busia, Augusto Cherchi, Gianfranco Congiu, Piermario Manca, Alessandro Unali, Roberto Desini (Presidente).

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Elisabetta Giuseppina Falchi 3 copia
L’assessore dell’Agricoltura Elisabetta Falchi ha presentato ieri a Sinnai le linee guida del Psr 2014/2020 e i prossimi bandi. «Conoscere le esigenze, ascoltare e confrontarsi con i territori, con chi li amministra e soprattutto li vive nel mondo agricolo». È la ricetta rilanciata con forza dall’assessore nel corso di un incontro pubblico organizzato per discutere del nuovo Programma di sviluppo rurale 2014-2020, in fase di imminente approvazione dall’UE. Nella sala dell’ex comunità montana centinaia di persone hanno seguito e partecipato ai lavori con domande e suggerimenti. Al tavolo, oltre a Falchi, il sindaco Barbara Pusceddu, i consiglieri regionali Paolo Zedda, Gavino Sale, Cesare Moriconi e Francesco Agus. 
«Da Bruxelles ci hanno detto che il nostro PSR ha visione e coerenza con i programmi di sviluppo comunitari – ha spiegato l’assessore dell’Agricoltura – e dopo le vacanze estive sarà approvato definitivamente». A settembre sono previste le prime pubblicazioni dei bandi che Falchi ha detto di voler costruire con chi poi dovrà usufruirne, «perché qualunque risorsa che spenderemo dovrà far parte di un progetto che favorisca la crescita del comparto».
«Sono finiti i tempi in cui i bandi venivano calati dall’alto, scritti con linguaggi incomprensibili e a volte da uffici che non conoscevano i territori e le esigenze di chi lavora le campagne – ha aggiunto Elisabetta Falchi -. Per cambiare rotta, già dagli scorsi mesi ci siamo confrontati con organizzazioni agricole, di produttori e cooperative, e adesso abbiamo ripreso gli incontri pubblici dove raccogliere tutte le istanze di pastori, agricoltori e amministratori: chi più di loro può raccontarci al meglio il territorio?».
Una Sardegna quindi che va studiata area per area, con tipologie agricole che cambiano dalle colline alle pianure, dalle colture praticate e dalla disponibilità dell’acqua nelle campagne. «Non riconoscere che la nostra Isola è un continente agricolo variegato e con tante specificità vuol dire ragionare sulla scia degli sbagli fatti in passato, dove la programmazione non era legata al territorio», ha aggiunto Elisabetta Falchi. Un ascolto che ieri ha permesso di affrontare anche un tema molto sentito a Sinnai: l’acqua per l’irrigazione dei campi.
Il ponte che dovrà garantire uno scambio di comunicazione costante tra imprese agricole e assessorato, oltre ai numerosi incontri programmati nelle prossime settimane, sarà affidato al personale delle agenzie agricole regionali presente sui territori, che dovrà confrontarsi ancora di più con agricoltori e pastori. «Abbiamo pensato a un PSR flessibile, snello, di facile lettura e comprensione – ha osservato l’assessore – che potrà essere modificato in itinere a seconda delle esigenze che si svilupperanno nei prossimi sette anni. In tutto il mondo le cose cambiano velocemente e un progetto che poteva andare bene oggi può risultare inadatto fra un anno».
“Qualità ambientale legata alla qualità agroalimentare” è il tema centrale che anima il nuovo PSR. Una specificità che distingue la Sardegna nei mercati di vendita internazionali e che nella nostra Isola è stata finora poco valorizzata. «I nostri animali nascono e crescono all’aria aperta, nei pascoli, non chiusi in uno stabilimento e sotto forte stress – ha detto Elisabetta Falchi – una condizione che rende le produzioni sarde uniche e inimitabili. In tutto il mondo i consumatori cercano la qualità e sono disposti a pagarla bene. Per esempio, la misura del benessere animale, nata per integrare le economie delle aziende ovine, dopo un decennio ha migliorato notevolmente la qualità degli allevamenti e per questo, nel nuovo PSR, abbiamo deciso di allargarla anche al comparto bovino e suino».
«Lavorare in campagna non deve essere visto come un ripiego o come qualcosa di cui vergognarsi, ma dobbiamo fare in modo che i nostri giovani scelgano questa professione che possa garantire un futuro di sviluppo e di crescita», ha proseguito la titolare dell’Agricoltura a chiusura dell’incontro. «L’attenzione della Regione per il ricambio generazionale nel comparto è massima e i bandi che stiamo studiando vengono incontro ai giovani con supporti finanziari specifici e con l’istituzione di un tutor che accompagni passo dopo passo l’avvio della nuova impresa».

 

Il Consiglio regionale ha approvato questo pomeriggio le norme di attuazione dello Statuto per la tutela della lingua sarda e la proposta di legge per la realizzazione di campagne pubblicitarie degli attrattori e dei prodotti della Sardegna attraverso le società sportive.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau, il quale ha comunicato l’adesione del consigliere Alessandro Collu al gruppo di Soberania e Indipendentzia e del consigliere Edoardo Tocco al gruppo di Forza Italia Sardegna.

Il presidente ha poi aperto la discussione sul primo punto all’ordine del giorno: lo “Schema di norme di attuazione n. 3/XV/A. Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Sardegna per il trasferimento delle funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella Regione”.

Il testo approvato dalla Prima commissione, con il parere favorevole della Seconda, prevede che lo Stato trasferisca alla Regione le funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze sarde e catalane, in modo da avere autonomia legislativa, pur nel rispetto delle norme nazionali generali.

Un provvedimento importante ha affermato il relatore, Roberto Deriu (Pd), che deve far gioire il Consiglio, vista l’importanza di un tema così centrale per la Sardegna. Con l’articolo 4, ha spiegato il relatore, viene liberato il legislatore da ogni vincolo per poter attuare l’articolo 3: inserire l’uso della lingua sarda negli uffici e presso il giudice di pace, la distribuzione dei finanziamenti, ma anche l’utilizzo della lingua della minoranza nella scuola dell’infanzia, scuole primarie e secondarie di primo grado. Per Deriu è importante che la Sardegna attui appieno lo Statuto speciale.

Per Marco Tedde (Fi) è un giorno parzialmente felice, perché secondo il consigliere la Giunta Pigliaru ha avuto una battuta d’arresto, dopo il duro lavoro portato avanti negli ultimi 10 anni per la tutela e la valorizzazione della lingua sarda, ma anche del tabarchino, del catalano di Alghero e del gallurese. Battuta d’arresto che si è manifestata nell’incapacità della maggioranza di tutelare le minoranze linguistiche sarde e che ha visto la bocciatura dell’emendamento dell’on. Luciano Uras (Sel) in Senato che prevedeva l’inserimento della lingua sarda nelle trasmissioni della Rai.

Tedde ha affermato che avrebbe preferito che negli articoli 3 e 5 fosse stata fatta una distinzione tra il sardo e il catalano algherese.

Per Paolo Zedda (Soberania e Indipendentzia) «è nostro dovere votare a favore dello schema di attuazione». Secondo Zedda, che ha svolto tutto il suo intervento in sardo, sono fondamentali gli articoli 3 e 4  perché consentiranno alla Regione di avere l’autorità e la capacità di legiferare per tutelare appieno la cultura e la lingua sarda. Per il consigliere è molto importante l’insegnamento del sardo nelle scuole e lo stanziamento delle risorse. Ma la strada è ancora lunga, ha affermato, riferendosi a quanto accaduto in Senato con la bocciatura dell’emendamento dell’on. Uras. «Un fatto grave, gravissimo», ha detto, ricordando che il Consiglio regionale aveva espresso chiaramente la sua volontà con l’approvazione dell’ordine del giorno 36 (Paolo Zedda e più), il 10 marzo scorso, che chiedeva al Parlamento «di garantire un’effettiva salvaguardia delle lingua sarda e del catalano di Alghero prevedendo, all’interno della Carta, un innalzamento del livello di tutela in particolare nei settori dell’insegnamento e dell’informazione; di procedere con ogni consentita urgenza a completare l’iter parlamentare per la ratifica da parte dell’Italia della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie».

Per Angelo Carta (Psd’Az) «la bocciatura dell’emendamento presentato dall’on. Uras in Senato è la bocciatura della possibilità di parlare con la lingua dei nostri padri». Il consigliere sardista ha confermato la volontà di approvare l’ordine del giorno sullo schema di attuazione, ma ha affermato che non si può parlare di testo unitario perché è stato sottoscritto solo da alcuni partiti. Carta avrebbe preferito che venisse inserito nel testo il rammarico per quanto accaduto in Senato e ha auspicato che il presidente Pigliaru difenda la Sardegna davanti al premier Renzi.

Il presidente Ganau ha poi dato la parola all’assessore della Cultura, Claudia Firino. Per la prima volta, ha affermato l’esponente della Giunta, la regione sarda  può disciplinare la tutela e la valorizzazione della cultura e della lingua sarda attraverso una politica linguistica che coinvolga, soprattutto, le nuove generazioni. Anche per Firino questo è un giorno felice perché si è raggiunto un risultato importante ricercato e perseguito da tanto tempo. L’assessore ha poi condiviso la gravità della bocciatura da parte del Senato dell’emendamento che inseriva la lingua sarda nelle trasmissioni regionali Rai e ha annunciato dure prese di posizione nei confronti del Governo.

Il presidente Ganau ha poi annunciato all’Aula che è pervenuto un ordine del giorno (Agus e più) che esprime parere favorevole sullo schema di norme di attuazione dello Statuto speciale per il trasferimento delle funzioni in materia di tutela delle lingua e della cultura sarda.  I consiglieri sardisti Solinas e Carta hanno chiesto una piccola sospensione dei lavori per valutare se ci fossero le condizioni per arrivare a un ordine del giorno unitario.

Il presidente ha accolto la richiesta e sospeso i lavori per cinque minuti.

Alla ripresa dei lavori, il presidente ha annunciato la presentazione di un altro ordine del giorno, firmato dai consiglieri sardisti Angelo Carta, Christian Solinas e Marcello Orrù che «impegna la Giunta ad attivarsi con i parlamentari sardi per modificare alla Camera il testo approvato in Senato».

Il presidente ha messo in votazione il primo testo (Agus e più) che è stato approvato con 39 voti favorevoli e due voti contrari.

Successivamente il Consiglio ha iniziato l’esame di un altro punto dell’ordine del giorno, la proposta di legge n.237/A, che ha come primo firmatario il consigliere Roberto Desini (Sdl) ma è stata sottoscritta da altri consiglieri di maggioranza ed opposizione, relativa alla “Realizzazione di campagne pubblicitarie degli attrattori e dei prodotti della Sardegna”.

Il presidente ha quindi dato la parola al relatore, il consigliere di Sdl Roberto Desini. Nel suo intervento Desini ha affermato che «con il provvedimento si intende fare chiarezza in un contesto caratterizzato dal confine molto sottile fra sponsorizzazioni e sostegno alle società sportive; scopo della legge quindi è consentire alla Regione di avviare campagne pubblicitarie attraverso società sportive professionistiche, ottimo veicolo di una comunicazione articolata che non si limita alla citazione di un brand ma si estende ad una serie di attività collaterali». «Si tratta di una legge semplice e snella che fra l’altro – ha concluso Desini – assegna alla Giunta il compito di definire le modalità concrete ed i criteri di attuazione della stessa legge e prevede, per il 2015, un investimento di oltre 2 milioni di euro».

Il consigliere Mario Floris ha detto che la proposta appare rivolta ai soggetti più capaci di attrarre attenzione ed investimenti ma, in realtà, «consiste in un provvedimento tappabuchi che sana solo in parte una situazione che era sfuggita di mano; sarebbe invece necessaria una riflessione più ampia sul turismo sardo ed una visione strategica del settore». Se l’obiettivo qualificante della legge, ha sostenuto ancora Floris, «è quello di destagionalizzare i flussi turistici è condivisibile ma occorre spingersi più avanti se si vuole guardare alla Sardegna del futuro, ad una Sardegna in grado di proporsi per tutto l’anno con natura arte e tradizioni uniche al mondo; la pubblicità, sotto questo profilo, è una sorta di campo minato, un terreno da azzeccagarbugli, perché il convitato di pietra è la capacità della Regione di essere se stessa ed attrarre flussi turistici ed investimenti». In questi anni, a giudizio di Floris, «la Regione ha perso smalto ed il riordino degli enti di settore si è rivelato deludente, perché si è cancellato tutto (compresa l’agenzia Sardegna promozione) accorpando ogni competenza sull’assessorato con risultati molto scadenti e velleitari rispetto alle ambizioni». Nel merito, ha concluso il consigliere, «la proposta è insufficiente rispetto alle progettualità che avrebbe dovuto esprimere».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha sostenuto che la condivisione della proposta da parte del gruppo di Forza Italia «nasce dalla necessità di promuovere la Sardegna attraverso le società sportive professionistiche, in particolare il Cagliari calcio e la Dinamo Sassari; si tratta di una iniziativa meritoria e tuttavia abbiamo formulato con due emendamenti alcune proposte a favore dello sport e degli atleti sardi che primeggiano nelle varie discipline come il velista Andrea Mura, anche per ovviare alle lacune della legge 17».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi), ha dichiarato che «quello della legge è un intento nobilissimo che mette in luce il ruolo delle società sportive professionistiche ma in realtà non è cosa molto diversa dalle campagne di co-marketing svolte in precedenza, anzi è una specie di auto-goal perché preleva risorse dal sistema turistico già abbondantemente saccheggiato, visto che non è stato emanato un bando degno di nota, e si ripete la commistione con l’assessorato allo sport che ha compiti completamente diversi». «Il problema dell’attrattività della Sardegna come sistema – ha aggiunto Crisponi – è un problema enorme che non si può risolvere con uno stanziamento così esiguo e limitato, con una leggina che in realtà è sotto-dimensionata se vuole dare una risposta forte all’esigenza di richiamare nuovi flussi turistici nazionali ed internazionali verso la Sardegna». «Se vogliamo rilanciare l’economia regionale – ha proseguito Crisponi – non possiamo trascurare il turismo che sta dando oltretutto buoni risultati ma dobbiamo farlo con strumenti e risorse adeguate».

Il consigliere Luigi Ruggeri (Pd) ha espresso chiaramente il suo parere contrario alla legge, «una legge sostanzialmente inutile che aggiunge surretiziamente risorse all’assessorato al turismo che già dispone di fondi per interventi istituzionali, non ultimo l’abbinamento della Dinamo Sassari con i Giganti di Mont’Prama». Sarebbe stato meglio, a suo avviso, «lasciare inalterato lo spazio esistente presso l’assessorato per interventi specifici su singoli obiettivi, mentre va detto anche che per quanto riguarda la distinzione fra sponsorizzazione e comunicazione pubblicitaria il problema esiste ma non basta una legge regionale a risolverlo; anzi, con la legge si alimenteranno nuovi equivoci non molto diversi da quelli registrati con Sardegna Promozione, senza dimenticare che, sotto un altro aspetto, si introducono nuove spese obbligate che non appaiono in linea con una corretta politica di intervento pubblico nello sport». «Non è nemmeno etico –  ha continuato Ruggeri – spendere risorse pubbliche per comporre il budget della società sportive o pagare parte degli ingaggi degli atleti; era ed è giusto intervenire ma con strumenti del tutto diversi».

Ha quindi preso la parola il consigliere di Forza Italia Marco Tedde che ha rimarcato la ratio della norma: sostenere le attività sportive che contribuiscono a diffondere l’immagine della Sardegna in Italia e all’estero. «Abbiamo ben presente la differenza tra sponsorizzazione e pubblicità – ha detto Tedde – qui si parla di soggetti che sono in grado di calamitare l’attenzione del mondo nei confronti dell’Isola che ha una grande necessità di essere promossa. Molti non conoscono ancora la Sardegna ma solo la Costa Smeralda, se questo è vero non ci possiamo dimenticare delle squadre che partecipano a campionati nazionali e contribuiscono a promuovere gli attrattori e i prodotti dell’Isola».

Il consigliere azzurro ha poi annunciato il voto favorevole all’emendamento presentato da alcuni esponenti di Forza Italia (primo firmatario Ignazio Locci) con il quale si propone di finanziare anche atleti e squadre che, pur non svolgendo attività professionistica, partecipano a campionati e manifestazioni di rilevanza nazionale e internazionale.

Forti perplessità sull’impianto della proposta di legge ha espresso Christian Solinas (Psd’Az). «Ho votato contro la copertura finanziaria di questa legge in Commissione. Anziché affrontare le emergenze e risolvere i nodi della crisi della Sardegna ci intratteniamo in argomenti di scarsa rilevanza – ha affermato Solinas – qui si stanziano 2,1 milioni di euro senza conoscere la reale situazione di cassa della Regione».

Il consigliere sardista ha poi ricordato la drammatica situazione del bilancio della Sanita, con circa 350 milioni di deficit, e la possibilità «che a settembre non si riesca a sostenere le spese ordinarie». Al termine del suo intervento, Solinas ha invitato l’Aula a interrompere la discussione del provvedimento: « Forse – ha concluso l’esponente dei Quattro Mori – sarebbe meglio impegnare il nostro tempo ad esaminare il consuntivo della Regione e a delineare una prospettiva di sviluppo per la Sardegna».

Il capogruppo del Psd’Az Angelo Carta ha rimarcato la necessità di restituire dignità alle politiche per il turismo e al ruolo dell’assessorato competente. «L’industria delle vacanze ci permette di attenuare gli effetti devastanti della crisi che ha colpito la nostra Isola – ha detto Carta – l’assessorato al Turismo ha sempre svolto un’azione di supporto fondamentale. Nel disegno di legge non basta parlare di attrattori per nascondere il fatto che stiamo sminuendo il ruolo dell’assessorato al Turismo, ormai ridotto a un mero esecutore di ordini».

Il capogruppo sardista ha infine auspicato la bocciatura del provvedimento: «Non si può dire all’assessorato al Turismo come deve utilizzare le risorse per poi sottrargli 3,7 milioni di euro dal settore dell’artigianato per trasferirli al trasporto locale. La proposta di legge va cassata ed eliminata dalla discussione»

Gianluigi Rubiu, capogruppo di Area Popolare Sarda ha aperto il suo intervento annunciando il voto contrario al provvedimento. «Stiamo snaturando il ruolo dell’assessorato al Turismo – ha detto Rubiu – si vuole dare denaro a chi ha già denaro, in legge per correttezza si dovrebbero indicare anche i nomi delle società professionistiche a cui andranno le risorse».

Secondo l’esponente dell’opposizione «lo sport va sostenuto ma non si può pensare solo alle società professionistiche. Ci sono atleti e squadre che hanno necessità di denaro e vengono sistematicamente ignorate. Avete idea di quanto costa una trasferta a una squadra non professionistica – ha affermato Rubiu – la maggior parte vive grazie all’autofinanziamento delle famiglie e dei sostenitori. Con questa legge si regalano due milioni di euro, non c’è rispetto per i ragazzi che portano il nome della Sardegna nel mondo. Occorre cassare il termine “professionistiche” e aprire a tutti la possibilità di accedere ai finanziamenti».

Il presidente  Ganau ha quindi dato la parola all’assessore al Turismo Francesco Morandi per la replica.

L’esponente della Giunta ha difeso la proposta di legge e invitato l’Aula ad esprimere un voto favorevole. «Si tratta di una proposta interessante – ha sottolineato Morandi – già nel titolo sono chiari gli obiettivi. Vogliamo utilizzare alcuni canali privilegiati per promuovere i prodotti e le bellezze della Sardegna così come fanno altre regioni italiane».

Nessun rischio, secondo l’assessore, di sostenere finanziariamente società professionistiche. «Si tratta di pubblicità – ha affermato Morandi – in legge vengono definiti con chiarezza mezzi, strumenti e tempi delle procedure. Non c’è sostegno alle società ma si parla solo di pubblicità attraverso soggetti con un’elevata potenzialità di diffusione del messaggio promozionale, in grado di raggiungere un pubblico ampio e diversificato».

Al termine del suo intervento, Morandi ha assicurato che «l’assessorato non verrà privato della possibilità di definire gli strumenti per la promozione turistica».

Il presidente Ganau ha quindi posto in votazione il passaggio agli articoli che è stato approvato dall’Aula. Si è quindi passati all’esame dell’articolo 1 e dell’unico emendamento presentato alla legge.

Non essendoci iscritti a parlare, il presidente ha posto in votazione il primo articolo che ha ottenuto il via libera dal Consiglio.

L’Aula è poi passata all’esame dell’emendamento. Il primo firmatario, Ignazio Locci (Forza Italia), ha chiarito l’obiettivo della sua proposta: sostenere atleti non professionisti che partecipano a manifestazioni sportive di grande rilevanza internazionale come il velista Andrea Mura che viene escluso da questa norma.

Edoardo Tocco (Forza Italia), firmatario della proposta di legge, ha espresso un giudizio positivo sull’emendamento «che consente di inserire società non professionistiche in senso stretto ma che hanno un ruolo fondamentale nei campionati nazionali. Non sono tantissime, si tratta di trovare la formula giusta per consentire a queste società di continuare ad operare».

Favorevole all’emendamento anche il capogruppo del Psd’Az Angelo Carta. «Una sua approvazione mitigherebbe gli effetti negativi della legge – ha detto Carta – prevedere un sostegno anche agli atleti non professionisti eviterebbe una destinazione specifica della legge, sarebbe un buon segnale da parte del Consiglio».

Il consigliere dei Riformatori Luigi Crisponi ha ricordato che, senza una correzione, dai benefici della legge sarebbero esclusi campioni come il velista Gaetano Mura e il pugile Alessandro Goddi, entrambi vincitori di numerose manifestazioni nazionali e internazionali. «Si tratta di personaggi che da anni portano in giro nel mondo una bella immagine della Sardegna. A questi atleti orgogliosi occorre dare il sostegno della Regione. Basta un semplice sì all’emendamento».

Il presidente Ganau ha quindi messo in votazione l’emendamento che è stato bocciato con 27 voti contrari e 18 a favore.

Subito dopo il voto, il consigliere Ignazio Locci ha annunciato il ritiro della sua firma dalla proposta di legge.

Si è poi passati alla votazione dell’articolo 2 per il quale il capogruppo di Area Popolare Sarda Gianluigi Rubiu ha chiesto il voto a scrutinio segreto. La norma è stata approvata con 24 sì e 21 no.

Via libera anche all’articolo 3 (a scrutinio palese), mentre per la votazione al testo finale della legge è stato richiesto ancora una volta lo scrutinio segreto. Questo l’esito del voto: votanti 45, favorevoli 24,  contrari 21.

Al termine della votazione è stata convocata la conferenza dei Capigruppo.Alla ripresa dei lavori, il presidente Ganau ha dichiarato chiusa la seduta e aggiornato i lavori a domani alle 10.30.

Consiglio regionale 2 copia