Il controllo sulla Sanità ritorni a Province e Comuni – di Mario Marroccu
Il distacco comunicativo, sui temi sanitari, tra Regione, Province e Comuni, è una delle cause del fallimento del sistema sanitario regionale. L’incomunicabilità iniziò nel dicembre del 1992 quando il ministro Francesco Di Lorenzo escluse i politici provinciali dalle amministrazioni delle USL, e inventò i “manager”. Tale incomunicabilità peggiorò per una malintesa interpretazione della riforma del titolo quinto della Costituzione, avvenuta il 18 ottobre 2001 quando, di fatto si passò dal SSN unico ai 21 SSR (Sistemi Sanitari Regionali). La Costituzione, riformata agli articoli 114 e 117, da allora conferisce alla Regione una “potestà legislativa” che prima non aveva; al tempo del Sistema Sanitario Nazionale unico, infatti, tale potere era riservato solo allo Stato. Esattamente la Costituzione afferma, all’articolo 117, che la Regione ha la potestà di produrre leggi regionali “concorrenti” per gestire il proprio Sistema Sanitario Regionale. La potestà legislativa concorrente delle Regioni prevede che sia lo Stato che le Regioni possano legiferare nelle stesse materie. Lo Stato stabilisce i principi fondamentali (in questo caso i LEA) mentre alle Regioni spetta il compito di emanare leggi attuative e di dettaglio per il resto. La Regione Sardegna, pertanto, ha la potestà legislativa per poter delegare la competenza di gestire la Sanità alle Province e ai Comuni. Con una legge ad hoc la Sardegna potrebbe disporre che vengano delegate le funzioni di Presidente della ASL ad un rappresentante politico del luogo. Nominato il Presidente, la Regione può affiancargli un Consiglio di amministrazione, che sarà formato da una rappresentanza di sindaci della stessa Provincia. Con queste figure politiche, poste al vertice della ASL, le amministrazioni locali possono riottenere il titolo per controllare la ASL.
Nota bene: esiste già un embrione di questa idea nell’attuale Piano sanitario regionale in cui si riconosce alla Commissione Sanitaria Provinciale la funzione di controllo (esterno e puramente teorico) sul Direttore Generale della ASL; tuttavia tale Commissione è del tutto ininfluente ed è senza reali poteri. Ciò che si ipotizza in questa proposta è la costituzione di una struttura, di natura politica locale, posta all’interno dell’organismo dirigenziale della ASL, che affianchi e sovrasti politicamente il Direttore generale.
Il Sistema Sanitario Nazionale varato nel 1978 funzionava molto bene. Ebbe il difetto di non rispettare la regola del pareggio di bilancio e di indebitare lo Stato. Nella storia fu la sanità più stimata dagli italiani.
Aveva due caratteristiche: una buona e una cattiva. La buona consisteva nell’impegno, posto dai politici locali, nel garantire una sanità apprezzata dalla popolazione. La caratteristica deleteria consisteva nell’abuso, delle “spese a piè di lista” delle USL, per ottenere i rimborsi di spese eccessive su quelle programmate, giustificandole come necessarie. Spese che avvennero senza freni. I debiti registrati nella Sanità pubblica furono tali da indurre i governi successivi che amministrarono l’Italia dal 1992 in poi, a eliminare le figure dei politici locali dalle USL. Al loro posto, alla direzione delle ASL, vennero incaricati i “manager”. Questi erano figure monocratiche che riassumevano, in una unica persona, tutti i poteri e tutte le funzioni che prima appartenevano ad una macchina amministrativa più complessa, e rappresentativa del territorio, fatta di amministratori locali. La riforma dei “manager” ebbe il pregio di mettere sotto stretto controllo la contabilità e rispettare il pareggio di bilancio; ebbe, tuttavia, il difetto di attribuire a quella figura amministrativa anche una funzione a cui non poteva essere adeguata: la funzione di interprete della volontà popolare. Compito che è sempre stato delegato, e sarà, ai politici locali e provinciali. Il manager, a causa della sua natura prettamente tecnica, aveva come primo obiettivo la contabilità, anche a costo di andare contro le aspettative di assistenza. Attraverso questa via, in circa tre decenni, la Sanità pubblica si è sgretolata.
Una volta riconosciuta l’inadeguatezza della Sanità dei “manager”, oggi si potrebbero riprendere in considerazione gli strumenti politici del passato che resero efficiente la Sanità pubblica. Ciò è possibile restituendo incarichi di gestione ai politici locali imponendo, tuttavia, la loro esclusione dal controllo della contabilità; questa dovrebbe restare un dominio esclusivo e indipendente del Direttore generale della ASL. Una figura “estranea” nata a quello scopo.
L’articolo 117 della Costituzione, così come modificato nel 2001, ci offre lo strumento legittimo per procedere; esso conferisce la “potestà legislativa” alle Regioni in tema di sanità. In sostanza, attraverso la “legiferazione concorrente”, le Regioni possono produrre norme proprie adatte a cambiare la propria sanità futura.
La Regione Sardegna può legiferare sulla struttura organizzativa delle sue ASL restituendo ai nostri Comuni e alle Province la funzione di controllo al loro interno. Una volta stabilito il vincolo del pareggio di bilancio, riservato in esclusiva al manager, si potrebbe mettere l’intera amministrazione sotto il controllo politico dei sindaci e del presidente della Provincia. Sarebbe sufficiente un’integrazione all’articolo che indica gli organi direttivi delle ASL introducendo le figure del:
– Presidente della ASL (eletto dai sindaci e incaricato dalla Giunta regionale), e del
– Consiglio di amministrazione (eletto con regole simili a quelle per la Provincia).
La loro azione verrebbe supportata dal Consiglio dei sanitari, formato da tutti i primari, da un rappresentante dei medici, da uno degli infermieri e da uno dei tecnici. Il Consiglio dei sanitari avrebbe le funzioni di organo propositivo e consultivo per il Presidente, per il Consiglio di amministrazione, e per il Direttore generale.
Una volta restituita la rappresentanza politica territoriale alle ASL, sarebbe da considerare come ricostituita la “cinghia di trasmissione” tra cittadini e direzione tecnica della ASL.
Proposta
Si disegna una proposta che modifica un articolo della legge di istituzione del Servizio Sanitario Regionale. Si tratta dell’articolo che istituisce gli organi dirigenti della ASL.
Gli organi della ASL sono:
– il Presidente: viene eletto dal Consiglio dei sindaci di tutto il territorio con le regole utilizzate per la Provincia; è incaricato dalla Giunta regionale. Ha funzioni politiche di proposta, programmazione e controllo. Rappresenta il Consiglio di amministrazione raccogliendo le istanze popolari.
– Il Consiglio di amministrazione; ha funzioni politiche di proposta, programmazione e controllo.
Viene eletto, contestualmente al Presidente, dalle amministrazioni locali territoriali secondo lo stesso metodo dettato dalla legge regionale per i consigli provinciali. Si limiterebbe a 6 rappresentanti, più il Presidente. Ha la funzione di rappresentare le istanze popolari nel bisogno di salute.
– Il Consiglio dei sanitari; formato da tutti i medici di II livello, da un rappresentante dei medici di I livello, da un rappresentante degli infermieri, da un rappresentante dei tecnici, e da un rappresentante dei medici di base eletti dai rispettivi gruppi. È presieduto dal Direttore sanitario della ASL.
Ha funzioni di rappresentanza delle istanze provenienti da tutto il personale sanitario ospedaliero e territoriale presso il Consiglio di amministrazione, il Presidente, il Direttore generale, il Direttore amministrativo. È inoltre di supporto tecnico, di proposta e di verifica al fine di migliorare l’efficacia dell’azione dell’apparato sanitario.
– Il Direttore sanitario della ASL viene eletto dal Consiglio dei sanitari. Viene indicato dal Presidente della ASL al Direttore generale che gli conferisce l’incarico. Assieme al Direttore amministrativo egli ha funzioni di supporto tecnico del Direttore generale, e di consulente del Presidente. Rappresenta il Consiglio dei sanitari.
– Il Direttore generale, incaricato dalla Giunta regionale. È il capo della gerarchia amministrativa. Pianifica la programmazione amministrativa informando il Presidente, il Consiglio di amministrazione e il Consiglio dei sanitari, il Direttore amministrativo. Ne recepisce i pareri e suggerimenti; decide di acquisirli o meno in autonomia, dandone il motivo. È il responsabile del pareggio di bilancio. Ha il potere esecutivo.
– Il Direttore amministrativo; è la seconda figura nella gerarchia amministrativa, ha funzioni esecutive in subordine al Direttore generale.
Questa proposta deriva dall’assunto che le figure tecniche qualificate per cogliere i bisogni sanitari specialistici necessari alla popolazione sono i medici, gli infermieri e, soprattutto, lo è il massimo referente dell’apparato sanitario che è il primario ospedaliero (dirigente di II livello). I primari delle Unità operative hanno il polso dei bisogni sanitari della popolazione e dei provvedimenti tecnici per soddisfarli. Da essi dovrebbero nascere le indicazioni alle amministrazioni delle ASL; indicazioni che, raccolte dal Consiglio dei sanitari, vengono comunicate al Presidente e al Direttore generale. Si tratta di un campo dei bisogni ben preciso: il bisogno in medici specialisti, in personale infermieristico e tecnico, in nuove tecnologie diagnostiche e terapeutiche, e in nuove strutture (Unità operative). In questa visione la parte amministrativa avrebbe competenza sulle manovre contabili per realizzare i progetti programmati, e avrebbe la fondamentale funzione di dare assistenza ai medici nel compimento della loro missione curativa secondo le necessità registrate.
Su tutti, a capo del Sistema formato da medici e amministrativi deve esistere una figura che funga da interfaccia tra: popolazione (utenti), personale sanitario, e personale amministrativo. L’interfaccia deve necessariamente riassumere in sé la complessa funzione di rappresentante della politica territoriale all’interno di una struttura contemporaneamente tecnica e amministrativa: tale figura è il Presidente.
Il Presidente ha la funzione di intermediatore tra politici locali e amministrazione della Sanità pubblica. Si tratta di quella interfaccia che venne negata dalle leggi di riforma varate con i vari DPR dal 1992 al 1999.
Secondo la logica di questa ipotesi di proposta il capo della ASL deve essere un rappresentante politico del territorio (un sindaco o il presidente della provincia). La programmazione del servizio reso dai medici deve essere competenza del rappresentante del Consiglio dei sanitari; la funzione amministrativa-contabile, e del controllo di legittimità degli atti, deve essere competenza del Direttore generale (“o manager”), in qualità di responsabile unico della programmazione finanziaria e garante del pareggio di bilancio. Il Presidente della ASL deve avere le attribuzioni della “figura politica” di controllo e proposta, e occupa il vertice della piramide gerarchica della ASL. La base della piramide è formata dai cittadini elettori del territorio.
Nella logica di questa esposizione, che è conforme agli articoli 114 e 117 della Costituzione, la catena di legittimità inizia con il consenso degli elettori; all’altro estremo si conclude con il Presidente della ASL.
I cittadini elettori eleggono i sindaci; i sindaci designano fra di loro il Presidente della ASL; il Presidente della ASL ottiene l’incarico dall’assessore regionale; il Presidente della ASL sarà il Presidente del Consiglio di amministrazione; il Presidente riceve gli input sulla programmazione tecnico-sanitaria dal Consiglio dei sanitari; il Consiglio dei sanitari elegge il Direttore sanitario al proprio interno. Il Presidente dà gli input programmatici al Direttore generale. Il Direttore generale domina la macchina amministrativa ed ha la responsabilità dell’equilibrio di bilancio.
Questa proposta è un disegno che indica concretamente la composizione della gerarchia politico-amministrativa destinata al riavvio della Sanità pubblica territoriale e regionale.
Poste queste basi, si possono individuare i principi guida per la struttura da dare al personale di: organici dei medici, infermieri e tecnici, delle Case della salute, di comunità, territorio, ospedali.
Mario Marroccu
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