20 April, 2024
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La mattina del 19 ottobre 1937 il Capo del Governo, Benito Mussolini, firmava il decreto che sanciva la nascita del comune di Carbonia, 14 mesi prima dell’inaugurazione della città; il pomeriggio di quello stesso giorno, dieci minuti prima della conclusione del turno di lavoro, 14 minatori persero la vita in una tragica esplosione (8 si salvarono, tra loro un ragazzino di soli 15 anni, Antonio Canè), nel pozzo di Schisorgiu, nell’area dove ora sorge il parcheggio del supermercato Lidl, all’incrocio tra la via Logudoro e la via Dalmazia. 

A distanza di 80 anni, nel 2017, quella tragedia è stata ricostruita con un progetto della memoria storica, “Schisorgiu 1937”, curato dalla Società Umanitaria, e la memoria viene tenuta viva anche dalla coop Scila, dall’associazione Amici della Miniera, dalla Sezione storia locale del Comune, dallo Sbis e dalla compagnia Teatrale la Cernita. Inoltre, sarà documentata in un libro di Mauro Pistis, di prossima pubblicazione, editore Giampaolo Cirronis.

«Un fatto drammatico che riguarda la storia della nostra comunità e le sue radici che affondano nella cultura mineraria, per questo dobbiamo preservarne la memoria – ha sottolineato il sindaco di Carbonia, Pietro Morittu -, il più grave incidente sul lavoro mai accaduto nella storia della nostra isola.
Una tragedia rimasta nascosta per lungo tempo e che “non ebbe la risonanza che meritava”. Da allora furono apportate alcune modifiche ai regolamenti per tutelare i lavoratori, sebbene questo non impedì il ripetersi di successivi infortuni nelle miniere di carbone del Sulcis. Nel pozzo Schisorgiu a Sirai 22 persone rimasero coinvolte in quella terribile esplosione di polvere di carbone e solo 8 riuscirono a sopravvivere.»
«Ancora oggi nei luoghi di lavoro si verificano gravissimi incidenti che potevano essere evitati e questa tragedia, dopo 84 anni, è di drammatica attualitàha concluso Pietro Morittu -: è importante non solo come fatto storico, ma anche come monito continuo alla prevenzione e alla sicurezza delle persone.»

 

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La mattina del 19 ottobre 1937 il Capo del Governo, Benito Mussolini, firmava il decreto che sanciva la nascita del comune di Carbonia, 14 mesi prima dell’inaugurazione della città; il pomeriggio di quello stesso giorno, dieci minuti prima della conclusione del turno di lavoro, 14 minatori perdevano la vita in una tragica esplosione (8 si salvarono, tra loro un ragazzino di soli 15 anni, Antonio Canè), nel pozzo di Schisorgiu, nell’area dove ora sorge il parcheggio del supermercato Lidl, all’incrocio tra la via Logudoro e la via Dalmazia. Quella tragedia è rimasta a lungo nascosta, nessun organo di informazione se ne occupò, per l’evidente interesse del Governo di non influenzare l’opinione pubblica, per la quale con la nascita di Carbonia, città destinata ad una rapida crescita nel bacino carbonifero per lo sfruttamento dell’unica risorsa energetica disponibile per il soddisfacimento del fabbisogno dell’intera Nazione, si aprivano concrete prospettive di lavoro.

A distanza di 80 anni, quella tragedia viene ricostruita e diventa il tema di un progetto di ricostruzione della memoria storica, “Schisorgiu 1937”, presentato ieri pomeriggio, nel corso di una conferenza stampa tenutasi nei locali dello Spazio Ex-Di’ Memorie in Movimento – La Fabbrica del Cinema, in piazza Sergio Usai, nella Grande Miniera di Serbariu a Carbonia.

Alla conferenza, presentata da Paolo Serra, Direttore del Centro Servizi Culturali Carbonia della Società Umanitaria – La Fabbrica del Cinema, sono intervenuti Mario Zara, presidente dell’associazione Amici della Miniera; Sabrina Sabiu, assessore della Cultura del comune di Carbonia e studiosa della storia delle miniere del Sulcis; Sandro Mantega, giornalista e curatore storico del progetto; il regista Paolo Carboni; Monica Porcedda, direttore artistico del gruppo teatrale La Cernita e Riccardo Podda, operatore della Cooperativa Progetto S.C.I.L.A. per i Servizi Audiovisivi del Sistema Bibliotecario Interurbano del Sulcis.

Il progetto si propone di rendere omaggio a quei minatori attraverso la realizzazione di una docu-fiction, della durata di 40/50 minuti, che ricostruisca le vicende legate all’incidente di Schisorgiu sia attraverso la documentazione esistente, ma, soprattutto, fissando con filmati ed interviste, le ultime testimonianze che è ancora possibile raccogliere tra i familiari dei minatori coinvolti in quella tragedia. Un progetto che si inquadra in un percorso, avviato da tempo, di recupero della memoria storica e della cultura mineraria della Sardegna e del Sulcis Iglesiente, territorio, quest’ultimo, dove proprio la cultura mineraria si è radicata più profondamente.

Il progetto è promosso dal Centro di Servizi Culturali Carbonia della Società Umanitaria-Fabbrica del Cinema, con il patrocinio dell’assessorato ai Beni culturali della Regione Autonoma della Sardegna, l’assessorato della Cultura del comune di Carbonia, in stretta collaborazione con l’Associazione Amici della Miniera di Carbonia ed il supporto dei Servizi Audiovisivi del Sistema Bibliotecario Interurbano del Sulcis, della Cooperativa Progetto S.C.I.L.A., della Sezione di Storia Locale, e dell’Associazione Sonebentu.

Vediamo ora le interviste realizzate ieri, al termine della conferenza stampa, con Mario Zara e Sandro Mantega.

   

 

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Il 19 ottobre 2017 è l’80° Anniversario del più grave incidente minerario della Sardegna, con 14 minatori morti e 8 feriti sopravvissuti, per un totale di 22 persone coinvolte, a causa di una terribile esplosione di polvere di carbone, accaduto il 19 ottobre 1937 nel Bacino carbonifero del Sulcis, nella Miniera di lignite di Sirai, precisamente nel Pozzo Schisorgiu. In questa stessa Miniera di Sirai si sono verificati altri eventi importanti, infatti 75 anni fa, il 2 maggio 1942, vi fu forse il primo sciopero d’Italia, sicuramente uno dei primissimi, organizzato da cellule clandestine del partito comunista all’interno del sindacato corporativo durante il regime fascista, proprio quando vi fu la gestione militarizzata delle attività estrattive e minerarie, dove le sanzioni più gravi, come l’astensione dal lavoro, furono punite secondo il codice penale militare come sabotaggio! Un’idea dell’organizzazione clandestina comunista, all’interno delle gallerie minerarie, si può avere, ad esempio, visionando qualche scena e diverse inquadrature del film Il figlio di Bakunìn, del 1997, diretto dal regista Gianfranco Cabiddu e ispirato all’omonimo romanzo dello scrittore Sergio Atzeni, prematuramente scomparso. Cenni su questa tragedia della Miniera di Sirai si trovano nelle pagine dell’ultimo romanzo Scarpe rosse, tacchi a spillo (Edizioni Il Maestrale 2004) di Luciano Marrocu, docente di storia contemporanea all’Università di Cagliari. Si sottolinea che in seguito a questo incidente minerario furono modificate le disposizioni tecniche e regolamentari sulla sicurezza in modo più severo, ma ciò non impedì in seguito altre sciagure come questa!

La descrizione di questa grande tragedia mineraria ci deriva dalla puntuale descrizione dell’unica fonte ufficiale: la Relazione sul Servizio Minerario dell’allora Corpo Reale delle Miniere – Roma, 1937 Anno XLVIII, 63, pp. 325 – 328; ma anche da pubblicazioni tecniche come il volume III (pp. 453 – 454) del libro dell’Ing. Luigi Gerbella, il noto manuale intitolato Arte mineraria, uscito in 3 volumi, tra il 1937-’38, e più volte ristampato. Le cause di questi incidenti furono quasi sempre imputabili ai minatori, colpevoli spesso di essere imprudenti e di non rispettare le regole o di non osservare le prescrizioni disposte dai loro superiori gerarchici nei turni di lavoro. Anzi, secondo le dichiarazioni ufficiali della Direzione Mineraria, prima dei turni di lavoro le gallerie sotterranee risultavano già ispezionate e messe in sicurezza con personale tecnico specializzato su programmi periodici predisposti dalla stessa Direzione. In verità, durante il regime fascista, si attuò nelle attività minerarie, specialmente carbonifere, un sistema di enorme sfruttamento del lavoratore, nel quale la sicurezza del lavoro era ridotta al minimo necessario, tutto ciò solo ed esclusivamente per incrementare la produzione del carbone, con la trasformazione della stessa prestazione lavorativa introducendo per certe prestazioni nelle gallerie il famigerato sistema “Bedaux”, cioè la paga ad economia: ad incentivo o a rendimento con un particolare cottimo.

Il sistema di lavoro a cottimo utilizzato da tutte le società minerarie, soprattutto metallifere e in parte le carbonifere, infatti, fu appunto quello “Bedaux”, che rappresentò un metodo di sfruttamento scientifico dei minatori. Questo sistema di lavoro si basava sulla misurazione della quantità di lavoro che un operaio compiva, con uno certo sforzo, in un minuto primo, chiamato anche “60 di passo”. Un minatore doveva raggiungere il cosiddetto “60 di passo”, cioè doveva, sotto il controllo, compiere un determinato “passo” (trasportare, per l’appunto, un determinato numero di carrelli; caricare una certa quantità di minerale; scavare un determinato numero di metri, ecc.). Se l’operaio non riusciva a raggiungere il “passo” veniva licenziato. Nel momento in cui il “passo” diventava raggiungibile da tutti i minatori, veniva sistematicamente aumentato a tutti. Il sistema di questo particolare cottimo fu approvato dalla Confederazione Nazionale Fascista dei Sindacati dell’Industria sia nei contratti sia negli accordi interconfederali. Contro questa situazione insopportabile si applicò la “direttiva entrista”, cioè organizzare l’opposizione operaia all’interno del sindacato corporativo, disposta dalla Confederazione Generale del Lavoro (comunista) guidata da Giuseppe Di Vittorio in Italia, mentre quella riformista si trovava in esilio.

Alle ore 22,50 circa del giorno 19 ottobre 1937, nel Pozzo Schisorgiu della Miniera di lignite di Sirai, gestita dalla S.M.C.S. (Società Anonima Mineraria Carbonifera Sarda), avvenne il tragico incidente minerario con gravi infortuni sul lavoro, causato da una forte esplosione per accensione di polvere di carbone durante lo sparo delle mine negli avanzamenti del cantiere del IV fascio, fornello n. 3 del livello + 40 m. s.l.m. I minatori addetti agli avanzamenti dei cantieri A ed N, dopo aver preparato ed acceso un totale di 39 mine, scesero dal fornello G nella galleria di livello +40 per mettersi al riparo. Con il potente scoppio delle mine vi furono immediate conseguenze: alla forte esplosione seguì una massa notevole di gas infiammato che si propagò a forte pressione ed a grande velocità nella galleria del livello +40 dove investì i minatori che si trovarono lungo i cunicoli di passaggio, gettandoli violentemente a terra ed ustionandoli al viso, alle mani e in varie parti del corpo. Tale incidente minerario provocò la morte immediata di 5 minatori, che si trovavano vicini al suddetto fornello, furono violentemente colpiti dall’esplosione e dai terribili effetti dell’ossido di carbonio, i loro corpi presentarono gravissime ustioni e fratture del cranio, tanto che 2 morirono sul colpo, mentre gli altri 3 decedettero poco dopo.

Furono, inoltre, ustionati e feriti in modo più o meno grave altri 17 operai, che si trovavano in galleria F, cioè avevano quasi raggiunto la stazione alla base del pozzo E, al livello +40, e sebbene al buio, per essersi spente tutte le lampade, riuscirono a raggiungere il pozzo stesso e ad uscire coi propri mezzi. Di questi minatori feriti 4 furono rilasciati dopo le prime cure; mentre 9 morirono pochi giorni più tardi, portando a 14 il numero definitivo delle vittime del grave incidente. Furono così trasportati e ricoverati agli ospedali civili di Iglesias e di Cagliari gli altri feriti più gravi a causa delle ustioni di 1°, 2° e 3° grado in molte parti del corpo e per fenomeni broncopolmonari infiammatori dovuti a probabile inspirazione di gas tossici e di aria sovra-riscaldata.

I nomi dei 14 minatori ed operai, eroi del lavoro deceduti, furono i seguenti in ordine alfabetico: 01. BALLOCCO FRANCESCO, fu Antioco, nato a Serbariu il 17.11.1891, residente a Serbariu, minatore, all’età di 45 anni morì sul colpo il 19.10.1937 – 02. BARROI MARIO, di Vittorio, nato a Mogoro il 20.02.1912, residente a Serbariu, manovale, all’età di 45 anni scomparve, all’ospedale di Cagliari, il 25.10.1937 – 03. BIAGINI o BIAGGINI PRIMO, di Eugenio, nato a Lizzano in Belvedere (BO) il 26.08.1926, residente a Serbariu, manovale, all’età di 31 anni morì il 31.10.1937 – 04. BUONAFEDE FRANCESCO, fu Giuseppe, nato a Monzuno (BO) l’8.09.1910, residente a Serbariu, minatore, all’età di 27 anni perì, all’ospedale di Iglesias, la sera del 20.10.1937 – 05. FLORIS CORONA SALVATORE, di Antioco, nato a Serbariu il 14.12.1913, residente a Serbariu, manovale, all’età di 23 anni morì il 14.11.1937 – 06. GIACOMETTI EGIDIO, di Pietro, nato a Pedavena (BL) il 31.07.1905, residente a Serbariu, manovale, all’età di 32 anni spirò, all’ospedale di Cagliari, il 24.10.1937 – 07. MELONI SCARTEDDU EMANUELE, di Antioco, nato a Palmas Suergiu l’02.07.1907, residente a Palmas Suergiu, manovale, all’età di 30 anni morì il 29.10.1937 – 08. PILIA CORONA ANTONIO, fu Giovanni, nato a Ulassai l’08.11.1889, residente a Serbariu, manovale, all’età di 47 anni, morì sul colpo il 19.10.1937 – 09. PIREDDU VENERANDO, di Giorgio, nato a Santadi il 15.07.1918, residente a Santadi, manovale, all’età di 19 anni morì sul colpo il 19.10.1937 – 10. PISTORI FRONGIA LUIGI, fu Antioco, nato a Serbariu il 27.08.1910, residente a Serbariu, manovale, all’età di 45 anni si spense, all’ospedale di Cagliari, il 26.10.1937 – 11. RODA FRANCESCO, di Riccardo, nato in America il 23.06.1904, residente a Serbariu, manovale, all’età di 33 anni, spirò all’ospedale di Iglesias, il 25.10.1937- 12. RONDELLI MARIO, di Ciro, nato a Grizzana (BO) l’8.09.1913, residente a Serbariu, manovale, all’età di 24 anni morì il 31.10.1937 – 13. SAIS GIUSEPPE, fu Agostino, nato a Villamassargia il 18.10.1890, residente a Siliqua, manovale, all’età di 47 anni cessò di vivere, all’ospedale di Iglesias, il 23.10.1937 – 14. SERVENTI PISANU SILVIO, di Celestino, nato a Santadi l’1.01.1914, residente a Santadi, manovale, all’età di 23 anni morì il 29.10.1937.

I nomi degli 8 feriti sopravvissuti furono i seguenti in ordine alfabetico: 01. CADDEO BALLOCCO LUIGI, fu Giovanni, nato a Narcao il 27.11.1902, residente a Narcao, manovale, all’età di 34 anni, ferito il 19.10.1937 – 02. CANCEDDA DESSI’ RAIMONDO, fu Giuseppe, nato ad Arbus il 11.03.1899, residente a Serbariu, sorvegliante, all’età di 38 anni, ferito il 19.10.1937, rilasciato dopo le prime cure – 03. CANE’ ANTONIO, di Giovanni,  nato a Serbariu il 16.05.1922, residente a Serbariu, manovale porta-ferri, all’età di 15 anni, ferito il 19.10.1937 – 04. COBIANCHI EUGENIO, di Gaetano, nato a Castel di Casio (BO) il 07.07.1906, residente a Serbariu, minatore, all’età di 31 anni, ferito il 19.10.1937, rilasciato dopo le prime cure – 05. DESSI’ ANTONIO, fu Antonio, nato a Serbariu il 18.04.1896, residente a Serbariu, capo sciolta, all’età di 41 anni, ferito il 19.10.1937 – 06. FARRIS SERRA GUGLIELMO, fu Emanuele, nato ad Antillo (ME) il 25.09.1908, residente a Serbariu, minatore, all’età di 29 anni, ferito il 19.10.1937, rilasciato dopo le prime cure – 07. MEDDA LITTARRU GIULIO, fu Giuseppe, nato a Tratalias il 30.04.1902, residente a Tratalias, minatore, all’età di 35 anni, ferito il 19.10.1937 – 08. TITON o TITTON GIUSEPPE, fu Giacomo, nato a Farra di Soligo (TV) il 18.04.1880, residente a Serbariu, aiuto minatore, all’età di 57 anni, ferito il 19.10.1937, rilasciato dopo le prime cure.

Mauro Pistis