11 October, 2024
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Il Consiglio regionale ha rinviato ancora l’elezione del nuovo vicepresidente e del garante dell’adolescenza e dell’infanzia ed ha approvato i primi quattro capitoli della proposta di riforma della rete ospedaliera.

In apertura di seduta il presidente Ganau ha subito convocato la Conferenza dei capigruppo. Alla ripresa dei lavori, dopo le formalità di rito, il presidente ha comunicato all’Aula la decisione della Conferenza di rinviare a una seduta successiva l’elezione del vicepresidente del Consiglio e la nomina del Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, primi due punti inseriti all’ordine del giorno. L’Aula è quindi passata all’esame dei 12 capitoli della proposta di ridefinizione della rete ospedaliera regionale.

Sull’ordine dei lavori, ha chiesto di intervenire la consigliera di Forza Italia Alessandra Zedda che ha lamentato una mancanza di rispetto nei confronti dell’Assemblea sarda in occasione della visita di ieri a Cagliari del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

«Il Consiglio merita un trattamento diverso almeno pari a quello riservato all’Università – ha detto Alessandra Zedda – ieri, inoltre, alcuni consiglieri sono stati considerati di serie A , altri di serie B. Credo che la nostra istituzione debba avere più rispetto».

Rivolta al presidente Ganau, la consigliera di Fi ha invocato un impegno più stringente nella difesa del ruolo dell’Assemblea sarda: «Quando si organizzano certe manifestazioni questa istituzione non può non esistere – ha concluso Alessandra Zedda – così come non sono tollerabili disparità per i consiglieri, abbiamo tutti la stessa dignità».

Immediata la replica del presidente Gianfranco Ganau: «Non sono a conoscenza di queste disparità, approfondirò in merito».

Marco Tedde (Forza Italia) si è invece soffermato sui fatti di Barcellona. «Alcuni giorni fa – ha detto Marco Tedde – il Consiglio ha approvato un ordine del giorno di solidarietà al popolo catalano che si apprestava a votare per il referendum sull’indipendenza. Ero a Barcellona domenica scorsa per assistere, in qualità di osservatore alle operazioni di voto. I catalani si sono espressi in modo pacifico e democratico mentre c’è stata una reazione di violenza inaudita da parte del governo spagnolo. Credo che oggi il Consiglio debba approvare un nuovo ordine del giorno in cui si ribadisce la solidarietà al popolo catalano e si esprime condanna per le violenze consumate dal Governo Rajoy».

E’ quindi intervenuto il presidente della commissione Bilancio Franco Sabatini (Pd) per chiedere un pronunciamento forte dell’Aula su la mancata soluzione della vertenza sugli accantonamenti fiscali. «Quando abbiamo discusso l’ultimo assestamento di bilancio molti consiglieri si sono concentrati sul disavanzo della Sanità – ha detto Franco Sabatini – si rischia però di dimenticare il vero problema che mette a rischio la tenuta del bilancio regionale. Sto parlando degli accantonamenti: dal 2012 al 2016 lo Stato ha trattenuto 2,644 miliardi di euro che nel 2017 arriveranno a 3,327. E’ una situazione non più sostenibile».

Secondo Sabatini senza queste risorse non si potrà parlare di sviluppo e di potenziamento della Sanità. Per questo è necessario aprire con forza una nuova vertenza con lo Stato: «La Giunta e il presidente Pigliaru conoscono il problema e si stanno attrezzando serve però un’azione unitaria del Consiglio – ha proseguito Franco Sabatini – propongo una Conferenza dei capigruppo per decidere una convocazione straordinaria dell’Assemblea Sarda sotto Palazzo Chigi».

Daniele Cocco (Art. 1 – Mdp) ha invece chiesto chiarimenti sulla decisione di trasferire le competenza per l’accertamento delle invalidità civili dalle Asl all’Inps. «Mi giunge notizia che oggi sarebbe stata firmata un’intesa tra Ats e Inps – ha affermato Daniele Cocco – ricordo che le sedi dell’Istituto di previdenza sono presenti solo nelle città capoluogo di provincia. Se così fosse, i pazienti chiamati ad accertamenti dovrebbero sobbarcarsi ulteriori disagi. E’ vero che la legge 295/90 ammette la possibilità di convenzioni delle Regioni e Inps. In questo modo però non si firmano semplici convenzioni ma si trasferiscono competenze».

Gianfranco Congiu (Pds) si è detto d’accordo con Sabatini “se non fosse che a luglio 2017 c’è stata una sentenza della Corte Costituzionale che pone la parola fine su ogni rivendicazione sarda in materia di accantonamenti”.

Citando la sentenza della Consulta, Gianfranco Congiu ha ricordato che con quel provvedimento la Suprema Corte ha sancito la possibilità da parte lo Stato di trattenere le risorse fiscali destinate alle Regioni in nome di un superiore interesse nazionale. «Fino al 2019 questa normativa non potrà essere modificata – ha sottolineato Gianfranco Congiu – la visita di Sergio Mattarella è stata un’occasione persa. Oggi il confronto con il Governo va impostato con un glossario diverso. Auspicare o invocare aiuto significa sperare in un miracolo. Occorre invece modificare l’approccio al problema. Serve un cambio di strategia. Con Sergio Mattarella serviva una rivendicazione più severa».

Il presidente Gianfranco Ganau ha richiamato i consiglieri ad attenersi agli argomenti in discussione: «Quando si interviene sull’ordine dei lavori non si può parlare d’altro – ha ricordato Ganau – oggi chiudiamo gli interventi ma dalla prossima seduta procederemo secondo Regolamento».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha dato ragione al presidente ma, allo stesso tempo, ha rimarcato la necessità di esprimersi su un tema importante come quello sollevato dal presidente della Commissione Bilancio: «Sabatini pone un problema sul quale non possiamo dividerci. Sulle iniziative del Consiglio si tratta di sopperire a una inerzia che si è palesata in questi anni di governo della Giunta Pigliaru con un atteggiamento remissivo e di retroguardia – ha detto Pietro Pittalis – stiamo arrivando in ritardo, ma meglio che mai. Assumiamo un’iniziativa forte, speriamo che la Giunta sia a fianco del Consiglio. La battaglia si può fare anche con forme estreme. Pigliaru però aveva la possibilità di chiedere di essere convocato in sede di Consiglio dei ministri per le questioni che riguardano la Sardegna».

Il capogruppo di Forza Italia ha poi chiesto uno scatto d’orgoglio alla politica: «Ciò che è successo in Catalogna viene sottovalutato da Roma – ha concluso Pietro Pittalis – la politica ha il dovere di prevenire episodi come quelli che si sono verificati a Barcellona».

Il capogruppo dei Cristiano Popolari Socialisti Pierfranco Zanchetta (Upc) si è detto d’accordo con la proposta di Sabatini. Rivolgendosi al consigliere Gianfranco Congiu, Zanchetta ha invece espresso un giudizio positivo sull’atteggiamento assunto dal presidente Pigliaru nei confronti dello Stato: «Ieri non è stata un’occasione persa. Francesco Pigliaru in modo puntuale ha portato le nostre richieste a Sergio Mattarella – ha detto l’esponente di Cps – sulla necessità di utilizzare al meglio le nostre risorse finanziarie ritengo che accanto alle grandi battaglie debbano essere combattute anche quelle più piccole. Una di queste riguarda l’utilizzo delle risorse per la sanità destinate ai comuni delle isole minori. Su  30 milioni di euro di fondi statali, le isole minori della Sardegna non ricevono nemmeno un euro».

Attilio Dedoni, capogruppo dell’Udc, ha insistito sulla necessità di rivedere i rapporti istituzionali tra la Regione e lo Stato. «Franco Sabatini ha ragione – ha detto Attilio Dedoni – è vero che c’è una sentenza della Corte Costituzionale ma ciò non impedisce trattative tra governi. La strada è quella del riconoscimento del principio di insularità. Muoviamoci in una direzione univoca. Abbiamo uno strumento referendario in mano per far riconoscere questo principio».

Ha quindi preso la parola il presidente della Regione Francesco Pigliaru che ha invocato la necessità di affrontare il tema dei rapporti con il Governo nazionale in modo unitario.

Sugli accantonamenti, Francesco Pigliaru ha ricordato che la vertenza si trascina ormai da anni: «Oggi il problema è cresciuto in modo insostenibile. Nessuno ha paura di alzare la voce, si tratta di approcci diversi – ha affermato il presidente della Regione – quando si parla di accantonamenti non si può raccontare solo una parte della storia. Certo ci saremmo aspettati una risposta diversa e siamo pronti ad alzare la voce. Ci sono però altre pagine positive come la firma del Patto della Sardegna ch ha dentro moltissime risorse in più rispetto ai 1509 milioni assegnati solitamente alla Sardegna. Se oggi parliamo di metano in modo concreto è per questo, la partita energia vale una cifra importantissima di molte centinaia di milioni. Altri milioni li abbiamo ottenuti collaborando con il Governo: il Patto per la Sardegna riconosce il problema insularità sulla base di un dossier presentato da noi. Non abbiamo risolto tutto, di fronte al presidente della Repubblica non abbiamo perso l’occasione e abbiamo ricordato che il problema insularità non si risolve solo con soldi in più ma anche con regole, con la possibilità di spendere soldi nostri per cose utili. Oggi abbiamo regole e normative di Bruxelles che ci rendono difficile spendere le risorse e garantire un vero diritto di cittadinanza. In molti casi non è un problema di soldi ma di regole sulla spendita».

Sugli accantonamenti, Francesco Pigliaru si è detto pronto ad appoggiare la battaglia del Consiglio: «La Giunta è pronta a schierarsi con il Consiglio, ricordo però che il rapporto con il Governo non finisce con gli accantonamenti. Ci sono pagine positive e negative».

Ha preso poi la parola l’on. Paolo Zedda, che ha detto: “In questi giorni si è discusso delle prospettive di indipendenza ed è stata persino presentata un’ipotesi di Costituzione della Repubblica sarda, si ipotizza un referendum sull’indipendenza della Sardegna. Ma nel frattempo come quelle persone che guardano il cielo e aspettano che si avverino i desideri, abbiamo uno Statuto della Sardegna sul quale potremmo intervenire per scrivere che la Sardegna è un’isola e ha problemi di territorio, di inquinamento del territorio, di collegamenti con il Continente. Dobbiamo iniziare a pensare a quel che si può fare davvero: siamo l’unica Regione a Statuto speciale che non ha messo mano alla sua Costituzione, scritta ai tempi in cui si andava col carro a buoi.  Perché non facciamo questo, perché non modifichiamo lo Statuto entro la fine di questa legislatura?”.

Il presidente Gianfranco Ganau ha chiesto alla commissione Sanità e alla Giunta il parere sugli emendamenti al capitolo primo del testo denominato “Proposta di ridefinizione della rete ospedaliera”.

L’on. Edoardo Tocco (Forza Italia) ha detto: “Siccome siamo ancora in alto mare col documento che stiamo discutendo, sarebbe opportuno fermarci un attimo visto che nel frattempo gli atti aziendali, i trasferimenti e i tagli vanno avanti. C’è un grande malumore negli ospedali: oggi si è perfino dimesso il primario di Oculistica del Brotzu e mi dicono che non sarà l’unico caso. Assessore, glielo dico seriamente: è il caso di fermarvi a riflettere”.

Per l’on. Emilio Usula (Rossomori) “la discussione per me deve iniziare con un plauso agli estensori di questo testo. Alla pagina 8 si parla di insularità e della difficoltà delle reti di comunicazione fra territori; si parla di territori e spopolamento. Peccato che la premessa sia condivisibile ma non tutto il resto: nelle pagine successive innescate una retromarcia e prendete ben altra direzione. Le distanze non contano più, le difficoltà di collegamento nemmeno.  Siete incoerenti con le vostre stesse premesse e con i differenti fabbisogni, tanto che questa riforma nasconde un pasticcio e un imbroglio: è un’occasione persa, come avrò occasione di spiegare più avanti”.

Per il leader sardista Christian Solinas “non è corretta la declaratoria di inammissibilità operata sugli emendamenti del Psd’Az, regolamento alla mano. Ma siccome si tratta di oltre mille emendamenti stiamo parlando di un vulnus che rimarrà in questo dibattito”.

Il presidente Gianfranco Ganau ha replicato che “si tratta di una consuetudine di questo Consiglio e non c’è possibilità di ammettere un emendamento su un emendamento soppressivo”.

Per Forza Italia è intervenuto l’on. Mariano Contu, secondo cui “non si può dimenticare che già nell’approccio al documento si colgono carenze molto evidenti. In particolare il fatto che non si conoscono i bisogni di tutti i territori e dunque si scrive un progetto sanitario senza sapere esattamente che funzione dovrà svolgere. Mancano le fondamenta e non vi siete presi la briga di verificare come si traduce, nel concreto, la vostra riforma della rete ospedaliera”.

L’on. Marco Tedde (FI) ha esordito ricordando “gli aspetti negativi di un piano che non è certo in linea con i propositi con le dichiarazioni elettorali di Pigliaru. Non possiamo condividere questa vostra riorganizzazione, disegnata a tavolino come se la Sardegna fosse la Toscana o il Piemonte. E come se non bastasse in nove mesi non siete riusciti nemmeno a nominare il direttore generale dell’Areus. Chi pagherà i danni che state facendo ai sardi? Chi pagherà per i vostri errori marchiani, che costellano questo benedetto piano? Non sono barzellette ma ci stiamo avvicinando”.

Sempre dai banchi dell’opposizione  è intervenuta l’on. Alessandra Zedda (FI) e ha parlato degli emendamenti: “Quando si citano le leggi bisognerebbe capire se sono affini alla norma e poi applicarle. Come rendiamo applicabile il DM70 con la riorganizzazione che state mettendo in piedi? E come pensate di applicarlo per alcuni ospedali e non per altri? Bisognava armonizzare la norma ministeriale con la nostra specialità e invece non è stato fatto”.

Per FLI ha preso la parola l’on. Paolo Truzzu, che ha sollevato “un problema generale per l’Aula. Ricordo Francesco Pigliaru che citò Luigi Einaudi nella prima seduta: vi pare che quest’Aula sia davvero in grado di deliberare? Non conosciamo nemmeno i conti della Sanità nel 2016”.

Per l’on. Giorgio Oppi (Udc) “non è accettabile che si dica che una struttura come Ematologia debba essere trasferita prima a ottobre, poi a novembre e ora a gennaio. Dovete evitare la confusione e darci un quadro di quel che accadrà. Ormai nessuno sa più nulla, manco se la Dialisi rimarrà a Iglesias o se andrà a Carbonia. Manca tutto, compresa la sensibilità verso i pazienti. Noi ritireremo questo primo blocco di circa 80 emendamenti soppressivi, fermo restando che agiamo alla luce del solo. Non come altri, che fanno ricomparire ciò che era già stato sparire”.

Il PDS ha preso la parola con l’on. Augusto Cherchi e ha detto: “La dotazione dei posti letto secondo il DM70 è un valore dal quale ci discostiamo al ribasso e lo facciamo tenendo conto anche dell’ospedalità privata.  Anche i tassi di occupazione per posto letto sono al di sotto della media nazionale ma dal 2011 stiamo andando a ridurre i tassi di occupazione mettendoli in linea con quelli nazionali”.

Forza Italia ha annunciato con il suo capogruppo Pietro Pittalis che “manterrà tutti i suoi emendamenti e parlerà su tutti gli emendamenti. Lo hanno detto prima di noi le organizzazioni sindacali e le organizzazioni di categoria, lo hanno detto i cittadini con i loro comitati: la riforma che state proponendo è sbagliata e fa soffrire soprattutto le aree interne della Sardegna.  Le conseguenze che rischia di produrre questo piano sono fortemente gravi e pregiudicano una sanità di qualità per tutti i cittadini sardi. Compreso quel cittadino arrivato col codice verde al Santissima Annunziata di Sassari  che è morto poco fa a Sassari in codice verde in attesa di essere visitato. Spero che su questo l’assessore Arru indaghi e individui la responsabilità, se c’è una responsabilità. Avete i numeri per approvare questo atto: fate pure. Noi non chiederemo il voto segreto, vogliamo che emerga tutta la vostra responsabilità”.

L’on. Busia (Cps) ha chiesto all’assessore Arru alcuni chiarimenti sui posti letto in Gallura. L’assessore Arru ha espresso il cordoglio per i fatti riferiti dall’on. Pietro Pittalis: “Ho chiesto informazioni e avrò maggiori dettagli su quanto è successo. Riferirò all’Aula e intanto all’Aula chiedo maggiore serenità. Non è vero che c’è un primario che si è dimesso: c’è un primario che va in pensione e si assenterà in anticipo perché ha centinaia di giorni di ferie arretrati. Diciamo anche che è di oggi la notizia secondo cui la stroke unit del Brotzu è stata inserita tra le prime dieci strutture italiane. Ecco, noi cerchiamo di fare ragionamenti articolati e di dire le cose come stanno, seguendo un fondamento scientifico nella programmazione sanitaria”.

Il presidente Gianfranco Ganau ha messo in votazione l’emendamento soppressivo 4 (Pittalis – Truzzu), che è stato respinto.

Bocciati anche il 601 e il 602.

Sui posti letto del “Mater” di Olbia sono intervenuti gli onorevoli Luigi Ruggeri (Pd), Annamaria Busia e Francesco Agus (Cps) per chiedere questi ultimi una diversa formulazione dell’inciso contenuto nel testo. E’ intervenuto per chiarimenti anche il presidente Ganau e a seguire anche l’on. Oppi, secondo cui “è opportuno precisare meglio che i posti letto per la Sardegna sono 3,55 ogni mille abitanti”.

Approvato il testo del capitolo 1. 

Successivamente il Consiglio ha iniziato la discussione del secondo capitolo (Contesto regionale).

Il vice presidente della commissione Sanità Edoardo Tocco (Forza Italia) ha affermato che «la distribuzione territoriale del sistema sanitario regionale mette in primo piano la necessità di un servizio efficiente di emergenza urgenza, che però ancora non esiste, ragione di più per fermarsi e sospendere l’esame del provvedimento, considerato che il sevizio di elisoccorso partirà concretamente non prima di un anno». In questa fase, dunque, a giudizio di Tocco «saranno particolarmente esposti proprio i presidi ospedalieri più piccoli e marginali, sia dell’interno che nelle zone costiere; la riflessione che sollecitiamo ha perciò lo scopo di dare spazio alle richieste dei sardi che vivono nei piccoli centri ed hanno una situazione di grande difficoltà».

Sempre per Forza Italia, il vice capogruppo Marco Tedde ha definito il secondo capitolo del documento «quello che evidenzia di più, in negativo, le tante peculiarità della Sardegna, per cui è stato un grave errore utilizzare i modelli di altre Regioni profondamente diverse dalla nostra ed inoltre, con il sistema ipotizzato, non sarà possibile rispendere alla domanda di salute dei sardi, nemmeno negli hub di Cagliari e Sassari perché soprattutto quello sassarese è sottodimensionato». Insomma, ha sintetizzato Tedde, «emerge uno scenario di fondo preoccupante aggravato dal fatto che ancora oggi, dopo nove mesi, non esiste il settore dell’emergenza-urgenza solo a causa di problemi politici interni alla maggioranza o al Pd, situazione che però non deve interessare l’assessore, chiamato comunque a dare risposte».

Alessandra Zedda, anch’essa vice capogruppo di Forza Italia ha segnalato che, «mentre a parole si tiene in considerazione il problema dell’insularità, poi se ne prescinde in modo evidente perché, ad esempio, i due poli principali non hanno dotazioni adeguate e non si intravede una approfondita analisi socio economica dei diversi territori; da ciò emerge la mancanza di un ragionamento omogeneo e coerente che dia sostanza al problema dell’insularità e dei territori più marginali dell’Isola».

Il consigliere dei Rossomori Emilio Usula ha ribadito quanto dichiarato in precedenza, nel senso che «che da premesse di segno positivo condivisibili discendono conseguente totalmente opposte ed anzi, di fatto, si stanno creando le basi per un forte accentramento di servizi sui due poli con l’impoverimento della Sardegna centrale, già povera e meno coperta dai servizi essenziali, continuando ad alimentare malessere e spopolamento». La Sardegna invece, ha sostenuto, «deve essere considerata un unicum territoriale con una marcata interdipendenza funzionale fra tutti i territori, per realizzare equità di servizi e garanzie di sussidiarietà verso i più deboli». In conclusione, Usula ha citato l’esempio della Puglia dove si è privilegia la buona organizzazione rispetto alla mappa della distribuzione della popolazione, «nonostante la Puglia abbia caratteristiche morfologiche molto diverse dalla Sardegna e ben quattro Regioni confinanti ai quali i cittadini possono rivolgersi»

Al termine di quest’ultimo intervento il Consiglio, dopo aver respinto tutti gli emendamenti presentati, ha approvato il secondo capitolo e, successivamente, anche il terzo (Rete ospedaliera attuale) ed il quarto (Ricorso all’ospedale).

Concluse le votazioni, il presidente ha tolto la seduta comunicando che la commissione Sanità riprenderà i suoi lavori domattina alle 10.00 per proseguire l’esame degli emendamenti.

Il Consiglio regionale, invece, è stato convocato per martedì prossimo, 10 ottobre, alle ore 16.00.

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«Prendiamo atto della fine dell’emergenza sanitaria. Riaprono le scuole e la popolazione può riprendere a respirare senza preoccupazione. Tuttavia ora serve fare piena chiarezza su quanto successo per scongiurare il ripetersi di un’emergenza che ha tenuto sotto scacco un’intera città

Il consigliere regionale Francesco Agus interviene sull’emergenza ambientale e sanitaria scoppiata nel mese di settembre presso il Parco di Molentargius.

«Gli scarponi degli addetti ai lavori squagliati per le alte temperature del suolo e le finestre delle abitazioni sigillate per giorni per evitare la propagazione dei fumi inquinati nelle proprie case sono immagini terrificanti. Nel Parco di Molentargius – aggiunge Francesco Agus – ogni estate scoppia almeno un incendio. Quest’anno è apparso evidente come il sistema regionale di prevenzione e lotta attiva agli incendi risenta di carenze organizzative e di organico e non sempre abbia i mezzi per contenere efficacemente e celermente le emergenze. In questo caso si tratta di un Parco naturale regionale, un’area di incredibile pregio per di più inserita all’interno della area urbana più grande e densamente popolata dell’Isola. Non è ammissibile che con facilità si possa entrare in aree protette e scaricare abusivamente rifiuti che possono diventare, prima o poi, una bomba ecologica pronta ad esplodere mettendo a repentaglio sicurezza e salute della popolazione e rischiando di compromettere il delicato equilibrio ambientale del Parco.

Per queste ragioni Francesco Agus, insieme alla collega di Campo Progressista Sardegna, Annamaria Busia, ha presentato un’interrogazione all’assessore regionale della difesa dell’Ambiente.

«Chiediamo che si faccia chiarezza su quanto avvenuto e che la Regione s’impegni su due fronti: nella bonifica delle aree, quelle già incendiate e quelle potenzialmente pericolose, per eliminare tutte le discariche abusive nel Parco. Inoltre, avviando l’istituzione del più ampio ‘Parco regionale delle zone umide dell’area metropolitana di Cagliari’, assegnando al nuovo ente funzioni e risorse che possano finalmente garantire una gestione adeguata all’immenso valore ambientale di queste aree.»

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Dopo il primo sì alla doppia preferenza di genere della commissione Autonomia, i consiglieri regionali di “Campo Progressista” Annamaria Busia e Francesco Agus chiedono tempi rapidi per l’approvazione definitiva del provvedimento da parte del Consiglio regionale.

«Ieri la Commissione si è espressa a larghissima maggioranza, tutte le forze politiche, a parte due consiglieri indipendenti del Psd’Az, hanno votato a favore – ha detto Francesco Agus (consigliere di Cp e presidente della Commissione Autonomia) – vista questa ampia convergenza non sembrano esserci più ostacoli per un’approvazione rapida del provvedimento. La nostra proposta è che il testo arrivi in aula subito dopo la riforma della rete ospedaliera. Non vorremmo che in seguito, tra legge urbanistica e manovra finanziaria, si creasse un ingorgo istituzionale tale da impedire l’approvazione della norma. Su questo abbiamo ottenuto ampie rassicurazioni dal presidente del Consiglio Gianfranco Ganau.»

«Il dibattito di ieri in Commissione fa ben sperare – ha aggiunto Annamaria Busia, consigliera di “Campo Progressista” e prima firmataria della proposta di legge per lo stralcio della norma sulla doppia preferenza di genere dalla riforma della legge elettorale – il clima sembra cambiato ma noi non abbassiamo la guardia. Il rischio che qualcuno chieda il voto segreto è sempre dietro l’angolo, su questo occorre vigilare.»

Per rafforzare la pressione sulla politica andranno avanti anche i ricorsi presentati da un pool di avvocati cagliaritani. «Il prossimo 13 ottobre si terrà la prima udienza in Tribunale – ha spiegato l’avvocatessa Margherita Zurru – presenteremo gli atti dei primi 15 sottoscrittori che hanno deciso di intervenire nel processo per chiedere il rispetto del principio della parità di genere nella legge elettorale sarda secondo quanto stabilito dalla Costituzione e dall’art. 16 dello Statuto. La causa andrà avanti fino a quando non ci sarà il voto finale del Consiglio, solo allora potranno essere ritirati i ricorsi per il venir meno dell’oggetto del contendere.»

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«Il futuro è rosa e inizia oggi. Forse. Dopo aver combattuto perché la Sardegna uscisse dalla vergognosa situazione in cui in Consiglio sono presenti solo 4 donne su 60 consiglieri e in cui ogni possibile ostacolo è stato opposto negli anni all’introduzione dello strumento che permette il cambiamento per un riequilibrio di genere nell’organo rappresentativo dell’Isola, oggi la I Commissione del Consiglio regionale ha approvato la norma che introduce il sistema della doppia preferenza di genere. A votare a favore sono stati tutti i componenti della Prima Commissione, eccettuato il rappresentante del gruppo PSdAz. Ora la decisione spetta al Consiglio.» Lo scrive, in una nota, l’associazione Heminas.

«In Sardegna la richiesta di introduzione del sistema era stata già fatta con manifestazioni pubbliche nel 2013 – aggiunge l’associazione Heminas -. La Regione però, dopo rassicurazioni e rimandi, la bocciò con un discutibile voto segreto. Le stesse rassicurazioni hanno continuato a farsi anche in questi mesi, dopo che Heminas ha mobilitato un flash mob davanti al Consiglio il 27 aprile e che varie associazioni si sono mosse per chiedere l’approvazione della norma della cui proposta presentata ad inizio legislatura è prima firmataria la Consigliera Annamaria Busia. L’interesse e l’attenzione suscitata sono stati enormi. Non solo per le oltre 12mila e trecento adesioni al gruppo Facebook, ma anche per il sostegno della presidente della Camera Laura Boldrini alla lotta di Heminas e per il dichiarato interesse del Consiglio manifestato con un incontro in cui siamo state chiamate davanti alla Commissione Riforme il 20 giugno. Tuttavia, a seguito dei continui rimandi, si era aveva sollevato il timore che si trattasse di promesse che sarebbero state disattese. È di questi minuti, invece, la felice notizia che la norma è stata approvata in I Commissione.»

«Il sistema proposto dalla modifica consente il riequilibrio di genere senza imposizioni. Chi vota, conserva la piena libertà di esprimerne una sola preferenza, scegliendo tra candidate e candidati, e solo nell’ipotesi in cui si decida di esprimere una seconda preferenza, si dovrà scegliere tra persone della stessa lista di sesso diverso da quello della prima. La Corte Costituzionale (con sentenza n. 4 del 2010) ha definito questo sistema «non solo corretto, ma doveroso da parte del legislatore nazionale e regionale. Sta al Consiglio adesso riscrivere una realtà in cui anche le donne siano rappresentate là dove si decide il futuro della Sardegna. Un futuro più giusto – conclude Heminas – in nome di un equilibrio di genere che sinora non è stato realizzato.»

 

 

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La commissione Autonomia ha approvato a larghissima maggioranza questa mattina la doppia preferenza di genere. Ora spetta al Consiglio regionale il voto finale sull’approvazione della modifica della legge elettorale, con l’introduzione del principio secondo cui ogni elettore sardo ha diritto di esprimere due preferenze per due candidati consiglieri regionali che appartengano alla stessa lista.

Il testo approvato prevede due articoli: uno recepisce la proposta della consigliera Annamaria Busia mentre il secondo tiene conto di quella del consigliere Gianfranco Congiu. Contrari soltanto i consiglieri Gennaro Fuoco e Marcello Orrù (Psd’Az).

Soddisfatti, invece, i componenti del “parlamentino” che si sono battuti in questi mesi per il doppio voto, a cominciare dal presidente Francesco Agus: «Questa decisione segna un momento democratico fondamentale per la Sardegna, un momento davvero atteso. Sono convinto che la coesione e la determinazione mostrata da tutti componenti della commissione durante i lavori siano il migliore viatico per l’approvazione anche in Aula della doppia preferenza di genere. Più donne sarde in politica e nelle istituzioni non possono che fare bene ai sardi e alla Sardegna».

Per Annamaria Busia (Cd) «è davvero un grande risultato per le donne della Sardegna, un risultato che qualifica un’intera legislatura. Ho apprezzato gli ottimi interventi dei colleghi di maggioranza e anche di Forza Italia, che hanno recepito il testo della mia proposta di modifica della legge statutaria».

«Con il recepimento all’articolo 2 della nostra proposta di legge la parità di genere diventa effettiva anche nei micro collegi come l’Ogliastra, in cui il ristretto numero di candidature consentiva un’elusione del principio di parità», ha detto Gianfranco Congiu, esponente del Partito dei Sardi.

Per Daniela Forma (Pd) «l’approvazione in Commissione del Testo sulla doppia preferenza di genere è un momento importante che qualifica la nostra legislatura sulla strada del superamento degli ostacoli che impediscono la piena cittadinanza delle donne sarde nella massima istituzione regionale. Ora lavoriamo tutti insieme perché questo risultato venga certificato in Aula».

L’esponente del Pd Roberto Deriu ha commentato così il voto in commissione: «Le leggi sono il risultato di una riflessione non solo di coloro che le approvano ma dell’intera società. Oggi la società ce lo chiede. Non sarà il definitivo, ma è ciò che oggi è richiesto dai tempi».

A favore del testo approvato in commissione Autonomia sono intervenuti anche i consiglieri Giuseppe Meloni e Salvatore Demontis, entrambi del Pd. L’on. Meloni ha aggiunto: «Il voto sulla doppia preferenza di genere è un accorgimento sacrosanto, nell’attuale quadro normativo elettorale, per favorire l’accesso di entrambi i generi al Consiglio regionale. Tuttavia, ritengo che nel complesso l’attuale legge elettorale sia da correggere e migliorare in altre sue parti. Ma quello di oggi è già un importante passo avanti».

Invece, per il collega Demontis «ho sempre dichiarato che qualora si confermasse il sistema elettorale basato sulle preferenze sarei stato favorevole alla doppia preferenza di genere. Pur preferendo un sistema basto sui collegi uninominali, dove la parità di genere si garantisce con l’alternanza delle candidature, sono convinto che l’unico sistema possibile  per garantire effettivamente le pari opportunità sia la doppia preferenza. Abbiamo raggiunto un primo risultato molto importante».

Per Forza Italia l’on. Stefano Tunis ha presentato  un emendamento per garantire il cinquanta per cento di candidature in ogni lista a ciascun sesso. Il contenuto dell’emendamento Tunis è stato rimesso alla valutazione dell’Aula in occasione della discussione generale sulla proposta di legge. Il consigliere FI ha detto: «Ma la doppia preferenza di genere è un atto dovuto. Le donne studiano di più e sono maggiormente capaci di vincere un concorso pubblico. Sono classe dirigente trainante per il Paese. Le istituzioni devono comprenderle in misura necessariamente maggiore».

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La quarta commissione (Governo del territorio) presieduta da Peppino Pinna (Udc Sardegna) ha approvato, con l’astensione della minoranza, il programma di rimodulazione del Piano delle infrastrutture, per un importo complessivo di oltre 15 milioni di euro.

«La rimodulazione – ha spiegato l’assessore dei Lavori pubblici Edoardo Balzarini – si è resa necessaria per rispettare i tempi molto rigidi di realizzazione degli interventi programmati, che dovranno essere completati entro il 2022, una scadenza apparentemente lunga ma in realtà molto vicina, se si considerano la grande complessità della normativa in materia e la difficoltà dei soggetti attuatori (enti locali, enti strumentali della Regione e la stessa Anas) di predisporre le diverse fasi della progettazione (preliminare, definitiva ed esecutiva) e le gare.»

«Gli uffici – ha aggiunto Edoardo Balzarini – hanno quindi selezionato i settori di intervento e le opere da eseguire con un approccio dinamico, rivolto a quelle progettazioni di taglio minore nel contrasto al rischio idrogeologico, nella viabilità, nel servizio idrico e nella ricostruzione di strutture pubbliche distrutte da calamità naturali, che più di altre presentano procedure semplici e possibilità di spendere le risorse nei termini programmati.»

«Forniremo alla commissione – ha concluso l’assessore – tavole di dettaglio con le quali sarà possibile seguire in tempo reale l’andamento delle diverse opere, sia dal punto di vista procedurale che da quello finanziario anche se, sullo sfondo, resta il grande problema della progettazione che spesso rappresenta un ostacolo insormontabile nella realizzazione delle opere in tempi ragionevoli». «Su questo aspetto – ha concluso – abbiamo preparato un disegno di legge all’esame della commissione e del Consiglio, che contiene molti aspetti innovativi fra i quali la creazione di una unità di progettazione.»

Nel dibattito successivo alla relazione dell’assessore hanno preso la parola diversi consiglieri regionali: il capogruppo di Cps Pierfranco Zanchetta ed i consiglieri Antonello Peru (Forza Italia), Salvatore Demontis, Antonio Solinas e Giuseppe Meloni (Pd), il capogruppo di Art.1-Mdp Daniele Cocco ed il consigliere dello stesso gruppo Eugenio Lai, la consigliera Annamaria Busia (Misto-Cd).

In particolare, il capogruppo di Cps Pierfranco Zanchetta ha chiesto una audizione degli assessori dei Trasporti, Carlo Careddu, e dell’Ambiente, Donatella Spano: il primo per fare il punto sul nuovo servizio di collegamento con le isole minori e la seconda sulla situazione dei parchi nazionali della Sardegna.

Anche Antonello Peru di Forza Italia ha sollecitato la presenza in commissione dell’assessore dei Trasporti, ma per avere notizie sulla copertura finanziaria del programma di elettrificazione della rete ferroviaria del Nord Sardegna lungo le direttrici principali Sassari-aeroporto di Alghero, periferia del capoluogo del Nord Sardegna e zona di Sorso.

Il vice presidente della commissione Antonio Solinas (Pd), rilanciando il problema dei 28 sindaci che rivendicano una gestione autonoma del servizio idrico rispetto ad Abbanoa Spa, ha lamentato la mancanza di “rispetto istituzionale” per la delibera adottata dall’Egas che obbligherebbe quei Comuni a far parte del gestore unico, nonostante un confronto aperto da tempo con la commissione per individuare una soluzione condivisa.

Sul punto, l’assessore Edoardo Balzarini ha comunicato che breve si terrà una riunione con gli amministratori locali interessati, precisando inoltre che «la delibera dell’Egas è in realtà un atto di indirizzo che non ha valore esecutivo». «Ci sono quindi margini di dialogo- ha aggiunto – anche se il problema è tecnicamente complesso e ci sono pareri contrastanti».

Il presidente della commissione Peppino Pinna, infine, ha rassegnato le dimissioni dalla sua carica per motivi di salute, assicurando che comunque continuerà a partecipare alle sedute. Tutti i componenti hanno espresso apprezzamento per il lavoro svolto, formulandogli gli auguri di pronta guarigione.

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Il Consiglio regionale ha approvato il passaggio agli articoli della proposta di ridefinizione dalla rete ospedaliera della Regione.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito il Consiglio ha proseguito la discussione generale sul Documento n. 16/XV/A-Proposta di ridefinizione della rete ospedaliera della Regione autonoma della Sardegna.

Il presidente ha dato la parola al primo degli iscritti a parlare, il consigliere Michele Cossa, dei Riformatori sardi. Michele Cossa ha ribadito la necessità di una riforma più volte espressa dal suo gruppo ed ha aggiunto che, anzi, «andava fatta prima, con più risorse e meno problemi, ma la proposta della Giunta è profondamente sbagliata perché andavano studiate innanzitutto le cause profonde del disavanzo riconducibili in buona parte all’handicap dell’insularità». Inoltre, ha proseguito, «è una riforma sbagliata nei tempi perché la Giunta ha cincischiato per tre anni ed oggi pretende di cambiare marcia nell’ultimo anno di legislatura, ha tralasciato la rete dei servizi territoriali che viene prima della rete ospedaliera, sbagliata nel merito e nella sostanza, non per la centralizzazione di servizi amministrativi ma perchè si è premiato chi demerita e non chi lavora bene, sbagliata anche perché non taglia dove si serve, protegge poteri sanitari amici, ignora eccellenze, compiace il politico locale sui territori, conserva reparti finti e chiude reparti veri, mette gli uni contro gli altri, fa scempio infine di buone pratiche peggiorando la qualità sanità sarda».

Il consigliere Franco Sabatini (Pd) all’inizio ha riposto all’intervento del collega Stefano Tunis «che ha cercato di leggermi nel pensiero sbagliando tutto» ed ha ribadito con forza «che il disavanzo nella sanità c’era e c’è, era di 390 milioni nel 2012 ed è sceso a 320 nel 2016; questo significa che la riforma deve essere fatta presto e bene ed anzi è responsabilità del centro destra non averla fatta, ma questo non è l’unico motivo per un profondo cambiamento, il vero motivo è quello di avere gli stessi diritti di ogni cittadino italiano perché ora siamo agli ultimi posti per livelli di assistenza». Ogni riforma, a giudizio di Sabatini, «porta con se lamentele e mette in competizione i territori, però noi abbiamo un sistema che spreca troppe risorse e non garantisce una assistenza omogenea in tutto il territorio e questa è una preoccupazione che da tempo attraversa maggioranza e opposizione». Varare una nuova rete ospedaliera, ha aggiunto il presidente della commissione Bilancio, «è un atto fondamentale di programmazione dopo una stagione in cui otto Asl hanno operato come otto imperi senza alcun contatto fra di loro e noi stessi più volte abbiamo tutti parlato di doppioni che si sovrapponevano, di ricoveri impropri, di spese non necessarie, di sotto utilizzo di reparti e posti letto senza tuttavia cambiare questo stato di cose, col risultato che in Sardegna ci sono ancora oggi cittadini di serie A e cittadini di serie B, uno stato di cose che dobbiamo assolutamente cambiare».

Il consigliere dell’Udc Giorgio Oppi ha iniziato il suo intervento definendo il progetto di riforma «un documento di programmazione insufficiente, contraddittorio, velleitario e confuso che non produce un grande risultato perché ogni componente della maggioranza ha tutelato il suo territorio, attirando critiche da più parti (comprese quelle legate al centro sinistra) fino all’ex assessore Dirindin, insomma tutti scontenti dai medici agli infermieri alle autonomie locali, tutti soggetti che meritavano una ben diversa considerazione». Per quanto riguarda il ruolo dell’opposizione, Oppi ha ricordato che «ha cercato di migliorare il progetto, e sarebbero servite tabelle di comparazione per sapere com’era e come sarà il sistema ma nessuno ce le ha fornite, configurando un contesto che non permette di capire dove si interviene e che lascia in vita strutture con pochissimi posti che non sono sostenibili e non garantiranno assistenza adeguata ai pazienti». Inquadrando la riforma sotto il profilo giuridico e normativo il consigliere Giorgio Oppi ha citato «il dl 179 del 2009, in vigore come sancito recentemente dalla Cassazione, che mantiene a sua volta in vigore un impianto normativo sull’organizzazione interna degli ospedali su cui Sardegna non ha deliberato e che ora espone la riforma a possibili ricorsi». Ma l’aspetto più negativo della riforma, ha continuato, «è che il direttore generale dell’Ats è stato lasciato solo dalla politica che ha messo le persone peggiori nei posti migliori, approvando una riforma zoppa non supportata da una analisi dei dati e della situazione reale, con le unità di pronto soccorso al collasso con sette ore media di attesa, primari costretti a bloccare gli interventi per mancanza di farmaci, l’Areus bloccata da mesi  per dissidi interni alla maggioranza, la gara elisoccorso mandata avanti con superficialità senza tener conto dei pareri tecnici, il Mater Olbia ancora in alto mare». In definitiva, ha concluso, «la sanità crea e la sanità distrugge, e non credo che la riforma sarà riformata come chiedono i Sindaci».

Il consigliere del Pd Luigi Ruggeri ha respinto in apertura «la valutazione totalmente negativa della riforma della rete ospedaliera, nei confronti della quale si fa un certo processo alle intenzioni, utilizzando elementi di incertezza e paura che spesso accompagnano i momenti di crisi». Inoltre, ha insistito, «è sbagliato contrapporre territori e attribuire alla riforma il solo obiettivo di risparmiare, il problema non è che si spende troppo, è che si spende male perché non puntiamo abbastanza sulla appropriatezza dei ricoveri e delle prestazioni e non utilizziamo in modo efficiente il personale, che peraltro supera del quattro per cento gli standard nazionali». Quanto all’estensione geografica, secondo Ruggeri «non conta in assoluto se non in considerazione ai percorsi di emergenza, perché ogni ospedale deve avere la sua missione in relazione alle capacità, indirizzando i pazienti verso le strutture migliori proprio per garantire la migliore salute delle persone». La riforma, ha detto ancora Ruggeri, «in inserisce nella cornice della normativa nazionale che è il frutto di importanti acquisizioni scientifiche, ma se ne discosta in modo molto significativo con deroghe importanti come quelle per i punti nascita e, a livello complessivo, mettendo a punto un sistema che dà risposte di qualità e, soprattutto, non confonde gli interessi della popolazione con quelli di alcuni primari, segno che la classe politica ha mostrato la consapevolezza di andare oltre e guardare avanti».

Il capogruppo dei Riformatori sardi Attilio Dedoni ha dichiarato di non avere «la verità in tasca» ma comunque in questa riforma ci sono a suo avviso «errori macroscopici attribuibili al fatto che, ancora una volta, la direzione politica della Regione si è sostanzialmente adeguata alla normativa nazionale e sarebbe interessante capire se anche le tante diversità italiane sono adattabili a quello schema». Noi, ha ricordato Attilio Dedoni, «paghiamo sanità e trasporti ma spendiamo male e prediamo a modello realtà come Lombardia ed Emilia Romagna profondamente diverse dalla nostra Sardegna, anche per queste ragioni la riforma peggiorerà la sanità sarda proprio perché non è stata pensata per la nostra specificità regionale e non presta sufficiente attenzione alla territorialità, indispensabile per conoscere il vero fabbisogno di salute dei cittadini sardi». Ci stiamo incamminando, ha concluso, «verso la solita riforma che alla fine imbottiremo di tutto con l’ennesimo emendamento di sintesi, che non inciderà sui nodi strutturali della sanità regionale».

Il capogruppo di Cps Piefranco Zanchetta ha rivendicato la sua autonomia intellettuale, ricordando di non esser mai stato tenero nei giudizi «senza fare sconti nemmeno all’assessore Arru, perché vengo dalle cosiddette aree disagiate come la Gallura che meriterebbero maggiore attenzione». Sul piano generale, Zanchetta ha sostenuto che «è vero che la colpa della sanità in un certo senso è di tutti ma non è corretto riversare tutte le colpe a questa maggioranza, perché la riforma va valutata nel merito evitando interpretazioni strumentali e cadute di stile come la definizione di rifogna sanitaria, a testimonianza di un atteggiamento che ha determinato in buona parte l’errata percezione della riforma da parte della popolazione». La sanità, al contrario, per Zanchetta «va maneggiata con cura soprattutto in Sardegna dove c’è bisogno di razionalizzare la spesa migliorando la qualità e questo è welfare riformista che punta al potenziamento dei piccoli ospedali, a cominciare da quelli della Gallura dove non si possono tagliare troppi servizi perché altrimenti faremmo scoppiare Olbia e non ce lo possiamo permettere per le decine di migliaia di pazienti che gravitano sul territorio nel periodo estivo». Il successo della riforma, ha sintetizzato il capogruppo di Cps, si giocherà «sulla valorizzazione della qualità di medici e personale ospedaliero che deve concorrere alla buona riuscita della legge». La madre di tutte le polemiche, ha concluso, «è il punto nascita di La Maddalena che siamo impegnati a riaprire in condizioni ancora definire  ma, comunque, a condizione che l’assessore assuma l’impegno di chiedere una deroga al ministro Beatrice Lorenzin, come per la camera iperbarica e la pediatria».

Per il consigliere Giovanni Satta (Misto) «la sanità non è di destra né di sinistra, un po’ come il problema dei pastori e la stiamo affrontando col peso degli errori di almeno trent’anni; personalmente, ho creduto nell’Ats tanto è vero che su quella parte del provvedimento mi sono astenuto, però finora non si sono visti risultati». La riforma della rete ospedaliera è necessaria ed il ruolo del direttore generale Moirano doveva essere inattaccabile, ha detto Satta, «ma poi abbiamo assistito all’emersione di tanti e troppi campanili, ed è vero che quando si cerca di fare tutto e poi non si fa niente, come dimostrano tanti esempi, da Ozieri ospedale parcheggio per pazienti in attesa di trasferimento, al ridimensionamento di Tempio, alle strutture sotto utilizzate a Sorgono, a San Gavino dove si vuol realizzare un presidio pari a quello di Olbia ma con una ben diversa popolazione, ai risparmi concentrati in alcuni punti del sistema e completamente dimenticati in altri». Sono tutti problemi che vanno affrontati, ha affermato Satta, «e non credo che ci siano le condizioni per una nuova apertura di credito da parte mia, spero però che la discussione sia utile a chiarire questi aspetti con una legge giusta per tutti, senza dimenticare la difficile situazione di molti lavoratori a cominciare da quelli ex project di Nuoro».

Dopo l’on. Giovanni Satta ha preso la parola l’on. Daniele Cocco (Art. 1 – Sdp), che ha detto: “La legge sulla riforma della rete ospedaliera dovrà avere come stella polare alcuni principi. E in particolare uno: quello di uguaglianza delle prestazioni erogate nei singoli territori. Sinora non è accaduto così e i cittadini si sono divisi tra quelli che hanno potuto curarsi a pagamento e chi non si è curato proprio. Cominciamo intanto a diminuire i tempi spaventosi delle liste d’attesa e chiediamo ai manager di garantire le stesse prestazioni negli stessi servizi. Mi sembra invece che intorno a questi manager ci sia un cerchio magico e ci siano le solite persone, che dal 2014 a oggi non hanno certo contribuito a ripianare il debito della sanità sarda. Del quale non si conoscono manco i valori.

E’ possibile che ci vogliamo dieci mesi per fare una colonscopia? E’ accettabile che la sanità risponda in modo diverso a seconda dei territori? Come mai ancora non è stata fatta la nomina dei dirigenti dell’Areus? L’oratore ha proseguito esprimendo preoccupazione per il futuro dei servizi del San Francesco di Nuoro e dell’ospedale di Ozieri.

Ha preso poi la parola l’on. Gianluigi Rubiu (Udc), che ha detto: “Il riordino della rete ospedaliera è un fatto coraggioso ma tutti i buoni propositi si infrangono davanti al fatto che non si è considerata la viabilità sarda e la condizione reale dei territori e dei Comuni della Sardegna. In questo modo si crea un solco sempre più profondo tra Cagliari e Sassari da una parte; e il resto dell’Isola, dall’altra. Un progetto privo di valutazione sull’appropriatezza dei ricoveri: l’unica finalità è una sforbiciata sul budget della Sanità, in particolar modo sulla Barbagia e sul Sulcis, che perdono posti letto e unità specialistiche. E così anche in Ogliastra, nel Sarcidano e nel Sarrabus e Gerrei. 

Il rischio evidente è una desertificazione dei centri dell’interno e un parallelo indirizzamento dei pazienti verso Sassari e Cagliari e anche fuori dalla Sardegna. Siamo pronti a scommettere che il sistema durante le feste natalizie non sarà in grado di reggere l’urto, soprattutto nei pronto soccorso”.

Per l’oratore “questo piano è stato concepito a tavolino più che pensato sulla base delle reali esigenze della gente”.

Ha preso poi la parola  l’on. Annamaria Busia (Cd), che si è detta “favorevole a una riforma della rete ospedaliera. Ed è questo il momento e il luogo per adottare i correttivi. Non accettiamo strumentalizzazioni per la nostra richiesta di dimissioni dell’assessore Arru sulla vicenda del project di Nuoro: si tratta di una coincidenza temporale legata alla decisione del Tar. Ma non rinunciamo nemmeno a dare il nostro contributo a migliorare un testo che ha delle evidenti criticità”.

Per l’on. Annamaria Busia “il documento ha una struttura organizzativa distorta che conducono a conclusioni non uguali  poiché si ignorano fattori dei territori. Il documento, poi, manca in toto di un’analisi economico finanziaria in rapporto agli obiettivi di salute.  Tanto che le comunità distanti dagli ospedali di eccellenza vengono del tutto tagliate fuori e non si comprende come possano essere definiti i risparmi della riforma”.

A nome del Pds ha parlato l’on. Gianfranco Congiu, che ha premesso: “Rappresento una forza politica  che ha l’ambizione di costruire un governo statuale e per questo ogni giorno applico il principio che nessun sardo deve restare indietro. Noi crediamo nella perequazione e cerchiamo di applicare questo credo a tutti i grandi processi e alle grandi riforme come questa.  In commissione Sanità abbiamo lavorato così, con questo spirito. Se lo schema di questo testo è aperto, allora siamo sulla buona strada, anche per rivedere le norme che riguardano i pronto soccorso e il loro funzionamento. Vogliamo anche chiarire quali sono le regole per la ridefinizione dei servizi. C’è da parte della maggioranza una volontà di ridiscutere questa riforma, al di là del fatto che è ancora possibile presentare emendamenti? Mi impegnerò sino allo spasimo perché il confronto e l’impegno che sollecitiamo al presidente e all’assessore si traducano in atti migliorativi”.

E’ intervenuto poi il capogruppo del Pd, on. Pietro Cocco, che ha premesso: “Questa riforma ha suscitato dibattito in tutta l’Isola e non poteva che essere così, visto il valore di questo provvedimento. La proposta di riordino manca da quasi due decenni: da allora più nulla. Fare una riforma, soprattutto nel settore sanitario, non è mai stato semplice”. L’esponente dem ha proseguito: “In una materia complessa come questa nessuno ha la verità in tasca e c’è davvero bisogno del contributo di tutti. Ma è importante realizzare la rete ospedaliera perché ce lo impone il DM 70: in difetto saremo commissariati. E allora la vogliamo utilizzare la nostra specialità e il nostro ruolo di legislatori? Se non lo facciamo noi saranno altri a fare le scelte aziendali sanitarie. Non è accettabile che qualcuno sia così poco rispettoso da usare termini come la “rifogna sanitaria”: evitiamo di fare un braccio di ferro se anche dentro la maggioranza ci sono legittime posizioni differenti. E c’è tutto il tempo per dialogare e presentare gli emendamenti, fuori e dentro le istituzioni”.

“Nel merito tengo a chiarire che gli ospedali restano gli stessi, classificati diversamente a seconda delle caratteristiche e dei territori. E i posti letto praticamente rimangono uguali. In più avremo le ambulanze volanti dell’elisoccorso”.

Per l’on. Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, “a tratti il dibattito sembra surreale con la maggioranza non nasconde – ed è un dato positivo – le contraddizioni che già i sardi hanno manifestato in altre sedi sul contenuto di questa riforma della rete ospedaliera. Non contrasteremo questo testo per partito preso ma perché la riforma non piace. Ed è facile dirlo in piazza, cari colleghi di maggioranza: dovete dirlo anche qua e non fare finta di nulla. Gli elettori sanno benissimo che nessuno di questa maggioranza potrà tirarsi fuori: avete precise responsabilità e qui siamo all’epilogo. Certo che il DM 70 del 2015 è un atto dovuto ma è l’effetto di una riforma che avete votato, quella di accorpamento delle aziende sanitarie. Questi modelli di razionalizzazione che avete adottato vanno bene forse in Emilia o in Lombardia: non in Sardegna. Altro che parlare in inglese: dite la verità ,state svuotando il centro Sardegna e concentrando tutto su Cagliari e Sassari. Siete voi che contribuite allo spopolamento, altro che. Noi contrasteremo questa visione riformatrice e il vostro sistema, che deve essere superato”. L’esponente di Forza Italia ha ricordato che la spesa sanitaria “assorbe da sola più del 50 per cento della Regione e se ne fanno carico da soli i contribuenti sardi dal 2007, a seguito di quella sciagurata operazione tra Soru e Prodi. Continuate a ragionare da italiani, sacrificando gli interessi dei sardi. Noi no: senza retorica vi dico che state facendo correre seri rischi ai sardi”.

Ha preso la parola anche l’assessore della Sanità, Luigi Arru, che ha premesso di aver ascoltato tutti gli interventi e si è chiesto: “Abbiamo letto tutti lo stesso documento? L’obiettivo della legge della rete ospedaliera non sono i conti e io che sono molto attento a parlare con tutti, io che non voglio cancellare trenta anni di professione medica, voglio ora che chi mi accusa di creare chirurghi di serie A e di serie B mi chieda scusa. Perché non è vero. Nessuno intende discriminare nessuno: né il personale della sanità né i pazienti. Perché non controlliamo gli accessi di ogni pronto soccorso sardo? Troveremo molte risposte interessanti. Non chiuderemo ospedali, grazie ai criteri del DM70: le chirurgie d’urgenza sono tutte garantite in tutti i presidi dell’Isola. E per la prima volta abbiamo una rete che dà risposte omogenee ai politraumi, agli infarti del miocardio, agli ictus in tutto il territorio. Abbiamo chiarito che l’ospedale di comunità è la cerniera del territorio: leggete tutto il documento, non soltanto alcune pagine. E vedrete che diamo risposte a Isili, al Mandrolisai, all’Ogliastra che pure ha 29 abitanti per chilometro quadrato eppure i tempi di accesso al pronto soccorso sono superiori all’ora”.

Per quanto riguarda l’elisoccorso l’assessore Luigi Arru ha detto: “Abbiamo fatto il bando, abbiamo previsto tre basi aeroportuali. Abbiamo fatto tutto quello che deve essere fatto. La nostra giunta tutela le popolazioni e la loro salute: non c’è un calcolo ragionieristico che anima le nostre azioni. Ed è curioso che non ci sia stato un solo sindaco a chiedermi come si procede e con quali tempi davanti a un ictus”.

Il presidente Gianfranco Ganau ha comunicato all’Aula che gli emendamenti potranno essere presentati entro le 10 di venerdì 29 settembre.

Per dichiarazione di voto è intervenuto l’on. Francesco Agus (Campo progressista Sardegna): “Il testo oggi in votazione aderisce al programma ministeriale del DM 70 ma è chiaro che saranno necessari correttivi che dobbiamo adottare nei prossimi giorni. Non apprezzo le incongruenze e i troppi non detto e non scritto. Ed è anche parecchio difficile pensare di emendare un testo omogeneo come l’atto”.

Sempre per dichiarazione di voto è intervenuto  Emilio Usula (Rossomori – Misto) che ha detto di essere preoccupato perché il primo livello potenziato per Nuoro è l’anticamera del depotenziamento. Questo depotenziamento si vede già – ha aggiunto – con la scomparsa nella zona  di strutture complesse. Devo ribadire la preoccupazione della sanità nuorese anche dopo la sentenza del Tar sul project. Emilio Usula ha chiesto all’assessore Arru quali azioni la Regione intende portare avanti per la  sanità nuorese anche dopo la sentenza del Tribunale amministrativo regionale.

Alfonso Marras (Udc) ha detto che questa riforma è un atto irricevibile perché crea cittadini di serie A e di Serie B. E’ un atto di “De profundis” per la sanità sarda perché mortifica molti territori. Ci saremmo aspettati – ha sottolineato – altra attenzione: questo documento impatterà negativamente su molte zone della Sardegna. Anziché tagli ci sarebbe necessità di nuovi servizi. Il voto è contrario.

Gianfranco Congiu (Partito dei sardi), sull’ordine dei lavori, ha chiesto al presidente Ganau chiarimenti sulla procedura .  Il presidente ha risposto che si stavano seguendo le decisioni prese in Conferenza dei capigruppo. 

Il capogruppo del partito dei sardi, per  dichiarazione di voto, ha espresso ancora una volta  le sue perplessità sul procedimento che si sta seguendo in aula. Congiu  ha parlato anche di “testo blindato” e ha sollecitato la giunta a dare della risposte. L’assessore Arru ha assicurato la massima disponibilità ad affrontare e a trovare la sintesi sui grandi temi avanzati dal Partito dei sardi.

Domenico Gallus (Psd’Az) ha annunciato il voto di  astensione per coerenza ed obiettività.  Anche per Annamaria Busia  (capogruppo misto)  il voto è di astensione  perché – ha detto – questo provvedimento va rivisto.

Antonio Gaia (Cristiano popolari socialisti) ha annunciato il voto  a favore.  Si tratta – ha  sottolineato – di una scelta coraggiosa. Le leggi si fanno nell’esclusivo interesse dei cittadini non a favore di un territorio. 

Per Christian Solinas (Psd’Az) la riforma è necessaria  ma questa ridefinizione della rete ospedaliera non è un a vera riforma. Farà aumentare i costi e peggiorerà i servizi.  I sardisti votano contro.

II passaggio agli articoli è stato votato dall’aula (votanti 48, sì 30, no 18). In chiusura di seduta il presidente Gianfranco Ganau ha ricordato che il termine ultimo per presentare gli emendamenti è  venerdì 29 settembre alle ore 10. Il Consiglio è convocato martedì 3 ottobre alle 16.00, la Sesta commissione si riunirà martedì 3 ottobre, alle ore 10.00.

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Il Comitato Promotore del Referendum per l’inserimento del principio di insularità nella Costituzione, nella giornata di oggi, in Piazza Costituzione, ha inaugurato la raccolta delle firme con un flash mob cui ha partecipato una grande folla di cittadini pronti a mobilitarsi sull’iniziativa. 

Sono intervenuti numerosi componenti del Comitato Promotore, del Comitato Scientifico, che mette insieme alcune tra le più prestigiose personalità del mondo scientifico e del lavoro sardo, e del Comitato degli Amministratori, che ogni giorno cresce in numero ed in autorevolezza e che è composto oramai da più di 80 sindaci.

E’ intervenuta la gran parte dei rappresentanti delle istituzioni, appartenenti a aree politiche diverse, che fanno parte del comitato promotore Roberto Deriu  Piero Comandini,. Alessandra Zedda, Annamaria Busia, Antonio Cappai, Giuseppe Fasolino Pietro Pittalis, Attilio Dedoni, Luigi Crisponi e Michele Cossa,  Emilio Floris e Pierpaolo Vargiu. 

La manifestazione è stata accompagnata dalla prestigiosa partecipazione del Gruppo i Nuraghi. Il coro ha intonato Procurad’ e moderare. L’Innu de su patriottu Sardu a sos feudatarios, passato alla storia come la Marsigliese sarda, rappresenta il canto della nuova rivoluzione sarda.

Tutti hanno manifestato essere cosa necessaria e indispensabile il riconoscimento del “principio di insularità” nella Costituzione Italiana come condizione irrinunciabile ed equa di un pari diritto di cittadinanza.

 

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Il Capo della Polizia e Prefetto di Roma Franco Gabrielli stamane è intervenuto in Consiglio regionale alla seduta sulla violenza di genere.

La seduta è stata aperta da un intervento di saluto del presidente Gianfranco Ganau che ha definito il fenomeno della violenza contro le donne «una vera e propria emergenza sociale», un problema strutturale e culturale che può essere risolto «solo con una strategia condivisa e coordinata».
La lotta alla violenza, quindi, secondo Ganau deve vedere in prima fila lo Stato e le istituzioni impegnate in un «grande lavoro di prevenzione» in grado di produrre un forte cambiamento culturale nella società.
Una società nella quale, ha aggiunto il presidente del Consiglio, trovano spazio troppi luoghi comuni profondamente sbagliati: «Sono biasimate le donne che subiscono violenza, uno spregevole pensiero sullo stupro fa notizia solo perché pronunciato da un mediatore culturale, i riflettori si accendono improvvisamente per fomentare l’odio nei confronti degli stranieri».
«Ecco perché – ha sostenuto ancora Ganau – la battaglia contro la violenza è una battaglia di civiltà che deve diventare prioritaria nell’agenda della politica». Rivolto agli uomini, il presidente dell’Assemblea li ha invitati ad impegnarsi a fondo in una battaglia giusta «che non può essere delegata solo alle donne, continuamente minacciate non solo nella loro vita o nell’integrità fisica ma nella loro identità e libertà, nella loro dimensione sociale».
«Tutto questo è violenza di genere e da qui dobbiamo partire per cambiare una realtà che, anche in quest’aula, riflette una società non equilibrata; abbiamo quindi il dovere di introdurre nella nostra legge elettorale la norma anti-discriminatoria della doppia preferenza di genere. La scorsa legislatura viene ricordata per il vergognoso voto segreto che bocciò la doppia preferenza, non permettiamo che questa sia ricordata per non aver avuto neanche il coraggio di portarla in aula.»
Successivamente il presidente Ganau ha dato la parola al presidente della Regione, Francesco Pigliaru.
Dopo aver citato i dati più recenti del femminicidio in Italia, «che provocano sdegno e angoscia di fronte ad una guerra che fa migliaia di vittime e causa tante vite spezzate di famigliari e di bambini», Pigliaru ha auspicato una forte «strategia sociale» che ha bisogno di risorse adeguate, politiche sociali e finanziarie.
Alcune politiche di settore come l’aumento delle pene per alcune tipologie di reati, ha proseguito il presidente, «sono necessarie ma non sufficienti perché la storia insegna che anche lo strumento più efficace rischia di essere mortificato da una cultura inadeguata ed occorre innanzitutto lavorare sulle prevenzione, attraverso i centri anti violenza e di ascolto per intervenire, dove si può, quando la vittima può essere salvata».
Soffermandosi sull’attività della Regione, Pigliaru ha sottolineato l’importanza di una serie di provvedimenti che riguardano il mondo della scuola, dagli studenti agli insegnanti ai genitori, gli investimenti in cultura, il potenziamento dei centri anti violenza e la creazione di opportunità di lavoro per le donne, mettendo l’accento sul fatto che «la Giunta ha investito ingenti risorse su programmi contro il bullismo, il cyber bullismo e la parità di genere», sostenendo che la Sardegna «è sulla strada giusta».
Per quanto riguarda i centri anti violenza, il presidente della Regione ha ricordato che le risorse destinate a queste strutture per il 2017 sono state aumentate rispetto all’anno precedente, assicurando un impegno ancora maggiore per «combattere scoraggiamento delle donne ed aiutarle a conciliare lavoro e famiglia». Un buon inizio, ha sintetizzato ringraziando le consigliere regionali di quanto hanno fatto, dentro e fuori dall’Aula, per la diffusione nella società sarda di una maggiore sensibilità sul tema della violenza di genere, «con una coraggiosa forma di testimonianza civile ed un contributo significativo alle istituzioni autonomistiche e tutta la nostra comunità».
«La buona politica – ha concluso – è fatta anche di parità di genere nelle istituzioni; com’è vero che la crisi della democrazia si combatte con più democrazia, è vero anche che questo obiettivo può essere raggiunto con più partecipazione femminile e con la partecipazione di tutti al governo della società».
Dopo l’intervento del presidente Pigliaru, il presidente del Consiglio ha dato la aprola al Capo della Polizia Franco Gabrielli.
Dopo aver manifestato il suo grande orgoglio per essere ospite del Consiglio regionale della Sardegna, «un territorio cui ogni italiano è sinceramente affezionato», Gabrielli non ha nascosto la sua amarezza perché «la presenza di un rappresentante delle istituzioni è diventata occasione di lotta politica». Non sono, ha chiarito, «un funzionario del Governo ma dello Stato, nominato con un decreto del presidente della Repubblica, e l’amarezza si allarga perché il mio sogno è che questo paese impari a trattare temi così importanti come la sicurezza come patrimonio comune e come argomento da utilizzare nelle per campagne elettorali». «Respingo inoltre – ha aggiunto – le frasi oltraggiose con cui mi si accusa di pensare più alla sicurezza dei miei uomini che alla violenza contro le donne, perché il mio lavoro è quello di garantire la sicurezza di tutti».
Affrontando il tema oggetto dell’incontro, il Capo della Polizia ha affermato che «la violenza di genere si manifesta attraverso tante forme di sopraffazione proprio nei luoghi che dovrebbero essere di maggior tutela e protezione delle donne». «Ma di questo fenomeno – ha spiegato – si parla troppo in coincidenza di fatti di cronaca che richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica, con tanto clamore e giudizi strumentali che poi rifluiscono nell’indifferenza; questo è un primo grande elemento di criticità perché questi fatti non possono essere relegati alle pagine di cronaca».
«Anzi – ha sostenuto – devono essere sempre al centro della nostra attenzione prima di tutto sul piano culturale, perché nessuna vicenda criminale ha un rapporto così stretto con la cultura ed i reati di genere hanno radici in una sub-cultura che rende la donna una cosa senza libertà e senza autonomia, con un legame che per aspetti richiama alcune vicende della protezione civile, in cui emerge un concetto proprietario di quello che è intorno a noi, una idea di essere padroni del territorio a prescindere».
Quanto ai dati, secondo Gabrielli «sono leggere con intelligenza perché possono presentare insidie, cito per esempio i dati di una agenzia europea del 2014 secondo i quali il fenomeno della violenza contro le donne si manifesta in modo più elevato proprio in Paesi dove c’è maggiore sensibilità su questo tema, senza dimenticare che la stessa lettura dei dati è condizionata dalla resistenza di molte vittime a far mergere gli episodi di violenza; in altre parole, anche il calo degli omicidi ci impone di non adagiarci, perché accanto alla diminuzione dei numeri in assoluto la percentuale delle donne-vittime resta costante».
Così come, ha proseguito, «sono in aumento i cosiddetti reati-sentinella: percosse, maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali, stalking, tipologie di reati che in Sardegna presentano un andamento sostanzialmente in linea col dato nazionale».
I numeri, a giudizio di Gabrielli, «danno quindi indicatori utili ma i nostri strumenti più efficaci restano prima di tutto la cultura e la formazione, anche perché la violenza sulle donne non ha estrazioni sociali o antropologiche ma attraversa tutta la società, e in tutta la società è presente la difficoltà e la resistenza vittime a denunciare per cause di varia natura, dal contesto familiare alla paura di perdere figli o per semplice vergogna, per cui dobbiamo combattere una battaglia per mettere in primo piano le vittime che non possono o non riescono a denunciare».
La Sardegna, ha poi aggiunto, «è un esempio di buone pratiche con la rete anti-violenza fa buone pratiche ed anche noi lavoriamo sulla cosiddetta vittimizzazione secondaria, cioè quella di chi ha subito violenza e teme di subirne ancora magari sotto forme diverse; è una realtà complessa che spesso le vittime in difficoltà nell’entrare in un ufficio di polizia come se fosse un fatto negativo; perciò è fondamentale il lavoro dei centri di ascolto e anti violenza e, nel nostro ambito, la formazione di operatori di polizia chiamati a lavorare fuori dagli uffici, e ad analizzare questi reati con nuovi protocolli, nuove modalità di intervento e l’inserimento in apposite banche-dati di episodi apparentemente isolati».
Per quanto riguarda la legislazione di settore, il Capo della Polizia ha l’ha definita molto positiva, sia perché ha intercettato fenomeni nuovi come lo stalking e il cyber bullismo, sia soprattutto perché ha privilegiato «un approccio non solo repressivo, ad esempio con l’istituto ammonimento, come strumento pre-giudiziario, che può contribuire a mettere in luce un contesto potenzialmente a rischio con un lavoro in progress». Mai come in questa materia, ha avvertito il Capo della Polizia, «la battaglia si vince insieme ed il frutto di questo sforzo comune è che, dal 2011, sono aumentate del 33% le denunce per maltrattamenti significa che si sta affermando un sentiment della vittima che si avvicina con fiducia nelle istituzioni e manifesta la sua condizione ma questa fiducia va mantenuta e consolidata con azioni di tutto il sistema, dalle istituzioni alla società civile».
«Noi ci siamo e ci saremo», ha concluso Gabrielli, in una comunità che ci deve vivere «non come soggetto di repressione ma come baluardo di legalità».
Al termine dell’intervento del Capo della Polizia ha preso la parola la consigliera del gruppo Misto Annamaria Busia, prima firmataria della mozione contro la violenza di genere, sottoscritta da tutti i capigruppo del Consiglio.
La Busia ha iniziato il su intervento con una citazione dell’intellettuale sarda Nereide Rudas secondo la quale «in un epoca moderna o post moderna ci sono ancora uomini rimasti indietro che, pur non essendo nati in contesti familiari vuoti, esprimono una realtà in cui si manifesta una superiorità nei confronti delle donne».
Le istituzioni, ha sottolineato la Busia, «devono trovare soluzioni e strumenti efficaci per combattere la violenza contro le donne, perché al di là dei numeri, troppe donne hanno subito violenza nella loro vita, da un partner attuale o precedente, spesso in età adolescenziale e con minori che assistono a queste tragedie, donne sperate e divorziate, disabili o con problemi di salute». Di fronte a questo fenomeno, ha proseguito, «i miglioramenti statistici non devono illuderci, perché è vero che c’è maggiore consapevolezza della necessità di combattere la violenza, ma sono ancora troppi i segnali negativi e non si intacca lo zoccolo duro del problema; c’è ancora troppo sommerso soprattutto nel contesto familiare ed un’alta percezione di paura di subire nuove violenze».
Sul versante legislativo, la Busia ha messo l’accento sul Piano straordinario nazionale che prevede un ruolo importante della Regioni con nuovi strumenti e risorse, ricordando però che «al Senato, dopo il voto unanime della Camera, è ancora ferma una proposta di legge per la tutela degli orfani delle vittime di violenza, è una legge nata in Sardegna dopo la richiesta di un uxoricida di vedersi assegnata la pensione di reversibilità; una legge bloccata per ragioni che riguardano assenza da quest’Aula di una parte politica, ma che va approvata al più presto».
Al presidente Pigliaru, ha concluso la consigliera, «chiediamo soprattutto che renda più veloce la spesa delle risorse, per l’osservatorio e la cabina di regia, un sistema integrato di raccolta ed elaborazione dei dati, il coordinamento del lavoro in tutti gli ambiti territoriali, in un quadro di leale collaborazione fra soggetti nazionali e regionali interessati». La Busia ha ringraziato infine i presidenti della Regione Pigliaru, del Consiglio Ganau ed il Questore di Cagliari, ricordando in riferimento all’assenza dall’Aula dell’opposizione che «noi sardi siamo solitamente più ospitali ed anche noi proviamo grande amarezza».
Subito dopo il presidente Ganau ha sospeso brevemente i lavori che poi riprenderanno in seduta formale.
Dopo la pausa, il Consiglio ha iniziato la discussione della mozione.
Il primo intervento è stato quello del consigliere Domenico Gallus (Misto) ha dichiarato di essere presente a titolo personale perché, pur collocandosi all’opposizione, non ha condiviso scelta di restare fuori dall’Aula.
Sulla mozione, Gallus ha affermato che «la violenza di genere attraversa purtroppo tutta la società a cominciare dalla famiglia, dove si apprendono le prime differenze di genere e la stessa appartenenza sessuale, con uomo e donna che sono categorie complementari reciprocamente escludenti che poi si riflettono nella società comportamenti, linguaggi, ruoli; il genere, in altre parole, è un carattere appreso e non innato».
Quello maschile, ha detto ancora Gallus, «occupa purtroppo una posizione privilegiata e la vita è scandita dall’accentuazione delle differenze, con messaggi importanti che tendono ad occupare uno spazio fisico ed è qui che si annida la violenza». L’uguaglianza va quindi affermata, ha concluso, «come momento di costruzione di una società capace di riconoscere le uguaglianze e ristabilire un buon equilibrio fra le sue componenti».
In questi anni si sono fatti molti passi avanti ma non bastano, ha continuato, «come vediamo in Consiglio regionale ma anche nella famiglia, nella scuola e nella società, dove resta forte l’impatto di una violenza di genere che va vista come questione sociale e, come emerge dai documenti dell’Oms come problema di salute pubblica, con effetti negativi, sotto molteplici aspetti, per lo sviluppo delle comunità». Il femminicidio, ha concluso, «è un dramma inaccettabile in una società avanzata, per cui bisogna partire da famiglia e scuole per educare i ragazzi al rispetto e all’uguaglianza, con una azione più forte delle istituzioni e delle altre agenzie educative che mettano al centro la persona affermando una mentalità nuova».
Il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu, dopo aver assicurato la firma del suo gruppo alla mozione ed aver espresso gratitudine per l’impegno delle colleghe che, sulla lotta alla violenza contro le donne, hanno qualificato tutto il Consiglio in questa legislatura, ha sottolineato i positivi risultati già raggiunti. Siamo stati fra i primi in Italia a costituire l’osservatorio, ha ricordato, «ed i primi a presentare proposte a sostegno degli orfani delle vittime, dimostrando con i fatti come vogliamo caratterizzare il nostro impegno sociale». Ribadiamo qui il nostro impegno, ha aggiunto, »ricordando però che prima della repressione c’è la necessità di un cambiamento culturale; chiediamo che sia discussa al più presto la legge sulla parità di genere che con deve essere confusa con altre riforme elettorali».
In conclusione, il capogruppo del Pds ha motivato l’assenza dall’Aula del suo gruppo con il fatto che «il Capo della Polizia, in realtà, ha contributo al dibattito solo per i dati che ha fornito, ma il governo Italiano non ha neppure un ministero per le Pari Opportunità per le pari opportunità ma solo un semplice dipartimento, per cui a nostro giudizio non era utile restare in Aula». Quanto agli obiettivi della Regione sulla materia, «per noi sono positivi fermo restando che il dibattito su questa mozione ha oscurato i contenuti di tante altre mozioni importanti per la Sardegna e questo per noi è negativo».
La consigliera del Pd Daniela Forma ha affermato che «il fenomeno della violenza sulle donne ci richiama ad una nuova strategia delle istituzioni, dopo la convenzione di Istambul che ha equiparato violenza (non solo sessuale) contro le donne ad una violazione di diritti umani, tracciando un percorso politico, culturale, di innovazione e di civiltà, fatto non solo di leggi ma di una nuova coscienza collettiva». C’è, ha sostenuto, «uno spazio molto ampio su cui lavorare per raggiungere l’uguaglianza di genere, una sfida da vincere per cambiare una società ancora profondamente maschilista in cui le donne vittime di violenza sono spesso sopraffatte da vergogna e sensi di colpa». Il Consiglio deve ripartire dalla sotto rappresentanza del genere femminile, ha concluso, «perché sono ancora troppo poche le donne nel sistema Regione, servono atti concreti, che anche gli uomini devono condividere senza la paura di essere coraggiosi».
Il consigliere Emilio Usula (Misto-Rossomori) ha definito la mozione apprezzabile «sia per il contenuto che per impegno delle consigliere regionali, però non posso non ricordare ultima finanziaria quando un mio emendamento per aumentare i fondi ai centri anti violenza venne respinto, limitando le risorse ad appena 900 mila euro per tutto il territorio regionale, c’è una contraddizione evidente».
Il consigliere di Mdp – Art.1 Luca Pizzuto ha parlato di «un tema molto rilevante per cui sbagliamo ad occuparcene solo sulla spinta di fatti rilanciati dai media; la libertà della società si fonda soprattutto sulla liberazione della donna perché la prima forma di oppressione non è dell’uomo sull’uomo ma dell’uomo sulla donna». Oggi, ha lamentato, «la tv ci bombarda con immagini che raffigurano la donna come oggetto a disposizione dell’uomo; questo va messo fortemente in discussione e devono cominciare a farlo gli uomini, per ribaltare gli schemi di una società profondamente oppressiva». Luca Pizzuto ha poi ringraziato il presidente Ganau che ha parlato nel suo discorso di uomini non violenti, dicendosi che convinto che «le azioni della Regione debbano rappresentare un modello educativo nuovo in grado, fin dalla prossima finanziaria, di mettere la Sardegna all’avanguardia nelle politiche di cambiamento».
La consigliera Rossella Pinna (Pd) ha dichiarato che «il tema in discussione ci tocca profondamente, per tutte le vicende di donne minacciate perseguitate ed uccise che hanno attraversato la storia, e per quelle di oggi con il femminicidio che rappresenta la parte preponderante degli omicidi, consumati in un contesto come quello della famiglia che si rivela il luogo più pericoloso per donne e bambini». Alla domanda se si sta facendo abbastanza per combattere questo fenomeno, ad avviso della Pinna, «bisogna dare purtroppo una risposta negativa, servono più azioni positive e politiche integrate su educazione, formazione professionale, ed opportunità di lavoro per le donne,  un cambiamento culturale, insomma, che metta al centro l’identità di ogni persona». La Sardegna ha un’ottima legge, ha ricordato, «ma l’applicazione ma migliorata perché i tempi di erogazione delle risorse sono trotto lunghi e con consentono ai centri anti violenza di programmare bene l’utilizzo delle loro risorse».
La consigliera ha proposto infine, con un emendamento orale, «di integrare il dispositivo della mozione con quattro punti, dedicati ad intese col mondo della scuola con insegnamenti collegati all’educazione di genere, misure di promozione di nuovi modelli comportamentali, sostegno ad attività formative e culturali in tema di uguaglianza e contro razziamo e omofobia, formazione del personale delle agenzie educative, dalla scuola allo sport».
Dopo l’on. Pinna ha preso la parola il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che si è detto «disponibile a individuare risorse aggiuntive nella prossima Finanziaria regionale, se dovessero servire. Valuteremo anche se ci sono risorse non spese e per quale ragione. Sarà questo Consiglio a decidere in ultima analisi dentro la manovra finanziaria. Certo però è che abbiamo bisogno di cultura e di valori, soprattutto per la parte maschile della società. Per questo la scuola è così importante: dobbiamo fare una grande animazione verso le scuole di tutti i territori e promuovere il programma Iscola della Regione, in particolar modo con riguardo al bullismo e alla parità di genere. I bandi di Iscola sono aperti, cogliamo questa opportunità perché le risorse ci sono già».
Il presidente Ganau ha poi messo in votazione la mozione così come emendata dall’onorevole Rossella Pinna nel suo precedente intervento. La mozione è stata approvata e il presidente del Consiglio regionale e ha poi dichiarato conclusi i lavori.

Di seguito gli interventi integrali del presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, e del presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru.

GIANFRANCO GANAU

Ringrazio il prefetto Franco Gabrielli, per la sua disponibilità e il questore di Cagliari, Pierluigi d’Angelo, per averci dato l’occasione di riflettere su un fenomeno, quello della violenza di genere, che ha assunto oggi in Italia le dimensioni di una vera e propria emergenza sociale, sintomo di un problema strutturale e culturale che per la complessità delle sue ragioni e la pluralità delle sue manifestazioni può esser combattuto solo con una strategia condivisa e coordinata.

La ratifica della convenzione di Istanbul da parte del nostro parlamento è stato un passo in avanti fondamentale perché stabilisce che la violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani, non un fatto privato da gestire in silenzio, in casa, in solitudine. È un fatto che riguarda tutti, che riguarda in primo luogo lo Stato, il che ci obbliga come istituzioni a farcene carico.

Non esiste tolleranza né giustificazione alcuna per le condotte che ledono i diritti delle donne, dal sessismo di affermazioni considerate “leggere”, alle offese, alle minacce, agli stupri, al femminicidio.

Molto si è fatto sul fronte delle misure repressive con la legge sul femminicidio, ma ciò che ancora dobbiamo portare avanti con maggiore convinzione e determinazione è un lavoro di prevenzione perseguendo quel cambiamento culturale necessario.

La consapevolezza condivisa della gravità del problema è presupposto indispensabile per avviare un reale processo di cambiamento.

E allora, ad esempio, dobbiamo opporci a qualsiasi strumentalizzazione quando si parla di educazione di genere nelle scuole.

Perché, guardate bene, in mancanza di un mutamento anche nel modo di parlare e di guardare, non vi sarà un reale cambiamento; finché non si capirà che la sotto rappresentazione e la rappresentazione offensiva della donna riguarda, in primo luogo, gli uomini che vanno educati da bambini al rispetto, non ci saranno progressi.

I dati ci riportano una realtà che è un bollettino di guerra che dice che il 31,5% delle donne nel corso della loro vita hanno subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale.

Che ci dice che il 62,7% degli stupri viene commesso dal partner attuale o precedente, ossia in famiglia.

Ma il nostro è un mondo al contrario dove ad essere biasimate sono le donne che subiscono violenza, dove uno spregevole pensiero sullo stupro fa notizia solo perché pronunciato da un mediatore culturale e non per l’estrema gravità del suo contenuto.

Siamo un paese dove i riflettori sulla violenza maschile contro le donne si riaccendono improvvisamente per fomentare l’odio nei confronti degli stranieri. E improvvisamente ciò che conta non è il fatto terribile che ogni giorno in Italia 11 donne vengano stuprate, spesso in famiglia, ma quanti di questi stupratori siano stranieri; arrivando perfino a distinguere le vittime in italiane e straniere come se le vittime non fossero sempre vittime e gli stupratori sempre stupratori.

La questione è politica e culturale: noi uomini non violenti non possiamo permettere che la violenza venga fatta a nostro nome. Dobbiamo fare in modo che questa battaglia di civiltà diventi prioritaria nella nostra agenda politica.

E allora dobbiamo affrontare con serietà le proposte sull’educazione sentimentale che giacciono in Parlamento.

Fondamentale è insegnare il rispetto perché l’amore non è sopraffazione, ma è saper vivere insieme in armonia. Dobbiamo combattere la “violenza mascherata d’amore” di cui ci ha parlato la presidente Boldrini nel suo primo discorso alla Camera.

E non cito a caso la presidente Boldrini perché a lei come istituzione e come donna va tutta la mia solidarietà per gli attacchi e le minacce brutali e sessiste che riceve ogni giorno esclusivamente perché donna delle istituzioni o forse meglio dire donna nelle istituzioni.

Abbiamo il dovere di denunciare e combattere il fenomeno, sempre più diffuso, dell’utilizzo nei social network di volgarità, espressioni violente e di minacce nella quasi totalità a sfondo sessuale.

Non è accettabile che anche uno strumento nato per dare più opportunità, si trasformi in un ulteriore mezzo di violenza nei confronti delle donne.

Sono profondamente convinto che la violenza sulle donne riguardi tutti; se colpisce le donne è un problema degli uomini, una società che non rispetta le donne è una società che colpisce i diritti di tutti. Noi uomini dovremmo occuparci di più di questa battaglia che non possiamo delegare solo alle donne, il più delle volte sminuendone e deridendone le rivendicazione. Perché, badate bene, non si tratta solo di violenza e lesioni gravi da parte di partner o ex, ogni condotta che mira ad annientare la donna nella sua identità e libertà, non solo fisicamente ma anche nella sua dimensione sociale e psicologica e lavorativa, è una violenza di genere.

Certo, oggi la situazione è migliorata, basti pensare che 1/3 delle parlamentari è donna, abbiamo ministre e sottosegretarie ma non possiamo negare che la diffidenza e i pregiudizi esistono in ogni ambito della società. Siamo il paese in cui soltanto il 47 per cento delle donne lavora contro una media europea del 60 per cento. E quando lavora, spesso ha retribuzioni più basse.

Eppure è dimostrato che se le donne lavorano, il PIL aumenta, è dimostrato che quando le donne conquistano nuovi diritti è tutta la società che va avanti. E allora dobbiamo interrogarci sul perché di questa situazione.

E guardate, anche il linguaggio di genere non è una quisquiglia, è sostanza. Perché se dico infermiera, segretaria non devo dire avvocata, magistrata o sindaca?

Prima esisteva solo il genere maschile perché erano lavori riservati agli uomini, ma la nostra è una lingua neolatina che declina il genere, per cui dobbiamo declinare, dobbiamo correggere e adattare il linguaggio al cambiamento della società. Declinare al femminile è sostanza, è riconoscere un percorso.

È tutto connesso: norme sulla rappresentanza, incentivi per il lavoro femminile, lotta contro la violenza e la mercificazione del corpo della donna, il linguaggio di genere. 

E allora colleghe e colleghi, è da qui che noi dobbiamo partire, da questo palazzo da quest’aula, che è oggi lo specchio di una società non equilibrata. Abbiamo il dovere di introdurre nella nostra legge elettorale la norma antidiscriminatoria della doppia preferenza di genere, perché di questo si tratta, di norme antidiscriminatorie, non di quote rosa. Dobbiamo risolvere il problema della sotto-rappresentatività della metà del genere umano di quest’organo politico.

Questo tema non riguarda solo le donne, c’è molto di più in ballo, perché se la metà del genere umano è tagliata fuori o compressa nella rappresentanza è la democrazia a soffrirne prima ancora che le stesse donne. Perché la democrazia è meno rappresentativa e meno inclusiva, meno capace di interloquire con le istanze della società.

E allora forse oggi possiamo prendere pochi altri impegni ma di certo di questo possiamo farci carico. La scorsa legislatura viene ricordata per il vergognoso voto segreto che ha bocciato la doppia preferenza di genere, non permettiamo che questa sia ricordata per non avere avuto neanche il coraggio di portarla in aula.

FRANCESCO PIGLIARU

I dati più recenti sul fenomeno del femminicidio in Italia provocano sdegno e angoscia. Stiamo parlando di più di cento donne assassinate nel 2016, di 20 donne assassinate fino a luglio di quest’anno. Donne spesso uccise da uomini che dicevano di amarle.
E’ il bollettino di una guerra. Una guerra che fa migliaia di vittime.
Perché dietro ogni donna uccisa non c’è soltanto una vita dissolta, ma altre esistenze spezzate: distrutte per sempre. Un padre e una madre. Un fratello o una sorella. Una comunità di amici. Bambini di cui troppo poco si parla: i reduci di cui nessuno cura le ferite.
E’ quindi una tragedia sociale, una situazione eccezionale che esige di essere fronteggiata con risorse adeguate. Risorse che sono morali intellettuali, finanziarie.
E’ preciso dovere della politica programmare interventi concreti, mettere in campo strumenti di prevenzione, finanziare azioni di supporto e di sostegno contro questa inaccettabile situazione.
Noi non possiamo perdere questa sfida. Noi abbiamo il dovere, contro questo nemico, di tenere il campo.
Sul piano delle politiche generali di settore, l’incriminazione del reato di stalking e l’inasprimento delle pene previste in caso di femminicidio sono un primo passo, certo non sufficiente.
Occorre compiere significativi passi in avanti sul fronte della definizione accelerata dei procedimenti e sulla effettività delle pene.
Occorre che chi è chiamato al delicato compito di accertare e reprimere i reati, in via amministrativa e giudiziaria, abbia non solo una sensibilità specifica, ma una preparazione culturale e operativa adeguata.
Occorre che abbia la capacità di calibrare gli interventi cautelari e sanzionatori in modo appropriato, perché la nostra storia insegna che spesso anche lo strumento più efficace rischia di restare mortificato da una inadeguata cultura applicativa. Ed è esattamente quello che è accaduto spesso in questi anni.
La sfida più importante però è nel terreno delle politiche attive di prevenzione e di sostegno alle vittime e alle possibili vittime.
Occorre innanzitutto prevenzione. Presidio del territorio, specie nelle realtà più a rischio. Centri anti-violenza e centri d’ascolto per intervenire là dove ancora intervenire si può: quando ancora la mano del carnefice non è armata e la possibile vittima può essere salvata dal rischio concreto di un epilogo tragico.
La Regione ha messo in campo strumenti importanti per far fronte a questa tragedia quasi sempre annunciata, attraverso interventi specifici nelle scuole, nel finanziamento dei centri antiviolenza, nelle politiche attive per il lavoro delle donne e la conciliazione con la famiglia.
La scuola, prima di tutto, in quanto luogo deputato alla crescita culturale e civica dell’individuo, rappresenta il luogo chiave per combattere e vincere la lotta alla violenza di genere.
Questa Giunta ha investito ingenti risorse per potenziare e migliorare la qualità della scuola in Sardegna. Ci sono alcune linee del programma Iscol@ che hanno sviluppato l’anno scorso progetti per contrastare bullismo, cyber bullismo e differenza di genere. L’esperienza collettiva dei laboratori è stata molto positiva e ha sviluppato empatia tra gli allievi, superando fenomeni negativi di diffidenza, incomprensione, emarginazione e violenza.
E in questi giorni in cui stanno riaprendo le scuole è giusto sottolineare che proprio nelle scuole molto, moltissimo si può fare. Voglio ricordare in questa occasione, ed è un appello a tutte le scuole, che il bando Iscol@ è aperto e che progetti così importanti per il nostro futuro come quelli fatti l’anno scorso possono essere replicati e moltiplicati anche quest’anno e ci auguriamo che la partecipazione delle autonomie scolastiche sia ancora molto più numerosa di quella degli anni passati, perché questa è una grande opportunità.
Un’altra importante politica regionale riguarda il sostegno ai centri antiviolenza e alle case rifugio. La Regione Sardegna ha avviato e assicurato continuità agli interventi a sostegno delle donne vittime di violenza e dei loro figli: abbiamo finanziato con risorse pari a 1 milione di euro per il 2016 e abbiamo stanziato complessivamente 1,8 milioni per il 2017.
Sono cifre spesso insufficienti e certamente ci impegniamo a fare di più come i dati che ho citato all’inizio ci impongono di fare.
Ma ci siamo concentrati anche sulle politiche attive che combattano lo scoraggiamento delle donne rispetto alla possibilità non solo di trovare un lavoro, ma anche di riuscire a conciliarlo con i propri carichi di cura familiare.
E’ ancora una goccia nel mare rispetto alla vastità del fenomeno, ma è un inizio, forse un buon inizio, che ci induce a fare sempre di più.
Renderei poi torto a questa Assemblea se non sottolineassi e se non valorizzassi adeguatamente l’enorme, preziosissimo, continuo lavoro svolto dalle consigliere Busia, Forma, Pinna e Zedda per diffondere una maggiore sensibilità sul delicato tema della violenza di genere non solo all’interno di quest’Aula ma nell’ambito di tutta la società sarda.
Il vostro lavoro è innanzitutto una coraggiosa forma di testimonianza civile, è un contributo autentico al progresso complessivo della nostra comunità e, in questo senso, rappresenta una pagina importante nella storia del Consiglio Regionale della Sardegna e della nostra autonomia regionale.
Sono inoltre profondamente convinto che la buona politica passi anche da una corretta distribuzione dei seggi a garanzia della parità di genere.
L’equilibrio di genere nelle assemblee legislative è un fatto di civiltà e il dibattito avviato da quest’Aula e gli impegni assunti in questa legislatura dalle forze politiche qui rappresentate e dai vari livelli istituzionali auspico che vengano trasformati al più presto in azione concreta.
Per concludere, così come alla crisi della democrazia si risponde con più democrazia, alla violenza di genere si può rispondere in un modo soltanto: incrementando i livelli di partecipazione femminile nel mondo della scuola, del lavoro, dell’impresa e delle istituzioni.
Perché non ci può essere alcuna autentica uguaglianza senza la piena condivisione e la compartecipazione più estesa e radicale di tutti – uomini e donne – al governo di tutti i settori della società.»

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Mentre continuano le adesioni di moltissime personalità della cultura e del lavoro e cresce il numero dei sindaci sardi (oltre 80) che hanno fatto propria l’iniziativa referendaria, si registrano importanti adesioni, dal mondo politico, all’iniziativa del Comitato Promotore del Referendum sul principio dell’Insularità in Costituzione: Emilio Floris, Roberto Deriu, Alessandra Zedda, Annamaria Busia, Piero Comandini, Pietro Pittalis, Nello Cappai, Giuseppe Fasolino, hanno già sottoscritto la lettera-appello insieme ai Riformatori sardi.

Cresce il consenso intorno alla consapevolezza che il futuro della Sardegna richieda una radicale rivoluzione culturale, che rifiuti le prassi clientelari e assistenziali del passato per rivalutare i talenti legati alla capacità, al merito, allo spirito di sacrificio, alla intuizione imprenditoriale, al gusto per la sana competizione e per l’intrapresa. Ne consegue la convinzione che, in nome della coesione nazionale in cui crediamo, il “riequilibrio” non si attui attraverso interventi di sostegno estemporanei, ma piuttosto attraverso il riconoscimento dello svantaggio strutturale rappresentato dalla condizione di insularità e attraverso l’impegno dello Stato a garantire l’infrastrutturazione materiale ed immateriale indispensabile perché i Sardi abbiano garantiti uguali punti di partenza nelle sfide del mondo globale.

Forti di queste convinzioni, gli aderenti al Comitato Promotore guardano oltre le appartenenze di partito, nell’unico interesse dei sardi e della Sardegna.

«Un buon inizio e un ottimo segnale – ha rimarcato Roberto Frongia coordinatore dell’iniziativa -, giovedì, in Piazza Costituzione, alle 19.00, metteremo la prima firma per la richiesta del Referendum. Siamo certi che la crescita delle adesioni sarà esponenziale. I sardi capiranno che questo referendum può restituirci prospettiva e dignità, cambiando davvero il destino economico della nostra terra.»